All’interno: Listino prezzi materiali di interesse per la meccanica varia n. 803 - Costo orario medio dell’operaio n.31- Rilevazioni statistiche prestazioni di personale gennaio 2025
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MADE IN STEEL CRESCE E VUOLE CRESCERE ANCORA
Archivia un’altra edizione di crescita Made in Steel, la Conference & Exhibition internazionale dedicata alla filiera siderurgica ideata e organizzata da siderweb – La community dell’acciaio.
Dal 6 all’8 maggio, nei padiglioni 22 e 24 di Fieramilano Rho, l’evento B2B ha totalizzato 19.252 presenze da 81 Paesi, in aumento rispetto alla precedente edizione del 2023 (+4,2%). A esse vanno aggiunti gli operatori registrati a Lamiera, che hanno espresso la volontà di visitare anche Made in Steel (pari a 5.985 presenze). La rassegna internazionale promossa da UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE dedicata all'industria delle macchine utensili per la deformazione e il taglio della lamiera si è infatti tenuta in parziale concomitanza con Made in Steel.
«Made in Steel è un hub di conoscenza, relazione, confronto. Vetrina espositiva, business e visione. I numeri
confermano l’importanza della biennale organizzata da siderweb» sottolinea il CEO di Made in Steel e siderweb, Paolo Morandi «È stata un’edizione che segna un nuovo inizio: ora è fondamentale sviluppare l’evento lungo la filiera e a livello internazionale, per diventare una grande piattaforma mondiale, in cui raccontare l’eccellenza della siderurgia italiana ed europea».
Sono state 387 le aziende presenti (+21%). Il 34% è arrivato dall’estero, una quota in netto miglioramento rispetto all’edizione precedente (25,2%). I Paesi esteri rappresentati sono stati 25: tra essi, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Germania, Francia, Cina, Gran Bretagna, Belgio, India.
È cresciuta anche la superficie espositiva, passata da circa 15mila a quasi 18mila metri quadrati (+18,2%), nuovo record assoluto per l’evento internazionale. Oltre 50 i buyer, italiani e stranieri, che hanno partecipato alla tre giorni,
grazie alla collaborazione con l’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane.
La siderweb TV, il canale di live streaming attivato anche per questa edizione di Made in Steel, ha trasmesso oltre 20 ore di convegni in diretta dalla siderweb Conference Room, di interviste ai protagonisti della filiera dell’acciaio, di approfondimenti e video istituzionali degli espositori. Sul canale YouTube di siderweb e di Made in Steel si sono registrate 5mila visualizzazioni. Nei soli 3 giorni dell'evento, la homepage italiana di madeinsteel.it ha avuto 13.284 views e quella inglese 10.046; in totale, il sito ha totalizzato oltre 463mila visualizzazioni. La homepage di siderweb.com ha fatto infine registrare 4.422 visualizzazione durante la tre giorni.
Anche per questa edizione, Made in Steel ha sostenuto l'audit annuale RINA per il mantenimento della certificazione ISO 20121 ottenuta nel 2023, in riferimento alle attività di progettazione e gestione sostenibile dell’evento/della Conference & Exhibition.
L'evento è stato infatti organizzato seguendo i requisiti richiesti dalla norma a dimostrazione dell’impegno sempre crescente nella gestione degli aspetti ambientali, sociali ed economici, in particolare nella riduzione degli impatti ambientali e nella valorizzazione di quelli sociali.
L’Industria Meccanica
Pubblicazione periodica di ANIMA/Confindustria
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Direttore responsabile
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In redazione
Simone Gila – gila@anima.it
Antonio Passarelli – passarelli@anima.it
Federica Dellisanti – dellisanti@anima.it (segreteria di redazione)
Hanno collaborato a questo numero
Daniele Bettini, Mauro Ippolito, Andrea Camanni, Monica Defano, Tommaso Cortesi, Daniela Lionetti, Sara Anastasi, Marco Albanese, Rolando Dubini
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Le idee espresse dagli autori e delle autrici non impegnano né la rivista né ANIMA Confindustria e la responsabilità di quanto viene pubblicatorimane delle autrici e degli autori stessi.
Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ROC N. 4397
Numero 741
In copertina Lucrezia Viperina
10 RUBRICA: Donne e Uomini al timone
12 RUBRICA: i 400 caratteri
14 Nel 2025 la maggior parte delle donne italiane ha una seconda attività lavorativa di Lucrezia Benedetti
18 C’è bisogno di energia di Daniele Bettini
28 Nuovi scenari per l’industria italiana del nucleare
di Andrea Camanni, ASME Scheme Manager Inspector –Supervisor ICIM SpA e Angelo Torchetti, Technical Manager ICIM SpA
30
32 I dazi fermeranno l’America di Mauro Ippolito, iBan First
39 Il meccanismo CBAM
di Monica Defano e Tommaso Cortesi - Team Ricerca Easyfrontier
44 Manutenzione e controlli: chiave per sicurezza e produttività di Marco Albanese, Responsabile Associativo Anima Confindustria
49 L’omissione dolosa di cautele antinfortunistiche: L’Art 437 del codice penale di Rolando Dubini, avvocato del Foro di Milano, Cassazionista
54 Manutenzione e controlli: la linea sottile tra fabbricante e datore di lavoro di Sara Anastasi, ricercatrice presso il Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti, Prodotti ed Insediamenti Antropici dell’Inail
62 Intralogistica Italiana tra sostenibilità e resilienza: una sfida strategica per il futuro di Daniela Lionetti, Responsabile Ambiente Energia e Innovazione di Anima Confindustria
70 RUBRICA: i 400 caratteri
74 RUBRICA: Tecnologia, novità da tenere d'occhio
81 Tabelle ANIMA: Bianche, Blu, Arancio
Patrizia Rutigliano
nominata CEO del gruppo Suez in Italia
La società internazionale nelle soluzioni per l’economia circolare nei settori dell’acqua e dei rifiuti, ha nominato Patrizia Rutigliano nuovo Ceo delle sue attività in Italia. Rutigliano ha una solida esperienza in settori strategici e una profonda conoscenza del mercato italiano, per questo è stata scelta per guidare l’azienda in Italia verso una fase di crescita sostenibile e innovativa.
Marco Travaini
nuovo Direttore Marketing
Vaillant Group Italia
Entrato in Vaillant Group Italia nel 2016 come Head of Digital Marketing, ha guidato lo sviluppo di strategie digitali innovative, contribuendo alla creazione di Vaillant Premium, un nuovo servizio digitale per mettere in contatto immediato il cliente con un team selezionato e qualificato di professionisti, oggi best practice internazionale del Gruppo. Il suo obiettivo principale è rafforzare l’approccio data-driven al marketing, con un focus su CRM e marketing automation, posizionando Vaillant Group Italia come un partner affidabile a 360° all’insegna della reliability e massimizzando il ritorno di business.
Adriano Ciarletti
è il nuovo CEO di Bricocenter
Si tratta di una nuova prestigiosa tappa del suo percorso internazionale nel mondo retail: dopo le esperienze in Auchan Francia e Carrefour Brasile, infatti, dal 2022 è entrato in Bricocenter come Leader Omnicommerce e, dal 2023, ha ricoperto anche la carica di Global e-commerce director di Adeo.
Carlo Sorbara direttore della business unit Pharma per l’Italia
Una lunga esperienza nell’industria cosmetica e della cura della persona, Sorbara negli ultimi quattro anni ha guidato la divisione mass market: gestendo i brand Nivea, Labello e Hansaplast. Forte di una visione strategica orientata alla crescita e all’innovazione, si prepara ora a consolidare e sviluppare il business della divisione farmacia.
Nicola Vicino
nuovo general manager per l’Italia di Revolut
Vicino è stato nominato nuovo General Manager per l’Italia della banca digitale Revolut. Con una solida esperienza nel settore bancario, sia a livello locale che internazionale, Vicino è un profilo strategico per supportare l’ulteriore sviluppo di Revolut in Italia.
Andrea Gorlezza nominato nuovo CEO di Madeinadd
Gorlezza laureato in ingegneria gestionale al Politecnico di Milano, con specializzazioni e Master conseguiti presso la SDA Bocconi, l’International Institute for Management Development (IMD) e la Rotman School of Management dell’Università di Toronto, porta in Madeinadd la profonda conoscenza dei processi che caratterizzano il settore nelle sue diverse declinazioni e segmenti, insieme a una comprovata capacità di guidare il cambiamento, entrambe caratteristiche fondamentali per la buona esecuzione della strategia di crescita di Madeinadd.
Barbara Cominelli
nominata presidente di Uli (Urban Land Institute) Italia
Cominelli, membro del Comitato Esecutivo di Uli Italia da gennaio 2022, succede a Emanuela Recchi, Presidente di Recchi Engineering, e ha ufficialmente iniziato il suo mandato il 1° settembre 2024, servendo su base volontaria per i prossimi due anni.
Carlo Tamai
nominato head of m&a di Gbsapri
Gbsapri ha nominato Carlo Tamai Head of M&A del gruppo. Lavorerà insieme al Ceo del Gruppo Carlo Maria Bassi sullo sviluppo di progetti Buy & Build della società. Questa nomina arricchisce ulteriormente il team dedicato alla crescita per linee esterne del gruppo.
Inquinamento
Le microplastiche sono ovunque
Lo scorso 8 aprile il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo politico provvisorio su un nuovo regolamento volto a prevenire la perdita di pellet di plastica lungo tutta la filiera produttiva e di trasporto, sia via terra che via mare. Ogni anno nell’Unione Europea si disperdono nell’ambiente l’equivalente di oltre 7.000 camion di pellet di plastica. Sono piccoli granuli, invisibili agli occhi del grande pubblico, ma fondamentali nella produzione di prodotti plastici. Proprio questi materiali rappresentano la terza fonte di rilascio involontario di microplastiche nell’ambiente, dopo vernici e pneumatici. In Europa, solo nel 2019, si stima che tra 52.000 e 184.000 tonnellate di pellet siano state disperse nell’ambiente. Una volta dispersi, i pellet plastici possono persistere per decenni, frammentandosi ulteriormente e contaminando la catena alimentare. Il loro impatto è sia ambientale che sanitario. Con questo nuovo accordo, l’Unione Europea punta a ridurre del 30% entro il 2030 il rilascio totale di microplastiche nell’ambiente.
Non solo meccanica
Rubinetterie Bellosta al Fuori Salone 2025
In occasione della Milano Design Week 2025, Bellosta Rubinetterie rinnova il proprio impegno nel sociale presentando “Red is design… not violence”, un progetto diffuso in tutto il capoluogo lombardo per sostenere una campagna di sensibilizzazione contro il femminicidio, con il patrocinio del Comune di Milano – Assessorato allo Sviluppo Economico e Politiche del Lavoro. 18 sculture posizionate in giro per la città hanno come obiettivo quello di sensibilizzare sul tema dei femminicidi e della violenza di genere. Dal 2 al 22 aprile scorso Bellosta ha posizionato 18 sculture simbolo di questa lotta in aree strategiche della città: gigantografie di rubinetti rossi alti 2 metri che da Brera a Corso Vittorio Emanuele II, passando per Foro Bonaparte fino alla Darsena, richiameranno l’attenzione su un messaggio di non violenza, invitando milanesi e non solo a sostenere Wall of Dolls, associazione fondata nel 2014 su iniziativa di Jo Squillo e dal 2019 onlus a favore delle donne vittime di femminicidio.
Riciclaggio
Contro l’obsolescenza
Secondo i dati della Commissione Europea i cittadini europei perdono circa 12 miliardi di euro ogni anno a causa della sostituzione anziché della riparazione di prodotti e dispositivi. Questo comporta gravi conseguenze ambientali, con 261 milioni di tonnellate di emissioni di CO2, 30 milioni di tonnellate di risorse consumate e 35 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti annualmente.
Tutto questo è uno dei principali effetti delle strategie aggressive di obsolescenza programmata adottate dai principali produttori di elettrodomestici o di qualsiasi nostro prodotto, portandolo ad avere una durata di vita breve e predefinita, necessitando quindi di una sostituzione frequente.
In Italia sono poco conosciuti, ma in giro per l’Europa e per il mondo qualcuno ha pensato e ideato un’alternativa per evitare la continua sostituzione di tutti i nostri prodotti, ma dare la precedenza alla riparazione, puntando su un’economia circolare e sul riuso: Repair Café. Luoghi d'incontro dove i cittadini possono portare oggetti a riparare gratuitamente. Nati nel 2009, da un’intuizione di una ex giornalista olandese, Martine Postma, che si rese conto di quanti oggetti venissero buttati, nonostante potessero essere utili a qualcun altro. Da allora è diventato un movimento globale, in Italia i Repair Café sono ancora pochi, ma iniziano a vedersi anche nelle nostre città: al momento se ne contano in tutto tredici da Roma a Milano passando per altri sparsi per l’Italia.
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Nel 2025 la maggior parte delle donne italiane ha una seconda attività lavorativa
di Lucrezia Benedetti
Il 58% delle donne Gen Z aspira ad avviare una propria attività, questo secondo una ricerca condotta da Mastercard, ma ci sono ancora molti ostacoli da superare per le donne che vogliono fare imprenditoria. Tra questi: la mancanza di esperienza (22%) e di fiducia nelle proprie capacità (36%), insieme a una scarsa educazione finanziaria (18%).
Dalla ricerca di Mastercard “Empowerment for all”, emerge che lo spirito imprenditoriale nelle donne in Europa e in Italia è alto, la voglia di realizzarsi e ottenere indipendenza finanziaria e migliorare l’equilibrio tra vita privata e lavoro è una priorità. Il 58% delle donne italiane appartenenti alla Gen Z aspira ad avviare una propria impresa in futuro e una donna su sette dichiara di essere un’imprenditrice (il 13% in Italia vs il 18% in Europa) con una percentuale che sale al 28% per le donne Gen Z. Tra le imprenditrici intervistate il 13% dichiara infatti di averlo fatto perché non si sentiva valorizzata sul posto di lavoro precedente, rispetto all' 8% degli uomini. Altri fattori chiave includono il desiderio di una maggiore flessibilità lavorativa (43% donne vs 38% uomini), guidato dalla volontà di essere ‘imprenditrici di sé stesse’ e
di non lavorare per altri (36% donne vs 25% uomini), insieme al desiderio di realizzare i propri sogni (34% donne vs 32% uomini).
Sempre dall’indagine condotta da Mastercard emerge che il 25% delle donne italiane intervistate ha una seconda attività lavorativa, percentuale che aumenta se si considerano le Millennial. Le motivazioni sono: la necessità di percepire un reddito aggiuntivo (44%), di risparmiare denaro per un obiettivo specifico (26%) e di avere maggiore sicurezza economica in caso di emergenze (25%). Tra i settori più gettonati tra le donne italiane per avviare il proprio business emergono la ristorazione (16%), ospitalità e tempo libero (16%) e cosmetica (13%).
La Gen Z in Europa
Sempre secondo l’indagine di Mastercard, le donne Gen Z in Europa sono
le più propense a voler avviare una propria impresa per fare “qualcosa di buono per il mondo” (il 19% Gen Z vs il 13% Millennial, il 14% delle Gen X e il 16% delle Baby Boomers).
Le donne della Gen Z che hanno già avviato il proprio business dichiarano di essere state guidate maggiormente dalla volontà di inseguire il proprio sogno (50%), rispetto alle Millennial (39%), alle Gen X (32%) e alle Baby Boomers (33%).
In linea con questo, l'assistenza all'infanzia (14% vs il 9% media donne europee) e l’istruzione (13% vs il 10% media donne europee) sono tra i primi tre settori in cui le donne in Europa e della Gen Z vorrebbero avviare un'attività, con il settore della cosmetica che guida la lista rivelandosi il più attrattivo (26% vs il 10% media donne europee), trend che non si riscontra in nessun'altra generazione in Europa.
Il 25% delle donne italiane intervistate ha una seconda attività lavorativa.
Le motivazioni sono: la necessità di percepire un reddito aggiuntivo (44%), di risparmiare denaro per un obiettivo specifico (26%) e di avere maggiore sicurezza economica in caso di emergenze (25%).
Barriere e ostacoli
Nonostante i numeri positivi e la propensione delle donne della nuova generazione verso l’imprenditorialità, esistono ancora ostacoli significativi all'avvio e alla gestione di un'impresa. Circa un terzo delle intervistate (36%) dichiara di voler avviare un’attività in proprio (percentuale che sale al 58% tra le giovani della Gen Z) ma, al tempo stesso, non la ritiene un’opzione percorribile per diverse motivazioni, prima tra tutte la mancanza di fiducia in sé stessa (32% donne Gen Z vs 10% uomini Gen Z). Tra gli altri ostacoli emergono il timore di fallimento (29%), la difficoltà di accesso ai finanziamenti (25%) e la mancanza di esperienza (22%). Inoltre, il 40% delle donne teme l'incertezza del reddito imprenditoriale, mentre il 26% considera rischioso lasciare un’attività con una retribuzione sicura.
La mancanza di un’appropriata educazione finanziaria rappresenta un altro grande scoglio: solo il 19% delle donne intervistate si sente a proprio agio nella gestione di tutte le questioni finanziarie (come il risparmio, il budgeting e la pensione), contro il 31% degli uomini. Se nella gestione del budget c’è allineamento tra uomini (78%) e donne (75%), quando si tratta di gestione degli investimenti (70% uomini vs 53% donne) e dei fondi pensione (61% vs 49%) la discrepanza è particolarmente evidente. Come emerso dalla ricerca, le donne italiane si sentono meno sicure nel prendere decisioni finanziarie rispetto alla media europea (6% vs. 25%). Per colmare questo divario, il 26% delle donne indica la necessità di maggiori opzioni di finanziamento, il 18% chiede una formazione più approfondita sulle competenze aziendali di
base e il 15% sottolinea l'importanza di un accesso precoce all'educazione finanziaria. Il 19% delle giovani imprenditrici della Gen Z ritiene, inoltre, che il supporto di un consulente commerciale sarebbe cruciale per l’avvio di un'impresa. Malgrado le barriere ancora esistenti per le donne imprenditrici in Italia e nel mondo, si registrano degli avanzamenti positivi: si stima che il numero di donne imprenditrici crescerà nei prossimi anni. Anche sul fronte delle competenze digitali, la ricerca di Mastercard rileva come le donne riconoscano maggiormente il potenziale delle nuove tecnologie con il 45% di loro che afferma di applicarla nelle loro attività (vs 30% uomini). In linea con questo, il 43% delle imprenditrici intervistate afferma che l’AI ha consentito una notevole ottimizzazione dei tempi e dei costi nel loro business.
Dal momento che il confronto sulla politica energetica in Italia è spesso guidata da visioni ideologiche, abbiamo deciso di sviluppare un confronto tra due esperti Marco Enrico Ricotti, Professore Ordinario di ingegneria Nucleare al Politecnico di Milano e Attilio Piattelli presidente del coordinamento Free (Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) ponendo delle domande aperte con l’idea di evidenziare i punti di forza e le eventuali debolezze di tutte le soluzioni in campo. Il punto di partenza è quindi che non esistono soluzioni preconfezionate, e che non esistono nemmeno soluzioni necessariamente migliori di altre . Esistono però soluzioni più adatte a rispondere alle domande che si pongono e agli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Lo scenario energetico europeo e una visione sui trend in corso. Dal vostro punto di vista dove siamo, qual è il punto di partenza?
