Finestra Aperta - n. 3/2016

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Quadrimestrale di informazione a carattere socioculturale della UILDM LAZIO onlus. Numero 3, anno XXV, dicembre 2016. Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 2 e 3, Roma 2009.

Numero 3 Anno XXV

Finestra Aperta La rivista della UILDM LAZIO onlus

Il sisma risveglia diffidenze e preconcetti. Sfatiamoli uno a uno

I luoghi comuni affiorano dalle macerie

Salute: Un convegno sul tema della disfagia SolidarietĂ : Italiani, popolo di donatori


Finestra Aperta - Dicembre 2016

Numero 3 Anno XXV Dicembre 2016

Sommario

Finestra Aperta, quadrimestrale a carattere socioculturale a cura della UILDM – UNIONE ITALIANA LOTTA ALLA DISTROFIA MUSCOLARE - SEZIONE LAZIALE onlus, acronimo “UILDM LAZIO onlus” Via Prospero Santacroce, 5 00167 Roma.

Pagina 3 Editoriale

Per sostenere Finestra Aperta si può effettuare un versamento sul conto corrente postale 37289006, intestato a “UILDM LAZIO onlus - Via Prospero Santacroce, 5 - 00167 Roma”, indicando come causale “Contributo Finestra Aperta”.

L’Intrufolone ai Capitolini M. Tartaglia

Direttore responsabile: Serena Malta. Grafica e impaginazione: Manuel Tartaglia. Redazione: Mara Di Gregorio, Elena Kryvunda. Hanno collaborato: A. Kousoulou. Stampa: Cristiano Edizioni Srl, via Alfredo Fusco, 113 - 00136 Roma.

Dottore, chiami un dottore! A. Desideri

Gridiamo forte “Non una di meno” S. Malta Pagina 4 Società Un terremoto di luoghi comuni A. Desideri Quando Fido fa l’assistente R. Latella Internet, istruzioni per l’uso G. Sdanghi “Se esce uno, usciamo tutti” A. A. Vegliante

Pagina 11 Salute La prevenzione anzitutto M. Tartaglia La riforma del Lazio in 10 punti M. Tartaglia Sma: si sperimenta un nuovo farmaco L’HIV scompare ma stiamo cauti M. Tartaglia

Quando la fine arriva presto A. A. Vegliante Sguardi oltre le stelle A. Desideri Pagina 19 Uildm Riabilitazione e deglutizione Un contributo fondamentale A. Del Picchia Mettici il cuore A. Del Picchia La mappa europea dei volontari E. Kryvunda. V. Palcic, I. Alferova, D. Eros, V. Panagiari, J. S. Garcia Rodriguez

Finito di stampare novembre 2016. Copie 1300. Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 2 e 3, Roma 2009. Iscrizione numero 721/12-’91 Tribunale di Roma.

Il mondo è in onda E. Kryvunda Più facile segnalare le targhe M. Adamo Un’occassione per conoscersi M. Tartaglia Pagina 30 Appunti L’infinita attesa per ottenere l’assistenza domiciliare Pagina 31 Come trovarci, come sostenerci

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Editoriale Di Serena Malta*

Gridiamo forte “Non una di meno”

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eve accadere qualcosa, un fatto sconvolgente, un improvviso pugno nello stomaco che faccia risvegliare dal torpore a cui ci siamo abituati. Una foto, un video, una notizia, rapida e veloce come è la comunicazione oggi, una in fila all’altra nella triste conta dello sterminio quotidiano che si consuma nell’indifferenza e nella ritualità dell’informazione. Poi accade che un giorno in un paese lontano, l’Argentina, una ragazza di sedici anni viene drogata e uccisa. Una delle tante, diranno, in un paese che conta una donna uccisa ogni trenta ore, ma questa volta è diverso. Non è il solito compagno geloso, il marito abbandonato, l’amante respinto, questa volta no. C’è qualcosa di orribile, drammatico e dirompente in questo omicidio, un qualcosa che fa tremare anche il medico legale che dichiara di non aver mai visto nulla di simile in tutta la sua vita. Dagli esami risulta infatti che la ragazza dopo essere stata drogata e stuprata da almeno due uomini è stata brutalmente seviziata, poi lavata e rivestita prima di essere abbandonata davanti all’ospedale ormai esanime. In Italia un altro omicidio sconvolse, quello di Sara Di Pietrantonio, bruciata viva dal-

l’ex fidanzato nella periferia sud della Capitale. Fa riflettere il pensiero che sfiora la mente mentre si legge, per il tempo in cui rigo dopo rigo speri che quelle ragazze siano morte prima di subire una simile fine, che abbiano perso i sensi, che non si siano rese conto di quello che stava per accadere loro. Trattieni il respiro e continui a leggere fino alla fine sperando nella morte come liberazione. Un altro volto che si aggiunge all’inarrestabile lista delle donne uccise. L’Argentina è stata scossa nel profondo, migliaia di uomini e donne si sono riversate a Mar del Plata

per alzare la foto sorridente della giovane Lucia Perez per dire basta, per urlare “Ni Una Menos”, non una di meno. Con questo slogan il mondo femminile e femminista si è dato appuntamento il 26 novembre a Roma, per cercare di far tornare al centro del dibattito politico i temi legati al genere femminile. Riempire di contenuti le parole, uscire dai salotti televisivi, tornare nelle strade per essere vicine a quel dolore per ogni donna uccisa, scacciare così quel brivido che attraversa le ossa e gridare con quanta rabbia si ha in corpo: non una di meno. *Direttore Finestra Aperta

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Un terremoto di luoghi Medici senza Frontiere ci aiuta a scardinare dieci dei più Di Andrea Desideri

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tiamo attraversando un periodo complicato. Nel giro di poche settimane, la terra del nostro Paese ha tremato più di una volta: il centro Italia preso di mira dalla natura che può essere tanto bella quanto spietata. Disumane sono state le conseguenze dei terremoti in alcune parti d’Italia. Amatrice, per esempio, ha accusato nuovamente il colpo che già le era stato inferto qualche mese fa. Una cittadina in fase di ricostruzione, che è ripiombata nel baratro e deve ripartire nuovamente, raccogliere i cocci per ritrovare una dimensione. Lo stesso dicasi per Castelluccio di Norcia o Castelsantangelo sul Nera, le zone maggiormente colpite dalla furia sismica. Questa reiterazione di catastrofi naturali ha dato vita al susseguirsi di gesti solidali verso le popolazioni colpite, ma anche ad una serie di stereotipi sociali che vengono cavalcati ogniqualvolta c’è un evento straordinario per dare adito a una sequela di luoghi comuni necessari a distogliere l’attenzione e covare odio. Tutto questo serve (ad alcuni) per creare malcontento in modo da poter indirizzare le masse. Il sisma ha rilanciato il tema dell’immigrazione: in tv non è mancata occasione per riproporre la solita litania secondo cui “i terremotati non hanno un al-

loggio, ma gli immigrati stanno in hotel”, che equivale a mettere una pallina su un piano inclinato: più questa frase viene ripetuta e più si scende verso il baratro dell’indecenza. Contrapporre gli sfollati ai migranti è un equivoco facile, che ha riportato in auge la polemica sulla gestione degli extracomunitari nel nostro territorio. Oltre ad una sequenza indefinita di ostracismi pregiudiziali: “Li trattiamo meglio degli italiani”, “Ci rubano il lavoro”, “Tra loro ci sono i terroristi”. Un tema complesso come l’accoglienza dei migranti, spesso è baluardo per quella collettività che ragiona attraverso luoghi comuni. Siccome, però, è ancora oggetto di discussione, c’è chi prova a smontare questi clichè: Medici Senza Frontiere e confuta le dieci leggende più diffuse sulla migrazione. CI PORTANO LE MALATTIE I migranti non rappresentano un rischio per la salute pubblica. È allarmante che continuino a circolare notizie false a questo proposito. Nel corso di oltre dieci anni di attività mediche in Italia, MSF non ha memoria di un solo caso in cui la presenza di immigrati sia stata causa di un’emergenza di salute pubblica. LI TRATTIAMO MEGLIO DEGLI ITALIANI In Italia, il sistema di accoglienza è gestito dal Ministero

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dell’Interno e comprende centri di prima e seconda accoglienza. L’insieme delle strutture ordinarie e dei servizi predisposti dalle autorità centrali e dagli enti locali è largamente insufficiente, tanto che più del 70% dei richiedenti asilo è attualmente ospitato in strutture temporanee e straordinarie. AIUTIAMOLI A CASA LORO La comunità internazionale da decenni si pone come obiettivo di eliminare la fame e la povertà estrema ma, nonostante gli sforzi e gli investimenti, i risultati sono ancora insufficienti. E in ogni caso, gli aiuti internazionali da soli non bastano a consentire il rientro a casa in sicurezza di chi fugge da conflitti, persecuzioni e violenza. In alcuni contesti, poi, l’instabilità è tale che non esistono le garanzie minime di sicurezza necessarie per mantenere programmi di assistenza. Riguardo all’impegno di MSF, più del 68% dei fondi raccolti in Italia è destinato ai progetti in Africa, circa il 30% in Asia e America e solo il 2,5% in Europa. Di fatto, oggi la gran parte delle nostre risorse è già utilizzata nei paesi di provenienza di migranti e rifugiati. HANNO PURE LO SMARTPHONE Per chi fugge da guerra, violenze o povertà ed è costretto


