Mare Nero

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M ARE NERO L’Arte a tutela dell’inviolabilità del nostro Mare __________________________________________________________________________________________

Il messaggio che si intende comunicare attraverso l’installazione permanente dell’opera M A R E N E R O mira a lasciare un segno incisivo nel territorio per invitare a riflettere su quanto possano rivelarsi vulnerabili i delicati equilibri della Natura, oggi più che mai pericolosamente esposta ai rischi di dissennate strategie di sfruttamento delle sue risorse, incuranti delle inevitabili future ricadute sulla vivibilità dei siti ritenuti funzionali ai processi di sviluppo energetico. Credo doveroso lanciare questo segnale di allarme in evidente polemica contro le recenti, discutibili scelte unilaterali intraprese dal governo che mettono a rischio il futuro del territorio imponendo tali politiche energetiche. Tanto più doveroso, dopo gli indegni tentativi di scoraggiare con subdoli escamotage, la partecipazione democratica dei cittadini, che nella qualità di diretti destinatari andrebbero semmai sensibilizzati alla consapevole condivisione delle scelte e degli orientamenti, per una responsabile tutela dell’ambiente, prima di tutto nel rispetto delle vocazioni peculiari del proprio territorio. Proprio le risorse ambientali di un territorio così unico, disseminato delle più invidiabili bellezze paesaggistiche, di tradizioni e di arte uniche al mondo, costituiscono il vero patrimonio da preservare prioritariamente e consegnare nella loro integrità alle future generazioni. Il Governo ha continuato ad eludere il coinvolgimento democratico dei cittadini con una sistematica strategia dissuasiva ora attraverso il vergognoso invito all’astensione dal voto referendario, condizionando l’opinione pubblica con argomentazioni mistificatorie tese a disinformare, alterare il dato reale, la percezione e una razionale valutazione dei rischi sulla scorta di una corretta divulgazione scientifica. Allo scopo di fomentare divisioni nell’opinione pubblica, si rinfocola la paura di irreparabili future perdite di posti di lavoro, calcolati però, unilateralmente solo nell’indotto del settore degli idrocarburi, e non ad esempio, tra gli operatori turistici, e nella pesca. Colpevolizzando i sostenitori del quesito referendario con l’ambigua accusa di “spreco” per i costi del referendum, accusandoli di condannare la nazione alla dipendenza energetica per il mancato sfruttamento delle risorse del nostro sottosuolo, il governo ha mostrato arrogantemente di esercitare di fronte ad un quesito così difficile e delicato, un’intenzionale azione diseducativa sul cittadino, deprimendo la sua attiva presa di posizione nelle scelte di vitale importanza per il nostro futuro. Tale istigazione all’astensione non può non avere conseguenze devastanti in un contesto sociale già pericolosamente demotivato e pervaso da spirito di antipolitica, oramai disaffezionato proprio a colpa delle inadempienze della politica, ad un’attiva partecipazione alla vita pubblica, come è clamorosamente attestato dall’inquietante fenomeno di diserzione di massa alle votazioni politiche. Dopo lo spettacolo poco edificante di come sia stato dissipato il danaro pubblico disattendendo i doverosi adempimenti costituzionali che, come sostiene un giurista del calibro di Stefano Rodotà,1 consentivano il contenimento della spesa con l’accorpamento alle amministrative, suona ancora più inaccettabile l’invito all’astensione esteso dal leader al proprio gruppo politico, con “l’arroganza del capo” senza una preliminare consultazione allargata all’intero Pd irresponsabilmente diviso perfino su questioni di tale rilievo.


L’invito tanto più inopportuno perché aggravato dall’infelice auspicio di veder fallire il referendum2 dichiarato inutile, sottende una vera istigazione e finisce tacitamente per autorizzare nelle coscienze la rinuncia all’esercizio del voto come una condotta del tutto legittima, virtuosa, quasi fosse naturale non esprimersi in questo drammatico frangente, fingendo di ignorare quali conseguenze di imprevedibile portata implichi oggi una tale irresponsabile neutralità. È la palese istigazione ad un comportamento che giudico immorale dinanzi a scelte che rischiano di aprire scenari di ineluttabili disastri nel contenuto bacino del nostro Mediterraneo, con la prevedibile deriva di ampi settori dell’economia di quelle regioni che vi si affacciano, dal turismo, alla pesca, all’ambiente nonché alla salute. Con l'avallare passivamente l'istigazione all'astensione dal voto, non solo corriamo il rischio di essere strumentalizzati alla strategia del governo mirata a bloccare con indegni espedienti, il raggiungimento del quorum, ma anche di essere asserviti ad un'omertosa condiscendenza, che ci rende complici di decisioni pianificate sulle nostre teste le cui prevedibili implicazioni potrebbero rivelarsi catastrofiche. Il messaggio di M A R E N E R O affidato al racconto della pittura, incapsulato nella nostra installazione subacquea come quello del naufrago nel vetro d’una bottiglia, forse, corre il rischio di evocare in qualcuno l’immagine inquietante di una bara di cristallo nostalgicamente inabissata nei fondali dell' “Isola che non c'è”. Alla deriva del caos di eventi non più governabili, la triste arca gli sembrerà rassegnata a sopravvivere ostinatamente all’insensatezza degli uomini per ribadire il suo monito alla posterità: respice finem! La fabula picta gelosamente custodita nel suo scrigno racconta il rimpianto del sogno interdetto di un futuro ecosostenibile in pacifica armonia con la Natura, grati del prezioso patrimonio ambientale donatoci dal suo benevolo genius loci, costellato di bellezze paesaggistiche, tradizioni storiche, di arte e risorse che, ahimè, non abbiamo saputo né valorizzare oggi, a nostro immeritato vantaggio, né preservare a garanzia di un dignitoso futuro per i nostri figli. Ma forse, lo scrigno celato nella nostra installazione custodisce piuttosto, proprio la memoria del fatale naufragio annunciato da molti coscienziosi esperti rimasti inascoltati; una sorta di “scatola nera” nella quale è archiviato un'esauriente documentazione a beneficio di una società sempre più smemorata. I file contenuti in questo hard disk riassumono le alterne vicende dell’attuale campagna sostenuta a fini strumentali dal Governo da un anno a questa parte, per far valere prepotentemente le sue decisioni in campo di politiche energetiche, quand’anche in aperto dissenso con quella parte del Paese comprensibilmente preoccupata per le prevedibili compromissioni dell'ambiente, del proprio futuro e della propria salute. Mentre si vanta ipocritamente il primato dell’Italia tra i leader mondiali in campo di ricerca di energia alternativa a quelle tradizionali costituite da idrocarburi, e al contempo, si invitano gli italiani a disertare il referendum nazionale, sentiamo sbandierare con grande orgoglio il mito dell’assoluta affidabilità delle nostre tecnologie di estrazione. Eppure, intanto che si rivendica la sicurezza, il pieno controllo del funzionamento dei processi estrattivi, nonché le adeguate misure all'avanguardia atte a prevenire o contenere qualsiasi rischio, puntualmente è la cronaca stessa a riportarci coi piedi per terra, ragguagliandoci su gravi responsabilità di disastro ambientale perpetrati da spregiudicati imprenditori in intimi rapporti confidenziali col governo, oggi indagati per traffico illecito di rifiuti adombrando i fondati sospetti di una ben ramificata “associazione criminale”.