Attilio Piattelli
L’Europa ha sempre avuto un ruolo fondamentale sulle politiche di decarbonizzazione avendo intrapreso questo percorso già da anni, con politiche di decarbonizzazione molto precise e con target di abbattimento delle emissioni che via via sono divenuti sempre più ambiziosi. Ritengo che abbia rappresentato un modello per il resto del mondo. Un grave errore che però si è fatto nel corso di questi anni è che si è trascurato di accompagnare le politiche di de carbonizzazione con politiche di supporto allo svi luppo di una filiera industriale green. Oggi questa carenza sta pesando poiché le aziende europee im pegnate nei settori green sono rimaste indietro rispetto alla concorrenza dell’industria cinese, che invece ha attuato politiche industriali
di supporto e stimolo molto precise e stabili nel tempo. Ora a livello europeo si sta assistendo a ipotesi di rallentamento e/o parziale ripensamento sulle politiche di decarbonizzazione ma, a mio parere, sarebbe un ulteriore autogol per l’Europa perché rischierebbe di rallentare ulteriormente la riconversione green del sistema produttivo europeo. Servirebbero invece politiche industriali comuni di rilancio di tutti i settori innovativi con il supporto di un fondo comune europeo dedicato alla Transizione Energetica, come proposto dal Rapporto Draghi.
Marco Enrico Ricotti
Il punto di partenza è quello riportato in figura 1 (dati 2024): il nucleare europeo, con i suoi 100 reattori in funzione, rappresenta ancora la prima fonte per la produzione di energia elettrica del continente, anzi la prima fonte decarbonizzata, che in aggiunta è anche la fonte a minore dipendenza strategica da altri paesi (non così si può dire né per le
fossili né per le rinnovabili) nel 2024, poi, la Francia (70% di elettricità da nucleare) ha esportato 89 TWh verso Italia (52 TWh) e Germania (28 TWh), due nazioni che non hanno il nucleare e che hanno i prezzi dell'elettricità ben superiori a quelli francesi. Se poi consideriamo tutta l'energia, non solo l'elettricità, allora il percorso dell'Europa è ancora molto più lungo, perché per l'80% circa l'energia dipende dai fossili. In questo scenario così impegnativo, contrapporre nucleare e rinnovabili è una battaglia di retroguardia, già persa in partenza: serve sfruttare al meglio tutte le fonti, in particolare le due decarbonizzate, ma bisogna considerare anche la geopolitica e la competitività industriale.
nosciuto pure nella Green Taxonomy europea e i dati mostrati parlano chiaro: sarebbe da pazzi per l'Europa abbandonarlo, basta vedere il risultato della decisione tedesca di abbandonare le proprie 14 centrali nucleari: hanno una delle emissioni di CO2 per kWh prodotto più alte d'Europa, seconda solo alla Polonia, e per sopperire alla mancata produzione hanno dovuto riaprire vecchie centrali a lignite, che sono peggio di quelle a carbone, dalle quali comunque ottengono oltre il 25% dell'elettricità domestica. Non mi pare un esempio da seguire che poi in una rete con forte presenza di rinnovabili i problemi di gestione siano maggiori, lo dicono i gestori delle reti europee.
Decarbonizzazione senza nucleare. Il nucleare tradizionale ha fornito energia a basse emissioni per decenni e quello di nuova generazione promette di essere ancora più efficiente, ma lo è davvero? Se lo escludiamo completamente, possiamo realisticamente eliminare le fonti fossili senza rischiare problemi di stabilità della rete o dipendenza da soluzioni ancora in evoluzione?
Attilio Piattelli
Marco Enrico Ricotti
Che il nucleare sia efficiente ed efficace (anche più del sola re fotovoltaico) dal punto di vista delle emissioni e dell'im patto sull'ambiente - terre rare, utilizzo di suolo, etc. - lo riconosce pure l'IPCC e il Joint Research Centre Europeo, non capisco perché dovrebbe essere messo in discussione: ci sono evidenze tecniche-scientifiche in tal senso? se qual cuno le ha, le mostri. Perché mai dovrebbe essere escluso completamente il nucleare? Chi lo ha deciso? È stato rico
Il nucleare è una tecnologia di generazione che poco si presta alla modulazione ed è quindi sempre stata una fonte di generazione cosiddetta di “baseload” su cui poi sopra si possono aggiungere rinnovabili e generazione da cicli combinati a gas per la modulazione dei picchi di generazione e di domanda. Oggi, in molti paesi europei lo scenario è completamente cambiato e la generazione di baseload è fatta dalla dif fusione di tante rinnovabili, che sono di venute nel tempo tecnologicamente molto affidabili e anche economicamente molto
di Daniele Bettini
2438 TWh di 2431 TWh
Produzione pubblica netta di energia elettrica nell'Unione Europea 2024
Fig.
convenienti (soprattutto eolico e fotovoltaico). Non serve quindi tecnicamente inserire una fonte di generazione continua ma serve inserire nel sistema elettrico i sistemi modulanti. Fino ad oggi, come già detto, la modulazione è stata fatta con i cicli combinati a gas ma, con l’evoluzione tecnologica dei sistemi di accumulo elettrochimici e la fortissima riduzione dei costi, oggi questa modulazione può essere fatta agevolmente sul breve dalle batterie. Servono invece ancora sforzi sulla messa a punto di sistemi di accumulo di media durata (fino alla settimana) e di lunga durata per gli accumuli stagionali, che in via transitoria possono essere parzialmente sostituiti da una recente soluzione innovativa: mix eolico/fotovoltaico, supportato da accumuli e demanda response, che garantiscono fornitura di energia 24 h/7 su 7. Quindi, volendo riassumere, oggi non c’è una carenza di generazione elettrica priva di emissioni, su cui il nucleare si potrebbe inserire ma una necessità di gestione dell’accoppiamento della generazione e della domanda su cui si inseriscono gli accumuli elettrochimici e i pompaggi ma che ad oggi rende ancora necessari in alcuni momenti l’uso dei cicli combinati, capaci di modulare con estrema flessibilità. A lungo termine, rinnovabili, accumuli e potenziamento delle interconnessioni elettriche internazionali rappresenteranno le soluzioni definitive per una generazione 100% rinnovabile.
Il nucleare tradizionale ha reso alcuni paesi più indipendenti, ma richiede uranio, spesso importato. Le rinnovabili riducono la dipendenza dai combustibili fossili, ma necessitano di tecnologie che dipendono da materie prime strategiche come litio, cobalto e terre rare, spesso controllate da pochi paesi. Quale delle due opzioni è più sostenibile a lungo termine senza creare nuove dipendenze geopolitiche?
Attilio Piattelli
Credo si debba tornare alla domanda precedente e chiedersi se sia necessario uno scenario per l’Italia che preveda il nucleare e poi fare le valutazioni strategiche sulla criticità degli approvvigionamenti. A mio parere lo scenario nucleare per l’Italia, per quanto detto in precedenza, per i problemi che la tecnologia non ha ancora risolto e per i costi che ad oggi sono sensibilmente superiori alla generazione da rinnovabili, non sarebbe logico. Quindi la domanda sulla delicatezza degli approv vigionamenti dovrebbe essere legata a quella se la tecnologia serve oppure no. In ogni caso, volendo rispondere e per ne cessità di sintesi, non poten do affrontare il problema in
modo esaustivo, mi limito a dire che l’approvvigionamento di uranio è richiesto con continuità per far funzionare le centrali visto che rappresenta il suo combustibile, il litio il cobalto e le terre rare servono per la produzione di componenti che però, una volta acquistati, durano per decine di anni e permettono di produrre o di stoccare energia senza la necessità di approvvigionamenti ulteriori. Quindi per il nucleare il combustibile è indispensabile per il funzionamento mentre per le rinnovabili e gli accumuli i materiali strategici sono necessari solo per l’eventuale incremento di potenza di generazione. Inoltre, la Commissione europea ha varato un programma con tre obiettivi: estrazione di materiali critici e strategini dai giacimenti esistenti in Europa e riuso e riciclo di quelli presenti nei componenti a fine vita. Sulla scala delle criticità, direi pertanto che il nucleare è certamente più a rischio.
Marco Enrico Ricotti
L'Europa domina l'intera catena del valore sulla filiera nucleare, dalle miniere (la Francia possiede in comproprietà la più "ricca" miniera di uranio al mondo, Cigar Lake in Canada) all'arricchimento del combustibile, alla sua fabbricazione, alla progettazione, realizzazione e gestione dei reattori, sino allo smantellamento e alla gestione dei rifiuti radioattivi, incluso il primo e unico deposito geologico profondo per lo stoccaggio definitivo dei rifiuti ad alta radioattività (in Finlandia, ad Onkalo, aprirà nel 2026). Storicamente, l'uranio naturale è stato sempre acquistato all'estero perchè non vogliamo "scavare" in casa nostra (esempio vicino a noi: nella bergamasca esiste una miniera di uranio che gli australiani volevano sfruttare già nel 2006, ma glielo abbiamo impedito), comunque possiamo "dipendere" da paesi non critici quali Australia e Canada, che hanno le maggiori riserve al mondo, sia per le tecnologie sia per i materiali critici e le terre rare, purtroppo, mi pare che per le rinnovabili la situazione non sia la medesima (figura 2): il monopolio è saldamente nelle mani della Cina (sono fallite in Europa le principali aziende che si occupavano di produrre pale eoliche e batterie per l'accumulo).
Oggi in Italia utilizziamo energia nucleare importata da Francia e Svizzera. Se decidiamo di non investire nel nucleare, ha senso continuare a importare questa energia? Oppure dovremmo puntare su un'alternativa che ci garantisca maggiore indipendenza e controllo? Dall’altro lato, il nucleare ha emissioni quasi nulle in fase operativa, ma il ciclo di vita (estrazione, costruzione, smantellamento) ha un impatto ambientale e comporta costi di gestione importanti. Questo bilancio ambientale ed economico è paragonabile a quello delle rinnovabili, considerando anche le infrastrutture necessarie per il loro sviluppo?
Marco Enrico Ricotti
Importiamo in media da Francia e Svizzera il 15% dell'elettricità (essenzialmente da nucleare) che ci serve per vivere perché è più conveniente, è una questione economica e di mercato. Se decidessimo di dire no al nucleare in Italia, dovremmo essere coerenti e fare come i tedeschi, che hanno deciso di uscire dall'atomo a fronte dei risultati di una EtikKommission (commissione etica) la quale dichiarò che non era etico per la Germania né produrre né consumare energia elettrica prodotta col nucleare; sappiamo bene però com'è andata a finire. Il nucleare ha basso impatto ambientale sull'intero ciclo di vita, non solo sul funzionamento dei reattori: si legga al proposito il report di oltre 350 pagine prodotto dal Joint Research Centre dell'Unione Europea.
Attilio Piattelli
Credo che il vero problema della generazione da nucleare sia proprio quello che, nel corso di più di 70 anni di vita, non sono stati fatti passi avanti significativi su tutta una serie di problemi tecnologici che ne determinano la sicurezza, la
capacità di gestione delle scorie e lo smantellamento a fine vita degli impianti. Infatti, da una generazione elettrica che nei primi anni duemila copriva circa il 17 % della produzione mondiale si è scesi oggi a circa il 9% e questo non è certo tipico di tecnologie in espansione. In questo scenario, mentre risulta poco comprensibile la scelta italiana di un ritorno al nucleare, è da ritenere del tutto logica la scelta cinese, o di altri paesi in forte crescita di consumi energetici, che hanno considerato l’opzione nucleare un’opzione per accelerare il processo di decarbonizzazione in abbinamento con un forte sviluppo anche delle rinnovabili (ma non dobbiamo farci ingannare dai grandi numeri, dovuti al fatto che la Cina è di fatto un subcontinente; in realtà il nucleare fornisce oggi solo circa il 5% dell’energia elettrica consumata in Cina). Per l’importazione di energia nucleare da Francia e Svizzera, non ne farei una questione ideologica, così come possiamo importare energia eolica dalla Germania o dai paesi nordici in caso di eccesso di produzione da eolico, non vedo perché non potremmo importare energia nucleare visto che le centrali sono già esistenti.
Il nucleare richiede anni per essere costruito, mentre le rinnovabili possono essere implementate più velocemente. Tuttavia, le rinnovabili sono limitate da fattori come vincoli burocratici, disponibilità di suolo e necessità di accumulo per garantire continuità. Possiamo davvero permetterci di aspettare lo sviluppo di accumuli energetici efficienti, o è più realistico avere una combinazione di nucleare e rinnovabili per garantire stabilità alla rete? Dall’altro lato se LCOE di questi impianti nucleari è pari a quello del FV+batterie, perché devo aspettare fino al 2040 per avere quei kWh?
Eolico offshore
Eolico onshore
Fotovoltaico
Nucleare
Carbone
Materiali critici utilizzati per energia generata (vita operativa)
Fig. 2
Attilio Piattelli
Spesso si tende ad associare l’intermittenza della generazione da rinnovabili elettriche al nucleare come la possibile soluzione ma tecnicamente, come già detto in precedenza, il nucleare può generare energia di “baseload” ma non può modulare, cosa che invece fanno benissimo gli accumuli e i cicli combinati a gas. Questo vuol dire che fino a quando non avremo accumuli efficienti anche di lunga durata, continueremo ad aver bisogno di una certa disponibilità di cicli combinati a gas per la modulazione.
Per quel che riguarda invece la disponibilità di spazi per le rinnovabili si tratta di un’amplificazione di un problema che proprio non esiste perché gli spazi necessari per una completa decarbonizzazione sarebbero comunque limitati. Così come l’amplificazione dell’impatto paesaggistico è esagerata visto che tutte le azioni dell’uomo nel tempo non hanno fatto altro che agire su continue modificazioni del paesaggio.
In merito al LCOE ad oggi, anche in base ad alcuni studi internazionali (si richiama soprattutto l’ultimo report della IEA), l’LCOE di eolico on shore + accumuli e FV + accumuli è comunque inferiore a quello del nucleare.
Marco Enrico Ricotti Qui servirebbero 3 pagine per rispondere a tutti i temi. I costi di sistema (alias rete di trasmissione e distribuzione, accumuli) aumentano esponenzialmente oltre il 70% di rinnovabili nella rete, come confermato dal Direttore del settore energia del MASE e da studi di scenario effettuati da alcune utilities italiane, quindi una percentuale di nucleare (il PNIEC prevede un 10-20% al 2050) non potrebbe che risultare benefico, sia per le tasche degli italiani (che dovrebbero pagare quei costi di sistema) sia per la penetrazione delle rinnovabili. Al nucleare va fornita la possibilità di esistere sul mercato, e non va trattato diversamente dalle rinnovabili, visto che decarbonizza e anzi riduce la dipendenza strategica europea, poi saranno le utilities e gli energivori, le industrie a decidere se è conveniente o meno. Alcuni sostengono che le rinnovabili siano intermittenti e non sufficienti, altri che il nucleare sottragga fondi a soluzioni più rapide e sostenibili. Entrambe le posizioni hanno punti di forza e criticità: quale delle due è più realistica per raggiungere emissioni zero in tempi utili? Ma soprattutto, una visione che veda un mix delle due soluzioni è davvero impensabile? O il problema principale è la mancanza di volontà politica e di risorse economiche sufficienti per accelerare la transizione?
Attilio Piattelli
La mia risposta va cercata come una sintesi delle cose già dette in precedenza. Ritengo che il nucleare sia una soluzione assolutamente sensata per quei paesi in forte crescita
e con enormi consumi, che hanno la necessità di accelerare il processo di decarbonizzazione e quindi un giusto mix di nucleare e rinnovabili è ragionevole. Ritengo invece che, con il livello di rinnovabili raggiunto in Italia e in molti paesi europei e i consumi elettrici che, anche se in crescita per la transizione all’elettrico, sono comunque sotto controllo, non ci sia dal punto di vista tecnologico e dei costi la necessità di ricorrere al nucleare.
Marco Enrico Ricotti
Ripeto quanto detto in apertura: la situazione energetica e il quadro geopolitico, economico, industriale, sono così complicati e incerti che sarebbe da pazzi rinunciare a un asset così importante come il nucleare, servirà il contributo di tutte le fonti per vincere una partita molto impegnativa e che durerà a lungo, chi contrappone rinnovabili e nucleare ha capito poco della situazione, e non solo di energia.
Nessuno parla della qualità della domanda, cioè come venga effettivamente utilizzata questa energia, non sarebbe sensato lavorare/investire sull'educazione e su sistemi di incentivazione/tassazione (spinta gentile) per favorire consumi primari e disincentivare quelli non necessari?
Attilio Piattelli
Assolutamente si. L’investimento in una corretta informazione dovrebbe riguardare sia la formazione per un miglior uso dell’energia sia l’aumento di consapevolezza sulla necessità e i benefici della transizione energetica, consapevolezza indispensabile per favorire l’accettabilità degli impianti nei territori.
A proposito della qualità della domanda elettrica è ormai urgente e non più rimandabile l’introduzione della cosiddetta “demand – response” che permetterebbe ai cittadini e alle imprese di risparmiare con un consumo più responsabile e concentrato nelle ore di maggiore produzione. In tal senso si sollecita sia l’Autorità che TERNA ad introdurre velocemente le norme necessarie per l’avvio della “demand-response”.
Marco Enrico Ricotti
C'è molto da fare sul versante culturale: certamente sul risparmio e sull'efficienza energetica, sulle abitudini nei consumi, ma pure nell'informazione sui temi dell'energia, troppo spesso improntata a scarse conoscenze tecnico-scientifiche, ad approcci ideologici e pregiudiziali, a discussioni da talk-show.
Il progetto ANIMA energia
ANIMA Energia è il nuovo programma dell’Area Presidi Strategici e Sviluppo Trasversale per riprendere in maniera più organica e strutturata il presidio di tutti i temi collegati allo sviluppo e ottimizzazione del mercato energetico, nazionale ed europeo, che vede le imprese della meccanica giocare un duplice ruolo: da un lato fruitori dell’energia prodotta e dall’altro fornitori di tecnologie per lo sviluppo dei sistemi di produzione di energia. Due sono i temi cardine del progetto: idrogeno e nucleare.
• Gruppo Esperti Tecnici IDROGENO. L’idrogeno, in particolare, è riconosciuto come una delle leve fondamentali per la transizione, grazie alla sua versatilità e al potenziale di integrazione nei sistemi energetici come vettore pulito. Sviluppare un'economia dell’idrogeno richiederà investi-
menti in ricerca, infrastrutture e sistemi produttivi avanzati, per consentire la sua produzione da fonti rinnovabili e il suo utilizzo su vasta scala. Il gruppo di lavoro Idrogeno è già stato attivato nel 2024 e rientrerà nelle attività di ANIMA Energia nel 2025, costituendo la base di partenza delle attività federative.
