Almanacco_Febbraio_2012

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FATTO & DIRITTO La cronaca giudiziaria secondo gli esperti

La pratica rubrica in versione sfogliabile, consultabile, condivisibile, scaricabile e stampabile per avere ogni mese tutti i nostri articoli e focus gia' raccolti in ordine cronologico e di pubblicazione.

In questo numero...

Anno 2012, Febbraio, Numero 7

Liberate Rossella e Maria Sandra

Muore a 5 anni per una tonsillite L'ultimo Boss di Gomorra

Il verdetto del processo Mills Berlusconi prosciolto per prescrizione Sfoglialo, e scopri all'interno tanti altri articoli interessanti... Nuova Rubrica: Diritto alla Cultura a cura di Antonio Luccarini


Febbraio 2012 - In questo numero...

ITALIA

‘Se una cadesse in stato vegetativo, l’altra l’aiuterebbe ad uscire di scena’ Le mitiche gemelle Kessler si confessano a ‘Chi’ Delitto Lucia Manca: arrestato il marito Renzo Dekleva Incastrato dal cellulare Egitto: decine di morti dopo una partita di calcio. I giocatori portati via in elicottero Strage di Castel Volturno: A "Un giorno in Pretura" Gli atti del processo e le immagini della strage.

Delitto Lucia Manca: arrestato il marito Renzo Dekleva Incastrato dal cellulare

ESTERO

WORLD CANCER DAY Stragi naziste: Berlino vince ricorso contro Roma. dopo una partita di calcio. La Germania non dovrà risarcire le vittime del Terzo Reich. Egitto: decine di mortiI giocatori portati via in elicottero “Les Infideles”: ciak da polemica per Dujardin. La locandina offende le donne

REGIONE

'Hugo Cabret' Con una favola 3D Scorsese ci accompagna alla scoperta del cinema e della vita Mutilazioni femminili Conoscere può rendere le donne libere Melancholia L'Arte che protegge dal non senso dell'esistenza.

Complicazioni dopo un'operazione alle tonsille. Muore una bambina di 5 anni

DIRITTO ALLA CULTURA Cuba Fidel Castro presenta le sue memorie Concordia Per i reati di Schettino, 2.697 anni di pena Uccise a pugni una donna in strada Pugile ucraino assolto perché schizofrenico Foibe Giornata in ricordo delle vittime degli eccidi

Melancholia

L'Arte che protegge dal non senso dell'esistenza.

FOCUS

“Un complotto per uccidere il Papa” l'esclusiva de Il Fatto Quotidiano Autodifesa al peperoncino Le nuove regole Autodifesa al peperoncino

Le nuove regole


Febbraio 2012 - In questo numero...

ITALIA

Steve Jobs L'Fbi pubblica un dossier che lo vede drogato, disonesto e tirchio. Iran: Simpson e Barbie banditi perchè troppo occidentali. Si' a Superman e Spiderman. Carcere sovraffollato e dignità umana. A Lecce quattro detenuti dovranno essere risarciti

Processo Eternit Condannati a 16 anni i due vertici dell'azienda Schmideiny e barone De Cartier De Marchienne

Processo Eternit Condannati a 16 anni i due vertici dell'azienda Schmideiny e barone De Cartier De Marchienne ESTERO Strage di Alcamo Marina Assolto dopo 21 anni di carcere Giuseppe Gulotta Tweet incriminati,rischia la pena di morte. L’appello di Amnesty International Parolisi chiede i domiciliari Agli atti lettere all’amante dalla giornalista-postina

Iran: Simpson e Barbie banditi perchè troppo occidentali. Si' a Superman e Spiderman.

REGIONE

ALTRI DIRITTI Gli animali e la loro Auschwitz quotidiana Contrae l’epatite C per una trasfusione nel 1977 Solo oggi risarcito Festival di Sanremo: vince Emma Celentano fra contestazioni ed applausi Complicazioni dopo un'operazione alle tonsille. Muore una bambina di 5 anni

Parolisi chiede i domiciliari Agli atti lettere all’amante dalla giornalista-postina

Liberate Rossella e Maria Sandra Rapite per i loro ideali

DIRITTO ALLA CULTURA

'Oltre l'attesa', nel carcere ognuno è un'isola. Intervista a Rossana D'Ambrosio Il governo e la riforma del Lavoro Articolo 18,com'è e come potrebbe cambiare Ostie a base di LSD e vecchine sballate Arriva la polizia, “la messa è finita” 'Hugo Cabret'

Corte Europea dei Diritti dell'uomo condannata l’ Italia per i respingimenti in Libia

Con una favola 3D Scorsese ci accompagna alla scoperta del cinema e della vita

FOCUS

l verdetto del Processo Mills Berlusconi prosciolto per prescrizione 'Viaggio al termine della notte' con Cèline e Germano al centro della vita Il bacio gay di un marine e la fine di un tabù. Il web si commuove

ALTRI DIRITTI

Gli animali e la loro Auschwitz quotidiana


La Redazione Avv. Tommaso Rossi Fondatore - Capo Editore Commentatore, Moderatore Talita Frezzi Co-Fondatore - Direttore Capo Redattore, Moderatore Avv. Valentina Copparoni Commentatore Andrea Dattilo Redattore Cronaca Dott. Giorgio Rossi Commentatore Medico Federica Fiordelmondo Redattore Cronaca Eleonora Dottori Redattore Cronaca Avv. Sabrina Salmeri Collaboratrice Antonio Luccarini Diritto alla Cultura Lorenzo Berti Web Strategist & Analist Giorgio Di Prossimo Webmaster, Webdesign, Developing Graphics & Almanacco Desing


‘Se una cadesse in stato vegetativo, l’altra l’aiuterebbe ad uscire di scena’ Le mitiche gemelle Kessler si confessano a ‘Chi’ ROMA, 1 FEBBRAIO ’12 – La loro immagine è quella mentre ballavano, bellissime, da-da-umpà: oggi le mitiche gemelle Ellen e Alice Kessler hanno 75 anni ed entrambe godono di ottima salute, tanto che a breve saranno in Italia per un tour che le vedrà impegnate dal 7 febbraio al 4 marzo con il musical ‘Dott. Jekyll e Mr Hyde’, dirette da Giancarlo Sepe. Le gemelle tedesche furono lanciate nei primi anni 60, restando sul palcoscenico per circa un ventennio, girando i vari teatri italiani e partecipando a trasmissioni di successo. Ora, in occasione della loro tournè, il settimanale Chi le ha intervistate a tutto campo, svelando anche quelle differenze emotive che caratterizzano Ellen e Alice: la prima parla del suo amore, durato vent’anni, con Umberto Orsini finito per gelosia, Alice invece, commenta ridendo con una battuta ‘ lei ha avuto un uomo in vent’anni, io venti uomini in un anno’, ricordando le sue avventure ( fra cui la storia con Marcel Amont ed Enrico Maria Salerno ) e sostenendo di non temere il tempo che passa. Ma oltre a parlare di progetti, di amori e di lifting, di cui Alice non è rimasta eccessivamente soddisfatta, le gemelle rivelano un loro segreto: nel caso in cui una delle due inseparabili gemelle dovesse, col tempo, trovarsi in uno stato vegetativo, l’altra l’aiuterebbe a lasciare la vita terrena. La notizia ha destato molto scalpore, ma le due Kessler hanno detto che lo

vedrebbero come un ultimo, estremo, gesto di affetto reciproco. Per ora lasciamole ballare, bellissime, nel loro nuovo spettacolo che speriamo possa essere un successo. A.D. D: La questione è assai delicata. In Italia, dopo il caso Eluana Englaro che di Piergiorgio Welby, si è a lungo dibattuto sull’eutanasia e fu approvata anche una legge: cosa dice attualmente la normativa? R: In Italia l’eutanasia non è disciplinata in maniera autonoma dalla legge, ma deve intendersi come vietata. Applicare la “dolce morte” ad una persona è assimilabile all’omicidio volontario, che l’art. 575 codice penale punisce con la pena non inferiore a 21 anni. Se il colpevole dovesse dimostrare che vi era il consenso della “vittima” si tratterebbe pur sempre di omicidio del consenziente, che l’art. 579 punisce con una pena da 6 a 15 anni di reclusione. Il codice penale prende invece in considerazione l’ipotesi del suicidio, punendo con l’art. 580 l’istigazione o l’agevolazione al suicidio (pena da 5 a 12 anni). D: E cosa succede invece negli altri paesi europei? R: L’eutanasia è disciplinata solo in Olanda. Invece in Svizzera è consentito il suicidio assistito attraverso l’opera di un’associazione privata che si chiama “Dignitas”. Molte persone si rivolgono a tale struttura per evitare i

divieti previsti nei rispettivi paesi di origine, come accaduto a Lucio Magri. D: E il rifiuto delle cure? R: Il rifiuto della cura, invece, anche in Italia non è assimilabile ad un suicidio, ma rientra nei diritti della persona, come insegna il caso Welby.Il problema, come invece emerso nel caso Englaro, sorge quando l’interruzione di ogni forma di trattamento medico o di supporto deve avvenire nei confronti di un soggetto in totale stato di incoscienza. Teoricamente il medico dovrebbe comunque proseguire le cure in assenza di una consapevole espressione della volontà del paziente, entro il limite del c.d. accanimento terapeutico. Quando si raggiunge tale limite non è facile stabilirlo. Spetta al buon senso del medico e dei familiari, o ad una sentenza come invece affermato dal caso Englaro.Per anni si è discusso in Italia di come stabilire preventivamente dei limiti al diritto alla cura, normando il cd. “testamento biologico”. La ratio di tale istituto sarebbe consentire a chiunque di disporre del proprio trattamento terapeutico qualora si venisse a trovare in stato di incoscienza, ad esempio escludendo preventivamente il ricorso all’alimentazione forzata.Ma il 12 luglio 2011 la Camera ha approvato il DDL sul “testamento biologico”, che per il varo definitivo dovrà essere votato dal Senato, presso cui al momento pende la discussione in commissione Sanitò. I punti


principali sono due: le dichiarazioni nutrizione e idratazione, tranne che ha un’accertata assenza di attività anticipate di trattamento (DAT) non nei casi terminali. Inoltre, i DAT cerebrale. vincolano i sanitari e viene esclusa sono applicabili solo se il paziente la possibilità di sospendere AVV.TOMMASO ROSSI

Delitto Lucia Manca: arrestato il marito Renzo Dekleva Incastrato dal cellulare VENEZIA, 1 FEBBRAIO ’12 - Il giallo di Lucia Manca, la bancaria 53enne scomparsa da Marcon nella notte tra il 6 e il 7 luglio dello scorso anno e ritrovata cadavere solo il 6 ottobre, sembra essere arrivato a una svolta investigativa. Ieri è stato arrestato il marito della vittima, Renzo Dekleva, informatore farmaceutico, accusato di aver soffocato la moglie e poi, averne occultato il cadavere. Una storia orribile quella di Lucia Manca, stimata bancaria presso la filiale di Preganziol, a Treviso, della Banca Antonveneta. La mattina del 7 luglio, secondo quanto riferì ai carabinieri il marito, Lucia era andata al lavoro come sempre. Ma di lei si persero le tracce per tre lunghi e angosciosi mesi. Mesi di appelli anche attraverso la trasmissione “Chi l’ha Visto?” di Rai3, mesi di ricerche da parte dei familiari e delle forze dell’ordine subito attivate secondo il protocollo per gli scomparsi. Ma niente, nessuna traccia di Lucia. Così come nessun motivo avrebbe potuto spingerla ad allontanarsi volontariamente dalla sua casa, dalla sua vita. La Procura ha aperto un fascicolo d’inchiesta per sequestro di persona. Un’indagine portata avanti formalmente contro ignoti, anche se le dichiarazioni rese dal marito, caduto più volte in contraddizione,

facevano concentrare i sospetti e l’attenzione degli investigatori proprio su di lui. Il 6 ottobre, il macabro ritrovamento di uno scheletro nel Vicentino, sotto un viadotto a Cogollo del Cengio. I resti erano semi occultati dalla vegetazione, difficili le operazioni di identificazione date le pessime condizioni del cadavere, quasi ridotto a uno scheletro. Ma tutti hanno temuto in fondo al loro cuore che si trattasse della povera Lucia. La conferma è arrivata solo dopo alcune settimane, grazie alla comparazione scientifica del Dna del cadavere con quello rimasto impresso sullo spazzolino da denti prelevato a casa della vittima. Era Lucia Manca. Secondo il medico legale nominato dalla Procura, la donna sarebbe morta per soffocamento e solo successivamente sarebbe stata trasportata e abbandonata nel luogo del ritrovamento, dove è rimasta coperta di foglie, rovi ed esposta agli agenti meteo, alle larve e al processo putrefattivo, per tre mesi. E se le indagini - coordinate dal pm Crupi e svolte dai carabinieri - fino a ieri erano condotte nel più stretto riserbo, di fatto Renzo Dekleva era già iscritto nel registro degli indagati dal giorno del ritrovamento del cadavere della moglie, quattro mesi fa, quando

la Procura di Vicenza aveva trasmesso il fascicolo del ritrovamento a quella di Venezia. Ieri, con un’ordinanza di custodia cautelare in carcere di oltre cento pagine firmata dal gip Michele Medici, è scattato l’arresto. Dekleva è stato prelevato nel pomeriggio dai carabinieri della Compagnia di Mestre e del nucleo investigativo della stazione di Marcon. E’ stato accompagnato nell’abitazione di via Guardi al civico 4, a Marcon dove abitava insieme alla moglie. Fino alle 21,30 circa si sono protratte le perquisizioni della casa e del garage. L’uomo si è chiuso in un cupo silenzio e non ha voluto rispondere ad alcuna domanda da parte dei magistrati. Ma dalle indagini condotte dai carabinieri su questo orrendo delitto sembra che, nei mesi antecedenti l’omicidio, tra Renzo e Lucia (“promessi sposi” solo per triste beffa dei nomi), vi fossero stati litigi e momenti di acuta crisi, dovuti alla presenza di un’altra donna, un’amante che stava distruggendo il loro matrimonio. Il quadro accusatorio. Renzo Dekleva è ora indagato per aver ucciso la moglie, Lucia Manca, soffocandola e poi, di averne occultato e soppresso il cadavere. Gli inquirenti definiscono il quadro accusatorio di Dekleva


estremamente grave. A inchiodare l’uomo sarebbe stato il cellulare, o meglio un software installato sul telefonino. La notte dell’omicidio, mentre l’uomo si recava da Marcon (dove abitava insieme alla moglie) a Cogollo del Cengio (dove alcuni mesi dopo è stato rinvenuto il cadavere), in modo circospetto e attento a non lasciare tracce, il suo telefonino ha scaricato automaticamente degli aggiornamenti del software, rendendo quindi la sua posizione visibile a una cella tra Padova e Vicenza. Ora Renzo Dekleva dovrà rispondere delle accuse di omicidio volontario aggravato dalla parentela, come si legge nel capo d’imputazione Dekleva “cagionava la morte della moglie per asfissia”. Inoltre, è accusato di soppressione di cadavere visto che “dopo averla uccisa - si legge ancora nell’atto - la nascondeva all’interno di una fitta vegetazione costituita da rovi e cespugli, ricoprendola con resti di potatura di piante, facendola così rimanere esposta alla distruzione putrefattiva e all’azione fagica delle larve che ne provocavano la quasi totale scheletrizzazione”. La ricostruzione della notte dell’omicidio secondo la Procura.

Renzo Dekleva aveva un’amante. E secondo le indagini condotte dalla Procura, quella sera del 6 luglio l’uomo sarebbe stato proprio insieme a lei, dalle 22 alla mezzanotte circa. Forse, dopo aver ucciso sua moglie Lucia era andato a nascondere il cadavere. Le intercettazioni telefoniche registrate dagli investigatori hanno fatto emergere inoltre altre contraddizioni, che pesano ovviamente sul quadro accusatorio del marito fedifrago. Intercettato in diverse chiamate, Dekleva si sarebbe tradito sulle versioni circa la sera della scomparsa della moglie, e oltre alle contraddizioni avrebbe in alcuni casi, rivelato anche degli elementi che solo l’assassino di Lucia avrebbe potuto conoscere. Era stato proprio lui, la mattina seguente, a denunciare che la moglie non era rientrata a casa dal lavoro e che era scomparsa nel nulla. Inoltre, i carabinieri il 20 gennaio scorso avevano ritrovato uno scontrino autostradale della A31 proprio vicino al viadotto sotto al quale era stato rinvenuto il cadavere di Lucia. Il ticket era finito sotto delle foglie, non distante da un cassonetto. E anche quell’indizio, fortemente a carico del marito, rafforzava i sospetti degli inquirenti

sul fatto che Dekleva non avesse detto la verità e che c’entrasse con la morte della donna. TALITA FREZZI D: In che consistono le accuse di omicidio volontario aggravato? R: L’omicidio consiste nel cagionare la morte di una persona ed è punito con la reclusione non inferiore ad anni 21. L’uxoricidio è un’ipotesi aggravata di omicidio volontario per la quale è prevista la pena della reclusione da 24 a 30 anni (art. 577, comma 2 c.p.p.) D: In che consiste l’accusa di soppressione di cadavere? R: Il reato di soppressione di cadavere, invece, punisce chi sopprime, distrugge o sottrae un cadavere o un pezzo di esso o disperde le ceneri in maniera non autorizzata. La pena prevista è la reclusione da 2 a 7 anni ma la pena è aumentata se il fatto è commesso all’interno di cimiteri. D: L’amante di Renzo Dekleva potrebbe avere dei guai? R: SE risultasse coinvolta nell'omicidio o nella fase successiva della soppressione dal cadavere risponderebbe dell'uno, dell'altro o i di entrambi i reati in concorso. AVV.TOMMASO ROSSI

Egitto: decine di morti dopo una partita di calcio. I giocatori portati via in elicottero EL CAIRO, 2 FEBBRAIO '12 – Il calcio è lo sport più bello del mondo quando non sfocia in follia. La cronaca di tutto il mondo ha raccontato episodi di violenza allo stadio ma non ci si abitua mai a

veder finire nel sangue un momento di sana competizione e quanto accaduto ieri a Porto Said, nel Nord Est dell'Egitto, lo dimostra. Sono almeno 74 le vittime, e diverse centinaia i feriti, degli scontri tra

tifoserie scoppiati al termine della partita tra l'Al Masri, la squadra locale, che ha battuto per 3-1 la formazione del Cairo, l'Al Ahli. I tifosi locali, stando alle immagini della tv Al Arabiya che stava


riprendendo l'incontro, al fischio finale avrebbero invaso il campo di gioco gettandosi all'inseguimento dei giocatori della squadra avversaria che sono stati costretti a scappare a gambe levate verso il tunnel che conduce agli spogliatoi. Nel frattempo sul campo di gioco scoppiava il finimondo tra le tifoserie e le forze dell'ordine e i disordini sono proseguiti anche all'esterno dello stadio con lanci di bottiglie e sassi. Alcuni testimoni avrebbero raccontato che gli animi erano calmi all'inizio del match ma poi sono volati gli insulti e ogni gol era seguito da un invasione di campo, fino alla battaglia finale che ha trasformato gli spogliatoi in obitori. È stato necessario perfino l'intervento dell'esercito che ha inviato sul posto degli elicotteri che hanno portato in salvo giocatori e tifosi ospiti che erano rimasti bloccati all'interno della struttura. Dopo gli incidenti una cinquantina di

persone è stata arrestata e tutte le partite della Serie A egiziana sono state sospese, come accaduto anche al Cairo dove il direttore di gara, avuta la notizia degli scontri a Port Said, ha sospeso l'incontro provocando l'ira dei tifosi che avrebbero incendiato alcuni settori dello stadio. Per fortuna almeno in questo caso non ci sono state vittime. Oggi sulle strade di Porto Said sfrecciano le ambulanze alla ricerca di sangue per i feriti negli scontri e i tifosi ospiti stanno protestando dinanzi alla sede della tv pubblica. Il ministro dell'interno egiziano ha rimosso il capo della sicurezza locale e il capo del consiglio militare ha indetto tre giorni di lutto nazionale. Il dopo-Mubarak lascia ancora spazio agli scontri in Egitto e i Fratelli Musulmani, la maggiore forza politica del Paese, vede un collegamento tra gli ex sostenitori del regime e quanto avvenuto ieri a Port Said, una delle pagine più brutte

della storia dello sport, ammesso che di questo si tratti. ELEONORA DOTTORI D: Seppure le immagini delle telecamere immortalano la barbarie avvenuta allo stadio è difficile individuare i responsabili. Cosa succede allora in questi casi? R: Si cercherà di ricostruire l'accaduto dalle immagini, dalle testimonianze e attingendo agli elenchi dei gruppi organizzati di tifosi in genere a conoscenza delle Società calcistiche. D: Se ci fossero delle motivazioni politiche dietro agli scontri cambierebbe qualcosa in termini di reato? D: Beh sì, quantomeno se accadesse in Italia una cosa del genere potrebbe ravvisarsi il reato di attentato con finalità di terrorismo. AVV.TOMMASO ROSSI

Strage di Castel Volturno: A "Un giorno in Pretura" Gli atti del processo e le immagini della strage. MILANO, 3 FEBBRAIO '12 - I media l'avevano ribattezzata "La strage di Castel Volturno". Ed è stato un autentico scempio. Una mattanza. Il sacrificio inaccettabile di troppe vite innocenti. Era giovedì 18 settembre 2008 quando un gruppo scissionista del clan dei Casalesi, guidato da Giuseppe setola (che era uscito dal carcere fingendosi non vedente), fece fuoco in strada uccidendo sette persone. Il bersaglio principale fu Antonio Celiento, un pregiudicato affiliato ai casalesi,

titolare di una salagiochi a Baia verde. Ma a perdere la vita furono anche sei immigrati africani, sorpresi in una sartoria all'angolo di due strade della periferia di Castel Volturno. Erano sei ragazzi onesti, tutti giovanissimi (il più vecchio aveva trent'anni), giunti in Italia per vivere e lavorare. Ne vogliamo ricordare i nomi: Kwame Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher Adams del Ghana, El Hadji Ababa e Samuel Kwako del Togo; Jeemes Alex della Liberia.