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comuni diffusi miti legati all’immigrazione a intraprendere un lungo e pericoloso viaggio, gli smartphone, sono beni di prima necessità: sono il mezzo più economico per restare in contatto con i propri familiari; permettono di capire dove ci si trova attraverso la geolocalizzazione; servono a condividere indicazioni fondamentali su rotte, mappe, pericoli alle frontiere, blocchi VENGONO TUTTI IN ITALIA, SONO IN TROPPI Le statistiche ufficiali dicono che la maggior parte delle persone in fuga si sposta verso i paesi limitrofi al proprio, non si “imbarca” per l’Europa. Degli oltre 65 milioni di persone nel mondo costrette alla fuga nel 2015, ben l’86% resta nelle regioni più povere del pianeta. Il 39% si trova in Medio Oriente e Nord Africa, il 29% in Africa, il 14% in Asia e Pacifico, il 12% nelle Americhe, solo il 6% in Europa. SONO TUTTI UOMINI GIOVANI E FORTI La maggioranza delle persone che arrivano in Europa è rappresentata da giovani uomini perché hanno una condizione fisica migliore per poter affrontare un viaggio così duro. Spesso sono le stesse famiglie a mandarli per primi, sperando un giorno di potersi ricongiungere. Tuttavia, il numero di famiglie,

donne e minori non accompagnati è in aumento. Nel 2015, di circa 1 milione di persone arrivate in Grecia, in Italia o Spagna via mare, il 17% è costituito da donne e il 25% da bambini. CI RUBANO IL LAVORO Il tema della “concorrenza sleale” praticata dai lavoratori stranieri in Italia è spesso utilizzato nel dibattito pubblico per dimostrare l’equazione secondo cui l’arrivo degli immigrati toglie posti di lavoro agli italiani. In realtà, a fronte di un’ampia letteratura economica internazionale, non esistono studi che portino dimostrazioni al proposito. Al contrario, le analisi esistenti mettono in evidenza la scarsa “concorrenzialità” tra lavoro straniero e lavoro autoctono a parità di competenze. NON SCAPPANO DALLA GUERRA La distinzione tra rifugiati e migranti economici è una semplificazione. I motivi che spingono le persone a fuggire dai propri Paesi sono diversi e spesso correlati tra loro: guerre (Siria, Iraq, Nigeria, Afghanistan, Sud Sudan, Yemen, Somalia), instabilità politica e militare (Mali), regimi oppressivi (Eritrea, Gambia), violenze (lago Chad), povertà estrema (Senegal, Costa d’Avorio, Tunisia). Il diritto di ogni persona a chiedere protezione internazionale pre-

scinde dalla nazionalità e dal paese di origine. SBARCANO I TERRORISTI La maggior parte degli affiliati ai gruppi terroristici coinvolti negli attentati in Europa era già presente sul territorio, in quanto si trattava di cittadini europei. È pur vero che le cronache hanno anche riportato pochi e isolati episodi di richiedenti asilo coinvolti in attentati, ma nella stragrande maggioranza dei casi a bussare alle nostre porte sono persone vulnerabili che fuggono da guerre e violenza. SONO PERICOLOSI Numerosi studi internazionali hanno evidenziato l’inesistenza di una corrispondenza tra l’aumento della popolazione immigrata e l’incremento del numero di denunce per reati penali. È vero che sono molti i detenuti stranieri nelle carceri italiane, ma ciò è dovuto a fattori precisi. In particolare, a parità di reato gli stranieri vengono sottoposti a misure di carcerazione preventiva molto più spesso degli italiani, che ottengono con maggiore facilità gli arresti domiciliari. Le convinzioni, a volte, sono più radicate della verità. A farlo presente è chi si batte ogni giorno per arginare le ingiustizie, portando il proprio esempio e contributo senza chiedere nulla in cambio. Indipendenti, neutrali, imparziali. FA

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Quando Fido fa l’assistente M

Cani, gatti e non solo possono essere più che animali da compagnia

Di Roberta Latella

ichela Pugliese, medico veterinario e ricercatrice presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Messina, vive la sua professionalità - come lei stessa dice - con vena romantica perché gli animali sono pazienti ma soprattutto fonte di benessere. Si occupa di gestire il progetto Pet-Therapy all’interno dell’Ateneo Messinese e si è resa disponibile a raccontarci metodi, riscontri e dati raccolti negli anni di ricerca. La Pet-Therapy, conosciuta anche come “zooterapia”, si basa sull’interazione uomo-animale, e integra e coadiuva le terapie tradizionali. Questo metodo affronta diverse patologie, che siano di carattere comportamentale o fisico o psichicosociale oppure ancora psicologico-emotivo; dove gli animali coinvolti possono essere cavalli, asini, gatti e poi ancora delfini e conigli.

Quali professionisti si affiancano al medico veterinario nella PetTherapy? “Il progetto di Pet-Therapy è un lavoro di equipe dove, oltre il medico veterinario, interagiscono professionisti come medici, psicologici o psicoterapeuti e anche il cosiddetto Pet-Therapy, colui che accompagna fisicamente l’animale

durante la seduta e che media tra il paziente e l’animale”.

Attualmente questa terapia ha dei riscontri da parte dei pazienti? O è ancora poco conosciuta?

“Sicuramente è una terapia giovane. Nasce con Levinson nel 1960, e inizialmente si sviluppa negli Stati Uniti d’America, da circa un decennio è approdata in Italia. Ultimamente c’è una grande attenzione verso la Pet-Therapy, infatti sono state pubblicate anche delle linee-guida ministeriali, e inoltre sono stati avviati numerosi centri privati, e non solo. All’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze, è stato inserito il programma che permette un approccio costante con l’animale all’interno della struttura sanitaria stessa”.

Quali sono i metodi e gli obiettivi della PetTherapy nel caso di disabilità neuromotoria e comportamentale? “Metodi e obiettivi mutano a seconda del soggetto. Sulla base del lavoro svolto presso il nostro Centro posso dire che per soggetti con disabilità neuromotoria o comportamentale, già a distanza di sei mesi dall’inizio della terapia, è stato possibile registrare un miglioramento della coordinazione

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motoria e un potenziamento dell’acquisizione dello schema corporeo”.

Il progetto Pet-Therapy all’Università degli studi di Messina cosa propone? E quali difficoltà ha causato la messa in pausa del progetto? “Proponiamo ai pazienti una terapia dolce che si basa su un approccio multidisciplinare supportato da solide basi scientifiche attraverso collaboratori del settore. Il nostro Centro continua ad essere presente ma poiché legato ai tanti problemi della pubblica amministrazione ha subìto delle fasi non costanti, ma comunque fornisce una solida formazione agli specialisti del settore, e ultimamente c’è un rapporto di convenzione con delle associazioni del settore con lo scopo di riattivare l’attività”.

Sta lavorando a qualche pubblicazione sull’argomento? “Sì, io e il mio gruppo di lavoro stiamo cercando di stabilire se questo modo di fare terapia possa causare stress o insoddisfazione agli animali. Personalmente credo in una sorta di Pet-Therapy inversa, in base ai dati raccolti mi sento di dire che l’animale non si stressa ma anzi trae giovamento”. FA


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Internet, istruzioni per l’uso

Durante la Milan Games Week si è svolta una tre giorni per insegnare ai giovani a usare la Rete in modo consapevole Di Giuliano Sdanghi

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iviamo nell’era digitale e, ormai, abbiamo assorbito tutti i benefici delle nuove tecnologie. In compenso accadono eventi infausti dovuti ad una ancora scarsa conoscenza di esse. Cyberbullismo, videogiochi rivolti ad un pubblico adulto ma spesso usufruiti dai minori, per esempio, confermano questo trend. Per migliorare ed evitare tutte le storture del sistema, durante l’evento fieristico della Milan Games Week (tenutosi quest’anno nella seconda metà di ottobre), Pepita Onlus, cooperativa sociale costituita da educatori esperti nella progettazione e realizzazione di interventi socio-educativi impegnata nella realizzazione di attività di prevenzione e lotta al fenomeno del bullismo, del cyberbullismo, del bullismo sessuale e sexting, insieme a Games Princess, il primo sito italiano dedicato ai videogiochi (visti e raccontati solo ed esclusivamente da donne) hanno tenuto nel loro stand condiviso attività rivolte a ragazzi e genitori per aiutarli a relazionarsi con le tecnologie. Le attività tenute durante la tre giorni milanese vertevano su quattro temi principali, ognuno con un proprio titolo specifico, qui di seguito riassunte.

Voglio essere social. Attraverso giochi di gruppo i ragazzi hanno imparato a connettersi valutando prima rischi e conseguenze, comprendendo l’importanza di ricevere e rispettare delle regole condivise con i genitori prima di postare o condividere. Io clicco positivo. Un gioco creato dagli educatori di Pepita Onlus ha condotto i ragazzi attraverso un divertente percorso a tappe con diverse soluzioni, che i ragazzi hanno potuto scegliere o rifiutare a seconda della capacità di distinguere responsabilmente ciò che è meglio evitare o considerare quando si naviga in Rete o si chatta.

Selfie quindi sono. I ragazzi hanno esplorato sentimenti, emozioni e caratteristiche per capire il valore della loro identità e comprendere l’importanza di preservarla quando sono connessi, per evitare che immagini o messaggi possano circolare senza il loro consenso. Identità reale e identità virtuale. Attraverso un modello di edutainment i ragazzi hanno riflettuto su caratteristiche, similitudini e differenze tra la loro presenza in Rete e nella realtà per comprendere il valore del rispetto ed evitare di condividere messaggi o immagini personali. FA

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“Se esce uno, Dal mondo della scuola ancora storie Di Angelo Andrea Vegliante

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onostante siamo di fronte ad un problema vissuto ciclicamente durante questo periodo dell’anno, ancora persistono le stesse difficoltà. E pensare che, già dall’estate appena trascorsa, era stata palesata a gran voce l’esigenza di non arrivare al suono della campanella con l’acqua alla gola. Perché si, il primo giorno di scuola torna sempre al centro delle cronache sociali, e purtroppo mai in positivo. E anche quest’anno - l’ennesimo - molti studenti con disabilità guardano i loro diritti calpestati ed ignorati: il bilancio dal rientro delle vacanze è negativo, e l’integrazione scolastica resta un’utopia. Importante a questo punto è alzare la voce e sottolineare quanto tale condizione sia limitante per le famiglie e gli studenti con disabilità. L’esempio lampante è arrivato dall’istituto comprensivo Montessori di viale Adriatico (Roma). Alle 14:30 di un pomeriggio di ottobre, Valerio, un bimbo di sei anni, ha ordinato con l’aiuto di un megafono a tutti i suoi piccoli colleghi di uscire dalla scuola: “I bambini tutti fuori, tutti fuori”. Messaggio ricevuto: un fiume di alunni ha abbandonato l’istituto a gran velocità, indossando una maglietta con su scritto “Se esce uno, usciamo tutti”. Quell’uno è

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Cristiano, bambino con disabilità che ogni giorno esce dall’istituto alle 14:20, due ore prima rispetto al normale svolgimento delle lezioni, perché non ci sono insegnanti di sostegno specializzati ed assistenti educativi disponibili ad affiancarlo per tutto il tempo necessario. Fuori da scuola ci sono anche mamme e papà che impugnano cartelli di denuncia: “Altro che integrazione, qui c’è solo la confusione”; “Le nostre maestre si fanno in quattro perché il nostro bisogno non è soddisfatto”; “L’aiuto è fondamentale”; “Ognuno ha diritto di imparare”. Una manifestazione che dà prova di fratellanza ed unione tra le varie famiglie, a cui però non è arrivata l’adesione della preside, Angela Gallo: “È apprezzabile il modo in cui queste famiglie si siano unite - afferma a Repubblica.it -. La nostra scuola, come tutte, è in sofferenza ma cerca di gestire al meglio le risorse che ha a disposizione. Bisogna investire in una progettualità più efficace perché i ritardi stanno incidendo sui bisogni dei nostri bambini ma con l’amministrazione e il municipio il dialogo è aperto”. Dialogo che si lega anche alla recente variazione di bilancio della giunta Raggi che, il 3 ottobre scorso, ha stanziato 3 milioni di euro per i bambini con


