èArea GENNAIO 2011

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i testi scritti in collaborazione con Sandro Luporini. Rappresentarlo a distanza di 5 anni dalla sua morte mi sembrava rischioso da una parte, per i confronti che poteva innescare o per il pericolo di rendergli un cattivo servizio, ma doveroso dall’altra, per colmare un vuoto e continuare a vivere le sue canzoni e i suoi monologhi condividendoli, nel luogo che lui amava di più, in altre parole il teatro. L’opera di Gaber viene definita come riflessione ironica e malinconica sul destino dell’uomo, smarrito tra contraddizioni, utopie e paure, solo, di fronte al paradosso di un’asfissiante normalità... quali sono secondo te le paure dell’uomo qualunque? Qual è una tua paura se c’è? Ci sono paure ataviche, come quella della morte, la morte dei propri cari, o legate alla salute, e paure del tempo che si vive. Ho l’impressione che questo periodo caratterizzato da crisi economica, da scenari sociali in continuo mutamento, da disoccupazione e precarietà crescenti proietti sull’individuo una destabilizzante preoccupazione per il futuro, proprio e dei propri figli, e questa paura finisca per essere canalizzata, spesso ad arte, a volte per ignoranza (e le due cose si legano) verso capri espiatori o verso i più deboli o meno tutelati. I montanti episodi xenofobi sono una risposta falsa, sbagliata, a problemi che noi o i nostri rappresentanti politici non sappiamo decodificare, per limiti effettivi o di

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convenienza. Ovvio che ci vogliano sicurezza e rispetto delle regole, ma la mia opinione è che travestite da soluzioni illuminanti circolino così tanta falsa coscienza, retorica e demagogia utili solo a chi se ne serve per galleggiare miseramente in questo squallido scenario di potere fine a se stesso. Le mie paure non sono diverse da quelle sopraelencate; in particolare, pensando al futuro dei miei figli, spero che crescendo trovino o contribuiscano a formare un paese con meno conflitti sociali, con maggiori opportunità per tutti, con prospettive di orizzonti più ampi e non di vita giorno per giorno, senza progetti né possibilità di crescere e progredire. Qui mi tocca scomodare anche Pasolini, che in tempi non sospetti già distingueva sviluppo e progresso. Quale valore ti rappresenta? Come vedi la vita? Domandona. Come si fa a rispondere in poche righe? Ci provo dicendo che tra i valori cui faccio più spesso riferimento ci sono l’umiltà, che non significhi però svilirsi, e il rispetto verso se stessi e gli altri. La vita sottopone a prove molto dure e gioie incontenibili, cerco di non farmi abbattere troppo dalle prime e di non esaltarmi con le seconde, mantenendo sempre un occhio all’equilibrio generale che non può fare a meno dell’autoironia e della leggerezza (quella calviniana però, non quella dei rotocalchi rosa!). L’estate scorsa eri a teatro con Luca Barbarossa per lo spettacolo “Attenti a quei due”, qual è il segreto del successo di questo spettacolo? È nato e si sviluppa sulla spontaneità e sull’autentica amicizia tra me e Luca. Oltre a condividere momenti privati tra noi e le nostre famiglie (abbiamo molte passioni in comune, tra cui il tennis, il calcio e la buona cucina…), sul palco impariamo l’uno dall’altro e ci diamo consigli. Lui oltre ad essere molto spiritoso già di suo è diventato una spalla formidabile, mentre io, grazie ai suoi consigli, mi sento più sicuro quando canto. C’è poi una grande e tacita intesa che ci sostiene anche quando improvvisiamo grazie alla quale ci capiamo anche senza accordarci prima. Sapresti definire l’emozione che ti dà la recitazione in una sola parola? Quale sarebbe? Come spiegavo prima mi ritrovo a fare questo mestiere quasi per caso, per cui non posseggo il “sacro fuoco”, quello che ti fa dire “o recito, o muoio”. Mi riconosco senza falsa modestia un discreto talento nell’osservare persone e comportamenti, caratteristica importante se si vogliono riprodurre sensazioni, impressioni, tipologie umane o caricature, e mi fa piacere riscontrare nel pubblico se fanno effetto o meno, misurarmi con questo grande giudice per migliorare in un percorso che resta infinito. Ecco, mi piace suscitare emozioni, provarle in

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quel modo che solo il palcoscenico può dare, attraverso le quali conoscere sempre più me stesso, come fosse una sorta di dimensione introspettiva. È un piacere vero fare questo lavoro, che contrariamente a come pensano in tanti è molto faticoso, ma è talmente stimolante e vario che mi ritengo davvero fortunato ad aver trovato e imboccato questa strada. Come vedi non c’è una sola parola, ma parecchie: soddisfazione, crescita, libertà, confronto… e chissà quante altre. Tra tutte le parti recitate, qual è quella che ti ha appassionato di più? Quella in cui ti riconosci maggiormente? Ti sei divertito a girare “Tutti pazzi per amore”? Ci sarai nella terza serie? Esistono sicuramente lavori più riusciti di altri, ma non saprei rispondere, tante e varie sono state le belle esperienze finora accumulate. Non posso fare a meno di citare la figura di Papa Luciani, persona verso la quale nutrivo molta ammirazione e rispetto per la sua densa semplicità, è stato un vero privilegio interpretarlo. Ma il ruolo cui forse sono più legato è quello di Nello de “Il cuore altrove” che mi ha aperto, grazie alla scelta di Pupi e Antonio Avati, molte porte da lì in avanti, oltre al fatto che il personaggio mi aveva conquistato già mentre leggevo la sceneggiatura. Michele di “Tutti pazzi per amore” è senz’altro uno dei personaggi più riusciti e apprezzati dal pubblico e diciamo che se dovessi riconoscermi in un personaggio dovremmo fare la media tra Nello e Michele… :-) Non ci sarò nella terza serie, no, non credo nelle lunghe serialità e temo molto le parabole, che cerco sempre di anticipare nella traiettoria discendente: preferisco abbandonare lasciando un buon ricordo prima di stancare, preferisco lasciare nel pubblico un po’ d’appetito piuttosto che sazietà e quindi disinteresse. Non sempre è facile capire quand’è il momento di fermarsi, se è già troppo tardi o se c’erano margini per continuare, però è senz’altro più semplice che indovinare il momento più alto di un titolo in borsa! Quali sono i progetti futuri? Come in ogni stagione cerco di non farmi mancare niente, e quindi teatro, con un reading di Roberto Saviano, televisione, con “Per un pugno di libri” e la fiction “Fuoriclasse”, con Luciana Littizzetto, e cinema: esce a breve il film “La scomparsa di Patò” di Rocco Mortelliti, tratto da un romanzo di Camilleri, poi “The tourist”, nel quale faccio un piccolo ruolo ma ho a che fare con Angelina Jolie e Johnny Depp, e poi ancora il film che reputo più importante della mia stagione, “Tous les soleils” di Philippe Claudel, con Stefano Accorsi, recitato in francese. A quale domanda ti piacerebbe rispondere durante un’intervista? “Sei contento che abbiamo finito?” “Sì… :-)”

i n t e r v i s t a


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