Vedi la recente vicenda Tempa Rossa che vede coinvolta la dimissionaria ministra allo sviluppo economico coinvolta nell'ambito dell'indagine sul giacimento petrolifero nell'alta valle del Sauro, in Basilicata, gestito da Total E&P Italia. Dinanzi agli effetti catastrofici di disastri ambientali perseguiti con finalità criminale da imprenditori privi di scrupoli in un sistema corrotto, non può costituire argomentazione convincente il mito dell'affidabilità assoluta delle moderne tecnologie, per tentare di convincere l'opinione pubblica ad investire il proprio futuro nelle trivelle. Né la retorica dell'infallibilità della tecnologia può far velo all'eloquente evidenza del recente incidente accorso alle isole Kerkennah, in Tunisia3 a soli 120 km a sud di Lampedusa, col conseguente inquinamento delle acque. Appare incredibile che anziché allarmare e esortare a documentarsi tempestivamente, la notizia ampiamente diffusa in rete, sia stata accolta con ingiustificato scetticismo, insinuando fosse un'impostura confezionata ad arte dalle associazioni ambientaliste, ad un mese dal referendum. Ma la natura ovviamente segue i suoi programmi non certo le scadenze in agenda della politica. Quando il buon senso naufraga nei volubili umori di faziose tifoserie è inevitabile che si finisca col perdere di vista l'enorme responsabilità che chiama ognuno all'obbligo morale di una corretta valutazione dei fatti, del dato reale. Soprattutto quando, come nel nostro caso, ci arrivano con tale allarmante evidenza da non consentire a nessuno di ignorarne le inevitabili conseguenze per l'intera collettività. Proprio questo è tra i messaggi che maggiormente mi sta a cuore lanciare con la mia installazione “Mare Nero”: a nessuno sia concesso l'alibi di tirarsi fuori dalla diretta responsabilità decisionale, per non essersi pronunciato alla consultazione referenderaria. A nessuno sia dato lavarsi incolpevolmente le mani come Ponzio Pilato, per gli esiti del disastro ambientale annunciato che rischierà di mettere in ginocchio la mia amata Sicilia, se non si darà un fermo segnale al governo di aprirsi al dibattito democratico su decisioni così vitali. Oltre che interrogarci sul perché tante inchieste giornalistiche sulle emergenze ambientali in corso da anni nelle aree a rischio, eppure colpevolmente ignorate dai politici nelle loro decisioni sul destino del territorio (come sottolinea Peter Gomez in riferimento alla Basilicata), varrebbe la pena riflettere anche su quanto non ci viene invece, rivelato dall'informazione pubblica se non dopo che i social o pochi coraggiosi giornalisti, abbiano acceso i riflettori, facendo emergere agli onori della cronaca un'informazione scomoda, destinata ad essere oscurata. È il caso della clamorosa notizia dei pescatori sardi che senza preavviso si sono visti espropriare dall'oggi al domani, il mare fino ad ieri loro unica fonte di sopravvivenza. La motivazione addotta dalla Guardia costiera francese è stata che oggi quel tratto del Mare Nostrum non appartiene più all'Italia ed è pertanto interdetto ai nostri pescatori. Il nostro governo lo ha venduto alla Francia. Nello specifico, una fetta di trenta miglia tra la Liguria, la Corsica e le isole della Toscana. L’intesa è firmata il 21 marzo 2015 dal nostro governo d’accordo con quello francese; ma pur non ancora ratificata dal Parlamento, la Guardia costiera ha bloccato l’accesso alle acque in cui le marinerie sarde hanno sempre operato liberamente.


Un pescatore sardo commenta avvilito: “Hanno venduto le acque come Totò e Peppino vendevano la Fontana di Trevi all’americano.” Come dargli torto, c’è poco da sorridere alla battuta tutt’altro che ironica? Potremmo mai continuare a fingere che le decisioni che continuano a pioverci dall'alto a nostra insaputa, siano prese democraticamente nella massima trasparenza? O rimuovere per un eccesso di buonismo, il riaffiorante sospetto che l’accordo "segreto" – di sicuro poco pubblicizzato – tra i due paesi serva a riaprire la partita del petrolio nel nostro mare, specialmente al largo della Sardegna. Come era prevedibile, ci sarebbero infatti, istanze di prospezioni petrolifere al largo della Sardegna e interessi nel tratto di mare a sud dell’Elba. 4

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21 marzo 2016 . A PIAZZAPULITA Corrado Formigli intervista Stefano Rodotà sul Referendum: "Il governo ha scelto di deprimere la possibilità di grande affluenza. Ho visto turbamento istituzionale da parte del governo e del Pd che sostengono che il referendum sia inutile. Il compito delle istituzioni è difendere il diritto del voto. Legittimo dire di votare no, ma non di boicottarlo". 2

Matteo Renzi: «Questa legge sulle trivelle l’ha fatta il Pd, è evidente che spera che fallisca ma chi vuole andare a votare, scelga liberamente che cosa votare. Non stiamo con il fucile puntato. La linea è sempre stata questa, no news. Ma a chi dice che non bisogna indicare il non voto, ricordo che al referendum del 2003 la Quercia disse di non andare a votare sull’ art.18». ( IN 1/2 ORA 03/04/2016 . intervista a Matteo Renzi di Lucia Annunziata) Nell’intervista rilasciata a TG 2 il 7 aprile Renzi torna a ribadire a riguardo dell’astensione dal voto all’imminente Referendum, che chi è contro il sì "può votare no o, più efficacemente non votare, lo prevede la Costituzione". La risposta arriva proprio dalla Corte costituzionale, che esprime un parere nettamente opposto, dicendo che "si deve votare" e che "ogni cittadino è libero di farlo nel modo in cui ritiene giusto" Per Paolo Grossi, presidente della Consulta, recarsi alle urne "fa parte della carta d'identità del buon cittadino" e partecipare è "essere pienamente cittadini". C’è da chiedersi a questo punto, se arrogarsi il diritto di citare la Costituzione alterandone radicalmente i principi di partecipazione democratica, non tradisca intenzioni strumentali mirati ad incitare all’astensione. 3 Il 14 marzo una marea nera si è riversata sulle coste delle isole Kerkennah, in Tunisia, ma nonostante sia numerose pagine Facebook (come Kerkennah Islands) sia qualche giornale online abbiano pubblicato le foto del disastro (che in parte ri-pubblichiamo) la grande stampa tunisina ha praticamente ignorato l’evento, e altrettanto ha fatto quella italiana. Eppure l’arcipelago delle Kerkenah è a soli 120 km a sud di Lampedusa, ed è noto a molti italiani sia per le sue magnifiche spiagge sia per la sua economia basata in gran parte ancora sulla pesca. (GREENREPORT.IT 22 marzo 2016) 4 LA 7 L’ARIA CHE TIRA 23/02/2016 - servizio di Nicola Pinna) http://www.la7.it/laria-che-tira/video/mare-sardo-ai-francesi-pescatori-in-rivolta-23-02-2016-175535

Il programma di La7 LA GABBIA è tornato sull'argomento, intervistando a Viareggio i pescatori pronti a partire alla volta delle secche al largo dell’Elba e della Capraia. http://www.siciliafan.it/svendita-mare-francia-pesca-petrolio/




“Presa Diretta”, la trasmissione di Rai 3, a Ribera e a Sciacca per parlare con Mimmo Macaluso delle annunciate trivellazioni nel Canale di Sicilia da parte delle multinazionali alla ricerca del petrolio. Il programma, andato in onda in prima serata, alle ore 20,45, era stato in parte registrato a Ribera e a Sciacca quando una troupe televisiva arrivò in provincia nello scorso autunno in occasione di un sollevamento e di una protesta delle associazioni ambientalistiche contro il governo nazionale che stava per concedere le autorizzazioni ad effettuare le ricerche petrolifere nel Canale di Sicilia. Mimmo Macaluso è stato sentito come esperto ricercatore, assieme ai rappresentanti politici del Movimento 5 Stelle e ai responsabili nazionali di Green Peace i quali denunciano sulla base di scrupolosi rilevamenti scientifici, il gravissimo rischio che le perforazioni in mare causeranno all’ambiente marino e anche alle popolazioni della terra ferma per la presenza dei “Pock Mark”, i crateri sottomarini, e del vulcanesimo sedimentario simile alle maccalube di Aragona, individuati nel corso di due crociere oceanografiche.

