Sedicesimo "Il Notiziario sulla Sicurezza" settembre-ottobre 2019

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Anno XI | numero 5 Settembre | Ottobre 2019 ISSN 2283-9356

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Anno IX | numero 2 Marzo | Aprile 2017 ISSN 2283-9356

Anno IX | numero 3 Maggio | Giugno 2017 ISSN 2283-9356 | Spedizione in abb. postale Poste Italiane Spa Sped in abb postale d.l. 353/2003 (conv.in l. 27/02/2014 n.4) art.1 comma 1 lom/mi 5488 | | Prezzo € 12,00 Abb. annuale € 60,00 |

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RUBRICHE FISSE ANTICADUTA

SICUREZZA IMPIANTI

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Alberto Pincigher Responsabile Comitato Tecnico Scientifico ALV. Associazione Linea Vita

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ANTINCENDIO

PSICOLOGIA DEL LAVORO

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Fernando Cordella Presidente A.N.P.P.E. Vigili del Fuoco

Piergiorgio Frasca Psicologo del lavoro e delle organizzazioni

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Sommario 4 6 7 15 20 24 30 38 42 50 55 61

L’editoriale

Comunicato stampa | GIS

Dispositivi di protezione per lavori in quota | Alberto Pincigher Compilazione dei moduli obbligatori per la tracciabilità dei rifiuti | Davide Iaciofano Rischi negli ambienti scolastici | Monica Mioccio

Prevenzione incendi per gli edifici di civile abitazione | Fernando Cordella Infortuni in ambito domestico | Alessia Petruzzelli

Misure antincendio dal confronto tra curva d’incendio nominale e parametrica | Luigi Palestini DPR 177/2011: basta poco per fare confusione | Adriano Paolo Bacchetta Fattore umano ed educazione alla prevenzione | Piergiorgio Frasca Stress da lavoro correlato | Mario Romeo

La patologia ipofisaria | Giovanna Pirana

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L’editoriale Buongiorno a tutti cari lettori e care lettrici, innanzitutto un invito a tutti voi a visitare il nostro stand nel Padigione 22 stand c39 in occasione della fiera Ambiente lavoro a Bologna dal 15 al 17 ottobre 2019. Oggi vorrei porre la mia attenzione sui cantieri a cielo aperto prendendo spunto dal rapporto e dati Inail sull’argomento indicato. IL documento realizzato dall’Inail fornisce una utile panoramica, in relazione alla gestione dei rischi, sulla produzione nel settore estrattivo delle cave a cielo aperto e un breve excursus sulle attività estrattive di pietre ornamentali, da costruzione, calcare, pietra da gesso, creta e ardesia (Ateco B0811) e di ghiaia, sabbia, argilla e caolino (Ateco B0812). Il documento riporta non solo i dati su produzione, addetti e infortuni, ma descrive anche il processo estrattivo tipo e i riferimenti normativi in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, con particolare attenzione agli obblighi delle figure principali professionali che intervengono nel processo estrattivo in cava. Nel nostro Paese l’estrazione di materiali da cave a cielo aperto (ECCA) ha origini storiche. Si tratta di un settore classificato ad alto rischio infortunistico. Nel grafico qui sotto riportato si analizzano i dati degli infortuni nel quinquennio 2013-2017 divisi per regione sul territorio nazionale.

Il trend infortunistico altalenante, relativo ai casi mortali nel quinquennio, induce comunque a mantenere alto il livello d’attenzione sulla sicurezza nelle nostre cave. Le tecniche di ECCA sono variabili col tipo di materiale prodotto. Talvolta, esse sono il risultato dell’evoluzione di tecniche tradizionali, tramandate nel tempo da una generazione all’altra. In quest’aspetto, che per certi versi costituisce un punto di forza, si inseriscono alcune criticità potenzialmente rilevanti ai fini della sicurezza. Le attività più comuni nei processi di ECCA sono: 1. il disgaggio o distacco manuale di massi pericolanti e la messa in sicurezza del fronte di cava; 2. il trasporto e l’utilizzo di esplosivi, la preparazione del sito e il brillamento di mine; 3. la movimentazione, lo scavo, la selezione, lo stoccaggio, la separazione e la frantumazione di inerti; 4. l’esecuzione di fori da taglio, a mano o con perforatrici, sul fronte di cava; 5. il taglio di blocchi di pietra al monte e la riquadratura; 6. l’utilizzo e la manovra di macchine movimento terra, il carico e lo scarico di materiali da camion; 7. l’utilizzo e la manutenzione di macchine tagliatrici, spacca-rocce e similari; 8. lo smaltimento di acque e di fanghi residui.