Nessuno di loro era coinvolto in attività di tipo criminale, nè era in alcun modo legato alla camorra locale o alla "mafia nigeriana", che in quei luoghi gestisce lo spaccio e prostituzione per conto della camorra locale. Il giorno successivo al massacro la comunità immigrata mise in piedi una vera e propria sommossa contro la criminalità organizzata e contro le autorità, chiedendo che gli assassini venissero assicurati alla giustizia, fu un episodio unico. Una presa di


posizione forte e decisa. Un atto di coraggio che raramente si verifica tra la gente spaventata, e a volte omertosa, di quelle zone. Il pm Alessandro Milita della dda di Napoli ha parlato di quanto accaduto in quel maledetto 18 settembre come di una "operazione militare". "Una delle pagine più nere della storia criminale italiana". In quei giorni Giuseppe Setola, detto o' cecato, conduceva una campagna di vendette e ritorsioni. Da aprile 2008 a gennaio 2009, il gruppo criminale al suo comando si è reso responsabile di una mattanza dietro l'altra, uccidendo in tutto 18 persone: negozianti che non pagavano il pizzo, affiliati puniti per insubordinazione e parenti di

collaboratori di giustizia che avevano inferto al clan Bidognetti colpi letali. I sei africani rimasti uccisi probabilmente erano stati scambiati per un gruppo di spacciatori nigeriani ribellatisi al controllo del clan. Invece non c'entravano nulla con la mafia. In Italia cercavano solo una vita dignitosa. Il processo e l'approfondimento tv. La strage ha originato un processo. Un processo che in solo un anno e mezzo di udienze presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha portato alla condanna di Giuseppe Setola e dei suoi 4 complici, autori della mattanza e degli altri delitti. A partire da sabato 4 febbraio, per tre puntate, "Un giorno in pretura", il

programma condotto da Roberta Petrelluzzi, si è poi occupato della vicenda. Ha ripercorso le udienze tenute davanti la Corte di Assise presieduta dal giudice Elvi Capecelatro. Ha rievocato le parole dei magistrati e degli inquirenti chiamati come fonti di prova, i fatti di quella tragica notte, i 9 mesi di latitanza di Setola, e i delitti compiuti dai suoi uomini. Sono apparse anche delle fotografie, a sintetizzare l'orrore di quella scia di sangue che ha macchiato la provincia di Caserta, detta oggi la "terra di Gomorra". FEDERICA FIORDELMONDO

WORLD CANCER DAY Il 4 febbraio 2012 si celebra , come ogni anno , la Giornata Mondiale Contro il Cancro. Soltanto se ciascuno fa la sua parte ogni singolo individuo , Organizzazioni , Governi – si può centrare l'obiettivo di ridurre entro il 2025 del 25% i decessi prematuri legati alle malattie non trasmissibili. Un gruppo di patologie in cui i tumori sono ancora i nemici più insidiosi; nel 2008 hanno ucciso 7,6 milioni di persone che nel 2030 potrebbero arrivare a 12 milioni . Anche i costi economici legati ai tumori non sono da meno : nel 2010 sono stati stimati in 290 miliardi di dollari , 154 miliardi dei quali soltanto per gli aspetti medici. Per pianificare le strategie contro il cancro è stata stilata nel novembre 2011 la Risoluzione di Dublino

promossa dall'UICC ( Unione Internazionale Contro il Cancro).Il documento è frutto del confronto tra 240 rappresentazioni di altrettanti Governi , Organizzazione Mondiale della Sanità ( OMS) e World Economic Forum e illustra le azioni per ridurre il carico sociale ed economico dei tumori per le generazioni future. Il DECALOGO DI DUBLINO 1) Promuovere, redigere o sostenere e potenziare politiche e piani nazionali multisettoriali, inclusi piani oncologici per la prevenzione e il controllo della malattie non trasmissibili ;

2) Potenziare i sistemi informativi per la programmazione e la gestione sanitaria e lo sviluppo di registri tumori nazionali e di indagini ; 3) Ridurre l'esposizione degli individui ai fattori di rischio per il cancro attraverso lo sviluppo di accordi internazionali , nonché misure legislative , regolatorie e fiscali .In particolare , per accelerare l'implementazione della Convenzione sul tabacco, riconoscendo l'intera gamma di misure, incluse quelle per ridurre il consumo e la disponibilità ; 4) Promuovere l'aumento dell'accesso alle


vaccinazioni per prevenire infezioni associate al cancro come parte dei programmi nazionali di immunizzazione ; 5) promuovere l'aumento dell'accesso ai programmi di screening ; 6) Promuovere l'inclusione del controllo e delle malattie non trasmissibili nei programmi sulle infezioni sessuali , sulla salute sessuale e riproduttiva e sulla salute maternoinfantile, specialmente al livello delle cure primarie; 7) Rafforzare l'accesso ai

servizi per la prevenzione , la cura , la palliazione e la riabilitazione in particolare a livello di comunità; 8) Potenziare l'accesso a farmaci, diagnostica ed altre tecnologie ( come la radioterapia ) sicure ed efficaci; 9) Costruire a livello nazionale e regionale la disponibilità di una forza lavoro qualificata per servizi ottimali ; 10) Promuovere l'educazione sanitaria particolarmente nei Paesi e nelle regioni in cui la mancanza di

consapevolezza pubblica è una barriera a prevenzione , diagnosi precoce e trattamento ottimale . Si stima che un terzo dei decessi per cancro potrebbe essere evitato incrementando la prevenzione , la diagnosi precoce e le opportunità di accesso rapido ai trattamenti esistenti. Lo slogan della giornata è “ Together it is possibile “ ( Insieme è Possibile) . (Fonte dati : Il Sole 24 Ore ) DOTT. GIORGIO ROSSI

Stragi naziste: Berlino vince ricorso contro Roma. La Germania non dovrà risarcire le vittime del Terzo Reich. BRUXELLES, 4 GENNAIO '12 Ieri la Corte internazionale di giustizia dell'Aja - il più alto organo giudiziario dell'Onu - ha accolto il ricorso che la Germania aveva proposto contro l'Italia per ottenere il blocco dei versamenti delle indennità alle vittime dei crimini nazisti. L'Italia "ha mancato di riconoscere l'immunità riconosciuta dal diritto internazionale" a Berlino per i reati commessi dal Terzo Reich, si legge nella sentenza. Il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle con un comunicato Ansa ha commentato la sentenza della Corte e ha detto: "Risolveremo ora tutte le questioni inerenti a questo giudizio in collaborazione con i nostri amici italiani, nello spirito di relazioni bilaterali strette e di piena fiducia". Giulio Terzi, ministro degli Esteri italiano ha poi aggiunto: "Riteniamo

che la pronuncia fornisca un utile contributo di chiarimento sopratutto alla luce del riferimento che la Corte fa all'importanza di negoziati tra le due parti per individuare una soluzione". E' probabile che i due ministri si riferiscano alla possibilità di trovare un accordo su un risarcimento agli ex internati militari italiani del Terzo Reich. Risarcimento che nel 2000 la Germania aveva negato all'Italia attraverso un cavillo giuridico. La sentenza. Con la sentenza di ieri, 54 pagine letta in circa 80 minuti, la Corte ha accolto interamente i punti del ricorso presentato dalla Germania che accusava l'Italia di "venire meno ai suoi obblighi di rispetto nei confronti dell'immunità di uno stato sovrano come la Germania in virtù del diritto internazionale". La Corte dell'Aja ha

poi disposto, come era stato richiesto da Berlino, di "ordinare all'Italia di prendere tutte le misure necessarie" affinché le decisioni della giustizia italiana che contravvengono alla sua immunità siano prive d'effetto e che i suoi tribunali non pronunzino più sentenze su simili casi. Il contenzioso. L'inizio del contenzioso risale al 23 dicembre del 2008, quando Berlino decise di ricorrere contro la sentenza della Cassazione del 21 ottobre 2008 che riconosceva la Germania responsabile per essere stata "mandante" dei militari nazisti che il 29 giugno del 1944 uccisero 203 abitanti di Civitella, Cornia e San Pancrazio (Arezzo), sparando a donne, bambini, uomini e vecchi, e anche al parroco del paese. La sentenza, considerata un "precedente


storico", aveva sancito per la prima volta il diritto per le vittime delle stragi naziste di essere risarcite in seno ad un procedimento penale (in passato c'erano state solo delle sentenze di risarcimento danni nelle cause civili). Nessun altro Paese al

mondo aveva mai cercato di intentare una causa di risarcimento nei confronti della Germania, proprio per via della clausola dell'immunità giurisdizionale. L'Italia, invece, aveva voluto rischiare. Il contenzioso tra Roma e

Berlino ha portato all'iscrizione di un'ipoteca giudiziaria su Villa Vigoni, centro culturale italo-tedesco in provincia di Como. FEDERICA FIORDELMONDO

“Les Infideles”: ciak da polemica per Dujardin. La locandina offende le donne PARIGI,

5 FEBBRAIO ’12 - Un film sull’infedeltà maschile. Spaccati di quotidianità e di paradossi, di segreti, bugie e doppie vite. Spaccati di tradimenti secondo sette tra i più brillanti registi del momento, tra cui Jean Dujardin (in corsa agli Oscar come miglior attore per il film “The Artist”), Gilles Lellouche ed Emmanuelle Bercot. Il film, nelle sale dal 29 febbraio, desta già polemica per la sua locandina choc, che “offende le donne”. Il manifesto incriminato presenta un uomo in giacca e cravatta, in piedi mentre parla al cellulare con l’espressione di chi sta chiudendo con tono sbrigativo e seccato la telefonata e di fronte a lui (anzi inginocchiata di fronte a lui) su un piano ben diverso ed inequivocabile, spun-

ta lo chignon biondo di una donna di cui si distinguono solo i capelli e le mani dalle unghie curate e smaltate di rosso. Niente viso, niente identità e secondo il pubblico femminile, niente dignità per quella donna. Si presenta così, al grande pubblico, “Les Infideles” (Gli infedeli). E ancor prima che la pellicola faccia parlare nelle sale cinematografiche, ci pensa il suo manifesto pubblicitario a destare polemiche. Definito “volgare”, “degradante per le donne”, “banale”, ma anche “scioccante”, “indecente” e “sessista”, il manifesto ha fatto presto il giro del web, prima di essere ‘rispedito al mittente’. A suon di commenti, twittate, cinguettate, postate, taggate e articoli sui maggiori quotidiani e tabloid della

Francia, l’effetto per la locandina è stato decisivo. Ritirata. I poster del film sono stati ritirati dalla Francia, come richiesto dall’Authority per la pubblicità (Arpp) sollecitata da ben quattro denunce. Secondo gli esposti presentati all’Arpp, le locandine sarebbero indecenti e presenterebbero le donne come oggetti sessuali. Una reazione del popolo femminile che potrebbe portar male all’attoreregista Jean Dujardin, in nomination agli Oscar come miglior attore per il film “The Artist”. Secondo i tabloid francesi, questa polemica avvelena la corsa di Dujardin alla preziosa statuetta e potrebbe addirittura costargli la vittoria. TALITA FREZZI

'Hugo Cabret' Con una favola 3D Scorsese ci accompagna alla scoperta del cinema e della vita ANCONA, 5 FEBBRAIO '12 – Immaginata una serata sospesa nel tempo e nello spazio, la neve che sommerge la città come un morbido abbraccio e un silenzioso oblìo della vita reale. Avventurarsi al cinema attraversando la bufera e sfidando le meraviglie della natura. Immaginate di inforcare gli occhialoni 3d ed

essere presi per mano da uno straordinario nonno cineasta con i grossi occhiali neri e il volto di Martin Scorsese che ci accompagna a scoprire un mondo meraviglioso, magico, che condensa in sé il mistero della nascita del cinema e del tempo che passa. Un film sulla vita, il tempo, la

finzione e la possibilità di aggiustare le cose. Questo è 'Hugo Cabret', primo film in cui Martin Scorsese si cimenta con il 3D. Tratto dal best seller The Invention of Hugo Cabret di Brian Selznick Caldecott, il film racconta le avventure del piccolo orfano Hugo che, dopo la morte del giovane padre Judd Law, è costretto


a vivere e nascondersi tra gli ingranaggi del gigantesco orologio che sovrasta la stazione dei treni a Parigi, alla ostinata ricerca della chiave di quel segreto con le fattezze di un automa, unico ricordo lasciatogli dal padre.In quel segreto c'è il senso della vita. Con Dante Ferretti, candidato agli Oscar ancora una volta in tandem con Scorsese, il favoloso nonno dai grossi occhiali neri ci fa scoprire la meravigliosa storia della nascita del cinema, lo studio di Méliès, le scenografie realizzate a mano è la magia della pellicola fotografica che

prende vita con una manovella e diventa cinematografo. Hugo Cabret è un film sulla vita che prende forma nel cinema, sul'oblio che il tempo fa scendere sulle grandi figure umane e sulla possibilità che la pazienza,l'ostinata ricerca di un sogno da realizzare possano "aggiustare le cose". E' bellissima la scena in cui il piccolo Hugo, rimasto orfano, spiega alla sua piccola amica perché sia bello aggiustare orologi e ingranaggi, e cosa significhi per lui "aggiustare le cose". E' quanto succederà con il dimenticato Meliès, che tornerà ad avere il suo posto

nell'ingranaggio della vita grazie alla splendida e ostinata avventura del piccolo Hugo e della sua giovane dolcissima amica. La vita scandita dal tempo, il cinematografo che rappresenta la vita che scorre come una pellicola ma al tempo stesso può garantirle l'immortalità, gli ingranaggi degli orologi che SONO il tempo. E la possibilità che, ognuno, ritrovi il suo giusto posto nell'ingranaggio della vita e la meritata pace che solo l'approdo dei propri sogni può dare. TOMMASO ROSSI

Mutilazioni femminili Conoscere può rendere le donne libere 5 FEBBRAIO 2012- Domani, 6 febbraio, si celebrerà la Giornata internazionale per la tolleranza zero nei confronti delle mutilazioni dei genitali femminili (c.d. “MGF”). Una stima ufficiale dei dati è sempre molto difficile perché spesso il muro di silenzio delle donne nasconde numeri più grandi di quelli già drammaticamente enormi: secondo l’Organizzazione mondiale per la Sanità 130 milioni di donne e bambine che nel mondo avrebbero già subito mutilazioni di questo genere e per sempre ne subiranno le conseguenze fisiche e psicologiche. Amnesty International conta che ogni giorno 8000 donne e bambine vengono sottoposte a tali pratiche. Le zone maggiormente interessate sono i paesi africani e alcuni della zona asiatica ma i flussi migratori hanno fatto conoscere questo fenomeno anche in Europa e nel resto del mondo. Spesso l’uso di tali

pratiche viene associato esclusivamente alla religione islamica ma non è cosi: infatti le MGF vengono praticate anche in popolazioni africane cristiane e animiste e trovano fondamento per lo per lo più nelle società di tipo fortemente patriarcali. IN ITALIA: L'Italia considera le mutilazioni dei genitali femminili una grave e inaccettabile violazione del diritto alla salute e all'integrità fisica previsto e tutelato dalla nostra Costituzione. Prima dell’emanazione della legge n. 7 del 2006, il nostro paese puniva tali pratiche sulla base degli articoli 582 e 583 del codice penale ovvero considerandole lesioni personali gravi o gravissime oppure ricorrendo, nel caso di pratiche compiute su bambine, con il ricorso a provvedimenti di decadenza o sospensione della potestà genitoriale. In attuazione dell’art. 32 della Costituzione, è stata emanata la

legge n. 7/2006, con lo scopo “di prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di MGF quali violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona ed alla salute delle donne e delle bambine”. In particolare la legge ha introdotto una specifica fattispecie criminosa che punisce tali pratiche ovvero l’art. 583-bis. - (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili) che stabilisce : “ Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo. Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di


menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino a due terzi se la lesione è di lieve entità. La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per fini di lucro. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia. Art. 583-ter (Pena accessoria). – La condanna contro l’esercente una professione sanitaria per taluno dei delitti previsti dall’articolo 583-bis importa la pena accessoria dell’interdizione dalla professione da tre a dieci anni. Della sentenza di condanna è data comunicazione all’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri». L’INFORMAZIONE E LA PREVENZIONESiccome la conoscenza dei propri diritti inviolabili è il primo, e forse più importante, strumento in mano alle donne per impedirne la violazione, con la medesima legge del 2006, proprio allo scopo di prevenire e contrastare le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, si prevede che il Ministro per le pari opportunità, d’intesa con i Ministri della salute, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del

lavoro e delle politiche sociali, degli affari esteri e dell’interno e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, predispongano appositi programmi diretti a: a) predisporre campagne informative rivolte agli immigrati dai Paesi in cui sono effettuate le pratiche di cui all’articolo 583-bis del codice penale, al momento della concessione del visto presso i consolati italiani e del loro arrivo alle frontiere italiane, dirette a diffondere la conoscenza dei diritti fondamentali della persona, in particolare delle donne e delle bambine, e del divieto vigente in Italia delle pratiche di mutilazione genitale femminile; b) promuovere iniziative di sensibilizzazione, con la partecipazione delle organizzazioni di volontariato, delle organizzazioni no profit, delle strutture sanitarie, in particolare dei centri riconosciuti di eccellenza dall’Organizzazione mondiale della sanità, e con le comunità di immigrati provenienti dai Paesi dove sono praticate le mutilazioni genitali femminili per sviluppare l’integrazione socioculturale nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, in particolare delle donne e delle bambine; c) organizzare corsi di informazione per le donne infibulate in stato di gravidanza, finalizzati ad una corretta preparazione al parto; d) promuovere appositi programmi di aggiornamento per gli insegnanti delle scuole dell’obbligo, anche avvalendosi di figure di riconosciuta esperienza nel

campo della mediazione culturale, per aiutarli a prevenire le mutilazioni genitali femminili, con il coinvolgimento dei genitori delle bambine e dei bambini immigrati, e per diffondere in classe la conoscenza dei diritti delle donne e delle bambine; e) promuovere presso le strutture sanitarie e i servizi sociali il monitoraggio dei casi pregressi già noti e rilevati localmente. La repressione di tali pratiche criminose passa anche attraverso la punizione (con sanzioni pecuniarie e in alcuni casi anche interdizioni dall’esercizio dell’attività) di quegli enti, società o comunque persone giuridiche all’interno delle quali vengono praticate tali operazioni illegali. Infatti la legge del 2006 ha esteso la responsabilità penaleamministrativa degli enti di cui al D. lgs. 231/2001 anche alle ipotesi di reato di cui all’art 583bis c.p. NUMERO VERDE DI ASSISTENZA- La legge n. 7/2006 ha previsto anche l'istituzione di un numero verde gratuito: 800.300.558 contro le pratiche di mutilazione genitale femminile. Il servizio, disponibile dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 15.00 alla 20.00, è gestito dalla Direzione Centrale Anticrimine del Dipartimento della pubblica sicurezza e le telefonate sono ricevute da personale specializzato del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato che, oltre all'assistenza, ha il compito di comunicare le eventuali notizie di reato. Pur nel doveroso rispetto delle diversità culturali, sono convinta che non sia possibile accettare pratiche


che proprio in nome di queste diversità cultuali, violano l’integrità fisica della donna e con essa ne reprimono in modo permanente anche la dignità. Come detto, Amnesty International

conta che ogni giorno nel mondo 8000 donne e bambine subiscano mutilazioni dei propri genitali. Spero che nei giorni a venire, passo dopo passo, anche una sola donna alla volta di quelle 8000 riesca a

reagire di fronte a tale violenza fisica e psicologica e a comprendere che la conoscenza è in grado di renderle veramente libere. AVV. VALENTINA COPPARONI

