
7 minute read
IVORS
Due serie di scatti fotografici per raccontare un Bangladesh sconosciuto. Difficile da digerire. Un’unica mostra, intitolata Survivors, allestita nella Chiesa di San Franceschetto nel mese di marzo, che ha toccato le coscienze di tutti i visitatori.
Survivors
Advertisement
Ho iniziato a lavorare a questo progetto un anno prima di metter piede in questa incredibile terra chiamata Bangladesh. Ho da subito sentito una grande responsabilità nel trovare l’approccio corretto raccontando la storia di queste anime a chi non è a conoscenza di questo orrore, di cui una minima idea ce la dà la storia di Rehana.
Rehana viveva con la sua famiglia ed inseguiva il sogno di studiare medicina, quando le è stata rubata l’identità. Fino ad allora non aveva conosciuto il dolore; la sua unica ‘colpa’ è stata rifiutare le effusioni di un vicino.
«Era buio ed improvvisamente ho sentito una presenza accanto al letto. Non appena ho aperto gli occhi, mi stava gettando addosso un secchio di acido. In un istante mi sono sentita morire; la mia bellezza si stava sciogliendo e con essa il mio futuro. Quel giorno ho perso la mia infanzia e tutti i miei amici». Rehana ebbe per lungo tempo una forte crisi d’identità e soffrì di esaurimento nervoso a causa del volto sfigurato e dei lineamenti deformati. Si chiuse in se stessa e non poté più proseguire gli studi. Da quel momento «Acid Survivors Foundation» (ASF) le fornì l’assistenza medica riabilitativa ed economica necessaria per aiutarla a ricostruire la propria vita. Rehana ha vinto ed è tornata a vivere risollevandosi da un incubo fatto di isolamento, in cui lo spazio per l’affetto, l’amore e la prospettiva di una vita normale erano scomparsi. Attualmente lavora per un’istituzione e due anni fa la sua famiglia ha organizzato un matrimonio per lei. Oggi è una donna felicemente sposata. Oggi gli attacchi con l’acido sono segnalati in molte parti del mondo e concentrati prevalentemente in Asia meridionale; il Bangladesh, con la percentuale più elevata, ha denunciato circa 3.500 vittime di attacchi d’acido dal 1999, con un calo di 494 vittime nell’anno 2002. Da allora queste pratiche del dolore sono in costante diminuzione, con 44 attacchi riportati nel recente 2016. Uno dei meriti maggiori è sicuramente da attribuire all’apporto fornito dalla «Fondazione Acid Survivors», una delle pochissime ONG che lavorano a stretto contatto con il governo del Bangladesh. L’intento è quello di ridurre fino ad eliminare gli attacchi con acido nel paese e garantire che i sopravvissuti abbiano la possibilità di vivere con dignità. A questo proposito, la fondazione gestisce un ospedale con venti letti, pronto a fornire servizi per una cura di primo soccorso subito dopo l’attacco, tra cui chirurgia plastica e ricostruttiva.
Hidden Angels
Si chiama Daulatdia, la città-bordello più grande dell’Asia. Coloratissimi alberi in fiore circondano quella che appare come una piccola e rilassata cittadina, eppure dietro essa si cela una prigione senza fuga composta da oltre duemila baracche in lamiera, ciascuna ospitante una prostituta.
Il Bangladesh è uno dei pochi paesi di prevalenza islamica in cui la prostituzione è legale e Daulatdia, tra il consumo di droga e il traffico di esseri umani, è l’epicentro di questo mercato. Il bordello ha le dimensioni di una piccola cittadina, un luogo che vive di vita propria e che dispone di tutto ciò di cui i clienti e le prostitute hanno bisogno: mercati, bische, bar, saloni di bellezza e negozi di ogni genere.
Le chiamano ‘sex workers’ e ogni giorno saziano l’ardore di circa tremila uomini. All’interno delle piccole capanne in legno e lamiera alleviano la solitudine di turisti, marinai, scaricatori di porto e una miriade di nullafacenti di ogni genere. L’età media delle lavoratrici introdotte in questa micro società è di 14 anni, il che significa che alcune sono anche più giovani. Il loro guadagnano è determinato dalla soddisfazione del cliente e a volte, per alcuni di essi, è normale pensare che la donna non meriti di essere pagata. In un paese di oltre 150 milioni di persone, di cui la metà senza un impiego, molte ragazze vedono la prostituzione come unica possibilità di sopravvivenza. Molte di esse, tuttavia, vengono portate qui con la promessa ingannevole di una vita migliore ed un lavoro ben compensato. In altri casi ancora sono le famiglie stesse dei contadini in miseria a vendere le proprie figlie agli intermediari, noti come Dalal, che, a loro volta, le consegnano alla ‘madame’, una figura materna, protettrice e, soprattutto, detentrice dei loro corpi.
Rani è arrivata a Daulatdia quando aveva 15 anni e da allora non ha mai trovato una via d’uscita. «Fin da quando sono nata tutti mi hanno spiegato che il sesso sarebbe stata la cosa migliore che avrei avuto nella vita e che in questo posto molte persone mi avrebbero amata. Ero felice fino al giorno in cui mi hanno venduta a questa fabbrica. Niente di ciò che mi avevano promesso era vero. Gli uomini vengono qui, piaccio loro e sono contenti di quello che riesco a dare, ma alla fine se ne vanno sempre. Nessuno mi ha mai amato o portata via con sé».
La stanza di Rani è piccola ma accogliente. Sulle pareti sono appesi poster di attori famosi. E poi le foto di case con giardini, uno stagno, pappagalli e scintillanti automobili rosse parcheggiate nel cortile.
«È troppo tardi anche solo per sognare un posto così. La mia pelle odora già del metallo di queste pareti di lamiera. La mia vita è praticamente incasinata, ma non ho tempo da perdere a pensare alla tristezza».