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usciamo tutti” di diritti negati. Ma anche di solidarietà disabilità. Di questi, 433.470 mila euro diretti al III municipio (fonte: Informaromanord.it). Ma non è l’unica storia di discriminazione sociale - perché di questo si tratta -. Frida Fagione è nata nove anni fa con una cardiopatia congenita, ed è rimasta invalida in seguito ad un’ischemia durante un intervento. Nonostante una disabilità palesemente evidente, i suoi genitori hanno dovuto presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Latina per farle garantire dalla scuola che frequenta, l’istituto comprensivo Alfredo Aspri di Fondi, almeno ventidue ore di sostegno settimanali. Ma ad aspettare Frida in classe il primo giorno di scuola c’era solo un assistente educativo, mentre era assente il docente specializzato. “E poi - dichiara la madre, Maya Alexandra Seppecher, a Corriere.it - il dirigente scolastico mi ha informato che avrà solo sedici ore settimanali, perché così è stato deciso a livello provinciale: sono state diminuite le ore di assistenza a tutti. Non è colpa sua, ma questo significa per nostra figlia perdere l’opportunità di fare progressi. Noi vogliamo solo che nostra figlia possa continuare a studiare”. E in altre città la situazione non è di certo più rosea. Per

esempio, Repubblica.it ha riportato dati allarmanti per Genova: il 70% dei bambini con disabilità delle scuole primarie e il 30% degli alunni con disabilità delle scuole dell’infanzia non avranno un educatore di sostegno; il 40% degli studenti con disabilità della scuola secondaria di primo grado vedrà accanto a sé un insegnante non specializzato. “Sette studenti disabili su dieci, nelle scuole elementari di Genova, saranno seguiti da un docente non titolato - calcola Paola Quatrida, Cgil scuola -. Questo è frutto di una sommatoria di problemi: non viene formato un numero sufficiente di insegnanti e occorrono più percorsi abilitanti sul sostegno stesso”. L’Anief (Associazione sindacale professionale), però, aveva già denunciato una condizione scolastica decisamente grave. Agli inizi di settembre, in tutta Italia, si contava l’assenza di un insegnante di sostegno su tre, e diversi uffici scolastici hanno concesso un monte ore per ogni istituto non andando

oltre la proporzione di un docente per due alunni (anche se questo presentava una disabilità grave). Inoltre, la presenza di una figura specializzata era stata garantita solo per undici ore settimanali nella scuola primaria (anziché ventidue) e nove nella secondaria (anziché diciotto). “L’azione giudiziaria rimane, pertanto, l’unica via per restituire alle famiglie i propri diritti e numerose sentenze favorevoli già emesse dai giudici lo confermano”, sottolinea il sindacato dei precari. E intanto i genitori sono costretti a rincorrere uffici di ogni tipo, alla ricerca di una giustizia che garantisca, una volta per tutte, la piena integrazione scolastica. FA

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L’Intrufolone ai Capitolini S

La nostra ricognizione al museo più antico del mondo

Di Manuel Tartaglia

apete qual è il museo più antico del mondo? I Musei Capitolini. La loro nascita viene fatta risalire al 1471, quando Papa Sisto IV rese disponibile al popolo romano la sua collezione di opere d’arte. Era la prima volta che al pubblico veniva data la possibilità di recarsi in un luogo adibito a contenere reperti storici o artistici. Oggi questo importante complesso museale, affacciato sulla piazza del Campidoglio e composto da vari edifici collegati tra loro, è una delle principali mete turistiche della città di Roma, che vanta centinaia di migliaia di visitatori ogni anno. L’Intrufolone non poteva esimersi dal verificarne l’accessibilità. ENTRATE SECONDARIE L’entrata principale e la biglietteria del museo sono impossibili da raggiungere per una persona non deambulante. Ai visitatori con disabilità sono © A. Kousoulou

però riservate due entrate secondarie. La prima si trova in via delle Tre Pile, ma non è molto comoda: è un piccolo accesso circondato dai sampietrini in una strada in salita. Ideale invece la seconda, corrispondente al Portico del Vignola, in via del Tempio di Giove. Qui si possono trovare parcheggi riservati dove lasciare il proprio mezzo e accedere, avendo cura di telefonare al numero 06 67102071 per farsi aprire, per poi proseguire verso la meta desiderata. Una volta dentro, è necessario fare il biglietto. Questa procedura è un po’ macchinosa perché le biglietterie non corrispondono alle entrate accessibili. Il personale ci invita ad attendere mentre l’accompagnatore va a fare il biglietto all’entrata principale. E le cose si sarebbero fatte più complicate se non avessimo avuto un accompagnatore normodotato. Ad ogni buon conto, ricordiamo che l’ingresso è gratuito sia per il visitatore disabile che per il suo accompagnatore. LE STANZE, IL BAR E LA TERRAZZA Possiamo finalmente intraprendere la nostra visita. Ai Musei Capitolini sono ospitate permanentemente opere legate alla città di Roma, più mostre provvisorie su artisti specifici. Gli

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spazi sono ampi e ben curati, passare da una stanza all’altra è piuttosto agevole. Per raggiungere alcuni punti, però, è necessario prendere l’ascensore scortati dal personale gentile e disponibile, che si premurerà di disattivare momentaneamente l’allarme per farci passare attraverso degli accessi normalmente vietati al pubblico. Al piano superiore accediamo al bar e alla terrazza, da cui si gode uno splendido panorama. Peccato per il piccolo gradino per uscire ad ammirare il centro storico: sarebbe bastato poco per eliminarlo totalmente. Comunque superiamo l’ostacolo con un piccolo aiuto. Vicino al bar ci sono anche dei comodi servizi igienici, attrezzati per persone con disabilità. In definitiva possiamo affermare che i Musei Capitolini sono imperdibili per chiunque ami la storia e l’arte e si trovi a visitare Roma, incluse le persone con disabilità, che troveranno servizi adeguati e personale preparato. INFORMAZIONI UTILI Il complesso museale è aperto da martedì a domenica, dalle 9:00 alle 20:00. Ingresso consigliato da via del Tempio di Giove - 00186 Roma. Per informazioni e per l’apertura dell’ingresso telefonare allo 06 67102071. Sito web www.museicapitolini.org. FA


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La prevenzione anzitutto

Malattie rare: approvato dal Senato il Ddl sullo screening neonatale allargato

E’

un momento importante per la comunità delle persone con malattie rare. Il Senato ha approvato il Disegno di Legge sullo Screening Neonatale Allargato, che garantirà una prevenzione efficace e omogenea sul territorio nazionale, estendendo il numero di patologie rare da tenere sotto controllo e assicurando le medesime opportunità di diagnostica in ogni regione italiana. COSA DICE LA LEGGE Il Ddl, divenuto Legge, reca il titolo “Disposizioni in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori per la prevenzione e la cura delle malattie metaboliche ereditarie”. Prevede l’estensione dell’elenco delle malattie rare da diagnosticare durante la gravidanza, portandolo dalle attuali tre (ipotiroidismo congenito, fenilchetonuria e fibrosi cistica) a quaranta. Lo screening avverrà sempre con un test rapido del sangue, obbligatorio e previsto ovunque. Lo garantisce il fatto che questi esami saranno inseriti nei Livelli Essenziali di Assistenza. La

ministra Beatrice Lorenzin ha annunciato che la copertura finanziaria per la Legge è di oltre 27 milioni di euro. E dal Ministero della Salute si fa notare che tale investimento non è un aggravio economico per il Paese, bensì fonte di risparmio: è grazie alla diagnostica e alla cura tempestiva che successivamente verranno alleviati - o addirittura eliminati - i sintomi di molte patologie metaboliche rare. ITER TRAVAGLIATO L’approvazione del Disegno di Legge sullo Screening Neonatale Allargato è il risultato di un percorso non semplice, durato tre anni. Presentato dalla senatrice Paola Taverna (Movimento 5 Stelle), ha rischiato di essere affossato da un Decreto Ministeriale dal titolo “Disposizioni in materia di diagnosi precoce e assistenza dei nati affetti da malattie metaboliche ereditarie”, presentato a sorpresa dalla Ministra Lorenzin e che, secondo i proponenti del Ddl, avrebbe rappresentato un passo indietro in quanto non avrebbe reso

obbligatorio lo screening esteso e avrebbe ridotto l’elenco delle patologie diagnosticabili, senza peraltro contemplare l’inserimento del test nei Lea, aggravando la differenza tra Regione e Regione. Il Decreto Ministeriale è stato emanato nonostante le forti polemiche da parte della senatrice Taverna e di alcune associazioni di persone con malattie rare. La ministra ha quindi spiegato che si è trattato di un atto dovuto per non perdere dei fondi già stanziati per la prevenzione delle malattie rare, promettendo che il Disegno di Legge sarebbe comunque passato. Con soddisfazione di tutti, alla fine così è andata. IL FUTURO PROSSIMO Dall’approvazione del Disegno di Legge, avvenuta lo scorso 4 agosto, le Regioni hanno sei mesi per adeguarsi alla nuova normativa. Il Ministero della Salute, nel frattempo, dovrà stilare la lista ufficiale delle patologie diagnosticabili (saranno quaranta in tutto, ma il numero potrebbe anche aumentare). Paola Taverna spiega che le patologie saranno con tutta probabilità quelle riscontrabili attraverso l’esame contemporaneo delle acilcarnitine e degli aminoacidi in pochi microlitri di sangue prelevato dal neonato. M.T.