Melancholia L'Arte che protegge dal non senso dell'esistenza. E’ uno dei film più interessanti della stagione scorsa, non solo da vedere ,ma soprattutto da ri-vedere. Parliamo di “Melancholia” di Lars von Trier ,con Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg,Kiefer Sutherland ,Charlotte Rampling. Di volta in volta il regista danese fa vere e proprie incursioni nel cinema di genere,dal musical all’horror,rovesciando canoni, ribaltando regole, per rivelarci la sua cupa e straziante visione del mondo: stavolta la cornice che racchiude la storia ha forme e colori del racconto fantascientifico. Un corpo celeste “Melancholia”, appunto, entra in collisione con la Terra provocandone la fine. La pellicola ha un prologo – straordinario con le citazioni pittoriche e filmiche di John Everett Millais e Tarkosky accompagnate dalla musica wagneriana del “Tristan und Isolde”- e due capitoli affidati alle vicende e al destino di due sorelle, Claire che vive la sua festa di nozze circondata da parenti ed amici e finisce per renderla un grottesco rito nichilista sull’incapacità di amare e Claire che con il marito ed il figlio accoglierà nella sua casa,emblematica

rappresentazione dei fasti e delle vette della cultura occidentale,la sorella che ha drammaticamente chiuso i ponti con il suo passato. E’ la ricognizione visionaria dei momenti finali,struggenti ed angoscianti, di un mondo -L’occidente? L’Europa? La nostra cultura?- amato e nello stesso tempo messo a nudo nella sua fragilità, nella sua falsità, nel suo invasivo nichilismo. Due donne che rappresentano le due forme opposte e complementari che hanno guidato direzioni e sviluppo della nostra civiltà, l’esigenza di verità, con gli esiti distruttivi consequenziali, di Claire e il bisogno di controllo ed ordine di Justine, quasi l’incarnazione,rispettivamente ,dello spirito dionisiaco e di quello apollineo. Simboli,enigmi-la buca 19 del campo da golf che forse rappresenta quell’“oltre” che sfugge alla nostra visione limitatacitazioni,rimandi, rispetto dei canoni e contemporaneo ribaltamento delle regole narrative,arrivano all’occhio e alla mente dello spettatore - il cuore è sempre l’organo meno coinvolto nella produzione di Von Triers- con un carico di grande complessità. Ma

il linguaggio filmico usato ed alcune allusive metafore- come la capanna magica per ripararsi dalla catastrofesuggeriscono come tema dominante che contro la nientificazione, sorte ed esito della nostra civiltà, resta solo l’Arte con la sua forza a proteggerci dal non senso dell’esistere. Come ogni opera di Lars Von Trier anche quest’ultimo lavoro ha spaccato in due il fronte del pubblico e della critica, ma anche chi ha minimizzato gli esiti del contenuto del film, non ha potuto fare a meno di riconoscere la potenza e la suggestione delle immagini. Finalmente, dopo rutilanti visioni cinematografiche destinate ad un pubblico di adulti-bambini, dopo tanto cinema “parlato”,che sembra indifferente alle modalità del guardare, privilegiando l’ascolto, un film da vedere, un film che parla soltanto, come nella grande pittura, con la forza degli intensissimi ed acidi colori, della luce -soprattutto quella astrale, raggelata e raggelantedelle linee e delle forme tracciate, individuate e selezionate dalle inquadrature. PROF. ANTONIO LUCCARINI


Cuba Fidel Castro presenta le sue memorie L’HAVANA, 6 FEBBRAIO ’12 – Il Lider Maximo è apparso in buona forma, lucido e un po’ commosso avanti alla platea dell’Havana Convention Centre, dove Fidel Castro, 85 anni, ha presentato il libro Guerriliero del Tiempo, che raccolglie le sue memorie dall’adolescenza, fino al 1958, poco prima della rivoluzione nell’isola caraibica che depose il dittatore Batista . In realtà non è escluso, anzi è probabile, che ci sia un seguito alla biografia.I due volumi, circa un migliaio di pagine, sono scritti in forma di dialogo con la giornalista Katiuscia Blanko, la stessa che anni fa pubblicò la prima biografia di Castro, intitolata todo el tiempo de los cedros. Castro è stato Presidente del Consiglio di Stato e Comandante in Capo dal 1959 al 2008, quando per ragioni di salute, ha lasciato il

comando e la presidenza a suo fratello, Raul, attualmente a capo del Governo cubano. Fino al 2011, Fidel ha continuato a ricoprire la carica di Segretario del Partito Comunista Cubano, ma nell’aprile scorso, ha definitivamente salutato la politica e da allora non era più apparso in pubblico, fino alla presentazione del libro. Durante l’incontro, durato sei ore, era presente oltre alla coautrice Katiuscia Blanco, anche il Ministro della Cultura Abel Prieto. Fidel ha citato alcuni passi del suo libro, spiegando di voler tramandare i suoi ricordi alle generazioni future, prima che gli anni e la memoria glielo impediscano. Ha poi menzionato l’amico Hugo Chavez e ciò che egli ha fatto per il Venezuela, ha ricordato l’importanza della cultura ribadendo come essa debba essere gratuita ed accessibile a tutti ed infine ha chiuso con un riferimento

alla politica, sostenendo che pur se appassionato di ‘vecchie montature di occhiali, vecchi orologi e vecchi stivali’, in politica preferisce le ‘cose nuove’. Terminato il suo discorso, Castro si è detto molto felice per quell’incontro e di essere dispiaciuto che esso terminasse, ma ha spiegato di dover tornare alle cure dei medici che lo aspettavano. L’ottantacinquenne Fidel, il Lider Maximo, ha poi salutato dicendo che ‘Il nostro dovere è lottare sino all’ultimo minuto per il nostro Paese, per il nostro pianeta e per l’umanità’. Da sempre c’è chi lo mitizza e chi lo demonizza, certamente rimane uno dei personaggi che hanno lasciato un segno nel XX secolo. Andrea Dattilo

Concordia Per i reati di Schettino, 2.697 anni di pena GROSSETO, 6 FEBBRAIO '12 Condannarlo all'ergastolo sarebbe poco? Secondo la Procura di Grosseto, il comandante della nave Concordia Francesco Schettino dovrebbe scontare in carcere ben 2.697 anni per tutti i reati connessi al naufragio della nave che è costato la vita a 34 persone. Un conteggio record, quasi paradossale per la nostra giustizia, ma che eppure emerge con chiarezza dal corposo faldone dell'inchiesta aperta a seguito del naufragio del 13 gennaio scorso di fronte alle coste di Isola del

Giglio, dove il gigante della Costa crociere si trova ancora semiinabissato. "Quindici anni per omicidio colposo plurimo, dieci anni per disastro da naufragio, e otto per ciascuno dei passeggeri abbandonati e morti in conseguenza del naufragio". La Procura calcola gli anni di galera per Schettino con addizioni e moltiplicazioni: considerando che il mare ha restituito 34 cadaveri, che erano 300 le persone abbandonate sulla nave e che i reati commessi da Schettino hanno avuto conseguenze su

ciascuno dei passeggeri a bordo. In tutto, la matematica non mente: 2.697 anni di carcere, riassunti nelle 12 pagine di ricorso presentate al Tribunale del Riesame di Firenze. I pm insistono ancora sulla possibilità che Schettino possa darsi alla fuga e sulla reiterazione del reato e hanno presentato istanza per farlo tornare in carcere; mentre la difesa ha chiesto l'annullamento dell'ordinanza dei domiciliari, proprio sulla base dell'impossibilità di reiterare i reati che gli vengono contestati. I pm insistono anche sulla possibilità che


il comandante possa inquinare le prove e chiedere alla Costa una conferma sulla linea da seguire, come emerso secondo la Procura, dai contatti intensi avuti con il responsabile unità di crisi Roberto Ferrarini nei concitati momenti dopo lo scontro con gli scogli. Il procuratore capo Verusio non ritiene che possano esserci attenuanti per Schettino, facendo intuire che l'indagine è ancora aperta. TALITA FREZZI D: Come è possibile, anzi: è possibile una pena del genere? R: No. Nel nostro ordinamento penale esistono il cumulo giuridico e il cumulo materiale tra pene. Il cumulo giuridico è quell'istituto che limita la pena da applicare nel caso

in cui si compiano più reati in presenza di concorso formale (chi con una sola azione viola più disposizioni di legge o commette più violazioni della stessa norma) ovvero di più reati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, la cd. continuazione . In questo caso si prevede che sia inflitta la pena prevista per il reato più grave aumentata sino al triplo. Inoltre è previsto che la pena comminata tramite il cumulo giuridico non possa essere maggiore di quella che sarebbe stata comminata dal giudice utilizzando il metodo del cumulo materiale, che è invece applicato nei casi di concorso materiale di reati. In quest'ultimo caso, che si applica quando i reati sono slegati l'un con l'altro dal punto

di vista dell'ideazione e dell'unicità del momento commissivo, si applicano le pene previste per ciascun reato. Ma con dei limiti. Ed è qui che la notizia appare incredibile.La pena complessiva non può essere in ogni caso più alta del quintuplo della più grave tra le pene concorrenti e non può comunque eccede gli anni 30 per la reclusione. Come già detto in precedenza in altri articoli, qui ogni eventuale azione sarebbe unificata a mio avviso dal medesimo disegno criminoso e ricadrebbe nella disciplina della continuazione. Ragionevolmente ritengo ancora che Schettino rischi 12-14 anni AVV.TOMMASO ROSSI

Uccise a pugni una donna in strada Pugile ucraino assolto perché schizofrenico MILANO, 7 GENNAIO ’12 - Secondo il gup del Tribunale di Milano Roberta Nunnari, il pugile dilettante ucraino di 27 anni Oleg Fedchenko è affetto da una forma di schizofrenia quindi non è imputabile. E sconterà cinque anni in un ospedale psichiatrico. E’ questa la sua condanna per aver massacrato a pugni, nell’agosto 2010, una donna filippina di 41 anni accidentalmente incontrata per strada, senza motivo, senza conoscerla. L’unica colpa di quella povera donna, era stata di imbattersi in quel giovanotto nel momento sbagliato. Ieri il pugile ucraino è stato assolto dall’accusa di omicidio aggravato: secondo il gup milanese, il ragazzo non è imputabile, in quanto - come attesta una perizia disposta dalla Procura - al momento del fatto non era capace di intendere e di volere. La sua forma di schizofrenia lo ha salvato dal

carcere, ma non dall’ospedale psichiatrico dove sconterà cinque anni. Il fatto. Il brutale episodio si verificò il 6 agosto 2010. Il pugile, reduce da una bruciante delusione amorosa, appena uscito da casa di sua madre (viale Abruzzi, a Milano) avrebbe deciso di vendicare quell’offesa scagliandosi contro la prima donna in cui si sarebbe imbattuto. E il destino ha voluto che quella povera donna ignara e sconosciuta fosse Emlou Arvesu, 41 anni, filippina, di professione colf, che stava rientrando a casa dopo aver accompagnato uno dei figli dalla sorella. Lei neanche lo conosceva Oleg Fedchenko. E’ morta senza sapere il perché. Il ragazzo l’ha sbattuta contro la vetrina di una banca, l’ha colpita diverse volte anche dopo che la donna, sanguinante, era scivolata a terra. Lui ha continuato a

infierire, come una belva. Pugni violenti, ben assestati. Pugni brutali che l’hanno colpita fino a ucciderla. Arrestato con l’accusa di omicidio aggravato, il pugile è stato sottoposto a una perizia psichiatrica il maggio scorso, come disposto in sede d’incidente probatorio dal gip di Milano Cristina Di Censo. La perizia del professor Ambrogio Pennati chiarisce che Fedchenko al momento dell’aggressione era totalmente incapace di intendere e di volere, affetto da una forma di schizofrenia paranoide grave. A seguito della perizia depositata il ragazzo era stato trasferito in un ospedale psichiatrico giudiziario. Oggi, sulla base della riconosciuta infermità mentale del giovane, il pm ha chiesto l’assoluzione dal reato di omicidio aggravato dalla crudeltà, dai futili motivi e dalla premeditazione (per i quali il pm aveva chiesto 15 anni di Opg). Il


gup lo ha assolto anche dall’imputazione di tentata rapina ai danni della colf che veniva contestata dal pm, ma che secondo il giudice non c’è mai stato. Fedchenko è stato condannato a 9 mesi di arresto (che ha già scontato con la carcerazione preventiva) per il reato di detenzione di armi: in casa aveva alcuni coltelli, che gli inquirenti hanno rinvenuto ben nascosti durante la perquisizione domiciliare che è scattata subito dopo il fermo. Le reazioni. Una sentenza difficile da accettare per il marito e i tre figli della vittima, che tramite i loro legali hanno fatto sapere quanto si sentono abbandonati dalle istituzioni. “La Regione Lombardia - dice il legale dei familiari di Emlou Arvesu - non ha nemmeno una polizza anticrimine imposta dall’Unione Europea nella direttiva della Commissione europea del 29 aprile 2004. L’unica polizza anticrimine del Comune di Milano, come spiegato dai referenti in Regione ai familiari, è valida per gli ultrasettantenni che hanno subito scippi o rapine”. TALITA FREZZI D: In che consiste l’accusa di omicidio aggravato dalla crudeltà, dai futili motivi e dalla premeditazione? R: E' l'accusa più grave, che consente una pena di partenza dell'ergastolo. D: Quali i limiti della persona incapace

di intendere e di volere? R: In tema di capacità di intendere e volere, gli artt. 88 e 89 del nostro codice penale richiedono ai fini della esclusione della imputabilità l’esistenza di una e vera propria malattia mentale, ossia di uno stato patologico che incida sui processi intellettivi e volitivi della persona oppure di anomalie psichiche che, seppur non classificabili secondo precisi schemi medico-legali, risultino tali per la loro intensità ad escludere o scemare grandemente la capacità di intendere e volere dell’autore di un reato.Nel nostro sistema penale è previsto che in caso di riconoscimento della totale incapacità di intendere e volere al momento in cui l’autore del reato ha agito, lo stesso venga dichiarato non imputabile con la conseguenza che non viene applicata la pena ma la misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario. Nel caso, invece, di un riconoscimento di parziale incapacità di intendere e volere il soggetto risponde del reato compiuto, ma la pena viene diminuita. Il raptus, invece, chiamato anche “reazione a corto circuito” ossia una situazione spesso ricollegata a condizioni di turbamento psichico transitorio non

dipendenti da una causa patologica bensì emotiva o passionale, non viene considerato dal nostro sistema penale quale causa di esclusione o diminuzione della capacità di intendere e volere in quanto non è considerato un fattore in grado di diminuire o limitare la capacità di rappresentazione della realtà e di autodeterminazione di un soggetto. In ogni caso, qualora le c.d. reazioni a corto circuito risultino manifestazioni di una vera e propria patologia in grado di incidere negativamente sulla capacità di intendere e volere, l’imputabilità del soggetto autore del reato potrà essere esclusa oppure diminuita con le diverse conseguenze sanzionatorie anzidette. D: In che consiste la tentata rapina? R: La rapina consiste nella condotta di chi, per procurarsi un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, si impossessa di beni altrui sottraendoli da chi li detiene mentre il tentativo significa che sono stati posti in essere atti diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, ma l’evento non si verifica per causa non imputabile all’autore. AVV.TOMMASO ROSSI

Foibe Giornata in ricordo delle vittime degli eccidi ROMA, 10 FEBBRAIO – La giornata del Ricordo, fu istituita nel 2004 con legge del Parlamento, per commemorare gli eccidi avvenuti durante la seconda guerra mondiale e nel periodo immediatamente

successivo, ai danni di migliaia di italiani dell’Istria e della Dalmazia da parte di partigiani slavi che condannarono a morte in improvvisati tribunali, centinaia di civili e cariche dello Stato italiano,

fascisti e oppositori al regime di Tito in fuga dall’Istria e dalla Dalmazia. Dopo l’armistizio, l’esasperazione e l’odio dei popoli balcanici esplose in tutta la sua violenza. Molti altri italiani


morirono durante il trasferimento nei campi di lavoro jugoslavi, mentre i corpi di coloro che vennero barbaramente giustiziati, furono gettati in quei ‘cunicoli’ tipici del territorio carsico chiamate, appunto, foibe. Da allora il nome Foibe è legato a quell’eccidio. Ieri, al Quirinale si è svolta la cerimonia commemorativa a cui, insieme al Presidente Giorgio Napolitano, erano presente le più alte cariche dello Stato: c’era il Presidente della Camera Gianfranco Fini, il vicepresidente del Senato Vannino Chiti, il Presidente della Corte Costituzionale Alfonso Quaranta e i Ministri della Difesa Di Paola e della Cooperazione internazionale ed integrazione Ricciardi. Napolitano ha ricordato le vittime di quella strage, evidenziando come la loro Memoria debba servire per far sì che certi errori fatali, dettati dall’odio nazionalista, non accadano mai più. Il Capo dello Stato ha poi

ribadito come sia importante, oltre a ricordare quelle vittime, ‘ristabilire la verità storica’ su quella vicenda a cui dopo la guerra, non fu mai data la giusta memoria, anche per motivi diplomatici legati alla guerra fredda fra blocco occidentale e orientale. Il Presidente ha poi parlato del valore dell’Europa unita, fondamentale per l’affermazione di nuovi valori che siano ispiratori di una pacifica convivenza fra i popoli, dove etnie e culture differenti possano guardare insieme al futuro, in nome di principi comuni quali l’uguaglianza, la democrazia, la libertà e la solidarietà. Gli ha fatto eco il Ministro Ricciardi, che ha ricordato come le politiche recenti attuate nei Balcani siano volte proprio ad una riconciliazione fra le varie etnie per poter percorrere ‘ insieme la strada futura’. Successivamente il Ministro ha consegnato riconoscimenti e medaglie ai familiari delle vittime delle Foibe.

