Finestra Aperta - n. 3/2015

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Quadrimestrale di informazione a carattere socioculturale della Uildm Lazio onlus. Numero 3, anno XXIV, dicembre 2015. Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 2 e 3, Roma 2009.

Numero 3 Anno XXIV

Finestra Aperta La rivista della Uildm Lazio onlus

Leggi, prospettive, riflessioni. Focus sul “Dopo di Noi”

Come voglio il mio futuro Uildm: A Natale sostienici con le nostre iniziative solidali. Lavoro: Le novità del Jobs Act per le persone disabili.


Finestra Aperta - Dicembre 2015

Numero 3 Anno XXIV Dicembre 2015

Finestra Aperta, quadrimestrale a carattere socioculturale a cura della UILDM – UNIONE ITALIANA LOTTA ALLA DISTROFIA MUSCOLARE - SEZIONE LAZIALE onlus, acronimo “UILDM LAZIO onlus” Via Prospero Santacroce, 5 00167 Roma.

Sommario Pagina 3 Editoriale Quella foto che stringe il cuore S. Malta Pagina 4 Società Finalmente Nemo fa centro M. Tartaglia Jobs Act: cosa ci attende? D. Bartorelli Pronti a gidare al miracolo M. Adamo, D. Risa Villa Borghese: chi se ne occupa? M. Adamo

Per sostenere Finestra Aperta si può effettuare un versamento sul conto corrente postale 37289006, intestato a “Uildm Lazio onlus - Via Prospero Santacroce, 5 - 00167 Roma”, indicando come causale “Contributo Finestra Aperta”.

Pagina 13 Salute Buon Appetito! A. Desideri Fronte comune per la ricerca S. Pérez Non temete la siringa G. Franchina Pagina 16 Tempo libero Nel mondo dei balocchi G. Sdanghi

Direttore responsabile: Serena Malta. Grafica e impaginazione: Manuel Tartaglia. Redazione: Sandra Pérez, Mano Svanidze, Ufuk Toraman. Hanno collaborato: Fabio Felici. Stampa: Cristiano Edizioni Srl, via Alfredo Fusco, 113 - 00136 Roma. Finito di stampare novembre 2015. Copie 1500. Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 2 e 3, Roma 2009. Iscrizione numero 721/12-’91 Tribunale di Roma.

Pagina 17 Sport La riflessione si impone Pagina 18 Tecnologia Un altro passo verso il futuro A.A. Vagliante Pagina 19 Cultura Qualcosa di buono Una giornata per noi G. Franchina Pagina 23 Uildm Regali coi fiocchi Uildm per Telethon 2015 A. Del Picchia Come se la cavano su al nord? A. Decker, M. Fosser Dopo di Noi, una questione delicata M. Tomassetti Pagina 30 Appunti Pagina 31 Come trovarci, come sostenerci

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Editoriale Di Serena Malta*

Quella foto che stringe il cuore

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os’è per noi la pietà? Come viene rappresentata? Se dovessimo darle un volto, il pensiero andrebbe alla scultura di Michelangelo, quel blocco di marmo in cui la Vergine Maria tiene tra le braccia il corpo di suo figlio morto. Quell’immagine ha ripreso forma quando il corpicino esanime del piccolo Aylan è arrivato negli schermi di tutto il mondo, un bambino siriano, morto durante una traversata che dalla Siria avrebbe dovuto portare lui e la sua famiglia in Europa e poi in Canada per cercare una nuova vita lontano dalla guerra e dalla morte. Il suo corpo invece è arrivato in una spiaggia turistica turca raccolto dalle braccia di un agente della sicurezza. L’immagine di Aylan è arrivata come un pugno nello stomaco, tutti abbiamo rivisto in quel corpicino la pietà dei nostri giorni, un nodo alla gola, una lacrima e l’impotenza davanti a quella morte ingiusta. Eppure tante sono state le immagini della disperazione, madri dilaniate dal dolore, cadaveri di bambini, corpi di donne incinte, tutti vittime del mare, ma la foto del piccolo Aylan è riuscita ad arrivare dritta al cuore, ha diviso la politica e

ha scosso le coscienze ed è riuscita a farci sentire nuovamente umani. Aylan era siriano ed aveva la pelle bianca, fuggiva dalla guerra ma era vestito come i nostri bambini ed era solo. Questa è stata la forza di quell’immagine, il totale azzeramento delle differenze tra il mondo occidentale ricco e ben pensante e quello disperato, afflitto e sconfitto dal terrore. Tutti in silenzio, tutti gelati da quella foto che cambia la storia, così come fu per lo scatto che ritraeva una bambina nuda che correva scappando dal napalm in Vietnam, che rivelò al mondo le atrocità di quella inutile guerra. Alcuni hanno sostenuto che quella foto non doveva essere resa pubblica, che sbattere in prima pagina la foto di un bambino morto non era etico, invece no, quella foto andava pubblicata, tutti dovevano vedere con i propri occhi, quel pugno nello stomaco doveva arrivare ai governi e ai razzisti a tutti coloro che hanno pensato che la migrazione dei popoli arabi andasse fermata con i muri e il filo spinato. Ora invece sappiamo che esisterà per sempre un prima e un dopo Aylan. *Direttrice Finestra Aperta

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Finestra Aperta - Dicembre 2015 - Società © Fabio Felici

Finalmente Nemo Arriva a Roma il quarto Centro Clinico Di Manuel Tartaglia

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l 22 settembre 2015 è una daIl presidente nazionale ta da ricordare: il Centro CliUildm Luigi Querini non ci nico Nemo inaugura ufficialnasconde la soddisfazione per mente in questo giorno la sua un progetto fortemente voluto nuova sede. L’inaugurazione è dall’Associazione: “Nemo è avvenuta a Roma con la partel’incoronamento di quanto la cipazione di importanti figure Uildm ovviamente già fa, della politica (dall’allora sindaco perché riusciamo a offrire un di Roma Ignazio Marino al prepunto di riferimento valido ai sidente della Regione Lazio pazienti affetti da distrofia Nicola Zingaretti), delle istitumuscolare del territorio laziale. zioni e del mondo associativo. La Uildm ha collaborato tantisSi tratta di un evento davvero simo alla sua realizzazione”. importante per le persone afAlberto Fontana, presidente fette da patologie neuromudella Fondazione Serena, agscolari perché il Centro sito giunge: “Insieme alla Uildm nell’ala M del Policlinico UniLazio sarà possibile poi reaversitario Agostino Gemelli è lizzare tutto il percorso sul dedicato espressamente a loro. L’eccellenza di Nemo, dunque, raggiunNemo si fa in quattro ge il centro Italia dopo i due punti presenti al ttualmente il progetto Nemo si concrenord e quello al sud. tizza in quattro punti dislocati nel terriNemo nasce dall’utorio nazionale. nione di intenti tra la Milano. Il Centro Clinico Nemo si trova alFondazione Serena Onl’interno dell’ospedale Niguarda. È stato il lus, fondazione di parprimissimo punto, inaugurato nel 2007. Arenzano. Il Centro di riabilitazione intentecipazione costituita siva neuromuscolare dell’ospedale La nel 2005 da Uildm e Colletta di Arenzano (Genova) è stato inauFondazione Telethon, a gurato nel 2010. cui nel 2007, 2008 e Messina. Nemo Sud si trova nella città si2014 si sono aggiunte ciliana, all’interno del Padiglione B del rispettivamente Aisla Policlinico G. Martino. È stato inaugurato (Associazione Italiana nel 2013. Sclerosi Laterale AmioRoma. Nemo Roma è l’ultimo arrivato, per trofica), Famiglie Sma e ora. Si trova nella Capitale ed è stato inaul’Associazione Slanciagurato quest’anno. moci, nonché la Fondazione Policlinico Gemelli.

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fa centro dedicato ai pazienti neuromuscolari territorio e quindi creare una rete che sia in grado di dare risposte ai pazienti di distrofia muscolare”. Grandi aspettative, insomma, per questo Centro Clinico, che vanta un’alta specializzazione nel trattamento delle malattie neuromuscolari, quali Sma, Sla o distrofia, che coinvolgono il tessuto muscolare, il midollo spinale, il nervo periferico o la giunzione neuromuscolare. Purtroppo queste malattie possono manifestarsi in qualsiasi momento, sono degenerative e comportano disabilità importanti, che solo una équipe altamente formata può affrontare nel migliore dei modi. L’obiettivo è migliorare la qualità di vita delle persone che si rivolgono al Centro, ma anche quello di sostenere le loro famiglie, che troppo spesso vengono lasciate a loro stesse, fornendo loro un supporto clinico, assistenziale e psicologico che risponda ai singoli e unici bisogni di ogni persona presa in carico. “Il Nemo Roma è stato reso possibile per due motivi”, ci spiega Mario Melazzini, Presidente di Nemo Sud e di Arisla,

In queste due pagine, alcuni momenti dell’inaugurazione di Nemo Roma © Fabio Felici

