forza filtrati, di altri artisti, di altri studiosi. Per la generazione a cui appartiene la scrivente, addirittura, non si tratta più nemmeno di teatro “vivo”: nessuno di noi ha fatto in tempo a vedere Il principe costante. Conosciamo Grotowski dai
libri
(pochi),
dalle
lezioni
(molte),
conosciamo
il
Grotowski di Barba, di Richards, di Schechner. Ma il Grotowski dei polacchi? Il libro Essere un uomo totale ci ha offerto un esempio della percezione
“da
lontano”
che
i
polacchi
hanno
avuto
di
Grotowski, nel momento in cui si è allontanato – per sempre, ad eccezione di alcune sporadiche visite – dalla Polonia. Ma che dire della percezione “da vicino”? Che dire del Grotowski degli anni ’60, di prima di Pontedera, di Action, dell’ “Art as a vehicle” e del “grotowskismo all’italiana”?
(intervista) Ma adesso, a posteriori, se tu devi giudicare quello che è successo dopo, al Workcenter, con Thomas Richards, eccetera…
Ah sì, beh, questa esperienza non la conosco molto bene. Se devo essere sincero fino alla fine ho visto questa – non mi ricordo ora come si chiama –
questa prima azione43 che hanno
fatto vedere ad un pubblico a numero chiuso, mentre Grotowski era ancora in vita. Mi è piaciuta, tanto, ma non capivo bene questa voglia di distinguere fra spettacolo e non spettacolo. Per me, nel momento in cui entra il pubblico, fa lo stesso, è uno spettacolo… tutto il resto mi pareva un discorso un po’ esagerato. Questa è la prima cosa. Ma come spettacolo mi è piaciuto, devo dire, anche se non tutto, mi sono piaciuti i due
attori
principali,
quelli
che
ci
sono
sempre,
Mario
Biagini e Thomas Richards, ma sugli altri avevo anche tanti dubbi.
Quattro
anni
di
lavoro
per
arrivare
solo
a
questo
livello… mi pareva un’esagerazione… tempo perso, una cosa da
43
Si riferisce ad Action.
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