Il 26 febbraio, Macaluso, le associazioni ambientaliste, con la presenza dell’avv. Giacomo Cortese per il parere giuridico, sono stati ascoltati sullo scottante argomento a Roma presso la Commissione di valutazione degli studi di impatto ambientale del Ministero delle Attività Produttive durante la quale si è fatto presente il serio pericolo che ambiente e popolazioni corrono.

Matteo Renzi: “Abbiamo un sacco di petrolio in Basilicata e in Sicilia che non tiriamo su per problemi dei comitati di turno. Dico: vorrà dire che perderò qualche voto, ma la norma per tirare su il petrolio in Basilicata e Sicilia, creando posti di lavoro e consentendo a questo paese di vincere la sfida energetica, la norma la faccio, l’ho già fatta, vada come deve andare”.


Renzi: “nel piano SBLOCCA ITALIA c’è un progetto molto serio sullo sblocco minerario. E’ impossibile andare a parlare di energia e ambiente in Europa se nel frattempo non sfrutti l’energia e l’ambiente che hai in Sicilia e in Basilicata. Io mi vergogno di andare a parlare delle interconnessioni tra Francia e Spagna, dell’accordo Gazprom o di South Stream, quando potrei raddoppiare la percentuale del petrolio e del gas in Italia e dare lavoro a 4omila persone e non lo si fa per paura delle reazioni di tre, quattro comitatini”. ( Il Fatto Quotidiano 16 luglio 2014 ) Anche il presidente della Regione Siciliana ha fatto un suo “Sblocca petrolio” prima ancora di quello del governo. Ha firmato con le principali compagnie petrolifere un protocollo in cui l'ENI si impegna a non chiudere il Petrolchimico di Gela e il governo siciliano in cambio non chiederà l'aumento delle royalties e si impegna perché non cambi il quadro normativo. Per Rosario Crocetta la Sicilia non può e non deve rinunciare al suo petrolio.

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Intervista a Rosario Crocetta

Crocetta : Le trivellazioni producono migliaia di posti di lavoro. L'impatto tra occupazione che rimane e quella nuova è intorno a 10 mila posti di lavoro. Domanda : Prevediamo quindi l'aumento delle estrazioni. Risposta : Certo che prevediamo ci sia l'aumento delle estrazioni. Domanda : Quindi autorizzeremo nuove estrazioni. Risposta : Perché no? C'è una regione al mondo che non estrae il petrolio? No. Perché chiunque ha una ricchezza la utilizza. Contrastare l'estrazione di petrolio siciliano non raggiunge nessun obiettivo perché il petrolio arriverà dall'Iran, dall'Iraq. L'unica cosa che abbiamo fatto è danneggiare ulteriormente l'occupazione e lo sviluppo economico in Sicilia. Domanda : Lei stesso ha firmato un appello di Greenpeace due anni fa contro le trivellazioni a mare Risposta : Sì ma non si riferiva al petrolio siciliano. L'appello di Greenpeace dice che dobbiamo limitare. Ma non capisco perché dobbiamo limitare solo in Sicilia. Domanda : La campagna che lei ha firmato era sul Canale di Sicilia, per questo, c'era la sua firma. Risposta : Siccome in Libia si continua a estrarre, in Tunisia, siccome il Canale di Sicilia è fatto … non mi pare che siamo di fronte ad un accordo internazionale che vieta le estrazioni dal Canale di Sicilia. Domanda : Se succede qualsiasi incidente ci siamo giocati il mare com'è successo nel Golfo del Messico.












LA SCELTA DEL SITO PER L’INSTALLAZIONE Da sempre sono stato affascinato da quell’inspiegabile apparizione dell’Isola Ferdinandea prodigiosamente spuntata agli inizi dell’Ottocento nel Canale di Sicilia tra Sciacca e l’isola di Pantelleria, che per la sua eccezionalità potrebbe indurre a pensare ad una leggenda, se non fosse suffragata inequivocabilmente dalle dirette testimonianze di accreditati osservatori e di studiosi di Storia naturale del calibro di Carlo Gemmellaro dell’Università di Catania. Oggi guardiamo con assoluto rigore scientifico a quell’Isola un giorno balenata come inatteso miraggio agli occhi increduli degli uomini. Sappiamo che la Ferdinandea composta da materiale roccioso eruttivo, non è che l’eloquente manifestazione dell’intermittente attività di un vulcano sottomarino tutt’altro che silente. Ne dà contezza l’archeologo subacqueo Mimmo Macaluso al quale si deve la nuova mappatura di quei fondali del Canale di Sicilia ridisegnati a seguito della sua scoperta di questo complesso vulcanico, l’Empedocle, di dimensioni non inferiori all’Etna.

La rappresentazione tridimensionale del cratere MAC06 che ha preso il nome da Macaluso, il primo ad immergersi al suo interno nell’anno 2006.

I contorni mitici del racconto di quel prodigioso avvistamento si presta comprensibilmente a suggestive riedizioni romanzesche. Un primo riferimento da parte di Jules Verne, autore con particolare inclinazione verso le isole, appare ne’ “I figli del capitano Grant”, nel 1868. Quella straordinaria epifania della Natura in fieri, echeggiò a lungo nella fantasia degli scrittori francesi e la perduta isola Julia continuò ad essere ricordata come la metafora stessa non solo delle effimere conquiste che mai smettono di inorgoglire il genere umano, ma anche della Natura stessa che per giusto contrappasso, puntualmente si sottrae ai suoi insaziabili appetiti e alla ridicola pretesa di onnipotenza. Nel 1831, all’atto della sua emersione, si sfiorò l’incidente diplomatico a seguito delle dispute internazionali sulla sovranità dell’isola Ferdinandea che fu rivendicata, oltre che dal Regno delle Due Sicilie, dalla Gran Bretagna e dalla Francia, con i rispettivi nomi di Graham e Julia. Provvidenzialmente non si sarebbe fatta aspettare la giusta nemesi per lo stupro intentato alla Natura dagli stati avidi focosamente affaccendati nella contesa politica pur di infilzare la propria bandiera nazionale in quel contenuto lembo dell’isola vergine. Così come era emersa, alla vista dell’indecorosa schermaglia ingaggiata per le insulse frenesie possessive degli uomini, la Ferdinandea preferì tornare al millenario silenzio degli abissi, proprio come la pudica Polena della dea Venusia di Fellini dinanzi al frastuono degli assordanti riti del nostro mondo.