“da un lato la professionalità e le competenze presenti all’interno del Gemelli; dall’altro la consapevolezza delle associazioni dei pazienti che occorreva unire sotto un unico contenitore un percorso che garantisse loro la reale presa in carico”. La struttura può accogliere pazienti di ogni fascia di età, con copertura totale ventiquattr’ore su ventiquattro. A disposizione ci sono sedici posti letto, di cui dieci per pazienti adulti e sei per pazienti in età pediatrica. Tutti i servizi sono offerti in con-

venzione con il Servizio Sanitario Nazionale. Il Centro di Roma va ad aggiungersi a quello di Milano che nasce nel 2008, Arenzano in provincia di Genova del 2010, e Messina del 2012, e va a coprire una lacuna nel centro Italia, che vedeva troppe persone costrette a lunghi e faticosi spostamenti per ottenere la migliore assistenza possibile nei casi di ricovero. Per informazioni e per accedere ai servizi è possibile consultare il sito internet http://centrocliniconemo.it.FA

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Jobs Act: cosa Tutte le novità sul decreto che regola Di Debora Bartorelli

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l mondo del lavoro sta andando incontro a tanti cambiamenti; con i quattro decreti legislativi del Jobs Act anche il diritto al lavoro delle persone disabili è stato riformato. Negli ultimi mesi il Decreto Legislativo del 14 settembre 2015 n. 151, entrato in vigore il 24 settembre dello stesso anno, ha modificato alcune parti della Legge 68/99, entrata in vigore l’8 gennaio del 2000. Si tratta della Legge “cardine” che tutela il diritto al lavoro e l’inserimento lavorativo delle persone con necessità speciali, ma che ad oggi, è considerata “insufficiente”. Le novità principali sono in materia di collocamento mirato. Questa modifica pone l’attenzione su alcuni punti interessanti dei vari articoli, che andiamo di seguito ad analizzare. Dell’Art. 1: a) creazione di una rete integrata tra i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio, nonché dell’Inail per l’inserimento lavorativo; b) accordi territoriali con le organizzazioni sindacali, le cooperative sociali e le associazioni delle persone con disabilità e i loro familiari; c) individuazione di modalità di valutazione bio-psico-sociale della disabilità che tengono conto delle barriere e dei fa-

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cilitatori ambientali; d) “accomodamenti ragionevoli”, ossia analisi delle caratteristiche dei posti di lavoro da assegnare alle persone con disabilità che i datori di lavoro sono tenuti a considerare. Dell’Art. 4 comma 3bis: i lavoratori disabili prima della costituzione del rapporto di lavoro, anche se non assunti tramite il collocamento obbligatorio, rientrano nelle assunzioni come categoria protetta, purché abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 60%. Dell’art. 6: “Il principio base è che i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici assumono i lavoratori mediante richiesta nominativa di avviamento agli uffici competenti o mediante la stipula delle convenzioni”. Si prevede comunque che gli uffici possano procedere anche con avviso pubblico e cioè con graduatoria numerica. Dell’art. 7: per ogni persona, un Comitato Tecnico annota in un’apposita scheda le capacità lavorative, le abilità, le competenze, le inclinazioni, la natura e il grado della disabilità e analizza le caratteristiche dei posti da assegnare ai lavoratori disabili, favorendo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Dell’art 10: cambiano an-


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ci attende? il mondo del lavoro che gli incentivi concessi ai datori di lavoro. Le aziende, per trentasei mesi potranno contare su un contributo pari al 70% della retribuzione mensile lorda imponibile per ogni lavoratore disabile assunto con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che abbia una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o di un contributo del 35% nel caso il lavoratore abbia una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67% e il 79%. Disposizioni più favorevoli si hanno anche nel caso dell’assunzione di lavoratori con disabilità intellettiva e psichica; il contributo sarà pari al 70% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per ogni lavoratore con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, per un periodo di sessanta mesi, in caso di assunzione a tempo indeterminato o di assunzione a tempo determinato di durata non inferiore a dodici mesi e per tutta la durata del contratto. Al Seminario Formativo/Informativo sul tema del lavoro alla luce delle recenti normative a livello nazionale, organizzato dalla Fish (Federazione Italiana Superamento dell’Handicap), i relatori hanno analizzato ed

approfondito tutti i cambiamenti apportati dal Decreto del Jobs Act sopra menzionato, rispetto alla Legge 68/99. In particolare soffermiamoci su alcune parole del Dott. Giampiero Griffo (European Disability Forum), che ha spiegato come queste novità modificano la concezione della disabilità, che è “l’interazione tra le caratteristiche della persona, l’ambiente e la società”, quindi si passa dal concetto della Legge 68/99 che parlava di condizione psicofisica al concetto psicosociale della persona disabile. In questa ottica si rivaluta anche l’ambiente lavorativo e si parla di “accomodamento ragionevole”: il posto di lavoro, sia pubblico che privato, deve essere adeguato al lavoratore disabile che viene assunto, valutando principalmente quelle che sono le competenze e le capacità

della persona; il datore di lavoro deve inoltre far sì che vengano abbattute le barriere architettoniche qualora fossero presenti sul luogo di lavoro; ed infine, ma non per ultimo, deve garantire una postazione di lavoro accessibile con eventuali ausili informatici se necessari al dipendente per svolgere al meglio l’attività lavorativa. L’Italia sta vivendo un periodo di crisi, dal quale sta cercando lentamente di uscire. Il tasso di disoccupazione è alto, ma lo è maggiormente per le persone con disabilità, che giornalmente affrontano un percorso ricco di ostacoli e di delusioni durante la ricerca del lavoro. Concludiamo dando però ai nostri lettori la speranza che, con le modifiche legislative sopra analizzate, anche le persone con necessità speciali possano più facilmente accedere al mondo del lavoro. FA

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Pronti a gridare al La Città Eterna si prepara al Giubileo, tra progetti ambiziosi Di Michele Adamo e Daniele Risa

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ome annunciato da Papa Francesco per mezzo della bolla pontificia Misericordiae Vultus, l’8 dicembre 2015 avrà inizio il Giubileo Straordinario della Misericordia, che si concluderà il 20 novembre 2016. Sono previsti milioni di persone che verranno a Roma per prendere parte all’evento e, tra di loro, è prevedibile che ci saranno anziani, famiglie con bambini e persone disabili. Ma la città è pronta? L’ex sindaco Ignazio Marino afferma di sì, dello stesso avviso sono il Presidente del Consiglio Mat-

teo Renzi e il Ministro dei Beni Culturali e del Turismo Dario Franceschini, che afferma: “L’Italia saprà accogliere al meglio i fedeli che si recheranno a Roma per l’Anno Santo. Il Ministero è pronto, sin da subito, a collaborare per la migliore riuscita di questo Giubileo, che sarà per milioni di persone di tutto il mondo un’occasione per un percorso di fede e insieme per uno straordinario viaggio in Italia”. Chi è abituato a vivere a Roma potrebbe muovere qualche perplessità sulla buona riuscita dell’operazione. Senza

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entrare nel merito della questione sicurezza, concentriamoci sull’annoso problema dell’accessibilità. Chi vive a Roma sa bene quanto la Capitale sia un fiorire di ostacoli, tra la quasi totale inaccessibilità delle stazioni Metro, le condizioni fatiscenti di molti marciapiedi - quando questi sono presenti, - le tantissime attività commerciali inaccessibili eccetera. Non c’è un regolamento comunale che impone di abbattere le barriere architettoniche agli esercenti e di conseguenza e frequente trovare il classico gradino di ingresso. Particolarmente disagiate sono alcune zone molto turistiche nel centro della città, come ad esempio Campo de’ Fiori e Trastevere. Puntualmente vi si trovano parcheggi riservati agli invalidi occupati abusivamente perché i controlli da parte degli organi preposti sono rarissimi. Inutile continuare la penosa lista di problemi e inefficienze che affliggono la città visto il poco spazio a nostra disposizione. Quello su cui intendiamo concentrarci è che tutte queste emergenze quoti-


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miracolo e ragionevoli perplessità diane impediscono a molti cittadini di esercitare il loro diritto di uguaglianza, come sancito dalla Costituzione Italiana. In una città dove sono accessibili aeroporti e grandi stazioni ferroviarie, ma poi tutti gli altri collegamenti periferici sono scadenti, è lecito preoccuparsi per la buona riuscita dell’evento. Comunque non per questo Roma è una città da non visitare almeno una volta nella vita, quindi vale la pena affrontare queste criticità, cercando di organizzare nel migliore dei modi la nostra permanenza al fine di evitare sgradevoli sorprese. PASSEGGIATE ACCESSIBILI, LE QUATTRO PROPOSTE DEL COMUNE DI ROMA Per l’occasione, l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino lo scorso 9 agosto ha presentato i percorsi giubilari che riproponiamo in queste pagine, così come presentati nel sito web del Comune di Roma. Dalla Basilica di San Giovanni in Laterano a Castel Sant’Angelo, da Santa Maria Maggiore a Piazza Navona: sono questi i percorsi degli itinerari giubilari che condur-

ranno fedeli e turisti nei luoghi sacri di Roma. Si chiamano “Cammini della Via Papale”, “Cammino del Pellegrino” e “Cammino Mariano”. La Capitale si prepara così all’avvio della fase operativa per il grande evento del Giubileo della Misericordia. Primo e secondo itinerario, il “Cammino Papale”: è il percorso seguito per secoli dai Papi dalla Basilica di San Giovanni in Laterano alla Basilica di San Pietro e viceversa, passando attraverso via dei Santi Quattro Coronati, il Colosseo, via dei Fori Imperiali e il Carcere Mamertino. Prose-

gue poi per il Campidoglio fino a Castel Sant’Angelo e quindi San Pietro con due varianti: una che passa da via dei Banchi Nuovi (Chiesa Santa Maria in Vallicella) e l’altra per via dei Coronari (Chiesa San Salvatore in Lauro). Il “Cammino del Pellegrino”: è il terzo itinerario che parte dalla Basilica di San Giovanni in Laterano fino alla Basilica di San Pietro e viceversa, passando per via di San Paolo alla Regola, piazza e chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini, via Giulia, San Giovanni dei Fiorentini, Castel Sant’Angelo, San Pietro.

