Lech Raczak - Teatro 1964-2006

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nostra

esistenza

lunghissima,

piacevolissima,

priva

di

difficoltà, di sofferenze, di fatica…112

Lo spettacolo quindi è una riflessione in termini spettacolari sul grande tema del rapporto fra la vita e la morte. Esso si costituisce

come

una

specie

di

rituale,

anche

qui

come

in

altri spettacoli, per “riportare in vita i morti”, o anche, per

“riportare

rituali,

un

i

vivi

tentativo

alla

morte”:

insomma,

“cosmologico”,

per

come

dare

tutti

ordine

i ai

pensieri, alle speranze e alle paure che circondano questa tematica. E, come tutti i rituali, questa intenzione non si esplica solo a livello di contenuti: investe anche la ritmica delle azioni, per far sì che la riflessione diventi in qualche modo

incorporata.

Ecco

quindi

che

il

corteo

è

dominato,

insieme, dal racconto della vicenda e dallo svolgimento di un preciso ritmo, che intende in qualche modo riprodurre in scala ridotta il “ritmo della vita”: un ritmo fatto di pause, corse, improvvisi

arresti,

ritorni,

smarrimenti.

Nel

senso

propriamente fisico del termine: gli spettatori vengono prima condotti in avanti; poi, improvvisamente, la testa del corteo svanisce

e

l’azione

si

sposta

alla

coda;

poi

di

nuovo

si

ricomincia a correre, ci si arresta, si ritorna indietro. La fine del corteo, costruito espressamente sulla geografia di Poznań, si svolgeva proprio sulle rive del Lago Malta. Come racconta una recensione

Già dal silenzio e dall’oscurità emergono delle barche-Pegaso, le

cui

ali

lampeggiano

di

fuoco.

Si

chiude

la

cerimonia

funebre – un tributo composto per Maszewski, per Piotrowicz, un tributo composto per quel mondo che è già morto davanti ai nostri occhi e che muore ogni giorno con noi. Si è compiuto il rituale che riporta in vita i morti.113 112 Da Wyprawa, czyli sztuki umierania (“Spedizione”, ovvero l’arte di morire), di Ewa Obrębowska-Piasecka, su Gazeta Wyborcza, Poznań, luglio 2006 (traduzione mia). 113 Da Wyprawa, czyli sztuki umierania, cit.

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