da IL TESORO DELL’ISOLA FANTASMA di Carlo S. Manfredin Sir Charles Lyell, accogliendo il caso dell’isola nel suo grande trattato di geologia, ne proponeva, contro ogni plausibile tentazione campanilistica, il nome di Sciacca, osservando che mai, nemmeno negli annali di biologia e zoologia, un oggetto aveva beneficiato di tante denominazioni. Ma Graham-Ferdinandea-etc. rappresentò un caso politico-diplomatico oltre che scientifico, non solo per le contese di proprietà del momento, ma specialmente per le ipotizzate ripercussioni geopolitiche: ad esempio, a parte la scontata posizione strategica dell’isola, cosa ne sarebbe stato dell’assetto dell’area se addirittura un’intera catena di montagne fosse emersa a unire la Sicilia con la Tunisia? Notizie di segni di attività del Banco Graham si sono da allora succedute sino ai nostri giorni, con il risalto giornalistico dato ai rilevamenti scientifici riguardanti la possibile riemersione di Ferdinandea, propizio spunto per ricorrenti ricami retorici sull’immagine dell’isola che non c’è. A venticinque metri di profondità, con una cima che si innalza fino a otto metri sotto la superficie del mare, “u bbummulu”, il bernoccolo, come l'intendono i pescatori, continua a mandare brontolii e far ribollire l’acqua, attirando e mettendo in ridicolo il vano affannarsi degli umani. Nel 1987, durante la crisi libica, un pilota americano, scambiandola per un sottomarino in agguato, ritenne doveroso colpirla con bombe di profondità. Il colmo si è raggiunto nel 2000, quando un articolo del Times, nell’annunciare il prossimo riemergere di un “pezzo dell’impero britannico a lungo disperso”, riproponeva la convinzione della sovranità inglese sull’isola – ancora considerata d’importanza strategica – giungendo a prevedere una possibile crisi diplomatica fra Inghilterra e Italia. Di fronte a questo singolare rigurgito imperialista, la città di Sciacca, patria di quel capitano Corrao cui spetterebbe il primato di avvistamento della nascita di Ferdinandea, oltre che l’onore di contribuire col proprio cognome alla ricca nomenclatura dell’isola, ha creduto suo diritto-dovere restituire il guanto della provocazione, a nome non solo della Sicilia ma dell’allora casa regnante dei Borbone.


È stata così messa in scena, nel più canonico ossequio a questi nostri tempi votati all’invenzione di eventi mediatici, una cerimonia subacquea con ripresa televisiva, durante la quale una lapide marmorea è stata deposta su quella che fu - o tornerà ad essere - l’isola Ferdinandea. L’epigrafe, sottoscritta dal Comune di Sciacca e dall’attuale principe di Borbone, dichiara che “Questo lembo di terra... era e sarà sempre del popolo siciliano”.1 Una situazione dagli spunti comici, come il caso dell’isola Giulia Ferdinandea, esemplare paradigma dell’avidità e vanità degli appetiti umani, con inattese apparizioni e impreviste sparizioni, con solenni prese di possesso del nulla in nome di sovrani e bandiere, non poteva sfuggire a Verne, uomo di teatro e di spirito, ma anche pensoso e severo giudice delle miserie umane. Parliamo dunque di questo romanzo, evidentemente sconosciuto non solo a quanti hanno preso sul serio le dispute sulla proprietà di Ferdinandea ma pure ai tanti che recentemente hanno scritto dell’isola e della sua semiseria storia. L’evento del 1831 echeggiò a lungo nella fantasia degli scrittori francesi e la perduta isola Julia 2 continuò ad essere ricordata come proverbiale caso di precarietà. Un primo riferimento da parte di Verne, autore con particolare inclinazione verso le isole, appare ne “I figli del capitano Grant”, nel 1868. Navigando in mezzo all’Oceano Pacifico, lo yacht “Duncan” si avvicina ad un’isola. Un fumo che sembra salire leggero fa pensare ad un vulcano e i compagni di viaggio chiedono il parere del geografo Jacques Paganel. Quando il dotto segretario della Società Geografica non esclude che l’isola possa essere d’origine vulcanica, Lord Glenarvan si chiede se essa non sia destinata a sprofondare di nuovo nel mare da cui è emersa. Il geografo risponde che l’esistenza dell’isola è nota da troppo tempo perché questa si possa considerare a rischio: “quando l’isola Julia emerse dal Mediterraneo, non rimase a lungo fuori dai flutti: dopo pochi mesi dalla nascita disparve”. Nel 1885 Verne torna a ricordare l’isola con le parole che, in Mathias Sandorf, il bandito Zirone rivolge ad un complice ritardatario, giunto da Malta a Catania: “Finalmente, eccoti... Stavo pensando che Malta fosse scomparsa come l’isola Giulia, la sua antica vicina, e che tu fossi divenuto pasto dei pesci!”. Dieci anni dopo, sull’episodio all’origine di questa battuta, Verne costruisce un intero nuovo romanzo, anch’esso d’ambientazione siciliana, Le mirabolanti avventure di Mastro Antifer.

1. Ampiamente preannunciato sulla stampa locale, ma con echi nazionali al punto da meritare la segnalazione del sito web Trash.it specializzato nella denuncia di “notizie spazzatura”, l’avvenimento è stato celebrato sotto le telecamere della trasmissione televisiva Linea Blu. A causa delle condizioni del mare non propizie alle riprese, la cerimonia si è svolta in due “puntate”, con relativa ripetizione della notizia. (cfr. Enzo Minio, “I Borbone di nuovo a Ferdinandea”, La Sicilia, 30 agosto 2000; “Una lapide in fondo al mare”, La Sicilia, 2 ottobre 2000; “Una lapide sull’isola Ferdinandea”, La Sicilia, 11 novembre 2000). 2. Una spedizione francese, comprendente il geologo Constant Prévost, studiò l’isola dal 27 al 29 settembre per poi piantare un tricolore sul suo punto più elevato e lasciare una targa commemorativa “non pas pour prendre possession, par une vaine et ridicule cérémonie, d’un tas de cendres surgi au milieu des mers, mais pour constater notre présence, et pour apprendre à ceux qui viendront après nous que la France ne laisse pas échapper l’occasion de montrer l’intérêt qu’elle prend aux questions scientifiques dont la solution peut étendre le domaine des connaissances positives.” (Constant Prévost, “Lettre relatant l’exploration de l’île de Julia”, Bulletin de la Société Géologique de France, II, 1831, pp. 32-36). Il nome Julia , nom sonore, venne scelto con riferimento al mese di origine del fenomeno e in considerazione della sua accettabiltà da parte della popolazione Siciliana.





TRIVELLAZIONI E VULCANESIMO SEDIMENTARIO IL FENOMENO DELLE MACCALUBE NEL CANALE DI SICILIA articolo di Rosario Messina per SICILIA FELIX www.elvirolangella.com/news/mimmo-macaluso-conferenza.php

9 MAGGIO 2015 - GIARDINI NAXOS (ME) "Il tratto del Canale di Sicilia prospicente la costa sud-occidentale dell'isola, è caratterizzato da una grande instabilità per la quale è necessario non procedere ad effettuare trivellazioni per estrazioni di petrolio poichè quest'area marina oltre al vulcanesimo attivo, risulta essere interessata da fenomeni di pseudo-vulcanesimo sedimentario con frequenti esplosioni sottomarine che scatenano periodicamente terremoti di magnitudo anche superiori al 4° grado della scala Richter". Si può sintetizzare così il messaggio lanciato dal dott. Mimmo Macaluso uno dei massimi conoscitori della geologia dei fondali del Canale di Sicilia, nel corso dell’incontro-dibattito intitolato "Trivelle e Vulcani nel Canale di Sicilia" svoltosi sabato 9 maggio al Caesar Palace Hotel di Giardini Naxos. Un tema attuale e delicato, un appello che il medico di Ribera (Sciacca), particolarmente sensibile ai temi ambientali e di sicurezza del territorio, ripete da anni in occasione di interviste realizzate da importanti testate giornalistiche nazionali, internazionali e note trasmissioni televisive come ad esempio Report (Rai3) e Presa Diretta (Rai3). I rischi per l’ambiente marino, flora e fauna, il turismo e la stessa popolazione sono alti qualora il governo autorizzerà alle multinazionali il già annunciato posizionamento delle trivelle per la ricerca del petrolio, in un’area marina a rischio dove sono presenti i numerosi vulcanetti che emettono gas metano e dove si verificano periodici terremoti. Ad organizzare l’incontro-dibattito è stato il prof. Elviro Langella autore del libro “Il Viaggio in Sogno” nato dalle suggestioni suscitate da un’importante scoperta di Macaluso: il ritrovamento del relitto della nave greca Angelika, tragicamente rovinato, oltre un secolo fa, sulle scogliere di Ribera, assieme all’intero equipaggio di giovani marinai provenienti dall’isola greca di Inousses (Cicladi). L’incontro si è svolto sullo sfondo di una grande tela ad olio raffigurante quel tragico naufragio. L’opera, realizzata da Langella, è un omaggio in pittura rivolto all’instancabile ricercatore che evoca proprio quella sua importante scoperta: il relitto dell’Angelika.