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ANTICADUTA

DISPOSITIVI DI ANCORAGGIO PER LAVORI IN QUOTA Dispositivi di protezione collettiva e individuali per lavori in quota a cura di Ing. Alberto Pincigher

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e cadute dall’alto ad oggi risultano essere una delle cause principali di infortuni gravi e mortali sul lavoro. Un valido strumento per fronteggiare questa piaga nazionale è quello di prevedere un’opportuna valutazione dei rischi connessi alle lavorazioni in quota sia in fase di costruzione che nelle successive fasi di manutenzione degli edifici e delle infrastrutture. A questo dovrà poi seguire un’attenta pianificazione e la messa in campo di misure di protezione adeguate. Le misure tecniche ed organizzative capaci di impedire gli infortuni nei lavori in quota sono note da tempo, da quando il d. Lgs. 81/2008 detto “Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro” agli articoli 105 e seguenti ha stabilito la definizione di lavoro in quota e si sono individuati i principali tipi di protezione da utilizzare. Nei casi in cui i lavori in quota non possano essere eseguiti in condizioni di sicurezza adeguate devono essere scelte attrezzature di lavoro idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure (fig.1) dando priorità alle misure di protezione collettiva (DPC) rispetto alle misure di protezione individuale (DPI). Il D.Lgs.81/08 negli articoli 75 e 111 rimarca la priorità di scelta delle misure di protezione e il concetto di “residualità” del DPI rispetto al rischio di caduta dall’alto.

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Art. 75 “Obbligo di uso” I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.

Art. 111 “Obblighi del datore di lavoro nell’uso di attrezzature per lavori in quota” 1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possono eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, sceglie le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformità ai seguenti criteri: a) Priorità alle misure di protezione collettiva rispetto

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alle misure di protezione individuale; b) Dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura dei lavori da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una circolazione priva di rischi. Il datore di lavoro sceglie il tipo più idoneo di sistema di accesso ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell’impiego. Il sistema di accesso adottato deve consentire l’evacuazione in caso di pericolo imminente. Il passaggio da un sistema di accesso a piattaforme, impalcati, passerelle e viceversa non deve comportare rischi ulteriori di caduta. Il datore di lavoro dispone affinché sia utilizzata una scala a pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l’uso di altre attrezzature di lavoro considerate più sicure non è giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare. Il datore di lavoro dispone affinché siano impiegati sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore è direttamente sostenuto, soltanto in circostanze in cui, a seguito della valutazione dei rischi, risulta che il lavoro può essere effettuato in condizioni di sicurezza e l’impiego di un’altra attrezzatura di lavoro considerata più sicura non è giustificato a causa della breve durata di impiego e delle caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare. Lo stesso datore di lavoro prevede l’impiego di un sedile munito di appositi accessori in funzione dell’esito della valutazione dei rischi ed, in particolare, della durata dei lavori e dei vincoli di carattere ergonomico. Il datore di lavoro, in relazione al tipo di attrezzature di lavoro adottate in base ai commi precedenti, individua le misure atte a minimizzare i rischi dei lavoratori, insiti nelle attrezzature in questione, prevedendo, ove necessario, l’installazione di dispositivi di protezione contro le cadute. I predetti dispositivi devono presentare una configurazione ed una resistenza tali da evitare o da arrestare le cadute da luoghi di lavoro in quota e da prevenire, per quanto possibile, eventuali lesioni ai lavoratori. I disposi-

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ESPERTO PROGETTISTA DELLA SICUREZZA DEI LUOGHI DI LAVORO SPECIALIZZATO NELL'ANTICADUTA E LAVORI IN QUOTA. - Consulenza sulla scelta e l’utilizzo dei dispositivi anticaduta per prevenire le cadute dall’alto e sulle normative di riferimento. - Sviluppo e Progettazione di dispositivi di ancoraggio per lavori in quota conformi alle norme vigenti. - Documentazione marcatura CE dispositivi di protezione individuali e prodotti da costruzione. - Stesura elaborato tecnico della copertura (elaborati grafici, relazione tecnica illustrativa-manuale di utilizzo dei dispositivi). - Relazione di calcolo per la verifica dell’idoneità della struttura di supporto e del fissaggio del dispositivo di ancoraggio e dei parapetti alle strutture. - Verifica in sito della tenuta del fissaggio. - Formazione per installatori, progettisti e utilizzatori dei dispositivi anticaduta per lavori in quota.

