Rinchiusi - Commento Critico

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L’autore Pietro Guarnotta accanto alla moglie Caterina e il figlio Umberto

27 Settembre 2013 ore 9.30 - 2a Tavola rotonda riservata alle scuole presso il Teatro REX di Giarre (Catania)

Prof. Elviro Langella, Dott.ssa Santy Muscuso A conclusione dell'incontro, condotto da Isidoro Raciti, interverranno l'Assessore alla Cultura e alle Politiche Scolastiche del Comune di Giarre, Prof. Antonino Raciti; il regista della commedia Rosario Minardi, alcuni attori ed il fumettista Seby Nicotra, realizzatore dell'immagine di copertina del volume.

Relatori:

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Commento allo spettacolo di Elviro Langella

Ho avuto la graditissima opportunità di assistere allo spettacolo ideato dal prof Pietro Guarnotta e assieme alla Dottssa Santy Muscuso, di sollecitare nei ragazzi delle scuole intervenute alcuni spunti di riflessione che sicuramente non mancheranno di incuriosire ognuno dopo la visione di un soggetto così intrigante.

Isidoro Raciti accanto al regista Rosario Minardi

Rosario Minardi (LINK al CURRICULUM)

Splendidamente adattato dal regista Rosario Minardi ad uno stile di comunicazione al passo coi media più congeniali alle giovani platee, la proposta di Pietro Guarnotta è tanto più interessante dal punto di vista educativo nelle scuole, perché accanto alla morale intrinseca che si ricava dalla visione del dramma, si stimola i giovani a contestualizzare i temi di pressante attualità nel nostro tempo ad un panorama di approfondimenti che rimandano alla letteratura, al teatro, al cinema.

LUANA TOSCANO CARLO FERRERI EVELYN FAMA' ALFIO ZAPPALA' IRENE TETTO EUGENIO PATANE

nella parte di

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Dulcinea Dottor Sapienza Virginia Malebolge Vita Felicito

Scenografia e costumi di SIMONE RAIMONDO Colonna sonora a cura di MARCO DI MARIA

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i Temi Tra i temi che mi colpiscono particolarmente e meritano una trattazione che ci ripromettiamo di approfondire altrove:

la rappresentazione della Morte negli stereotipi contemporanei di quella che papa

Francesco definisce la “cultura dello scarto” dominata dalla "diffusa mentalità dell'utile". “La cultura dello scarto che oggi schiavizza i cuori e le intelligenze di tanti". l’Albero del Bene e del Male che allude alla libertà della scelta etica. l’immoralità che l’autore mette a nudo con ritmo incalzante nel corso dell’intera performance sempre meno velata. l’ambiguità dei personaggi che l’autore definisce col termine appropriato di “doppiezza” morale, sintomo e causa al contempo, delle scissioni della personalità dei protagonisti del dramma.

L’autore al fianco della Dott.ssa Santy Muscuso

e dell’Assessore Antonino Raciti

A riguardo, nella sua personale presentazione, il Prof. Pietro Guarnotta chiarisce in maniera esemplare la chiave per intendere la labilità dei valori morali e la profonda ambiguità dei suoi personaggi presi a campione del più vasto universo sociale. 4


L’ambiguità misura in un continuo, disinvolto istrionismo egocentrico e sfoggio di convenevoli maschere, le alterne oscillazioni tra l’essere e l’apparire in una vasta gamma di comportamenti di simulazione per frodare la società. “La finalità etica del lavoro – spiega l’autore – si concentra sulla lotta contro il relativismo che sta distruggendo i valori, negando loro il sostanziale attributo di “assoluti”. La "doppiezza" dei personaggi (soprattutto di Felicito) assume un duplice significato: da un canto, mostra come fra l’essere (simulatore) e l’apparire (simulato) esistono varie sfumature di atteggiamenti (simulanti): ipocrisia, menzogna, tornaconto, impostura … tutti possibili elementi patologici, facilmente attecchiti in una società che, indebolita dalla crisi dei valori, indossa volentieri maschere fraudolente”. [Pietro Guarnotta] Per Felicito, incarnato da Eugenio Patanè con un prodigioso lavoro sull’estensione naturale della voce, la "doppiezza" rappresenta invece, l’unica chance per sfuggire alle maglie del sistema (e dell’istituzione scolastica del 2040), le cui strategie di condizionamento e i cui processi di manipolazione mentale risparmiano soltanto la sottomessa passività dei soggetti ritenuti innocui, in quanto incapaci di contestarne l’autorità né di opporre resistenza. Avviati quindi, ad un esistenza vegetativa. Per osare un parallelo col cinema d’autore, torna in mente Stanley Kubrick. Felicito ha il suo omologo nel piccolo Danny di Shining, il cui unico alleato in un mondo insidioso, è il fantomatico “bambino che è nella sua bocca” e che parla in un codice inaccessibile agli adulti. Un codice che esprime come meglio non si potrebbe, l’essenza stessa della “doppiezza”: una sorta di cabala che inverte le lettere dell’alfabeto, o piuttosto, le rovescia attraverso il riflesso di uno specchio svelando il senso nascosto negli eventi. Un codice che addirittura istruisce i suoi passi e lo salva dalle violente aggressioni fisiche del padre impazzito dalla forzata segregazione in un hotel isolato dal mondo, depistandolo dentro un labirinto.