Il Presidente della Camera Gianfranco Fini prendendo parte, questa mattina, alla mostra a Montecitorio intitolata ‘ Esodo e Foibe, i nomi e i volti’, ha ricordato come sia proprio nel ricordo delle pagine storiche più tristi e dolorose che si ritrova l’identità del nostro Popolo e quel senso di unità, di fratellanza e di condivisione che lo caratterizza. Fini ha aggiunto che è la coesione dei cuori che ‘ rafforza la coscienza di patria’ Renato Schifani, Presidente del Senato, si è invece recato a rendere omaggio ai martiri della foiba di Bassovizza, vicino Trieste e, ricordando quei morti, ha auspicato che ‘questo sacrificio rimanga come grande segnale e testimonianza nei confronti delle nuove generazioni affinche' non cedano alle tentazioni della violenza e dell'odio''. ANDREA DATTILO

“Un complotto per uccidere il Papa” l'esclusiva de Il Fatto Quotidiano ROMA, 10 FEBBRAIO '12 – Incredibile anticipazione nella puntata di ieri di “Servizio Pubblico” che riferisce l'uscita nelle edicole de Il Fatto Quotidiano con una notizia in esclusiva che “farà rumore a livello mondiale”, come detto dal giornalista Sandro Ruotolo. Il quotidiano, diretto da Antonio Padellaro, infatti, questa mattina ha pubblicato un documento riservato che ipotizzerebbe la morte di Papa Benedetto XVI entro novembre prossimo. Il documento, che

risalirebbe al 31 dicembre 2011 e sarebbe firmato dal cardinale colombiano Castrillon, il quale lo avrebbe consegnato al Santo Padre nel gennaio del 2012, riferisce quanto detto dall'arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, circa l'ipotesi di un complotto ai danni del Pontefice. L'annotazione, scritta in tedesco, si baserebbe su colloqui riservati durante una visita del Papa in Cina, avvenuta lo scorso mese di novembre. A rivelare l'anticipazione sulle

colonne de Il Fatto Quotidiano è il giornalista Marco Lillo che spiega come nel documento si parli anche del possibile successore di Benedetto XVI, nella persona di Angelo Scola, attuale arcivescovo di Milano. “Romeo non ha detto che il Papa sarà ucciso ma che morirà”, ha puntualizzato Lillo ieri sera su “Servizio Pubblico” specificando anche che tale documento non sarebbe particolarmente apprezzato dal segretario di stato, Tarcisio Bertone. Il portavoce Vaticano, padre


Federico Lombardi, ha commentato: alla conoscenza di quei fatti e che “Sono farneticazioni che non vanno siano rispettati i limiti in cui tale prese in alcun modo sul serio". interesse sussiste mantenendo l’informazione entro i confini dell’obiettività. ELEONORA DOTTORI Orbene, data questa premessa, nel considerato il D: Si può parlare di reato di caso concreto, delicato contenuto del documento diffamazione? Se il documento in che oltre a rivelare un ipotetico questione dovesse risultare complotto ai danni del Pontefice, autentico, potrebbero esserci conseguenze per chi ha pubblicato non risparmierebbe neppure severe la notizia? critiche da parte del Cardinale R: Il reato di diffamazione punisce colombiano Castrillon nei confronti con la reclusione fino ad un anno o dello stesso Benedetto XVI , del con la multa fino a 1032 euro Segretario di Stato Cardinale chiunque offende l’onore o il decoro Bertone e del rapporto tra i due che di altri comunicando con più sarebbe tratteggiato in modo a dire persone. La pena è aggravata poco “conflittuale”, per parlare di (reclusione fino a due anni o multa diffamazione o meno si tratterà di del fino a € 2065) se l’offesa consiste verificare l’”autenticità” documento e se ci sia stato o meno nell’attribuzione di un fatto specifico e determinato ed è ulteriormente da parte del giornale quel doveroso aggravata se la diffamazione è controllo di attendibilità delle fonti e compiuta a mezzo stampa, media della veridicità della notizia. E’ televisivi o internet. Per quanto certamente indiscusso l’interesse riguarda la diffamazione a mezzo pubblico che una notizia del genere assumere nell’opinione stampa, esclude il reato il c.d. può pubblica, sia di fedeli che non. “diritto di cronaca” purchè D: E di riservatezza della sussistano contemporaneamente tre corrispondenza? condizioni: che la notizia data sia vera, che esista un interesse pubblico R: Effettivamente una questione

potrebbe profilarsi anche su tale aspetto, ovvero la pubblicazione di un documento del genere, ritenuto strettamente riservato e confidenziale per il Papa Benedetto XVI. In generale, a tutela della riservatezza della corrispondenza, il nostro codice penale prevede, tra gli altri, il reato di “rivelazione del contenuto di corrispondenza” che punisce chi essendo venuto a conoscenza abusivamente del contenuto di una corrispondenza a lui non diretta e che doveva rimanere segreta, senza giusta causa lo rivela, in tutto o in parte, causando un danno. E’ previsto poi anche il reato di “rivelazione del contenuto di documenti segreti” che invece punisce chi, essendo venuto abusivamente a conoscenza del contenuto che debba rimanere segreto di atti o documenti, pubblici o privati (non costituenti corrispondenza), lo rivela senza giusta causa ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto con altrui danno. AVV.VALENTINA COPPARONI

Autodifesa al peperoncino Le nuove regole 10 FEBBRAIO 2012Con il decreto del Ministro dell’interno 12 maggio 2011 n. 103 contenente il “Regolamento concernente la definizione delle caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa che nebulizzano un principio attivo naturale a base di Oleoresin Capsicum e che non

abbiano attitudine a recare offesa alla persona, in attuazione dell’articolo 3, comma 32, della legge n. 94/2009” (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 luglio 2011, n. 157 ed entrato in vigore il 9 gennaio 2012) è stata disciplinata in maniera più precisa la materia delle bombolette spray o in

generale di tutti quei prodotti a base di olio di peperoncino spesso detenuti o portati a fini di autodifesa (portachiavi, penne etc). La questione da tempo infuocava un vasto dibattito sulla qualificazione di tali strumenti alla luce della legislazione italiana in materia di armi (in particolare la legge


110/1975 e 896/1967 e relative modifiche ed integrazioni). Ora il Regolamento del Ministero dell’Interno stabilisce che tutti gli strumenti di autodifesa (di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 18 aprile 1975, n. 110) in grado di nebulizzare una miscela irritante a base di oleoresin capsicum (olio di peperoncino) e che non hanno attitudine a recare offesa alle persone, per essere liberamente acquistabili e portabili, devono avere come caratteristiche: a) contenere una miscela non superiore a 20 ml; b) contenere una percentuale di oleoresin capsicum disciolto non superiore al 10% ( quindi circa 2 grammi di olio) con una concentrazione massima di capsaicina e capsaicinoidi totali pari al 2,5/%. Si tratta di parametri al di sotto dei minimi degli standard internazionali che vanno dai 20 ai 38 ml di contenuto che è il valore maggiormente diffuso perché consente di non esaurire la bomboletta con una sola spruzzata, con una proiezione teorica da 4 a 6 metri e pratica da 3 a 5 metri. c) la miscela erogata dal prodotto non deve contenere sostanze infiammabili, corrosive, tossiche, cancerogene o aggressivi chimici; d) essere sigillati all'atto della vendita e muniti di un sistema di sicurezza contro l'attivazione accidentale; e) avere una gittata utile non superiore a tre metri. Inoltre è obbligatorio che su tali prodotti, sia importati o comunque immessi sul territorio nazionale, siano riportate, in lingua italiana

visibile e leggibile, una serie di indicazioni quali a) denominazione legale o merceologica del prodotto e b) il divieto di vendita ai minori degli anni 16 e la confezione deve riportare: a) nome o ragione sociale o marchio e la sede legale del produttore, ovvero, se prodotti all'estero, dell'importatore; b) i materiali impiegati ed i metodi di lavorazione, la quantità di miscela e tutte le sue componenti; e) le istruzioni, le precauzioni d'uso e l'indicazione che l'uso dei prodotti è consentito solo per sottrarsi a una minaccia o a una aggressione che ponga in pericolo la propria incolumità; d) in etichetta, almeno il simbolo di pericolo Xi e l'avvertenza «irritante». Lo spray al peperoncino viene ottenuto da un olio super concentrato di peperoncino combinato con acqua, glicoli ed altri propellenti chimici. E’ la “capsaicina” a rendere la miscela particolarmente “piccante”. Con la nuova regolamentazione, le bombolette spray o in generale tutti quegli strumenti di autodifesa contenente peperoncino possono essere venduti anche da esercizi commerciali diversi dalle armerie e non essendo più considerati strumenti atti ad offendere o armi, qualora si badi bene siano conformi alle caratteristiche dettate dalla normativa, possono essere portati con sé senza alcuna giustificazione. Qualora, invece, superino i parametri indicati, continuano ad essere vietati e considerati non

strumenti atti ad offendere ma armi proprie non da sparo. In questo ultimo caso tali prodotti devono essere venduti in armeria soltanto a chi è munito di porto d’armi o nulla osta , devono essere denunciati e non possono essere portati per alcun motivo fuori della propria abitazione o delle sue appartenenze, pena le sanzioni di cui all’art. 35 Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza (per i fabbricanti e commercianti di armi) e artt. 697 (Detenzione abusiva di armi) e 699 (porto abusivo di armi) del codice penale. Per quanto riguardo invece l’utilizzo, si tratta in ogni caso di strumenti che possono essere usati solo per autodifesa. Ogni altro impiego, ad es. come strumento di offesa, è punito e può comportare responsabilità sia penali che civili; si può rischiare un’accusa per “getto pericoloso di cose” (art. 674 c.p.) ma in caso in cui si provocano lesioni, anche quella di lesioni personali. Pertanto, dopo le modifiche apportate nel 2009 all'art. 2 della legge n. 110/75, non vi è più alcun illecito, e quindi non si applica alcuna sanzione, se le armi ivi elencate vengono giudicate prive di apprezzabili potenzialità offensive dalla competente Commissione interministeriale e per gli spray da autodifesa contenenti oleoresin capsicum, ciò è avvenuto appunto con il decreto del 12 maggio scorso. In realtà molto si è discusso sulla contraddittorietà di riconoscere come leciti strumenti di autodifesa purchè siano privi di capacità lesiva dato che con tale caratteristica sarebbero evidentemente privi di alcuna utilità, per questo l’interpretazione che per


ora è stata data di tale requisito è quello di una “minima capacità AVV.VALENTINA COPPARONI lesiva”.

Steve Jobs L'Fbi pubblica un dossier che lo vede drogato, disonesto e tirchio. MILANO, 11 FEBBRAIO '12 Steve Jobs è stato un genio, un visionario. Di lui il mondo ricorderà le invenzioni straordinarie, i dolcevita neri e quattro parole, già passate alla storia, pronunciate durante un lungo discorso tenuto alla Stanford University di Palo Alto: "Stay Hungry. Stay Foolish" (“restate affamati, restate folli”). Steven Paul Jobs è stato un uomo straordinario, ma secondo gli investigatori Usa anche un personaggio controverso. Ieri, l'Fbi ha infatti pubblicato sul suo sito web uno spinoso dossier di 191 pagine sul genio della Apple. E il "New York Magazine" lo ha definito un documento "molto più divertente della sua biografia ufficiale". La prima indagine dell'Fbi su Jobs risale al 1985, quando il padre di Apple fu preso di mira da un ricattatore che lo minacciò di farlo saltare in aria se non gli avesse versato un milione di dollari. Successivamente, l'indagine si estese quando il nome di Jobs emerse tra i candidati all'Us President's Export Council dell'allora amministrazione di Bush padre, un incarico prestigioso che, però, non gli venne mai affidato. In quel periodo gli investigatori intervistarono 15

persone del suo entourage (sia amici che impiegati) e arrivarono alla conclusione che Jobs aveva più di uno scheletro nell'armadio. Tra i punti oscuri elencati nel documento si legge di un consumo di droghe illegali tra gli anni '60 e '70 ("non sappiamo se ne fa ancora uso", avevano scritto i federali) e di una sua presunta disonestà. "Diversi agenti misero in dubbio l'integrità di Jobs" si legge nelle carte. "Un uomo pronto a distorcere la verità e piegare la realtà per raggiungere i propri obiettivi". Alcuni testimoni interrogati sulla sua privacy riferirono che "in passato egli non ha mantenuto la madre della figlia avuta da una relazione extraconiugale" e neppure "la bambina" (il riferimento è a Lisa, nata nel 1978 e cresciuta povera con gli assegni statali, poichè Jobs si rifiutò di riconoscerne la paternità. Padre e figlia si riconciliarono poi molti anni dopo). Un ex "amico" di Jobs, di cui non viene reso noto il nome, disse perfino che "il suo carattere morale è discutibile" e che "egli possiede integrità solo quando gli conviene". John Cook, del sito Gawker, uno dei primi a visionare i file dell'Fbi, si dice sconcertato: "Ho letto molti fascicoli relativi ad indagini Fbi", scrive Cook, "ma è raro trovare

informazioni offensive come queste". È ironico che ad infangarlo siano proprio le persone da lui stesso messe a disposizione dai federali: "la prova", afferma Cook, "che non conosceva bene i suoi amici". Secondo il sito internet Business Insider.com, molto affidabile e informato, l’Fbi non avrebbe mai digerito l’atteggiamento spocchioso di Jobs che avrebbe rifiutato i numerosi inviti a farsi intervistare. All'Fbi Jobs diceva spesso: "Sono troppo preso, non posso perdere un’ora del mio tempo seduto a parlare con voi". Unica nota positiva per il genio dell'informatica, il documento dell'Fbi spiega che "Jobs non ha parenti nei Paesi controllati dai comunisti" e non è mai stato legato ad "organizzazioni per il rovesciamento dello governo statunitense". Un dossier duro, per certi versi deludente. I miti, però, non vengono scalfiti tanto facilmente. Il mondo continuerà a celebrare il self-mademan Jobs che ha rivoluzionato il mondo dell'informatica e che, rivolto ad una platea di giovani laureati, esclamava: "Stay Hungry. Stay Foolish". FEDERICA FIORDELMONDO


Iran: Simpson e Barbie banditi perchè troppo occidentali. Si' a Superman e Spiderman. TEHERAN, 12 GENNAIO '12 Noto per le ferme posizioni antioccidentali e anti-americane, il governo del presidente dell'Iran Mahmud Ahmadinejād colpisce ancona. Ma certo non stupisce. Dopo le Barbie, ora anche i Simpson finiscono nel mirino della censura iraniana. Teheran ha infatti vietato l'importazione dei pupazzi dello storico cartone animato americano, in quanto promuoverebbero la cultura occidentale a discapito dei valori della Repubblica islamica. Il segretario dell'Istituto per lo sviluppo intellettuale di bambini e ragazzi, Mohammad Hossein Farjoo, ha dichiarato fugacemente di non voler favorire la diffusione di “questo cartone animato” importandone i pupazzi. Farjoo non ha spiegato i motivi che hanno

portato alla messa al bando dei protagonisti della serie ideata da Matt Groening, ma ha osservato che "le bambole dei Simpson promuovono una serie di cartoni di cui alcuni episodi sono censurati persino in Europa e in America”. A sorpresa, un trattamento diverso viene invece riservato a Spiderman e Superman. Infatti, secondo l’agenzia governativa, questi due supereroi aiutano gli “oppressi e rappresentano modelli positivi”. Nulla a che fare, dunque, con gli irreligiosi e troppo poco vestiti Simpson.Barbie vietata. Nel 1996 (con Ali Akbar Hashemi Rafsanjani presidente) lo stesso istituto governativo aveva vietato l'importazione della Barbie. Il giocattolo, amatissimo dalle bambine di mezzo mondo, in Iran era stato considerato un "cavallo di Troia"

dell'influenza culturale dell'Occidente nel Paese. Oggi le cose non sono cambiate e, anzi, il mese scorso un nuovo giro di vite repressivo ha portato alla chiusura numerosi negozi in cui la bambola della Mattel era venduta. In Iran, la libertà di formarsi un'opinione viene malmenata e messa sotto chiave, ma molti giovani (e giovanissimi) non ci stanno. Decidono di non rinunciare a libri, film, musica e abiti alla moda occidentali e li acquistano sul mercato nero. Lo scorso anno l'Iran ha importato giocattoli per ben 57 milioni di dollari, di cui quasi la metà sarebbero stati contrabbandati. Nel Paese, i minori di 15 anni sono circa un quarto della popolazione. FEDERICA FIORDELMONDO

Carcere sovraffollato e dignità umana. A Lecce quattro detenuti dovranno essere risarciti LECCE, 13 FEBBRAIO '12 – Il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha condannato l’amministrazione penitenziaria del carcere pugliese di Borgo San Nicola al pagamento di un risarcimento nei confronti di quattro detenuti, tre italiani e uno straniero, che avevano presentato ricorso rappresentati dall’avvocato Alessandro Stomeo del foro di Lecce. Il giudice Luigi Tarantino, ravvisando l'inadeguatezza del regime penitenziario, ha riconosciuto lesioni della dignità e dei diritti nei confronti dei quattro detenuti che

quindi saranno risarciti in base alla durata della detenzione e alla modalità in cui è avvenuta. Il penitenziario di Borgo San Nicola è cronicamente sovraffollato: in celle appena superiori agli 11 metri quadrati, agibili per una persona, vivono tre detenuti che possono contare ciascuno su uno spazio calpestabile di appena un metro e mezzo. Una sola finestra, un bagno senza acqua calda e riscaldamenti accesi per una sola ora al giorno. Il ricorso presentato dall'avvocato prende proprio in considerazione

l'effettiva impossibilità per i detenuti di svolgere qualsiasi attività, violando non solo il regolamento penitenziario, ma soprattutto l’articolo 27 della Costituzione Italiana, e quindi il principio che la pena ha una finalità principalmente rieducativa. Una decisione quella del tribunale leccese che arriva dopo quella della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo che, nel 2009, aveva condannato l'Italia per i danni morali e fisici subiti da un detenuto bosniaco nel carcere di Rebibbia. Nelle celle del


penitenziario romano la Corte aveva rilevato la mancanza di spazio minimo sufficiente per ciascuna persona, evidenziando come questo standard fosse di gran lunga inferiore anche ai minimi (7 metri quadri a persona) stabiliti dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura. ELEONORA DOTTORI D: Nel 2009 la condanna della Corte europea e adesso la decisione del giudice Tarantino. Come legge queste decisioni? Qualcosa sta cambiando in negativo per tutto il Paese? R: Direi che sta cambiando in positivo. Cominciano i primi riconoscimenti di un diritto per il detenuto ad una carcerazione che

rispetti i diritti fondamentali della persona, la dignità nelle condizioni di spazio all'interno delle celle e di igiene. Sono piccoli passi avanti anche se ancora la percezione più diffusa dell'opinione pubblica è “ma cosa vogliono il grand hotel?! In fondo hanno deciso loro di finire lì!!” . Quando si supererà questo potremmo dirci un paese civile. Rileggete i nostri articoli sullas trage di Utoya in Norvegia e sul carcere in cui è ristretto Breivik. E sarebbe davvero bellissimo se, un giorno, un giudice riconoscesse il risarcimento dei danni anche per la mancata messa a disposizione di tutti quegli strumenti da cui dovrebbe essere composta l'offerta rieducativa dello Stato nei confronti del detenuto, in ossequio alla finalità che la Costituzione riconosce alla pena, e

cioè quella di risocializzazione del reo oltre che di prevenzione generale. D: Che cos'è il Comitato europeo per la prevenzione della tortura? R:Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) è un organo del Consiglio d'Europa che cerca di prevenire, attraverso frequenti visite e sopralluoghi, i casi di tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti sul territorio dei Stati che hanno firmato la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (in vigore dal 1987) AVV.TOMMASO ROSSI