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La riforma del Approvata la nuova riforma dei servizi Di Manuel Tartaglia

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ent’anni. Tanti ne sono passati dall’ultima volta in cui si legiferò su quello che oggi gli anglofoni definiscono “welfare” nella regione Lazio. Il 16 luglio 2016 il Consiglio Regionale del Lazio ha dunque approvato la proposta di legge n. 88 del 2013 che riforma i servizi sociali, finora regolati da una norma del 1996. Tra le caratteristiche più importanti della riforma c’è il coinvolgimento del mondo associativo nella progettazione delle azioni di governo regionale su tutto ciò che afferisce al mondo del sociale; fondamentale anche il Piano Sociale Regionale, contenente la programmazione degli interventi nel Terzo Settore, e il Sistema Informativo dei Servizi Sociali della Regione. La nuova legge è finanziata per l’anno in corso attingendo dalle disponibilità di spesa del 2016 dell’Assessorato alle Politiche Sociali. Si tratta di circa 150 milioni di euro, di cui 80 derivanti da assegnazioni statali e 25 da risorse comunitarie. L’obiettivo che la Regione Lazio persegue è garantire i diritti di cittadinanza sociale, promuovere la dignità della persona, sia come singola, sia inserita nella famiglia, nella comunità e nelle formazioni sociali in cui essa si realizza,

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promuovendone l’autonomia di vita e l’inclusione sociale”. Sono le parole con cui l’Ufficio stampa del Consiglio Regionale del Lazio presenta la riforma del welfare. Entriamo ora nel merito del provvedimento, che lascia ben sperare per un settore, quello dei servizi sociali, che necessita di risorse economiche e buona programmazione per poter funzionare come si deve. La nuova legge si articola in dieci punti, che andiamo di seguito a sintetizzare. PUNTO I: GLI OBIETTIVI Vengono indicati le finalità, i beneficiari, le tipologie di prestazioni essenziali. È promossa l’integrazione tra i servizi, tra i Comuni, e tra gli interventi sociali e quelli sanitari a livello di programmazione, organizzazione, erogazione e finanziamento. PUNTO II: I DESTINATARI I soggetti interessati dalla riforma sono: famiglia (compresi i nuclei monoparentali) e minori, persone con disabilità, disagio psichico, affetti da Alzheimer, anziani, immigrati e minoranze, persone vittime di violenza e donne incinte o madri in situazione di disagio sociale, persone sottoposte a provvedimenti penali, persone dimesse dagli ex ospedali psichiatrici giudiziari, senza dimora, con dipendenze, con


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Lazio in 10 punti sociali nel Lazio necessità di alloggio o di inserimento lavorativo. PUNTO III: OMOGENEITÀ Il testo fissa anche le tipologie di prestazioni essenziali da assicurare in modo uniforme tra Comuni grandi e piccoli o tra diversi territori della Regione, con lo scopo di superare le disuguaglianze nell’erogazione dei servizi sociali tra i vari territori. Riconosciuta, inoltre, la figura del caregiver familiare. PUNTO IV: GESTIONE ASSOCIATA DEI SERVIZI SOCIALI Si tratta di un nuovo concetto, per il quale si prevede di mantenere a livello comunale soltanto quei servizi che hanno non rilevanza sanitaria e che comportano una modesta complessità gestionale. Tutti gli altri interventi dovranno essere gestiti invece a livello associato tra Comune e Regione. PUNTO VI: PIANO SOCIALE REGIONALE Il cuore della riforma, il primo strumento attraverso il quale verranno realizzati gli interventi a carattere sociale nella regione, realizzato coinvolgendo gli organismi del Terzo Settore, le organizzazioni sindacali e le Asl. La Regione avrà l’obbligo di verificare la coerenza dei piani sociali di zona con il Piano Regionale e il

loro stato di attuazione. Nasce poi il Sistema Informativo dei Servizi Sociali della Regione, che archivia e favorisce la condivisione di tutte le informazioni provenienti dagli attori coinvolti. PUNTO VII: CONVENZIONE TRA COMUNI ASSOCIATI E ASL Comuni associati e Asl saranno obbligati ad adottare una convenzione per l’integrazione socio-sanitaria, con i medesimi obiettivi. PUNTO VIII: OSSERVATORIO REGIONALE, CARTA DEI DIRITTI E ANAGRAFE DEI SERVIZI SOCIALI Sono tre strumenti che andranno a garantire l’efficienza dei servizi erogati, valutandone oltre ai costi la qualità. PUNTO IX: INTEGRAZIONE TRA INTERVENTI SOCIALI E SANITARI Queste due forme di servizio non saranno più distinte, bensì integrate, così da garantire

meno sprechi e maggiore efficacia. PUNTO X: ABROGAZIONE DELLA VECCHIA LEGGE Superata la Legge n. 38 del 1996, si parte definitivamente da un nuovo inizio. Il lavoro del Consiglio Regionale non si è fermato dopo la seduta in cui è stata varata la riforma dei servizi sociali del Lazio. Diversi sono stati gli ordini del giorno che si sono susseguiti, di cui alcuni strettamente legati al campo della disabilità. Uno di questi ha a che fare con lo sport per le persone disabili, che va incentivato attraverso l’individuazione di fondi regionali da impiegare in tal senso. Previsto anche un sostegno economico per la squadra di basket in carrozzina Santa Lucia. Attraverso un adeguato monitoraggio, infine, si cercherà di garantire che tutte le Asl rendano disponibili le stesse prestazioni a integrazione del servizio di assistenza domiciliare. FA

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Sma: si sperimenta un nuovo farmaco U na novità assoluta nella storia della ricerca sull’atrofia muscolare spinale: la sperimentazione della molecola Isis Smn rx, che negli ultimi due anni ha coinvolto anche alcuni centri d’eccellenza italiani, sta riportando risultati positivi tali per cui la casa farmaceutica Biogen ha dichiarato di volerla mettere a disposizione al più presto per tutti gli affetti dalla forma più grave della patologia, il tipo uno. Si tratterebbe di circa duecento pazienti di età diverse in Italia, per lo più nei primi mesi e anni d’età, essendovi nel tipo I un alto tasso di mortalità infantile. In queste settimane verranno stabiliti criteri e modalità di distribuzione dagli organi competenti. Con questo evento la storia della Sma cambia, perché per la prima volta si discute di cura e distribuzione di farmaci: è la notizia di più grande impatto lanciata dal professor Eugenio Mercuri dell’Università Cattolica di Roma e dalla responsabile delle sperimentazioni cliniche per Italia e Istraele di Biogen Paola Marcon durante il convegno nazionale di Famiglie Sma, che si è svolto sabato 3 e domenica 4 settembre 2016, nel CampusX di Tor Vergata a Roma. “L’ho sempre sperato, ma io come tutti noi ho

conosciuto la Sma come malattia genetica incurabile, e ascoltare oggi la notizia di un farmaco salvavita presto fruibile supera la tenacia dei miei più rosei sogni” dichiara commossa la presidente dell’associazione, Daniela Lauro. “In queste settimane sarà fondamentale informare tutte le famiglie, e soprattutto quelle che stanno ricevendo ora una diagnosi, ma ancora più importante sarà tenerle informate sulle modalità di distribuzione della molecola, non appena verranno stabilite”, precisa il professor Mercuri. “L’associazione si offre di sostenere i costi di gestione dei centri medici che si occuperanno della distribuzione, in modo che il più alto numero di bambini possa venire incluso”, continua la Lauro. Ma nella mattinata scientifica del convegno, svoltasi domenica 4 settembre, sono state presentate anche altre novità che contribuiscono a segnare la svolta nella storia della ricerca scientifica per la cura della Sma. Il professor Mercuri ha riferito, infatti, che diverse sperimentazioni su specifiche molecole, che intervengono a correggere diversi aspetti deficitari causati dalla malattia, si trovano oramai in fase avanzata.

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Famiglie Sma diffonde un comunicato stampa davvero incoraggiante La casa farmaceutica Roche, ad esempio (presente al convegno nella figura di Nicoletta Milani Muelhardt), che per un riscontrato problema di sicurezza aveva interrotto un trial i cui primi risultati erano pur molto positivi, è pronta a rimettersi in gioco con una nuova molecola. Nei prossimi mesi si riaprirà l’arruolamento di nuovi bambini italiani. Inoltre, la sperimentazione di terapia genica che, a differenza di quelle farmacologiche, ambirebbe a sostituire il gene difettoso con uno sano, e che finora è stata intrapresa soltanto nel Nationwide Children’s Hospital di Columbus, negli Stati Uniti, avendo registrato dei primi risultati molto positivi, verrà affrontata anche in Italia tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017. I risultati raccolti hanno una valenza tale che l’FDA americana (Food and Drug Administration) ha attribuito a questa terapia il riconoscimento di “breaking through”, il che comporta l’avvio di un processo preferenziale per la sua commercializzazione. “Se questa terapia si concludesse con successo e rendesse quindi possibile curare questa patologia tramite l’introduzione di un gene sano, si tratterebbe di una rivoluzione senza precedenti”, commenta Eugenio Mercuri (fonte: Famiglie Sma). FA


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L’HIV scompare ma stiamo cauti

Fa il giro del mondo la notizia secondo cui un uomo sieropositivo sarebbe guarito dall’HIV Di Manuel Tartaglia

L

a notizia in apparenza è di quelle eclatanti, quelle destinate a entrare nella storia, che fanno restare a bocca aperta e gioire: “Aids, virus non più rilevabile dopo una terapia sperimentale” titola il Corriere della Sera, “Primo paziente al mondo a guarire dal virus dell’HIV” rilancia l’Huffington Post, tanto per fare degli esempi. Tra il 3 e il 4 ottobre fa il giro del Web la storia di un uomo sieropositivo di quarantaquattro anni prestatosi per una cura sperimentale in Inghilterra, su cui non vi sarebbe più traccia del virus. L’esperienza ed il buonsenso, però, ci spingono a leggere questo genere di notizie con cautela, cercando di approfondire e di farsi spiegare i dettagli della storia da chi è più addentro alla materia, come hanno fatto i colleghi di Gay.it, fornendo un’informazione meno sensazionalistica e più dettagliata. Anche noi di FinestrAperta abbiamo preferito interpellare chi di questi temi la sa lunga, ovvero le due più importanti associazioni italiane dedicate alla lotta contro l’Aids, Lila e Anlaids, che però non hanno dato seguito alle nostre richieste di informazioni. Il fatto che due accreditate isti-

tuzioni non abbiano rilasciato dichiarazioni può essere interpretato come un segno di cautela rispetto ad una notizia incautamente esasperata dai media. È un ulteriore monito a non lasciarsi andare a facili entusiasmi. Ma veniamo ai fatti. Il protagonista di questa storia è un assistente sociale inglese, sieropositivo, la cui identità è protetta dall’anonimato. Nell’organismo di quest’uomo, fino a poco tempo fa, era presente il virus dell’HIV ma, al termine di una cura sperimentale, il virus non è più rilevabile nel suo sangue. È lui stesso a dichiarare: “Sarebbe fantastico se fossi stato curato. Ho fatto gli esami del sangue due settimane fa e non c’è traccia del virus. Sarebbe un grande successo se dopo tanti anni di ricerca venisse trovata la cura per guarire da questa malattia” (Daily Telegraph). L’uomo fa parte di un gruppo di cinquanta pazienti selezionati per ricevere la terapia ed è il primo e unico ad aver ottenuto questo risultato. La cura è il risultato di uno studio denominato “River” e messo a punto dalle università di Oxford, Cambridge, Imperial College, University College London e King’s Col-

lege. Spiegato in modo semplice, consiste in una combinazione di terapie antiretrovirali standard, più un farmaco che stana il virus HIV nascosto, oltre ad un vaccino che induce il sistema immunitario a distruggere le cellule infette. Va detto che attualmente esistono già delle cure per gestire la sieropositività, ma chi ne fa uso deve fare i conti con gli effetti collaterali e con la dipendenza dalle stesse, che devono essere assunte per tutta la vita, senza contare i costi che tutto ciò comporta. Se la terapia derivata dallo studio River avrà successo, ci saranno indubbi vantaggi sociali ed economici. Adesso, soddisfatti per l’importante risultato ma sempre coi piedi per terra, non ci resta che aspettare. Aspettare di essere sicuri che l’HIV non si ripresenti nell’organismo dell’uomo inglese. Aspettare di vedere se il virus scomparirà anche dagli altri partecipanti allo studio River. Aspettare che la comunità scientifica accerti che la cura non sia pericolosa per chi la assumerà. Aspettare di leggere la notizia che, davvero, l’Aids è stata sconfitta. FA