SHINING lo specchio, il Doppio

Un codice niente affatto diverso da quello sperimentato con rigore scientifico da Jacques Perrin sul figlio, il piccolo Giovanni nel film Prima la musica poi le parole di Fulvio Wetzl. 5


In termini riduttivi, per usare una metafora mutuata dall’etologia, la condotta di Felicito ricorda quella dell’opossum che si finge morto per poter sopravvivere agli assalti dei predatori. Ma il tema della liceità morale della finzione, di un comportamento elusivo, camaleontico o piuttosto, ipocrita, per sfuggire alla responsabilità di affrontare e lottare la tirannia, il condizionamento, le censure esercitate da un sistema autoritario, assume risvolti che interrogano la nostra coscienza, quando ad essere chiamato in causa è il rischio di tradire la verità e i valori fondamentali. Il teatro non manca di riproporre alla nostra riflessione casi illustri delle défaillances che il mondo addita a quei grandi personaggi della storia, la cui scelta etica pur dovrebbe essere al di sopra di ogni sospetto. È il caso del Galileo di Bertolt Brecht che abiura davanti ai persuasivi mezzi dell’Inquisizione, portandosi fino alla tomba il divorante complesso di colpa per il proprio tradimento alla Verità della Scienza. Il dramma mostra però come una così grande anima, proprio salvando la pellaccia e rinunciando agli onori della legittima paternità della sua grande rivoluzione scientifica, sia riuscito a portare avanti sotterraneamente i suoi studi, nonostante la spietata censura del Sant’Uffizio gli precludesse ogni più elementare libertà di espressione. Suona strano che proprio il Vangelo su tali questioni, inerenti le finalità perseguite a tutti costi, per mezzo di poco ortodossi espedienti strumentali, si pronunci con parole che esortano il buon cristiano a farsi furbo, alla scaltrezza. “Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne”. Luca 16, 8 / 9

È quanto apprendiamo dalle sorprendenti letture dell’ultima omelia del 22 settembre, in un brano che sembrerebbe configgere clamorosamente con le affermazioni di quegli stessi giorni rilasciate da papa Francesco: "… non puoi servire all'idolo denaro e al Dio Vivente: o uno o l'altro". "Il denaro è lo sterco del diavolo, ammala la nostra mente con l'orgoglio e ci fa maniaci di questioni oziose e ci allontana dalla fede, corrompe”.

Naturalmente, tutto rimanda alla capacità di saper discriminare nel proprio giudizio etico, di saper calibrare la giusta prospettiva tra i fini e i mezzi. In quest’ottica la presunta difformità di pensiero col nostro pontefice si mostra del tutto inconsistente, quando a conclusione del passo di Luca si apprende il vero insegnamento: “Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona”.

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Temi L’Ambientazione

Lo spazio scenico è quello di uno dei nostri tanti centri commerciali, santuari dell’effimero nei cui percorsi obbligati eppur labirintici ci si può imboscare quasi in anonimato, abbandonandosi gratuitamente al più voluttuoso voyeurismo persi come Alice di Lewis Carrol, in un interminabile carosello dei consumi che fa dimenticare per un attimo qualsiasi precarietà e congiuntura economica. E dove talvolta, sembra addirittura che l’incolmabile vuoto scavato dalla dilagante incomunicabilità nei rapporti di coppia e il clima di indifferente estraneità tra gli utenti più in generale, sia esorcizzato d’incanto dal miraggio dei mille oggetti del desiderio in offerta speciale, e dal rituale di uno shopping spesso del tutto virtuale, a guardare il contenuto dei carrelli di questi tempi pieni al più, dei generi di prima necessità. In realtà il sito prescelto del centro commerciale è pensato scenograficamente dall’autore nello spirito di rigorosa logica della sapiente compositio loci della sua macchina scenica. È il set funzionale all’autore finalizzato a far scatenare eventi frutto delle contraddizioni irrisolte in ognuno dei personaggi chiamati ad agire la propria personale performance sulla scena. Quasi si trattasse di uno psicodramma o piuttosto, del teatro ontologico-isterico di Richard Foreman. Sì perché l’azione si avvita su ogni personaggio in un compiacimento narcisistico e l’egocentrismo compulsivo di ognuno non dà spazio ad alcuna interazione sociale semmai, ad una reciproca fagocitazione ove si avverte a pelle un malcelato senso di repulsione per il diverso. La performance è tanto più vera e istintiva in quanto questo set così speciale completamente scollegato da ogni intrusione e interferenza, legittima ogni arbitrio comportamentale sottratto temporaneamente alla tirannia dell’occhio giudicante del mondo esterno. Eppure, la macchina scenica di Guarnotta scattata come un’ineludibile trappola intorno agli attori, segregandoli nel soggiorno obbligato in questo paese di Bengodi, evoca un topos e una costruzione minimalista sperimentale che richiamano certi precedenti letterari e riduzioni teatrali. Il teatro dell’assurdo di Samuel Beckett, ad esempio. Gli stessi attori di Rosario Minardi col loro marcato cerone che sciamano inesausti fino alla fine, redivivi come in un trailer di Michael Jackson, non ci richiamano alla mente 7


icone ingessate di George Segal? Persi in mezzo a quelle scaffalature finte tra cartelli pubblicitari nonsense e finti prodotti assemblati con ossessiva ripetitività, posti quasi ad allestire una pinacoteca di Pop Art premeditatamente confezionata come una bomba ad orologeria per un blow up finale all’Antonioni (il riferimento è a Zabriskie Point; alla interminabile sequenza in rallenty ove si vedono volare arredi e oggetti di consumo, a seguito della deflagrazione di una villa nel deserto della California degli anni della contestazione studentesca, che simboleggia nel film l’icona di una società costruita sull’imperialismo economico e sulla violenza).