Processo Eternit Condannati a 16 anni i due vertici dell'azienda Schmideiny e barone De Cartier De Marchienne TORINO, 13 FEBBRAIO '12 – Condannati a 16 anni di reclusione il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, di 65 anni, e il barone belga Louis De Cartier De Marchienne, di 91 anni, con l'accusa di disastro ambientale doloso e omissione dolosa di misure infortunistiche. L'accusa aveva chiesto 20 anni per i due alti dirigenti della multinazionale svizzera Eternit, ai quali vengono contestate oltre duemila morti avvenute tra gli ex-dipendenti delle fabbriche e la malattia di altre 800 negli stabilimenti di Casale Monferrato, provincia di Alessandria, Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli

(Napoli). Il reato per questi ultimi due stabilimenti è prescritto. Un processo fatto di 65 udienze e durato più di due anni, dal 2009 al 2011, con oltre sei mila parti civili, per lo più familiari delle vittime dell'amianto ma anche sindacati, Asl, istituzioni e l'associazione delle vittime dell'amianto. Davanti al Tribunale di Torino già dalle prime ore di questa mattina si era formata una lunga coda tanto che la maxiaula non è riuscita a contenere tutti. All'esterno alcuni parenti delle vittime hanno srotolato pannelli con le facce dei due imputati dietro le sbarre. Una sentenza quella di oggi molto attesa soprattutto dai parenti delle

vittime che, dopo il pronunciamento, si sono sfogati in un pianto liberatorio. Tanti gli applausi e la commozione per quella che il presidente del Tribunale di Torino, Mario Barbuto, aveva definito una causa "destinata a fare epoca". L'accusa è riuscita a dimostrare che i due colpevoli erano ben consci che l'amianto uccide ma hanno continuato a far lavorare le fabbriche lasciando gli operai senza precauzioni. Risarcimenti milionari per le parti civili: al comune di Casale Monferrato sono stati riconosciuto 25 milioni di euro, alla Regione Piemonte 20 milioni, all'Inail 15 milioni, quattro milioni al comune di Cavagnolo e 30mila euro


ciascuno in media alle centinaia di dal PM è stata di 12 anni ma per familiari delle vittime. effetto della continuazione si è giunti alla pena in concreto richiesta di 20 ELEONORA DOTTORI anni. La disciplina della “continuazione” o del c.d. reato D: Disastro ambientale doloso e “continuato” si applica quando la omissione dolosa di misure medesima persona compie, con più infortunistiche. Questi i reati azioni od omissioni, una pluralità di contestati ai due dirigenti. Di che violazioni della stessa o di diverse cosa si tratta? disposizioni di legge, anche in tempi R: Il primo è un reato previsto diversi, in esecuzione del medesimo dall’art. 434 c.p. secondo cui disegno criminoso. In tale ipotesi si chiunque commette un fatto diretto a applica la pena prevista per la cagionare il crollo di una costruzione violazione più grave aumentata fino o di una parte di essa ovvero un altro al triplo, ma in ogni caso la pena in disastro, è punito, se dal fatto deriva concreto non può essere superiore a pericolo per la pubblica incolumità, quella che sarebbe risultante dalla con la reclusione da 1 a 5 anni. Se somma delle singole pene previste però il crollo o il disastro si per i reati concorrenti. verificano, la pena è aumentata e la D: Il Barone ha 91 anni e vivrebbe reclusione prevista è da 3 a 12 anni. ai Caraibi. Come avverrà Il secondo invece è un reato l’esecuzione della pena? previsto dall’art. 437 c.p. che R: Bisogna innanzi tutto chiarire che prevede che chiunque omette di si tratta in ogni caso di una sentenza collocare impianti, apparecchiature o di primo grado che quasi certamente segnali destinati a prevenire disastri verrà impugnata dai difensori dei o infortuni sul lavoro, ovvero li due imputati. Pertanto per ora nulla rimuove o li danneggia, è punito con di definitivo ed esecutivo se non le la reclusione da 6 mesi a 5 anni. Se provvisionali risarcitorie concesse ai dal fatto deriva un disastro o un parenti delle vittime. infortunio, la pena è aumentata ed è Per quanto riguarda poi l’età di uno prevista la reclusione da 3 a 10 anni. degli imputati, in generale D.: Quali sono in concreto le ricordiamo che la custodia in carcere richieste di condanna formulate (sia cautelare che come esecuzione nel processo Eternit a carico dei della pena definitiva) non è ammessa dirigenti? per gli ultrasettantenni per i quali si R.: La Procura di Torino aveva applicano ad esempio la custodia chiesto 20 anni di reclusione per cautelare o la detenzione entrambi i dirigenti oltre a tre pene domiciliare. accessorie quali l’interdizione Per quanto riguarda invece pertetua dai pubblici uffici, l’eventuale esecuzione di una pena l’incapacità di trattare con la nei confronti di un soggetto che so pubblica amministrazione per tre trova all’estero, il nostro anni e l’interdizione dalla direzioni ordinamento prevede l’istituto di pubblici uffici per la durata di dell’estradizione. Per i Caraibi fino a dieci anni, In realtà la pena richiesta qualche tempo fa non era prevista

l’estradizione in Italia, ora la collaborazione internazionale è aumentata ed inizia ad essere prevista ad esempio dalla Repubblica Dominicana ma non da tutti i territori. D: Il processo Eternit è stato definito “storico” nella storia in materia di sicurezza sul lavoro non solo per il nostro Paese. A Torino infatti, oltre ad associazioni e familiari delle vittime sono arrivate anche delegazioni dall'estero dove si attende che la magistratura indaghi su casi analoghi e faccia giustizia. E' possibile che la sentenza torinese stimoli la magistratura di altri Paesi? R: Sicuramente si tratta veramente di un processo storico ed di una sentenza altrettanto importante proprio perché viene riconosciuta in capo ai vertici dell’azienda una responsabilità non semplicemente colposa (ossia dovuta da negligenza,imprudenza, imperizia, violazioni di leggi, regolamenti, ordini o discipline) ma di natura dolosa seppur nella forma eventuale. Infatti entrambe le accuse sono contestate a titolo di “dolo eventuale” che è una forma di imputazione del reato che consiste nell’aver agito rappresentandosi la concreta possibilità di realizzazione del fatto di reato e accettando il rischio del verificarsi dello stesso. Tale elemento psicologico si differenzia dalla c.d. “colpa cosciente” o “con previsione” (che è una aggravante comune che comporta un aumento fino ad un terzo della pena prevista per ipotesi di reato colposo semplice) che invece è una forma della colpa che


consiste nell’aver agito con rappresentazione della mera possibilità di realizzazione del fatto di reato senza però accettazione del rischio ossia con convinzione che il fatto medesimo non si sarebbe verificato. Si rilegga sul tema dell’amianto e della sua diffusione nel nostro Paese, l’approfondimento medico e giuridico già trattato al seguente link http://www.fattodiritto.it/l %E2%80%99italia-delle-44maglie-nere-ecco-dove-si-muoreper-amianto-e-diossina/. AVV.VALENTINA COPPARONI D: In cosa consiste il rischio amianto? R: Come ormai ampiamente risaputo le coperture di ondulato ETERNIT sono a base di amianto; altrettanto risaputo è che l’amianto rilascia microfibre nell’ambiente qualora i manufatti contenenti detta sostanza non sono perfettamente integri. Dopo parecchi anni dalla istallazione l’evento non è infrequente data l’usura da eventi atmosferici. Il

danno alla salute è provocato dalle fibre stesse che respirate si vanno a fissare prevalentemente nell’apparato respiratorio e specificatamente nella pleura (membrana che riveste i polmoni ) ma anche nel peritoneo ( membrana che riveste i visceri addominali). In questo caso, secondo quanto emerso dalle indagini, sembra che i lavoratori venissero a contatto con l’amianto disperso e presente in varie forme nel talco, negli scambiatori di calore, nelle postazioni di lavoro, nei locali di servizio (centrale termica e vapore), nei sottoservizi (centraline e rete di distribuzione sotterranee), nei coibenti con presenza di amianto in percentuali variabili quali le corde, le trecce, le coperte e le guarnizioni. L’azione della fibra sui tessuti nel tempo (anche lungo, anche dopo la interruzione della esposizione) può sviluppare il MESOTELIOMA, tumore particolarmente maligno e a tutt’oggi ancora scarsamente curabile anche se recentemente sono a disposizione farmaci chemioterapici più efficaci che in

passato. Il mesotelioma pleurico, forma più frequente, e il meno frequente il mesotelioma peritoneale, sono malattie tipicamente professionali e a riguardo sono stati erogati molti risarcimenti a lavoratori (o loro congiunti) deceduti per la malattia . L’utilizzo prevalente dell’amianto è come coibentante. Purtroppo anche le persone non esposte per motivi professionali possono essere contaminate dalle fibre, basta essere nelle vicinanze di una fonte. Un esempio tipico di diffusione della malattia e quello che riguarda le mogli dei lavoratori esposti all’amianto che hanno contratto la malattia perchè negli anni hanno sempre accudito le tute da lavoro dei propri mariti intrise di fibre, inalandole. Non infrequente il caso che entrambe i coniugi hanno sviluppato la malattia .La legge ha vietato l’uso dell’amianto da vari anni, ma ancora siamo circondati da fonti di amianto! DOTT. GIORGIO (Oncologo)

ROSSI


Strage di Alcamo Marina Assolto dopo 21 anni di carcere Giuseppe Gulotta REGGIO CALABRIA, 14 FEBBRAIO '12 – Non è riuscito a trattenere le lacrime Giuseppe Gulotta quando la Corte di Appello di Reggio Calabria lo ha assolto nel processo di revisione per la strage di Alcamo Marina del 26 gennaio 1976. Gulotta era in carcere da 21 anni ed ora potrà tornare in libertà. La strage di Alcamo Marina. La strage avvenne ad Alcamo Marina, in provincia di Trapani, all'interno di una stazione dei Carabinieri. Nella notte del 26 gennaio 1976 alcune persone si introdussero nella caserma, sfondando la porta con la fiamma ossidrica, e crivellarono di colpi i carabinieri Carmine Apuzzo, di soli 19 anni, e l'appuntato Salvatore Falcetta mentre stavano dormendo. Le indagini. Le indagini si concentrarono dapprima sul terrorismo rosso, ma le Brigate Rosse dichiararono la loro estraneità alla strage, e poi sulla mafia tanto che il capitano dei Carabinieri Giuseppe Russo, che seguì queste indagini oltre al caso Mattei, fu ucciso su ordine di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Per la strage furono condannati Giuseppe Gulotta, che trascorse 21 anni in carcere prima della libertà vigilata, Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli, latitanti in Brasile, e Giuseppe Vesco, suicidatosi nel carcere di San Giuliano a Trapani in circostanze misteriose (Vesco, infatti, aveva perso una mano probabilmente mentre stava preparando un ordigno). Nel 2008

però la Procura di Trapani aprì una seconda inchiesta oltre a quella sulla morte dei due militari, dopo che su un giornale locale l'ex brigadiere Renato Olino denunciò che le confessioni di Giuseppe Vesco, che aveva accusato Gulotta, e degli altri arrestati sarebbero state estorte con la tortura. In questa seconda indagine sono accusato di sequestro di persona e lesioni gravissime quattro carabinieri. Libertà per Gulotta. Per Giuseppe Gulotta, 55 anni da compiere, di cui gli ultimi 21 trascorsi in carcere, è finito un incubo. Appena ascoltata la decisione della Corte d’Assise di Appello l'uomo ha dovuto sedersi ed è comprensibilmente scoppiato in lacrime, poi ha abbracciato il figlio William di 24 anni e la moglie Michela. Una sentenza che fa giustizia, hanno commentato i legali dell'uomo che farà rientro ad Alcamo dove potrà riabbracciare la sua famiglia. “E' stato come tornare indietro con l'orologio a 36 anni fa” ha detto emozionato prima di allontanarsi dall'aula e ricominciare una vita da uomo libero. ELEONRA DOTTORI D: La sentenza della Corte d’Assise di Appello di Reggio Calabria ha messo la parola fine alla vicenda. Dopo oltre 20 anni di reclusione Gulotta è un uomo libero. Può chiedere un risarcimento per gli anni trascorsi dietro le sbarre? R: Ora la sentenza è definitiva.

L'uomo potrà chiedere un risarcimento danno per ingiusta detenzione. E’ un procedimento avanti alla Corte di Appello che mira al risarcimento danni per la custodia cautelare sofferta da chi è stato assolto con formula piena. L’entità del risarcimento danni non può superare i 516 mila euro e dipende dalla durata della custodia cautelare patita e dal danno complessivo subito. Certo che 21 anni di vita non hanno prezzo! D: Che cos'è la revisione di un processo? R: La revisione (art. 630 c.p.p.) è un mezzo d’impugnazione straordinario in quanto esperibile soltanto dopo il passaggio in giudicato di una sentenza di condanna. La revisione può essere richiesta solo nei casi tassativamente previsti dal codice di rito ossia sopravvenienza di nuove prove, inconciliabilità dei fatti posti a fondamento della sentenza di condanna con quelli di altra sentenza penale irrevocabile, revoca di una sentenza pregiudiziale posta a fondamento della sentenza di condanna, pronuncia della condanna a seguito di falsità in atti o in giudizio. L’articolo 630 c.p.p. è stato dichiarato di recente incostituzionale (sentenza 4 aprile 2011 n. 113) nella parte in cui non prevede un diverso caso di revisione della sentenza (o del decreto penale di condanna) al fine di conseguire la riapertura del processo, quando ciò sia necessario per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell’uomo. La richiesta di


revisione può essere proposta senza limiti di tempo a favore dei condannati ed è richiesta dallo stesso condannato oppure da un suo prossimo congiunto dinnanzi alla Corte di Appello nel cui distretto si

trova il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado. Se la richiesta è accolta, la condanna è revocata con il conseguente proscioglimento che deve necessariamente fondarsi sulla

valutazione di nuove prove; qualora, invece, l’istanza venga rigettata la parte può comunque ricorrere in cassazione. AVV.TOMMASO ROSSI

Tweet incriminati,rischia la pena di morte. L’appello di Amnesty International ARABIA SAUDITA, 16 FEBBRAIO ’12 – Un tweet di troppo, o meglio, un cinguettio che dice quello che in Arabia Saudita viene considerato reato. Per questa ragione ora Hamza Kashgari, cittadino dell'Arabia Saudita, originario di Gedda, è in stato di arresto e rischia la condanna a morte. Aveva già ricevuto pesanti minacce di morte, tanto che l’uomo era scappato in Malesia. Ma le autorità lo hanno ritrovato. Incriminato del reato di apostasia (che in Arabia Saudita viene punito con la morte) per il contenuto dei suoi post sul social network Twitter, è stato arrestato in Malesia il 9 febbraio, rimpatriato a forza e incarcerato in un luogo sconosciuto nella capitale Riad, una struttura del Ministero dell’Interno dalla quale ha potuto contattare la famiglia. Ma in quello stato di detenzione non gli è permesso avere accesso a un avvocato. L’allarme per quanto sta accadendo a questo cittadino dell’Arabia Saudita è stato lanciato da Amnesty International che attraverso il suo sito (www.amnesty.it) promuove un appello per richiedere la sua liberazione. La notizia è presto rimbalzata sul web, dove ha destato molto clamore. Secondo le fonti di

Amnesty International, poco dopo l'arresto, un magistrato di Gedda avrebbe chiesto al direttore dell'Ufficio per le indagini penali l'autorizzazione ad aprire un'inchiesta nei confronti dell'uomo, sperando che fosse estesa anche ad altri utenti di Twitter che sostenevano, incoraggiavano, condividevano le idee di Hamza Kashgari. L’organizzazione non governativa considera Hamza Kashgari un prigioniero di coscienza, che è stato arrestato solo per aver esercitato il suo diritto alla libertà d'espressione. Come si legge nel sito, Amnesty considera il suo arresto e la possibile incriminazione - così come quella di altre persone per lo stesso motivo - “incompatibili con i diritti umani fondamentali sanciti dalle convenzioni internazionali”. Nel sito (sezione ‘Cosa puoi fare tu’) è possibile firmare un appello per la liberazione di Hamza Kashgari. TALITA FREZZI

D: In che consiste il reato di apostasia? R: Per apostasia si intende l’abbandono della propria religione per la conversione in altra o semplicemente per decisione di non

aderire ad alcun credo. In senso stretto significa rinuncia e critica al proprio credo religioso. L'abbandono del proprio credo religioso è riconosciuto come diritto anche dalla Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani che lo riconosce come un diritto umano legalmente protetto dal “Patto internazionale sui diritti civili e politici” in quanto la libertà di religione implica anche la libertà di modificarla. Anche la “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo” all’art. 18 recita che : «Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.» Nonostante ciò purtroppo ancora l’apostasia in alcuni Paesi non solo non è accettata ma configura un reato grave, come per l’Arabia Saudita, ed in alcuni casi è punito addirittura con la pena di morte. Caso di solo qualche anno fa (2006) è quello di Abdul Rahman, un convertito afghano che aveva


abbandonato l'Islam per convertirsi il Cristianesimo e che decise di rendere pubblica la sua conversione. La richiesta della corte innanzi alla quale fu tradotto fu quella della pena capitale, ma grazie alle pressioni internazionali e all'opera del governo italiano la Corte decise che l'apostata non poteva essere perseguito on quanto “mentalmente disadattato”. D: Nel nostro ordinamento esiste? R: No, assolutamente. La nostra Costituzione all’art. 19 prevede e tutela la libertà religiosa in modo molto ampio. Essa viene intesa come libertà di fede religiosa per evidenziare il diritto di ogni individuo di professare la propria fede e di farne propaganda. La libertà di religione viene intesa inoltre come libertà di pratica religiosa, perchè comporta il diritto

di esercitarne in privato o in pubblico il culto, ossia di svolgere e di prendere parte a preghiere e riti religiosi. L’unico limite in questo secondo caso è che non deve trattarsi di riti religiosi contrari al buon costume. D: Come si rapporta la legislazione italiana con la pena di morte? R: In Italia la pena di morte è stata per la prima volta abolita nel 1889 tranne per reati militari e regicidio. Poi fu reintrodotta durante il periodo fascista ed infine la nostra Costituzione, entrata in vigore il 1 gennaio 1948, ha abolito la pena di morte per tutti i reati comuni e militari commessi in tempo di pace. La misura venne attuata con i decreti legislativi 22 gennaio 1948 n. 21e 22 ; la pena di morte era rimasta solo

nel Codice penale militare di guerra fino alla promulgazione della legge 589 del 1994 che l’ha abolita sostituendola con l’ergastolo ossia la massima pena prevista dal nostro codice penale. Nel 2007 è stata approvata una legge costituzionale che ha modificato l'art. 27 della Costituzione introducendo il divieto assoluto di utilizzare la pena di morte nell'ordinamento penale italiano. L’Italia ha anche ratificato il protocollo n. 13 (firmato il 3 maggio 2002) alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza.