• Gruppo Esperti Tecnici NUCLEARE. Parallelamente, il nucleare di nuova generazione rappresenta una fonte energetica fondamentale per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e la produzione di energia a basse emissioni di carbonio. Le tecnologie avanzate, come i reattori modulari di piccola taglia (SMR), offrono opportunità per un’implementazione più flessibile e sostenibile.
Dal punto di vista dell’innovazione
Parlando di scienza non si può non prendere in considerazione le sfide poste dall’attualità cosa che in questo caso ci ha portato a incontrare Carlo Miglietta CEO di Prometheus, una start up innovativa incubata a Kilometro Rosso.
L’idea dei promotori è quella di produrre energia utilizzando delle reazioni chimico-fisiche che ricadono sotto l’ombrello dell’acronimo LENR (Low energy Nuclear Reactions) reazioni che, nel caso funzionassero, arriverebbero a produrre energia da materie prime molto comuni e poco costose senza “scorie” o impatti ambientali. Per correttezza non possiamo che evidenziare il fatto che si tratti di un ambito molto scivoloso, a oggi non sembra che esistano risultati concreti in questo senso nonostante tutte le sperimentazioni in corso. In questa intervista non possiamo che limitarci a riportare quanto ci hanno detto i promotori di Prometheus sperando che i loro sforzi vadano a buon fine, ma consci del fatto che si tratta di un’impresa davvero complessa che deve ancora essere pienamente dimostrata e spiegata scientificamente.
Cos'è Prometheus, come è nato e quali sono le sue basi scientifiche?
Prometheus è una startup innovativa nata per sviluppare nuovi modi per produrre energia. In particolare, esiste una famiglia di fenomeni chimico-fisici, descritti in letteratura da una serie di esperimenti che riportano eccessi inattesi di calore, oggi raccolte sotto l’ombrello dell’acronimo LENR (Low energy Nuclear Reactions), ovvero reazioni nucleari cosiddette a bassa energia, del tutto diverse da ciò che siamo abituati a chia mare “nucleare”, che invece fa riferimento ai feno meni di fissiono o fusione nucleare, in cui si forza ad elevatissime energie la rottura del nucleo atomico o la
fusione di più nuclei tra loro.
I fenomeni studiati dal nostro team si differenziano dalle reazioni di fissione o fusione proprio perchè innescati da una bassa immissione di energia. Esistono anche diverse proposte di spiegazione di tali fenomeni, ma Promethues non vuole intervenire in questo dibattito che non le compete per missione aziendale esplicita. Prometheus ha ideato una macchina, relativamente semplice, che vuole stimolare tali fenomeni e valutare se esistono macroscopiche evidenze affinché possano essere sfruttate.
Cosa avete scoperto con il vostro lavoro?
Abbiamo scoperto come stabilizzare una reazione che, partendo dall’immissione di un impulso elettrico, restituisce energia. La macchina messa a punto, che potremmo definire microreattore e che chiamiamo UM in ricordo di Umberto Minopoli, evidenzia tre forme energetiche come risultanti: calore, picchi di pressione e idrogeno.
Tutto ottenuto con materiali di facile reperimento quali acqua, sale, acciaio, rame.
Quali studi emerge e chi li ha portati avanti?
Abbiamo adottato un approccio sperimentale rigoroso, con l’obiettivo iniziale di stabi-
lizzare il sistema e di misurarne le prestazioni. Sono 2 anni che svolgiamo esperimenti sempre più coerenti; da circa 9 mesi siamo insediati nel laboratorio presso Kilometro Rosso. Passo dopo passo abbiamo approntato sistemi più efficienti e più stabili e misurato grandezze fondamentali quali temperature, pressioni, gas prodotti, residui e così via. E quando abbiamo registrato valori interessanti siamo andati in laboratori terzi a verificarli. Siamo un gruppo di ingegneri, fisici e chimici che, in un network abbastanza esteso, lavorano insieme.
Quali sono i risultati che avete raggiunto e le performance che ritenete si potranno ottenere?
Ad oggi, abbiamo registrato calore, picchi di pressione e idrogeno, e abbiamo chiare indicazioni di un complessivo guadagno di energia della reazione.
Con i prossimi test, affidati a un laboratorio esterno, puntiamo a dimostrare che il rendimento/rapporto tra ciò che riusciamo ad estrarre (le tre entità di cui detto) e ciò che immettiamo (energia elettrica) è maggiore di uno.
L’obiettivo è decisamente più ambizioso: realizzare una macchina capace di estrarre l’energia della materia in una forma facilmente utilizzabile. Il piano di sviluppo mira ad avere ricadute industriali ravvicinate.
Il primo obiettivo tangibile è quello di creare una macchina che abbia COP 1,5 con temperature di esercizio ad intervalli molto ampi in modo da essere competitivi con tutte le macchine del caldo oggi utilizzate negli ambienti domestici (caldaie, forni, termosifoni, scaldabagni).
Avete una road map e un'idea degli investimenti necessari?
Abbiamo definito un piano di sviluppo che punta a esplorare molti e diversi materiali e soluzioni di alimentazione alternativi per ottimizzare i risultati e l’estrazione di energia utile agli impieghi industriali.
Al contempo, anche sullo sfruttamento delle forme di energia ricavabili, abbiamo in essere un piano che punta e estrarre calore, lavoro e idrogeno con l’intento di una macchina di cogenerazione. Parallelamente contiamo di avviare collaborazioni con l'industria che ci sfidino su applicazioni concrete, di diverse taglie e in contesti differenti, in modo da accelerare l’arrivo sul mercato.
Il nostro piano prevede, a breve, una linea di investimenti di 8 milioni. A questi si aggiungono i piani in partnership con industrie, la cui dimensione dipende dai settori e dalla velocità con cui si vorrà procedere.
Una cosa è certa: attrarre figure di rilievo per competenze e accedere a tecnologie che consentano di accelerare richiede (anche) denaro.
Quando farete dei test pubblici per dimostrare il funzionamento della vostra scoperta?
Oggi il nostro laboratorio è aperto a chiunque voglia venire ad osservare il nostro lavoro. Chiediamo solo di firmare un accordo di riservatezza.
Inoltre ogni volta che abbiamo rilevato qualcosa di interessante abbiamo chiesto a laboratori terzi di confermare le nostre misure.
Nei prossimi giorni e settimane avremo una nuova sessione di prove presso uno di quei laboratori al fine di verificare strumenti di misura e grandezze misurate. Sarà molto importante perché cominceremo a fare delle misure sul calore prodotto e valuteremo lo stato attuale di sviluppo. Siamo cauti ma ottimisti.
Avete intenzione di brevettare?
Esiste già un brevetto che ha ottenuto un ottimo rating da parte degli esaminatori ufficiali (Ufficio Brevetti Europeo). Altri sono in fase di redazione ed è questo il motivo per il quale chiediamo di firmare accordi di riservatezza prima di venire ad osservare il nostro lavoro.
Chi ha già avvalorato il vostro progetto? con quali università o centri di ricerca state lavorando?
Come detto siamo sempre in contatto con parti terze che verificano il nostro lavoro e le nostre misure; in alcuni casi le fanno al nostro posto. Inoltre presso l’Università Bicocca abbiamo verificato l’innesco di plasma e alcune sue caratteristiche. Con il Politecnico di Milano abbiamo verificato la produzione di idrogeno. Inoltre abbiamo in essere un contratto di ricerca con lo stesso Politecnico per lo sviluppo di una macchina di cogenerazione. Ci piacerebbe avere altre interlocuzioni e stiamo lavorando per questo.
Ci sono centri di ricerca e università che studiano le LENR, ma non sono mai riuscite a raggiungere risultati concreti, quali sono le differenze tra i loro studi e i vostri?
La via della ricerca e dello sviluppo è costellata di grandi
intuizioni, duro lavoro e grandi insuccessi. Non occorre ricordare i nomi di grandi scienziati nei confronti dei quali inizialmente il mondo ha guardato con diffidenza o anche disprezzo.
Esistono progetti seri, finanziati dal governo americano (ARCA-E) e dall’Unione Europea, che rilevano l’esistenza di possibilità concrete. Occorre avere grande rispetto per tutti gli scienziati e tecnici che se ne occupano tutti i giorni. Occorre avere rispetto della scienza e della tecnologia perché è lì che si manifesta il coraggio dell’umanità. Noi, nel nostro piccolo e con grande umiltà, vogliamo vedere se ne possono ricavare dei segnali che consentano applicazioni concrete come il riscaldamento dell’acqua o degli ambienti domestici. È un approccio diverso, più complicato, senza modelli di riferimento e più spregiudicato. Proviamo, vediamo se funziona e poi molto velocemente passiamo ad altro.
Da quando siamo a Kilometro Rosso abbiamo fatto almeno 30 ore di test a settimana, con configurazioni diverse, e più ne facciamo più abbiamo voglia di farne altri, perché ci mettiamo sempre in discussione. Finché sarò a capo del gruppo, questo sarà il modus operandi. Nessun dogma e nessuna certezza. Abbiamo sbagliato strada spesso ed altre volte invece abbiamo avuto successo. Passo dopo passo.
Un occhio ai brevetti
Senza pretesa di esaustività, abbiamo controllato le domande di brevetto depositate negli ultimi 10 anni grazie al supporto di Christian Vanzini, Partner - Italian and European Patent Attorney, Jacobacci & Partners Spa e di Maurizio Bonavita, Chief Paralegal, esperto in ricerche Brevetti. Non è un dato oggettivo, ma può dare un’idea dell’interesse distribuito sulle singole tecnologie. «Abbiamo ipotizzato che i brevetti relativi alle centrali "piccole" riportassero i termini "modular" e "reactor" nel titolo, o almeno nell'abstract del brevetto» spiega Vanzini. Per quanto riguarda le famiglie brevettuali comprendenti almeno una domanda di brevetto europeo, o una domanda di brevetto nazionale nei Paesi europei risultano complessivamente:
- 31154 famiglie di brevetti aventi classificazione attinente alle energie rinnovabili (eolico, solare, idroelettrico, no nucleare),
- 6652 famiglie di brevetti aventi classificazione attinente all'energia nucleare (sia fissione sia fusione),
- 20 famiglie di brevetti relativi a reattori modulari (quindi piccole centrali). - che continua - Nei grafici relativi ai trend di brevetti depositati negli ultimi 10 anni per le tre categorie sopra indicate abbiamo inserito anche Cina e USA come possibile metro di confronto.
Risulta, per le prime due categorie, un trend costante (o in calo) per Europa e USA, in aumento per la Cina. Qui infatti i numeri sono maggiori di un ordine di grandezza. Il grafico relativo alle energie rinnovabili per la Cina è, infatti, stato diviso in due dal momento che la piattaforma non era in grado di gestire il numero elevato di occorrenze. Per quanto riguarda i reattori modulari, benché con numeri piccoli di depositi, si nota un aumento dal 2015 al 2020. Almeno sulla base di questi dati, risulta un aumento di interesse sui reattori modulari in relazione al panorama europeo.
*I dati dal 2023 in avanti non sono significativi a causa del periodo iniziale di segretezza di 18 mesi, previsto per le domande di brevetto.
Il settore nucleare è in forte fermento e le relative tecnologie stanno vivendo un periodo di sviluppo e accelerazione senza precedenti. L’obiettivo è poter contare sulla produzione di un’energia sempre più sostenibile, sicura, economica, al riparo delle intemperie geopolitiche. Un esempio su tutti è a Cadarache nel sud della Francia dove ha sede il più grande centro di ricerca e sviluppo in Europa sull'energia nucleare e nel quale i maggiori esperti e le più autorevoli aziende del nucleare di Unione Europea, Cina, India, Giappone, Corea, Russia e Stati Uniti lavorano insieme al mega progetto ITER-International Thermonuclear Experimental Reactor, che si propone di realizzare (entro il 2033) un reattore a fusione nucleare di tipo sperimentale per creare energia pulita attraverso un processo di fusione simile a quello del sole. Finanziato per 20 miliardi di euro ITER coinvolge decine di imprese del nostro Paese e annovera tecnici, ingegneri e figure apicali tra i rappresentanti delle aziende italiane.
Benché in Italia non venga prodotta energia nucleare, la nostra industria è riconosciuta nel settore delle attrezzature a pressione, scambiatori di calore e di tutti i componenti correlati. Un prestigio che deriva dalla competenza e dall’esperienza nella lavorazione dei metalli e nella gestione di processi specializzati, come fusione, forgiatura, lavorazioni meccaniche, saldatura e trattamenti termici. Si tratta di un’articolata filiera di aziende che i colossi del settore nucleare considerano, da tempo, fornitori primari di prodotti e servizi destinati principalmente alla realizzazione di centrali all’estero.
La supply chain italiana del nucleare si posiziona, in effetti, al secondo posto in Europa dopo la Francia. Sono ben 50 le aziende italiane tra le 277 aderenti alla UE SMR (Small Modular Reactors) Industrial Allinance, l’alleanza industriale europea nata lo scorso anno per favorire lo sviluppo e la realizzazione dei piccoli reattori modulari come gli SMR-Small Modular Reactors - “mini reattori” ad acqua di terza generazione più piccoli, con una progettazione semplificata e in grado di migliorare la flessibilità, la sicurezza e l’efficienza nella produzione di energia - e gli AMR-Advance Modular Reactors, in grado di raggiungere i 1500 MWe.
Si tratta di tecnologie all’avanguardia, in forte sviluppo anche in Italia, dove il consenso verso il nucleare quale alternativa per garantire stabilità all’approvvigionamento di energia è in crescita, e dove è da poco rinata l’ANI-Associazione Nucleare Italiana.
A fine febbraio il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge delega sul nuovo nucleare sostenibile, volto a disciplinare la produzione di energia attraverso i moduli di nuova generazione, prevedendo l’istituzione di un’Autorità regolatrice (ma anche lo smantellamento delle vecchie centrali e la gestione dei rifiuti).
Un’attenzione particolare ai mini
reattori SMR di ultima generazione sarà posta anche dalla nuova società - composta da Enel, Ansaldo Energia e Leonardo - incaricata di valutare l’applicabilità tecnica ed economica nel contesto italiano, selezionando le tecnologie nucleari più interessanti. La prossima novità, attesa per il 2031, è una tecnologia rivoluzionaria in fase di sviluppo: si tratta del LFR-Lead-Cooled Fast Reactor, un reattore a spettro veloce raffreddato al piombo, che renderà la produzione di energia nucleare più sostenibile e sicura rispetto ai metodi tradizionali. In Italia, ENEA e Newcleo, start-up specializzata in innovazione in ambito nucleare, stanno lavorando sul primo prototipo che dovrebbe essere pronto nel 2026. La capacità di sviluppare un’approfondita conoscenza tecnica e gli alti standard qualitativi caratterizzano, ad ogni livello, le imprese italiane attive in questo comparto che, come è noto, è soggetto a rigide norme di sicurezza in tutta la catena di fornitura.
«Per garantire affidabilità e sostenibilità alla produzione di energia nucleare è necessario sviluppare un ecosistema che rispetti standard di sicurezza internazionali lungo tutta la catena di
I servizi di ICIM Group per la filiera del nucleare
Attraverso le competenze delle sue società, ICIM Group si pone come unico referente in grado di soddisfare ogni esigenza di consulenza, formazione, testing di conformità e certificazione in ambito nucleare.
Il laboratorio OMECO eroga attività di prove distruttive e non distruttive accreditate su componenti e materiali legati al settore dell’energia nucleare e in particolare:
• Prove meccaniche e analisi chimiche e metallografiche per la caratterizzazione e il controllo qualità dei materiali impiegati.
• PT (prove con liquidi penetranti), MT (test particelle magnetiche), UT (test ad ultrasuoni), RT (controlli radiografici), VT
approvvigionamento», sostiene Andrea Camanni di ICIM SpA, l’ente di certificazione di ICIM Group che figura tra i grandi player a livello globale nel settore della certificazione nucleare nonché primo ente italiano riconosciuto AIA Agenzia Ispettiva Autorizzata ASME, il codice che definisce le certificazioni per tutte le caldaie e i componenti a pressione destinati al mercato di USA, Canada, Messico e in oltre 100 paesi nel mondo.
ICIM SpA è accreditato anche per la certificazione secondo la ISO 19443:2022, la prima norma approvata a livello internazionale che definisce i requisiti del Sistema di Gestione per la qualità specificatamente per il comparto dell’industria nucleare, applicabile alle organizzazioni che forniscono prodotti e servizi importanti per la sicurezza nucleare, i cosiddetti ITNS (Important to Nuclear Safety).
«Si tratta di uno standard che ha unito l’Europa e le diverse normative in materia, privilegiando un approccio ‘safe’» Spiega Camanni «La certificazione secondo la UNI 19443 combina, infatti, le migliori pratiche di gestione della qualità, proprie della ISO 9001, con i requisiti specifici dell’industria
(Controlli visivi - metodo diretto o remoto con videoendoscopi su saldature, forgiati, fusioni e componenti meccanici) secondo le norme europee e il codice ASME, sia in laboratorio sia in cantiere (officina o impianto).
• LT (prove di tenuta o di ricerca fughe) su apparecchiature e raccordi idraulici, recipienti a pressione, valvole, scambiatori di calore secondo gli standard EN e il codice ASME (in laboratorio e cantiere)
• PMI (identificazione positiva dei materiali) principalmente su acciai legati, leghe di nichel (in laboratorio e cantiere).
• Prove accreditate specifiche: prove “Pellini” di Drop Weight Test per la determinazione della temperatura di transizione a duttilità nulla mediante urto; prove dedicate a progetti del settore nucleare di EDF;
nucleare e di tutto ciò che ha esigenze di sicurezza all’interno di un impianto, dimostrando l’affidabilità dei processi e l’attenzione alle aree di sviluppo e di miglioramento continuo». Modifiche normative, progressi tecnologici e concorrenza sono, in sintesi, le sfide per il futuro di un’industria nucleare che desidera essere sempre più sostenibile.
Le aziende italiane del compartocon il loro contributo di innovazione e visione - saranno le protagoniste di questo percorso se adotteranno il rispetto di ogni conformità normativa e una linea di continuo miglioramento quali fattori abilitanti per accrescere la propria reputazione e affidabilità in ambito nucleare, accedendo così con successo al mercato internazionale.
standard americani 10 CFR 50 e 10 CFR 21. • Omeco possiede anche due qualifiche ottenute da STUK (Radiation and Nuclear Safety Authority – Finlandia).
ICIM SpA fornisce servizi di certificazione di sistemi di gestione secondo la norma UNI EN ISO 19443:2022; servizi ispettivi finalizzati all’ottenimento della certificazione ASME e alla verifica di conformità dei prodotti secondo ASME.
ICIM Consulting promuove la cultura della sicurezza nucleare fornendo formazione sulla norma UNI EN ISO 19443:2022 e accompagnando le aziende nel processo di valutazione e implementazione dei requisiti necessari all’ottenimento della certificazione.