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Il quarto itinerario è il “Cammino Mariano”, che dalla Basilica di Santa Maria Maggiore porta alla Basilica di San Pietro e viceversa, passando per via Urbana, via Madonna ai Monti, via Tor dei Conti e via dei Fori Imperiali, fino al Carcere Mamertino. Da qui si connette con il primo e secondo itinerario nella loro parte comune fino a piazza Navona, dove si sdoppiano per confluire alla Basilica di San Pietro. I quattro percorsi permetteranno di passare accanto alle tre chiese giubilari: San Salvatore in Lauro, Santa Maria in Vallicella (Chiesa Nuova) e San Giovanni Battista dei Fiorentini, dove ci sarà la presenza costante di sacerdoti di varie lingue per le confessioni e l’Ado-

razione eucaristica. Nel corso della presentazione, l’Assessore ai Lavori pubblici, Maurizio Pucci, ha spiegato che i lavori “interesseranno i marciapiedi che

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in alcuni punti verranno allargati, gli attraversamenti pedonali che saranno rifatti, l’installazione di nuovi e moderni elementi che miglioreranno l’arredo urbano e faciliteranno l’orientamento di chi visita Roma. Saranno, inoltre, realizzati diversi percorsi e scivoli per le persone con disabilità in modo da eliminare il maggior numero di barriere architettoniche”. Per la fase operativa è previsto un costo complessivo di 800mila euro. Insomma, sembra che tutto sia pianificato per l’accoglienza dei pellegrini con disabilità che verranno numerosi a visitare Roma in occasione dell’Anno Santo. Ci auguriamo che alle buone intenzioni seguano fatti concreti. FA


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Villa Borghese: chi se ne occupa? L’

Un nostro lettore racconta il “muro di gomma” contro cui si è imbattuto

Di Michele Adamo

articolo 3 della Costituzione Italiana sancisce che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla Legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Purtroppo quanto sancito dalla Costituzione non viene sempre rispettato, come dimostra l’ennesimo episodio di mala applicazione delle leggi dello Stato, nel caso raccontato da un nostro lettore. Nel mese di agosto mi sono recato al Parco di Villa Borghese, uno dei più estesi della Capitale, per fare una passeggiata e cercare un po’ di refrigerio. Questo parco ospita numerosi edifici storici, quali il Casino del Graziano, il Casino Giustiniani, l’Uccelleria, un laghetto incantevole e tanto altro. La villa è dotata di strutture per il tempo

libero, il gioco e la diffusione culturale: la Galleria Borghese e il Museo Pietro Canonica. Amo questo sito per tanti motivi, unisce nello stesso luogo arte e natura e non da ultimo è totalmente accessibile per le persone con disabilità motoria, o almeno questo credevo. Sì, perché quel giorno ho deciso di andare a visitare il Museo Canonica e con mio grande rammarico ho scoperto che nella centralissima Villa Borghese quel museo è quasi tutto inaccessibile. Incredulo ho protestato con il personale e ho chiesto il modulo per segnalare il disservizio, l’ho compilato e riconsegnato. Dopo circa un mese ho ricevuto una email di risposta, che testualmente riportava “La ringraziamo davvero molto per averci scritto e comprendiamo l’importanza di tale tematica, a tal proposito la informiamo che stiamo provvedendo ad inoltrare tutte le segnalazioni che ci arrivano alla Direzione del museo in quanto gli interventi di tipo strutturale vengono stabiliti direttamente dall’Amministrazione Comunale, mentre Zètema si occupa della gestione dei servizi offerti ai visitatori”. La prima cosa che ho pensato è stata che tutto sommato già il fatto che avessero letto la mia lettera e risposto voleva dire che ci fosse da parte della società

che gestisce il museo una sensibilità verso questa grave mancanza, ma per curiosità sono andato sul sito web di Zètema per capire chi ci fosse dietro e sorpresa! Zètema è una Società partecipata al 100% da Roma Capitale. Quindi gli interventi di tipo strutturale vengono stabiliti dall’Amministrazione Comunale, mentre Zètema, che è una società partecipata al 100% da Roma Capitale, gestisce i servizi ai visitatori. In sostanza cambiano i nomi, ma il datore di lavoro è sempre lo stesso! Episodi come questo, purtroppo, ci confermano non solo il non rispetto della legge ma anche il poco coraggio delle istituzioni a prendersi la responsabilità delle proprie mancanze. Ci auguriamo che la denuncia del nostro lettore contribuisca a rompere il velo di ambiguità rispetto a chi deve assumersi la responsabiltà dell’accoglienza dei visitatori con disabilità che si recano a Villa Borghese. Invitiamo chiunque abbia vissuto esperienze simili a raccontarcele inviandoci un messaggio all’indirizzo di posta elettronica f i n e stra.aperta@uildmlazio.org. FA

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Buon appetito!

L’Unesco riconosce l’importanza della Dieta Mediterranea, classificandola “patrimonio dell’umanita” Di Andrea Desideri

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orse ci voleva Banderas che parla beatamente con le galline mentre fa i biscotti, oppure sarà stato merito di Kevin Costner che taglia il tonno con un grissino, o magari c’entra Favino che, dopo aver vestito i panni di delinquente e corrotto nei cinema, sveste gli abiti di scena per portare la pasta fatta in casa quasi fosse una nonna premurosa che aspetta il giorno buono per ricevere l’abbraccio dei nipoti. Insomma, sarà perché alcuni bellocci del jet set si sono prestati a sponsorizzare le leccornie italiane, sarà perché ormai dovunque vai si parla di cucina, sarà perché – come dice Elio in una famosa canzone – in Italia va bene solo la ristorazione, fatto sta che l’Unesco ha decretato la Dieta Mediterranea un patrimonio immateriale dell’umanità. Basta che si mangia? Non è così semplice, occorre farlo bene e con cognizione. Infatti, tale riconoscimento arriva a fronte di ben cinquantuno candidature, che alla fine hanno visto trionfare senza mezzi termini questo modus vivendi legato al cibo. Lo stile di vita mediterraneo diventa un’eccellenza mondiale, coronamento di un iter iniziato ben sei anni fa che delinea questo favoloso esempio di conta-

minazione naturale e culturale, riconducibile ad una tavolata tra amici e non solo. Dieta deriva dall’etimo greco “dìaita”, che vuol dire proprio “modo di vivere”, infatti, siamo ciò che mangiamo. Almeno, così pare. La Dieta Mediterranea, quindi, rappresenta un insieme di competenze, espressioni, conoscenze e abilità proprie delle culture che si affacciano sul Mediterraneo; una sintesi tra ambiente culturale, organizzazione sociale e universo mitico, nonché religioso, costruito intorno al saper mangiare. Un mare magnum di pratiche e tradizioni, che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e – in particolare – il consumo di cibo. Si tratta di un modello nutrizionale rimasto costante nel tempo e nello spazio, imperniato soprattutto su olio d’oliva, cereali e frutta fresca o secca, verdure, una moderata quantità di pesce, spezie, latticini e carne. Tutto accompagnato da vini o infusi, a seconda delle tradizioni popolari. La Dieta Mediterranea non è sinonimo solo di alimentazione; essa promuove l’in-

clusione e l’integrazione sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una comunità che ha dato i natali a canzoni, miti, leggende e tradizioni del folclore popolare. In primo piano, c’è il rispetto per il territorio e la biodiversità, garantendo lo sviluppo e la conservazione delle attività tradizionali. Notevole importanza hanno i mestieri legati alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo, come ad esempio le zone della Soria in Spagna, Koroni in Grecia, Cilento in Italia, Chefchaouen in Marocco. Stare intorno a un tavolo, raccontarsi, confrontarsi davanti a un buon piatto di pasta è sinonimo di armonia e felicità. L’Unesco non fa altro che confermare a livello mondiale qualcosa che abbiamo sempre saputo, l’arte della cucina si sta divulgando quasi a macchia d’olio perché chiunque, ormai, davanti a un fornello si sente protagonista. Con i piatti preparati, racconta un po’ di sé. Preparare qualcosa per qualcuno, presuppone una forte dose d’amore e un forte senso di condivisione. D’altronde, non si conosce veramente qualcuno fino a quando non ci si manga assieme. FA

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Fronte comune per la ricerca N