L’esplosione della villa commentata dai Pink Floyd

(https://www.youtube.com/watch?v=42FLWGCoSqU)

Né va ignorata l’ispirazione di una ben conosciuta cinematografia che presceglie i luoghi più disparati e frequentati: hotel, aeroporti, ville abbandonate ecc. per rappresentare simbolicamente certe esperienze di sconfinamento dalla realtà ordinaria, talvolta allusive ad un’autentica condizione di borderline. Così, pescando nel cinema d’autore, di Kubrick in particolare, non può sfuggirmi Shining. Laddove il luogo della segregazione non è un centro commerciale ma un albergo come tanti; un luogo abituale e non per questo meno inquietante nella sua ingannevole familiarità: l’Overlook Hotel. Come si intuisce dalla lettura scomposta del suo nome: LOOK (guardare) OVER (dall’alto), il nome che già fa luce su quanto di paradossale, surreale, allucinato e allucinante vedremo. Così, si è indotti a credere che lo stesso regista faccia suo quel potere, quella visione surreale dell’artista – lo Shining, appunto – per sorvegliare dall’alto la sua macchina scenica del mondo e lacerare il velo di Maya, penetrando oltre le maschere indossate dagli attori. Temi : L’Ambientazione il FRIGORIFERO

Anche l’escamotage di nascondere il cadavere di uno dei protagonisti del dramma nel frigorifero ha un suo precedente proprio in Shining. Il frigorifero incarna nel dramma di Guarnotta una metafora di quella che papa Francesco chiamerebbe la “cultura dello scarto”. E spero che Sua Santità non si adombrerà per la risibile ovvietà della mia obiezione, se azzardo una rettifica: l’in-cultura dello scarto. 8


Scopriremo che il frigorifero più che un luogo funzionale all’ambientazione, segna piuttosto, il confine dell’azione scenica e della narrazione. Si rivela essere una porta oltre la quale non c’è più storia. Un vero stargate che tenta di mettere in comunicazione mondi disgiunti, inconciliabili e forse, irrapresentabili. Una sorta di allegorico Limbo ove esiliati e reietti, “scartati” dal sistema possono perfino trovare la via di un’insperata rinascita, proprio nel momento in cui l’intero cosmo sociale rappresentato nella messinscena, collasserà su sé stesso in un fatale processo di implosione. Prevedibile quanto ineluttabile destino di un universo sociale che alla stregua dei buchi neri occultati in qualche galassia, obbediscono all’inevitabile legge di inerzie e di gravità che governano oramai stancamente le interne dinamiche relazionali tra gli uomini. In realtà, l’occultamento del cadavere del povero malcapitato abilmente tramato da Malebolge, e ancor prima, in maniera abbastanza goffa dai personaggi, tradisce un espediente dell’autore intenzionato ad amplificare sempre più la nostra tensione emotiva, la nostra indignazione alla vista degli effetti di quell’insidioso cinismo che comincia a dilagare sempre più efferato e sfacciato. In effetti, l’escamotage di Guarnotta sortisce una funzione del tutto identica a certi filtri narrativi simili a quelli utilizzati da Pier Paolo Pasolini in un diverso contesto. Il luogo di segregazione, in questo caso, è la decadente villa isolata dal resto del mondo, ove si ambienta il film Salò o le 120 giornate di Sodoma. Un binocolo posto davanti alla macchina da presa serve a distanziarci dai poveri giovani mentre vengono torturati sotto il suo occhio spietato per compiacere i perversi appetiti di quattro potenti "Signori" fascisti aderenti alla Repubblica di Salò. 9


L’autore di Rinchiusi ottiene a suo turno, con una punta di raffinato sadismo, tanto per farci stare sulle spine, di prolungare senza dar sfogo ad alcuna visibile sofferenza, un’estenuante agonia dello sfortunato dott. Sapienza. E non tarda a farsi strada il sospetto che tanta inaudita violenza sia fisica che psicologica, accompagnata dalla deplorevole indifferenza di ognuno degli attori, inneschi paradossalmente una curiosa complicità tra vittime e carnefici. Qualcosa che porta alla mente la Sindrome di Stoccolma.

“… e che si vede da qui !”