Ad inizio serata Langella ha rivolto un ringraziamento al pubblico intervenuto e al dott. Luciano Costantino direttore del Caesar Palace che ha ospitato l'incontro. Ha poi, espresso gratitudine a quanti hanno offerto la loro collaborazione nella diffusione dell'evento in particolare, Carla Buda (Servizio turistico regionale), Giuseppe Pennisi e la redazione di Sicilia Felix. “L’invito (da me proposto in veste di privato cittadino)” ha detto Langella introducendo gli ospiti “è stato rivolto alla cittadinanza e ai candidati in lizza alle prossime elezioni a partecipare ad una responsabile riflessione su un’emergenza vitale ed impellente riguardante la nostra isola. Si tratta dell'imminente installazione delle trivelle petrolifere proprio nel Canale di Sicilia. Temo costituisca un'emergenza ancora colpevolmente sottovalutata in tutta l’Isola per indolenza e disinformazione, nonostante l'evidente gravità e il prezzo che a breve, saremo costretti a pagare e far pagare ai nostri figli, con gli inevitabili rischi collaterali per l’ambiente marino e la nostra salute”. In prima battuta è’ stato un incontro dai toni pacati ma realistici che ha posto all'attenzione del pubblico i rischi seri che corre il Canale di Sicilia e le aree costiere circostanti se non sarà posta la dovuta attenzione e precauzione per mantenere entro margini di sicurezza il precario equilibrio di questa meravigliosa area marina e soprattutto se il Governo permetterà l’installazione di trivelle per la ricerca del petrolio. Occorre un’efficace politica di tutela dell’ambiente, degli ecosistemi ed una maggiore salvaguardia della biodiversità di questo tratto di mare unico al mondo, che va dalle variegate forme di vita alle preziose e straordinarie testimonianze archeologiche di tutte le epoche storiche, uno scrigno che conserva tesori inestimabili (uno per tutti il Satiro danzante ritrovato in quei fondali). Ha pensato bene il prof. Elviro Langella ad invitare a Giardini Naxos, prima colonia greca di Sicilia, l'amico Mimmo Macaluso per dare vita ad un incontro che ponesse l'attenzione su una tematica tanto delicata ed attuale che coinvolge tutti. Variegato a tal proposito il pubblico presente formato da cittadini, insegnanti, studiosi e politici tra questi, il Sindaco del Comune di Giardini Naxos Nello Lo Turco alquanto documentato sulle scoperte del dott. Macaluso che è intervenuto per un breve saluto, il Presidente del Consiglio Comunale Mario Amoroso e l'assessore ai Servizi Sociali Sandra Sanfilippo, la presidente della Fidapa di Giardini Naxos Maria Cannizzaro, Giancarlo Moschella presidente dell'Acva. A condurre la serata e coordinare gli interventi e le domande sollevate dal pubblico è stato Andrea Panarello (RAI Catania). Suggestiva e densa di particolari l'introduzione dell'evento affidata al geologo Franck Caltabiano il quale è entrato subito in argomento ricordando il recente provvedimento della Camera dei Deputati che ha dato il via libera all'uso dell'air gun per la ricerca degli idrocarburi sui fondali marini. (l’air gun è una tecnica di prospezione geosismica; consiste nel sondare il fondo del mare sparando ripetutamente e con alta frequenza aria compressa contro i fondali. L’impatto di questi spari – vere e proprie esplosioni – genera onde di rifrazione). A questo vanno aggiunte le numerose attività di perforazione già in atto da anni sul Mare Nostrum per la ricerca di idrocarburi. Notizie non certo incoraggianti che fanno riflettere sui rischi a cui sarebbero esposti l’ambiente marino, il territorio e le popolazioni se venissero intraprese le ricerche petrolifere anche nel Canale di Sicilia a causa dell’instabilità di quel tratto di mare. Per tali motivi Mimmo Macaluso consapevole dei rischi che possono derivare da prospezioni e trivellazioni da anni si batte in prima linea affinché l'opinione pubblica sia informata e prenda coscienza su quanto sta accadendo. Frank Caltabiano ha ripercorso col pubblico l'excursus delle attività svolte dal nostro ricercatore recensite dai maggiori giornali italiani (l'Espresso, Focus, Corriere della Sera, La Repubblica, Panorama ecc.) ma anche dal Sunday Times, dall'Indipendent, da giornali argentini (Ambitonational) cileni (La Tercera), giapponesi (Yomiuroshinbun) e da riviste francesi quali Ca M'intéresse. Numerosi anche i servizi e le interviste televisive, tra queste ha ricordato Report (RAI 3 del 30 ottobre 2010) e Presa Diretta (RAI 3 del 14 febbraio 2015).