La guerra dei dazi è entrata ufficialmente nella fase più calda con il presidente Trump che li ha confermati nei confronti di Cina, Messico e Canada (rispettivamente del 20% e del 25% per le ultime due) accusati di una bilancia commerciale sfavorevole per gli Stati Uniti e, soprattutto, di favorire l’arrivo di Fentanyl sul suolo statunitense. Non sono mancate le contromisure, dopo un iniziale tentativo di riconciliazione, in particolare il Canada, ha avviato un processo di boicottaggio dei prodotti americani, introvabili sugli scaffali dei negozi canadesi; ha inoltre interrotto l’export di energia elettrica canadese dall’Ontario verso gli stati del Michigan, Minnesota e New York confinanti. Per tutta risposta, Trump ha annunciato un nuovo aumento dei dazi al 50% nei confronti dell’alluminio e dell’acciaio provenienti dal Canada, rendendo lo scontro con il vicino ancora più duro.
I DAZI FERMERANNO L'AMERICA
di Mauro Ippolito – iBan First
Il fine della guerra del presidente americano Donald Trump nei confronti del resto del mondo è quella di ri-equilibrare la propria bilancia commerciale, attualmente sfavorevole nei confronti di molte delle principali economie mondiali. Se con la Cina già durante il primo mandato aveva mostrato i muscoli ed implementato dazi nei confronti dell’Europa, ora sembra essere in atto un vero e proprio attacco diretto, evidenziato anche dalle ultime dichiarazioni, tra cui quelle che l’Unione Europea sia stata creata proprio per approfittarsi degli Stati Uniti. L’idea di Trump è quella di dividere l’Europa e rivolgersi singolarmente ai diversi leader in modo da accrescere il ruolo degli Usa nei confronti del singolo paese europeo. Dividere l’Europa per renderla più debole, sembra essere questo l’intento del presidente americano. Se nel
primo mandato la risposta è stata secca ed unanime, ora la guerra in Ucraina sta mettendo a dura prova l’Europa. Ciononostante, dopo gli annunciati dazi del 25% nei confronti dell’acciaio e dell’alluminio europeo (l’Europa rappresenta il terzo esportatore di acciaio verso gli Stati Uniti con 3,9 milioni di tonnellate esportate nel 2024, dopo Canada e Brasile rispettivamente al primo e secondo posto di questa classifica), l’Eu ha risposto fermamente annunciando che, dal 1° aprile, avrebbe reintrodotto le tariffe in risposta a 8 miliardi di euro di quelle statunitensi, anche su prodotti americani iconici come le motociclette Harley-Davidson, il bourbon e i jeans. E, da metà aprile, stabilirà ulteriori contromisure per oltre 18 miliardi di euro di nuove tariffe statunitensi, soggette all'approvazione degli stati membri dell'Ue.
Anche il recente tentativo di sospendere le forniture militari Usa nei confronti dell’Ucraina era finalizzato a mettere sotto pressione l’Europa. Inizialmente, l’idea di molti esponenti politici ed economici (tra cui il presidente della BCE, Christine Lagarde) al fine di evitare i temuti dazi americani, si basava sull’aumento degli acquisti di forniture militari statunitensi che avrebbero potuto evitare gli eventuali dazi annunciati da Trump già nei primi giorni post elezione. Tuttavia, l’Europa sembra aver deciso di scontrarsi con gli Usa e prendere le redini dell’Europa facendo forza alle proprie capacità. Il pacchetto di riarmo dell’Unione Europea da 800 miliardi di euro (ReArm Europe) mira ad accrescere la spesa militare dei singoli paesi europei, anche attraverso l'attivazione della clausola di salvaguardia nazionale del Patto di stabilità consentendo agli stati membri di poter sforare il 3% del rapporto debito/PIL senza rischiare sanzioni. Inoltre, l’aumento della spesa militare consentirebbe all’Europa di riportare alla crescita il settore manufatturiero andando ad assorbire la perdita di posti di lavoro e di crescita economica registrata dal calo del settore automobilistico.
A beneficiarne potrebbe essere tutta l’Europa ma Germania, Italia e Francia sembrano essere le nazioni che più della altre vedranno canalizzati gli investimenti europei. In Germania, ad esempio, il più grande produttore di armi Europeo, la Rheinmetall, ha già annunciato l’intenzione di rilevare da Volkswagen lo stabilimento di Osnabrück, una delle tre fabbriche che il gruppo auto vuole chiudere, per la costruzione dei propri carrarmati andando anche ad aumentare la forza lavoro di 8.000 unità entro i prossimi due anni. In Italia, invece, Leonardo potrebbe crescere notevolmente grazie anche alle collaborazioni con la stessa Rheinmetall e con l’inglese BAE e con l’azienda italo-francese
ATR per la costruzione degli Eurofighter e quella francese Thales. Per l’Europa la decisione di far forza alle proprie capacità potrebbe rilanciare un’economia piatta da oltre 20 anni e sempre più dipendente dalla crescita economica mondiale. Gli Stati Uniti, invece, potrebbero uscirne indeboliti rischiando anche di perdere la leadership mondiale come prima potenza economica a discapito della Cina. Non a caso, l’effetto sul cambio euro-dollaro dopo l’annuncio del piano europeo è stato immediato. Il cambio eur-usd, infatti, aveva iniziato l’anno sulla scia della fine del 2024, durante il quale l’avvio del secondo mandato di Trump aveva rafforzato il dollaro quasi a ridosso della parità con l’euro. Ma, a seguito della decisione europea di non cedere alle minacce di Trump, l’euro è tornato a rafforzarsi su tutte le principali valute ed in particolare nei confronti del dollaro portando l’eur-usd oltre area 1,0900 con un rialzo di oltre 7 punti percentuali in un’unica settimana.
Per gli Stati Uniti, invece, l’aumento delle tensioni e dei dazi inizia ad avere dei contraccolpi sui consumatori. Molti prodotti hanno subito degli aumenti notevoli, tanto da spingere Trump a rinviare i dazi nei confronti del Messico, da cui arrivano buona parte dei prodotti agricoli come pomodoro, banane, fragole e avocado e buona parte di bevande alcoliche e non solo, per un valore di 45 miliardi di dollari. Questo implica che il carrello della spesa degli americani aumenta notevolmente per effetto dei dazi riducendone le possibilità di spesa. A questo si è aggiunto anche l’effetto dell’aviaria che ha colpito duramente gli Stati Uniti e che ha portato all’esplosione dei prezzi delle uova (4,95 dollari a dozzina, praticamente il triplo rispetto a gennaio) con gli scaffali, vuoti in molti supermercati statunitensi. In un editoriale pubblicato dal Wall Street Journal, la segretaria al Commercio Brooke Rol-
L’idea di Trump è quella di dividere l’Europa e rivolgersi singolarmente ai diversi leader in modo da accrescere il ruolo degli Usa nei confronti del singolo paese europeo.
Dividere l’Europa per renderla più debole, sembra essere questo l’intento del presidente americano.
lins ha spiegato come la confezione da 12 uova sia passata a costare da 1,47 dollari nel gennaio 2021, a 4,95 del mese scorso, registrando quindi un incremento del prezzo di oltre il 237%.
E nelle aree urbane si arriva a pagare fino a 16 dollari con limitazioni all’acquisto.
Non a caso, la Federal Reserve Bank di New York, attraverso il Survey of Consumer Expectations di febbraio, ha analizzato gli effetti di questi aumenti sui consumatori. Secondo il sondaggio, risulta in crescita il pessimismo non solo riguardo alle finanze future, ma anche alle difficoltà nell'accesso al credito e all’aumento delle previsioni di spesa. Questo anche alla luce dell’impossibilità della Federal Reserve di stimolare la crescita abbassando il costo del denaro proprio a causa dell’inflazione ancora su livelli non ottimali da consentire una manovra espansiva (attese di inflazione al 3,1% e nella media dei successivi tre-cinque anni al 3%, ovvero oltre il 2% annuo indicato dalla banca centrale americana come obiettivo target). Secondo la Fed di New York, la probabilità di default del debito personale, basato sul sondaggio a 1.300 famiglie, è al livello più alto da aprile 2020 (periodo, che ricordiamo, in cui il mondo era nel mezzo della pandemia da Covi-19).
A questo si aggiungono anche le funeste previsioni avanzate dalla Federal Reserve di Atlanta che, attraverso il proprio modello di stima della crescita degli Stati Uniti denominato GDPNow, ha ipotizzato un crollo dell’economia americana del 2,8% annuo rispetto alle precedenti stime di fine febbraio per una crescita del 2,3%. Al momento, seppur un modello molto apprezzato, le stime della Fed di Atlanta risultano essere un'anomalia. Il modello di monitoraggio in tempo reale Nowcast equivalente della Federal Reserve di New York evidenzia ancora una crescita del 2,9% annualizzata nel primo trimestre dal +3,0% della pre-
cedente stima. E il “weekly economic index” della Fed di Dallas, che non include i dati più recenti, mostrava +2,4% a fine febbraio. Tuttavia, la Fed di Atlanta potrebbe non avere poi così torto. La fiducia dei consumatori a gennaio è crollata in misura maggiore rispetto agli ultimi tre anni e mezzo, così come le vendite al dettaglio scese sui minimi degli ultimi due anni. La spesa reale è, inoltre, calata ad un ritmo più rapido dall'inizio del 2021, tanto che il gigante della vendita al dettaglio Walmart ha lanciato un monito secondo il quale sarebbe in arrivo un anno difficile. Forse non sorprende che “l’indice delle sorprese economiche” statunitensi di Citi (Citigroup Economic Surprise Index) sia scivolato in territorio negativo, raggiungendo il punto più basso da settembre. La Federal Reserve si trova, pertanto, prossima ad un bivio. Da un lato aiutare la crescita economica andando a ridurre il costo del denaro al fine di rilanciare l’economia ma con la certezza di un aumento dell’inflazione che potrebbe diventare fuori controllo. Dall’altro, favorire il raffreddamento dei prezzi a favore dei consumatori spingendo l’economia in una profonda recessione. Trump potrebbe correre in aiuto dell’economia annullando i dazi nei confronti dei paesi chiave (Canada e Messico in primis) ma rivelando il proprio bluff e di fatto perdendo la propria credibilità nei confronti del mondo intero, minando la sicurezza del suo secondo mandato da presidente e, di fatto, restituendo Congresso e Senato al controllo democratico nelle elezioni di metà mandato (tra due anni).
L’Europa, invece, potrebbe tornare a crescere e finalmente recuperare il terreno perso dopo la crisi, mai superata, del 2008 mostrando una leadership rinnovata a livello globale ed una economia stabile e non più dipendente dal resto del mondo.
Il carrello della spesa degli americani aumenta notevolmente per effetto dei dazi riducendone le possibilità di spesa. A questo si è aggiunto anche l’effetto dell’aviaria che ha colpito duramente gli Stati Uniti e che ha portato all’esplosione dei prezzi delle uova (4,95 dollari a dozzina, praticamente il triplo rispetto a gennaio) con gli scaffali, vuoti in molti supermercati statunitensi.
Dogana Facile
Servizi strategici per il business delle imprese
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PER INFORMAZIONI
Carmela Massaro
Responsabile Dogana Facile
ANIMA Confindustria Meccanica, via Scarsellini 13 Milano
Tel 02.45418305 Email massaro@anima.it
AUTOMAZIONE E TRANSIZIONE ENERGETICA PER UN COMMERCIO SOSTENIBILE
di Monica Defano e Tommaso Cortesi - Team Ricerca Easyfrontier
Il CBAM è un adempimento che ha grande impatto sulla transizione energetica in quanto si concentra sull'utilizzo di fonti fossili destinate a rilasciare CO₂e in atmosfera (CO₂ ed emissioni equivalenti generate dai gas effetto serra). A differenza di altri strumenti normativi, è un regolamento che parte dalla fine: anziché colpire direttamente le fonti di emissione, interviene sulle merci importate nella UE, assegnando un prezzo (da pagarsi mediante gli specifici certificati CBAM) basato sulle emissioni di carbonio incorporate nei processi produttivi.
L'utilizzo dei dati effettivi (actual data) anziché dei c.d. valori predefiniti (default values), divenuto obbligatorio a partire dal 1° luglio 2024, permette di rendicontare con maggiore precisione le emissioni di CO₂e incorporate nei prodotti importati, garantendo così una valutazione più accurata dell'impatto ambientale derivante dalla produzione di ciascun “bene CBAM”. Tale transizione è essenziale per applicare correttamente il prezzo del carbonio e assicurare che il sistema premi coloro che adottano pratiche sostenibili. Ciononostante, ottenere i dati reali direttamente dai produttori extra-UE può rappresentare, talora, una sfida per le imprese importatrici, che devono instaurare un dialogo strutturato con la propria supply chain e predisporre strumenti efficaci per la raccolta e la verifica delle informazioni.
Una delle principali difficoltà riscontrate risiede nel livello di digitalizzazione e tracciabilità dei dati nei Paesi esportatori, dove molte aziende non dispongono ancora degli strumenti adeguati a monitorare le proprie emissioni con la precisione richiesta dalla normativa europea. L’ultima scadenza relativa alla presentazione della relazione trimestrale CBAM del 31 gennaio 2025, relativa alle importazioni dell'ultimo trimestre del 2024, ha rappresentato un test significativo per valutare il grado di conformità e la qualità dei dati forniti dalle imprese, le quali hanno dovuto affrontare non poche difficoltà nell'ottenere le informazioni necessarie in tempo utile, con un impatto significativo sulla complessità del processo di dichiarazione. In attesa dei dati definitivi da parte della Commissione e con riferimento al terzo trimestre del 2024, si è passati da più del 90% delle dichiarazioni basate
sui default data al 50% basate sugli actual data (gli actual data sono passati da 9000 tonnellate a 66.000, su un totale di circa 150.000). Inoltre, sempre con riferimento al terzo trimestre 2024, la Commissione stima che più del 90% dei report inviati dai grandi importatori (ossia coloro che hanno effettuato importazioni superiori a 1000 tonnellate di CO₂e incorporate nei beni importati) si sia basato sui dati effettivi.
Il miglioramento del portale CBAM ha giocato un ruolo chiave nel semplificare la gestione delle relazioni, con l'introduzione di nuove funzionalità volte a facilitare la raccolta e la validazione dei dati. Automazioni avanzate, sistemi di integrazione con software di gestione ambientale e interfacce più intuitive hanno reso il processo più fluido per gli utenti, riducendo gli errori e i tempi di compilazione. Tali sviluppi sono fondamentali in vista della prossima scadenza di aprile 2025, per la quale le imprese sono chiamate a ottimizzare ulteriormente il flusso di dati e a garantire una sempre maggiore accuratezza delle dichiarazioni. Il Regolamento di esecuzione (UE) 2024/3210 della Commissione, adottato il 18 dicembre 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea il 30 dicembre 2024, stabilisce le modalità operative del registro CBAM, in conformità all'articolo 14 del Regolamento (UE) 2023/956. Il registro elettronico standardizzato gestisce i certificati CBAM, le dichiarazioni CBAM, le domande per ottenere la qualifica di dichiarante CBAM autorizzati e la registrazione dei gestori e degli impianti nei paesi terzi. Inoltre, garantisce l'interoperabilità con i sistemi doganali esistenti, come il sistema
EORI e il sistema di sorveglianza (SURV 3), per facilitare lo scambio di dati e assicurare la riservatezza delle informazioni.
Sul piano internazionale, la prospettiva futura del CBAM si inserisce in un contesto di crescente attenzione alla regolamentazione delle emissioni nelle catene di approvvigionamento globali. Il 20 gennaio 2025, nel suo primo giorno del secondo mandato, il presidente Donald Trump ha firmato l'ordine esecutivo intitolato "Putting America First in International Environmental Agreements". Tale decreto ha sancito il ritiro immediato degli Stati Uniti dall'Accordo di Parigi sul clima, segnando la seconda uscita del Paese da tale accordo dopo una precedente nel 2017. L'ordine esecutivo ha incaricato l'ambasciatore statunitense presso le Nazioni Unite di notificare formalmente il ritiro al Segretario Generale dell'ONU, dichiarando l'efficacia immediata della decisione. Inoltre, il decreto ha revocato tutti gli impegni finanziari degli Stati Uniti assunti nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, incluso il Piano Internazionale di Finanziamento per il Clima. Tale mossa solleva interrogativi sul coordinamento globale delle politiche climatiche: la posizione degli Stati Uniti, che rappresentano una delle principali economie mondiali, potrebbe influenzare la competitività dei prodotti esportati verso l'UE, generando tensioni commerciali e possibili misure di compensazione da parte dell'Unione. Il rischio è che l'assenza di un impegno comune modifichi profondamente ragioni istitutive e modalità di applicazione del CBAM, soprattutto in relazione alle recentissime decisioni assunte
dal governo USA in merito all’applicazione di dazi molto significativi su due delle tipologie di merci CBAM di maggiore interesse per il nostro settore, ossia acciaio e alluminio.
Dal canto suo, l’Ue non sta reagendo con dazi compensativi al comportamento degli USA, visto che il CBAM stesso è diventato uno strumento efficace di politica commerciale diretta e non più solo uno strumento chiave per l’attuazione del Green Deal: una profonda modifica delle ragioni di attuazione del meccanismo, al di là delle criticità che questa scelta potrebbe comportare. Ciò che è certo è che l’attuale maggioranza in Parlamento europeo è fermamente convinta della necessità di procedere con il CBAM e ancor più con altre misure previste per la transizione ecologica.
In questo scenario, le imprese europee devono prepararsi a operare in un contesto in continua evoluzione, investendo in strumenti digitali e strategie di conformità che consentano di rispondere in modo tempestivo ai cambiamenti normativi. L'efficacia del CBAM dipenderà dalla capacità di consolidare il sistema di tracciabilità e di costruire un dialogo strutturato con i partner internazionali, garantendo così una transizione energetica equa e sostenibile su scala globale.
Easyfrontier, quale partner tecnico di ANIMA (e i partner di Easyfrontier), metteranno a disposizione strumenti e soluzioni in grado di consentire alle imprese di adempiere a quanto richiesto dal CBAM in modo semplificato e totalmente integrato con i sistemi aziendali.
L’Ue non sta reagendo con dazi compensativi al comportamento degli USA, visto che il CBAM stesso è diventato uno strumento efficace di politica commerciale diretta e non più solo uno strumento chiave per l’attuazione del Green Deal: una profonda modifica delle ragioni di attuazione del meccanismo, al di là delle criticità che questa scelta potrebbe comportare. Ciò che è certo è che l’attuale maggioranza in Parlamento europeo è fermamente convinta della necessità di procedere con il CBAM e ancor più con altre misure previste per la transizione ecologica.
MANUTENZIONE E CONTROLLI: CHIAVE PER SICUREZZA E PRODUTTIVITÀ
di Marco Albanese, Responsabile Associativo Anima Confindustria
La durata nel tempo dei requisiti di sicurezza di macchine, attrezzature e impianti è un aspetto fondamentale per garantire la sicurezza sul posto di lavoro. Controlli periodici e manutenzioni regolari sono indispensabili per mantenere ambienti di lavoro sicuri e affidabili. In effetti, oltre agli impianti produttivi, su cui il datore di lavoro generalmente concentra maggiormente l’attenzione per garantire l’efficienza della produzione, anche gli altri impianti e le attrezzature devono essere costantemente monitorati.
