Il nemico visto da Roma. Sloveni, comunisti e indipendentisti nello sguardo dell'U.Z.C.

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Patrick Karlsen IL «NEMICO» VISTO DA ROMA Sloveni, comunisti e indipendentisti nello sguardo dell’Ufficio per le zone di confine 1. Introduzione Alla frontiera dell’Adriatico orientale, il monitoraggio delle autorità italiane sulle attività di quello che le fonti prevalentemente chiamano «avversario», ma considerano e trattano inequivocabilmente come nemico, appare pressoché costante per tutto il periodo in cui risulterà in funzione l’Ufficio per le zone di confine1. Nella categoria rientrano naturalmente tutte le forze che agli occhi di Roma si configuravano come antiitaliane: ovvero, nell’auspicata ipotesi di un futuro reintegro almeno parziale di territorio conteso entro i confini nazionali, quelle che un domani avrebbero potuto operare contro lo stato. Fino alla spaccatura del fronte comunista nel 19482, le preoccupazioni dei funzionari dell’Uzc furono dominate da una minaccia che veniva percepita come etnica e ideologica insieme, e che trovava sintesi in una categoria che ha avuto largo corso nel nazionalismo italiano e attraversa in profondità anche lo sguardo dell’Ufficio: vale a dire la categoria del cosiddetto slavo-comunismo3. Dopo la rottura dei rapporti tra l’Urss e la Jugoslavia, da questo punto di vista e in certa misura il quadro si sarebbe arricchito di sfumature non irrilevanti. Ma il fronte degli avversari ideologici era ulteriormente ingrossato dalla presenza del movimento indipendentista, una presenza che si sarebbe rivelata molto dinamica e di notevole appeal agli occhi dell’elettorato triestino almeno fino alla metà degli anni Cinquanta4. Su questo versante le carte che si possono esaminare nell’archivio dell’Uzc forniscono da un lato conferme a quanto già generalmente noto, dall’altro aggiungono alle nostre conoscenze del fenomeno alcuni elementi di grande novità e rilievo. 451


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