Ha ricordato altresì che l’eclettico studioso è uno dei ricercatori del progetto europeo Arch-med (dove si affronterà il tema degli effetti delle trivellazioni petrolifere previste nel Canale di Sicilia) e, gli eventi, al quale ha partecipato nella cittadina jonica. L'11 ottobre 1997, è intervenuto alla dodicesima Rassegna di Archeologia Subacquea, tenutasi a Giardini Naxos dove, in quell'occasione, suggerì gli strumenti utili a proteggere il patrimonio archeologico giacente nel mediterraneo sottolineando l'inadeguatezza delle convenzioni internazionali sul diritto di recupero dei beni sommersi. Nel 2007 è ospite del Liceo Scientifico di Giardini, in un incontro organizzato dal prof. Salvino Risitano, dove illustrò ai giovani studenti le tecniche di esplorazione subacquea da lui adottate che lo hanno portato alla scoperta del complesso vulcanico sottomarino Empedocle situato nel Canale di Sicilia, tra Sciacca e l'isola di Pantelleria, di dimensioni non meno imponenti dell'Etna. E' poi tornato a Giardini Naxos in occasione della prima presentazione del libro “Il Viaggio in Sogno” di Elviro Langella. L'excursus continua con l'elenco delle numerose scoperte effettuate tra le quali, ha ricordato il geologo, "l'effimera isola Ferdinandea" la cui sommità si trova a 7,80 mt dalla superficie del mare e, nel 2006 un grande sink-hole (cratere sommerso). Una scoperta sensazionale che nel 2012 a seguito di un’altra spedizione sarà accertato che si trattasse di un pockmaker, il più grande mai scoperto nel Mediterraneo. Da diversi anni Macaluso collabora con la Soprintendenza dei Beni Culturali e Artistici di Agrigento e, per la sua attività a tutela del patrimonio culturale che giace nei fondali del Mediterraneo, è stato nominato Ispettore Onorario dell'Assessorato ai Beni Culturali della Regione Siciliana. L’incontro entra nel vivo con l'intervento del protagonista della serata articolato in più momenti arricchiti di suggestive slides realizzate dalle stesso nel corso sulle sue ricerche. "Il Canale di Sicilia è un tratto di mare unico al mondo sotto tanti punti di vista, soprattutto, per la sua biodiversità, per le sue particolari forme di vita e nel contempo per le straordinarie testimonianze archeologiche delle più grandi civiltà del Mediterraneo". Esordisce così Mimmo Macaluso. Si legge nei suoi occhi un certo phatos nel raccontare quanto sta accadendo nel nostro mare perché ha vissuto in prima persona quanto le immagini delle slides fanno vedere al pubblico. "Il Canale di Sicilia è un area che bisogna tenere sottocontrollo per la sua instabilità" e, ricorda con emozione, quanto è accaduto nella riserva naturale delle “Macalube di Aragona” nell'agrigentino il 27 settembre del 2014 quando due bambini vennero seppelliti da una improvvisa e violenta fuoriuscita di fango. Si tratta di un fenomeno geologico definito vulcanesimo sedimentario che consiste nella risalita sulla terraferma di gas, argilla e acqua che genera i vulcanelli di fango delle Macalube delle quali è interessato il tratto di mare che va da Agrigento a Trapani a causa delle spinte fra zolle continentali che creano aree di compressione. Il Canale di Sicilia è sempre stato interessato a fenomeni parossistici, esplosioni di gas, movimenti tellurici, sciami sismici, terremoti, esplosioni. Sono tante le testimonianze in merito. "Premetto che io non sono un politico” puntualizza il ricercatore “ma una persona che ha vissuto in primo piano determinate esperienze. Il nostro mare non può essere trivellato, lo dimostra la storia di questo mare. L'eco della tragedia delle Macalube non si è ancora placato eppure vogliono trivellare Pantelleria e Sciacca: queste due zone sono a forte rischio vulcanico. Effettuare delle trivellazioni potrebbe risvegliare dei vulcani, creando un vero disastro. Non possono esistere trivellazioni nel Canale di Sicilia perché abbiamo una presenza di vulcanesimo sedimentario che potrebbe creare problemi. Non sono solo io a dirlo ma anche numerosi rapporti scientifici, la Nato e l'Unione Europea". In effetti la pericolosità delle trivellazioni è conclamata anche dalla direttiva 2013/30/UE ove si parla di “conseguenze devastanti ed irreversibili sull'ambiente marino”, nonché dal “Protocollo sulla protezione del Mediterraneo” (Gazzetta Ufficiale UE del 9 gennaio 2013) il quale “riconosce che l’inquinamento che ne può derivare rappresenta un grave pericolo per l’ambiente e per gli esseri umani”.


E' lungo l'elenco degli episodi ricordati da Macaluso che testimoniano le improvvise attività di quel tratto di mare fortemente instabile: nel 365 d.c. Selinunte è rasa al suolo; distrutte anche Allavam e Eraclea Minoa; nel 1568 un violento sisma colpisce la zona di Sciacca. Distrutto anche il castello di Poggiodiana. Un altro sisma distrugge la città di Angiò o Montallegro. Nel 1636 nasce Ribera uno dei primi comuni edificati con criteri anti-sismici. Nel canale di Sicilia, interessato da un fenomeno distensivo chiamato rifting, il magma può raggiungere la superficie, dando luogo ad eruzioni e formazioni di isole.

Gioacchino La Pira, l'Isola Ferdinandea 1831

Nel 1831 a seguito di una eruzione sottomarina, davanti alle coste siciliane nacque l’isola vulcanica denominata dai Borboni Ferdinandea inabissatasi solo dopo cinque mesi. L’isola venne contesa anche dagli inglesi che la chiamarono Graham e dai francesi che la chiamarono Giulia. Nel 1845 nel Canale di Sicilia un vascello inglese rischia di affondare per un’improvvisa esplosione sottomarina. Nel 1942 durante la battaglia di “mezzo giugno” l’ammiraglio Alberto Da Zara assiste ad un’esplosione in mare e vede una colonna di fumo innalzarsi per mille metri dal mare malgrado nessuna nave fosse stata colpita. Il 12 novembre del 1951 un’esplosione sottomarina generò un’onda anomala che causò un maremoto che danneggiò il porto di Sciacca. Il 10 aprile del 2007 alle ore 19,00 si verifica un terremoto 4.3 della scala Richter. Alle ore 21,20 a Sciacca si avverte un forte boato seguito da una scorsa sismica. Sarà accertato che era stato causato dall'esplosione di una sacca di gas. Nel 2014 la tragedia dei due bambini seppelliti dai "vulcanelli" di Macalube. Anche nel resto del Mondo vi sono numerose testimonianze delle conseguenze della liberazione o dell’esplosione di sacche di gas sottomarine. Macaluso ricorda in particolare tre episodi, il disastro ambientale del 2010 nel Golfo del Messico causato dalla piattaforma Deepwater Horizon esplosa dopo avere intercettato una sacca di metano durante una trivellazione. Il caso di un sottomarino nucleare russo che nel 2003, si è improvvisamente inabissato nel mare di Barents mentre veniva trainato. Venne individuato in seguito sul fondo marino nella posizione di assetto di navigazione. Nelle vicinanze scansioni mutibeam evidenziarono la presenza di un pockmark. Stessa sorte, toccata ad un peschereccio a vapore del XX secolo a nord-est della Scozia ritrovato sul fondale ancora in assetto di navigazione.


Nel 2002 l’isola di Stromboli viene interessata da un forte maremoto a seguito del quale si intensificano gli appelli per organizzare una serie di monitoraggi nei fondali del Canale di Sicilia. Domenico Macaluso è sempre in prima linea per sostenere tali interventi. Come lui stesso racconta il 2005 segna una tappa importante. Viene stilato un protocollo d’intesa tra l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania (Ingv) e la Lega Navale di Sciacca e, grazie al partenariato tra la GA&A (Società di produzione televisiva), il Consorzio interuniversitario per le ricerche in mare (Conisma), viene organizzata una spedizione scientifica per la ricerca di attività vulcanica nel Canale di Sicilia, a bordo della nave oceanografica "Universitatis". Una settimana di intense ricerche con sofisticate apparecchiature, dal 30 aprile al 7 maggio 2006, alle quali prende parte anche Domenico Macaluso in qualità di consulente storico e sommozzatore. I risultati della ricerca sono straordinari sotto l’aspetto scientifico e per la Protezione Civile poiché vengono individuati diversi edifici vulcanici, uno dei quali grazie alle indicazioni dello stesso Macaluso che aveva già esplorato in immersione con il cameramen francese Jeremy Simmonot quell’area. Non a caso viene battezzato dall'ufficiale di rotta della nave "MAC 06" (le iniziali del suo cognome e l'anno della scoperta). Il bilancio della "crociera oceanografica" del 2006 fu esaltante, poiché non solo consentì di individuare in quel tratto di mare un complesso vulcanico adiacente l'isola Ferdinandea battezzato dallo stesso ricercatore "Empedocle" (in onore del filosofo naturalista agrigentino che morì precipitando nel cratere dell'Etna) ma portò anche alla scoperta di una grande struttura circolare di quasi mille metri di diametro a circa 190 metri di profondità. "La prima ipotesi sulla natura di questo grande sink-hole posizionato in prossimità di aree di emissione di gas" racconta al pubblico Macaluso con emozione ed una serie di suggestive slides raffiguranti il grande cratere "fu quella di ritenere che fosse stato prodotto a seguito del collasso di una camera magmatica o fosse il risultato della collisione della crosta terrestre con un corpo celeste in pratica un cratere da impatto da meteorite". Niente di tutto questo! Nel 2012 una nuova spedizione svela l'arcano. Il cratere scoperto nel 2006 denominato "occhio del ciclope" del diametro di circa mille metri e profondo 50, era in realtà un grande pockmark, un cratere generato dalla esplosione di una sacca di gas, il più grande tra quelli sinora rinvenuti nel Mediterraneo. Macaluso spiega come si arrivò a quella conclusione. Nel 2012 viene organizzata una crociera questa volta con la nave da ricerca Astrea che doveva servire a posizionare delle sonde OBS-H che sarebbero servite per registrare l'attività sismica di quell'area. Una di queste sonde venne collocata dentro il sink-hole rinvenuto nel 2006 con due finalità, proteggere le reti a strascico dei pescatori e quella di esplorare il cratere. Le immagini in 3D generate dai dati inviati da un sonar multibeam che scandagliava il fondale e l'esplorazione delle pareti del cratere con un minisommergibile filo-guidato contribuirono a svelare le reali origini di quel grande cratere (largo quasi quanto il famoso Meteor Crater dell'Arizona che è di circa 1.200 metri), rivelando la natura sedimentaria (non vulcanica o da impatto di un meteorite) delle sue pareti. Fu evidenziata anche la presenza di fumarole una delle quali al centro del cratere. A seguito di tali importanti scoperte dal grande valore scientifico venne realizzato un documentario trasmesso sui canali satellitari, da National Geographic e, il 7 marzo del 2010 anche su Rete 4 di Mediaset. Emozionanti le immagini proiettate da Mimmo Macaluso nel raccontare queste vicende che evidenziano come il Canale di Sicilia è un area che presenta rischi consistenti comprovati dalla presenza di fenomeni di vulcanismo sottomarino che generano terremoti e crolli di edifici vulcanici con formazione di onde anomale; esplosione di camere magmatiche. Secondo un rapporto dell’Ingv “Esiste la possibilità di una ripresa dell’attività vulcanica in una zona relativamente prossima alle coste meridionali della Sicilia, entro un raggio di alcune decine di chilometri da Capo San Marco a Sciacca. Inoltre pericolose onde anomale possono avere origine anche da fenomeni gravi dativi in quanto l’insieme del contesto descritto costituisce un sistema tendenzialmente instabile”. Ad esempio se prendiamo il caso dell’isola di Pantelleria dove nel 1891 vi era stata un’eruzione l’Ingv di Catania scrive che l’isola può essere considerata un area vulcanica attiva.