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Dottore, chiami un dottore! F

La figura del medico di famiglia potrebe scomparire

Di Andrea Desideri

a ricette tutto il giorno, ma non è la Clerici. S’incontra due, tre volte all’anno, a meno che non ci sia un motivo specifico ma non è il commercialista. È il medico di famiglia, una figura presente nelle vite di ognuno di noi. Prima si chiama pediatra e ti segue durante l’infanzia, poi cresci e diventa medico di base (conosciuto anche come medico curante o, appunto, di famiglia). Quest’evoluzione non è figlia solo di una questione anagrafica: la differenza tra medico e pediatra non la fa esclusivamente l’età del paziente in carico, bensì gli studi intrapresi. Il medico di famiglia deve conseguire un diploma di formazione specifico in Medicina Generale, il possesso ne costituisce un requisito necessario per l’iscrizione alla graduatoria unica regionale della Medicina Generale, finalizzata all’accesso alle convenzioni con il Sistema Sanitario Nazionale in qualità di medico di Medicina Generale. La sua mansione prevede di curare gli individui nel contesto della loro famiglia, della loro comunità, rispettando l’autonomia dei propri pazienti. Deve avere una responsabilità professionale nei confronti della comunità nella quale lavora. Quando negozia piani di gestione con i pazienti integra i fattori fisici, psicologici, sociali, cultura-

li ed esistenziali, servendosi della conoscenza maturata nel corso di contatti ripetuti. In parole povere, accompagna ogni individuo nel percorso di cure e analisi circa lo stato di salute. In passato era quasi come il confessore: sapeva tutto di una determinata persona e del suo organismo, gettando anche uno sguardo più ampio alla situazione familiare di ogni assistito. Non è escluso che uno stesso medico possa avere in cura più membri di uno stesso nucleo familiare arrivando a tracciare un quadro clinico più dettagliato, in grado di fornire maggiori certezze circa l’ereditarietà di alcune patologie, ad esempio. Insomma, è una figura necessaria. Capace di curare e rassicurare con una prescrizione dalla grafia incomprensibile. Tale sicurezza potrebbe presto svanire. Nel giro di sette anni, di fatto, 20 milioni di italiani potrebbero dire addio al proprio medico di fiducia, che tradotto significa un paziente su tre senza dottore. Tutta colpa della burocrazia che spinge ad abbandonare la professione e al numero chiuso che scoraggia i giovani. Si stima che entro il 2023 verranno a mancare 16mila medici di famiglia. A dare l’allarme è la Federazione dei medici di famiglia, l’Enpam, il solido ente previdenziale dei

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camici banchi, che col perdurare di questa fuga dalla professione qualche problema potrebbe cominciare ad averlo. Secondo i dati attuali, infatti, le Regioni che programmano l’accesso alla professione non vanno oltre i 900 borsisti l’anno, mentre i pensionamenti (sempre nello stesso settore) accelerano. Attualmente, nel nostro Paese, al nord si corre un rischio maggiore di rimanere scoperti: in Piemonte, ad esempio, nei prossimi sette anni lasceranno lo studio 1.173 medici di famiglia, in Lombardia 2.776, in Veneto 1.600, in Liguria 527. Alberto Oliveti, Presidente dell’Enpam, avverte: “Bisogna aumentare i posti nelle scuole post-laurea di medicina generale, altrimenti sul territorio rimarranno solo i pazienti”. Se non si trova una soluzione per far avvicinare nuove leve a questo ambiente, bisognerà pensare necessariamente ad un nuovo sistema d’assistenza sanitaria che riesca a colmare ogni mancanza. I finanziamenti diminuiscono, la burocrazia ingarbuglia la passione, e a rimetterci presto non saranno solo gli studenti, ma la società tutta. Curarsi sta diventando sempre più un privilegio quando, invece, dovrebbe (e deve) essere un diritto oltre che una necessità. FA


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Quando la fine arriva presto Per la prima volta, in Belgio, è stata praticata l’eutanasia su un minorenne. Ecco come funziona nel resto del mondo Di Angelo Andrea Vegliante

IL CASO DEL BELGIO In Belgio è avvenuto il primo caso di eutanasia su minore. Come riportato dal quotidiano fiammingo Het Nieuwsblad, l’episodio riguarderebbe un ragazzo di diciassette anni. Come dichiarato dal professor Win Distelmans, direttore del Centro di controllo dell’eutanasia, “Soffriva di dolori fisici insopportabili. I dottori hanno usato dei sedativi per indurre il coma come parte del processo”. Siamo di fronte anche al primo caso nel mondo di eutanasia applicata su minore. Nel 2014 il Belgio ha approvato una legge che permette l’eutanasia per i minori di diciotto anni che siano malati terminali e soffrano di dolori non alleviabili. Ovviamente, ci sono delle condizioni specifiche perché il testo di legge venga applicato: il minore dovrà essere “in una situazione medica senza uscita che prevede un prossimo decesso”, le cui diagnosi e prognosi devono essere verificate da un secondo medico esterno, ed avere “una sofferenza fisica costante e insopportabile che non può essere placata e che è il risultato di una condizione patologica grave e incurabile”;

inoltre, i minori devono essere in grado di mostrare di aver preso consapevolezza della propria scelta e delle conseguenze ad essa correlata, il tutto accompagnato dal consenso di un genitore e verificato da un’équipe di medici. Dopo di che, il medico curante deve sottoporre il caso e ricevere l’autorizzazione del Dipartimento di Controllo Federale e Valutazione dell’Eutanasia. Vicino ad esso, la nazione belga ha istituito una Commissione Federale di Controllo e Valutazione dell’Applicazione della Legge sull’Eutanasia, per appurare che non ci siano irregolarità. Questa normativa è l’estensione di quella del 2002, che riguarda le persone adulte. IL RESTO DEL MONDO Com’è la situazione negli altri paesi nel mondo riguardo la “dolce morte”? L’Olanda è la prima nazione al mondo a consentire l’eutanasia e il suicidio assistito (che consiste nel dare al malato i mezzi per potersi uccidere da sé), secondo una legge approvata ed entrata in vigore nel 2001. Inoltre, anche qui può essere richiesta l’eutanasia per i minori, ma solo se maggiori di dodici anni. In Lussemburgo è stata approvata nel 2009

solo l’eutanasia, così come in Colombia, mentre in Svizzera il suicidio assistito. Quest’ultima pratica è stata scelta recentemente anche dal Canada, che nel giugno 2016 l’ha legalizzata. Negli Stati Uniti invece solo cinque paesi lo consentono (California, Montana, Oregon, Vermont e Washington). Tornando in Europa, il Parlamento tedesco ha approvato nel 2015 l’eutanasia passiva in Germania, concessa se è chiara la volontà del paziente, mentre in Francia è parzialmente ammessa (e vietata quella attiva) solo in presenza dell’autorizzazione di due medici. Anche la Spagna vieta l’eutanasia attiva e concede quella passiva, ma è anche accettato il suicidio assistito. Segue la Svezia, che nel 2010 ha concesso l’eutanasia passiva, mentre quella volontaria è proibita. In Gran Bretagna solo un giudice può autorizzare la pratica. In Italia il Parlamento non ha legiferato nulla sulla materia. La situazione attuale vede una legge sul testamento biologico e fine vita bloccata in commissione a Montecitorio, mentre la proposta di iniziativa popolare sull’eutanasia è stata depositata tre anni fa in Parlamento, e li è restata. FA

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Sguardi oltre le stelle

La storia dell’astronauta John Phillips e della sua inedita patologia

Di Andrea Desideri

patologia - grazie alla vicenda che l’ha visto protagonista. Qualche anno fa, John Phillips, durante una permanenza di sei mesi sulla Stazione Spaziale Internazionale, aveva notato che la Terra gli sembrava sfuocata, ma aveva pensato ad un problema temporaneo e inizialmente non aveva dato peso alla cosa. Se non fosse che, tornato dalla missione, la sua vista si era ridotta ad appena due decimi. Insomma era quasi ipovedente. Un bel trauma dato che John ha sempre avuto 10/10 di vista. La Nasa ha sottoposto Phillips a numerosi test e visite, scoprendo che i nervi ottici erano infiammati, il retro del bulbo oculare si era appiattito, e la retina aveva formato delle pieghe. Nel giro di altri sei mesi, fortunatamente, la vista di Phillips è migliorata, arrivando a quattro decimi, ma non è più tornata ai 10/10. Questo è il primo caso accertato di una malattia misteriosa che sembrerebbe colpire l’80% degli astronauti nel corso delle missioni di lunga durata nello spazio, la patologia è stata battezzata Visual Impairment Intracranial Pressure Syndrome (Sindrome da Perdita Visiva per Pressione

John Phillips

U

n casco bianco, una tuta e attraversare lo spazio. Da bambini, tutti abbiamo sognato un destino simile: fare l’astronauta. In Italia, abbiamo imparato a conoscere alcuni aspetti legati alle missioni spaziali grazie alla figura di Samantha Cristoforetti - prima astronauta italiana negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea che con la missione ISS Expedition 42/Expedition 43 Futura del 2014-2015 ha conseguito il record europeo e il record femminile di permanenza nello spazio in un singolo volo (199 giorni). Se Samantha è la nostra eroina, per certi versi, colei che è riuscita a far guardare in alto milioni di persone e, quindi, rinnovare l’interesse per le materie astrali, c’è anche chi dimostra quanto questo lavoro nasconda molte insidie. Una sorta di astronauta sfortunato che, a modo suo, ha fatto scoprire qualcosa di nuovo - una

