15 MAGGIO 1939-XVII
CORRENTE
UN NUMERO C. 50 ABB. ANNUO L. 10
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P ERIODICO
QUINDICINALE
Vi le
DI
ANNO Il • N. 9 C C. P. N. 313199
Giovani le
LETTERATURA
ARTE - POLITICA
Fondato e diretto da ERNESTO TRECCANI
SOMMARIO. — DIDIBI : Mirabile tempo — CECROPE BARILLI : Problemi inglesi: La coscrizione — PANGLOSS : La funzione rivoluzionaria del Sindacato — ERNST : Filippiche — REMO CANTONI: Ludwig Klages ovvero lo spirito contro l'anima — J.: Segnalazioni — ORESTE MACRÌ: Prosa per S. Cesarea — MARIo LUzI: Sguardo — CURZIO MALAPARTE: Ex voto — VITTORIA GIUNTI : Fausto Pirandello — EUGENIO DELACROIX : Lettera sui concorsi — GIORGIO LABÒ: La pittura ai Littoriali — ALBERTO LATFUADA : Gli orti scomparsi — G. V.: Libri. — ILLUSTRAZIONI : FAUSTO PIRANDELLO: La tempesta — ELIO RANDAZZO: Fiori — BRUNO CASSINARI: Autarchia — JENNI: Disegno.
MIRABILE
PROBLEMI INGLESI
T EMPO
LA COSCRIZIONE
Roma ancora oggi non dimentica il monito nel quale essa ha incontrato il suo primo destino, e ricorda ad ogni istante la. sua missione, di reggere i popoli e tracciare con loro le strade imperiali sulle quali davvero s'incam-
Poteva sembrare strano che gli inglesi mentre sono sulla strada di garantire tutte le frontiere dei paesi europei, non avessero ancora provveduto all'esercito sul quale fondare seriamente una così impegnativa politica continentale. Anzi, le richieste in Parlamento di coscrizione ob-
inguaribilmente compiaciuta di salvare col sangue dei suoi scarsi figli l'egemonia anglosassone. Ma l'esercito francese, benchè trrrès grrrand, ahimè non basta, altri ne occorrono e numerosi. Si assiste così alla nuova fase della politica britannica, che of-
Roma tra gli Albanesi è venuta così, come la. madre che d'ogni figlio tiene sì fiero presagio nel cuore, d'as-
bligatoria sono state accolte con fastidio, come cose di cattivo gusto, e lasciate
fre paradossali aspetti: la coscrizione dei piccoli stati. Un tempo, un piccolo stato
sbadatamente cadere; e alle petulanti richieste francesi di dividere il sangue si voleva altezzosamente rispondere con un
otteneva la garanzia delle grandi potenze a prezzo di gravi sacrifici, oggi la stessa garanzia è una vera tegola sulla testa,
sicurargli il più felice compimento, un vittorioso traguardo che mille tor-
invito a non impicciarsi nelle cose del Governo di S. M.
menti han conquistato.
Parrebbe che tale vasta politica sia sproporzionata alla forza disponibile, e,
una disgrazia irrimediabile, amara pillola che non può essere inghiottita se non indorata da prestiti o concessioni. Ormai
mina la gloria.