AVV. VALENTINA COPPARONI

Parolisi chiede i domiciliari Agli atti lettere all’amante dalla giornalista-postina ASCOLI, 18 FEBBRAIO ’12 - E’ un giallo fitto di interrogativi l’omicidio di Melania Rea, per cui unico indagato è il marito, il caporalmaggiore Salvatore Parolisi. L’uomo, detenuto dal 19 luglio e da poco trasferito nella sezione protetti della casa circondariale di Teramo, ora tramite i suoi difensori chiede gli arresti domiciliari da scontare presso la casa dei genitori, in Campania, in attesa di giudizio. Intanto, scoppia anche un altro scandalo in questa già drammatica vicenda familiare di amore, tradimenti e morte. La trasmissione di Rai3 “Chi l’ha Visto?”, che dal giorno della scomparsa di Melania si era

occupata del caso e dei suoi sviluppi, ora porta a conoscenza un altro aspetto dell’inchiesta, che coinvolge anche una giornalista Mediaset che avrebbe fatto da ‘postina’ consegnando le lettere di Salvatore Parolisi dal carcere all’amante soldatessa.Mentre si attende ancora la decisione del giudice per le indagini preliminari della Procura Marina Tommolini sulla concessione del giudizio abbreviato a Parolisi, condizionato a una super-perizia per stabilire con esattezza scientifica l’ora della morte della moglie; lo stesso caporalmaggiore ha chiesto di essere scarcerato e di aspettare il giudizio ai domiciliari. L’istanza è

stata depositata in cancelleria. L’udienza davanti al gip per la trattazione della concessione dell’abbreviato è stata fissata al 12 marzo, data in cui tra le parti civili si costituirà contro il padre anche la piccola Vittoria, figlia di Salvatore e Melania, ora in custodia ai nonni materni. “Chi l’ha Visto?” mostra le lettere proibite. Salvatore Parolisi, personaggio controverso in questa torbida vicenda, è l’unico indagato per la morte della moglie Melania Rea. Su di lui sono accesi i riflettori. E ora, nelle carte della Procura di Teramo, ci sono nuovi elementi, portati alla luce come detto dalla trasmissione “Chi l’ha Visto?”


di Federica Sciarelli, che ha definito i nuovi elementi probatori “un fatto imbarazzante per la nostra categoria”, riferendosi alla giornalista Mediaset che secondo quanto emerso dall’inchiesta, avrebbe fatto capitare delle lettere di Parolisi dal carcere di Ascoli alla soldatessa-amante. Agli atti ci sono le lettere scritte di pugno dal caporalmaggiore a Ludovica, la soldatessa sua amante. Missive imbarazzanti, specie per i familiari della povera Melania che ancora aspettano la verità sulla morte della figlia. “La giornalista Mediaset come riportato negli atti d’inchiesta avrebbe fatto da ‘postina’ tra Salvatore Parolisi e l’amante, la soldatessa Ludovica”. Sebbene la conduttrice del programma di Rai3 non abbia fatto il nome della giornalista per delicatezza pur conoscendone l’identità (“andatevela a cercare voi…”), la vicenda getta ombre sull’etica professionale di alcuni rappresentanti del mondo del giornalismo televisivo. Quello del caso Rea non è certo il primo, ma lascia interdetti lo stesso. Anche perché le lettere sarebbero state intercettate dalla direzione del carcere di Ascoli e sarebbero regolarmente arrivate a destinazione. E la ‘postina’ avrebbe recapitato quei messaggi quando a Salvatore era stato fatto esplicito divieto di avere contatti con l’esterno e soprattutto con la sua amante. Le lettere-choc. Ecco alcuni stralci della lettera che Parolisi ha consegnato alla giornalista Mediaset, letti in prima serata a “Chi l’ha Visto?”. La lettera era datata 23 marzo, ovvero 4 giorni dopo l’arresto di Salvatore Parolisi. “Cara (…il nome della giornalista),

la busta bianca chiusa non è per voi, ma tu sai a chi mandarla, mi raccomando che arrivi a destinazione, assicurati che sia li”. E poi, nella busta bianca alla soldatessa amante, Parolisi le scrive: “ti ho mandato questa lettere tramite (nome della giornalista) perché sul mio verbale di accusa non posso avere nessunissimo contatto con te. Se riceverai questa lettera mi raccomando non lo dire a nessuno e non fidarti di nessuno. Metti in una busta sigillata la lettera che sarà per me”.

all’omicidio. Dal pc fisso sono stati estratti 145 indirizzi di posta elettronica di cui 5 visibili ed attivi e altri 140 cancellati e recuperati attraverso tecniche di ‘data carving’. “Dalla cronologia di navigazione Explorer normale non emergono siti di particolare interesse, mentre dalla navigazione ‘in private browsing’ emergono siti di trans con immagini molto forti”, da quanto scritto nella relazione dei carabinieri. Anche le foto sono state allegate alle carte dell’inchiesta, che diventa sempre più corposa.

Guai per la giornalista-postina. La giornalista e un suo collaboratore “che lavorano per una trasmissione Mediaset” sono stati anche intercettati. La Procura ha scoperto che avrebbero redatto una finta lettera, spacciandola per una missiva di Parolisi alla loro redazione “e poi letta in trasmissione la sera del suo arresto”. Le chat dal pc di Parolisi con i trans. Durante la trasmissione di Rai3, nelle imbarazzanti verità probatorie emerse a carico di Parolisi, spuntano anche altre indiscrezioni, nuovi pugni nello stomaco per i familiari della povera Melania. Sembra che il caporalmaggiore frequentasse siti di trans (video e foto con contenuti pornografici) e abbia fatto gli accessi sia dal computer di casa che da un pc portatile che portava in caserma. Tralasciando sugli ovvi e sgradevoli contenuti di quelle chat e di quei siti, ora gli inquirenti stanno lavorando per capire se, oltre alla relazione exraconiugale con Ludovica, ci fossero anche quei siti, magari scoperti da Melania, come movente

TALITA FREZZI

D: Di cosa potrebbe essere accusato Parolisi, avendo avuto contatti con l’esterno del carcere pur essendogli vietato? R: Reati non ne ravviso. Violazioni disciplinari che saranno sanzionati con inasprimenti del regime di custodia cautelare e con negativa valutazione del GIP in ordine alla richiesta di revoca della misura cautelare. D: Quali conseguenze penali per la giornalista Mediaset che ha fatto da postina per un detenuto? R: Potrà essere accusata di favoreggiamento personale. Il reato di favoreggiamento personale punisce con la reclusione fino a 4 anni chi dopo la commissione di un reato, aiuta il colpevole ad eludere le indagini o a sottrarsi alle ricerche. In questo caso l'aiuto è per eludere le indagini, visto che il divieto di contatti con la soldatessa è stato proprio stabilito al fino di garantire il


non inquinamento delle prove. D: E quali reati per la diffusione via tv di una finta lettera di un indagato? R: Forzando un po' la lettura della norma, la calunnia, che si ha non solo quando si incolpa qualcuno di

un reato, ma anche quando si simulino a suo carico tracce di un reato. In questo caso il contenuto (presunto) falso della lettera potrebbe essere stato comunque valutato dal magistrato come indizio del reato di cui Parolisi è accusato.

Oltre a ciò, tanta modestia umana e professionale. Ma questo, come sempre, è solo il mio “modesto” parere.

numero delle persone che convivono con animali sia altissimo quando si cerca di affrontare genericamente un discorso sulla loro effettiva tutela in quanto portatori di diritti si viene quasi ridicolizzati come se l’attenzione per gli animali fosse uno spreco di affettività che rende questo tipo di amore un amore sconveniente e normalmente riprovevole su cui tutti si sentono di poter esprimere giudizi, quasi si trattasse di un capriccio da persona viziata, insensibile a più degni richiami e a più seri motivi di preoccupazione. E’ per questo che gli amanti degli animali sono abituati ad affrontare disagi e traversie per soccorrere i loro beniamini in difficoltà con la più cristiana delle umiltà: tacere sui sacrifici che si affrontano se non con chi è un adepto.E’ un niente che si venga svergognati come pazzi furiosi.In questi giorni di neve corrono telefonate cariche di ansie,appelli e implorazioni, scambi di preoccupazioni e drammatici pronostici tra chi sta in pensiero per gli animali in libertà e in balia delle intemperie. Telefonate rigorosamente secretate per chi è subito pronto a

rimproverare scrupoli così marginali rispetto a ben più gravi motivi di preoccuparsi come se la sensibilità alla sofferenza altrui dovesse seguire un modello e un livello predefiniti nel quale le sofferenze animalesche occupano un posto infimo e prenderle in considerazione sia una stravaganza bambinesca da relegare in un disneyano mondo di evasione.in cui gatti pettirossi lupi e naturalmente Bamby, infreddoliti e affamati servano solo a impedire di pensare agli umani tragicamente abbandonati alla miseria Ma come tutte le passioni, quella per gli animali rende impavidi e la resistenza dà i suoi frutti e le sue consolazioni: l’attenzione nei confronti del mondo della natura e delle creature “altre” si va diffondendo sempre di più e comincia a scalfire pregiudizi e indifferenze. Intanto si è cominciato a definirne i diritti in una Carta, perché sia poi concretizzata in interventi e leggi bisognerà impegnarsi.

AVV.TOMMASO ROSSI

ALTRI DIRITTI: Gli animali e la loro Auschwitz quotidiana In un racconto dello scrittore Singer c’è un vecchio signore che vive in una stanza ed è così solo che finisce per affezionarsi ad un topolino. Gli offre pezzetti di cibo e la vista del musetto che si affaccia timoroso da una crepa di una parete gli ispira la sconfortata riflessione che per quella creaturina Auschwitz è tutti i giorni. Quella dell’animaletto è una vita dominata da una minaccia sempre incombente. E’ questa una riflessione che, anche se in maniera meno chiara e incisiva, anima quella specie di dolorosa affezione che lega tante persone al mondo degli animali e che è dietro quell’impulso incontenibile ad intervenire in loro aiuto pur nella consapevolezza di essere impari al compito di riparare torti e sanare tragedie che, con tanta facilità,possono abbattersi su di loro.Non parlo della catena alimentare che è la dannazione dell’esistenza. Parlo della solare disinvoltura con cui si accettano stragi e persecuzioni che, nella indifferenza dei più, si abbattono sugli animali. E nonostante il

PAOLA BALLANTI


Contrae l’epatite C per una trasfusione nel 1977 Solo oggi risarcito ANCONA, 17 FEBBRAIO ’12 Alla tenera età di un anno aveva avuto bisogno di numerose trasfusioni di sangue e piastrine. Quelle trasfusioni, fatte nel 1977 negli ospedali “Salesi” di Ancona e “Gaslini” di Genova, furono la causa per cui quel bambino contrasse l’epatite cronica evoluta Hcv, meglio conosciuta come epatite C. Una malattia che gli ha rovinato la vita. Ora quel bambino ha 35 anni, è un manager di Ascoli Piceno e deve sottoporsi a continui, periodici controlli sanitari per monitorare la situazione e per evitare di contagiare le altre persone con cui quotidianamente si relaziona. I genitori e lui stesso, denunciarono per questo contagio, il Ministero della salute. E oggi, dopo 35 anni, è arrivata la sentenza tanto attesa. Il Tribunale di Ancona ha riconosciuto all’uomo il diritto a essere risarcito dal Ministero della Salute con 293 mila euro, una somma che tra interessi maturati e rivalutazioni potrebbe raggiungere quasi un milione di euro. Denaro che certamente aiuterà a far rientrare le spese sostenute dalla famiglia in tutti questi anni per i continui esami, controlli, accertamenti, visite specialistiche e farmaci, ma che non potranno cambiare le cose. Non potranno restituire l’infanzia spensierata di bambino, né quella vita ormai rovinata di giovane uomo.

TALITA FREZZI

D: Come mai è stato condannato il Ministero e non i singoli ospedali in cui son state fatte le trasfusioni? R: Perché evidentemente (senza ovviamente aver letto la sentenza...) non è stata riconosciuta colpevole la condotta dei medici e dei responsabili degli ospedali, bensì del Ministero, per omessa vigilanza dovuta al fatto di non aver previsto un metodo virucida in grado di neutralizzare i virus presenti nel sangue da trasferire.

AVV.TOMMASO ROSSI

D: Che sintomi presenta l’epatite C? R:L'Epatite C è una malattia infettiva causata dall'Hepatitis C Virus.Molto spesso è asintomatica ; solo nel 15% dei casi presenta sintomi acuti che comunque sono vaghi e caratterizzati da profonda stanchezza, inappetenza , senso di nausea . D: Quanto l’epatite C limita la vita personale, relazionale e quotidiana? R: Il più grande rischio è la sua cronicizzazione che si stima avvenga in circa 80% dei colpiti. Tale situazione comporta un deterioramento delle funzioni del

fegato fino alla possibilità di evolvere, nel giro di svariati anni ,verso la Cirrosi epatica. Questa a sua volta nel tempo può favorire l'insorgenza dell'epatocarcinoma ( tumore del fegato). Data pertanto la storia naturale è comprensibile come la persona colpita debba nell'arco della sua vita sottoporsi ad un monitoraggio continuo. Inoltre , fortunatamente , attualmente esistono cure efficaci ( Interferone alfa e Ribovirina ) che offrono dal 40 all'80% di guarigioni in base al tipo ,ma che comunque sono gravate da effetti secondari importanti.

D: Come si trasmette? Quali precauzioni nella vita quotidiana deve prendere un soggetto affetto da epatite? R: L'Epatite C si trasmette con il contatto di sangue infetto attraverso strumenti contaminati (siringhe, attrezzi da dentista, ecc.), trasfusioni di sangue o emoderivati . Questo, tutto prima del 1990, ora il miglioramento delle conoscenze hanno permesso di attivare dei sicuri sistemi di prevenzione . Altra via di trasmissione è la via sessuale solo se durante il rapporto avviene uno scambio di sangue a causa di microtraumi , altrimenti non sono infetti né la saliva, né lo sperma ,né le secrezioni vaginali .

DOTT. GIORGIO ROSSI


Festival di Sanremo: vince Emma Celentano fra contestazioni ed applausi SAN REMO 19 FEBBRAIO ’12 – Alla fine ha vinto lei, Emma Marrone, la favorita con la sua ‘ Non è l’ inferno’, seguita da altre due donne, Arisa e Noemi. Il premio della critica ‘ Mia Martini’ è andato a Samuele Bersani. Ma ieri sera è stata anche la serata del ritorno sul palcoscenico dell’Ariston di Adriano Celentano, dopo il suo, criticato, intervento nella prima serata: in molti si chiedevano cosa avrebbe riservato la sua apparizione, si diceva che lo stesso Morandi fosse un po’ preoccupato dopo l’attacco condotto dal Molleggiato, giovedì sera, ai giornali cattolici Avvenire e Famiglia Cristiana. La stessa Lorenza Lei, Direttore Generale della Rai, aveva preso le distanze dall’artista, avvertendo che si augurava che nel post festival non si dovessero prendere provvedimenti per tutelare l’azienda. Celentano è salito sul palco intorno alle 22 e 30, poco dopo che i 10 big ancora in gara avevano terminato le loro esibizioni, mentre Gianni Morandi lo ‘ annunciava’ intonando ‘C’era una ragazzo’. Prima ha cantato “Thirteen Women”, poi sul palco è rimasto circa una

mezz’ora, parlando al pubblico e duettando con Morandi. Il suo discorso si è aperto constatando l’attacco mediatico nei suoi confronti dopo la prima serata, ma non per questo Celentano ha cambiato il taglio del suo discorso: prima ha ringraziato quelle quattro o cinque persone che lo hanno difeso pubblicamente, poi ha ripreso la polemica con Avvenire e con Famiglia Cristiana, nuovamente accusati di parlare troppo poco di temi centrali del cattolicesimo, quali la vita terrena, la morte e l’ Aldilà, parlando invece eccessivamente di politica, mentre dovrebbero interessarsi della politica di Dio e ribadendo che lo stesso Gesù Cristo ‘fu un politico’. Un Celentano ‘mistico’, quando parla del Paradiso e di come sia un nulla quello che viviamo in terra, rispetto a quello che ci sarà poi. Non tutti, però, sembrano avere gradito questa ‘ replica di misticità’ del Molleggiato, come molti non hanno gradito i nuovi attacchi ai quotidiani cattolici, tanto che qualcuno dalla platea ha urlato: ‘ basta, basta’ e qualcun altro lo ha ironicamente chiamato ‘predicatore’. Per la verità in molti,

la maggioranza, lo hanno applaudito e qualcuno gli ha gridato ‘ Adriano sei un mito’. Alla fine è rientrato in scena Gianni Morandi, che prima lo ha ringraziato e poi, visibilmente emozionato, ha cantato con Adriano un pezzo tratto dal suo ultimo album prima di abbracciarlo e salutarlo. Il Presidente della Rai Garimberti, dopo la prima serata, aveva detto di ritenere di ‘cattivo gusto’ gli attacchi ad Avvenire e Famiglia Cristiana e del tutto fuori luogo le tele prediche ad un Festival della canzone. Ieri sera gli ha replicato Claudia Mori, storica compagna di Adriano, che rivolgendosi al Consigliere Rai Antonio Verro, ha attaccato il CdA aziendale e, riferendosi ai fischi e alle contestazioni in sala verso il marito, ha fatto i suoi ‘ complimenti per la buffonata organizzata’. Polemiche a parte, Adriano Celentano resta un mito, ma in molti, piuttosto che come ‘predicatore’, avrebbero preferito vedere il ragazzo della via Gluck intonare ‘ Azzurro’ o ‘ Una carezza in un pugno’. ANDREA DATTILO


Complicazioni

dopo

un'operazione

alle

tonsille.

Muore una bambina di 5 anni ANCONA, 19 FEBBRAIO '12 – Doveva essere un'operazione di routine e invece l'intervento alle tonsille a cui è stata sottoposta una bambina di 5 anni, S.F., potrebbe esserle stato fatale. Lo scorso 9 febbraio la piccola si era recata presso il presidio pediatrico Salesi di Ancona dove era stata operata. Nel corso della stessa giornata però, sarebbero subentrate delle complicazioni e la bambina è stata sottoposta ad un secondo intervento. La situazione sembrava essere tornata sotto controllo e non c'erano più state quelle perdite di sangue che avevano richiesto il secondo intervento, quindi la paziente aveva lasciato il reparto di rianimazione

(dove si trovava per motivi puramente precauzionali) per essere trasferita in quello di otorinolaringoiatria. Dopo qualche giorno di degenza S.F. era stata rimandata a casa ma qui, l'altra notte, ha avuto un'emorragia e una crisi respiratoria. Al Salesi la piccola era arrivata in stato di arresto cardiaco. Inutili i tentativi di salvarla, la bambina potrebbe essere morta soffocata dal sangue. ELEONORA DOTTORI

R: In questo caso la magistratura, prima di dare l'ok per funerali e tumulazione della salma della piccola, vorrà certamente far effettuare una autopsia per meglio individuare le cause del dramma. Si valuterà poi se – ed è molto probabileverrà iscritto un procedimento e a carico di chi per omicidio colposo, al fine di accertare se le scelte medico chirurgiche e diagnostiche nella fase postoperatoria siano state ineccepibili o se le stesse possano aver avuto una D: Occorrerà accertare che i incidenza causale sul realizzarsi medici abbiano preso le dell'evento morte. precauzioni necessarie prima di dimettere la paziente? AVV.TOMMASO ROSSI

Liberate Rossella e Maria Sandra Rapite per i loro ideali ROMA, 21 FEBBRAIO '12 – Rossella Urru e Maria Sandra Mariani. Due donne, italiane, che sono state rapite in circostanze e Paesi diversi e che ancora non sono tornate ad abbracciare i propri cari. Di loro non si hanno più notizie da mesi e l'opinione pubblica, come spesso accade quando la tv è assente, le ha dimenticate. Sono finite in un cono d'ombra sul quale si sono accessi i riflettori da qualche giorno grazie all'intervento di Geppi Cucciari sul palco di Sanremo, ma a dire la verità su facebook già da qualche giorno si moltiplicavano i post per riportare alla luce la vita di queste due donne. Maria Sandra Mariani.