Alcune eccellenze nel campo delle malattie neuromuscolari si uniscono

Di Sandra Pérez

asce l’Alleanza Neuromuscolare, un accordo tra Telethon, Aim e Aisnp, che sfrutta il lavoro in rete e le diverse conoscenze dei partner coinvolti. L’Alleanza Neuromuscolare, che avrà sede a Milano, è la somma di tre realtà di riferimento, in cui converge la specifica competenza ed esperienza di ogni partecipante: l’Aim e l’Aisnp rappresentano la parte clinica; la Fondazione Telethon, invece, svolge un importante ruolo nel sostenere la ricerca in ambito sanitario e, da questo punto di vista, possiede una potente macchina organizzativa e ha un contatto diretto con gli enti istituzionali. L’accordo rafforza una rete di collaborazione sviluppata negli anni, che è riuscita a coinvolgere i principali centri clinici e di ricerca italiani e a includere le associazioni di pazienti. Infatti, il coordinatore dell’Alleanza, Guido Cavaletti, spiega che il progetto in questa forma è partito circa un anno fa, quando i diversi collaboratori hanno soppesato i potenziali vantaggi di “mettersi tutti intorno allo stesso tavolo e cercare di far convergere gli interessi e le competenze nel velocizzare il trasferimento della ricerca di base verso la ricerca clinica”. Lo stesso Cavaletti elenca i

tre obiettivi principali del sodalizio: “ottimizzare la gestione dei registri di malattia”; “identificare le modalità migliori per creare dei professionisti che siano in grado di comprendere e curare al meglio le malattie neuromuscolari”; e, partendo degli altri due fattori, “realizzare trail clinici il più efficienti possibile”. Nello specifico, e partendo dagli obiettivi dell’Alleanza, saranno le associazioni scientifiche a contribuire da un lato, alla formazione di professionisti nel campo, allo sviluppo di registri delle malattie e protocolli clinici. Dall’altro Telethon, mette a disposizione il proprio sistema di valutazione dei progetti basato sulla peer review (revisione tra pari), in cui la ricerca scientifica viene controllata da altri esperti nel campo. Inoltre, la Fondazione apporta l’esperienza nell’ambito dei registri, le biobanche e il coordinamento con l’Associazione del Registro. “I ricercatori di base e clinici italiani delle patologie neuromuscolari sono sicuramente ai vertici mondiali per quello che riguarda la qualità della produzione. Purtroppo, il sostegno finanziario e le attività di ricerca sono notoriamente al di sotto di quello che sarebbe necessario”. È questo il mesto scenario che descrive Cavaletti sulla ricerca

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scientifica in Italia nell’ambito delle malattie neuromuscolari. Queste patologie - tra cui distrofie muscolari, atrofie spinali, neuropatie periferiche, sclerosi laterale amiotrofica eccetera sono svariate, alcune molto rare e altre decisamente frequenti. Nel caso delle malattie meno frequenti il Piano Nazionale delle Malattie Rare 2013-2016, sottolinea una serie di ostacoli che la ricerca dovrebbe tentare di superare: “la scarsa numerosità dei pazienti, che richiede la promozione di studi collaborativi e la necessità di sviluppare disegni sperimentali clinici alternativi”, la limitata disponibilità di piattaforme tecnologiche, il basso investimento nell’innovazione e “i limiti posti dalla peculiarità clinica”. In contrasto con questa situazione il Pnmr aggiunge che “la ricerca, sia clinica che di base, è lo strumento di elezione per accrescere le conoscenze sulle malattie rare”. Su questo punto concorda Cavaletti, quando sottolinea la necessità di attrarre l’interesse della società verso la ricerca di questo tipo di patologie. Appunto, un altro degli obiettivi dell’Alleanza Neuromuscolare è “rendere visibili” le malattie neuromuscolari, come lo stesso Cavaletti tiene a sottolineare. FA


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Non temete la siringa

Gli allarmismi hanno fatto registrare un calo di vaccinazioni. Con esiti infausti, a detta della comunità scientifica Di Giuseppe Franchina

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vaccini sono un argomento che fa discutere da tempo. Nel lontano 2010 si parlava di influenza A1 (chiamata suina) e si additava come nocivo il vaccino specifico perché conteneva squalene, considerato altamente tossico. In realtà questa tossicità si è dimostrata infondata grazie ai riscontri oggettivi in merito. Nel 2014, la campagna anti-vaccinista ha raggiunto il suo apice ed oggi ne constatiamo gli effetti negativi. Lo scorso inverno l’influenza stagionale è stata piuttosto aggressiva a causa del fallimento della vaccinazione nazionale. Infatti, il movimento anti-vaccinista ha avuto un grosso seguito, si stima un calo di circa il 15% delle vaccinazioni “non obbligatorie” (Parotite, Morbillo e Rosolia) e del 5% di quelle obbligatorie (Poliomielite, Tetano e Difterite), la percentuale di quest’ultima indica dunque che 3.500 bambini in Italia non sono vaccinati. Il Coordinatore degli assessori, Sergio Venturi, dichiara che nel Riminese, ad esempio, si viaggia intorno all’85% di vaccinati. Ciò vuol dire che in una classe possono esserci tre bambini che non hanno fatto le vaccinazioni obbligatorie. La preoccupazione è alta e gli assessori hanno preso una posizione forte (Fonte: Repubblica).

Intorno a metà ottobre, infatti, la conferenza degli assessori alla Sanità delle Regioni italiane ha deciso che sarà vietata l’iscrizione scolastica ai bambini non regolarmente vaccinati, questo per impedire il diffondersi, tramite contagio, di malattie ormai debellate. Tristemente noti alla cronaca sono i casi di pertosse in Spagna e Italia che hanno portato al decesso di due neonati restituendo a questa malattia ormai quasi “estinta” un’incidenza mortale. Abbiamo, inoltre, ascoltato fantasiose teorie sulla connessione tra autismo e vaccini: gli studi hanno dimostrato l’assoluta infondatezza di tali teorie, attribuendo il peggioramento di pazienti autistici, dopo la somministrazione, a inaspettate coincidenze. Tante sono le illazioni in merito alla potenziale pericolosità di questa pratica, ma la letteratura al riguardo ci insegna che i vaccini sono stati un importante mezzo per eliminare patologie un tempo mortali. Per quanto l’opinione pubblica sia divisa sulla correttezza di “negare il diritto allo studio ai non vaccinati”, questa soluzione è tesa a salvaguardare la salute di coloro che, per svariati motivi come immuno-depressione o cardiopatia, hanno un sistema immunitario più propenso a

contrarre malattie virali. Questa decisione è stata sostenuta da una “firmatissima” petizione online, oltre che dal Ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin, che dichiara: “Le vaccinazioni salvano i nostri bambini e quelli che vivono intorno a loro. E solo grazie alle vaccinazioni di massa questi virus non entrano nella nostra vita. E vediamo cosa accade quando ci sono falle nel sistema, bambini che muoiono di morbillo, epidemie di pertosse, problemi di meningite. Queste sono cose molto serie”. Le falle però si aprono anche per ragioni economiche, proprio le Regioni frenano sul “nuovo Piano Nazionale Vaccini”, che prevede un aumento della spesa di 300 milioni di euro, una cifra insostenibile a causa di ripetuti tagli alla spesa sanitaria; tanto che, ad oggi, è praticamente impossibile riuscire ad inserire nuove vaccinazioni gratuite. Noi ci uniamo all’accorato appello delle comunità scientifiche a fare uso dei vaccini e ci auguriamo che la tendenza a non vaccinare sia immediatamente invertita per evitare altri casi, come quelli europei, nei quali soggetti più fragili sono stati attaccati da patologie ormai allontanate da decenni, con esiti infausti. FA

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Nel mondo dei balocchi S

Resoconto dei nostri inviati a Milano per la fiera dei videogiochi

Di Giuliano Sdanghi

un pubblico sempre più vasto e sempre più esigente - i prodotti usciti o quelli ancora in via di sviluppo. L’ultima edizione si è svolta dal 23 al 25 ottobre presso FieraMilanoCity e Finestra Aperta era presente. Due redattori - di cui uno con disabilità - si sono recati a Milano dalla Capitale con un viaggio tutto sommato confortevole a bordo di un treno veloce delle Ferrovie Italiane. Come base è stata scelta Legnano, in provincia di Milano, dove la Sezione Uildm locale ha ospitato i Nostri in un appartamento accessibile, la “Casa delle Autonomie”. Arrivati puntuali all’apertura dei cancelli riservati alla stampa e alle I nostri redattori nel mondo di Super Mario Bros. persone con disabilità, i nostri inviati mostrano i documenti comprovanti l’invalidità di uno dei due ed entrano gratis in un padiglione dove è evidente la separazione fra mondo videoludico, ovvero quello dei videogiochi, da quello del web (youtubers), dedicando a ciascuno un intero piano, con moltissimi stand da visitare: la stragrande maggioranza con

aranno una moda oppure no, ma è un dato di fatto: i videogiochi sono entrati nella vita di tutti, anche di chi non ha mai avuto un controller o un joystick in mano. Il mercato, come la società, percepisce tutto prima e per le grandi occasioni si organizza. Aesvi (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani) è l’Associazione di categoria dell’industria dei videogiochi, che rappresenta i produttori di consolle, gli editori e gli sviluppatori di videogiochi operanti in Italia e da cinque anni organizza a Milano una tre giorni fieristica, la Milan Games Week, dove far conoscere ad

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rampe o senza strutture sopraelevate, mentre la restante ed esigua minoranza con piccole barriere architettoniche facilmente superate grazie alla collaborazione degli addetti ai lavori. Anche nelle ore più densamente popolate dai visitatori, cioè quelle pomeridiane del weekend, si riesce a camminare senza troppe difficoltà, riscontrando pochissimi inconvenienti (parcheggio interno della Fieracity a 14,00 euro!), dovuti con molta probabilità a società terze che non fanno parte né della FieraCity che della Aesvi. Tante le chicche in anteprima per gli esperti o i semplici amanti del settore: Microsoft si è presentata con Halo 5 come titolo capofila per la console Xbox One, che proprio da novembre mostra i muscoli con l’esclusiva temporale del nuovo Tomb Raider e con l’esclusiva Cuphead, mentre Sony Playstation ci ha permesso di assistere ad una sessione giocata da uno sviluppatore di Horizon Zero Dawn, titolo che uscirà a fine 2016, e una con il nuovo capitolo di Uncharted, prodotto dalla software house Naugthy Dog. Presso lo stand Nintendo abbiamo provato il nuovo titolo sportivo con personaggi del mondo di Super Mario, Smash Tennis, e il nuovissimo Zelda Tri-Force. FA


