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Riflessioni natalizie
NATALE RIFLESSIONI NATALIZIE
SOFIA GALLETTO, 1bb
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Guardai fuori dalla finestra: nell’oscurità riuscivo a distinguere solamente le luminarie natalizie, che alleggerivano il peso del buio diffondendo nell’aria un leggero bagliore dorato. Eppure, quell’anno guardarle non mi scaldava il cuore, che fossero cambiate loro? O era solo il mio punto di vista ad aver cambiato prospettiva? Non che odiassi il Natale, non fraintendetemi: non mi ero trasformata in una specie di Grinch; solamente quell’anno non mi sembrava giusto dimenticare tutto il mondo esterno solo per essere felice. Mi buttai sul letto, afferrando le air pods. Partì una canzone che non conoscevo, volevo alzarmi per cambiarla; ma non ne avevo voglia e rimasi a fissare il soffitto, che qualche anno prima avevo fatto dipingere con tante nuvolette azzurrine. Il ritmo era calmo e la musica soave, volevo chiudere gli occhi per ascoltarla al meglio. Poi una voce di bambina ruppe quella quiete, ma la sua vocina innocente mi fece riflettere: “Parlava del nostro dovere di garantire un futuro alle prossime generazioni”. Riaffiorarono tutti i miei ricordi di infanzia, felici e non; improvvisamente tornò a galla quell’argomento che da tempo tentavo di scacciare. Spalancai gli occhi, sentii che si riempivano di lacrime, affondai la testa nel cuscino. Ne riemersi poco dopo. Mi alzai e mi avvicinai al telefono, cliccando sullo schermo si aprì la schermata di Spotify e lessi il titolo della canzone “Heal the World”, “Guarisci il mondo”. Tornai a riflettere, riportando lo sguardo sulle luminarie. Sentii che in salotto qualcuno aveva acceso la TV, filtrava attraverso la porta la sigla d’apertura del telegiornale delle 7:30. Mi lasciai cadere sul tappeto, non riuscivo più ad ascoltare le notizie; ogni volta la stessa storia: mi sentivo piccola, impotente,
mi sembrava di non poter essere felice, che la gioia fosse un torto che facevo a chi stava soffrendo. Da una parte ammiravo molto chi aveva il coraggio di alzare la testa e ribellarsi, dall’altra mi chiedevo se anche io avrei avuto il coraggio di fare altrettanto, se in una situazione così drammatica avrei rischiato tutto per portare avanti i miei ideali, oppure se la codardia e la paura per la mia incolumità avrebbero prevalso; ma soprattutto stavo comprendendo che i miei piccoli drammi non erano poi così insormontabili e che anzi avrei dovuto solamente accontentarmi del fardello che mi era stato destinato. Lessi il testo della canzone, che scoprii essere di Michael Jackson. Mi colpì una frase in particolare, aprii il quaderno e la trascrissi in modo ordinato “Make a little space, Make a better place”, “Fai un po’ di spazio, Crea un posto migliore”. Fissai le parole che, chiare e distinte, spiccavano sul foglio, erano un invito ad accantonare il proprio ego per dedicarsi al mondo esterno, ricordando che ogni gesto, anche il più piccolo e insignificante, può contribuire per dare un po’ di calore a chi ci sta intorno. E così presi una decisione, lì, nella mia cameretta, quella cupa sera rischiarata solamente dalle luminarie: con quella canzone nel cuore mi sarei impegnata per essere io stessa una piccola fonte luminosa”.