La mancanza di manutenzione o una manutenzione inadeguata possono infatti portare a situazioni pericolose, incidenti o danni alla sicurezza dei lavoratori. Non è superfluo ricordare che, per queste ragioni, il legislatore ha introdotto negli ultimi decenni normative precise che obbligano il datore di lavoro a sottoporre le attrezzature, le macchine e gli impianti a manutenzione regolare. Tra le misure generali di tutela descritte nell’art. 15 del D.Lgs. 81/08, include la manutenzione regolare degli ambienti di lavoro, delle attrezzature e degli impianti. Inoltre, l’art. 64 stabilisce che il datore di lavoro debba garantire che i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi siano oggetto di regolare manutenzione tecnica, e che eventuali difetti che possano compromettere la sicurezza e la sa-
lute dei lavoratori vengano eliminati tempestivamente. Analogamente, l’art. 71 (comma 4, lettera a) richiede l'adozione di misure idonee per garantire una manutenzione adeguata delle attrezzature di lavoro. Quindi, il datore di lavoro, che sia di una grande azienda o di una piccola impresa artigianale, ha il dovere di assicurarsi che tutte le attrezzature e impianti siano oggetto di manutenzione regolare e controlli specifici (schema 1).
La normativa italiana regola anche la natura e la frequenza delle verifiche per la maggior parte degli impianti e delle attrezzature. Per esempio, le attrezzature di sollevamento, sono soggette a verifiche periodiche con le frequenze indicate nell’Allegato VII del D.Lgs. 81/08, e le parti soggette ad usura come funi e catene, devono essere controllate ogni
tre mesi da personale qualificato. Non vanno dimenticati gli impianti elettrici e le attrezzature antincendio per i quali le scadenze sono stabilite da una specifica normativa. Anche gli impianti non esplicitamente menzionati dalle disposizioni legislative devono essere comunque soggetti a manutenzione ordinaria e straordinaria, a seconda delle necessità. In sintesi, è possibile affermare che è sempre previsto l’obbligo per ogni datore di lavoro di garantire il mantenimento nel tempo dei requisiti di sicurezza iniziali di tutti i macchinari, apparecchi, utensili ed impianti destinati ad essere utilizzati durante il lavoro. È inoltre importante sottolineare che la pianificazione della manutenzione, attraverso programmi specifici, comporta anche significativi vantaggi per le aziende. Una gestione adeguata delle attrezzature consente infatti di prevenire situazioni che potrebbero portare a incidenti, assicurando al contempo una maggiore affidabilità delle macchine, riducendo i costi legati agli incidenti e ai fermi macchina (ad esempio, costi di mancata produzione e riparazioni).
Programmi di manutenzione
Per l’individuazione del giusto programma di manutenzione è indispensabile partire da due elementi: i principi e la politica da adottare. In particolare i principi su cui si basa di un buon programma di manutenzione sono il ripristino e la conservazione nel tempo delle condizioni di base del bene, la riduzione del deterioramento, lo sviluppo delle competenze sul prodotto e/o sull’impianto, la realizza-
zione puntuale di cicli di mantenimento e l’incentivo alla collaborazione tra utilizzatori (conduttori) e manutentori. Per quanto concerne la politica di manutenzione è possibile individuarne quattro tipologie: a guasto, preventiva, predittiva e migliorativa (schema 2).
1. La politica della manutenzione “a guasto” è quella caratterizzata dal fatto che l’intervento è determinato solo da un evento improvviso (evento di guasto). In questo caso gli elementi sostanziali sono il tempo di intervento e il tempo di riparazione. Questo approccio è caratterizzato da un basso controllo dei costi e per tale ragione risulta essere adeguato solo nel caso di parti (componenti) di bassa rilevanza e di costo ridotto. Le criticità di questa politica sono l’assenza di preavviso di guasto, carente ottimizzazione delle squadre di manutenzione, la necessità di possedere un importante magazzino ricambi e, infine, le probabilità che un guasto improvviso incida su un intero processo.
2. La manutenzione preventiva (ciclica) prevede, invece, una conoscenza dei fenomeni di guasto. In questo caso l’intervento è associato alla vita attesa della macchina o dell’impianto. Questa politica implica un impiego specifico di risorse umane e di materiali. La sua applicazione è giustificata quando il suo costo globale è inferiore al costo globale dell’intervento a guasto. La manutenzione preventiva può essere a data costante oppure a età costante. Nel primo caso gli interventi si eseguono con una cadenza costante, mentre nel secondo l’intervento avviene quando è stata raggiunta una certa età di servizio (per esempio, ore di esercizio). Di fatto, la manutenzione preventiva consente di ridurre i guasti (con meno rischi di incidente e meno costi di riparazione), di migliorare l’impiego delle squadre di manutenzione e di ottimizzare le scorte delle parti di ricambio. La criticità maggiore di questa politica è quella di implicare un aumento delle attività di manutenzione con l’incremento inevitabile dei costi diretti.
3. La manutenzione predittiva richiede la pianificazione preventiva degli interventi basandosi sulla misurazione delle reali condizioni di funzionamento. In questo caso gli strumenti di base sono le ispezioni ed il monitoraggio delle parti. In effetti, questa politica di manutenzione consente l’esecuzione di interventi mirati e tempestivi, in quanto permette di individuare il momento in cui intervenire sulla macchina o sull’impianto. La manutenzione predittiva permette di massimizzare la disponibilità dei mezzi di lavoro, consente di prevenire sia gli incidenti che i costi causati dal fermo macchina e fornisce dati utili per l’analisi dei guasti. Gli svantaggi maggiori della manutenzione predittiva, sono l’impiego di particolari attrezzature, i costi di investimento e i lunghi tempi di avvio dei programmi.
4. La manutenzione migliorativa è quella che comprende l’esecuzione di azioni volte al miglioramento della macchina o dell’impianto. In particolare questa manutenzione prevede l’esecuzione di modifiche di lieve entità agli strumenti di lavoro presenti in azienda (macchine, impianti, ecc.) che producono un miglioramento senza incrementare il valore patrimoniale del bene. I vantaggi dell’applicazione di questa politica di manutenzione si concretizzano con un miglioramento dell’efficacia con costi ridotti ed un’elevata disponibilità della macchina o dell’impianto. Le criticità di questa politica sono da ricercare nell’investimento iniziale che prevede costi elevati, la difficile individuazione delle cause primarie dei guasti e la difficile determinazione iniziale dei risultati.
Sebbene non sia possibile determinare a priori quale tra le quattro politiche di manutenzione sia la migliore, è evidente che ciascuna di esse apporta benefici sia in termini di sicurezza che di produttività. Di fatto, la scelta della politica di manutenzione è influenzata da tre elementi di base quali
la fattibilità tecnica dell’ispezione, o del monitoraggio, il rapporto tra frequenza e gravità dei guasti e la relazione tra tasso di guasto e costi. L’attuazione di una “politica aziendale di manutenzione” richiede criteri di progettazione della manutenzione indirizzati al rispetto dei piani e degli obiettivi aziendali e all’ottimizzazione del costo globale (costi propri e costi indotti). Questi criteri governano tutte le azioni della manutenzione durante il ciclo di vita del bene, nel rispetto dei vincoli legislativi relativi a lavoro, salute, sicurezza e ambiente. I criteri richiedono la preliminare conoscenza di alcuni parametri dai quali ricavare indicazioni utili per definire le basi del progetto e i relativi obiettivi. Pertanto per poter orientare le proprie scelte verso una strategia piuttosto che un’altra è possibile fare riferimento alle specifiche contenute in alcune norme tecniche. Esse infatti costituiscono un importante riferimento per ogni attività collegata alla manutenzione.
Queste norme rappresentano un punto di riferimento fondamentale per tutte le attività legate alla manutenzione, fornendo linee guida e best practice per garantire l'efficacia delle operazioni e il rispetto degli standard di sicurezza e produttività.
DECRETO LEGISLATIVO 9 aprile 2008, n. 81
Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro
Titoli Articolo Disposizione
I -
CAPO III - gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
SEZIONE I - misure di tutela e obblighi
TITOLO II - luoghi di lavoro
CAPO I – Disposizioni generali
Articolo 15 - Misure generali di tutela
TITOLO III - Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale
CAPO I - Uso delle attrezzature di lavoro
Articolo 64 - Obblighi del datore di lavoro
La regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, è individuata tra le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro
Articolo 71 - Obblighi del datore di lavoro
Il datore di lavoro provvede affinché:
I luoghi di lavoro, gli impianti e dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
Gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all’eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento
Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza
TITOLO
PRINCIPI COMUNI
Politiche di manutenzione
Politica Caratteristiche Vantaggi Criticità
Manutenzione a guasto
Manutenzione preventiva
Intervento determinato da evento improvviso (evento di guasto)
Manutenzione predittiva
Intervento associato alla vita attesa del bene
•Adeguato nel caso di parti(componenti) di bassa rilevanza e di costo ridotto
• assenza di preavviso di guasto
• carente ottimizzazione delle squadre di manutenzione
•possedere un importante magazzino ricambi
•probabilità che un guasto improvviso incida su un intero processo
•Applicazione giustificata quando il suo costo globale è inferiore al costo globale dell’intervento a guasto
•Implica aumenti delle attività di manutenzione con incremento dei costi diretti
L’OMISSIONE DOLOSA DI CAUTELE ANTINFORTUNISTICHE: L’ART. 437 DEL CODICE PENALE
L'articolo 437 del Codice Penale punisce “Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni”. Il bene giuridico tutelato è l'incolumità pubblica, con specifico riguardo alla sicurezza dei luoghi di lavoro.
potenzialità diffusiva generale dell'effetto dannoso".
La tutela riguarda:
• i lavoratori direttamente impiegati nell'ambiente di lavoro;
• le persone che si trovino nelle adiacenze;
Manutenzione migliorativa
Pianificazione preventiva degli interventi in funzione delle reali condizioni di funzionamento
Esecuzione di azioni volte al miglioramento del bene
•Consente l’esecuzione di interventi mirati e tempestivi
•Permette di massimizzare la disponibilità dei mezzi di lavoro
•Fornisce dati utili per l’analisi dei guasti
•Impiego di particolari attrezzature
•Costi di investimento di avvio
•Programmi in tempi lunghi
• Miglioramento dell’efficacia con costi ridotti ed una elevata disponibilità della macchina o dell’impianto
•Investimento iniziale con costi elevati
•Difficile individuazione delle cause primarie dei guasti
•Difficoltà nella determinazione iniziale dei risultati
La giurisprudenza ha chiarito la natura complessa del bene giuridico protetto dalla norma. Come evidenziato dalla Cassazione nel caso della funivia del Mottarone (sent. n. 39091/2022), si tratta di un reato plurioffensivo che tutela:
a) In via primaria: l'incolumità pubblica
"Il bene giuridico protetto dalla previsione di cui all'art. 437 cod. pen., è la sicurezza sul lavoro di una comunità ristretta o di singoli lavoratori e non già di indistinte collettività".
b) In via secondaria: l'incolumità individuale dei lavoratori
Come precisato dalla Corte: "la necessaria pluralità dei destinatari della protezione non significa la loro coincidenza con l'intera comunità dei dipendenti neanche in termini di
• qualunque soggetto potenzialmente esposto al pericoloderivante dall'assenza o rimozione delle cautele.
Come chiarito dalla giurisprudenza "La norma non tutela esclusivamente i singoli lavoratori, ma anche le persone che si trovino nelle adiacenze, essendo quindi oggetto di tutela penale un particolare settore di attività da cui può nascere un pericolo per un numero indeterminato di persone" (Cassazione penale Sez. IV, sentenza n. 7939 del 1marzo 2021). La sentenza stabilisce infatti che il reato di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro richiede l'astratta potenzialità della condotta a determinare una situazione di pericolo per una pluralità di persone, anche se numericamente e spazialmente determinate. La Corte chiarisce che, trattandosi di un delitto contro la pubblica incolumità, la tutela non è limitata ai singoli lavoratori ma si estende alla collettività potenzialmente esposta al rischio. Questo principio emerge in particolare dall'analisi che la Corte fa dell'art. 437 c.p. comma 2, dove l'utilizzo dell'articolo indeterminativo "un" invece dell'articolo determinativo viene interpretato come indicativo della volontà del legislatore di tutelare non il singolo specifico lavoratore ma la collettività esposta al rischio, includendo quindi anche le persone che si trovino nelle adiacenze del luogo di lavoro.
di Rolando Dubini, avvocato del Foro di Milano, Cassazionista
Natura del reato e condotte punibili
Si tratta di un reato plurioffensivo, poiché oltre alla pubblica incolumità viene tutelata anche l'incolumità dei singoli lavoratori.
Nella sua forma omissiva è un reato proprio, realizzabile solo da chi ha uno specifico obbligo di garanzia, mentre nella forma commissiva può essere commesso da chiunque. Come ha stabilito la Suprema Corte "Il delitto di cui all'art.437 c.p. si consuma con la consapevole 'omissione' o 'rimozione' di cui al comma 1, indipendentemente dal danno che ne derivi in concreto: qualora questo si verifichi nella forma di disastro o di infortunio, ricorre l'ipotesi più grave prevista dal comma secondo dello stesso articolo" (Cassazione Penale, Sez. I, 20 aprile 2006 n.20370).
L'art. 437 c.p. configura un reato di pericolo presunto, nel quale:
• non è necessario che si verifichi un danno effettivo;
• è sufficiente la mera omissione o rimozione delle cautele prescritte;
• il pericolo per l'incolumità pubblica è insito nella condotta stessa.
Come precisato dalla Cassazione n. 33319/2024 "L'indagine demandata all'ermeneuta deve essere svolta sul piano della potenziale offensività del comportamento irrispettoso della normativa prevenzionale - in chiave, essenzialmente, di sua attitudine ad attingere tutti coloro che, a diverso titolo, vengano a contatto con quell'ambiente lavorativo".
L’elemento soggettivo: il dolo
Per la configurazione del reato è richiesto il dolo generico. Come precisato dalla Cassazione: "Nel reato di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, il dolo è correlato alla consapevolezza dell'esistenza di una situazione di pericolo discendente dal funzionamento di un'apparecchiatura, segnale o impianto destinato a prevenire l'infortunio e privo della cautela imposta, e alla volontà di accettare il rischio di quest'ultimo, consentendo il funzionamento senza la cautela stessa" (Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 17214 del 24 aprile 2008).
Il dolo generico
Come evidenziato dalla giurisprudenza consolidata, per la configurazione del reato è sufficiente il dolo generico, che si articola in due componenti essenziali, di seguito indicati.
a) Elemento rappresentativo:
• consapevolezza dell'esistenza di una situazione di pericolo derivante dal funzionamento di un'apparecchiatura priva delle cautele imposte;
• conoscenza della destinazione preventiva dei dispositivi omessi o rimossi;
• rappresentazione del pericolo per la sicurezza dell'ambiente di lavoro.
b) Elemento volitivo:
• volontà di non adempiere all'obbligo giuridico di collocare gli impianti;
• accettazione consapevole del rischio derivante dall'omissione o rimozione;
• determinazione a far funzionare l'apparecchiatura senza le cautele prescritte.
Caratteristiche specifiche
Come precisato dalla Cassazione (sent. n. 17214/2008), non è necessaria:
• la specifica intenzione di arrecare danno ai dipendenti;
• la consapevolezza di porre in pericolo l'incolumità pubblica;
• il perseguimento di particolari finalità.
Prova del dolo
La giurisprudenza ha individuato alcuni precisi elementi sintomatici del dolo.
a) Indicatori oggettivi:
• ripetute violazioni della normativa antinfortunistica;
• persistenza della condotta omissiva nonostante le segnalazioni;
• mancato intervento correttivo dopo prescrizioni degli organi di vigilanza.
b) Elementi circostanziali:
• vantaggio economico derivante dall'omissione;
• precedenti violazioni analoghe;
• consapevole temporeggiamento nell'adozione delle misure.
Casi particolari
La giurisprudenza ha chiarito diverse specifiche situazioni.
a) Mancato ripristino di apparecchiature antinfortunistiche (Cass. n. 28850/2009):
"Nella nozione di omissione dolosa rientra anche il mancato, consapevole, ripristino diapparecchiature antinfortunistiche, che a causa di precedente manomissione abbiano perduto la loro efficacia".
b) Manomissione di dispositivi (Cass. n. 9967/1994):
"Integra rimozione [...] anche la elusione, attuale o potenziale, della loro funzione pratica mediante la predisposizione di congegni idonei a consentire all'operatore di paralizzarne l'efficacia".
Distinzione dalla colpa
La giurisprudenza ha evidenziato la differenza del dolo generico con la responsabilità colposa:
• nel reato colposo l'evento, anche se previsto, non è voluto;
• nell'art. 437 c.p. è richiesta la consapevole volontà di non adempiere;
• la distinzione rileva per il concorso con altri reati
Accertamento giudiziale
Il giudice deve verificare:
• la sussistenza della rappresentazione del pericolo;
• la volontarietà dell'omissione o rimozione;
• il nesso tra consapevolezza e condotta.
Come evidenziato nel caso Thyssen (Cass. n. 52511/2016), assume particolare rilevanza:
• il volontario temporeggiamento che porta a non adottare le necessarie misure di sicurezza;
• il differimento della realizzazione degli impianti necessari;
• la consapevole prosecuzione dell'attività in assenza delle cautele note e necessarie.
Casistica giurisprudenziale significativa
Un caso emblematico è quello della Thyssenkrupp, dove la Cassazione ha evidenziato come il reato si configuri anche attraverso "il volontario temporeggiamento e il differimento della realizzazione dell'impianto ogni oltre ragionevole limite temporale" (Cassazione Penale, Sez. 4, 12 dicembre 2016, n. 52511).
Nel caso della Mecnavi di Ravenna, che causò 13 morti, la Corte ha stabilito che "le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro sono non soltanto quelle specifiche contenute nelle speciali leggi antinfortunistiche, ma anche quelle che, se pure stabilite da leggi generali, sono ugualmente dirette a prevenirli" (Cass. 8 novembre 1993 n. 10048). Il principio stabilisce che la tutela antinfortunistica non si esaurisce nelle norme specificamente dedicate alla sicurezza sul lavoro, ma si estende a tutte le disposizioni che, anche indirettamente, possono prevenire infortuni o malattie professionali. Questo trova fondamento nella clausola generale dell'art. 2087 c.c., che funge da norma di chiusura del sistema prevenzionistico, imponendo al datore di lavoro un obbligo di sicurezza onnicomprensivo.
Come evidenziato dall'art. 18 del D.Lgs. 81/2008, il datore di lavoro deve adottare un approccio globale alla sicurezza che comprende aspetti tecnici, organizzativi e procedurali. Non è sufficiente il mero rispetto formale delle prescrizioni specifiche, ma è necessario un impegno attivo nell'identificare e prevenire qualsiasi rischio potenziale.
Come stabilito dalla Cassazione penale n. 12876/2019, le norme antinfortunistiche tutelano non solo i lavoratori, ma anche i terzi che accedono ai luoghi di lavoro per qualsiasi legittima ragione. Questo amplia notevolmente la sfera dei soggetti protetti e conseguentemente gli obblighi di sicurezza del datore di lavoro.