Nato e cresciuto in un piccolo villaggio sulle Alpi venete, ora residente a Barcellona, Mauro De Bettio è un fotografo documentarista che dedica la propria vita a progetti riguardanti questioni sociali e diritti umani. Viaggia esplorando tradizioni e culture che stanno scomparendo, ma anche analizzando la contemporaneità.
Questa curiosità per culture e modi di vivere così diversi lo ha portato negli angoli più remoti del pianeta per catturare le emozioni di diversi individui e le loro storie uniche. Nel 2021 ha dato vita a Malaika, una fondazione nata per aiutare e nutrire i bambini senzatetto di Nairobi, in Kenia. Ha vinto numerosi premi tra cui l’American Photography Open 2022, il FIIPA Awards 2022, il ND Photographer of the Year 2021, l’AAP Magazine 2020, ol Portrait of Humanity 2020 e il National Geographic Award 2018 per l’Italia.







24 settembre 2023: è la data del compleanno del Comune di Capannori, che quest’anno compie 200 anni.
Un appuntamento importante, quindi, per l’intera comunità, perché rappresenta per tutti un’occasione per approfondire e conoscere meglio il passato di questo territorio, nell’ottica di continuare a sognarne un futuro sempre più bello e di qualità.
L’amministrazione comunale è ben consapevole che la ricorrenza dei 200 anni dalla nascita del Comune rappresenta un’opportunità di ripercorrere e mostrare agli abitanti delle 40 frazioni che compongono Capannori i valori e le tradizioni che le rendono tutte parti dello stesso Comune.
L’identità Capannorese, infatti, è un’identità molto forte, che spesso però è sembrata frammentata tra i vari paesi, perdendo un po’ delle caratteristiche che li uniscono tutti, per evidenziare le particolarità di ogni frazione.
L’obiettivo dell’amministrazione comunale, anche e soprattutto cogliendo l’occasione del Bicentenario, è quello di sottolineare i punti in comune fra i 40 paesi, che sono poi i tratti più significativi dell’intera comunità di Capannori, come la solidarietà, l’inclusione, l’uguaglianza.
Un lavoro fatto per somma e non per sottrazione: le particolarità di ogni paese è ben salvaguardato dall’azione amministrativa, nel mentre che valorizza ciò che spesso viene dato per scontato ed invece sono elementi vivi e significativi dell’identità Capannorese.
Non è un caso, pertanto, che il primo evento dei festeggiamenti del Bicentenario, che dureranno quasi due anni, sia stata l’installazione del monumento dedicato a Carlo Piaggia, in via Piaggia nel centro di Capannori.
L’opera si intitola Stella polare, raffigura l’esploratore in un momento di riposo, ed è stata realizzata dall’artista Claudia Leporatti, grazie a un percorso di selezione delle opere curato e finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.