La tecnica straniante

C’è un eloquente gesto allusivo di compiacimento sessuale accennato dal nostro bravissimo Carlo Ferreri – il dott Sapienza – mentre si abbandona a disinibiti apprezzamenti, forse nei vaneggiamenti del deliquio di un’interminabile agonia in cui oramai si trascina da giorni, che gioca un irresistibile effetto comico sul pubblico. Proprio in quella risata ci sembra poter cogliere il contagioso effetto della tragicommedia sullo spettatore che, suo malgrado, sembra finire irretito anch’egli nella trappola perversa tramata da Malebolge con la complicità dell’intero stuolo delle sue disinibite concubine. A questo punto è giusto chiederci, però, quale diabolico, subdolo meccanismo c’è sotto quella risata che pur giunge innocente da un semplice riflesso fisiologico. Beh, innocente si fa per dire … giacché senza accorgerci, ci riscopriamo anche noi compiacenti complici della riprovevole condotta dei personaggi in scena. Ma penso che una domanda così intrigante andrebbe rivolta a chi di comicità se ne intende davvero. A Totò che notoriamente della risata è il principe. Perché allora, il pubblico ride? Senza esitazioni Totò avrebbe risposto: “Perché la gente è cattiva!” E non parve per niente una battuta a Monica Vitti. 10


Sono convinto che proprio Kubrick potrebbe sciogliere l’arcano, commentando il suo celebre film Arancia meccanica. A ben guardare, quello di cui stiamo parlando è lo stesso, identico meccanismo che ci porta inconsciamente ad identificarci con Alex, il drugo di Arancia meccanica dedito esclusivamente a due interessi: l’esercizio della più inaudita violenza e la musica di Ludwig van Beethoven che lo mandava in un’indescrivibile trance di onnipotenza. Proprio Kubrick dichiarò che il pubblico finiva sedotto dall’Ombra nascosta dietro il suo inquietante personaggio al punto da arrivare a fare il tifo per lui quando è la polizia e il potere politico a schiavizzarlo per castrare i suoi istinti violenti con la cura “Ludovico”. Così, il regista constatato il rischio di una dilagante emulazione delinquenziale di quegli anni, si convinse a ritirare il film dalla sale nel momento del suo massimo successo. Nonostante il meritato riconoscimento della critica alla sua spietata denuncia al sistema complice e istigatore al tempo stesso di quella violenza che finge di reprimere. Secondo Kubrick, Alex è il nostro inconscio. Il film voleva essere quindi, un viaggio nella mente vista nella sua “doppiezza”, l' Io e l' Es; nell’interiore rapporto conflittuale con la parte dentro di sé che l’uomo non conosce e che proietta sul mondo distorcendone pericolosamente la percezione. È il conflitto irrisolto tra l’Io e l’Ombra che si è portati a credere maledettamente insuperabile. … Un’odissea della quotidianità che apre squarci negli abissi psichici dei personaggi e di ciascuno di noi – così commentava l’Ulisse di Joyce in nostro erudito dott Sapienza – tutti avremmo bisogno di conoscerci meglio: “nosce te ipsum” … “Conosci te stesso”. Questo il tormentone che da sempre percorre tutta la filosofia e la pedagogia. Che equivale a dire “riconoscersi”. Ed è già il vero problema! Giacché non amiamo riconoscere in noi quella parte “scomoda” da accettare, quell’immagine di noi incompatibile, e che pertanto rimuoviamo nell’inconscio (come la psicanalisi ci insegna). E già sarebbe un’importante conquista se l’uomo arrivasse a prendere consapevolezza dell’immensa portata di energia che gli proviene dalle due fondamentali pulsioni dell’inconscio istintivo: l’eros e l’aggressività, la libido e la volontà di potenza. 11


C’è un libro indispensabile di Carl Gustav Jung che s’impone a riguardo: “Psicologia dell’Inconscio”. Tanto più interessante per aver attraversato con la sua ricerca scientifica sulle radici del comportamento umano, l’arco delle due guerre mondiali che hanno messo a nudo inequivocabilmente con le loro atrocità, la barbarie e i mostri che covano sotto la cenere delle nostre sedicenti società civili. Ecco, per quanto incredibile e sfuggente ci giunga l’idea di un eventuale nuovo conflitto mondiale, potremmo fingere di non ricordare il digiuno del papa di qualche settimana fa? Mai come in questo momento, credo nessuno possa smentirmi se affermo che non possiamo più esimerci dal dare una risposta a questa domanda: Qual è il ponte che potremo mai sperare di gettare tra le inconciliabili nature dell’uomo responsabili di ricorrenti minacce per la civiltà? Ricostruiamo l’uomo recitava il titolo di un libro di Isidoro Raciti editato dal Prof Pietro Guarnotta. E non vi è dubbio che la risposta al disagio sollevato dalla nostra domanda arriverà proprio dall’attenzione che porteremo alla cultura in tutte le azioni che essa promuove nella società: la formazione dei giovani, l’espressione artistica e l’attività sportiva, la qualità del dialogo e delle relazioni tra l’individuo e la società ecc. Perché rinasca quel nuovo umanesimo che serva a “ricostruire l’uomo” auspicato da Isidoro Raciti, ci viene in questi giorni dal Liceo “Ennio Quirino Visconti” di Roma un fortissimo segnale nei confronti della scuola nazionale, mirato a trovare intese per future soluzioni sinergiche. Il metodo educativo proposto dal prestigioso liceo tra i più antichi d’Italia, spazia dalle arti alle scienze alla musica alla corretta informazione e formazione di una futura coscienza politica, ed è oggetto dell’intero ultimo numero della rivista scientifica Galileo che invitiamo a consultare sul sito www.galileomagazine.com/213/.