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Modulo di iscrizione 2019

Modulo 2016 da inviare via emaildiaiscrizione segreteriasoci@lineavita.org daoppure inviare via segreteriasoci@lineavita.org viaemail PEC amail.alv@pec.lineavita.org oppure via PEC mail.alv@pec.lineavita.org N............................................................................................................................................................................................................................ OM E C OG N OM E NOME COGNOME ............................................................................................................................................................................................................................ C............................................................................................................................................................................................................................ F P ROFE SSION E CF PROFESSIONE ............................................................................................................................................................................................................................ T............................................................................................................................................................................................................................ ITOLO D I STU D IO T............................................................................................................................................................................................................................ ITOLO DI STUDIO IN............................................................................................................................................................................................................................ D IRIZZO C ITTÀ P ROV . INDIRIZZO CITTÀ PROV. ............................................................................................................................................................................................................................ T............................................................................................................................................................................................................................ EL FAX E M AIL TEL FAX EMAIL ............................................................................................................................................................................................................................

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QUOTA SOCIO ORDINARIO A ZIENDALE € 250,00 ( DUECENTO CINQUANTA EURO ) QUOTA SOCIO ORDINARIO A ZIENDALE € 250,00 (DUECENTOCINQUANTA EURO)

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6) Rimanere costantemente aggiornati sulle notizie pubblicate dall’UNI-Ente Italiano di Normazione, a cui l’Associazione Linea Vita è a sua volta associata.

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Informativa ai sensi D.Lgs 196/2003 Informativa ai sensi D.Lgs 196/2003 I dati personali contenuti nella scheda verranno trattati in forma elettronica e cartacea. L’interessato può esercitare tutti i diritti I dati personali contenuti nella scheda verranno trattati in forma elettronica e cartacea. L’interessato può esercitare tutti i diritti previsti previsti ai sensi della Legge 675/96 e D.Lgs. n. 196/2003, quali il diritto di aggiornare, rettificare od anche cancellare i dati. ai sensi

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MODULISTICA E AMBIENTE

MODALITÀ DI COMPILAZIONE DEI MODULI OBBLIGATORI PER LA TRACCIABILITÀ DEI RIFIUTI a cura di Davide Iaciofano

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ello scorso numero è stato trattato in conformità della direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE e la decisione 2000/532/CE come procedere ad una corretta classificazione dei rifiuti. Successivamente la classificazione, subentrato altri oneri a carico del produttore dei rifiuti come indicato dall’art. 190 d.lgs. 152/06 (sostituito dall’art. 16 comma 1 d.lgs. n. 205 del 2010) che impone l’obbligo della tenuta di uno speciale registro dei rifiuti (Registri di carico e scarico) dove deve essere annotato ogni rifiuto prodotto. In particolare, sono obbligati alla compilazione e tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti (art.11, comma 12-bis, legge n. 125 del 2013): gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi; gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da lavorazioni industriali e da lavorazioni artigianali; gli enti e le imprese produttori iniziali dei rifiuti speciali non pericolosi da potabilizzazione e altri trattamenti delle acque derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, fanghi della potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee reflue e da abbattimento dei fumi. Nonché altri detentori di rifiuti, quali enti e imprese che raccolgono e trasportano rifiuti o che effettuano operazioni di preparazione per il riutilizzo e di trattamento, recupero e smaltimento, compresi i nuovi produttori. Oltre all’onere di tenuta del registro carico scarico scatta l’onere per il trasportatore alla compilazione di un apposito modulo di trasporto denominato formulario di identificazione rifiuti dal quale devono risultare almeno i seguenti dati (art. 11, comma 12-quater, legge n. 125 del 2013) generalità del produttore, origine tipologia e quantità del rifiuto, generalità dell’impianto di destinazione, data e percorso dell’istradamento ai sensi dall’art. 193 (sostituito dall’art. 16, comma 1, d.lgs. n. 205 del 2010) (Trasporto dei rifiuti). Già nella circolare del 4 agosto 1998, n. GAB/DEC/812/98 si trovano indicazioni sulle modalità di compilazione dei registri di carico e scarico dei rifiuti e dei formulari di trasporto in particolare, la circolare esplicava sulla compilazione dei registri di carico e scarico dei rifiuti e dei formulari di accompagnamento dei rifiuti trasportati individuati, rispettivamente, dal decreto ministeriale 1° aprile 1998, n. 145 e dal decreto ministeriale 1° aprile 1998, n. 148.

