La Voce di Calvisano - Gennaio 2017

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CalviGENN17

23-01-2017

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LA VOCE DI CALVISANO UNA COMUNITÀ IN DIALOGO Editore don Tarcisio Capuzzi - Dir. resp. Gabriele Filippini - Aut. Trib. Bs n. 31/97 del 7/8/97 - Anno XXXI - N° 256 Fotocomposizione: GraficaCM - Leno (BS) - Stampa: Grafinpack - Calvisano (BS)

GENNAIO 2017

14 FEBBRAIO 2017

FESTA DELLA BEATA CRISTINA

Come ogni anno ci apprestiamo a partecipare alle numerose iniziative (vedi Calendario a pag.5) per onorare, ricordare, pregare la nostra Beata che da secoli veglia sull’intera comunità di Calvisano. Accanto alle celebrazioni religiose che siamo invitati a vivere con intensità, nel pomeriggio di domenica 12 febbraio alle ore 16, potremo assistere alla consueta e sempre coinvolgente manifestazione musicale che il Maestro Enrico Tafelli, fondatore ed anima del nostro coro, ha proposto e co-ideato: “Concertoriflessione: Il Vangelo di Esta Tierra”.

La Parola vestita di suono, un insieme di colori e parole tratte dai Vangeli… L’uomo, sotto forma di musica, forte e, nello stesso tempo, insicuro… La parola ed il pensiero di papa Francesco che ci trasmettono la profonda grandezza di Dio. Le voci narranti, la musica strumentale, le voci del coro con solista, le luci che illuminano e nascondono… “ESTA TIERRA” è un concerto da non perdere!

QUARANTA GIORNI E QUARANTA NOTTI Il significato della Quaresima, in quanto preparazione alla Pasqua, sta tutto nel numero quaranta, che ricorre più volte sia nell’Antico, sia nel Nuovo Testamento: sono i giorni del diluvio, con cui Dio distrugge l’umanità corrotta per salvare solo pochi giusti, con cui stipula la sua prima alleanza; sono i giorni che per ben due volte Mosè, mediatore della seconda alleanza, trascorre sul monte Sinai, in comunicazione diretta con Dio; sono gli anni di peregrinazione degli Ebrei prima di entrare nella Terra promessa; sono i giorni di cammino del profeta Elia, in fuga dalla persecuzione verso il monte di Dio; sono i giorni che Gesù trascorre nel deserto alla vigilia dell’inizio della sua predicazione. Qui egli inaugura la sua lotta contro la tentazione con le armi del digiuno e della preghiera, abbandonandosi totalmente al Padre e al suo progetto per lui: diversamente dal suo popolo, che nel deserto è stato tentato ed ha più volte ceduto alla mormorazione, alla ribellione e addirittura all’idolatria con il vitello d’oro, Gesù supera la prova rinunciando al potere, al successo, alla facile autoaffermazione. Anche il cristiano è chiamato, in questo che è forse il tempo più significativo dell’anno liturgico, alla preghiera e al digiuno: ma con quale significato? E con quale intendimento finale? Si tratta di un rituale in cui si stratificano molti livelli: anzitutto contiene l’idea di espiazione dei peccati e di penitenza; in secondo luogo, l’uomo, rinunciando al cibo, testimonia la propria piccolezza di fronte al Creatore, e dichiara di aspettarsi ormai tutto da lui; inoltre, è un mezzo per entrare in comunicazione con Dio, attendendo da lui rivelazione ed ispirazione, liberando spazio in sé stessi affinché Egli ci possa riempire di sé. Ma ciò che conta più di tutto, ciò che a tutto dà significato, impedendo che preghiera e digiuno siano solo vuoti ritualismi religiosi, è l’amore: con questi mezzi potenti noi ci avviciniamo a Dio, perché

gli diciamo che nella nostra vita nulla è importante quanto Lui. Come ci ricorda il profeta Isaia, Dio disprezza il falso digiuno di chi rispetta un formalismo puramente esteriore, ma continua a odiare il fratello: Ecco, voi digiunate fra liti, alterchi e ingiusti colpi … Non è piuttosto questo il digiuno che vorrei: sciogliere le catene inique, rimandare liberi gli oppressi? Non consiste forse nello spezzare il pane all’affamato, nell’introdurre in casa i miseri? Il profeta ci rimanda qui al terzo pilastro di ogni vera penitenza: oltre alla preghiera e al digiuno, anche l’elemosina verso i fratelli più sfortunati è un modo per testimoniare l’amore verso Dio: perché come possiamo dire di amare Dio, che non vediamo, se non riusciamo ad amare il prossimo che incontriamo sulla nostra strada? E Gesù ci invita a diffidare di noi stessi, quando facciamo penitenza e digiuniamo solo per essere ammirati dagli altri: “E quando digiunate non ostentate squallore nel viso come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. Tu invece quando digiuni profumati la testa e lavati il volto: e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. Digiunare, quindi, non significa disprezzare il corpo, che è sacro in quanto tempio dello Spirito, né la creazione, che è buona come il suo Creatore: significa invece saper rinunciare a qualcosa per ottenere una cosa più grande, come l’uomo che vende tutto ciò che ha per comprare un campo, in cui sa però che è nascosto un tesoro: nella nostra cultura di oggi, ossessionata dalla sazietà e dalla sovrabbondanza, impariamo nuovamente il valore della rinuncia ed insegniamola anche ai bambini, affinché capiscano, un po’ alla volta, che possedere non è tutto, che la sazietà non è ricchezza e l’abbondanza puramente materiale non è amore. Buon cammino a tutti Monica Gavazzi


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