Gridi di allarme che Macaluso ripete nelle sue conferenze avvalorate anche da quelli di vari organismi scientifici che hanno dichiarato che i pockmarks e le installazioni off shore (piattaforme ed oleodotti) sono rischiose. Anche la NATO ha gettato un monito all’industria del petrolio per i rischi geologici causate dalle trivellazioni. Malgrado tali rischi continuano ad essere rilasciate concessioni per effettuare sondaggi e prospezioni. Nel corso della conferenza il dott. Macaluso ha espresso anche grande perplessità sul'art. 38 del Decreto sblocca Italia il quale ha stabilito che d’ora in avanti sarà lo Stato a rilasciare concessioni e permessi per trivellare sui fondali marini. Da qui la preoccupazione che non essendo più le Regioni a rilasciare tale permessi ci possa essere un aumento di tali concessioni. A conclusione del suo intervento il ricercatore ha dato alcune indicazioni affinché il Canale di Sicilia possa essere tutelato a dovere. A tal proposito, i cittadini devono realizzare attività di sensibilizzazione con il coinvolgimento delle scuole ed esposti all’UE. Anche Green Peace ha fatto una proposta: “Istituire nel Canale di Sicilia una zona di protezione ecologica” oppure la dichiarazione del Canale di Sicilia “Sito di interesse comunitario”. I Comuni devono coinvolgersi in questa battaglia: con osservazioni e ricorsi contro gli Studi di impatto Ambientali alla Commissione Ministeriale di valutazione dei SIA. Il Parlamento? Deve modificare leggi e regolamenti. Ad esempio le prospezioni e le analisi di impatto ambientale dovrebbero essere effettuate a cura dei Ministeri (Ambiente ed Attività Produttive) ed a spese del richiedente. E’ necessario costituire un Area Marina Protetta sotto l’egida dell’UE nel Canale di Sicilia. Occorre anche promuovere una campagna referendaria abrogativa della legge “sblocca Italia” grazie alla quale si stanno concedendo tante concessioni. E la Regione Siciliana? Dovrebbe impugnare l’art. 38 del Decreto “Sblocca Italia” per incostituzionalità e richiedere, anche con finalità di Protezione Civile uno studio oceanografico per il monitoraggio dei vulcani di fango nello stretto di Sicilia. Queste le indicazioni di massima di Domenico Macaluso che conclude il suo interessante intervento seguito da un lungo applauso del pubblico presente. Concluso l'intervento, ha preso la parola la presidente dell'associazione scientifico-culturale Mea Lux Angela Lombardo patron della Rassegna letteraria "Libri Inn .....Riviera" la quale, ha accennato brevemente al libro del prof. Elviro Langella spiegando che l'autore si è ispirato alla forte suggestione di un’importante scoperta del dott. Macaluso: il rinvenimento del relitto del veliero Angelika proveniente dall’isola greca di Inousses (Cicladi), tragicamente naufragato sulle scogliere di Ribera un secolo fa. L’Angelika, inabissato nei fondali di Seccagrande dal 1906 era il più piccolo dei velieri che componevano la flotta dell’isola greca. L’intero equipaggio di giovani marinai perì nella tragica tempesta. Il tema del naufragio e del successivo fortuito reperimento del carico stivato da parte di un bambino di Ribera è stato il pretesto per l'autore per trascinare il lettore in una fabula antica, alla deriva di un viaggio onirico "scortato" da una bambina che prende metaforicamente il nome dal vascello perduto, Angelika. Dopo aver letto una pagina suggestiva e poetica del libro di Langella ha invitato il dott. Macaluso a presiedere la presentazione del libro, a cura dell'associazione Mealux, prevista nel mese di agosto nel comune messinese di Gallodoro. L'emozionante serata ha visto anche l'intervento di diverse personalità che hanno espresso il loro plauso per l'iniziativa. Tra questi ricordiamo il prof. Salvino Risitano vicepreside del Liceo Scientifico “C. Caminiti” e responsabile del Gruppo ambientale che assieme al prof. Langella aveva incontrato preliminarmente le classi per sensibilizzare i giovani alle problematiche di un’avventata trivellazione dei nostri fondali in aree a forte rischio vulcanico; Caterina Valentino, Presidente del circolo Legambiente Taormina-Alcantara la quale ha auspicato una pronta collaborazione mirata a prevenire la passiva accettazione di irresponsabili interventi di estrazione petrolifera nel Canale di Sicilia disseminati di insidiosi “pockmark”, cratere subacquei originati da antiche eruzioni; il dott. Paolo Valentino, che ha sottolineato la necessità di orientare la ricerca verso fonti energetiche compatibili con le vocazioni del territorio.


L'Architetto Salvatore Giglio ha ricordato gli importanti ritrovamenti effettuati dal dott. Macaluso documentati in seno alla Rassegna di Archeologia Subacquea, che ha rappresentato un tempo, un’esclusività tutta giardinese nel panorama nazionale. Al termine dell’incontro è stata annunciata un’imminente manifestazione nella quale Mimmo Macaluso assieme all'inossidabile recordman siciliano Enzo Maiorca (84 anni!), testimonial della campagna di sensibilizzazione, si immergeranno sui fondali dell'Isola Ferdinandea. Per quella occasione la sezione della Lega Navale di Sciacca, diretta dall’avv. Aldo Rossi, metterà a disposizione i mezzi navali, le motovedette, per l’uscita in mare.