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La riflessione si impone

Chiusa l’esperienza delle Special Olympics, facciamo il punto sullo sport per le persone con disabilità Di Angelo Andrea Vegliante

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al 25 luglio al 5 agosto 2015 è andata in scena a Los Angeles l’edizione estiva degli Special Olympics. L’Italia ha detto la sua nelle diverse compagini sportive, portando a casa un numero considerevole di medaglie, oltre a consegnare spunti di riflessione: la componente sociale alla base dello sport, il ruolo del giornalismo e l’esigenza di una rigenerazione culturale. “Lo sport diventa un efficace strumento di riconoscimento sociale e gratificazione - spiega il Professor Alessandro Palazzotti, Vicepresidente di Special Olympics Italia, in un’intervista su FinestrAperta.it -, può essere palestra di vita che offre agli atleti la possibilità di valorizzare le loro abilità e spenderle produttivamente nella società. È la partecipazione a rappresentare la vittoria più bella. Emblematico è il giuramento: che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze”. Ad onor del vero, questa volta i mass media hanno giocato un ruolo importante. “Non ci aspettavamo - commenta Palazzotti - l’attenzione che televisione e stampa italiana hanno riservato a tale evento (seguito da Sky, Rai e dalle principali testate nazionali;

oltre alle numerose pubblicazioni a livello locale)”. Tuttavia la kermesse ha messo in luce diverse problematiche. “La carenza notevole di impiantistica sportiva delle città italiane è dovuta - rivela il Vicepresidente - alla scarsa cultura relativa ad identificare lo sport come fattore di benessere individuale e sociale e all’incapacità di programmare e pianificare gli interventi pubblici, stimolando e coinvolgendo anche l’iniziativa privata su temi di interesse pubblico. Sulla prima tematica, solo di recente si sta imponendo lo sport come attività utile alla formazione e all’educazione dei giovani, al mantenimento della forma e della salute. Per quanto riguarda l’impiantistica, è mancata qualsiasi programmazione da parte di Enti Locali, Regionali o Nazionali. Il raffronto con Los Angeles è assolutamente impietoso. Con due enormi Università-College, con migliaia di alloggi vicini ad impianti di primordine, numerosi ed ipercapienti. Per non

parlare della fluidità delle strade, delle metropolitane e dei collegamenti. Insomma, per battere la concorrenza olimpica occorre non poter contare solo sui fasti e sugli impianti del ‘60 ma mettere immediatamente mano ad un piano di realizzazioni concrete e di investimenti tali da poterci presentare al confronto in modo dignitoso ed onorevole”. FA

© www.specialolympics.it

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Un altro passo verso il futuro N

Da fantasia cinematografica a realtà: arrivano le Nike Mag

Di Angelo Andrea Vegliante

el 1989 il regista statunitense Robert Zemeckis aveva immaginato un 2015 pieno di strumenti tecnologici all’avanguardia: macchine e skateboard volanti, vestiti che si asciugavano da soli e commessi robotici caratterizzavano la quotidianità di Ritorno al Futuro - Parte II. Negli ultimi anni molte persone in giro per il mondo hanno fantasticato su quale oggetto del film realizzare o meno. Se per alcune invenzioni però la strada da percorrere è ancora molta e decisamente tortuosa - vedi l’invenzione del teletrasporto e l’utilizzo della spazzatura come combustibile per le macchine -, per altre invece possiamo già parlarne positivamente. Ad inizio anno Tinker Hatfield, capo dei laboratori di ricerca e innovazione della Nike, aveva confermato le voci sulla possibile creazione delle Nike Mag, le famose scarpe del futuro indossate nel film da Marty McFly (alias Michael J. Fox). Il 21 Ottobre 2015 lo stesso attore e la multinazionale americana hanno annunciato che le calzature con gli auto-lacci arriveranno sul mercato nella primavera del prossimo anno. Non si tratterà però di una vendita a dettaglio o per corrispondenza, bensì sarà possibile averne un paio

attraverso aste benefiche a favore della Fondazione Michael J. Fox, al fine di aiutare la ricerca sul morbo di Parkinson, da cui è affetto lo stesso Fox. Come potevasi aspettare, le prime Nike Mag sono state offerte in omaggio proprio all’attore canadese che, attraverso un video pubblicato sui diversi social network, ha mostrato come queste scarpe funzionino per davvero. La calzatura sarà dotata della tecnologia power laces che sarà in grado di offrire “il massimo comfort”, a detta della Nike: il sistema infatti rivelerà quale sia la misura del piede e stringerà le scarpe al punto Le scarpe di Ritorno al Futuro - Parte II

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giusto. Già nel 2011 la multinazionale si trovò a promuovere una serie di scarpe in favore della Fondazione: in quell’occasione però fu creata una linea di calzature omaggiante la trilogia di Ritorno al Futuro, che valse a The Michael J. Fox Foundation una raccolta di ben 9,4 milioni di dollari. L’invenzione porterà sicuramente a due risultati importanti, oltre alla raccolta benefica: da un lato, potrà aiutare molte persone affette da qualche tipo di disabilità fisica ad indossare le scarpe con maggiore facilità e semplicità; dall’altro, per usare dell’ironia, arricchirà il capitolo umano della pigrizia. FA


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Qualcosa di buono

La storia di Kate, donna affetta da Sla, e Bec, la sua nuova assistente Di Giuseppe Franchina

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uesta calda estate 2015 ci ha regalato anche una pellicola che ci sentiamo di consigliare, ma con delle riserve. Opera seconda del regista statunitense George C. Wolfe, Qualcosa di Buono ci consegna un intenso racconto del difficile percorso clinico di una malata di Sla. Nei panni della donna affetta dalla grave patologia neurodegenerativa troviamo Hilary Swank, già vista nel ruolo di inferma ai tempi di Million Dollar Baby, che compie tutto il difficile iter di aggravamento che la patologia comporta. Al suo fianco la giovane Emmy Rossum, che interpreta un’assistente sgangherata e ritardataria che durante il racconto sboccia dando al suo personaggio la vera identità del film. Quando Kate (Hilary Swank) si accorge dei primi sintomi della Sla, la sua vita è al culmine: carriera, lavoro, famiglia. Lei, ottima pianista, nel giro di un anno e mezzo smette totalmente di suonare ed incidere ritrovandosi del tutto dipendente dagli altri. In una giornata come tante, licenzia la sua ottima badante per assumere la giovane Bec (Emmy Rossum), studentessa universitaria un po’ alternativa, tabagista e “puntualmente in ritardo”. Le

due personalità si scontrano sin dall’inizio: Kate, precisa, ordinata, una perfetta donna di casa; Bec, giovane, confusionaria, molto poco pratica di vita domestica. Tra le due però esplode una complicità quasi immediata: infatti nel tempo le protagoniste percorrono insieme non solo il faticoso “cammino” patologico della Sla, ma affrontano una separazione (Evan, marito di Kate, interpretato da Josh Duhamel, la tradisce preoccupato dal “poterla rompere” e negandole qualunque contatto fisico); delle amiche che si rivelano poco capaci di comprendere le difficili dinamiche di una patologia che, per quanto sia molto complessa, ormai è tristemente conosciuta; una madre che non sembra interessarsi alla cura di sua figlia. Cura della quale neanche Kate si interessa (ad esclusione della sua assistenza) e che contempla un percorso di aiuto per migliorare la qualità di vita, che in questo film ci sembra poco presente. Infatti, a nostro avviso, per quanto sia straordinaria l’intesa che si crea tra assistente ed assistita, magnifica sia la crescita personale di Bec e la sua presa di coscienza personale, la pellicola

Una scena del film Qualcosa di Buono

rimanda allo spettatore un’immagine di questa patologia che potrebbe essere meno superficiale e con un finale che, per quanto necessariamente triste, possa dare più dignità alla persona affetta da Sla. Per l’appunto Kate “si lascia morire”, rifiutando la respirazione assistita e demandando, in caso di sua incapacità di decidere, il potere decisionale a Bec, divenuta ormai amica inseparabile e sincera. In conclusione, la Swank (attrice e produttrice della pellicola), già vista morente in Million Dollar Baby, risente della mancanza alla regia di un grande maestro come Clint Eastwood, in questo film che non brilla sicuramente come originalità, ma avrebbe tante potenzialità, a nostro parere, poco espresse e che meriterebbero assolutamente maggiore rilevanza, anche se i tempi cinematografici pretendono di rispettare delle tempistiche ben precise. FA

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Una giornata per noi

Il 3 dicembre di ogni anno in tutto il mondo si celebra una ricorrenza per i diritti delle persone disabili Di Giuseppe Franchina