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L’articolo 12 del decreto legislativo n. 22/1997 e successive modifiche e integrazioni impone a numerose categorie di operatori l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico sul quale devono essere annotate la tipologia, le caratteristiche e le quantità dei rifiuti oggetto delle attività di produzione e/o di gestione dei rifiuti stessi. I suddetti dati devono essere utilizzati per la comunicazione annuale al Catasto attraverso il Modello Unico di Dichiarazione ambientale (MUD). L’articolo 15 del decreto legislativo n. 22/1997 e successive modifiche e integrazioni stabilisce, inoltre, che “durante il trasporto effettuato da Enti o imprese i rifiuti sono accompagnati da un formulario di identificazione”. Il modello uniforme di formulario ed il modello uniforme di registro di carico e scarico sono stati, rispettivamente, individuati dal decreto ministeriale 1° aprile 1998, n. 145 e dal decreto ministeriale 1° aprile 1998, n. 148.

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RISCHI NEGLI AMBIENTI SCOLASTICI

RISCHI NELLE SALE INSEGNANTI, NELLA BIBLIOTECA, IN ARCHIVI, DEPOSITI, MAGAZZINI E NELLE AULE a cura di Monica Mioccio

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ella valutazione dei rischi nelle scuole bisogna considerare anche ambienti come la sala insegnanti, la biblioteca, i magazzini, gli archivi, i depositi, i vari uffici e le aule. I pericoli insiti nella sala insegnanti e nella biblioteca sono legati alla caduta di materiali, all’ingombro degli spazi e al rischio di incendi. Ciò che determina tali pericoli è il sovraccarico delle scaffalature e la concentrazione di eccessivo materiale cartaceo. Per poter prevenire questi pericoli è necessario riordinare costantemente i libri negli appositi scaffali, controllare l’usura e la capacitò della tenuta della scaffalatura e degli arredi, non caricare eccessivamente gli scaffali ed infine installare dei rilevatori di fumo e presidi antincendio predisposti. D’altra parte i principali rischi dei magazzini, degli archivi e dei depositi sono quelli igienici ed ambientali oltre alla caduta dei

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materiali, all’ingombro degli spazi e dell’incendio; ciò che determina il pericolo igienico-ambientale è dovuto alla presenza di umidità, di muffe e di polveri; il rischio di caduta è dovuto chiaramente al sovraccarico di scaffalature e all’eccessiva presenza di materiale cartaceo. Infine vi è la possibilità di corto circuito data la presenza di materiale infiammabile. Per poter prevenire tutti questi pericoli è necessario disporre i diversi materiali in ambienti sperati e su scaffalature metalliche, areare i locali in modo che rimangano asciutti attraverso deumidificatori o meditante interventi di manutenzione straordinari. Per evitare l’umidità e la presenza di muffe inoltre bisogna conservare i prodotti chimici come detersivi, disinfettanti, disinfestanti o in generale liquidi infiammabili in un locale apposito oppure in appositi armadi

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ANTINCENDIO

PREVENZIONE INCENDI EDIFICI DI CIVILE ABITAZIONE SUPERIORE AI 24 METRI : IN ARRIVO LA REGOLA TECNICA VERTICALE (RTV) a cura di Fernando Cordella - Presidente A.N.P.P.E.

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ella seduta del Comitato Centrale Tecnico Scientifico (CCTS) del 17 luglio scorso è stata presentata la bozza di Regola Tecnica Verticale (RTV) del Codice di prevenzione incendi (DM 03/08/2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139”) per gli edifici di civile abitazione. La nuova RTV (regola verticale) riguarda le abitazioni civili di altezza antincendio > 24 m, cioè per esempio degli edifici destinati prevalentemente ad abitazione ma che includono anche negozi, magazzini, autorimesse, attività professionali eccetera. Nel dettaglio la bozza contiene : Classificazione Gli edifici di civile abitazione sono classificati in relazione alla massima quota dei piani h: HC: h ≤ 32m; HD: h ≤ 54m; HE: h ≤ 80m; HF: h > 80m; Le aree dell’attività sono invece classificate così: TA: unità abitative o a uso esclusivo (per esempio, appartamenti); TB: unità non abitative, destinate a piccole attività di tipo civile (studi professionali e piccoli uffici);