Rosario Messina Direttore responsabile di SICILIA FELIX


Contributo del geologo Frank Anthony Caltabiano (Giardini Naxos) La parola di un esperto: ecco cosa provoca l’inquinamento da trivellazioni petrolifere

Si tratta del testo di una lettera al Direttore delle News di Pantelleria Com, che sono lieto di poter riproporre in questa nota, dopo averne chiesto debitamente l’autorizzazione al suo autore. Chi la firma infatti è “Capitan Zibibbo”, alias Giuseppe Ferreri, un signore che, nome scherzoso a parte, è un esperto della materia avendo per anni lavorato a bordo delle piattaforme petrolifere in varie parti del mondo. Trovo personalmente il suo contributo estremamente valido, in quanto può aiutarci a capire meglio quelle che sono le procedure impiegate in questo genere di operazioni, e i rischi reali di inquinamento connessi, anche in assenza di incidenti clamorosi quali quelli che in questi ultimi mesi hanno maggiormente impressionato l’opinione pubblica. L’intervento è altresì importante per le proposte conclusive avanzate da “Capitan Zibibbo”. Proposte realistiche, che puntano soprattutto sui controlli che gli organi preposti dovrebbero effettuare per garantire che siano ridotti al minimo quei danni all’ambiente che purtroppo nelle trivellazioni petrolifere sarà impossibile evitare al 100%, a meno di impedire nelle aree più sensibili del Mediterraneo, che esse vengano effettuate (GP) Caro Direttore, credo sia utile dare alcune informazioni tecniche riguardo alle trivellazioni petrolifere che in queste ultime settimane stanno preoccupando gli abitanti di Pantelleria. Ho lavorato per anni a bordo delle piattaforme petrolifere in giro per il mondo. Attualmente lavoro sempre nell’ambito off-shore seppur non più nel campo petrolifero. Voglio comunicare quelle che sono le caratteristiche tecniche di un impianto di perforazione petrolifera al fine di dare una più precisa idea dei rischi di inquinamento che il mare di Pantelleria potrebbe avere. Una piattaforma petrolifera, in genere, non inquina col petrolio. In anni e anni di lavoro non ho mai visto cadere una goccia di greggio in mare. L’inquinamento però c’è ! L’inquinamento è dovuto al processo che si mette in atto quando si fanno i lavori di manutenzione e/o sostituzione delle pompe che estraggono il greggio. Tali pompe, poste nel sottosuolo all’interno del giacimento petrolifero (che può anche essere a migliaia di metri sotto la crosta terrestre), di tanto in tanto devono essere sostituite, oppure diventa necessario posizionarle a profondità diverse a causa della graduale diminuzione di resa del giacimento (si va a pescare il petrolio a maggiori profondità che di solito son sempre ricche di ulteriore petrolio).


Durante queste operazioni si estrae la pompa da sostituire, da manutenzionare o da riposizionare. In tal modo, una volta estratta la pompa, si mette in contatto il giacimento petrolifero con l’atmosfera attraverso il “buco” di perforazione. Essendo che il giacimento ha pressioni superiori a quella atmosferica diviene necessario evitare “l’eruzione” del greggio che, avendo pressioni notevolmente superiori a quella atmosferica, spontaneamente tenterebbe ad eruttare. Per evitare ciò si riempie la colonna (casing) che collega la piattaforma col giacimento, con il “MUD” (tradotto dall’inglese significa “fango”, ma in realtà si tratta di un mix di prodotti chimici che in certi casi hanno un elevato indice di tossicità. In particolar modo nei pozzi petroliferi off-shore (come quelli che ci riguardano) si usa un MUD del tipo SBM (Synthetic Based Mud) costituito da oli sintetici con un certo grado di tossicità. Meno frequentemente vengono usati dei MUD del tipo OBM (Oil Based Mud) che hanno un notevole indice di tossicità. Ci sono anche MUD a base di acqua WBM (Water Based Mud). Questi tipi di MUD sono spesso usati e comunemente consistono in Bentonite con diversi additivi chimici come: Solfato di Bario, Carbonato di calcio ecc. Inoltre vengono usati in certi casi altri additivi per determinare la viscosità del MUD come ad esempio la cellulosa polianianica, il Glicole e molti altri che è inutile elencare. Il MUD, col suo peso, crea una pressione idrostatica che vince quella di eruzione. Pertanto si evita il rischio di una eruzione spontanea che non solo inquinerebbe il mare, ma che sarebbe fatale per la gente che ci lavora su. Nella mia esperienza sulle piattaforme petrolifere in Congo, il MUD veniva non di rado disperso in mare. Esiste una procedura di recupero che teoricamente deve essere rispettata, ma a volte, a causa di perdite oppure di cattive condizioni meteo, il MUD finisce comunque disperso in mare. L’inquinamento pertanto diviene periodicamente un fatto concreto (ossia ogni volta che si sostituisce, si manutenziona o si riposiziona una pompa). E ogni piattaforma può avere anche 20 pompe, con la conseguenza quindi di richiedere un frequente lavoro di manutenzione. La precauzione, che però solo parzialmente potrebbe attuarsi. è quella di pompare tale MUD dentro le casse di raccolta e recupero oppure trasferirla ai Supply Vessels (rimorchiatori d’altura) che ogni piattaforma ha a disposizione 24h su 24h. Comunque tali precauzioni sarebbero solo parziali, in quanto una certa quantità di MUD necessariamente deve finire in mare oltre che essere assorbita dal sottosuolo attraverso il giacimento … Inoltre, in situazioni di cattive condizioni meteorologiche diviene alquanto complicato fare tali operazioni coi mezzi navali (supply vessels). La presente lettera, oltre che tentare di dare una generica informazione per una maggiore presa di coscienza del problema, vuole anche dare vita ad una proposta che è quella di usufruire del comitato d’opinione che spontaneamente è nato a Pantelleria e proporre ai politici che tali precauzioni, seppur non totali, vengano rispettate dalla ADX Energy (compagnia che gestisce le perforazioni). Il mio invito vuole quindi essere una proposta che, se proprio la produzione di greggio dovesse iniziare (come ahimè sembra) almeno avremmo tamponato il rischio di inquinamento se i politici (sotto anche la nostra spinta) indicassero alla compagnia petrolifera il rispetto di queste dovute precauzioni malgrado le competenze siano “internazionali” visto che le trivellazioni sono – teoricamente – oltre le 12 miglia (acque internazionali)… Saluti, Giuseppe Ferreri capitanzibibbo@yahoo.it


L'Isola Ferdinandea riprodotta su un piatto di ceramica. La didascalia intorno recita: "Nuovo Vulcano sortito in mezzo al mare fra Malta e Sicilia distante miglia 20 da Scicca, della circonferenza di miglia 3 e d'altezza palmi 30. Osservazione a tutto il giorno 18 Luglio 1831”

in retrocopertina

Per questo muoiono gli uomini, che non sanno congiungere il principio con la fine. È una massima di Alcmeone di Crotone. «Comprensione è la coincidenza di tutte le cose» per Eraclíto. Proprio per questo il cerchio è «intelligente», ossia segue il «lógos». L'unico saggio, e perciò l'unica sapienza, mostra la connessione ciclica, che fa coincidere tutto con tutto. “È un sapiente, Eraclíto di Efeso, che si proclama scopritore e possessore di una legge divina che incatena gli oggetti mutevoli dell'apparenza, e lui stesso per primo dà il nome di logos a questa legge. Esso è la trama nascosta del dio che regge e sferza tutte le cose …” Giorgio Colli, La sapienza greca

Libero è ciò che ha in sé il principio dei propri atti, ciò che è principio di se stesso. L'uomo è libero in quanto è il principio e il padre dei suoi atti come dei suoi figli. Aristotele, Etica nicomachea



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