Tutto un popolo s'affidava da tempo a tali serene speranze con la fiducia che infine quel giorno sarebbe venuto; perchè — dove è passata — Roma ritorna e salde si fissano le insegne e il
legionario dice al mondo di trovarsi in q uelle sedi ottimamente. In tal modo la vicenda albanese è avvenuta, quando la forza di Roma e il comando del Duce han voluto; allora molte cose si sono vedute, la calma di noi che portavamo il diritto e la pace, gli orgasmi degli altri che, in vista di personali interessi, vanamente proclamavano a gran voce immediate misure di guerra. Perchè non è vero che la verità pianga sempre, come una miserabile dea sconfitta; sibbene si procura talvolta clamorose rivincite e più tardi tristemente accorati si percuotono il petto coloro che prima l'hanno oltraggiata. F. dunque ancora una volta Roma agli increduli ha offerto un documento d'insuperata verità, con le accoglienze d'un popolo che l'invocava, che nel suo nome ha intrapreso un operoso lavoro, che il Re Soldato ha consacrato con l'eroica e leggendaria corona. Gli Italiani, che l'Impero hanno conquistato e difendono, guardano a questa nuova sponda con indomito amore e virile certezza; e già nuove terre son pronte all'aratro e sonanti cantieri son tutti in fervore; le braccia e l'ingegno d'Italia non hanno barriere, ma lasciano ovunque le impronte di un'umana potenza. Mai come oggi quell'arco Romano dal Duce additato è dunque il segno d'un si mirabile tempo. Esempio di suprema civiltà, l'Italia attende alle imprese che nei secoli le affida la. storia. Oggi gli Albanesi han ritrovato se stessi nel nome di Ronla; dalla punta delle baionette ecco per loro è germogliato l'ulivo. didlbl
in fondo, alle più intime intenzioni di quel popolo; che si tratti insomma di un atteggiamento intimidatorio, dimostrativo, di un bluff. Conviene però notare che l'inglese tende, per tradizione, a combattere con gli eserciti altrui; ci basti l'esempio di un Federico II di Prussia, che per avidità di danaro inglese, combattè accanitamente contro il re dei francesi, terribile nemico d'Inghilterra... Se a questa plurisecolare esperienza, aggiungete la radicata convinzione che Dio ama e protegge gl'inglesi, per cui le cose in definitiva devono sempre tornare a loro vantaggio, che per costoro i negri cominciano a Calais, non deve stupire se un grosso esercito di coscrizione sia considerato piuttosto un ingombro che un aiuto. Ma c'è altro. L'esperienza della guerra ha dimostrato agli inglesi che l'intervento del popolo tutto alla difesa degli interessi imperiali significa alla fine una sempre maggiore spartizione tra la classe conservatrice e il demos, dei poteri e delle ricchezze, che sono ancora controllati da un'esperimentata aristocrazia. Ecco perchè il conservatore inorridisce alla parola coscrizione ed esalta le libere consuetudini della nazione, mentre le Trade-Unions stanno in agguato. La situazione non è nuova, già al solito, un italiano aveva colto un analogo aspetto nella politica romana. Nicolò Machiavelli (che nella mitologia infantile inglese corrisponde al nostro Orco) nei suoi mirabili Discorsi così si esprime : « dico come ogni città debba avere i suoi modi, con i quali possa sfogare l'ambizione sua, e massime quelle cittadi che nelle cose importanti si vogliono valere del popolo, intra le quali la città di Roma aveva questo modo, che quando quel popolo voleva ottenere una legge... e' non voleva dare il nome per andare alla guerra, tanto che a placarlo bisognava in q ualche modo soddisfargli ». Ma si sa cos'è questa mezza coscrizione; significa per gli inglesi un vero atto di disperazione, e persistendo in una politica egemonica, non rimane che assoldare eserciti stranieri. La Francia, il famoso bouclier sanglant, risponde per prima all'appello persuasa di una missione che non è più sua, persuasa che lo sguardo trepido e innamorato del mondo intero si posi su di lei,
si è a tal punto che la Turchia per subire la garanzia delle frontiere nazionali, esige in cambio Alessandretta (che naturalmente è francese e non partecipa dei jamais). Suprema raffinatezza dell'umorismo inglese.