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Intracraniale). Tale disturbo sembrerebbe dovuto alla riduzione della pressione intracraniale: sulla Terra, la gravità attira ogni fluido verso il basso. In condizioni di microgravità, però, questo effetto è totalmente assente. Quindi, potrebbero accumularsi liquidi nel cranio provocando un aumento di pressione nel cervello e verso il retro dell’occhio. Verificare questa teoria è fondamentale quanto spinoso: l’unico modo affidabile per procedere alla misurazione di pressione nel cranio è, infatti, quello che prevede l’apertura di un foro all’interno della scatola cranica: procedura altamente invasiva e rischiosa da effettuare nello spazio, i pericoli sono troppo alti. D’altro canto, però, è fondamentale capire rapidamente la natura della malattia per il futuro e la sicurezza dei viaggi spaziali. Anche perché diversi ricercatori temono che quello sulla vista sia solo l’effetto più evidente di una serie di danni che l’esposizione prolungata a microgravità potrebbero causare al corpo umano. Gli scienziati non demordono e sono intenzionati a trovare risposte e soluzioni. John Phillips dimostra che persino una “svista” può essere utile, dipende dalla “gravità” della situazione. FA


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Riabilitazione e deglutizione Alla UILDM LAZIO onlus un corso dedicato al tema della disfagia rivolto agli operatori del settore

S

i è svolto il 19 novembre il corso organizzato dalla UILDM LAZIO onlus “I disturbi della deglutizione, approccio multidisciplinare al paziente neuromuscolare adulto”, nella sede di Via Prospero Santacroce 5 a Roma. Il corso è stato patrocinato dalle associazioni Uildm, Aisla, Aim e dal centro clinico Nemo e ha ottenuto dall’Age.na.s 10,1 crediti Ecm. La giornata di lavoro, divisa in due sessioni, ha previsto una fase di carattere teorico e una di esercitazioni pratiche. Il primo intervento ha riguardato il passato della disfagia con cenni storici e valutazioni sullo stato dell’arte a cura di Oskar Schindler, il secondo intervento si è concentrato sulla fisiopatologia della deglutizione, argomento trattato da Cristina Sancricca. Le metodologie di screening e le richieste di consulenza sono state affrontate da Eleonora Moore, la mattinata è proseguita con gli interventi sulla semeiotica. Carolina Ausili Cefaro ha trattato l’aspetto clinico con l’intervento sul bed side examination mentre la parte sulla semeiotica strumentale ha visto tre interventi, uno sulla fibrolaringoscopia affrontato da Giuseppe Algieri, mentre la videofluoroscopia e la scintigrafia oro-faringo-esofagea rispettivamente da Paola Cerro e

Venanzio Valenza. Nella seconda parte del corso è stato trattato l’argomento sulle principali patologie neuromuscolari con compromissione della deglutizione curato da Mario Sabatelli, Amelia Conte e Serenella Servidei, la parte dei disturbi della deglutizione nel paziente neuromuscolare e stata affidata ad Emanuele Gobbi mentre le linee guida per i disturbi della deglutizione a Serena Calabrese. La giornata dal punto di vista teorico si è conclusa con gli interventi di Irene Vernero per quanto riguarda la riabilitazione della disfagia, Lucia D’Alatri ha trattato le problematiche deglutologiche nel paziente con cannula tracheostomica e Lucilla Gagliardi ha affrontato il tema delle indicazioni nutrizionali per il paziente disfagico, dopo le prove pratiche, il corso si è concluso con un questionario. All’iniziativa hanno partecipato trentacinque persone tra logopedisti, terapisti della neuro psicomotricità dell’età evolutiva, fisioterapisti, terapisti occupazionali, neuropsichiatri infantili, neurologi, otorinilaringoiatri, foniatri, fisiatri e nutrizionisti ed è stato realizzato anche grazie al contributo incondizionato di Sanofi Genzyme e Italfarmaco. Grande la soddisfazione della Dott.ssa Maria Elena Lombardo, responsabile scientifico del corso

che dichiara: “È ormai diverso tempo che la UILDM LAZIO onlus ha ripreso l’attività di formazione per le figure professionali che operano sul paziente neuromuscolare, una scelta che porta dei risultati importanti per l’accrescimento e l’aggiornamento professionale dei medici e per l’approccio che sia ha con il paziente. Il titolo del corso infatti, parla di approccio multidisciplinare del paziente neuromuscolare ed è anche la sintesi del pensiero della Uildm in tema di riabilitazione, non è possibile pensare che ogni figura faccia il proprio lavoro ignorando il complesso delle azioni che si verificano all’interno di un processo riabilitativo, questi corsi riescono a far emergere tutte le competenze specifiche ma viste nel loro insieme. Gran parte degli utenti della UILDM LAZIO onlus sono in regime domiciliare e quindi questi momenti sono anche l’occasione per confrontarsi fra colleghi che ad esempio hanno in carico lo stesso paziente ma che poco frequentemente riescono a comunicare tra loro. Stiamo lavorando su altri corsi per affrontare aspetti della riabilitazione nella convinzione che maggiori sono le conoscenze e migliori saranno le competenze. Questo ha una sola declinazione, ovvero qualità della vita delle persone con disabilità”.FA

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Un contributo fondamentale U

La generosità dei donatori, motore trainante del Terzo Settore

Di Annalisa Del Picchia*

na delle principali fonti di finanziamento delle associazioni e degli enti non profit in genere è la donazione, effettuata da privati o imprese commerciali. Con i contributi di privati cittadini le organizzazioni possono finanziare dei progetti, delle attività e garantire continuità al proprio operato. Da una recente indagine realizzata da GfK Eurisko intitolata “Gli Italiani e le donazioni” si evince che “Nel 2016 c’è stato un calo di donatori di circa mezzo milione di cittadini, una flessione parzialmente compensata dalla tenuta dei forti donatori, segno che la crisi ha colpito soprattutto i piccoli, in particolare i giovani”, ha affermato Paolo Anselmi, vice presidente Gfk Eurisko. Dieci anni fa donava il 30% degli italiani, praticamente uno su tre. Oggi solo il 20%. Nel 2016 hanno donato dieci milioni di italiani”. Si può immaginare quali siano le molteplici cause di questa diminuzione, dovuta in parte alla crisi economica in cui si trova l’intero paese e alle continue emergenze e catastrofi naturali che si stanno abbattendo sull’Italia e nel mondo, per contrastare le quali viene messo in campo lo sforzo di cittadini e persone generose attraverso donazioni in denaro, beni materiali e volontariato.

Secondo l’indagine però ancora “Un italiano su dieci dona per la ricerca medico scientifica, che si attesta al primo posto per donazioni ricevute. La propensione al dono cresce, inoltre, in base all’età. Oltre i cinquantacinque anni si dona di più e questo dato vale anche per il volontariato: la fascia più alta di volontari è quella degli over cinquantacinque. Più si diventa maturi e più la donazione diventa un elemento di identità e di senso: si ritrova valore nel dare agli altri”. Sono calate le piccole donazioni sotto ai 100 euro, ma sono aumentate quelle superiori a questa cifra. “Chi è in condizioni economiche difficili ha fatto fatica a donare, ma chi ha maggiore disponibilità è diventato più generoso. Inoltre, due donatori su tre sostengono più associazioni”. Prevalgono le donazioni attraverso sms o gli acquisti di prodotti per beneficienza: il 36% ha donato in questo modo”. Si avvicina il Natale, periodo dell’anno in cui i cittadini sono piu propensi a regalare speranza alle tante organizzazioni non profit che lavorano nel nostro paese e che spesso riescono a portare avanti la propria mission grazie quasi esclusivamente al contributo dei donatori. La UILDM LAZIO onlus opera

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a favore delle persone con disabilità dal 1967 ed ha la possibilità di offrire servizi gratuiti a queste persone e alle loro famiglie, anche perché vi sono molti donatori che negli anni hanno deciso di dare un sostegno economico e finanziare alcune attività importanti per migliorare la qualità della vita di persone con disabilità, quali il Laboratorio di Ricerca Neuromuscolare o i servizi ambulatoriali pediatrici e per i pazienti adulti o le attività di integrazione sociale e altro ancora. A Natale e durante tutto l’anno la UILDM LAZIO onlus e le altre organizzazioni non profit hanno bisogno del sostegno di quanti credono nella loro mission per poter continuare a lavorare per una società migliore. *Ufficio Fund Raising UILDM LAZIO onlus


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Mettici il cuore

Tornano i cuori di cioccolato per sostenere Telethon. Con l’aiuto della Uildm

S

abato 17 e domenica 18 dicembre i volontari della Fondazione Telethon e della Uildm saranno presenti nelle principali piazze italiane con i cuori di cioccolata a sostegno della ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare. Anche quest’anno la raccolta fondi sarà destinata a far avanzare la ricerca scientifica verso la cura di malattie genetiche rare che, proprio per la loro particolarità, sono spesso trascurate da investimenti pubblici e privati. Ogni anno, infatti, Telethon si impegna nelle piazze e durante la maratona televisiva per informare le persone sull’esistenza di malattie per le quali ancora si sta cercando una cura. Durante l’evento televisivo del 2015, milioni di italiani hanno deciso di sostenere la ricerca ed hanno permesso di raccogliere piu di 31,5 milioni di euro.

Una cifra importante, ma ancora tanto resta da fare per poter dare speranza alle famiglie e ai pazienti che attendono una cura efficace. Per questo Uildm come ogni anno scende in piazza con i suoi volontari per dare voce alla ricerca e distribuire i cuori di cioccolata al latte e fondente. Dal 1990 a oggi Telethon ha investito in ricerca oltre 450 milioni di euro, ha finanziato oltre 2.500 progetti con oltre 1.500 ricercatori coinvolti e più di 470 malattie studiate. Numeri destinati a crescere con la raccolta di quest’anno grazie all’impegno dei volontari e la generosità di milioni di italiani che per Natale regaleranno una possibilità in piu alla ricerca sulle malattie rare. Per maggiori informazioni su Telethon e conoscere le piazze piu vicine consultate il sito www.telethon.it. A.D.P.

La UILDM LAZIO onlus e’ in prima linea tutti i giorni. Ecco sei modi per sostenerla In Posta e in banca Tramite

bollettino

c/c

n.

37289006 intestato a “Sez. Laziale Uildm” presso tutti gli uffici postali. Oppure in banca con bonifico in filiale o online c/c n. 767797 presso UniCredit Banca Spa. Codice Iban: IT90Z0200805250000000767797. Online Con carta di credito o Paypal. Basta cliccare sull’icona “Dona ora”, in alto a destra nella homepage del nostro sito web all’indirizzo: www.uildmlazio.org. Shop solidale Si può adottare la farfalla della solidarietà, la tazza della Uildm o uno dei tanti gadget presso la nostra sede. Basta una piccola donazione. Lasciti testamentari Con un piccolo dono si può aiutare la Uildm a continuare la lotta alla distrofia muscolare. Per informazioni contattare l’Ufficio Fund Raising al numero 06 6635757 o all’e-mail fundraising@uildmlazio.org. Beni in natura e servizi È possibile donare beni in natura come mezzi di trasporto, attrezzature mediche, pc e software; oppure servizi di consulenza e concessione di spazi. Per info consultare il sito www.uildmlazio.org. Con il tuo tempo Per diventare volontario Uildm occorre avere più di diciotto anni e tanta voglia di aiutare gli altri, mettendosi in gioco divertendosi. Per informazioni chiama lo 06 66048875.