Elviro Langella

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CURRICULA ROSARIO MAINARDI - REGISTA Rosario Minardi si diploma alla scuola di Teatro “Umberto Spadaro” di Catania nel 1991. Il percorso artistico comincia con la giusta trafila in decine di spettacoli del Teatro Stabile di Catania e in quasi tutti gli altri teatri e gruppi della città. Lavora anche nell’ambito del teatro sperimentale e di ricerca. Fuori dal circuito siciliano ha collaborato anche col Teatro Stabile di Roma, Teatro Verde Roma, Teatro Aenigma di Urbino, Teatro Uqbar di Verona, Osmego Dnia di Poznan Polonia ecc. Al teatro viene diretto da registi come: Giuseppe Dimartino, Lamberto Puggelli, Alvaro Piccardi, Armando Pugliese, Lech Rachzak, Guglielmo Ferro, Gianni Salvo, Giovanni Anfuso, Giuseppe Di Pasquale, Vincenzo Pirrotta ed altri. Partecipa, fra gli altri, a spettacoli come: Dossier Droga (Teatro Stabile Catania), L’Isola di Klee (Teatro Verde Roma), Il Caso Notarbartolo (Teatro Valle Roma), Il Consiglio D’Egitto (Teatro Stabile di Catania),L’Isola di Tulipatàn (Piccolo Teatro Ct), Romeo e Giulietta (Teatro Metropolitan Ct), La Tempesta (Teatro Stabile di Catania), Il Rinoceronte (Piccolo Teatro Ct), Dyonisos (Festival Segesta), Vlad Tepes (Teatro degli Specchi Ct), La Cattura (Teatro Stabile di Catania), Cagliostro (Orestiadi di Gibellina), Il Ciclope (Teatro Antico Siracusa), Delitto e Castigo (Teatro Libero Palermo), La Porta delle Locuste (Osmego Dnia-Festival Poznan Polonia), La Sagra del Signore della Nave (Teatro Stabile di Roma), Anima Lenta(Orestiadi Gibellina), Aspettando Godot ( Ass. Gesti), Jeli il Pastore (Piccolo Teatro di Catania) ed altri. Ha lavorato accanto ad attori ed attrici come: Turi Ferro, Ida Carrara, Tuccio Musumeci, Ilaria Occhini, Maddalena Crippa, Sebastiano Tringali, Giancarlo Zanetti, Luca Zingaretti, Judit Malina, Vincenzo Pirrotta, Anna Bonaiuti, Bob Hoskins ed altri. Dal 1999 in poi ha partecipato a festival internazionali come: Poznan - Polonia, Barcelona - Spagna, Merida - Spagna, Lisbona- Portogallo, Berlino - Germania, Karnuntum Austria, Bastia - Corsica, Francoforte - Germania, Oporto -Portogallo, Festival del Teatro Open di Roma, Orestiadi di Gibellina, Festival del Novecento Palermo. Al cinema e in tv ha partecipato alle opere: Il Trittico di Antonello (di F.Crescimone), Il Commissario Montalbano (di Alberto Sironi), L’Iguana (di Catherine Mc Gilvray), La Passione di Giosuè l’Ebreo (di Pasquale Scimeca), Eravamo i mille (di Stefano Reali), Rosso Malpelo (di Pasquale Scimeca), Alla Luce del Sole (di Roberto Faenza), Il Capo dei Capi (di Alexis Sweet-Enzo Monteleone), Pinocchio (di Alberto Sironi), Le Città Criminali(di Maurizio Iannelli), Agrodolce (di Registi vari), Le ultime 56 ore (di Claudio Fragasso). 13


Ha lavorato in cortometraggi premiati come: Cavalleria Rusticana, La mia canzone, Il Prestigiatore, Sgangsters, Tunnel, I debitori, ecc… LUANA TOSCANO – ATTRICE Luana Toscano si è diplomata alla scuola Umberto Spadaro del Teatro Stabile di Catania nel 1991. Si è formata sotto la guida di Giuseppe Di Martino e con la sua regia ha fatto i primi lavori da attrice professionista, come per esempio Pipino il breve. Da allora ha lavorato con registi come Romano Bernardi, Walter Manfrè, Armando Pugliese, Gianni Salvo, Francesco Randazzo, Giancarlo Zanetti, interpretando ruoli primari come Filocomasia nel Miles Gloriosus di Plauto, Cassandra ne La Guerra di Troia non si farà di Jean Giraudox, Charinus nel Mercator di Plauto, Aitina ne L'Altalena di Martoglio, Donna Mita nel Liolà di Pirandello, Poppea nell'Octavia di Seneca, la Criata Antonia nell'omonimo romanzo di Silvana La Spina, Irina ne Il Gabbiano di Cechov, Solange nel Le serve di Genet. Nella sua carriera ha spaziato dal teatro classico a quello di tradizione in vernacolo. Ha preso parte a fiction televisive come La vita rubata e Il capo dei capi. Affianca alla sua attività di attrice quella di drammatizzazione negli istituti scolastici. La Medea, Le Baccanti ed Ippolito, spettacoli da lei curati per il Liceo classico "Michele Amari" di Giarre, si sono aggiudicati il primo premio in tre edizioni del concorso teatrale Tindari Teatro Giovani. CARLO FERRERI – ATTORE Attore, regista, speaker trainer e insegnante di recitazione, Carlo Ferreri lavora professionalmente per teatro cinema e televisione dal 1990. Distinguendosi come attore poliedrico al fianco di attori del calibro di Gianrico Tedeschi, Giuseppe Pambieri, Pippo Pattavina, Daniela Mazzuccato, Luigi Lo Cascio, Claudio Gioè, Giorgio Tirabassi, Tuccio Musumeci, Luca Zingaretti, Luigi Burruano, Elio Germano, Mita Medici, Valeria Ciangottini, lavora per molti anni stabilmente in compagnie primarie come lo Stabile di Trieste, lo Stabile di Catania, gli Artisti Associati di Gorizia, girando in tournèe nazionali e diretto dai più 14