Cecrope Barilli
L A FUNZIONE RIVOLUJZIONARIA DEL SINDACATO Esaminare un istituto quale il sindacato, e specialmente il sindacato dei lavoratori, significa ricercarne i motivi rivoluzionari, quei motivi per i quali esso non è solo realtà attuata, ma è anzitutto mezzo per il conseguimento di un ideale. E questo motivo rivoluzionario, ed insieme l'ideale di cui il sindacato è strnmento, si scorgono meglio se noi ci rifacciamo all'origine del sindacato. Origine che possiamo considerare antica in questi anni tumultuanti di istituti rapidamente sorti ed altrettanto rapidamente dissolti, origine antica poichè ormai secolare. Ne sorge la necessità coll'avvento della macchina e col conseguente innestarsi nel ciclo di produzione di masse sempre crescenti di proletariato nel senso più stretto e più duro della parola. La vecchia corporazione artigiana, nella quale molto erroneamente si è voluto vedere il precedente storico del corporativismo sindacale, cadeva sotto la pressione della manifattura e delle macchine : non occorreva più l'■ artista s del mestiere, il lavoratore assurto alla dignità di a maestro s attraverso il lungo tirocinio regolato dalle ormai superate convenzioni. La manifattura, prima, e sopratutto la macchina, dopo, non chiedevano nulla al lavoratore, non chiedevano una specifica abilità, ma soltanto una brutale e quasi indifferenziata forza di lavoro s. Si forma così il proletariato urbano, si accumulano le masse di manovali, i quali non possono difendersi dagli alti e bassi dei cicli economici, ma diventano puri oggetti della ferrea legge della domanda e dell'offerta. L'artigiano di un tempo era un'entità determinata e rappresentava una a personalità s nel ciclo della produzione, l'operaio moderno, e specialmente quello delle prime fabbriche, non è altro che una frazione di cavallo-vapore, scarsamente differenziata dalle infinite altre che la crescente richiesta fa affluire sul mercato del lavoro salariato. Così il lavoratore perdeva ogni garanzia corporativa (nel senso antico) e la concorrenza più spietata si abbatteva su di lui. Le condizioni dell'operaio sarebbero precipitate necessariamente al livello segnato dalla cosidetta ■ legge di bronzo del salario s, ossia verso il minimo assolutamente indispensabile alla più nuda sussistenza materiale. Ed ecco sorgere la necessità di coordinare la resistenza all'abbassarsi del salario, al peggioramento costante delle condizioni di lavoro, ecco sorgere i primi moti e le prime ■ leghe di resistenza s, sn cui non tarda ad abbattersi feroce la repressione padronale e governativa. Queste sono le condizioni che pongono al proletariato il compito della lotta per il diritto di associazione : lotta fiorita di me-
ravigliose conquiste, in cui si esprime la capacità organizzativa delle masse lavoratrici, ma segnata anche del sangue dei molti pionieri caduti nell'ormai secolare vicenda di vittorie e di sconfitte. E ad esprimere la sacrosanta conquista di intere generazioni di lavoratori, ad esprimere la conquista del diritto di associazione, il sindacato. Ma il sindacato non è la meta di questa gloriosa vicenda, il sindacato è solo lo strumento per il raggiungimento di quella a più alta giustizia sociale i che è, oggi, il fine essenziale della politica sociale del Fascismo. Noi abbiamo voluto brevemente ricordare gli antecedenti storici di questo istituto, perchè oggi l'esistenza del sindacato fa talmente parte della nostra esperienza quotidiana da farcene dimenticare significato e fine. Il Sindacato? Si, il grandioso palazzo di Corso Porta Vittoria con Capoferri a segretario. Ci vanno talvolta gli operai a regolare qualche pendenza mntnalistica, ci vanno — a fare la i fila s — i disoccupati, qualche altro se ne serve per promuovere una vertenza e sopratntto ci vanno i a contributi S. Ecco ciò che resta del Sindacato alla nostra frettolosa e superficiale esperienza : un organismo con tanti impiegati ed uffici, una a provvidenza i a carattere mutualistico e burocratico. Ma riguardando il suo passato vediamo quanto poco questa visione corrisponda alla sua intima funzione, quanto poco corrisponda il sindacato ad una provvidenza ossia ad una qualche istituzione paternalistica e scaturente dall'alto, tutrice, sl, ma anche leggermente soccorrevole. Il sindacato è invece nella sua più intima essenza autogoverno e perciò antoresponsabilità. Le masse operaie nella loro lotta non hanno cercato l'aiuto della a illuminata s borghesia o il sorriso compiacente del munifico padrone, hanno cercato invece di esprimere dal loro seno i quadri del grande esercito del lavoro, sicuri delle loro forze e della loro capacità organizzativa. Noi pensiamo, adunque, che il sindacato trovi il suo fondamento