
3 minute read
Belli e dannati: il greco e il latino
BELLI E DANNATI:
IL GRECO E IL LATINO
Advertisement
MARTINA LICARI, 3bb
“Buongiorno ragazzi, io sono la vostra prof di latino. [...] Allora, qualcuno di voi saprebbe dirmi a che cosa serve questa lingua meravigliosa?”. Alcuni, pur non avendoci mai avuto niente a che fare, cercarono di ingegnarsi a trovare una risposta per fare bella figura: “Apre la mente, prof”, e altre frasi di circostanza. Non dimenticherò mai quel momento. Lei si alzò, sorrise e disse esattamente queste parole: “Il latino non serve a niente”. Poi disse qualche cosa su quanto ne fosse innamorata, quindi proseguì a spiegare l’alfabeto e la fonologia.
Io rimasi allibita. Letteralmente, come può una professoressa dire che ciò su cui passa le ore, le giornate, su cui ha passato una vita intera, come può dire che sia inutile? Era il mio primo giorno di scientifico. Ci pensai per tutta la notte ed arrivai ad una conclusione: decisi che il latino mi avrebbe fatto schifo. Perché era inutile. E come poteva, quella prof, dire che qualcosa di inutile può essere anche meraviglioso?
Bene. Ora che ho fatto conoscenza anche del greco (il latino no, non mi bastava più), ho capito dove voleva che arrivassimo con quel che ci aveva detto.
La prima faccia della medaglia Con ciò che sto per dire farò contente tutte le persone che, senza consapevolezza (a differenza di quella prof), soffermandosi sull’aspetto iper scolastico e grammaticale della lingua,
me lo hanno detto nel corso di questi tre anni: è vero, il latino e il greco non servono a niente. Contenti? Non entrerete mai in un ristorante a dire: “Caupo, da tredecim nobis mensas!” - a meno che non siate Cristo con gli Apostoli - o non vi troverete mai a dire ad un amico: “ ” (che, per chi non conoscesse queste due fantastiche lingue: “Oste, dacci tredici pasti!” e “Ciao amico, come stai?”). Lo riscrivo qui nero su bianco: non servono a niente a livello pratico. E qui è dove si fermano i ¾ della popolazione.
La seconda faccia della medaglia (quella che non considera mai nessuno)
A livello “astratto”: non penso che sarò mai in grado di spiegare quanto lavori la testa durante la traduzione, quanto si alleni la memoria ripetendo declinazioni, coniugazioni ed eccezioni; non penso che sarò mai in grado di spiegare la bellezza e lo stupore quando vengono letti i testi degli antichi: “Questa roba è stata scritta migliaia di anni fa ed è ancora qui, è ancora con noi, significa quindi che ha un valore assurdo”. Non penso che sarò mai in grado di spiegare quanta consapevolezza si prenda delle parole che usiamo ogni giorno e quanto si coltivi la capacità di argomentare le proprie tesi (perché sì, i latini e i greci erano proprio dei testoni quando si trattava di argomentare durante una discussione). Qui è dove arrivano invece quelli che leggono dietro alle righe le parole di quella prof.
A tal proposito un ragazzo*, parlando di questo, mi ha fatto un bellissimo esempio. Vale la pena riportarlo qui: pensate un attimo a casa vostra, avrete sicuramente dei quadri. A cosa vi servono? Ci mangiate sopra? Li usate per dormire? Li usate come carta igienica? Spero di no. Quindi ragioniamo: sotto l’aspetto pratico è inutile dar loro attenzioni. Che cosa vi porta in tasca? Ve lo dico io: niente. Quindi ora andate a casa, spogliate le pareti di tutti quei quadri e portateli in discarica. D’altronde sono praticamente inutili. Se non lo fate, probabilmente è perché considerate anche la seconda faccia della medaglia: i quadri che avete in casa sono belli, intriganti, colorati, abbelliscono le vostre pareti vuote, vi fanno stare bene, vi suscitano emozioni, vi fanno ragionare, vi pongono
domande sui propri artisti, sul loro periodo, sulla tecnica da loro utilizzata.
Quindi?
Quindi se qualcuno mi dovesse ancora chiedere “Ma chi te lo fa fare?”, io risponderei esattamente con ciò che ho scritto fino ad ora. Sono dell’idea che oggi si pensi troppo a livello pratico e materiale, e ben poco a quel che c’è dentro di noi.
*uno speciale ringraziamento ad Andrea Scuratti