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a Giornata Internazionale per i Diritti delle Persone con Disabilità è stata istituita dall’Onu nel 1992 a seguito di importanti pressioni da parte delle associazioni di categoria. In seguito a questo importante riconoscimento, il 13 dicembre del 2006, è stata approvata dalle Nazioni Unite la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità (ratificata in Italia il 14 marzo del 2009) che ha dato, almeno sulla carta, rilevanza alle esigenze di ogni difficoltà contestualizzata nel proprio ambiente sociale. Attualmente nel mondo un miliardo di persone si confronta giornalmente con diversi tipi di disabilità e questo inficia sulla loro vita a livello di trasporto, salute, lavoro, scuola eccetera. Questo appuntamento annuale è mirato a valorizzare i diritti delle persone disabili che spesso, non solo non vengono riconosciuti, ma non è raro che vengano violati. Inoltre, gran parte delle persone considerate “diverse” vivono ai margini della società (parliamo dei cosiddetti “invisibili”) e

l’intento di questa giornata è proprio l’inclusione di coloro che vengono quotidianamente discriminati. Nel dettaglio i temi di quest’anno: rendere le città accessibili per tutti; migliorare i dati e statistiche sulla disabilità; includere le persone con le disabilità “invisibili” nella società. Tutto ciò è indirizzato a rendere possibile lo sviluppo di un progetto individuale per ogni persona disabile, permettendogli di vivere la propria vita nella maniera più autonoma possibile. È stimato che entro l’anno 2050, il 66% della popolazione mondiale abiterà nelle città. La Terza Conferenza Mondiale sull’Abitazione e lo Sviluppo Sostenibile, denominata Habitat III, si terrà nel 2016 per revisionare l’avanzamento, l’esperienza e la lezione imparata nel passato per disegnare una “New Urban Agenda”. Questo programma

politico, focalizzato sull’urbanizzazione, dovrà assicurare che nel futuro i paesi e le infrastrutture urbane di base siano più accessibili, facili da usare e aperte anche ai bisogni delle persone con disabilità. Per quanto riguarda i dati sulla disabilità è fondamentale una maggiore conoscenza delle statistiche perché, più queste sono dettagliate, maggiore sarà l’efficacia d’intervento su dei temi importanti come l’inclusione e l’accessibilità. Inclusione che è uno dei temi fondamentali di quest’anno, soprattutto per quanto riguarda le persone con deficit psicologico che, troppo spesso, sono relegate ai margini della società. Questa celebrazione non è unica nel suo genere, infatti, oltre alla Giornata Mondiale delle Malattie Rare (Rare Disease Day) esistono numerose giornate nazionali che ogni associazione di riferimento (Uildm, Parent Project, Famiglie Sma, Aisla, Aism, solo per citarne alcune) istituisce per raccogliere fondi e informare sulle patologie di propria competenza. FA

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Regali coi fiocchi Uildm Lazio e Tigotà insieme per una iniziativa solidale tutta natalizia Di Annalisa Del Picchia*

Uildm per Telethon 2015: sosteniamo la ricerca con tutto il cuore

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orna nei banchetti e nelle piazze italiane il “buonissimo” cuore di

cioccolato di Telethon. Per tutto il mese di dicembre i volontari Uildm Lazio onlus saranno impegnati nel distribuirlo a fronte di una donazione minima di 10,00 euro. Infatti durante la settimana della maratona televisiva la Uildm con le sue sessanta Sezioni coinvolte animerà piazze, luoghi di passaggio, scuole e le proprie sedi per raccontare i progressi della ricerca per la cura. Nella versione al latte e fondente, il cuore di cioccolato è un simbolo di speranza e fiducia. Richiedendo il cuore nei banchetti è possibile donare una speranza concreta di cura a tutte le persone che lottano contro una malattia genetica. Un impegno

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al 7 al 24 dicembre 2015, con l’iniziativa “Un Regalo Incartato col Cuore”, i volontari della Uildm Lazio onlus saranno presenti nel punto vendita Tigotà di via Boccea 246/a. Carta, forbici, un po’ di nastro colorato e il gioco è fatto: un perfetto pacchetto regalo per un dono speciale. Un pacchetto da regalare ad una persona cara, fatto con il cuore e con solidarietà. Questa è la filosofia alla base dell’iniziativa promossa dall’Associazione in collaborazione con l’azienda Tigotà, che si è gentilmente resa disponibile

preso nei confronti delle persone

per ospitare l’evento. Infatti, presso il punto vendita Tigotà di via Boccea, sarà possibile acquistare un regalo e poi farlo impacchettare dai volontari della Uildm Lazio onlus e contribuire con una piccola donazione a sostenere le tante attività dell’Associazione in favore delle persone affette da patologie neuromuscolari. Partecipa, impacchetta, sensibilizza, conosci nuovi amici! Con il tuo impegno aiuterai tante persone con disabilità e le loro famiglie. *Ufficio Fund Raising Uildm Lazio onlus

malate e dei loro genitori che ogni giorno corrono una maratona per la vita, lottando contro il silenzio e l’indifferenza di chi non conosce cosa significhi avere una malattia rara e spesso incurabile. Grazie alla generosità di tutti coloro che lo richiedono, il cuore di cioccolato Telethon accende così una luce, facendo sentire le persone che quotidianamente lottano contro una malattia genetica meno sole. Maggiori informazioni su www.telethon.it. Il cuore di cioccolata Telethon lo trovate presso la sede della Uildm Lazio onlus, in via Prospero Santacroce, 5, al IV piano per tutto il mese di dicembre. A.D.P.

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Come se la cavano Germania e Norvegia: i servizi forniti Di Alexandra Decker e Maren Fosser*

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ontinua il nostro viaggio sulle opportunità offerte alle persone con la disabilità nei paesi d’Europa, grazie al lavoro dei nostri volontari europei. In questo servizio prendiamo in esame la Germania e la Norvegia. GERMANIA In Germania vivono 10,2 milioni di persone con disabilità, corrispondenti ad una percentuale del 13% della popolazione. Il governo tedesco concede diversi benefit per il reinserimento sociale e professionale e per la riabilitazione medica e sociale. Inoltre ci sono altri sostegni per le persone con disabilità grave. Comunque la burocrazia in Germania è spesso come una giungla, quindi ci sono tanti fondi diversi adatti ai vari casi. C’è anche il diritto ad avere un budget personale e se una persona disabile è disoccupata, riceve i soldi dal fondo pensioni o dall’assicurazione sanitaria. Molti diritti riguardano l’integrazione e la lotta per l’eguaglianza. Nel campo dell’impiego, un datore di lavoro con più di venti collaboratori deve riservare il 5% dei posti disponibili alle persone con disabilità. Tra questi ultimi, il tasso di disoccupazione è del 14%, cioè due volte più elevato che il tasso dei lavoratori normodotati.

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Per quanto riguardo la scuola, i bambini disabili non hanno la possibilità di andare in tutti gli istituti perché non tutti sono sovvenzionati dal Ministero dell’Istruzione. Un’associazione molto simile alla Uildm è la Deutsche Gesellschaft fuer Muskelkranke e.V. (Società Tedesca per le Persone con Patologie Neuromuscolari). Anche loro investono nella ricerca sulle patologie invalidanti e offrono diverse terapie. Allo stesso tempo organizzano un servizio di consulenza e gruppi di autoaiuto per i disabili e le loro famiglie. Un lavoro molto importante che svolgono sono le campagne per sensibilizzare la gente ed aumentare la consapevolezza. Questa associazione è finanziata in gran parte da donazioni e sovvenzioni delle istituzioni o dallo Stato. Ci sono anche molte altre associazioni e istituzioni che si adoperano per l’inclusione sociale e lavorano come organizzazioni non lucrative di utilità sociale. La più grande è Aktion Mensch (Azione Essere Umano), nata nel 1964, che opera in tutta la Germania. L’organizzazione è stata finanziata con una lotteria e investe i soldi in aree: la lotteria per realizzare i sogni, l’istruzione per fortificare la società e la


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su al nord? dai governi e le battaglie dei cittadini disabili sensibilizzazione per dare opportunità. Aktion Mensch lotta per l’inclusione totale delle persone con disabilità nella comunità. In Germania le persone disabili hanno meno opportunità, meno istruzione e meno lavoro degli altri cittadini. Per questo l’associazione offre progetti sociali e promuove azioni e campagne d’informazione. Gli obiettivi sono di creare una società in cui una persona disabile può vivere con più autonomia e far crescere le sue abilità senza barriere architettoniche e mentali. NORVEGIA In Norvegia le leggi in favore delle persone con disabilità sono allineate a quelle delle Nazioni Unite e hanno lo scopo di garantire l’uguaglianza. Una persona con disabilità ha diritto ad accedere alla scuola, alla cultura, al lavoro, a scegliere la propria casa e a vivere nella società come gli altri. Sulla carta, è garantita per tutti l’uguaglianza, ma non sempre le intenzioni corrispondono alla verità. Il supporto per il cittadino disabile in Norvegia è quasi sempre dato dal Comune, non dallo Stato. Questo è un problema perché alcuni Comuni sono più ricchi ed altri non hanno la possibilità di dare il supporto previsto dalla legge.

Per lottare per i diritti delle persone con disabilità, in Norvegia c’è un’organizzazione molto grande, la Norges Handikapforbund, che ha lavorato per gli interessi delle persone con disabilità per più di ottant’anni ed ha circa 15mila membri. Chiedono che lo Stato si assuma più responsabilità in quanto i Comuni non sono sempre in grado di intervenire adeguatamente. Vogliono anche penalizzare i Comuni che non provvedono a fornire adeguato sostegno come dovrebbero. In Norvegia lavorano tante persone con disabilità, ma non per tutti è facile trovare lavoro. Ci sono delle agevolazioni dallo Stato per rendere più semplice la ricerca del lavoro e per facilitare le assunzioni, con trasporto, assistenza e aiuti di altro tipo. C’è anche il diritto a scegliere un assistente domiciliare e l’orario in cui si vuole avere l’assistenza, ma è solo per le persone in situazioni particolarmente gravi. La legge concede questa opportunità alle persone che hanno meno di sessantacinque anni, che hanno bisogno di assistenza per almeno trentadue ore alla settimana e per utenti che abbiano meno di diciotto anni, per aiutare i genitori.