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TC: spazi comuni, aree o parti dell’edificio che non si configurano quali unità abitative o a uso esclusivo (es. scale e corridoi condominiali, atri, androni, terrazzi condominiali, rampe e passaggi in genere); TM1: depositi o archivi di superficie lorda ≤25mq con carico di incendio specifico qf≤1200MJ/mq, oppure di superficie lorda ≤100mq con carico di incendio specifico qf≤600MJ/mq; TM2: depositi o archivi di superficie lorda ≤400mq con carico di incendio specifico qf≤1200MJ/mq, oppure di superficie lorda ≤1000mq con carico di incendio specifico qf≤600MJ/mq. TO: locali con affollamento >100 occupanti (locali a uso collettivo, sale conferenze, sale riunioni); TT: locali tecnici rilevanti ai fini della sicurezza antincendio; TZ: altre aree. Strategia antincendio Devono essere applicate tutte le misure antincendio della regola tecnica orizzontale (RTO) attribuendo i livelli di prestazione secondo i criteri in esse definiti. Reazione al fuoco Nelle aree TA e TB, non sono richiesti requisiti minimi di reazione al fuoco. Nelle vie d’esodo (vie d’esodo verticali, percorsi d’esodo (es.corridoi, atri, filtri, …) e spazi calmi, degli edifici di tipo HF deve essere previsto livello di prestazione IV per la re-


ASSOCIAZIONE NAZIONALE PROFESSIONISTI PER LA PREVENZIONE E LE EMERGENZE - VIGILI DEL FUOCO Via Giacomo Trevis 88 00147 ROMA

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26 | Il Notiziario sulla Sicurezza | settembre - ottobre 2019

L’A.N.P.P.E.VV.F. è una associazione sindacale-professionale autonoma con finalità scientifiche e di tutela legale. L’ Associazione si prefigge di affrontare tutti i problemi lavorativi dei Vigili del Fuoco e di contribuire alla loro risoluzione. All’attività sindacale, tesa alla salvaguardia dei Vigili del Fuoco, affianca un’intensa attività propositiva e di studio, fornendo il proprio contributo nelle materie strettamente legate alla Prevenzione, Emergenza e Sicurezza, volendo porsi come un laboratorio di idee e progetti caratterizzato da un approccio concreto, frutto dell’esperienza diretta sul campo.


FORMATORE DELLA SICUREZZA

INFORTUNI IN AMBITO DOMESTICO: DEFINIZIONI E TUTELE a cura di Alessia Petruzzelli - Formatore della Sicurezza sul Lavoro e membro del Comitato tecnico-scientifico A.N.P.P.E. VV.F.

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cosiddetti infortuni in ambienti di vita, e in particolare gli infortuni domestici, costituiscono un fenomeno in costante crescita e un problema sociale con risvolti di interesse sia per la sanità pubblica che per le politiche di prevenzione in generale. Se è vero che noi tutti siamo abituati a considerare la casa un luogo sicuro e ben conosciuto, le cronache quotidiane restituiscono un dato allarmante rispetto al dato degli incidenti che avvengono tra le mura domestiche e che riguardano in particolar modo le categorie più a rischio: anziani, donne e bambini. Secondo i dati forniti dal Dipartimento di Medicina del Lavoro dell'Istituto per la prevenzione e sicurezza sul lavoro, ogni anno circa 4,5 milioni di infortuni avvengono tra le pareti di casa e ben 8.000 sono gli infortuni domestici mortali. Nell’ultima indagine INAIL (pubblicata nel 2012) il tasso di incidenti tra le casalinghe è di 21,02 casi su mille persone. Quello dei pensionati è di 17,90 e per i disoccupati 18,21 per mille. Quella tra 0 e 5 anni è infine la fascia più pericolosa per i bambini, in cui ogni mille ragazzi sono più di 16 quelli che ogni anno cadono vittima di un infortunio domestico. I costi che ne derivano, sia in termini di vite umane e di invalidità permanenti che di costi socio-sanitari, sono significativi (circa 8 miliardi di euro all’anno) e le istituzioni nazionali ed europee hanno posto in essere da alcuni decenni politiche di prevenzione e sicurezza al fine di ridurre la portata di tale preoccupante fenomeno. In Italia la Legge del 3 dicembre 1999,