Toscana di San Casciano Val di Pesa, Maria Sandra Mariani ha 54 anni e 13 mesi fa fu sequestrata nel sud dell'Algeria, nel deserto del Sahara, dove era già stata altre volte come turista. Rapita il 2 febbraio 2011, la tv di Dubai Al Arabiya ha fatto ascoltare un suo messaggio in francese, datato il 2 maggio 2011, che aveva riacceso la speranza di riportare Maria Sandra viva a casa. Nel video la donna diceva di stare bene e di trovarsi nelle mani di al Qaeda. Qualche mese dopo però la Farnesina, che ha contatti con il marito, il figlio e i genitori anziani della donna, ha fatto sapere che potrebbe trovarsi in Mali. Un aggiornamento considerato

attendibile seppure non sia stato individuato il punto esatto dove i sequestratori la terrebbero. Rossella Urru. Grazie al web è stata riaccesa la luce sul rapimento di Rossella Urru, 29 anni, sarda. Poco tempo fa è stato anche aperto un blog, www.rossellaurru.it, che dice: In molti abbiamo vacillato di impotenza. Ci siamo sentiti infinitamente soli di fronte a tanto assurdo, svuotati da tanta assenza improvvisa. Così ci siamo chiusi in un lungo silenzio. Ma quello che noi credevamo un silenzio si è rivelato essere in realtà un coro di voci giunte da ogni dove. Un coro di solidarietà e di affetto che, dalla


notte tra il 22 e il 23 ottobre, diventa sempre più accorato, sempre più grande e sincero. Senza addentrarsi in considerazioni ed analisi di ordine politico o religioso, lasciando quindi che siano gli esperti ad occuparsene in altre sedi più appropriate, questo blog vorrebbe solamente essere il punto di incontro fra tutte queste voci. Raccogliendo e condividendo in un unico spazio

libero e aperto a tutti le numerose testimonianze per l’immediata liberazione di Rossella Urru. Rossella lavorava con una Ong nel campo profughi di Tindouf, qui da 36 anni vive in esilio il popolo saharawi. Il rapimento è stato rivendicato dal Movimento Unito per la jiahad in Africa, un gruppo poco noto che forse con il sequestro dell'italiana e degli spagnoli Enric

Gonyalons e Ainhoa Fernandez, voleva farsi conoscere. Non si sa con precisione dove si trovi la donna, che potrebbe essere detenuta in Mali, e stando ad un video del 12 dicembre scorso visto da una giornalista, ci sono buone speranza di credere che Rossella sia viva. ELEONORA DOTTORI

'Oltre l'attesa', nel carcere ognuno è un'isola. Intervista a Rossana D'Ambrosio Prosegue il viaggio di Fatto & Diritto nelle carceri italiane e questa volta a bordo di un libro. “Oltre l’attesa” di Rossana D'Ambrosio è un romanzo, edito da Edizioni Angolo Manzoni di Torino, che pone una riflessione sulle Istituzioni totali, in primis il carcere, condotta con uno spirito propositivo. La dedica del romanzo è esplicita e chiarisce molto bene i contenuti che abbiamo affrontato proprio con l'autrice del libro: «Vorrei dedicare questo libro a chi trascorre la vita, per libero arbitrio o per costrizione, all’interno delle “istituzioni totali”. Chi si trova fra le mura di un carcere, sta compiendo un percorso che lo dovrebbe portare a una vita migliore. Auspico che questo percorso non sia gratuitamente doloroso, ma porti a una “guarigione” vissuta nel pieno della dignità e del rispetto dei diritti umani». Rossana D'Ambrosio, architetto, giornalista pubblicista, dopo 20 anni nel mondo della carta stampata

destinata ai bambini, entra in quello della narrativa per adulti con questo realistico romanzo ambientato a Torino. Nel libro gli orologi molli di Dalì vengono paragonati al tempo che scorre dietro le sbarre. Forse è questa l'immagine più esplicita di “attesa”. Tutti i personaggi del romanzo attendono, chi in cella, chi attende qualcosa da una relazione e chi dal decorso di una malattia. Ma cosa c'è oltre l'attesa, forse la ricerca del senso dell'attendere? Certamente l’attesa è una costante nella vita di ognuno. Le attese governano la nostra vita, come le pause governano la musica. L’augurio è che le attese della nostra vita, è che le attese della nostra vita, ora angoscianti, ora intrise di fiducia, possano regalarci un’esistenza intensa e nel contempo ricca di melodia, capace di farci sentire in armonia con il resto del mondo. Il messaggio del libro è di cogliere il valore dell’attesa in modo che possa

divenire un momento di crescita e maturazione interiore, senza ridursi a un dolore afinalistico, come spesso avviene. Per esempio l’attesa vissuta nell’ozio, così come accade nelle istituzioni carcerarie non conduce certamente a un recupero costruttivo. E questo è molto svilente per i detenuti, ma alla fine lo è anche per tutta la società perché non fa onore ad un sistema civile e democratico. Ogni situazione con un equilibrio preesistente, una volta relegata nei rigidi confini di un'istituzione totale, rischia di essere sovvertita. Ecco allora che l'equilibrio psichico e quello sessuale possono cambiare, e chi non soffre di depressione può arrivare a togliersi la vita. Perché accade questo? Come agisce un'istituzione totale sull'equilibrio delle persone? Quando si è costretti a vivere come in un lager, in spazi ridottissimi, e tutto questo va a discapito di una vita anche solo minimamente dignitosa in relazione ai più semplici bisogni dell'uomo, questa forzatura credo


che vada pian piano a pesare drasticamente sulla psiche, finché si diventa quasi bruti. A quel punto riflettere sui propri errori credo che passi in ultimo piano, anzi si fomentano rabbia e rancore fino a ridurre i carcerati come belve affamate in gabbia. Affamate non tanto di buon cibo ma di umanità, quella che forse per qualche caso della vita avevano perso. Ma non si può pensare di correggere i condannati sperando di farli diventare onesti, vivendo all'interno di un grande e costante esempio di disumanità. “Nel carcere, pur nell'affollamento, ognuno è un'isola”. Anche questa definizione mi ha molto colpita perché mette a confronto due opposti, l'isolamento e l'affollamento, che impediscono la funzione che il carcere dovrebbe avere e cioè quella di recupero per il condannato... In carcere di fatto si è soli. Il contatto forzato nell'ambito di un sovraffollamento esagerato finisce per portare all'esasperazione. Il recupero del condannato di fatto viene messo all'ultimo posto e nella gran parte dei casi oggi le carceri funzionano come contenitore di delinquenza. Le carceri sono considerate luoghi da dimenticare, ubicate per lo più ai margini delle città in zone poco agevolmente raggiungibili dai familiari. Ma forse ci dimentichiamo che come diceva Dostoevskij, il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni. Da questo dovremmo capire che il sovraffollamento è solo la punta di un iceberg di un sistema giustizia al

collasso. La pena consiste nella privazione della libertà personale e non nella condanna a vivere in un posto disumano e degradante, cosa che certamente risulta deleteria nell'ottica di un recupero. 4- Nel libro Irene ha una proposta per creare un ponte tra la società e i carcerati, che chiama “Adotta un carcerato”. In altre parole i detenuti possono essere produttivi per la società, possono offrire le loro capacità per il bene loro e degli altri, pur scontando la pena. In alcuni penitenziari italiani questo avviene. Nel carcere di Bollate, ad esempio, i detenuti possono seguire dei percorsi formativi e numerose attività. Perché allora questo progetto, visto che funziona, non può essere applicato anche altrove? Secondo Lei è troppo tardi per migliorare le cose? Non è mai troppo tardi per migliorare le cose. Purtroppo è troppo tardi per alcune persone che senza essere reali delinquenti hanno perso la loro vita a causa di un sistema carcerario che non funziona. Pensiamo ad esempio a Stefano Cucchi che dopo essere stato portato in carcere perché in possesso di droga è stato pestato fino alla rottura delle vertebre ed altri maltrattamenti che lo hanno portato al decesso. proprio pensando a queste persone e al dolore di queste famiglie, bisognerebbe lottare per cambiare le cose. Il carcere di Bollate sicuramente è un bell'esempio. Perché altre carceri non seguano questo esempio non lo so. Immagino a causa di problemi organizzativi, a causa di mancanza di disponibilità economiche tali da

consentire di avviare percorsi formativi e altre attività. In effetti quando i contribuenti reclamano stanziamenti per gli ospedali, per i disabili, per le scuole non hanno torto. In questo momento ci sono troppe cose da arginare. E io per quanto difenda i diritti dei carcerati non me la sento di metterli davanti a quelli dei disabili. Difficile stabilire delle priorità. Per questo, in momenti di ristrettezze è importante trovare soluzioni alternative che non comportano esborsi economici, come ad esempio quelle che ho proposto nel romanzo “Oltre l'attesa”. Samuele Animali di Antigone Marche ci ha spiegato che quando si calpesta la dignità dell’uomo, ovunque ciò avvenga e chiunque sia quell’uomo, sono minacciati anche il fondamento dei nostri diritti e i valori della democrazia nel suo complesso. Per questo motivo quello che succede nelle carceri italiane non può e non deve essere di interesse solo per pochi. Secondo Lei come si può mantenere elevata l'attenzione su questa situazione? Concordo in pieno con ciò che sostiene Samuele Animali e confermo che le problematiche delle carceri sono problemi di tutti noi. "La sconfitta dei detenuti è anche la nostra" come ho spiegato nel mio libro. Per mantenere alta l'attenzione su questa tematica esiste solo un modo. Ed proprio quello che sta attuando lei con la sua intervista. Io ho intuito tristemente che, in moltissimi casi, chi è ai posti di potere ai vertici di un sistema gerarchico piramidale, non modifica le cose a favore di chi è ai piedi della piramide, se non ha un forte


interesse personale. Quindi è assai difficile riuscire ad attuare cambiamenti radicali. Tutto quello che possiamo fare è parlarne, gettare il seme della riflessione. Bisogna risvegliare gli animi e le coscienze. Gli animali hanno un linguaggio per comunicare. Ma gli esseri umani dovrebbero avere molto di più. Tra gli esseri umani c’è uno scambio di idee che va molto al di là della

semplice comunicazione. Negli umani c’è il desiderio di comprendere, c'è la capacità di introspezione e l'intento di riflessione. Da questo sono nate la filosofia, la letteratura, l'arte...È importante che i giornalisti parlino di queste tematiche e creino il dibattito, che gli scrittori trasmettano anche messaggi sociali importanti. Ognuno può fare qualcosa, anche il semplice

cittadino nella sua piccola realtà locale. E poi non dimentichiamo il grande contributo che può essere offerto dall'arte, dalla musica e dal cinema, proprio come hanno fatto i fratelli Taviani con il film “Cesare deve morire”. ELEONORA DOTTORI

Il governo e la riforma del Lavoro Articolo 18,com'è e come potrebbe cambiare ROMA, 21 FEBBRAIO '12 - Quale sarà il prossimo delicatissimo passo del "governo dei tecnici" di Mario Monti? Cercare di innovare il mercato del lavoro varando una riforma che potrebbe arrivare a compromettere anche l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, da più parti considerato intoccabile. Il governo ha infatti deciso che sul capitolo "Lavoro" non dovranno esserci tabù, nemmeno quello dei licenziamenti. Nei giorni scorsi il governo aveva fatto sapere: "L'articolo 18 non è un tabù", provocando una pioggia di reazioni contrariate e un acceso dibattito in tutto il Paese. Le posizioni sull'articolo 18. Le posizioni sull'opportunità di rivedere l'articolo 18 sono quantomai diversificate. Tra le più influenti se ne rilevano almeno quattro. CGIL: Secondo il segretario generale Susanna Camusso l'articolo 18 "è una norma di civiltà" e soprattutto "una norma deterrente". Per Camusso questa norma - che

stabilisce l'obbligo di reintegro per i lavoratori licenziati senza giusta causa nelle aziende con più di 15 dipendenti - non può essere indebolita "perchè il messaggio che verrebbe ricavato non è una maggiore efficacia economica ma 'potete fare quello che volete'". Il leader della Cgil si dice però disponibile a modifiche per accelerare l'iter processuale delle cause in materia di licenziamenti: "ci sono dei problemi, come per esempio il fatto che i contenziosi giudiziari durino in media sei anni e questo è troppo sia per il lavoratore che per le aziende", ammette Camusso. CISL: Raffaele Bonanni, leader della Cisl, è favorevole ad una posizione mediativa. E da giorni cerca di far confluire sulla sua proposta il più ampio consenso possibile: l'idea è quella di confermare il reintegro al posto di lavoro per i licenziamenti discriminatori ma anche per quelli disciplinari (motivi soggettivi). Mentre per i licenziamenti

individuali per motivi economici dovrebbe essere garantito solo il pagamento di un'indennità di mobilità (come prevede già oggi la legge n. 223 del 1991 sui licenziamenti collettivi per motivi economici per imprese con oltre 15 dipendenti). Questo schema, secondo Cisl, garantirebbe una verifica sulla congruità del licenziamento da parte del sindacato e in caso di esito favorevole un accordo che contempla il pagamento dell'indennità di mobilità al lavoratore. Tagliente la risposta della Cgil su Twitter: "Chi decide se il licenziamento è giustificato? Il sindacato? Il sindacato toglie al singolo il ricorso al giudice?" UIL: il Segretario della Uil, Angeletti, sostiene una posizione di mediazione. In una intervista alla Stampa del 6 febbraio scorso, alla vigilia di un incontro con il Governo sul tema, il Segretario afferma che “Voglio dire che per quanto mi riguarda l’art. 18 va bene così com’è. Nel 1970 è stato scritto dai


migliori giuristi in circolazione . Ma se in quel testo c’è una lacuna, se il mondo nel frattempo è cambiato e occorre sancire un principio, sono disposto a dire di sì ad una legge che dica esplicitamente – fatte salve le ragioni discriminatorie – quando il licenziamento è consentito per motivi economici”. Angeletti inoltre appare fiducioso che questo tipo di proposta possa trovare accoglimento e fattibilità anche dal punto di vista giuridico soprattutto “ se verrà accompagnata da una norma che crea una corsia preferenziale per le cause di licenziamento di fronte al giudice del lavoro”. CONFINDUSTRIA: Sull'articolo 18 Emma Marcegaglia afferma: "Non vogliamo la sua abolizione, rimanga per casi di licenziamento per discriminazione (per ragioni politiche, razziali, religiose o maternità, cioè motivi soggettivi ndr.)". Il presidente di Confindustria ha poi attaccato i sindacati: "Vorremmo un sindacato che lotta anche fortemente con noi per tutelare il lavoro, ma che non protegge assenteisti cronici, ladri e chi non fa bene il proprio lavoro". Immediata la reazione di Cgil, Cisl e Uil. In particolare, la Cgil su Twitter: "Dire, come fa Marcegaglia, di volere un sindacato che non protegge assenteisti cronici, ladri e chi non fa il proprio lavoro è davvero troppo. Sono affermazioni non vere che offendono e mettono in discussione il ruolo del sindacato confederale. Le smentisca". In serata è la replica di Marcegaglia: "Nessuna mancanza di fiducia e rispetto nei sindacati confederali..." "Va tuttavia rimarcato - aggiunge - che a volte l'articolo 18

diventa un alibi dietro il quale si possono nascondere dipendenti infedeli, assenteisti cronici e fannulloni". Tentativo di sintesi tra le parti sociali. Ed è tempo di incontri tra il ministro del Lavoro Fornero e le parti sociali (sono convocate per giovedì alle 18.00 Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confindustria, Ania, Abi, Rete imprese Italia e Alleanza delle Cooperative) che, però, stanno ancora cercando una sintesi sulla riforma. Al momento ci sono dei punti di contatto sull'idea di istituire una corsia preferenziale per i processi, con la creazione di sezioni specifiche nei tribunali, o l'attivazione di procedure d'urgenza. Sugli ammortizzatori sociali si concorda, invece, sulla creazione di un sistema finanziario alimentato da tutte le imprese ed esteso a tutte le tipologie di lavoro, a prescindere dalle dimensioni dell'azienda. Sul punto, l'associazione "Rete Imprese Italia" frena, non volendo aumentare la propria contribuzione al sistema degli ammortizzatori. Infine, c'è accordo sulla diffusione dei contratti di apprendistato (per i giovani) e di inserimento (per gli over 50), che andrebbero incentivati e agganciati alla formazione. Sull'ipotesi di riduzione delle tipologie di contratti, invece, si registrano ancora posizioni discordanti. Nelle ultime ore Bonanni ha poi avvertito: "Da quello che ho capito il governo vuole rompere la trattativa, noi non lo permetteremo". Vago, invece, il segretario del Pd Bersani che riferendosi al voto in aula afferma: "Vogliamo vedere cosa viene fuori".

Il contenuto dell'articolo 18. Ma che cosa comporta oggi l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (legge 20 maggio 1970, n. 300)? L'articolo è rubricato (intitolato) "Reintegrazione nel posto di lavoro" e stabilisce che nel caso licenziamento non sorretto da giusta causa o da giustificato motivo, o nel caso di mancato rispetto dei requisiti previsti dall'art. 2 della legge 604/1966 rubricato "Norme sui licenziamenti individuali" (obbligo della forma scritta e della comunicazione dei motivi), o ancora nel caso - contemplato anch'esso dalla legge 604/1966 - di discriminazione ("per ragioni di credo politico o fede religiosa, dell’appartenenza ad un sindacato"), il giudice ordina al datore di lavoro la reintegrazione nel posto di lavoro. Il lavoratore, inoltre, ha diritto al risarcimento del danno subito in conseguenza del licenziamento illegittimo. L'ammontare del risarcimento non dovrà essere inferiore a 5 mensilità di retribuzione. Da notare - ed è questo il punto più spinoso - che, al fine di tutelare la sopravvivenza delle imprese mediopiccole, la norma si applica esclusivamente al datore di lavoro che occupa alle sue dipendenze più di 15 prestatori di lavoro (o più di 5 prestatori di lavoro se si tratta di imprenditore agricolo). Infine, fermo restando il diritto al risarcimento del danno, il prestatore di lavoro può chiedere al datore di lavoro, nei termini previsti dalla legge, un'indennità pari a quindici mensilità di retribuzione in sostituzione alla reintegrazione nel posto di lavoro.