Cominciare dal monumento a Piaggia ha significato, per l’amministrazione comunale, dare un simbolo fisico del «modo di fare di Capannori», ovvero un modo di fare umile, che cerca di comprendere l’altro e di entrare in sintonia, un approccio rispettoso verso l’altro volto all’accordo e alla cooperazione e mai alla prevaricazione.
L’esploratore Piaggia, infatti, in Africa si contraddistinse proprio per il suo approccio rispetto alle popolazioni locali: durante gli anni del Colonialismo imperante, Piag- gia si pose con fare umile, visse con le popolazioni del posto, le rispettò e ne scoprì abitudini e gesti standoci insieme.
L’incipit dei festeggiamenti è stato dunque il rendere omaggio a quello che può essere definito il più grande esploratore italiano in Africa, nato a Badia di Cantignano, che a suo modo ha portato i valori della comunità Capannorese nel Mondo.
Se l’installazione di un monumento ha costituito l’avvio del Bicentenario, un altro momento importante del percorso verso il 24 settembre 2023 è stato rappresentato dalla presentazione nella Sala del Consiglio

Comunale del libro sul Bicentenario intitolato Capannori. Una comunità plurale 18232023.
Si tratta di un volume, scritto a più mani, che vuol provare a raccogliere i passaggi storici e istituzionali più importanti di questi duecento anni del Comune di Capannori; anni che hanno visto il territorio mutare profondamente sotto il profilo urbanistico e dei servizi, cogliendo le sfide della modernità e dimostrando ad ogni appuntamento di rilievo con la storia la propria personalità.

Questo volume è un punto di inizio per riu- scire a raccontare anche da altri punti di vista la storia, le tradizioni e le innovazioni di Capannori.
Con la statua all’esploratore Piaggia prima, e con la pubblicazione del libro Capannori. Una comunità plurale 1823-2023 dopo, l’amministrazione ha reso tangibili agli occhi di tutti le fondamenta su cui poggiano i saperi e i talenti che oggi sono proprio della comunità di Capannori, e che a loro volta sono alla base dei sogni e delle visioni per il futuro di Capannori.
Recentemente, infatti, Capannori ha ottenuto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella il titolo di ‘città’: un elemento centrale nella narrazione dell’identità del territorio, perché con questa attribuzione il Comune di Capannori è stato riconosciuto nella sua unicità non solo amministrativa, ma anche e soprattutto culturale, sociale, valoriale. Oggi Capannori rappresenta quindi un modello inedito di città, ovvero la città diffusa dove non c’è periferia, ma tanti centri con caratteristiche specifiche ed altre in comune.

Forte di un modello che mette al centro tutti i paesi – e quindi un’azione amministrativa che mette al centro tutte le persone –l’amministrazione comunale porta avanti il percorso del Bicentenario su più binari: da quello dei personaggi illustri del territorio a quello legato alle opere significative per ogni paese; dal coinvolgimento di tutte le associazioni del territorio alla valorizzazione delle tante manifestazioni che queste organizzano; dalla creazione di un inno di Capannori alla tradizione del buon cibo proprio di ogni frazione. Ancora molti appuntamenti sono in programma, in particolare l’evento clou che si terrà il 24 settembre prossimo, con una grande festa per tutta la comunità nella piazza di fronte al municipio.

Andrea Mazzi