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In queste pagine sono ritratti i nostri volontari Sve durante il servizio

La mappa europea Come ci si rapporta al volontariato nei Di E. Kryvunda, V. Palcic, I. Alferova, D. Eros, V. Panagiari

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na persona offre il suo tempo libero a favore degli altri o della comunità. Si tratta di uomini e donne, nel nostro caso di giovani tra i diciassette e i trentuno anni, cioè l’età in cui si può partecipare ad un progetto Servizio Volontario Europeo (Sve), e che per motivi diversi dedica una parte della propria vita al volontariato. Secondo alcuni dati dell’Istat chi fa il volontariato - e soprattutto chi fa volontariato nelle organizzazioni e non in maniera individuale - esprime un più alto grado di soddisfazione nella vita e ha più fiducia nel futuro. IL VOLONTARIATO IN EUROPA Più di 100 milioni di persone in Europa sono volontari, tre su dieci europei sostengono di partecipare a lavori su base volontaria, e quasi l’80% dei cittadini ritiene che il volontariato è una parte importante della vita democratica in Europa. Di fatto, gli investimenti in attività di volontariato si traducono in coesione sociale. Il Servizio di Volontariato Europeo quest’anno compie vent’anni. In questo periodo circa 100mila giovani hanno preso parte al volontariato internazionale attraverso questo programma. Grazie allo Sve i giovani hanno l’opportunità di

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fare volontariato all’estero, contribuendo con i loro sforzi a favore degli altri e soprattutto di quelli che ne hanno bisogno. IL VOLONTARIATO IN UCRAINA Secondo alcune fonti in Ucraina solo il 20% delle persone si occupano di volontariato costantemente. Il coinvolgimento è molto aumentato negli ultimi anni. Questo è legato al conflitto militare all’est dell’Ucraina. Una indagine svolta negli anni recenti ha rivelato che l’80% degli ucraini considerano il volontariato come un punto necessario per lo sviluppo del senso di cittadinanza, però meno di un quarto di loro dona il tempo libero al volontariato. Tra l’altro il volontariato in Ucraina non è ancora ben strutturato ed è molto sporadico. Le prime leggi per strutturare il volontariato sono state adottate solo un anno fa. E c’è ancora tanto da fare. Al momento in Ucraina il volontariato favorisce poco nelle prospettive di carriera dei giovani. Lo Sve è diffuso tra i giovani però non in quella quantità come nell’Europa dell’ovest. Purtroppo non è ancora accessibile per volontari con disabilità. Il supporto infor-


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dei volontari paesi europei? Ecco qualche esempio e J.S. Garcia Rodriguez

mativo del programma Sve in Ucraina non è ancora sufficiente per farlo diventare più popolare. IL VOLONTARIATO IN SLOVENIA In Slovenia il lavoro volontario più diffuso è quello dei vigili del fuoco. Infatti ci sono 860 pompieri che sono impiegati e 60mila membri vo-

lontari, che vengono chiamati in caso di un grande incendio. L’ambiente dove il numero di volontari cresce costantemente sono le organizzazioni giovanili. Molte volte l’esistenza e l’attuazione di programmi dipende in gran parte proprio dal volontariato. Infatti l’80,6% delle ONG non ha nemmeno un dipendente. Lo Sve qui esiste dal 2007, però il numero di volontari che arrivano dall’estero è quasi il doppio di quelli che la Slovenia manda fuori. I paesi più popolari per lo scambio sono la Turchia, l’Italia, la Spagna, la Macedonia e la Russia. Il volontariato con persone con disabilità non è molto diffuso, perché molte organizzazioni non sono ben attrezzate. Comunque quest’anno è stato il primo in cui due ragazzi con disabilità sono partiti per l’estero. Da questo fatto si può concludere che le cose stanno cambiando. IL VOLONTARIATO IN BIELORUSSIA In Bielorussia il volontariato è rivolto soprattutto al lavoro con bambini orfani, anziani che vivono da soli, persone con disabilità, bambini malati di cancro e bambini provenienti da famiglie problematiche. L’80% dei volontari è co-

stituito da giovani. Ma adesso tra alcune organizzazioni di volontariato cresce la tendenza a coinvolgere persone più adulte. Hanno più esperienza di vita, se cominciano a fare il volontariato, vuol dire che la loro scelta è consapevole e hanno un atteggiamento molto serio. Sono rappresentate sia le organizzazioni statali, sia quelle internazionali, come Unesco e Croce Rossa, che ha circa 22mila volontari in Bielorussia. A proposito dello Sve, purtroppo, il programma non è abbastanza promosso, per questo per la maggioranza degli aspiranti volontari è difficile capire che cosa ti dà il progetto e come può influenzare la tua vita e carriera. IL VOLONTARIATO IN UNGHERIA In Ungheria un terzo dei cittadini fa volontariato. La maggior parte lo fa individualmente, per iniziativa privata. E solo il 6% collabora con organizzazioni come Croce Rossa o UNHCR. In Ungheria le donne partecipano al volontariato più degli uomini: di solito sono casalinghe, babysitter o aiutano gli anziani. Gli uomini invece sono più coinvolti nella sicurezza pubblica, nella protezione dell’ambiente o nell’attività politica.

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Per quanto riguarda l’età, sono coinvolti in particolare gli adulti tra i quarantacinque e i cinquanta anni. La motivazione più frequente è la voglia di sentirsi utile per la società e il fatto che a quest’età si hanno già abbastanza soldi ed esperienza di lavoro, così si ha il tempo per partecipare alla vita pubblica. Tra i giovani ungheresi il volontariato non è ancora molto diffuso, ma il governo ha intenzione di cambiare la situazione: recentemente ha introdotto una legge che obbliga ogni studente a fare almeno cinquanta ore di volontariato durante gli studi al liceo; altrimenti non è possibile diplomarsi. IL VOLONTARIATO IN GRECIA In Grecia il volontariato non è ancora molto sviluppato, con solo il 3% (dai venticinque a quarantanove anni) della popolazione totale. I fattori da cui dipende questo fenomeno sono da ricercarsi nei cambiamenti nello stile di vita, nell’instabilità

lidarietà e di cooperazione e del lavoro, nella mancanza di per rendere le persone consaconsapevolezza delle inforpevoli che il volontariato è a mazioni sulle opportunità ofdisposizione di tutti. Ci sono ferte dal volontariato. circa 4 milioni di spagnoli Tuttavia, dall’inizio della crisi volontari, ma la cifra è ancora economica (2010) la presenza bassa rispetto agli altri paesi del volontariato organizzato è europei. Il volontariato in diventata più intensa. Spagna si concentra prevalenIl maggiore incremento si temente sui lavori con bambini, nota in ambiti come servizi per giovani, anziani e disabili. La i bisognosi, scambio di prodotti maggioranza è formata da e servizi, protezione dei diritti donne, ma la partecipazione umani, azioni per l’ambiente. maschile cresce. Riguardo l’età, Le motivazioni principali i volontari hanno tra i diciotto e delle persone per fare votrentacinque anni. Si fa notare lontariato è la solidarietà soche la necessità di affiliazione, ciale e il sostegno dei gruppi l’altruismo e l’efficacia vulnerabili. percepita sono le principali Per quanto riguarda lo Sve ci ragioni per cui una persona sono molte organizzazioni che lo promuovono, ma non è andedica il suo tempo libero al cora censito il numero dei volontariato. FA partecipanti. IL VOLONTARIATO IN SPAGNA due articoli di queste pagine sono realizzati dai volontari Sve (Servizio Negli ultimi anni il Volontario Europeo) presso la UILDM volontariato in Spagna sta LAZIO onlus. Il loro progetto crescendo notevolmente. Volunteering for Inclusion è finanziato Lo Stato lavora atticon i fondi europei del programma vamente sui metodi per Erasmus+. sensibilizzare la società, per stabilire i valori di so-

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Il mondo e’ in onda

È da poco partita la nuova stagione di Un Anno di Volontà, la trasmissione più cosmopolita di Radio FinestrAperta Di Elena Kryvunda

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on l’inizio della nuova stagione radiofonica, Radio FinestrAperta amplia il suo palinsesto aggiungendo un programma nuovo. Un Anno di Volontà, una trasmissione in passato già realizzata dagli ex volontari del Servizio Volontario Europeo e ora in onda con un nuovo respiro e voci nuove. L’idea di Un Anno di Volontà è quella di ripercorrerere le esperienze del volontariato,

scoprire le curiosità, dati interessanti e rivelare quali sono le opportunità che porta il volontariato nella vità di una persona. Il programma viene realizzato dai volontari Sve dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare ed è la trasmissione più cosmopolita di Radio FinestrAperta perché comprende non solo voci straniere ma anche musica proveniente da diversi paesi europei.

In più il programma viene realizzato nel ventesimo anniversario del Servizio Volontario Europeo ed è incentrato particolarmente sui dati dei progetti Sve, rivelando varie possibilità ed esperienze all’estero fruibili anche dalle persone con varie disabilità. Ascoltateci ogni martedì alle 11:30, scoprite il ruolo del volontariato nella vita sociale europea e che ruolo potreste ricoprire voi nella società. FA

La redazione di Un Anno di Volontà in onda

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Piu’ facile segnalare le targhe D

Al telefono o via web, le nuove disposizioni per accedere alle ztl

Di Michele Adamo*

al 30 maggio è sufficiente collegarsi al sito della mobilità www.agenziamobilita.roma.it per modificare le targhe collegate al contrassegno di circolazione in possesso delle persone disabili. L’Agenzia Roma Servizi per la mobilità, che per conto di Roma Capitale eroga questo servizio, ha messo a punto un sistema informatizzato che agevola gli utenti nelle operazioni di notifica delle targhe delle autovetture (restano comunque attivi anche i consueti canali di comunicazione, via posta o fax o direttamente presso lo Sportello al pubblico in piazzale degli Archivi, 40). All’applicazione si accede direttamente dal banner sull’homepage del sito; l’utente viene automaticamente reindirizzato alla pagina di accreditamento dei servizi web dell’Agenzia e può accreditarsi inserendo i dati anagrafici.