Iter speciale in parlamento. Vista la delicatezza del tema, è probabile che la riforma del mercato del lavoro passi attraverso un iter legislativo speciale che consenta al parlamento di esprimersi su ogni singolo dettaglio del provvedimento. Quindi, eventualmente, anche sull'articolo 18. Inoltre la riforma per la sua complessità non potrà essere racchiusa in un decreto, quindi il governo potrebbe produrre un

disegno di legge delega (si tratta di una meccanismo che consente al Parlamento di delegare il governo a legiferare su un dato oggetto) che indicherà le linee generali del provvedimento. A tale disegno di legge seguiranno poi dei decreti delegati, più specifici, che dovrebbero tornare all'attenzione del Parlamento solo per un mero parere di congruità rispetto alla leggemadre. Sui licenziamenti, però, è

possibile che, per ulteriore cautela, il governo scelga di avvalersi della prassi che consente di rinviare il decreto alle commissioni parlamentari competenti per materia per un'ulteriore verifica nel merito. Un modo per consentire al Parlamento di esaminare ancora, per l'ultima volta, il testo. FEDERICA FIORDELMONDO

Ostie a base di LSD e vecchine sballate Arriva la polizia, “la messa è finita” CAMPOBASSO, 23 FEBBRAIO '12 – La notizia riportata da una testata locale abruzzese ha destato incredulità e sarcasmo, e non poteva essere altrimenti visto che quanto sarebbe accaduto domenica scorsa, nella chiesa di Santo Spirito a Campobasso, sembra la scena clou di un film comico. Per errore infatti, le ostie destinate ai fedeli sarebbero state preparate con farina allucinogena provocando le visioni a chi le ha assunte. Ecco allora che alcuni gridavano di vedere i santi, altri che abbracciavano il crocefisso e due vecchine che avrebbero inseguito e preso a borsettate il parroco, don Achille, al grido “Lei è il demonio” tanto da costringerlo a nascondersi nella sagrestia. A dare l'incredibile notizia, sulla cui veridicità al principio si è dubitato, è stato Abruzzo24ore che ha confermato quanto scritto. Stando a quanto riportato sul giornale si sarebbe trattato di un caso di intossicazione alimentare provocato da farine di cereali contaminate dal principio base dell'Lsd. La farina utilizzata per preparare le ostie sarebbe quindi stata contaminata da questa sostanza, i cui

risultati si sono fatti vedere in pochi minuti e con gli effetti descritti. Per riportare ordine nella chiesa è dovuta intervenire la polizia che ha avuto il suo bel da fare per sgomberare i locali e placare gli animi delle vecchine sballate. L’arcidiocesi di Campobasso-Bojano, dal canto suo, ha smentito la notizia. Certo che se di una bufala si è trattato, complimenti per la fantasia. ELEONORA DOTTORI D: Di che cosa potrebbe essere accusato chi ha preparato le ostie allucinogene? R: Di avvelenamento colposo di sostanze alimentari, pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni. In effetti come potete rileggere nel nostro focus (http://www.fattodiritto.it/glistupefacenti-e-l’uomo-nei-secoli10puntatala-nascita-delle-droghedell’eta-moderna/ ), Lsd è un derivato dagli alcaloidi di un fungo parassita (chiamato “ergot” o “sclerozio”) della segale cornuta che è un cereale, da cui potrebbe essere stata tratta questa farina.

D: Se la notizia fosse falsa cosa rischierebbe la testata che l'ha pubblicata? R: Rischierebbe una denuncia per diffamazione a mezzo stampa da parte della Diocesi, del Vescovo e del Parroco. Il reato di diffamazione punisce con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 1032 euro chiunque offende l’onore o il decoro di altri comunicando con più persone. La pena è aggravata (reclusione fino a due anni o multa fino a € 2065) se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto specifico e determinato ed è ulteriormente aggravata se la diffamazione è compiuta a mezzo stampa, media televisivi o internet. Per quanto riguarda la diffamazione a mezzo stampa, esclude il reato il c.d. “diritto di cronaca” purchè sussistano contemporaneamente tre condizioni: che la notizia data sia vera, che esista un interesse pubblico alla conoscenza di quei fatti e che siano rispettati i limiti in cui tale interesse sussiste mantenendo l’informazione entro i confini dell’obiettività. AVV.TOMMASO ROSSI


Corte Europea dei Diritti dell'uomo condannata l’ Italia per i respingimenti in Libia STRASBURGO, 24 FEBBRAIO ’12 – I fatti risalgono al 6 maggio 2009, quando a 35 miglia da Lampedusa, in acque internazionali, la Guardia Costiera e la Guardia di Finanza intercettarono una nave partita dalle coste libiche con 200 persone, per lo più somali ed eritrei diretti nel nostro Paese. A bordo c’erano anche bambini e donne incinta. I migranti furono fatti scendere per poi risalire su altre imbarcazioni, senza identificazione e senza alcuna possibilità di interloquire con le Autorità, magari per richiedere lo status di rifugiati, garantito dal diritto internazionale. Una volta imbarcati, contro la loro volontà, furono riportati a Tripoli. Ai tempi, molte organizzazioni umanitarie, in primis Amnesty International, insorsero contro quel rimpatrio forzoso effettuato dalle Autorità italiane e anche il CIR ( Comitato Italiano per i rifugiati ), dopo aver contestato la politica intrapresa dal Ministero degli Interni, si attivò per tutelare chi era su quella nave di disperati in fuga. Il Cir aveva incaricato due legali dell’Unione Forense per i diritti umani, Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci, di ricorrere presso la Corte Europea dei diritti dell’uomo a nome di 24 persone ( 11 somali e 13 eritrei ), che furono rintracciati fra i 200 rimpatriati quel giorno. Ora è giunta la sentenza della Corte, che ha condannato l’Italia per quei respingimenti verso la Libia (c.d. caso Hirsi), per violazione dell’art 3

della Convenzione sui diritti umani, sui trattamenti degradanti e sulla tortura. Violato anche il divieto sulle espulsioni collettive ed inoltre, non sarebbe stato garantito in alcun modo il diritto ai migranti di ricorrere alla giustizia italiana. L’Italia dovrà anche risarcire 22 delle 24 persone ricorrenti con 15.000 euro più le spese processuali. La sentenza è pesante ed ha causato diverse reazioni: il Presidente del Consiglio Monti ha affermato che, pur essendo una pronuncia riferita a fatti passati, essa va analizzata con attenzione anche per meglio ponderare le decisioni future in materia- Con gli stessi toni ha parlato il Ministro per l’integrazione e operazione, Andrea Ricciardi, che ha confermato il massimo impegno per garantire politiche serie, trasparenti e corrette sull’immigrazione, anche se dal Ministero degli Esteri una nota ha precisato che in occasione degli sbarchi dei migranti e nelle vicende connesse ‘ sono sempre stati garantiti i diritti umani’. E’ infine intervenuta il Ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, che ha spiegato che la sentenza della Corte Europea, provenendo da uno dei massimi organi giurisdizionali europei, ‘ va rispettata e non commentata’, ma ha poi aggiunto che sono in corso continue trattative con il nuovo Governo libico per una fattiva collaborazione per tutelare i diritti umani e per salvaguardare le vite di chi vive situazioni comunque

disperate, con un impegno comune delle Autorità a combattere atroci crimini come quello della tratta delle persone. In questo senso il Ministro ha sottolineato che comunque si continuerà a combattere l’immigrazione illegale con fermezza. Critico sulla sentenza l’ex Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, così come tutta la Lega Nord che sui respingimenti aveva sempre richiesto il pugno duro: l’ex Ministro, ha parlato di ‘sentenza politica’ che potrebbe dare il via all’immigrazione clandestina libera, di contro alle politiche che il Governo Berlusconi aveva intrapreso. Maroni ha poi specificato che è plausibile che l’intervento per respingere i migranti, ora condannato dalla Corte per i diritti umani, possa in realtà aver salvato molte vite umane, impedendo la partenza di molti barconi stracarichi di persone dai porti libici verso l’Italia. ‘ Una pratica che io rifarei’ ha commentato Maroni, aggiungendo che spesso furono le stesse Autorità libiche ad intervenire, mentre quelle italiane prestarono solo assistenza. Sulla stessa linea l’ex Ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che è certo che ‘l'Italia si è sempre comportata correttamente e nel pieno rispetto dei diritti umani’, mentre l’ex sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, parla di errori di fatto e di diritto nella pronuncia, ventilando d’impugnare la sentenza.


Per il Direttore del CIR, Christopher Hein, questa sentenza conferma come i diritti dei rifugiati non siano negoziabili, essendo garantiti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo e Laurens Jolles, Rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) per il sud Europa, ha ribadito come essa rappresenti un’importante indicazione per gli stati europei, nell’applicazione delle proprie politiche sull’immigrazione e sui flussi migratori. Soddisfatte le associazioni umanitarie, in particolare Amnesty International, che si era anche costituita parte terza nella procedimento contro l’Italia, di cui l’organizzazione aveva più volte contestato le politiche che, diceva, rischiavano di compromettere i diritti fondamentali del diritto internazionale in tema di tutela dei diritti dell’uomo, tanto da definire la

sentenza della Corte come ‘una 200 miglia marine. La Convenzione pietra miliare’ in materia. di Montego Bay ha statuito che ogni ANDREA DATTILO singolo Stati sovrano possa decidere l'ampiezza delle proprie acque D: Cosa recita l’art 3 della territoriali, fino ad un massimo di 12 Convenzione Europea dei diritti miglia marine. dell’uomo? Le acque internazionali indicano R: Impone il divieto di l'area di mare al di là della Zona sottoposizione a torture e a economica esclusiva, oltre le 200 trattamenti – come in questo caso- miglia marine dalla Coste e quindi inumani e degradanti. non sottoposte alla sovranità di D: Cosa sono le c.d acque alcuno stato. Secondo la internazionali e come è Convenzione di Montego Bay le disciplinato l’intervento di uno acque internazionali costituiscono Stato al loro interno? una res communis omnium, cioè un R: Col termine acque territoriali il bene appartenente a tutti: qualsiasi diritto internazionale indica quella Stato,che non abbia alcuno sbocco porzione di mare contiguo alla coste sul mare, ha piena libertà di di uno Stato. Su questa parte di mare navigazione e di sorvolo, nonché di lo Stato ha piena sovranità posare cavi o condotte sottomarine, territoriale, al pari della terraferma. costruire isole artificiali e altre In base alle consuetudini installazioni, piena libertà di pesca e internazionali, l'ampiezza di tale di ricerca scientifica. porzione di mare era stabilita in 3 miglia marine dalla costa ma alcuni AVV. TOMMASO ROSSI Stati rivendicavano ampiezze fino a

Il verdetto del Processo Mills Berlusconi prosciolto per prescrizione MILANO, 25 FEBBRAIO ’12 – E’ arrivata intorno alle 15, dopo circa due ore e mezza di Camera di Consiglio, la sentenza con cui la decima Sezione del Tribunale di Milano, ha dichiarato il non luogo a procedere per avvenuta prescrizione, nei confronti dell’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, accusato di corruzione in atti giudiziari nei confronti dell’avvocato inglese David Mills che dapprima sostenne una versione, ma poi dichiarò di essersi inventato tutto (http://www.fattodiritto.it/mills-si-

vergogna-mi-sono-inventato-tutto/ ). Il processo, che per Berlusconi ha subito delle interruzioni a causa del lodo Alfano e degli impegni istituzionali, è durato 5 anni. Nei giorni scorsi, Berlusconi prima si era detto certo della condanna da parte dei Giudici di Milano, che tanto si erano spesi per giungere a quella sentenza, poi aveva fatto trapelare il suo pensiero attraverso una memoria difensiva, depositata dai suoi legali in udienza ed anticipata e pubblicata da ‘Il Giornale’: in essa l’ex premier, si

auspicava una sentenza di piena assoluzione per non avere commesso il fatto e non bensì una pronuncia che certificasse la prescrizione del reato a lui ascritto, specificando però che un processo dove sono ascoltati solo i testimoni dell’accusa e non quelli della difesa, non può giungere ad una sentenza giusta. Qualcuno si aspettava che Berlusconi potesse prendere la parola prima che i Giudici si ritirassero in Camera di Consiglio ( come prevede il codice di procedura penale per l’imputato ),


ma il Cavaliere oggi non era nemmeno presente in aula. Erano presenti i suoi legali Piero Longo e Niccolò Ghedini, che uscendo dal Tribunale, visibilmente insoddisfatti, hanno detto di essere stati letteralmente ‘travolti’ dai giornalisti al momento della sentenza e di essere assai disturbati da questo modo di lavorare. A chi chiedeva se ricorreranno contro la pronuncia, Ghedini ha risposto sostenendo che il Presidente Berlusconi si merita un’assoluzione piena e che questo resta l’auspicio, mentre Longo ha chiosato: ‘ una sentenza così la impugno tutta la vita’. ‘Inutile commentare’, questa l’unica dichiarazione rilasciata dal p.m Fabio De Pasquale, che aveva chiesto la condanna a cinque anni (http://www.fattodiritto.it/caso-millsil-pm-non-ha-dubbi-berlusconi-e %E2%80%99-colpevole/ ). Nessuno è soddisfatto per questa pronuncia, insomma, anche se Piero Longo ha parlato di successo per i giudici di Milano, perché dopo questa prescrizione per Berlusconi, i suoi avversari politici grideranno allo scandalo.

Le motivazioni della sentenza saranno rese note fra 90 giorni. La Procura di Milano valuterà se impugnarla in appello. ANDREA DATTILO

assoluzione e prescrizione? Si può parlare, come a volte vien fatto, di “assoluzione per prescrizione”? R: No, l’assoluzione è solo nel merito. In caso di intervenuta prescrizione si ha una sentenza di non doversi procedere appunto perché il reato è estinto per prescrizione, fermo restando il diritto dell’imputato ad ottenere una sentenza di assoluzione nel merito e a rinunciare alla prescrizione. D: E ora che succedera? R: Tra 90 giorni verranno depositate le motivazioni della sentenza. Poi le parti processuali avranno 45 giorni di tempo per impugnare la sentenza, decorsi i quali la stessa diverrebbe definitiva. Berlusconi potrebbe impugnare la sentenza per chiedere l'assoluzione nel merito. Il pm potrebbe impugnarla per chiedere la condanna dell'imputato valutando in maniera differente i termini prescrizionali, difficili da valutare in questo caso per i moltissimi rinvii (alcuni dei quali erano senza effetto stante l'interruzione del decorso dei termini di prescrizione, altri no).

D: Quando può parlarsi di reato di corruzione in atti giudiziari? R: Il reato consiste nella condotta del pubblico ufficiale che per compiere un atto del proprio ufficio oppure per omettere, ritardare, o per aver commesso o ritardato un atto del suo ufficio ovvero per compiere o aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve per sé o per un terzo denaro o altra utilità o ne accetta la promessa e ciò allo scopo di favorire o danneggiare una persona in un processo civile, penale o amministrativo.La pena prevista dall’art. 319 ter c.p. è quella della reclusione da 3 ad 8 anni ma la pena è più severa (reclusione da 4 a 12 anni) se dal fatto deriva l’ingiusta condanna di qualcuno alla reclusione non superiore a cinque anni mentre se se ne deriva l’ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all’ergastolo, la pena prevista è la reclusione da 6 a 20 anni. AVV.TOMMASO ROSSI D: Che differenza c’è tra

'Viaggio al termine della notte' con Cèline e Germano al centro della vita Quando la rappresentazione teatrale supera la dimensione di mera spettacolarità e torna ad essere, in primo luogo, lo spazio della riflessione alta e critica sul reale, allora ci si illude, o meglio si nutre ancora la speranza, che sotto la buccia ammaccata della cultura presente di questo paese, ci sia

ancora una polpa succosa e nutriente. Elio Germano, sicuramente uno dei più sensibili e raffinati interpreti della scena attuale –così sulle assi del palcoscenico, così sugli schermi ,dove, da “Respiro” a “La nostra vita”, ha dato vita a personaggi di grande spessore narrativoha realizzato uno

spettacolo tratto dal testo di Ferdinand Louis Cèline “Viaggio al termine della notte”. Il testo dell’autore di “Morte a credito”, al centro ancor oggi di infinite discussioni, rappresenta un momento epocale della cultura europea del Novecento perché è stato capace nelle sue pagine di raccontare per


esteso con dolorosa ma lucida partecipazione la straziante epopea di una umanità colpita a morte dall’insensatezza violenta e feroce che essa stessa produce. Un monumento di ironia ed analisi nichilista,realizzato con una scrittura libera, insofferente di accademismi e rigori formali ,ma attenta soltanto a non mollare la presa sull’autentico ed il vero. Difficile riassumere e sintetizzare tematiche di un testo così ricco e complesso, scritto in forma di romanzo, ma che oggettivamente, descrive il viaggio esistenziale dello stesso Cèline, dove ogni pagina è intimamente connessa alla visione complessiva dell’autore. Pagine come tesserine di un grande mosaico articolato ,il cui disegno

unitario sfugge se ci si limita alla semplice somma dei frammenti che lo compongono. Elio Germano ne ha fatto una lettura teatrale, selezionando nuclei tematici fondamentali ,riconducendo il discorso narrativo a quei brani che hanno,già nel testo, la proprietà di annunciare stringenti sintesi ideologiche e nei 50 minuti di spettacolo, l’attore di “Mio fratello è figlio unico” riesce comunque a comunicare emozioni e riflessioni che non abbandonano mai la parola di Cèline e il suo disperato urlo contro la disumanizzazione del presente. Teatro di parola? No, almeno, non soltanto,perché coprotagonista della parola letta con straordinaria varietà d’accenti da

Elio Germano, è la musica, scritta per l’occasione da Theo Tardo e da lui stesso eseguita in scena con Marina Bertoni al violoncello. Sonorità potenti capaci di oggettivare sdegni ,grida di dolore,annunci cosmici,che escono con grande forza da una miscela d’antico e nuovo ,messa insieme dal gioco musicale di archi ,chitarra ed elettronica. E la nuda scena-soltanto una scrivania con lampada dove Elio Germano legge i brani del “Viaggio a termine della notte” – viene attraversata ,come fosse uno spazio onirico ,dalle stesse immagini potenti, crude, nella loro disarmante verità,che Cèline offre ai suoi lettori. PROF. ANTONIO LUCCARINI

Il bacio gay di un marine e la fine di un tabù. Il web si commuove MILANO, 29 FEBBRAIO '12 – La foto del bacio gay tra un marine, di ritorno in patria, con il suo compagno all'aeroporto militare delle Hawai potrebbe involontariamente diventare l'icona di un momento storico, alla stregua della bellissima e più nota immagine scattata da Alfred Eisenstaedt nel '45, raffigurante il bacio appassionato tra un marinaio e un'infermiera, scattata a Times Square, a New York, alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Seppure nella loro diversità in queste immagini c'è la gioia, l'amore e la libertà. Sullo sfondo, alle spalle del sergente Morgan e del suo compagno, Dalan Wells, si staglia una enorme bandiera americana. Se fossimo ad una lezione di semiotica

potremmo dire che l'intenzione del fotografo è stata quella di ridicolizzare la politica delle forze armate americane che scelgono di ignorare l'orientamento sessuale dei militari ma questo scatto, spontaneo e involontario, va ben oltre. Non c'è solo l'assurdità della regola “Non chiedere, non dire” (“Don't ask, don'tell”), abolita ufficialmente dal luglio dello scorso anno, dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ma anche l'approvazione del web, commosso perché quella che era solo un'ipocrisia è stata finalmente superata. “Il mio compagno ed io vogliamo ringraziare tutti coloro che hanno risposto in modo positivo a questa immagine” ha detto il sergente Morgan, libero

dopo quattro anni di rivelare anche in pubblico il suo amore per Dalan Wells. Il quotidiano New York Daily New riporta alcuni commenti sulla pagina “Gay Marines”, su Facebook, dove qualcuno ha scritto “In quanto veterano dell'esercito e gay questa foto mi ha fatto venire le lacrime agli occhi”, “Anche nei miei sogni più folli, non avrei mai creduto di poter vedere una cosa simile prima di morire”. L'immagine sta facendo il giro della rete suscitando tra gli internauti un grande interesse, perfino maggiore rispetto a quanto avvenuto lo scorso anno con la foto di un bacio tra due donne soldato. ELEONORA

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