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n. 493 “Norme per la tutela della salute nelle abitazioni e istituzione dell’assicurazione contro gli infortuni domestici”, indica le funzioni del Servizio Sanitario Nazionale in materia di sorveglianza e prevenzione degli incidenti domestici, dando particolare enfasi alle azioni di informazione ed educazione sanitaria e alla realizzazione di un sistema informativo dedicato istituito presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Il Piano nazionale di Prevenzione 2014-2018 del Ministero della Salute ha previsto azioni mirate alla prevenzione degli infortuni domestici, con l’obiettivo di ridurre gli incidenti domestici e del tempo libero e migliorare la conoscenza del fenomeno e delle azioni di prevenzioni da parte degli operatori sanitari, in particolare i pediatri del territorio e i medici di medicina generale, obiettivi confluiti nella maggior parte dei casi nei Piani Sanitari Regionali. Rimane tuttavia un nemico da combattere: la attenuata percezione da parte della popolazione dei pericoli e dei rischi che quotidianamente accompagnano le attività domestiche, laddove ai fattori di rischio ambientali si aggiungono quelli individuali dovuti alla familiarità dell’ambiente casa e dal conseguente abbassamento dei meccanismi di difesa. I dati ISPESL sembrano infatti confermare le implicazioni di questo atteggiamento psicologico: la prima causa di infortunio domestico è la distrazione (54,2%), seguita dai comportamenti impropri (20,5%). Cadute, ferite, ingestione di corpi


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Il Notiziario sulla Sicurezza è un bimestrale tecnico scientifico che contribuisce alla formazione e all’aggiornamento dei professionisti della Sicurezza nei luoghi di lavoro e di vita oltre che degli esperti sulle problematiche Ambientali.

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Dal 2018 è stato istituito un vantaggioso credito d’imposta. Per beneficiarne è necessario che l’ammontare complessivo degli investimenti pubblicitari superi almeno dell’1% l’importo degli analoghi investimenti effettuati sugli stessi mezzi d’informazione nell’anno precedente. Tale credito è pari al 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, elevato al 90% nel caso di microimprese, piccole e medie imprese e start-up innovative. Per accedere al credito di imposta gli interessati, nel periodo compreso dall’1 Marzo al 31 Marzo, devono presentare un’apposita comunicazione telematica con modalità definite dal provv. amministrativo del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, dopo la realizzazione dell’investimento incrementale, presentando il modello F24 tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate. via Doberdò 22, 20126 Milano www.vmreditrice.it redazionevmr@vmreditrice.it | 33 02.45498130


PREVENZIONE ANTINCENDIO

PREVISIONE DELL'UTILIZZO DI MISURE ANTINCENDIO DAL CONFRONTO TRA CURVA D’INCENDIO NOMINALE E PARAMETRICA a cura di Luigi Palestini - Funzionario del C.N. VV.F.

I

n un incendio in ambienti confinati, garantire la resistenza per un tempo adeguato delle strutture è di fondamentale importanza. Nel periodo post-flashover di un incendio, durante il quale operano le squadre di soccorso, occorre verificare che la struttura sia in grado di resistere per un tempo sufficiente, indicato dal valore della resistenza al fuoco REI. Bisogna quindi valutare l’evoluzione dell’incendio e l’andamento della temperatura nel tempo, per poter garantire che le strutture resistano ai flussi di calore rilasciati. Ai fini della sicurezza, è opportuno analizzare i parametri che influenzano il possibile verificarsi del flashover, dopo il quale l’incendio si trova nella sua fase di completo sviluppo, e quindi si può attendere soltanto l’intervento dei soccorritori, o l’esaurimento del combustibile.

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Il verificarsi del flashover è legato alla temperatura a cui si porta il compartimento durante la fase di crescita dell’incendio, in cui occorre evitare che la temperatura (prossima ai 500°C) provochi la rottura dei vetri dei serramenti. Tale eventualità (da evitare) comporterebbe l’introduzione di comburente che alimenta le fiamme. Se questa eventualità non è scongiurabile, come nel caso in esame, occorre garantire la tenuta strutturale per un tempo che permetta alle squadre di soccorso di operare in sicurezza durante la fase di pieno sviluppo dell’incendio. A tal fine, occorre analizzare la temperatura nella fase postflashover. Si possono individuare due differenti approcci all’analisi degli incendi nella fase post-flashover: l’approccio prescrittivo (largamente applicato, basato su modelli di incendio nominali e