importanti registi viventi italiani, come il maestro Antonio Calenda, Armando Pugliese, Lamberto Puggelli, Franco Però solo per citarne alcuni. Decine le partecipazioni in cinema e tv, diretto da grandi maestri quali Marco Tullio Giordana, Enzo Monteleone, Gianluca Tavarelli in film tv come “I 57 giorni”, “Il capo dei capi”, “Borsellino”, “Una sola debole voce”, “I cento passi”, “Il giovane Montalbano”. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti con il ruolo protagonista nel mediometraggio “Motore!” di Alessandro Marinaro (vincitore de “La 25.ma ora” di la7 e come miglior attore al Quadra FilmFest). Impegnato come protagonista di alcuni importanti spot nazionali come quello del Calcio Catania o per la Galbani, inoltre protagonista nei panni di Mauro per il film di Alessandro Di Robilant “Mauro c’ha da fare” finito di girare da poco, che uscirà il prossimo anno. È anche impegnato in alcune regie teatrali di grande successo, come per lo spettacolo pluripremiato “Morir di fama” di e con Evelyn Famà e “Libero Amleto” con Saro Minardi. Da due anni è consulente artistico del prestigioso Teatro Donnafugata.

EVALYN FAMA’ - ATTRICE Evelyn Famà comincia come danzatrice. In seguito, diplomandosi all’Accademia d’arte Drammatica Umberto Spadaro del Teatro Stabile di Catania, affina qualità interpretative e canore. Il suo curriculum d’attrice riporta nomi di registi di fama internazionale come: Marco Baliani, Jean Claude Penchenat, Eimuntas Nekrosius, Luca Ronconi, Lamberto Puggelli, Alvaro Piccardi, Franco Però, Armando Pugliese, Michele Mirabella… Vince, nel 2001, il “Premio Internazionale Salvo Randone“ (SR) e nel 2004 il premio “Hystrio alla vocazione” (MI). Tra le tournée nazionali con spettacoli di successo citiamo “Chantecler” (vincitore di 3 premi olimpici del teatro), “La Lunga vita di Marianna Ucria” ed “Ecuba” con il ruolo di Polissena al fianco di Paola Gassman. Veste anche i panni di Alda in “Tra vestiti che ballano” di Rosso di San Secondo con Ida Carrara, Mirra in “Mirra” di V.Alfieri, Jane Hopcroft in “Natale in cucina”. Per il cinema e la televisione interpreta, diretta da G. Albano, il ruolo di Palmira Frisone, nel film Rai “Il Figlio della luna”. È protagonista femminile in numerosi cortometraggi comico grotteschi, tra cui il pluripremiato “Italian Comics” di A. Marinaro. Ha lavorato per Sky, attrice comica nella sitcom “Phone center Brambilla” (Jimmy channel) e nel cast di “Bambine Cattive” per 8 puntate andate in onda su Comedy Central. Protagonista dello spot per la campagna abbonamenti Calcio Catania 2008 e della Lidl 2013 (arance), quest’ultimo diretto da Luca Lucini. Interpreta un cameo per il film “Motore” Vincitore de “la 25ma ora” in onda su “La7”. Dal 2007 replica il suo monologo comico “Morir di fama”, regia Carlo Ferreri, riscuotendo successo di critica e pubblico. 15


Rappresentato anche in stagione allo storico Teatro Cafè Sconcerto di Venezia in collaborazione con Zelig. Con pezzi tratti dal suo show Evelyn ha vinto la 18ma edizione del Festival Nazionale del Cabaret di Torino ed il Premio Ernst Thole per l’interpretazione più originale 2009. Al Premio Calandra 2010 (Tuglie, Lecce) ha ottenuto una menzione speciale (motivazione “...per la sua straordinaria interpretazione...”) e le assegnano anche il prestigiosoPremio Rubens - i grandi siciliani nel mondo. Ha lavorato da protagonista in coppia comica con il popolare attore Nino Frassica nel film “Un Milione di giorni” di Manuel Giliberti interpretando il ruolo di Carmelina (premio Chaplin), nella docufiction “La Voce del corpo” di Luca Vullo, riconosciuto Film d’essai, e nel film di Alessandro Di Robilant “Mauro c’ha da fare” (prossimamente nelle sale). Ha lavorato con Tullio Solenghi e Maurizio Micheli nell’Operetta “Il Pipistrello” di Strauss, interpretando un ruolo da mezzo soprano: la "ballerinetta dell'opera" Ida.