La Cassazione civile n. 9689/2009 ha chiarito che la responsabilità del datore di lavorosussiste sia per l'omessa adozione di misure protettive sia per il mancato controllo sul loro effettivo utilizzo. Il concorso di colpa del lavoratore non ha effetto esimente, salvo casi di comportamento abnorme. La giurisprudenza ha sviluppato una linea interpretativa coerente:
a) Cass. n. 20370/2006 (caso stabilimento petrolchimico):
"La norma giuridica di carattere generale che nel caso di specie imponeva la sostituzione e la chiusura della valvola B è l'art. 2087 c.c."
b) Cass. n. 12799/2007:
"Il datore di lavoro deve ispirare la sua condotta alle acquisizioni della miglior scienza ed esperienza per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza"
c) Cass. n. 17214/2008:
"Nel reato di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, il dolo è correlato alla consapevolezza dell'esistenza di una situazione di pericolo"
Rapporto con altre norme
È importante notare che "il delitto di rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro e le contravvenzioni di cui alle leggi antinfortunistiche danno luogo non a un conflitto di norme, ma ad un'ipotesi di concorso formale eterogeneo di reati" (Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 7296 del 11 giugno 1980).
La Cassazione (sent. n. 27151/2015) ha stabilito quanto segue.
a) È configurabile il concorso formale tra:
• art. 437 comma 2 c.p. (ipotesi aggravata);
• omicidio colposo (art. 589 c.p.);
• lesioni personali colpose (art. 590 c.p.).
b) Motivazione:
• tutela di beni giuridici differenti;
• considerazione di situazioni tipiche distinte;
• diversità degli elementi costitutivi.
La Cassazione (sent. n. 1648/1984) ha precisato quanto segue.
a) Art. 437 c.p.:
• richiede il dolo;
• l'evento è il pericolo di disastro/infortunio;
• il verificarsi dell'evento è circostanza aggravante.
b) Art. 590 c.p. (lesioni colpose):
• richiede colpa;
• l'evento è la lesione;
• il verificarsi della lesione è elemento costitutivo.
Rapporto con il D.Lgs. 81/2008
a) La giurisprudenza ha chiarito che:
Non c'è abrogazione implicita:
• le norme speciali del D.Lgs. n. 81/2008 non hanno abrogato l'art. 437 c.p.;
• non sussiste rapporto di specialità;
• le tutele sono complementari.
b) È possibile il concorso tra:
• violazione dell'art. 437 c.p.;
• violazioni del D.Lgs. 81/2008;
• altre norme speciali in materia di sicurezza.
Conseguenze processuali
Il concorso tra reati comporta quanto segue.
a) Procedibilità:
• art. 437 c.p.: d'ufficio;
• contravvenzioni di cui al D.Lgs. n. 81/2008: secondo le specifiche previsioni di cui al D.Lgs. n. 758/1994.
b) Competenza:
• art. 437 c.p.: Tribunale monocratico;
• contravvenzioni: secondo le specifiche previsioni di cui al D.Lgs. n. 758/1994 (ovvero attraverso verbali di contravvenzione e prescrizione da parte di INL e/o Asl/ATS).
Rilevanza pratica
La possibilità di concorso tra reati:
• rafforza la tutela della sicurezza sul lavoro;
• permette di sanzionare sia l'aspetto doloso che quello colposo;
• consente di considerare sia il pericolo che l'evento lesivo.
La permanenza del reato
Il reato ha natura permanente quando consiste nell'omissione di cautele.
Come stabilito dalla Cassazione (sent. n. 7564/2020), il reato ha natura permanente quando:
• la condotta consiste nell'omissione di cautele contro infortuni sul lavoro;
• non si tratta di rimozione o danneggiamento (condotte istantanee);
• l'omissione si protrae nel tempo .
La Suprema Corte ha precisato che:
• il termine decorre dalla data di cessazione della condotta illecita;
• non dalla data di emissione della sentenza di primo grado;
• é necessario verificare se la permanenza sia cessata in epoca anteriore Come stabilito dalla Cassazione: "Il reato di cui all'art. 437, primo comma, cod. pen., ove la condotta consista nell'omissione di cautele contro infortuni sul lavoro, ha natura permanente e la permanenza
cessa quando il dispositivo omesso sia collocato o non sia più utilmente collocabile ovvero, trattandosi di reato proprio, quando la posizione di garanzia venga dismessa." (Cassazione penale Sez. IV sentenza n. 16715 del 16 aprile 2018, e Cassazione penale Sez. IV sentenza n. 7564 del 26 febbraio 2020).
La giurisprudenza (Cass. n. 16715/2018) ha individuato tre ipotesi di cessazione della permanenza.
a) Collocazione del dispositivo omesso:
• installazione effettiva delle cautele prescritte;
• ripristino dei sistemi di sicurezza;
• adeguamento agli standard normativi.
b) Impossibilità di utile collocazione:
• cessazione dell'attività;
• dismissione degli impianti;
• modifiche tecniche che rendono non più necessario il dispositivo.
c) Dismissione della posizione di garanzia da parte del garante della sicurezza:
• cessazione dalla carica;
• trasferimento delle competenze;
• perdita dei poteri decisionali collocabile ovvero, trattandosi di reato proprio, quando la posizione di garanzia venga dismessa" (Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 16715 del 16 aprile 2018).
Conclusioni
L'art. 437 c.p. rappresenta uno strumento fondamentale per la tutela della sicurezza sul lavoro, con una portata che va oltre le singole prescrizioni tecniche, abbracciando il principio generale di tutela dell'incolumità dei lavoratori.
La giurisprudenza ha costantemente interpretato la norma considerando non solo gli aspetti formali ma anche la sostanziale idoneità delle misure di sicurezza a prevenire infortuni e disastri sul lavoro.
La norma è un monito permanente ai datori di lavoro a porre rimedio senza indugio alle carenze prevenzionistiche note e non risolte nel più+ breve tempo possibile.
MANUTENZIONE E CONTROLLI: LA LINEA SOTTILE TRA FABBRICANTE E DATORE DI LAVORO
di Sara Anastasi, ricercatrice presso il Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti, Prodotti ed Insediamenti Antropici dell’Inail*
Il mantenimento nel tempo del livello di sicurezza garantito al momento dell’immissione sul mercato o messa in servizio di un’attrezzatura di lavoro costituisce uno dei principali strumenti per assicurarne l’efficienza ai fini della sicurezza.
Soltanto prevedendo, durante l’esistenza della macchina, idonei interventi di manutenzione e controllo, risulta possibile assicurare che la stessa mantenga in servizio condizioni di utilizzo adeguate alla funzione da svolgere, tanto dal punto di vista dell’efficienza quanto soprattutto in riferimento alle condizioni di sicurezza. Ovviamente l’obiettivo non è quello di mantenere la macchina come nuova ma, consci dell’inevitabile usura prodotta dal tempo e dall’uso, quello di effettuare le necessarie azioni per assicurare che il prodotto resti conforme ai requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute della direttiva macchine applicati al momento della prima immissione sul mercato o della prima messa in servizio. È bene infatti precisare che, laddove lo stato dell’arte subisca delle evolu-
zioni, anche se significative, prevedendo soluzioni tecniche più performanti e soprattutto in grado di garantire livelli di sicurezza superiori, ai sensi del d.lgs. 81/08 e s.m.i. non sussiste per il datore di lavoro l’obbligo di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza, a meno di uno specifico provvedimento regolamentare che lo renderebbe cogente [cfr. art. 71 comma 4 lettera a) punto 3].
Il legislatore ha previsto (titolo III del d.lgs. 81/08 e s.m.i.) che le attrezzature di lavoro siano oggetto di idonea manutenzione, sottoposte ad interventi di controllo periodici e/o straordinari e infine, ma solo per alcune specifiche tipologie (ovvero quelle indicate nell’allegato VII al d.lgs. 81/08 e s.m.i.), assoggettate al regime di verifica periodica.
Manutenzione e controllo di attrezzature di lavoro
L’art. 71 del d.lgs. 81/08 e s.m.i. Titolo III – Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, esplicita gli obblighi del datore di lavoro relativamente alla gestione delle attrezzature di lavoro. In particolare i commi 4 e 8 richiamano l’attenzione sugli interventi di manutenzione e controllo volti a mantenere nel tempo i requisiti di sicurezza originariamente previsti.
Nello specifico è precisato che le attrezzature di lavoro devono essere:
[…] 2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 70 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d’uso e libretto di manutenzione; […] e che […] il datore di lavoro, secondo le indicazioni fornite dai fabbricanti ovvero, in assenza di queste, dalle pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida, provvede affinché:
a) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle condizioni di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo l’installazione e prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni montaggio in un nuovo cantiere o in una nuova località di impianto, al fine di assicurarne l’installazione corretta e il buon funzionamento;
b) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose siano sottoposte:
1) ad interventi di controllo periodici, secondo frequenze stabilite in base alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di buona prassi;
2) ad interventi di controllo straordinari al fine di garantire il mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi eccezionali che possano avere conseguenze pregiudizievoli per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali riparazioni trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattività.
c) Gli interventi di controllo di cui alle lettere a) e b) sono volti ad assicurare il buono stato di conservazione e l’efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da persona competente.
Il legislatore italiano individua nel datore di lavoro la persona preposta a organizzare e gestire manutenzione e controllo delle attrezzature, sottolineando allo stesso tempo il ruolo centrale svolto dal fabbricante, il quale, come massimo conoscitore del prodotto, costituisce la persona più adeguata a fornire indicazioni su modalità, tempi e competenze per l’esecuzione di dette operazioni, trasmettendole agli utilizzatori attraverso le istruzioni.
La direttiva macchine, infatti, ben evidenzia come il fabbricante, nel valutare i pericoli connessi all’uso previsto e all’uso scorretto ragionevolmente prevedibile di un prodotto, debba:
• prendere in esame l’intero ciclo di vita e quindi anche le fasi di manutenzione e controllo,
• prevedere nelle istruzioni “la descrizione delle operazioni di regolazione e manutenzione che devono essere effettuate dall’utilizzatore …” [cfr. RESS 1.7.4 lettera r) della direttiva 2006/42/CE],
• garantire, in fase di progettazione e costruzione, che tutti i punti nei quali sono previste operazioni di regolazione, manutenzione, riparazione e pulizia da parte dell’utilizzatore siano raggiungibili in sicurezza (cfr. RESS 1.6.1 e 1.6.2 della direttiva 2006/42/CE),
• collocare, per quanto possibile, i punti di regolazione e manutenzione al di fuori delle zone pericolose, al fine di garantire interventi tali da non esporre a rischio le persone,
• fornire, unitamente alla macchina, eventuali accessori speciali necessari all’effettuazione di specifici interventi manutentivi. Non si parla ovviamente di attrezzature di uso comune, come cacciaviti, chiavi inglesi o simili, ma di dispositivi particolari specifici per la macchina in questione.
È quindi evidente come le istruzioni costituiscano il punto di congiunzione tra fabbricante e utilizzatore, l’elemento attraverso il quale le responsabilità vengono trasferite dal fabbricante al datore di lavoro/utilizzatore.
In tale ottica è bene sottolineare come proprio dalle istruzioni il datore di lavoro/utilizzatore debba ricavare innanzitutto le informazioni necessarie a individuare la persona competente in grado di condurre gli interventi previsti. Allo stato attuale non esistono, infatti, percorsi formativi dedicati al personale preposto a manutenzioni e controlli per specifiche attrezzature, nonostante da più parti sia stata sollevata tale ipotesi, con l’intento di tutelare sia i datori di lavoro nella loro opera di scelta che gli operatori, assicurando un livello di preparazione adeguato. Ad oggi l’unica indicazione rimane quella che discende dalle competenze necessarie all’espletamento dei compiti prescritti: in pratica il datore di lavoro, partendo dalle attività indicate nelle istruzioni, deve identificare la persona in possesso dei necessari requisiti per eseguirle correttamente. Un elemento importante che bisogna evidenziare è il fatto che per le diverse attività previste non è necessario reclutare figure distinte, ma l’importante è garantire il possesso delle competenze necessarie e che tali figure possono appartenere al personale interno del datore di lavoro.
Sempre con riferimento alle competenze, in base all’esperienza è necessario sottolineare che gli interventi per i quali il fabbricante prevede nelle istruzioni il ricorso a officine autorizzate devono effettivamente essere condotti presso strutture formate e certificate dal costruttore. Ciò sostanzialmente perché, laddove il fabbricante non prescrive l’intervento di personale individuato dal datore di lavoro/ utilizzatore, non è tenuto a descrivere le modalità con le quali lo stesso debba eseguirsi e le finalità dell’operazione, per cui mancherebbero alla persona incaricata tutte le informazioni per effettuare correttamente l’attività. Non è quindi sufficiente che il datore di lavoro assicuri l’esecuzione degli interventi, ma è indispensabile garantire la competenza di chi è chiamato a condurre dette operazioni.
In pratica, anche per quanto attiene le responsabilità relative a manutenzioni e controlli è necessario distinguere quanto attiene al fabbricante rispetto agli obblighi in capo al datore di lavoro, ricordando anche in questo caso la centralità delle istruzioni tanto per definire la bontà dell’operato del fabbricante (in quanto parte del fascicolo tecnico di costruzione della macchina e veicolo di informazioni al datore di lavoro/utilizzatore) quanto per determinare il rispetto delle prescrizioni in esso contenute da parte del datore di lavoro ovvero dell’operatore chiamato ad effettuare gli interventi.
Naturalmente più complicata risulta la situazione laddove l’attrezzatura non dispone di un manuale di istruzioni, evenienza questa da ricollegare soprattutto alla vetustà dell’attrezzatura o a eventuali passaggi di proprietà, che potrebbero, nonostante le previsioni degli articoli 23 e 72 del d.lgs. 81/08 e s.m.i., comportare la circolazione di attrezzature di lavoro non fornite di idonei documenti a corredo. In questi casi un utile riferimento per il datore di lavoro è rappresentato da linee guida, buone prassi o norme tecniche che possano fornire indirizzi su modalità e frequenze degli interventi. Purtroppo non sempre questi documenti sono disponibili e per questo Inail, in considerazione del ruolo di preventore in ambito di sicurezza sul lavoro e delle competenze maturate nell’espletamento delle attività tecniche attribuitegli, nel settore del sollevamento ha predisposto, in collaborazione con le associazioni di categoria di fabbricanti Aisem, Anima e Anfia “Schede per la definizione di piani per i controlli di apparecchi di sollevamento materiali e relativi accessori di sollevamento”.
Ai fini della dimostrazione dell’assolvimento degli obblighi di manutenzione e controllo definiti dal legislatore fondamentale diviene il ruolo del registro di controllo (ex art. 71 comma 9 del d.lgs.. 81/08 e s.m.i.), quale strumento di re-
port di tutte le operazioni condotte sull’attrezzatura, con indicazione di tempi, esiti e personale coinvolto, da conservare per almeno 3 anni a disposizione degli organi di vigilanza territoriale (art. 71 comma 9 del d.lgs. 81/08 e s.m.i.).
L’esperienza ha mostrato una carente applicazione di questa prescrizione, determinata molto probabilmente da una mancata comprensione della finalità del documento: il registro di controllo, infatti, deve essere pensato come lo strumento attraverso il quale il datore di lavoro può dimostrare l’adempimento degli obblighi relativi al controllo e alla manutenzione delle proprie attrezzature di lavoro, riportando una sintesi di tutti gli interventi condotti, l’esito degli stessi e indicazioni circa la persona che li ha realizzati. Per le macchine di sollevamento lo stesso fabbricante è tenuto a fornire copia del registro di controllo o almeno i contenuti per costituirne uno (requisito essenziale di sicurezza 4.4.2 dell’allegato I alla direttiva 2006/42/CE), in tutti gli altri casi è esclusiva responsabilità e compito del datore di lavoro prevederne la costituzione e compilazione.
Un altro elemento di cui bisogna tenere conto è la distinzione tra manutenzione straordinaria e modifica. Mentre la manutenzione straordinaria, pur prevedendo interventi importanti sul prodotto non ne modifica destinazione d’uso, parametri di funzionamento e prestazioni, ed è finalizzata esclusivamente al ripristino della funzionalità dello stesso, la modifica interviene introducendo delle condizioni di rischio originariamente non previste dal fabbricante, perché altera le prestazioni del prodotto (ad es. aumentando la potenza di un motore, modificando la logica di funzionamento, ecc.). Nel caso di manutenzione straordinaria è sufficiente riportare l’intervento sul registro di controllo, assicurandosi che le condizioni funzionali siano ripristinate come originariamente previste dal fabbricante, mentre nel caso di modifica è necessario adottare le procedure per
una nuova immissione sul mercato o nuova messa in servizio, perché le alterazioni prodotte non garantiscono a priori il permanere del rispetto dei requisiti essenziali di salute e sicurezza. Nei casi in cui l’azione realizzata risulti funzionale a incrementare le condizioni di sicurezza del prodotto, ad esempio in relazione alle specificità dell’ambiente operativo (sia in termini di caratteristiche dei luoghi che di eventuali interferenze con altre attrezzature o lavorazioni presenti), non si tratta di una modifica, ma piuttosto di un intervento di miglioramento, che in quanto tale non comporta una nuova immissione sul mercato o nuova messa in servizio, ma anche in questo caso è sufficiente tenere memoria dell’operazione realizzata nel registro di controllo.
Ancora oggi, a oltre vent’anni dall’applicazione della prima direttiva macchine, la linea di demarcazione tra manutenzione straordinaria, modifica e miglioramento è molto labile, non essendo stati definiti dei criteri chiari che consentano una valutazione immediata e univoca; il regolamento 2023/1230, che il 20 gennaio 2027 sostituirà la direttiva 2006/42/CE, ha introdotto per la prima volta la definizione di modifica sostanziale, per cui è auspicabile che nel prossimo futuro una linea più chiara e uniforme sull’argomento venga definita.
Strumenti digitali per la gestione delle attrezzature di lavoro
L’esperienza maturata da Inail nella conduzione dell’attività di prima verifica periodica ha evidenziato notevoli lacune nella gestione delle attrezzature di lavoro, in particolare per quanto attiene la conservazione della documentazione (ad es. istruzioni e dichiarazione CE di conformità) e la registrazione degli interventi di manutenzione e controllo, elementi indispensabili per garantire un utilizzo conforme del prodotto e il mantenimento nel tempo di livelli di efficienza e sicurezza adeguati.
Soprattutto su macchine di lavoro mobili o trasferibili oppure in caso di cambi di proprietà accade frequentemente che la documentazione di un’attrezzatura di lavoro vada smarrita e con essa l’intera storia che questa ha costruito nel tempo.
Partendo da questa situazione Inail, nell’ambito di un progetto di ricerca in collaborazione con Unisalento, ha realizzato il prototipo di un’etichetta intelligente, basata su tecnologie IOT Near Field Communication (NFC), che viene “attaccata” all’attrezzatura e attivata al suo primo utilizzo. Lo scopo è quello di agevolare l’identificazione dell’apparecchiatura e tracciare tutte le attività di manutenzione e controllo condotte nel tempo. Si tratta di un archivio digitale, sempre accessibile e disponibile, dal quale è possibile reperire tutte le informazioni sullo stato dell’attrezzatura: all’interno di questa etichetta, infatti, sono conservate le istruzioni e la dichiarazione CE della macchina, fornite dal fabbricante all’immissione sul mercato, e successivamente tutti i documenti che descrivono le azioni condotte nel tempo sull’attrezzatura e che costituiscono il registro di controllo.