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SPAZIO CONFINATO

DPR 177/2011: BASTA POCO PER FARE CONFUSIONE a cura di Adriano Paolo Bacchetta

C

he il DPR 177/2011 sia una fonte inesauribile di problemi e di innumerevoli interpretazioni è, purtroppo, un dato di fatto in merito a cui ho scritto più volte nel corso degli anni. L’ultima “perla”, in ordine di tempo, è l’interpretazione data da un sito web di aggiornamento documentale che ha reinterpretato un testo dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), per avanzare una suggestione a dir poco fantasiosa. Ma vediamo di andare con ordine. Alcuni mesi fa, è stato pubblicato il modello dell’Istanza di certificazione appalto/subappalto in ambienti confinati ex artt. 75 e segg. D.Lgs. 276/2003 s.m.i. e art. 2 DPR 14 settembre 2011, n. 177 nel quale, oltre a mantenere in essere l’annosa querelle relativa alla necessità di certificare il “contratto di appalto” oltre a quello di “subappalto” (unica tipologia contrattuale per la quale il DPR 177/2011 prevede l’applicazione del D. Lgs. n° 276/2003 - Legge Biagi – e una espressa autorizzazione da parte del Datore di lavoro committente), nella parte descrittiva degli allegati riporta l’elenco dei documenti richiesti per avviare la procedura di certificazione del contratto tra le parti. Premetto che, in questo articolo, non intendo ritornare sulla questione della effettiva richiesta normativa di certificare il contratto di appalto, avendo più volte evidenziato come questa previsione – tra l’altro non condivisa da tutte le Direzioni territoriali – sia solo un’apodittica forzatura “interpretativa” del termina “appalto” presente nell’art. 2 C1 lettera “c” del DPR 177/2011. Il Decreto, infatti, richiede espressamente solo la certificazione dei contratti di subappalto (comma 2 dell’art. 2 del D.P.R. n° 177/2011 in cui viene ribadito il divieto per le attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati del ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D. Lgs. n° 276/2003) e, come precisato nella Nota del MLPS n. 37/0011649 del 27/06/2013, l’oggetto della certificazione di cui al citato riferimento presente nella lettera “c”, è unicamente relativo al rapporto di lavoro del personale del subappaltatore che, nel caso in cui non sia assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, dev’essere oggetto di certificazione. Ciò premesso, sul sito web si legge: Il Rappresentante del Datore di Lavoro committente nei lavori in

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ambiente confinati è una figura prevista dal D.P.R. 14 settembre 2011 n. 177, e deve essere individuata (e formalmente incaricata), avente specifici requisiti che "vigili in funzione di indirizzo e coordinamento" nelle attività svolte dai lavoratori in ambienti confinati: La figura può essere: A. un dipendente del datore di lavoro (con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato) B. un dipendente del datore di lavoro (con altre tipologie contrattuali) C. in appalto (il contratto deve essere certificato ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276)


PSICOLOGIA DEL LAVORO

FATTORE UMANO ED EDUCAZIONE ALLA PREVENZIONE a cura di Dott. Piergiorgio Frasca - Psicologo del lavoro e delle organizzazioni

I

l tema della sicurezza sul lavoro è caratterizzato da due atteggiamenti contrapposti relativi a due modelli culturali che condizionano i comportamenti verso i rischi. Si possono evidenziare una cultura per la sicurezza che vede l’infortunio come un evento complesso al quale contribuiscono diversi fattori le cui cause sono comunque accertabili e un’altra cultura, ancora molto radicata e diffusa, che tende a negare ogni legame causale con l’evento accidentale e a confinare quest’ultimo nel grigio limbo della fatalità e dell’impotenza, o a dame spiegazioni ipersemplificate. In effetti proprio perché nel verificarsi di un infortunio intervengono molti fattori, le cui azioni non sono sempre immediatamente comprensibili sul piano razionale, l’infortunio si presta a venire attribuito al caso, ad eventi accidentali o alla sfortuna, come pure a focalizzare l’attenzione solo sul comportamento dell’infortunato, trascurando altri possibili fattori in gioco. In realtà ogni infortunio è in genere preceduto da una serie articolata di condizioni e

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fattori ognuno di per sé non determinante per il suo verificarsi, ciascuno dei quali avente tuttavia dei rischi con peso e caratteristiche proprie, i quali in presenza di determinate condizioni o circostanze possono dare origine all’evento infortunistico. Storicamente si sono tentati diversi approcci a questo problema, ma la tendenza è oggi quella di considerare l’infortunio come un evento complesso costituito dall’insieme di un incidente, accadimento il più delle volte accidentale e non previsto, e di una lesione dallo stesso determinata, al cui verificarsi concorrono sostanzialmente una combinazione di situazioni pericolose e di comportamenti pericolosi. Studiando i meccanismi di accadimento di numerosi infortuni in diversi tipi di attività, si è potuto constatare l’esistenza di costanti nel verificarsi di molti infortuni, costanti che possono essere tradotte in un vero e proprio meccanismo ciclico nel verificarsi dello stesso. L’attività di prevenzione degli infortuni, può perciò essere assimilata a quella di uno specifico processo produt-