Il programma verifica in tempo reale, e in assoluta sicurezza, se il richiedente è già titolare di contrassegno per persone con disabilità. Una volta provata la corrispondenza dei dati, il sistema consente di proseguire nell’operazione, chiedendo l’inserimento del numero del contrassegno, delle date di rilascio e di scadenza del medesimo e l’indirizzo, completo di numero civico e codice di avviamento postale, riportato sul retro del contrassegno. In caso di inserimento sbagliato dei dati o di Sempre informati permesso già scaduto, all’utente viene consigliato Questa informazione è fornita da di verificare la correttezza UILDMobility, lo Sportello di consulenza dei dati e, in caso non vi sulla mobilità della UILDM LAZIO onlus. fossero inesattezze, di Il responsabile Michele Adamo riceve lucontattare il Numero Uninedì, mercoledì e venerdì dalle 14:00 alco della mobilità 06 le 17:00. Telefono 06 66048868, sito 57003, attivo ventiquatweb www.uildmobility.it. tr’ore su ventiquattro,

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tutti i giorni, per risolvere l’eventuale incongruenza. Se l’inserimento dati va invece a buon fine, viene proposto l’elenco delle targhe ancora valide abbinate al permesso; l’utente può modificarle direttamente o aggiungerne di nuove (fino a un massimo di tre). L’autorizzazione richiesta è immediatamente esecutiva, con decorrenza dal giorno dell’operazione, mentre resta invariata la scadenza del permesso. I titolari di contrassegno speciale, però, devono limitarsi a non più di un cambio nello stesso giorno, per scongiurare il superamento di tre targhe consentite per ogni contrassegno; inoltre non possono chiedere autorizzazioni con decorrenza retroattiva o futura (fonte: Comune di Roma). *Sportello UILDMobility UILDM LAZIO onlus


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Un’occasione per conoscersi

Per una settimana, anche quest’anno, le Sezioni territoriali della Uildm si aprono ai cittadini Di Manuel Tartaglia

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al 3 al 9 ottobre 2016 si è svolta la Settimana delle Sezioni, un’occasione per avvicinarsi alla Uildm e conoscere il prezioso lavoro svolto quotidianamente per le persone con distrofia muscolare da cinquantacinque anni a questa parte. DAL 1961 VICINA ALLE PERSONE Chi conosce la Uildm (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) sa quanto sia intenso il suo impegno nel rendere migliore la qualità della vita delle persone con patologie neuromuscolari. Dal 1961 l’associazione, che festeggia quest’anno i suoi cinquantacinque anni di vita, si prodiga nel sostegno alla ricerca scientifica con l’obiettivo di trovare il prima possibile una cura per la distrofia muscolare nelle sue varie forme e le altre malattie genetiche rare. Ma si sa, la vita di una persona con disabilità non è fatta soltanto di visite mediche e riabilitazione; c’è il tempo libero, ci sono le relazioni, lo sport, le passioni e tutti quegli aspetti che coinvolgono la quotidianità di chiunque. Col tempo si è presa coscienza di questa pluralità di bisogni e ci si è prodigati perché venissero soddisfatti

nel migliore dei modi. Per questo motivo l’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, che nasce con l’intento di trovare una cura per la distrofia, ha ampliato il proprio raggio d’azione fornendo ai propri utenti molti servizi utili. IL RUOLO DELLE SEZIONI Per tradurre tutto questo in azioni pratiche è fondamentale il ruolo delle Sezioni territoriali. La Uildm ne ha sessantanove, dislocate in tutto il territorio italiano. Il lavoro delle Sezioni, che fanno capo alla Direzione Nazionale, è quello di rappresentare l’avamposto Uildm per le persone con distrofia e più in generale con disabilità, il primo volto sorridente che accoglie l’utente, ne ascolta le esigenze e lo affianca nella ricerca di risposte ai suoi bisogni, spesso fornendole direttamente. I servizi offerti dalle Sezioni dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare sono sostanzialmente di due tipi: quelli di carattere medico (ricerca scientifica e consulenza genetica, fisioterapia in centri di riabilitazione e domiciliare, ambulatori specialistici di psicologia, ortopedia, cardiologia, pneumologia eccetera) e quelli di

carattere sociale (servizio sociale, trasporto, volontariato, laboratori e momenti ricreativi, consulenza lavorativa, legale, alla pari eccetera). UNA SETTIMANA PER FARE CONOSCENZA Nonostante l’incessante lavoro che in tutta Italia viene portato quotidianamente avanti, non tutti conoscono la realtà della Uildm e in tal senso viene celebrata anche quest’anno la Settimana delle Sezioni. L’iniziativa ha rappresentato l’occasione per permettere ai cittadini di conoscere la Uildm e apprezzare gli sforzi delle sue sessantanove Sezioni territoriali per la comunità. I cittadini hanno potuto conoscere personalmente quel volto sorridente che sostiene tante persone, e magari deciso di unirsi a chi ha deciso di sposare la causa dell’assistenza alle persone con distrofia. Si può collaborare con la Uildm in tanti modi, tramite una donazione o facendo del volontariato. L’associzione è aperta tutto l’anno, perciò coraggio, una volta messa da parte la timidezza e fatte nuove conoscenze, si potrebbe non poterne più fare a meno. FA

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Appunti LETTERE IN REDAZIONE: L’INFINITA ATTESA PER OTTENERE L’ASSISTENZA DOMICILIARE Circa quattro anni fa decido di fare la domanda per richiedere l’assistenza domiciliare in quanto persona disabile che vive sola. Mi reco presso il mio Municipio con tutta la documentazione necessaria e a fine registrazione l’impiegato dice: “Torni tra due anni e vedremo insieme a che punto sarà la sua pratica”. Passano due anni, ritorno in Municipio e domando a chi devo rivolgermi per informazioni. Nessuno sa nulla. Non esiste né uno sportello né una stanza adibita a questo tipo di servizio. La pazienza comincia a vacillare e decido di chiedere spiegazioni alla mia Asl di appartenenza dove trovo, fortunatamente, un medico bravo e disponibile ad aiutarmi, ma passa un altro anno e nulla. Per farla breve, arriviamo a settembre 2016 quando, al ritorno dalle vacanze estive, noto che la mia autonomia è diminuita ulteriormente, quindi chiamo il suddetto medico e chiedo un sollecito. Dopo quattro giorni mi ricontatta dicendo che devo avere un incontro (il secondo), con l’assistente sociale del mio Municipio e quella della Asl per conoscerci e fare in modo che ad ottobre possa iniziare con l’assistenza. Alcuni giorni fa mi sottopongo a questa visita, noto che si parla di tutto ma non della data in cui avrei dovuto iniziare ad usufruire di questa sospirata assistenza domiciliare, allora chiedo: “Devo rivolgermi ad una cooperativa? Quale iter devo seguire?”... Cade il gelo! “Signorina, questa è solo una visita di valutazione”, dice una delle assistenti sociali. Ora mi chiedo, avendo una patologia neuromuscolare degenerativa e certificati che dichiarano questo, cosa c’è ancora da valutare? Mi dicono che adesso procederanno a studiare la mia pratica e poi ci sarà un’ultima visita... “Tra quanto tempo? Devo aspettare altri quattro anni?”, chiedo. Fanno spallucce, non si sa. Morale della favola: sono sola come quattro anni fa e la mia pratica è stata aperta solo da pochi giorni. Complimenti! Ho chiesto “Come faccio adesso?” e mi hanno risposto “Come hai fatto fino ad oggi”... Antonella

Grazie per il tuo contributo, Antonella. Purtroppo la tua non è l’unica segnalazione di questo genere che arriva alla nostra redazione. È importante continuare a denunciare e tenere viva l’attenzione su un tema, quello dell’assistenza, fondamentale per una reale indipendenza delle persone con disabilità.

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Come trovarci La Uildm Lazio onlus Ricordiamo a tutti il numero del centralino della UILDM LAZIO onlus: 06 6604881. Il sito web dell’associazione è presente all’indirizzo www.uildmlazio.org.

Come sostenerci

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ui di seguito segnaliamo le coordinate utili per chi volesse so-

Il settore Asis

stenere le attività della UILDM LAZIO onlus:

All’interno dell’associazione, il settore denominato “Asis” (Area servizi integrazione sociale) è quello che si occupa di tutti quegli aspetti, esclusi quelli sanitari, legati all’autonomia della persona con disabilità. Di seguito trovate i recapiti dei referenti della Sezione. Massimo Guitarrini, responsabile Asis e referente Volontariato e Servizio Civile, risponde al numero 06 66048886 e all’e-mail massimo.guitarrini@uildmlazio.org. Maura Peppoloni, referente Rapporto con le Istituzioni e Qualità della Vita, è reperibile in sede al numero 06 66048870 e all’e-mail maura.peppoloni@uildmlazio.org. Il Segretariato Sociale (telefono 06 66048880), lo sportello di orientamento al lavoro Quelli della 68 (telefono 06 66048868) e lo sportello di consulenza sulla mobilità UILDMobility (06 66048868) rispondono rispettivamente alle e-mail serviziosociale@uildmlazio.org, sportello68@uildmlazio.org e mobilita@uildmlazio.org. Annalisa Del Picchia, referente del settore Fund Raising, risponde all’e-mail fundraising@uildmlazio.org e al numero 06 6635757.

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Conto

corrente

postale

37289006, intestato a “Unione Italiana

Lotta

alla

Distrofia

Muscolare - Sezione Laziale onlus Via

Prospero

Santacroce,

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00167 Roma”. - Conto corrente bancario con le seguenti coordinate formato Iban: IT90Z0200805250000000767797. Unicredit

Banca

Spa

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Filiale

Ottoboni. - Versamento del 5 per mille della dichiarazione dei redditi al codice fiscale 80108650583. - In Internet con Paypal, tramite l’apposita pagina del nostro sito web

al

seguente

indirizzo:

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L’ufficio Comunicazione e immagine L’ufficio Comunicazione e Immagine comprende la redazione di Finestra Aperta e l’ufficio stampa della UILDM LAZIO onlus. Si trova al terzo piano della sede dell’associazione ed è raggiungibile tutti i giorni dalle 9:30 alle 17:00. Telefono: 06 6623225 o 06 66048803. E-mail: comunicazione@uildmlazio.org e finestra.aperta@uildmlazio.org. Serena Malta, direttrice di Finestra Aperta, è sempre disponibile al suo indirizzo di posta elettronica serena.malta@uildmlazio.org. Manuel Tartaglia, caporedattore e grafico, è in sede i lunedì, mercoledì e venerdì.

Su Facebook

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otete trovare la nostra associazione anche sul popolare so-

cial network digitando le parole “Uildm Lazio”.

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