Le leggi norvegesi vietano la discriminazione, e quando una persona con disabilità non può entrare in un edificio pubblico, questa è una situazione considerata discriminatoria. Tutti gli edifici pubblici, ma anche quelli privati aperti al pubblico, devono essere accessibili a tutti. A scuola, tutti gli studenti hanno diritto ad andare all’istituto pubblico più vicino a casa, ma per tanti studenti disabili questo non è possibile perché la scuola non è sempre accessibile. La legge del 2009 prevede che tutti gli edifici pubblici debbano essere accessibili, ma poiché la ristrutturazione è molto cara, lo Stato ha indicato alcuni posti che devono avere priorità e altri che possono aspettare. Lo Stato fornisce gratuitamente alcuni ausili, come ad esempio le stampelle, la carrozzina, l’apparecchio acustico eccetera. Le sfide da superare sono ancora tante perché c’è molta burocrazia, i servizi non sono sempre uguali in tutte le regioni e non c’è abbastanza informazione sui diritti. *Volontari in Servizio Volontario Europeo presso la Uildm Lazio. Il loro progetto Enabling Inclusion è finanziato grazie ai fondi europei del programma Erasmus+

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Dopo di Noi, una Una approfondita riflessione sulla vita Di Marcello Tomassetti*

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l tema del cosiddetto “Dopo di Noi” è un argomento delicato ed intimo perché coinvolge non solo la qualità della vita della persona con disabilità in un orizzonte temporale a lungo termine ma anche l’angosciosa preoccupazione di quei genitori che, legittimamente, s’interrogano sul futuro del proprio congiunto una volta che il loro ruolo verrà meno. L’incessante lavoro di pressione operato dalle Associazioni e Federazioni rappresentanti le persone con disabilità per porre all’attenzione delle forze politiche un tema così importante, ha determinato nel corso degli anni, la presentazione in Parlamento di diverse proposte di legge su iniziativa di deputati o senatori. La prima proposta risale al dicembre 2008, è la Proposta di Legge C-2024 di Livia Turco, per l’istituzione di un fondo pubblico di sostegno per le persone non autosufficienti. La seconda proposta, il Disegno di Legge S-1281 di Zanda-Vizzini “Istituzione dei fondi sostegno a favore di persone con disabilità gravi”, è rimasta bloccata da quattro anni in Senato. Queste proposte di legge non sono state approvate dal

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Parlamento per una serie di motivi, spesso legati alle modalità di finanziamento. L’ultima proposta in ordine di tempo risale all’11 luglio 2013 ed è quella illustrata poc’anzi. Considerato questo e tenuto conto che in Italia l’accesso ai servizi per le persone con disabilità non è riconosciuto come un diritto esigibile bensì come una possibilità condizionata alla disponibilità di risorse, è bene soffermarsi su come il legislatore determina l’istituzione dei servizi e come ne regola l’accesso. A tal proposito, lo studio europeo “Deinstitutionalisation and Community Living: Outcomes and Costs” riguardante i servizi disponibili a tutt’oggi per le persone con disabilità carenti di un qualsivoglia tipo di sostegno familiare, mostra che in Italia l’asse portante delle politiche per la residenzialità per gli adulti con disabilità - in particolare con disabilità intellettiva grave - è l’istituzionalizzazione in servizi con oltre trenta posti, che rappresentano l’86% dell’offerta. Le soluzioni alternative (case famiglia, piccole comunità alloggio, cohousing, eccetera), rappresentano invece solo il 3,7% del totale dei servizi residenziali per adulti con disabilità. Inoltre tali


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questione delicata indipendente delle persone con disabilità servizi a causa della minore entità delle rette che non consentono un sostegno intensivo, sono perlopiù accessibili solo alle persone con disabilità moderata o lieve. Solo questo dato dovrebbe essere sufficiente a sollecitare il legislatore a produrre provvedimenti che, coinvolgendo attivamente le organizzazioni rappresentanti il mondo della disabilità, abbiano soprattutto come base portante e univoca la Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità. Solo a titolo di cronaca, ricordo che l’Italia ha ratificato questa convenzione con la legge n.18 del 3 marzo 2009. Pertanto, qualunque nuova norma che abbia un impatto sulla vita delle persone con disabilità deve uniformarsi ai principi di tale Convenzione e all’obbligo che ne deriva di garantire alle persone con disabilità il godimento di tutti i diritti e di sostenerne la “piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri”. Ogni azione politica e legislativa in materia di disabilità, ogni servizio dovrebbe quindi rispecchiare l’approccio alla disabilità basato sui diritti. L’articolo 19 della Convenzione Onu esplicita con forza il diritto delle persone con disabilità di

scegliere la propria residenza e con chi abitare, così da evitare che esse debbano vivere in una particolare sistemazione o in istituti residenziali ad esse specificatamente “dedicati”. Una legge per il cosiddetto “Dopo di Noi” dovrebbe essere pertanto incentrata sulle persone e sul loro diritto ad una vita adulta indipendente, o quantomeno ad una indipendenza assistita, anche al di fuori dalla famiglia di origine, qualora questa venga a mancare, tutto ciò in ottemperanza agli articoli 19 e 12 della Convenzione. Questo perché un’ipotesi normativa incentrata sulle strutture, piuttosto che sulle persone, comporta rischi di emarginazione e discriminazione sociale. Ad esempio, si è già constatato come la L. 180/78, con la doverosa chiusura degli ospedali psichiatrici, pur apportando miglioramenti sostanziali alla vita delle persone con disabilità psicosociali, essendo basata sulle strutture (gli ospedali psichiatrici, appunto) e non sulle persone, non ha impedito e non impedisce tuttora di ricoverare gli adulti con disabilità psichica (ovvero mentale o intellettiva) in istituzioni (quasi) altrettanto segreganti: gli istituti residenziali con oltre trenta posti,

secondo Istat costituiscono oltre l’80% dell’offerta di residenzialità per le persone non autosufficienti - o come sono più correttamente definiti dalla Convenzione - con necessità di sostegno intenso. Invece purtroppo, la soluzione privilegiata dal legislatore risulta sostenere la realizzazione, in diverse forme, di istituzioni che isolano la persona disabile dal contesto sociale d’appartenenza. In Italia, soprattutto negli ultimi anni, questi luoghi che un tempo erano semplicemente chiamati istituti, adesso sono indicati con una serie di sigle e/o declinati in lingua straniera: Rsa, Cdd, Cdi, Rsd, Residenze sociali assistite o Hospice eccetera, nascondendo la vera natura segregante di queste soluzioni. Tra gli anni Settanta-Ottanta le leggi italiane hanno fornito un chiaro indirizzo nell’assistenza dei cittadini con disabilità, dopo aver toccato con mano non solo la condizione di grave abuso dei diritti umani, ma anche l’enorme costo economico e sociale che gli istituti recavano alla collettività. Ma tale sprazzo d’illuminata consapevolezza è durato poco, tanto che invece di investire nel sostegno a domicilio della persona con disabilità, si è

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assistito ad una progressiva incentivazione degli interessi privati esistenti in questo settore e quindi al riproporsi di soluzioni segreganti. In questo modo, i cittadini disabili vedono sempre più allontanarsi la possibilità di essere assistiti dal Servizio Sanitario Nazionale e i Liveas - Livelli essenziali di assistenza sociale -, mai concretamente adottati dal Governo, diventeranno ancora di più una chimera. A ciò si aggiunga che nel Piano d’Azione Biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, documento è stato adottato il 4 ottobre 2013 tramite Decreto del Presidente della Repubblica, sono indicate le seguenti misure per garantire l’accesso a soluzioni abitative non segreganti e di vita indipendente nella comunità: - lo sviluppo di progetti di “abitare in autonomia” che coinvolgono piccoli gruppi di persone. Il numero massimo di persone coabitanti nelle diverse tipologie di servizi residenziali dovrebbe essere indicato nella normativa e inserito nei livelli essenziali di assistenza; - la possibilità di scegliere da parte della persona con disabilità il proprio luogo di residenza, dove e con chi vivere, e soprattutto non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione. Questo implica che sia previsto il finanziamento di progetti abitativi presentati da adulti o gruppi di adulti con disabilità o dalle loro famiglie, nonché

l’erogazione di un budget integrato individuale, definito sulla base del piano individuali d’intervento, che garantisca ad ogni utente il sostegno necessario a promuovere la sua inclusione e partecipazione. Sarebbe inoltre necessario e urgente che il legislatore sancisca l’obbligo all’interno delle nuove norme di avviare processi di de-istituzionalizzazione attraverso una pianificazione individuale del percorso di transizione dalle strutture segreganti a servizi e strutture inclusive integrati nella comunità, la disincentivazione delle strutture residenziali con oltre otto posti e l’incentivazione delle tipologie di servizi inclusive nella comunità. È bene sottolineare che col termine “de-istituzionalizzazione” non si intende il mero passaggio abitativo da un istituto grande a uno piccolo bensì la programmazione e l’adozione di pratiche secondo il modello biopsico-sociale, cardine del “cambio di paradigma” tanto auspicato dalla Convenzione Onu. Azioni volte al potenziamento della soggettività, aventi un impatto positivo sulla qualità della vita delle persone disabili, in particolare di quelle impossibilitate ad autodeterminarsi e ad assumere scelte in autonomia e a grande rischio di isolamento, evitando l’imposizione di obiettivi, restituendo contrattualità sociale insieme a familiari, amici, collettività, per una vera possibilità d’inclusione sociale.