ALFIO ZAPPALA’ - ATTORE Alfio Zappalà, attore, performer e organizzatore eventi teatrali, inizia la sua formazione artistica alla Scuola D’Arte Drammatica “Umberto Spadaro” del Teatro Stabile di Catania, sotto la direzione del regista di prosa e di lirica Lamberto Puggelli. Nel suo percorso di formazione ha studiato con molti nomi del panorama teatrale di ieri e di oggi passando dallo studio della parola e del verso con Massimo Foschi, Umberto Ceriani e Franca Nuti, allo studio della voce e della musica con Lidia Stix, Filippo Piccolo e Carlo Insolia, al lavoro sul corpo con Donatella Capraro, Gilles Coullet, Silvana Lo Giudice, Cosmin Manulescu e Roberto Zappalà, alla Commedia dell’Arte con Ferruccio Soleri, al Mimo con Marise Flash, alla scherma col Maestro d’Armi Renzo Musumeci Greco, al teatro siciliano con Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina fino ad incontrare i protagonisti del teatro europeo e contemporaneo Kalamandalan Karunakaran, Mamadou Dioume, Ewa Benesz e Jean Paul Denizon. Ha inoltre studiato la cultura teatrale con docenti del calibro di Dario Del Corno, Guido Nicastro, Fernando Gioviale, Rita Gari e Sarah Zappulla Muscarà. A teatro è stato diretto fra gli altri da registi come Lamberto Puggelli, Guglielmo Ferro, Mamadou Dioume, Walter Manfrè, Giovanni Anfuso, Rosario Minardi, Elio Gimbo, Gianni Salvo, Antonella Caldarella e dalle coreografe Donatella Capraro e Maria Grazia Finocchiaro. Ha lavorato tra gli altri affianco ad attori come Massimo Foschi, Mariella Lo Giudice, Anna Malvica, Pippo Pattavina, Bruno Torrisi, Luana Toscano, Rosario Minardi e Salvo Piro. Ha inoltre collaborato con diverse Compagnie, di prosa e di teatro danza, siciliane e nazionali. Per il cinema, la televisione e la radio ha preso parte fra gli altri al cortometraggio “My name is Sid” premiato alla 68° Mostra del Cinema di Venezia, sezione Controcampo, per il soggetto e la sceneggiatura di Ottavio Cappellani con la regia Giovanni Virgilia; è stato 16


coprotagonista dello Spot pubblicitario per la Fondazione Siciliana per L’Autismo; ha preso parte alla realizzazione del programma radio Diari dal Fronte prodotto da ONG Alisei, Cric di Milano e Ministero Affari Esteri. Nel suo percorso personale predilige lo studio e la ricerca sul corpo, inteso come strumento di espressione capace di amalgamarsi alla parola per ritrovare l’originaria espressione dell’anima nell’ “unos” CORPOVOCE. In tale direzione volge la propria ricerca artistica. Ha promosso la nascita dell’ Associazione Culturale “ArchiDrama - Architetture teatrali per lo sviluppo territoriale” e ne è a tutt’oggi il Presidente. Con ArchiDrama fa parte del Consorzio “Omegatre - Spazi d’arte essenziali”, per cui è referente delle attività teatrali del Centro ION di Riposto.

IRENE TETTO - ATTRICE Irene Tetto nasce a Catania nel 1985. Dopo la formazione classica al liceo “M. Amari” di Giarre (CT), si Laurea presso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere e contemporaneamente inizia il percorso presso la Scuola d’Arte Drammatica “Umberto Spadaro” del Teatro Stabile di Catania, dove frequenta seminari ed incontri con artisti come Lamberto Puggelli, Dario Fo, Jean-Paul Denizon, Vincenzo Pirrotta, Juan-Diego Puerta-Lopez, Giovanni Anfuso, Donatella Capraro, Francesco Maria Crudele, Gianpiero Borgia, Ottavio Rosati ed altri. Diplomatasi nel 2011, lavora presso il Teatro Stabile di Catania con Leo Gullotta, Fabio Grossi, Vincenzo Pirrotta, Giuseppe Dipasquale, Mariella Lo Giudice, Ida Carrara, Lucia Sardo, Guglielmo Ferro, Magda Mercatali, Pippo Pattavina, Marcello Perracchio, Ileana Rigano e altri. Alcuni titoli sono “Sogno di una notte di mezza estate” (in tournée nazionale), “I giganti della montagna”, “Il Drago”, “La nave delle spose”, “Sicilian Tragedi”, etc. Dal 2005 collabora con la compagnia catanese “Buio in Sala”, diretta da Giuseppe Bisicchia e Massimo Giustolisi, con cui porta in scena “L’importanza di chiamarsi Ernesto”, “Un curioso accidente”, “Sogno di una notte di mezza estate”, “Pierre et Jean”, “Così è (se vi pare)”, “Glaucu”, “Scuola per mariti”, “La pianta della parola” e, per l’Ass. Pi. Da. le fiabe musicali “Il Pifferaio Magico”, “Il Principe Ranocchio” e “Il lago dei cigni”. Insieme alla compagnia palermitana Tea(l)tro vince il Premio Giuria Giovani ed il Premio del pubblico al Festival Internazionale Fantasio Piccoli con una riduzione di “Sogno di una notte di mezza estate” per la regia di Francesco Romengo. Prende parte ad installazioni artistiche presso il Museo Fondazione Puglisi-Cosentino nelle esposizioni “Carla Accardi. Segno e Trasparenza” e “Burri e Fontana. Materia e Spazio”.

