nostra
esistenza
lunghissima,
piacevolissima,
priva
di
difficoltà, di sofferenze, di fatica…112
Lo spettacolo quindi è una riflessione in termini spettacolari sul grande tema del rapporto fra la vita e la morte. Esso si costituisce
come
una
specie
di
rituale,
anche
qui
come
in
altri spettacoli, per “riportare in vita i morti”, o anche, per
“riportare
rituali,
un
i
vivi
tentativo
alla
morte”:
insomma,
“cosmologico”,
per
come
dare
tutti
ordine
i ai
pensieri, alle speranze e alle paure che circondano questa tematica. E, come tutti i rituali, questa intenzione non si esplica solo a livello di contenuti: investe anche la ritmica delle azioni, per far sì che la riflessione diventi in qualche modo
incorporata.
Ecco
quindi
che
il
corteo
è
dominato,
insieme, dal racconto della vicenda e dallo svolgimento di un preciso ritmo, che intende in qualche modo riprodurre in scala ridotta il “ritmo della vita”: un ritmo fatto di pause, corse, improvvisi
arresti,
ritorni,
smarrimenti.
Nel
senso
propriamente fisico del termine: gli spettatori vengono prima condotti in avanti; poi, improvvisamente, la testa del corteo svanisce
e
l’azione
si
sposta
alla
coda;
poi
di
nuovo
si
ricomincia a correre, ci si arresta, si ritorna indietro. La fine del corteo, costruito espressamente sulla geografia di Poznań, si svolgeva proprio sulle rive del Lago Malta. Come racconta una recensione
Già dal silenzio e dall’oscurità emergono delle barche-Pegaso, le
cui
ali
lampeggiano
di
fuoco.
Si
chiude
la
cerimonia
funebre – un tributo composto per Maszewski, per Piotrowicz, un tributo composto per quel mondo che è già morto davanti ai nostri occhi e che muore ogni giorno con noi. Si è compiuto il rituale che riporta in vita i morti.113 112 Da Wyprawa, czyli sztuki umierania (“Spedizione”, ovvero l’arte di morire), di Ewa Obrębowska-Piasecka, su Gazeta Wyborcza, Poznań, luglio 2006 (traduzione mia). 113 Da Wyprawa, czyli sztuki umierania, cit.
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