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In tal senso, i servizi residenziali da implementare per le persone, e in particolare gli adulti, con disabilità che necessitano di elevati livelli di sostegno, devono, a mio modesto parere, distaccarsi dalla logica assistenzialista basata esclusivamente su strutture residenziali specificatamente dedicate, per adottare un approccio community based conforme all’art. 19, Vita indipendente e inclusione nella comunità, della Convenzione Onu. Per le persone con necessità di livelli di sostegno elevati l’approccio community based si realizza incentivando e sostenendo con appositi stanziamenti economici un modello di “Dopo di Noi nella propria casa” oppure di micro strutture per l’ospitalità di massimo due o tre persone con disabilità, magari vissute nello stesso quartiere, promuovendo un contesto di vita autonoma o di autonomia assistita, formato, oltre che dal personale a questo deputato, anche da quella rete sociale che negli anni si è creata intorno alla persona disabile, fatta di parenti, amici, vicini, conoscenti e soprattutto di servizi territoriali. Questo tipo di soluzioni abitative, oltre a corrispondere meglio ai principi della Convenzione Onu e alle linee guida europee sulla transizione verso servizi residenziali nella comunità, hanno l’ulteriore pregio di evitare la costruzione di nuove strutture residenziali, diminuendo l’impatto ambientale.


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Per garantire alle persone con necessità di alti livelli di sostegno l’accesso a queste tipologie innovative dell’abitare inclusivo è essenziale fornire servizi di sostegno adeguato e appropriato alla persona, sulla base di piani personalizzati in applicazione all’articolo 14 della Legge 328/2000. In tal senso, sarebbero certamente molto più utili finanziamenti dedicati all’abitare inclusivo dopo di noi per le persone con disabilità e necessità elevate di sostegno, piuttosto che alla costruzione di nuove strutture; Fondo che dovrebbe essere destinato all’erogazione del sostegno adeguato e appropriato a favorire lo sviluppo delle capacità sociali, lavorative e di autonomia decisionale e personale. Tutto ciò invece non lo si riscontra nell’Atto della Camera n. 1352, poc’anzi illustrata, e il rischio è che così come proposta in discussione alla Camera, possa invece incentivare e incrementare il modello istituzionalizzante, che a mio parere fa scivolare qualsiasi individuo in quello stato di “alienazione del sé” che la molteplicità di studi scientifici prodotti ha dimostrato non essere un’esistenza qualitativamente degna. A fronte di ciò, la lettura del testo pronto per l’approvazione da parte del Parlamento, restituisce al contrario la volontà delle forze politiche firmatarie del provvedimento in modo bipartisan, di alimentare in modo consistente i finanziamenti incanalandoli verso sog-

getti privati. Il riferimento è, in particolare, agli articoli 5 e 6 della proposta di legge n. 1352, relativi ai “fondi di sostegno” e alla loro gestione. Infatti, tra i possibili gestori di questi Fondi, vi sono, cito testualmente, enti “con comprovata esperienza nel settore dell’assistenza”. Questo fatto apre scenari che potrebbero dare facile spazio a coloro che già gestiscono le strutture residenziali (RP - Residenze Protette, RSA - Residenze Sanitarie Assistenziali eccetera), tutto in netto contrasto con quanto appena detto. Le criticità di questa proposta sono anche altre. In primo luogo il riferimento esclusivo alla disabilità grave esclude dall’intervento tutte quelle persone che, pur non versando in situazione di gravità, si trovano in condizioni di difficoltà e bisogno, tale da necessitare una presa in carico da parte delle istituzioni, finalizzata ad attuare quei principi di eguaglianza e pari dignità sociale, contenuti negli art. 2 e 3 della Costituzione. In secondo lungo, quanto allo strumento particolare del Fondo, occorre ricordare che ormai dal 2003 la costante giurisprudenza costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di fondi statali vincolanti che intervengono in materie di competenze concorrenti o residuali delle Regioni. In conclusione il confronto con il “Dopo di Noi”, e cioè con il momento nel quale la rete familiare di supporto e assistenza non sarà più in grado

di prendersi cura della persona disabile, necessita di un cambiamento di logica, ossia la realizzazione di politiche pubbliche aventi come obiettivo primario l’individuazione di strumenti e opportunità atti a favorire la maggior autonomia possibile della persona con disabilità, quale precondizione essenziale per assicurare la massima qualità di vita, da sperimentare a partire dal cosiddetto “Durante Noi”, ovvero nel momento in cui la famiglia è ancora presente. La predisposizione di ogni strumento utile a favorire l’autonomia della persona, costituisce una ragionevole pretesa di quest’ultima, al fine di vedersi garantita la propria dignità, nell’ottica di una emancipazione del concetto di disabilità da quello di “malattia”. Al contempo, ciò costituisce un modo per tutelare le stesse famiglie, troppo a lungo lasciate sole nel supporto ai propri congiunti. Al tal fine, per non trovarsi di fronte all’ennesima occasione perduta di realizzare un vero cambio di paradigma, la linea di intervento ed il sistema dei servizi immaginati e realizzati dal legislatore dovranno evolversi nella direzione di produrre elementi di continuità e di globalità che permettano di realizzare il concetto del “Sempre con Noi”, quale tangibile risposta alla complessità dei problemi che le persone con disabilità vivono. *Presidente Uildm Lazio onlus

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Appunti BENTORNATO A CASA Nell’ultimo numero di Finestra Aperta avevamo dato risalto alla storia di E.L., un ragazzo con distrofia muscolare di Duchenne a cui la Asl di Latina negava l’Assistenza Domiciliare Integrata (Adi) optando per il ricovero in RSA. Nel comunicato la Uildm Lazio onlus sottolineava come il comportamento della Asl violasse il decreto del commissario ad acta del 20 marzo 2012 numero 39, che prevede una valutazione multidisciplinare da parte della Asl, cosa che nel caso di E.L. non avvenne. Con grande soddisfazione portiamo a conoscenza dei nostri lettori che E.L. è finalmente tornato a casa ed è stato scongiurato il ricovero in RSA. Una grande vittoria per una battaglia che non sarebbe dovuta esistere. DAL NOTAIO IN UN BATTER D’OCCHIO La burocrazia, spesso e volentieri, mette in difficoltà un po’ tutti, figuriamoci chi ha problemi di mobilità o, ancor peggio, di comunicazione. Ci riferiamo ai casi di persone con patologie altamente invalidanti, come i malati di Sla. Per loro stipulare atti notarili è un’impresa non da poco. Per ovviare a queste difficoltà si è messo in moto il notariato, che lancia un’idea per rendere più semplice e veloce la partecipazione delle persone con patologie gravi alla contrattazione giuridica, attraverso una interpretazione evolutiva della legge notarile che riconosca la “comunicazione non verbale” e renda quindi possibile l’espressione diretta da parte del malato delle proprie volontà negoziali, senza intermediari. L’iniziativa nasce dalla collaborazione tra il Consiglio Nazionale del Notariato e Aisla (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica). Tramite un dispositivo di puntamento oculare, il malato potrà comunicare direttamente la sua volontà al notaio, che sarà in grado di riceverla e riprodurla nell’atto in questione. Il notaio, infatti, deve accertare personalmente la volontà delle persone che a lui si rivolgono e lo scopo da raggiungere, al fine di preparare l’atto conforme alla legge. Si tratta di un passo importante, testimoniato dalla magistratura milanese, che ha preso atto della nuova realtà creata dalla tecnologia ed enucleato il concetto di “comunicazione non verbale”. Dal punto di vista giuridico, un punto di partenza al quale i notai fanno riferimento è il Decreto 12 marzo 2012 del Tribunale di Varese, Ufficio Volontaria Giurisdizione, che sancisce l’idoneità dell’utilizzo delle nuove tecnologie per la manifestazione di volontà del malato. FA

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All’interno dell’Associazione, il settore denominato “Asis” (Area servizi integrazione sociale) è quello che si occupa di tutti quegli aspetti, esclusi quelli sanitari, legati all’autonomia della persona con disabilità. Di seguito trovate i recapiti dei referenti della Sezione. Massimo Guitarrini, responsabile Asis e referente Volontariato e Servizio Civile, risponde al numero 06 66048886 e all’e-mail massimo.guitarrini@uildmlazio.org. Maura Peppoloni, referente Rapporto con le istituzioni e qualità della vita è reperibile in sede al numero 06 66048870 e all’e-mail maura.peppoloni@uildmlazio.org. Il Segretariato Sociale (telefono 06 66048880) e lo sportello di orientamento al lavoro Quelli della 68 (telefono 06 66048868) rispondono rispettivamente alle e-mail serviziosociale@uildmlazio.org e sportello68@uildmlazio.org. Annalisa Del Picchia, referente del settore Fund Raising, risponde all’e-mail fundraising@uildmlazio.org e al numero 06 6635757.

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