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Partecipa come performer per varie manifestazioni in collaborazione con l’Università di Catania, quali “Parole in versi per l’Unità”, “La settimana della cultura”, “Fare memoria – L’infinito”, “Il Verso Presente”, “Teatri Riflessi”, etc.

EUGENIO PATANE’ - ATTORE Eugenio Patanè è nato a Catania nel 1980 e vive a Riposto, uno dei più storici e caratteristici paesi marinari dell’area jonico-etnea. Durante gli anni del liceo avviene il primo incontro con la recitazione grazie alla frequentazione dei laboratori teatrali diretti da Antonio Caruso e Donatella Marù. Ha poi seguito seminari testuali (Sull’arte dell’Attore. Immaginazione, emozione e sentimento di Nilla Zaira D’Urso; Il teatro e il suo doppio di Antonin Artaud; Pietre d’acqua. Taccuino di un’attrice dell’Odin Teatret di Julia Varley; L’attore invisibile di Lorna Marshall e Oida Yoshi; Hamlet dal testo alla scena a cura di Mariangela Tempera; Teoria del dramma modernodi Peter Szondi; Storia del teatro inglese dalle origini al 1660 di Anna Anzi; Alfabeto Pirandelliano di Leonardo Sciascia; L’educazione Teatrale di Vittorio Gassman e Luciano Salce; L’amante inanimato di José A. García Blázquez; Libri da ardere di Amélie Nothomb), stage teatrali (Dal testo alla scena, dalla scena al testo. La lezione di Eugène Ionescodiretto da Pippo Pattavina e Anna Malvìca presso il Teatro Stabile di Catania; Testi teatrali: la lettura, la messinscenaeBollettino dei naviganti verso il 2000di Antonio Caruso e Donatella Marù; Otto anime in movimento di Giovanni Volpe; Doppia Scena. Incontri pomeridiani del Teatro Stabile di Catania al Dipartimento di Scienze Umanistiche dell'Università degli Studi di Catania, nell'ambito del Protocollo d'intesa stretto tra lo Stabile e l'Ateneo), il workshop di Cinema (2005) durante il Volcano Film Festdi Torre Archirafi (CT) e il mini Master di alta formazione in recitazione cinematografica diretto dalla regista e produttrice RAI, Rossella Izzo (2012). Fra gli spettacoli cui ha preso parte, ama ricordare: Romeo e Giulietta e Amleto di William Shakespeare; Spirito allegro di Noel Coward; L’uomo, la bestia e la virtù;Pensaci Giacomino, L’uomo dal fiore in bocca,Cecè e i Dialoghi del Gran Me e del piccolo me di Luigi Pirandello; Sabato, Domenica e Lunedì di Eduardo De Filippo;Cavalleria rusticana, I Malavoglia, La caccia al lupoe I misteri del fantasma di Trezza di Giovanni Verga; Trappola per topi di Agata Christie; Trame d’Adulterio, Pirandello in cerca di personaggi di Anna Pavone; Ballata Saracena, la leggenda di Hela e di Kirbidi Pino Correnti;Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare di Luis Sepúlveda; Insania universale: Intervista alla follia di Dario Consoli; Il tabacco fa male di Anton Cechov; Scupa! di Guglielmo Ferro; Cuore di Carne di Giovanni Volpe e Maurice Ravel, il fanciullo del ’900 a cura del M° Claudia Patanè e dell’Orchestra Sinfonica Giovanile del Mediterraneo. 18


È stato anche organizzatore, collaboratore o consulente scenico di varie iniziative culturali, allestimenti artistici e reading letterari. Tra questi: Io sempre di te scrivo;Sulla ripa del cielo stellato… Omaggio ad Alda Merini; E sto abbracciato a te… Incanti di Pedro Salinas; L’uomo e il mare, da Melville ad Ibsen; Per un istante d’estasi – Vita e mistero di Emily Dickinson. Ha partecipato ai Film-Documentari: Provini d’Amore (Viaggio in Sicilia per capire l’Italia), prodotto nel 2008 e diretto da Danilo Monte e Cristiano Zuccotti; Unfinished Italy prodotto nel 2010, per la regia di Benoît Felici. Autore di poesie, monologhi e brevi racconti pubblicati in antologie e raccolte nazionali, Eugenio Patanè si occupa soprattutto di letture interpretative, in occasione di eventi culturali o spettacoli. Fra le presentazioni di libri, ricorda gli Autori: Anna Vasta; Giuseppe Giglio; Massimo Onofri; Francesco Zarzana; Claudio Bagnasco; Pasquale Musarra; Maria Allo; Grazia Calanna; Calogero Restivo; Anna Pavone; Salvatore Statello. Nel 2010 ha compilato la prefazione alla silloge Dall’Invettiva all’Io e nel 2011 la postfazione Fino a farsi Luce alla silloge Attestati di Morte di Giuseppe Ligresti (Rupe Mutevole Edizioni). Dal 2008 collabora con varie associazioni o consorzi, per la promozione della lettura e per la diffusione della cultura letteraria.

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