Attraverso l’utilizzo di un dispositivo mobile, quale smartphone o tablet, l’etichetta, solidale all’attrezzatura, permette l’identificazione univoca della stessa e l’accesso alle informazioni messe a disposizione dal prototipo software web-based.
Il prototipo si basa su tre componenti:
• il primo è la smart label basata su tecnologie IOT: deve essere apposta su ogni attrezzatura, possibilmente fin dalla messa in servizio. L’etichetta intelligente comunica informazioni con gli utenti, ad esempio il proprietario dell'apparecchiatura o il verificatore (per quelle attrezzature per cui il legislatore prevede una verifica periodica), tramite dispositivi mobili commerciali. La tecnologia IOT adottata è la Near Field Communication (NFC) basata sulla comunicazione di prossimità. L'obiettivo principale di questa tecnologia è aggiungere “caratteristiche” agli oggetti allo
scopo di fornire informazioni automatiche alle persone che interagiscono con essi. Le smart label sono in grado di scambiare informazioni da sole e anche con l'ambiente circostante grazie a specifiche tecnologie abilitanti.
• il secondo componente è l'APP mobile utilizzata per “leggere” le informazioni dalle smart label sul posto di lavoro e, di conseguenza, fornire la condivisione di informazioni tra aziende, verificatori, organi di vigilanza, ecc. sull’intero ciclo di vita della macchina.
• il terzo è un software basato su cloud che mira a condividere le informazioni sul ciclo di vita delle attrezzature in modo dinamico e affidabile. Sono previsti livelli di accesso differenziati alle informazioni, in base al tipo di utente (datore di lavoro, manutentore, verificatore, ecc.). Il software prevede inoltre differenti livelli di complessità: da un livello base – nel quale le funzionalità e le informazioni da aggiungere sono ridotte al minimo – a uno superiore nel quale le informazioni da aggiungere nel cloud sono più elevate, perché si prevede un supporto attivo alla gestione del processo di manutenzione e controllo del prodotto.
La prima applicazione ipotizzata riguarda le attrezzature di lavoro soggette a verifica periodica (elencate nell’allegato VII al d.lgs. 81/08 e s.m.i.), perché direttamente monitorate da Inail in occasione della prima verifica periodica, ma ovviamente l’adozione dell’etichetta smart può essere estesa a qualsiasi attrezzatura di lavoro e soprattutto consente la massima versatilità di utilizzo da parte del datore di lavoro, che, partendo dalla forma base di mera archiviazione di informazioni, può sviluppare ulteriormente il sistema, affinché costituisca un attivo collaboratore nel complesso sistema di gestione delle attrezzature di lavoro.
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* Sara Anastasi, laureata in ingegneria meccanica, attualmente prima ricercatrice presso il Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti, Prodotti ed Insediamenti Antropici dell’Inail. Si occupa di accertamento tecnico per la vigilanza del mercato dei prodotti immessi ai sensi della legislazione comunitaria sulle macchine (direttive 98/37/CE, 2006/42/CE e Regolamento 2023/1230), di utilizzo delle tecnologie abilitanti dell’industria 4.0 per la sicurezza sul lavoro, di supporto al coordinamento delle attività di verifica periodica nel settore sollevamento (cose e persone). In tali settori svolge attività di ricerca e normazione, collaborando con associazioni di categoria, organismi di normazione e altri enti di ricerca.
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INTRALOGISTICA ITALIANA TRA SOSTENIBILITÀ E RESILIENZA:
UNA SFIDA STRATEGICA
PER IL FUTURO
In un mondo industriale sempre più interconnesso, complesso e in continua trasformazione, l’intralogistica si conferma un elemento cruciale per la competitività delle imprese manifatturiere italiane. Sostenibilità ambientale, resilienza operativa e innovazione tecnologica non sono più concetti astratti, ma leve concrete su cui le aziende del comparto stanno costruendo il proprio futuro.
Questo è il cuore del dibattito promosso da ANIMA Confindustria e ASIEM, tenutosi il 27 maggio 2025 a Fieramilano, nell’ambito del convegno “Sostenibilità e Resilienza nella Supply Chain: Innovazione, Normative e Geopolitica per l’Intralogistica del Futuro”, per Intralogistica Italia 2025 che si è tenuta dal 27 al 30 maggio a Fieramilano Rho.
Una supply chain sempre più sotto pressione Il settore dell’intralogistica è oggi al centro di sfide complesse e multidimensionali. Le nuove normative europee – in particolare quelle legate agli obiettivi ESG e al nascente Clean Industrial Deal – stanno accelerando la trasformazione dei modelli di business. Le imprese sono chiamate a ridurre il proprio impatto ambientale, ottimizzare l’impiego delle risorse e garantire maggiore trasparenza lungo l’intera filiera.Il Clean Industrial Deal, promosso dalla nuova Commissione von der Leyen e coordinato dalla commissaria europea Teresa Ribera, rappresenta una delle iniziative più ambiziose del prossimo ciclo istituzionale. Considerato da molti un’evoluzione naturale del Green Deal – un vero e proprio Green Deal 2.0 – punta a decarbonizzare l’industria europea senza comprometterne la competitività sui mercati internazionali. Un messaggio chiaro anche per il comparto dell’intralogistica, chiamato a coniugare efficienza produttiva e transizione ecologica in un equilibrio sempre più strategico.
A rendere il quadro ancor più complesso contribuisce l’attuale instabilità geopolitica, con nuove tensioni internazionali e scenari doganali in continua evoluzione. In questo contesto, diventano fondamentali soluzioni logistiche capaci di garantire flessibilità, resilienza e continuità operativa, anche in condizioni di incertezza estrema.
L’innovazione come motore del cambiamento A fare da contraltare a questi vincoli c’è un panorama tecnologico in forte fermento. Automazione, digitalizzazione, intelligenza artificiale e sistemi predittivi stanno trasformando radicalmente il settore. L’intralogistica del
futuro sarà sempre più smart, connessa ed eco-efficiente. Protagonisti del convegno sono state le aziende leader e i rappresentanti istituzionali. Tra gli speaker: Antonello De Magistris, Direttore Produzione e Logistica di CALEFFI
S.p.A., Stefano Zaccaria, Marketing Director di Toyota Material Handling e Fulvio Liberatore, CEO di EasyFrontier ed esperto doganale di Confindustria nel gruppo europeo Business Europe.
Un aspetto particolarmente rilevante dell’evento è stato il coinvolgimento diretto degli end users, ovvero gli utilizzatori finali dei sistemi intralogistici. Con la loro esperienza quotidiana sul campo hanno contribuito a delineare bisogni reali, criticità operative e spunti concreti. Il confronto tra produttori e utilizzatori rappresenta un’opportunità preziosa per rafforzare il dialogo tra offerta e domanda tecnologica per orientare l’innovazione in modo mirato.
Verso una nuova cultura industriale Nel corso della tavola rotonda si è parlato anche di resilienza: un termine che, dopo la pandemia e alla luce delle recenti crisi energetiche e geopolitiche, ha assunto un significato sempre più strategico. Prepararsi all’imprevedibile è oggi una necessità e richiede investimenti in competenze, processi e tecnologie. Gli ultimi trend europei dimostrano come sia sempre più chiaro che la sostenibilità non è solo un dovere ambientale, ma un’opportunità industriale. L’intralogistica può e deve diventare un laboratorio di eccellenza in questo percorso.
Il comparto della meccanica varia e affine, rappresentato da Anima Confindustria, è pronto a fare la sua parte. Con una forte vocazione all’export e una solida base tecnologica, le imprese italiane possono guidare il cambiamento, trasformando le sfide in occasioni di crescita e leadership. L’appuntamento di maggio è stato non solo un momento di confronto, ma anche di indirizzo strategico per chi opera nel settore. Un’occasione per rilanciare l’intralogistica come motore di una transizione sostenibile, digitale e resiliente per tutto il sistema industriale italiano
di Daniela Lionetti, Responsabile Ambiente Energia e Innovazione di Anima Confindustria
INTRALOGISTICA
Il 27 maggio, INTRALOGISTICA ITALIA 2025 l’unico evento in Italia interamente dedicato alle soluzioni avanzate per la logistica interna, ha aperto i cancelli con un tutto esaurito da mesi.
Per quattro giorni gli operatori del settore e gli appassionati hanno avuto la possibilità di visitare oltre 112 stand e di avere una panoramica completa delle soluzioni avanzate per la logistica interna. I visitatori di INTRALOGISTICA
ITALIA hanno potuto partecipare anche a Ipack-Ima, Print4all e GreenPlast, per un totale di 1.857 espositori, di cui il 39% internazionali provenienti da 38 Paesi (con le maggiori presenze da Cina, Germania, Turchia, Francia e Olanda), 11 padiglioni occupati e più di 500 top buyer esteri da 75 Paesi selezionati con il supporto di Agenzia ICE.
INTRALOGISTICA ITALIA coi suoi convegni ha permesso agli esperti di dialogare, dibattere di data act e di come gestire le nuove normative su AI e cybersecurity, ma ha lasciato spazio anche per servitizzazione e nuovi modelli di business, di gender-gap e di come il lavoro delle donne sia un fattore chiave di crescita, anche in questo settore. Una fiera di quattro giorni con convegni e incontri tecnici, alternati ad altri più generali con lo sguardo sempre rivolto alle soluzioni più innovative per la gestione dei magazzini.
Dal confronto con il partner storico Aisem federata Anima Confindustria, che riunisce la migliore imprenditoria nazionale per la costruzione e la distribuzione delle macchine per la movimentazione e il sollevamento dei materiali, sono nati convegni più tecnici legati alle normative su
Intelligenza Artificiale e Cybersecurity e alla sicurezza sul lavoro con il decisivo supporto di INAIL.
Mentre EIT manufacturing ha ispirato un incontro sulla valorizzazione del talento femminile nella logistica e nell'industria manifatturiera, mentre le sollecitazioni di alcuni espositori hanno dato vita al convegno sulla servitizzazione, un tema molto delicato e quanto mai attuale.
Negli stand sono state proposte le prime applicazioni pratiche, nei convegni un costante confronto con chi sta studiando per avere un vero e proprio digital twin, che con l’AI presto connetterà il mercato ai fornitori, costruendo un flusso di informazioni che viaggerà a fianco delle merci.
In parte è già così, ma il livello di coordinamento e appunto di automazione, anche delle operazioni digitali, è destinato ad aumentare con il tempo.
INTRALOGISTICA ITALIA anche quest’anno ha proposto il meglio dell’innovazione per la logistica e l’automazione e si è confermato un evento dove gli operatori professionali possono scoprire tecnologie d’avanguardia, soluzioni trasversali e un’offerta altamente specializzata. Il prossimo appuntamento sarà dal 29 maggio all’1 giugno 2028, ma già nel corso del 2026 verranno organizzati eventi di avvicinamento.
IL MONDO CETMA
CETMA (Centro di ricerche europeo di tecnologie design e materiali) è un Centro di Ricerca e Trasferimento Tecnologico con sede a Brindisi. Con 68 addetti è uno fra i più grandi centri di ricerca privati in Italia, tra quelli non collegati direttamente a grandi imprese. Svolge attività di ricerca applicata ed industriale ed offre inoltre consulenza tecnologica ad imprese ed istituzioni per assisterle nell’utilizzo di nuovi materiali e nuove tecnologie. È un’organizzazione senza scopo di lucro che reinveste sistematicamente tutti gli avanzi di gestione nel finanziamento dei suoi progetti di ricerca.
CETMA ha competenze multidisciplinari che spaziano dall’ingegneria dei materiali, all’ingegneria informatica, al design industriale ed offre quindi servizi integrati di innovazione nei vari settori di applicazione. Questo approccio è particolarmente apprezzato soprattutto dalle piccole e medie imprese che possono trovare in questo un partner qualificato ed affidabile, in grado di assisterle in tutte le fasi degli investimenti di innovazione di prodotto o di processo. Per queste sue competenze e per le sue esperienze ultraventennali, è costantemente allineato rispetto alle politiche nazionali, europee e internazionali che puntano ad una conversione dell’economia verso modelli di produzione a ridotto impatto ambientale basati su uno sviluppo soste-
nibile e circolare tramite la Transizione Ecologica e la Transizione Digitale.
Può contare su una vasta esperienza di collaborazione con tutti i principali centri di ricerca pubblici e privati nazionali ed europei, con gran parte delle università italiane e con innumerevoli imprese piccole e grandi. Aderisce a molte organizzazioni ed associazioni che raggruppano imprese e istituzioni di ricerca di carattere regionale, nazionale ed europeo tra cui l’European Association of Research and Technology Organizations, nel cui board rappresenta gli associati italiani.
Il CETMA dal 2023 è socio del Consorzio Divertor Tokamak Test (DTT) all’interno del quale svolge attività di progettazione di questa importante infrastruttura internazionale dedicata al testing di componenti per la fusione nucleare. CETMA coordina uno degli European Digital Innovation Hub finanziati dalla Commissione Europea e gestiti dal Digital Transformation Accelerator della DG CNECT. Rientra tra i centri europei che sono in grado di assistere le piccole e medie imprese nell’introduzione di tecnologie innovative digitali.
Per la DG GROWTH CETMA sviluppa servizi di orientamento all’innovazione, all’internazionalizzazione e alla sostenibilità tramite il network Enterprise Europe Network
coordinato dalla Agenzia europea EIASMEA. Il CETMA con le proprie competenze e, in particolare, con quelle di sviluppo prodotto (Cetma Design Model) rappresenta nei fatti un “acceleratore tecnologico” per gli attori dell'ecosistema delle start-up oltre che un valido partner di supporto per intercettare opportunità di finanziamenti agevolati a fondo perduto.
Per questi motivi, negli ultimi due anni il CETMA ha attuato una strategia dedicata al posizionamento nelle attività di incubazione e all’accelerazione delle start-up (Bravo Innovation Hub, CDP Faros, BINP Poliba) come naturale proseguimento di quelle già sviluppate con il coordinamento della Factory STARTMAN della Regione Puglia.
CETMA e l’IA
Nell'Ingegneria dei Materiali, le competenze si concentrano sui materiali compositi e polimerici, coinvolgendo la progettazione e l'ottimizzazione dei materiali, la simulazione di materiali, componenti e processi, i test, lo Structural Health Monitoring, lo sviluppo dei processi e la prototipazione.
Nel campo dell'Ingegneria Informatica, le competenze del CETMA riguardano lo sviluppo di software per applicazioni industriali e ingegneristiche, per applicazioni di Sistemi Visivi Avanzati che utilizzano tecnologie di Realtà Aumentata e Virtuale, per applicazioni di robotica e automazione, incluse applicazioni mediche e di riabilitazione. Nel campo dell'Industrial Design, ha competenze che abbracciano tutte le fasi del Product Development: dall'ideazione concettuale, alla progettazione e prototipazione, alla produzione, comprese le analisi ergonomiche e di mercato.
L’Intelligenza Artificiale
L’intelligenza artificiale (AI) è l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività. Permette ai sistemi di capire il proprio ambiente, mettersi in relazione con quello che percepisce e risolvere problemi. Il computer riceve i dati, li processa e risponde. Si tratta di un supporto concreto per l'attività umana perché trova applicazione in ambiti domestici, industriali e di ricerca. Questa tecnologia permette quindi di realizzare sistemi, sia hardware che software, in grado di apprendere dai dati (es. dati di sensori, videocamere, file audio, immagini, testo, simulazioni, etc.) per risolvere problemi. Gli algoritmi alla base dell'intelligenza artificiale possono fare molte cose diverse tra loro, come raccomandare dei prodotti da acquistare, regolare l’illuminazione e la temperatura di casa basandosi sull'analisi delle abitudini o sugli
input vocali, interagire con i clienti tramite chat, riconoscere il volto di una persona per abilitare un accesso, classificare, reperire e distribuire documenti in base al contenuto, supportare i medici nella lettura delle immagini radiografiche e nelle diagnosi, individuare il tempo residuo di un impianto e dei suoi componenti prima che si verifichi un guasto. Ma può anche sostenere la promozione di società pacifiche ed inclusive, ottimizzare la gestione delle risorse energetiche e ridurre l'impatto ambientale, aiutare a generare nuovi ruoli lavorativi in sostituzione di ruoli lavorativi a basso valore aggiunto.
Le aziende che utilizzano tecnologie e sistemi dotati di AI registrano un ritorno sugli investimenti in questa tecnologia tre volte superiore rispetto a chi non le utilizza e potrebbe ottenere un aumento della produttività del lavoro compresa tra 11%-37% (studio del Parlamento europeo, previsioni al 2035).
I benefici per l'impresa, dunque, consistono nella rapidità di analisi di una grande mole di dati, che possono aiutare l'imprenditore a prendere decisioni mirate e controllare tutta la gestione aziendale.
Case History
Movimentazione magazzini
OmniAGV è un innovativo veicolo a guida autonoma per uso industriale, sviluppato da una partnership di eccellenze tecnico-scientifiche pugliesi, tra cui Tecnologie Diesel SpA (Gruppo Bosch), Code Architects Automation srl e altre. L'obiettivo era sviluppare un veicolo intelligente in grado di gestire la logistica interna di uno stabilimento di produzione industriale, movimentando con precisione e agilità camion di piccole dimensioni e carichi pesanti. Questi vincoli stringenti hanno richiesto un notevole sforzo di progettazione, che ha portato alla natura altamente innovativa del veicolo. Vincitore del Compasso d’oro ADI 2024 Lunedì 9 dicembre 2024 si è svolta la cerimonia di presentazione dei progetti made in Puglia vincitori dell’edizione XXVIII del Compasso d’Oro ADI presso la Camera di Commercio di Bari.
Il prestigioso riconoscimento internazionale nel campo del design segna un traguardo storico per la Puglia: per la prima volta, due PMI pugliesi sono state insignite del Premio 2024 e un ulteriore Premio è stato conferito a una multinazionale giapponese che ha scelto la nostra regione come sede strategica per i propri progetti di sviluppo internazionale.
Tra i vincitori all'interno della categoria “Design per il Lavoro”, il progetto di veicolo industriale a guida autonoma OMNIAGV di Tesar Automation.
Il design è stato curato dall'ing. Ilario De Vincenzo, che ha
presentato il progetto per TESAR, e da CETMA (Concept design, Exterior design e User Interface di OMNIAGV) in una collaborazione estesa e trasversale costruita nell'ambito del bando INNONETWORK tra imprese, università e centri di ricerca che hanno messo a disposizione il proprio know-how per il raggiungimento di tale traguardo. Presenti i ricercatori Alessandro Balsamo e Giuseppe Modeo, del dipartimento di Nuove Tecnologie e Design, che ha curato lo sviluppo del prodotto. Questo nuovo premio si aggiunge alle tante segnalazioni
ADI Design Index collezionate da CETMA nei vari anni, (oltre 8 selezioni) e alle due Menzioni d'Onore ottenute nell'edizione XXIV alla categoria “Ricerca per l’impresa” con Mainetti Italia e nell'edizione XXII con Smoov ASRV sempre nell'ambito del “Design per il Lavoro”.