e perciò la sua forza nella sua tradizione storica e rivoluzionaria, che si esprime nelle tre parole d'ordine di autonomia delle masse lavoratrici, autogoverno di categoria, autodisciplina nell'educazione alla responsabilità ed alla coscienza politica. Questi concetti sono fondamento della Carta del Lavoro e sono specialmente lumeggiati in quei a Punti di Massima s che Mussolini dettava nel 1929.e nei quali poneva alla base dell'organizzazione l'Autarchia Sindacale. Ed alla luce di questi concetti noi dobbiamo rifiutare le idee di coloro che van discorrendo di un a sindacato unico s nel quale si riunirebbero imprenditori e lavoratori. Essi vorrebbero sostituire alla composizione degli interessi divergenti l'identificazione, come se l'identificazione fosse possibile senza la soppressione di una delle parti in causa. Ed il loro sindacato non si sa se risponda di più all'ottusa illusione di aver raggiunta la mitica età dell'oro o invece ad una malcelata volontà di negare quell'autarchia sindacale che rimane fondamento della dottrina fascista del sindacato. Dobbiamo pure rifiutare le tesi di coloro che illudendosi di accentuare la funzione politica del sindacato, o almeno mostrandosene illusi, vogliono sottrarre al sindacato la troppo banale questione economicocontrattuale, attribuendola allo Stato. E premettendo che lo Stato non saprebbe fare altro che un colossale complesso di uffici e di commissioni senza la necessaria agilità e la non meno necessaria elasticità di fronte alle mutevoli vicende economiche, osserviamo che la funzione del sindacato è rivoluzionaria perchè non è astrattamente educativa, ma perché è diretta verso la realtà dell'oggi e perciò verso una realtà sopratutto economica. E questo campo contrattuale ed economico non è il campo della legge che può soltanto sanzionare un raggiunto equilibrio, ma è invece il campo dell'azione rivoluzionaria ed autonoma dei sindacati verso la composizione degli interessi. Così alla luce di questi concetti si chiarisce il significato del sindacato, ed insieme si chiarisce la politica economica del Fascismo. Politica che non è tentativo di sostituire alla realtà tumultuante di interessi eterogenei l'illusione mitologica di un placido mondo in cui sfumano le divergenze economiche : la nostra politica economica cerca invece di adeguarsi alla realtà, riconoscendo in essa le diverse sfere di interessi, ma riconoscendo pure ai diversi ceti la responsabilità ed il diritto all'azione autonoma. In questa complessità, che è sopratutto concretezza, si deve svolgere la funzione rivoluzionaria del sindacato verso la più alta coscienza delle masse lavoratrici, verso la più alta giustizia sociale. Pangloxx
FILIPPI(HE Forse in due grandi gruppi possono essere sindacati gli uomini, e quando si nasce portiamo un'invisibile stampino in fronte che ci distingue: « idealisti » e « opportunisti ». Non si sfugge; v'è chi l'opportunità considera in funzione delle idee, ed è idealista, e chi le idee tiene in funzione dell'opportunità, ed è opportunista. La definizione è semplicistica ma rigorosa. Ipiù però si illudono di stare in un compromesso: questi più sono i peggiori, in quanto il solo compro-
messo
è
indice del peggiore opportu-
nismo. Difficile assai è capire di che natura siamo: capita spesso nella vita il desolante spettacolo di uomini che avendo tenuto per tanti anni la purissima maschera dell'idealista riuscendo a ingannare perfino se stessi, si accorgono della finzione: allora si fanno sarcastici sulla propria vita di un tempo e ti
vengono fuori col rinnegare il passato che tacciano di fanciullaggine, di desiderio vano di esperienze false, rinnegando persino la propria intelligen-
za che giudicano causa di tutti i mali e gli errori in cui sono incorsi. Triste sorte è la loro. s
• s
I l peggio però, che ora anche
pi
trop-
giovani senza lotta alcuna con se
stessi si sindacano tra gli opportunisti, e beatamente se la ridono. Più triste ancora è questa sorte. a s x
Strani fenomeni influenzano pure le sorti delle parole: sono esse a volte come la moneta, l'inflazione ne toglie il valore. Perdono significato concreto, e quando l'inflazione è giunta al colmo, passano da concetto serissimo ad ironica utopia. Provatevi a pronunciare la parola « fratellanza » : un tempo sentendola
popoli tranquilli nel lavoro, a sicurezza duratura, a scambi pacifici: oggi — al massimo — alla realizzazione di una nuosi Poteva forse pensare a
va Società delle Nazioni. E c'è differenza. E « fratellanza » è passata, vuota di valore, come tante cose ormai inservibili, tutta smunta nel significato; come le tante fate belle delle fole di quando s'era bimbi e che la vita poi d'ogni giorno si è portate via. Brnat