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STRESS DA LAVORO CORRELATO

STRESS DA LAVORO CORRELATO a cura di Mario Romeo

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o stress da lavoro e correlati è la percezione di squilibrio, che un lavoratore avverte, quando le sue capacità non sono commisurate alle richieste dell’ambiente lavorativo. Si tratta di una problematica in ascesa tra i lavoratori e le aziende non possono sottovalutarla: ecco perché è necessario parlare di “valutazione del rischio” come elemento essenziale per preservare la salute del lavoratore e la produttività aziendale. 1. Ambiente normativo Il D.Lgs. 81/2008 classifica lo stress da lavoro e correlati come uno dei rischi soggetti a valutazione e gestione, nei rispetti dei contenuti esplicitati nell’Accordo Europeo 8 ottobre 2004, in cui si definiscono i criteri di prevenzione di questo rischio. Il tema è stato approfondito successivamente dalla Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro che ha elaborato dettagliatamente le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio. Con la circolare del 18 Novembre

2010 si è individuato un percorso metodologico, che prevede anche le tempistiche da rispettare per un monitoraggio efficace, consigliando ai datori di lavoro di ripetere la valutazione ogni tre anni, salvo non esistano situazioni pregresse che richiedano l’adozione di frequenze più restrittive.Tra le buone pratiche che possono essere introdotte in azienda, l’Inail ha sviluppato una proposta metodologica per la gestione e valutazione del rischio da stress lavoro e correlati. Nel maggio 2011 è stata sviluppata una Metodologia di valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato e pubblicata una specifica piattaforma online utilizzabile dalle aziende per effettuare tale valutazione del rischio. Nell’edizione del 2017, la piattaforma è stata integrata con delle novità metodologiche, maggiori risorse documentali e adeguamento delle fasce di rischio. Il metodo proposto offre alle aziende strumenti validi e risorse specifiche, utilizzabili seguendo un approccio integrato, articolato in diverse fasi, che prevede il coinvolgimento attivo delle figure della prevenzione e dei lavoratori.

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IPOTALAMO E IPOFISI

LA PATOLOGIA IPOFISARIA a cura di Giovanna Pirana

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’ipotalamo e l’ipofisi sono due strutture anatomiche, strettamente collegate fra loro, situate alla base del cranio. Sono due centri che rappresentano la più importante area di interconnessione fra il sistema nervoso e il sistema endocrino da cui partono gli impulsi e gli ormonali che governano l’intero sistema endocrino. L’ipotalamo è un centro che, nel nostro corpo, regola il ritmo sonno/veglia, la fame, la sete, la temperatura corporea. L’ipotalamo produce delle sostanze (neuroormoni) che stimola la parte anteriore dell’ipofisi (adenoipofisi) a produrre degli ormoni detti tropine ipofisarie i quali, a loro volta, stimolano altre ghiandole endocrine a produrre altri ormoni. Questi ultimi, infine, agiscono a livello dell’ipotalamo e dell’ipofisi regolando, a loro volta, la produzione degli stessi neuroormoni e delle stesse tropine ipofisarie. Altri ormoni prodotti da cellule dell’ipotalamo, infine, possono essere liberati direttamente nella parte posteriore dell’ipofisi

(neuroipofisi). Si tratta, pertanto, di una complessa rete di interazioni e di scambio di informazioni che serve per controllare molte funzioni vitali per il nostro organismo. In questo modo, infatti, il sistema ipotalamo-ipofisi è in grado di controllare in modo diretto l’accrescimento corporeo, l’allattamento dopo la gravidanza e l’introduzione di liquidi e, in modo indiretto, il metabolismo basale (agendo sulla tiroide), la risposta allo stress (agendo sui surreni) e la funzione sessuale (agendo sui testicoli e sulle ovaie). Le patologie e i trattamenti Le patologie che possono colpire l’ipotalamo o l’ipofisi sono molte e differenti ma portano tutte alla medesima situazione: una iperfunzione o una ipofunzione del sistema ipotalamoipofisi. Una delle cause più frequenti di iperfunzione è la presenza di piccoli tumori begnini detti adenomi che producono più ormoni del dovuto e che pertanto posso determinare delle

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