Manutenzione predittiva Il progetto è finanziato tramite il Regolamento regionale della Puglia per gli aiuti in esenzione n. 17 del 30/09/2014 (BURP n. 139 suppl. del 06/10/2014) TITOLO II CAPO 2 “Aiuti ai programmi integrati promossi da MEDIE IMPRESE ai sensi dell’articolo 26 del Regolamento” ed è riconducibile all’area “Manifattura Sostenibile”, settore applicativo “Fabbrica intelligente” ed alla KET “tecnologie di produzione avanzata”, in termini di strumenti e soluzioni di automazione, controllo e gestione tipiche nel settore di Industria 4.0.
Il tema dell’affidabilità degli impianti e dei macchinari industriali è da sempre riconosciuto come uno degli elementi chiave per mantenere e migliorare il valore e la competitività delle aziende.
La crescente complessità dei sistemi tecnologici, le spinte verso una maggiore produttività, qualità e flessibilità degli impianti, la rilevanza socio-economica della sicurezza del personale e la salvaguardia delle risorse ambientali hanno generato, nel contesto globale in cui le imprese sono chiamate ad operare, nuove sfide per i servizi di manutenzione e verifica funzionale sulle macchine e apparecchiature di produzione (‘Smart Manufacturing’).
Tra le molteplici strategie di manutenzione (definite nelle normative UNI 9910 e UNI 10147), quella predittiva (‘PdM – Predictive Maintenance’) viene eseguita quando la conoscenza dello stato del sistema indica il verificarsi di un guasto consentendo di ottimizzare e massimizzare l’efficacia sia dell’approvvigionamento dei componenti da sostituire, sia delle attività di ripristino, quindi riducendo i tempi di fermi macchina e/o dell’impianto e i relativi costi. La verifica funzionale predittiva viene effettuata a seguito dell’individuazione e della misurazione di uno o più parametri (tecniche di ‘CBM – Condition Based Maintenance’) e dell’estrapolazione, secondo i modelli appropriati, del tempo residuo prima di un guasto.
La soluzione proposta consiste in un’unica piattaforma modulare composta da un sottosistema hardware e da un sottosistema software.
Il sottosistema hardware è costituito da uno o più sensori, distribuiti spazialmente sull’apparecchiatura o macchina di produzione per la misura delle grandezze di interesse, e da uno o più dispositivi per il condizionamento e la comunicazione dei dati acquisiti; ad ogni modo, la scelta di tali sensori e dispositivi dovrà essere funzionale alle tecnologie CBM in base alle operazioni svolte dal macchinario e dei tipi di criticità che si vogliono prevedere.
Il sottosistema software provvede all’elaborazione dei dati di campo, la generazione degli output della piattaforma e la visualizzazione dei risultati secondo i moduli funzionali implementati che, per la soluzione in questione, possono essere distinti nei seguenti:
• Gestione Data Base: memorizzazione dei dati acquisiti per la creazione di uno ‘storico’ delle condizioni operative del macchinario;
• Processing dei dati: estrazione di parametri ed indici predefiniti dalla base dei dati grezzi acquisiti;
• Modulo di diagnosi e prognosi: implementazione di algoritmi di deep learning e machine learning per la classifica-
zione delle possibili criticità in base agli indici estratti dai dati grezzi ed elaborazione per stimare verosimilmente le tempistiche di guasto, individuare i possibili componenti ed esprimere l’affidabilità della macchina o apparecchiatura in modo quantitativo;
• Presentazione dei dati: implementazione dell’interfaccia utente per la configurazione del sistema e la visualizzazione delle misure e degli output elaborati.
Verranno generati report di diagnosi e prognosi per supportare gli operatori e rendere più efficiente ed efficace il processo produttivo ed operativo in termini di:
• Tempi di individuazione della criticità;
• Pianificazione delle attività di manutenzione ed intervento;
• Approvvigionamento pezzi da sostituire.
CARETRON - Computerized mAintenance management system for industRial EquipmenT opeRatiONs
Il progetto è finanziato dal Ministero per lo Sviluppo Economico a valere sul Fondo per la Crescita Sostenibile - D.M. 2 agosto 2019. Il CETMA partecipa al progetto come capofila, insieme a Politecnico di Bari ed Aziende CAMPOBASSO, impegnata nel settore della lavorazione di frutta in guscio.
Il progetto ha l’obiettivo principale di realizzare il sistema CMMS (Computerized Maintenance Management System), soluzione modulare con il compito, rispetto alle strategie di manutenzione aziendale, di ridurre sensibilmente i tempi necessari per valutare le condizioni di funzionamento dei macchinari ed i tempi di fermo impianto. Tale CMMS sarà caratterizzato da aspetti innovativi, tra cui la maggiore affidabilità e l’estensione dei tipi di guasti diagnosticabili e prognosticabili, l’indicazione fornita all’utente circa il componente specifico interessato e le cause all’origine della criticità individuata sul macchinario.
Il CMMS è costituito da un sottosistema hardware (HW) ed un sottosistema software (SW), e per la sua realizzazione sono previste attività di ricerca e sviluppo incentrate sulla progettazione e realizzazione di un’architettura HW e SW modulare e scalabile. Il CMMS potrà essere adoperato in strategie di manutenzione preventiva (PvM), predittiva (PdM) e prescrittiva (PrM), incrociando, quindi, un’ampia domanda di mercato e dando la possibilità all’organizzazione aziendale di prendere decisioni graduali e basate su effettivi progressi in termini produttivi. Fra le attività all’interno del progetto è prevista, inoltre, la definizione di una metodologia di integrazione di dati (‘data fusion’) da sensori di diverse tipologie, (vibrazionali, assorbimenti elettrici, temperatura e/o termografici), per migliorare l’affidabilità ed estendere i tipi di criticità/guasti diagnosticabili e prognosticabili, e la definizione di interfacce di comunicazione di un sistema ‘cloud based’ che offra servizi accessibili da remoto in real time.
Attraverso l’utilizzo di tecniche di Machine Learning si intendono integrare i dati sulle condizioni operative dei macchinari/impianti, con i dati dei sensori di campo, per ottenere informazioni su diagnosi e prognosi, al fine di fornire indicazioni affidabili e dettagliate riguardo le criticità in atto o prevedibili. In base agli output diagnostici e prognostici, e tenendo conto di opportuni KPI (Key Performance Indicator), attraverso algoritmi di Intelligenza Artificiale, si andranno ad implementare procedure di supporto decisionale per l’utente finale. Non da ultimo, il progetto intende
definire e realizzare interfacce utente basate sull’utilizzo di tecnologie di Augmented Reality per consentire la fruizione immersiva ed interattiva del sistema sul campo. Il sistema CARETRON è composto da un ‘Core’ tecnologico costituito da sensori di campo (vibrazioni, assorbimenti elettrici e temperatura/termografia), da tecnologie intermedie di comunicazione (standard) e da un innovativo livello di supervisione. Tali funzionalità di alto livello del sistema, oltre ad essere testate su test-bed locali, potranno essere verificate sperimentalmente sul campo per il raggiungimento di un livello di TRL pari a 7.
Rispetto ai diversi livelli generali di automazione e controllo di un processo produttivo (illustrati nella seguente immagine), il sistema CARETRON è pensato per essere basato su un core tecnologico che interagisce con:
• livello di campo, attraverso l’uso di sensori in grado di rilevare molteplici grandezze fisiche (vibrazioni, assorbimenti elettrici, qualità dell’olio e temperatura/termografia);
• livello intermedio, grazie all’impiego di dispositivi per l’acquisizione e la comunicazione dei dati;
• livello esecutivo, attraverso uno strumento, in cloud, di Business Intelligence che interagisce operativamente con le piattaforme MES (Manufacturing Excecution System) per dare indicazioni su specifiche operazioni di manutenzione.
Rappresentazione schematica del sistema CMMS di riferimento
Dati
Nuove sfide
JAGGAER è nominata Leader nel report IDC MarketScape Worldwide SaaS and Cloud-Enabled Direct Spend 2024 Vendor Assessment. Riconosciuta la capacità di guidare l'efficienza nel Procurement e il successo strategico nel direct sourcing e nella gestione della supply chain.
IDC MarketScape ha valutato i provider di soluzioni di Direct Spend in base ai loro punti di forza e alle loro sfide, al fine di fornire ai decisori in ambito Procurement soluzioni pratiche e basate su dati concreti. Grazie alla sua piattaforma integrata per la gestione della spesa diretta e indiretta, JAGGAER offre soluzioni per semplificare e ottimizzare l'analisi della spesa, la gestione delle categorie e quella dei fornitori, le attività di sourcing, la gestione del ciclo di vita dei contratti, il procurement, l’automazione delle fatture, l'inventario e i pagamenti. Il report riporta infatti che “Le aziende dovrebbero prendere in considerazione JAGGAER quando necessitano di un'applicazione progettata per ottimizzare attività di direct sourcing di grande complessità in diversi settori. La soluzione offre una suite di procurement completamente integrata, dotata di potenti funzionalità di analisi dati e supporto decisionale intelligente". Inoltre, l'IDC MarketScape evidenzia un punto di forza chiave di JAGGAER: “La gestione delle distinte base (BOM Management) offre un valore significativo e l'introduzione del BOM Costing, arricchita da automazione e AI, fornisce un'integrazione intuitiva alla gestione della spesa diretta”.
Cambiamento climatico
Il livello dei mari aumenta
L’aumento del livello dei mari ha iniziato a correre più del previsto e l’incremento è arrivato a +0,59 centimetri l’anno. Secondo le previsioni più accreditate, si sarebbe dovuto limitare a +0,43 cm. Da dove arriva questo balzo inaspettato del 27%? La risposta è legata a un altro record: quello del riscaldamento globale, che nel 2024 ha registrato il massimo storico con +1,6°C. Lo ha ricostruito un team di scienziati del Jet Propulsion Laboratory della Nasa, ospitato presso il California Institute of Te-
chnology. Tradizionalmente, i fattori che incidono di più sull’aumento del livello dei mari sono due: espansione termica degli oceani (che dipende dal calore accumulato) e apporto dell’acqua di fusione dalle calotte glaciali. Anche nel 2024 le cause sono le stesse: a variare è stato il loro apporto specifico. Di solito, la fusione dei ghiacciai terrestri contribuisce per 2/3 all’innalzamento del livello degli oceani globali, mentre l’espansione termica per il restante 1/3. L’anno scorso i due fattori si sono invertiti per impatto, con 2/3 dell’aumento riconducibile all’espansione termica. La ragione è il balzo nel riscaldamento globale raggiunto nel 2024, che ha superato – e di molto – anche i livelli già da record raggiunti nel 2023.
L’EXECUTIVE SEARCH SARTORIALE E INNOVATIVA
Inquinamento
Il buco dell’ozono diminuisce
Il buco dell’ozono si sta riducendo e il merito è in gran parte delle norme internazionali che hanno messo al bando sostanze chimiche dannose come i clorofluorocarburi (CFC). È la 1° volta che la scienza dimostra su basi quantitative che la chiusura progressiva del buco dell’ozono è direttamente legata alla riduzione dei CFC. Fin dagli anni ‘80, gli scienziati avevano individuato il problema del buco dell’ozono, associandolo all’uso massiccio di CFC, cioè sostanze contenute in refrigeranti, spray aerosol e materiali isolanti. Grazie al Protocollo di Montreal, un trattato internazionale firmato nel 1987, la produzione e l’uso di queste sostanze sono stati progressivamente ridotti, con l’obiettivo di permettere alla stratosfera di rigenerarsi. Negli anni successivi si sono osservati segnali di miglioramento, ma fino ad oggi mancava una prova quantitativa definitiva che attribuisse la riduzione del buco dell’ozono esclusivamente alla diminuzione dei CFC. Lo studio del MIT ha colmato questa lacuna applicando una tecnica avanzata di analisi, chiamata “fingerprinting”, che consente di isolare gli effetti specifici dei fattori antropici (ossia quelli legati all’attività umana) da quelli naturali. La dimostrazione si è basata sul confronto tra i dati ottenuti da simulazioni atmosferiche in scenari diversi e quelli satellitari raccolti dal 2005 a oggi.
Le aziende sono fatte di persone, e sono sempre le persone a fare le aziende. Scegliere i professionisti giusti è fondamentale.
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LIBERI DALLE SEGNALAZIONI
È un periodo complesso sotto vari punti di vista: da quello economico a quello geopolitico, ma esistono anche dei problemi silenti, che investono nel quotidiano quasi venti milioni di cittadini: uno di questi è la segnalazione nelle centrali rischi delle banche. In risposta a questo problema nasce CRC Milano srl (Centro Riabilitazioni Creditizie), azienda che opera nel settore della riabilitazione creditizia e che da anni si occupa, su tutto il territorio nazionale, di liberare i suoi clienti dal “gioco finanziario”.
«È una situazione pandemica» così definisce la situazione attuale il dott. Rino Nimis, fondatore di CRC Milano srl, «noi stiamo combattendo contro i big (banche dati), società per azioni che immagazzinano dati e informazioni e poi li rivendono, noncuranti che dietro quei numeri ci sono persone e attività. Noi aiutiamo le persone a riabilitarsi, a togliersi questo peso».
CRC Milano srl – Centro Riabilitazioni Creditizie, nasce nel 2018 e da allora continua a crescere verticalmente. L’idea è partita dall’altra attività della famiglia, una società che si occupa di vendita di opere d’arte contemporanea, anche attraverso l’utilizzo di prodotti finanziari, per consentire agli acquirenti di spalmare l’acquisto di modo che non pesi sul bilancio familiare. Spesso chi stava acquistando non riusciva ad accedere a questa forma di credito a causa di semplici ritardi di pagamento, magari dovuti a dimenticanze, che ostacolavano l’acquisto dell’opera. Da lì l’idea. «Questa è stata una spia rossa» spiega Nimis «abbiamo approfondito la materia e, con l’a-
iuto di mia sorella, che oggi gestisce l’intero C.S.A. (Centro Studi e Analisi) di CRC, abbiamo approfondito la materia. Individuata la soluzione, ossia la “riabilitazione creditizia ex lege” che comprende la cancellazione dalle banche dati private e pubbliche di tutte quelle segnalazioni negative che ostacolano l’accesso al credito, spesso operando per vizi di forma e contestando gli errori commessi dagli istituti segnalanti, abbiamo deciso di “industrializzare” il servizio offrendolo a costi accessibili così da consentire al grande pubblico di uscire da questo ergastolo finanziario».
Con questa crisi e l’innalzamento delle bollette il numero dei segnalati aumenterà, è quasi una logica addizione «Sì, e il nostro obiettivo è capire come risolvere il problema ed evitarlo. Per questo motivo ci interessa convenzionare le grandi aziende che, sotto l’egida del welfare, potranno offrire i nostri servizi ai propri dipendenti e rispettivi familiari».
«Uno dei nostri punti di forza è quello di prendere in carico esclusivamente pratiche che andranno a buon fine. È un settore difficile, ci sono molti truffa-
tori e tanta ignoranza in materia e per questo motivo, trattandosi di un argomento “delicato” ma allo stesso tempo molto importante, abbiamo impostato l’azienda nel seguente modo: effettuiamo un checkup completo attraverso un’agenzia specializzata che ci consente di analizzare le criticità presenti, individuando le illegittimità procedurali di banche e finanziarie così da poter offrire ai nostri clienti un parere di fattibilità motivato e garantire una piena riabilitazione». Prosegue sempre Nimis «Il check up dura 20/30 giorni circa mentre l’iter di riabilitazione varia di caso in caso. Per grandi linee, potrà durare da un minimo di 30 giorni a un massimo di 7 mesi circa. Sono io personalmente che mi occupo delle consulenze, durante le quali cerco di far capire ai clienti che quello che otterremo sarà una riabilitazione completa, e non una cancellazione in una sola banca dati, contestando quella che è l’operatività degli istituti di credito in fase di iscrizione negativa del cliente e dunque indipendentemente dal saldo del debito o dallo scadere dei “tempi di conservazione”. Per tutti coloro che se lo stessero chiedendo: noi non cancelliamo il debito,
ma la sanzione applicata dalla banca/finanziaria che impedisce l’accesso al credito» È da questo problema che nasce, con il supporto del Centro Studi di Anima Confindustria, uno studio approfondito di settore affiancato da un’attività divulgativa aperta con Anima attraverso webinar specifici. Una ricerca dedicata che nella sua elaborazione ha visto la collaborazione di accademici dell'università Cattolica e della Bocconi di Milano, oltre alla Sapienza di Roma. L’aspetto tecnico-giuridico della ricerca è stato curato da CRC Milano srl. Da questa sinergia è nata la pubblicazione «Le segnalazioni nelle Banche Dati e il blocco all’accesso al credito». Il volume, sia in formato cartaceo che in versione e-book e audio-libro, oltre a fare chiarezza sulle modalità di accesso e di verifica presso le varie banche dati per conoscere realmente la propria posizione nei confronti degli istituti di credito, apre le porte alla possibilità di accedere alle sopra citate convenzioni con la stessa CRC Milano per tutti quegli imprenditori “illuminati” che tengono anche alla salute finanziaria dei propri collaboratori e dipendenti.
Stoccaggio
Modula Flexi
Il nuovo sistema automatizzato di stoccaggio verticale di cassette assicura più flessibilità, personalizzazione e rapidità. Ideale per ktting, evasione ordini e stoccaggio.
www.modula.eu
Pompa di calore
Aquapump hybrid
Un’unità monoblocco per esterno, in classe energetica
A+++, composto da caldaia a condensazione e pompa di calore idronica con inverter, progettata per la produzione di acqua calda e fredda attraverso l’utilizzo di energia rinnovabile. È gestito da un controllo avanzato con Sistema Touch-screen intelligente. È un prodotto plug and play con regolazione integrata; è sufficiente il collegamento idraulico, della linea gas e dell’alimentazione elettrica. Sviluppato e certificato Kiwa per il funzionamento con una miscela di Gas e Idrogeno (fino al 20%).
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Raffreddamento modulare
Torre evaporativa a circuito aperto
MITA Cooling Technologies presenta la nuova torre evaporativa a circuito aperto PME-XL, ideale per elevate necessità di raffreddamento. Una singola cella PME-XL può smaltire fino a 5 MW di potenza termica, offrendo modularità ed efficienza con un unico ventilatore e la propria vasca di raccolta acqua in vetroresina. Pre-assemblaggio in fabbrica: ideale per una rapidissima installazione e facilità di manutenzione.
www.mitacoolingtechnologies.com
Raffreddamento adiabatico ottimizzato
Pad-XL
MITA Cooling Technologies amplia la gamma del suo dry cooler adiabatico PAD-XL: ora in grado di smaltire fino a 2.500 kW di potenza termica. PAD-XL è ideale per chi desidera ridurre al minimo l'uso di acqua, eliminandone la gestione: questo grazie a brevi cicli di bagnatura attivati solo quando necessario. La logica di funzionamento integrata ottimizza le prestazioni dei ventilatori, mentre il design facilita il trasporto, l'installazione e la manutenzione.