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Le scuole al tempo della pandemia / Massimo Castellani
LE SCUOLE AL TEMPO DELLA PANDEMIA
di Massimo Castellani
PAROLE CHIAVE: PANDEMIA, CORONAVIRUS, DIDATTICA A DISTANZA, E-LEARNING, VIDEOCONFERENZA.
L’emergenza legata al COVID 19 ha colto impreparato tutto il mondo, anche quello della scuola. In che modo hanno reagito le istituzioni scolastiche italiane? La risposta è stata omogenea, adeguata, tempestiva? Cosa è stato fatto e cosa si può ancora fare?
Sì, proprio “Le scuole” e non “La scuola” al tempo della pandemia da COVID-19, l’uso del plurale nel titolo di questo breve scritto non è casuale. La risposta che la scuola italiana ha saputo e potuto dare in occasione dell’emergenza Coronavirus è stata infatti assai disomogenea, spesso tardiva, a volte inadeguata. Non possiamo parlare quindi della reazione della scuola nel suo complesso, ma piuttosto analizzeremo i molteplici modi in cui gli Istituti Comprensivi italiani hanno dato risposte a questa emergenza educativa e cercheremo di capirne le ragioni. Ma analizziamo cosa è successo. Il “ciclone” COVID-19 ha travolto in tempi rapidissimi il mondo intero. A partire da novembre 2019, quando venne registrato in Cina il primo caso di contagio accertato, il virus in pochi mesi ha fatto il giro del mondo, contagiando milioni di persone e causando decine di migliaia di morti. È impossibile al momento fornire numeri certi e definitivi perché il virus purtroppo è ancora lontano dal terminare la sua corsa e un vaccino è ancora lungi dall’essere disponibile. Dinanzi a questa vera e propria catastrofe, classificata dall’OMS come pandemia solo lo scorso 11 marzo, si sono fatti trovare impreparati, chi più chi meno, tutti i paesi del mondo, compresi quelli più avanzati. Il virus ha stravolto sistemi sanitari, compromesso realtà economiche e industriali, fatto vacillare bilanci statali e, soprattutto, si è portato via tante, troppe vite umane. La scuola italiana, non poteva essere altrimenti, si è trovata – come tutto e tutti – impreparata ad affrontare l’imprevista e imprevedibile situazione di emergenza. In particolare, con la chiusura di tutte le scuole disposta dal governo a partire dal 4 marzo, gli istituti scolastici si sono trovati davanti al problema della prosecuzione dell’attività didattica. Sebbene
le prime disposizioni emanate dal MIUR non delineassero chiaramente la strada da seguire e nelle successive direttive venivano indicati possibili percorsi operativi senza alcuna prescrittività, fu subito evidente che solo ricorrendo alla didattica a distanza (DaD) si sarebbe potuto contrastare il ciclopico problema con cui la scuola veniva chiamata a confrontarsi: una DaD attivata da chi, in quale modo, con quali strumenti? Alcune istituzioni scolastiche, non tantissime in verità, le risposte a queste domande le hanno trovate abbastanza facilmente e velocemen
te. Università e Istituti di Scuola secondaria superiore infatti, vantando generalmente esperienze pregresse nella formazione a distanza e nell’utilizzo di piattaforme e-learning, si sono attivati in tempi rapidi, potendo contare anche su due fattori di importanza non secondaria: la presenza all’interno del proprio organico di persone – docenti e/o ATA - con competenze tali da favorire l’avvio della didattica a distanza e un bacino di utenza costituito da studenti sostanzialmente già dotati di strumenti e conoscenze adeguate. A livello di Scuola primaria e Scuola secondaria di I° grado le cose sono andate in maniera diversa. Pochi Istituti Comprensivi infatti, hanno in organico personale con competenze tali da consentire non solo l’avvio rapido della didattica a distanza, ma anche la valutazione delle soluzioni più adeguate da adottare che, in questi casi, possono essere le più disparate. Dopo un primo periodo di comprensibile disorientamento, durato qualche giorno e a volte qualche settimana, questi istituti scolastici hanno adottato soluzioni estremamente diversificate, spesso cogliendo una delle opportunità offerte da “Solidarietà digitale” (https://solidarietadigitale.agid. gov.it/). Questa iniziativa del Ministero per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione, attuata con il supporto tecnico dell’Agenzia per l’Italia Digitale, è stata creata con lo scopo di ridurre l’impatto sociale ed economico del Coronavirus, grazie a soluzioni e servizi innovativi messi gratuitamente a disposizione da numerosi enti e aziende. Tra le tante opportunità ve ne sono alcune certamente utili alla realizzazione di servizi di didattica a distanza. Si tratta generalmente di software proprietario le cui
licenze d’uso vengono concesse a titolo gratuito per un periodo limitato, di solito non superiore a tre mesi. Tra quelle che hanno suscitato maggiore interesse e che sono state adottate da numerose scuole spiccano Gsuite di Google e Microsoft Teams. Soluzioni offerte da alcune società, partner delle due aziende big della tecnologia, le quali mettono a disposizione anche il necessario supporto per l’implementazione e l’avvio delle piattaforme. In questo modo, cogliendo l’opportunità di utilizzare in tempi ragionevolmente brevi piattaforme come le ultime citate, molte scuole sono riuscite ad avviare la didattica a distanza e quindi hanno risolto un problema certamente rilevante. Altri problemi tuttavia, non del tutto secondari, rimangono aperti. Che cosa succederà allo scadere del periodo d’uso gratuito? Che fine faranno i materiali dei docenti, gli elaborati degli alunni e tutti i dati caricati nelle piattaforme? Quali dati degli utenti vengono trattati dalle società fornitrici dei servizi di didattica a distanza e quali implicazioni per la privacy tutto ciò può avere? È eticamente corretto, inoltre, che la
scuola pubblica adotti l’uso di piattaforme proprietarie le quali promuovono, a loro volta, l’utilizzo da parte degli utenti di propri software per i più svariati usi (elaborazione di testi, fogli di calcolo, presentazioni, ecc.)? Più in generale: è possibile per le scuole fare didattica a distanza, senza dover necessariamente utilizzare software proprietario e tantomeno ricorrere ai cosiddetti GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft)? La risposta è affermativa e non è neppure troppo difficile a essere individuata. È bene sapere che in numerosi paesi del mondo, già da molti annui, scuole e università utilizzano soluzioni e-learning open source, quindi libere e gratuite. Piattaforme come Moodle, Claroline, Atutor, Dokeos, tanto per citarne alcune, sono infatti quotidianamente e proficuamente utilizzate per l’erogazione di corsi a distanza da prestigiosi atenei e istituti scolastici. Sono piattaforme che, essendo utilizzate da tempo (a volte decenni), da migliaia di istituzioni scolastiche e da milioni di utenti, risultano oramai così ampiamente calibrate e collaudate da garantire
la migliore riuscita della formazione a distanza. Ma cosa deve fare un Istituto scolastico per poter utilizzare una di queste piattaforme? In realtà non molto. Ogni scuola che ha un proprio sito internet (praticamente tutte) molto probabilmente dispone già, delle risorse necessarie: uno spazio web adeguato e un database. Il software, essendo open source, non rappresenta un problema, perché è liberamente scaricabile da internet. Anche l’installazione non rappresenta un grosso problema e se nella scuola non c’è nessuno in grado di farla, non sarà difficile trovare un soggetto esterno con le necessarie capacità. In questo modo, utilizzando una soluzione open source, installata nel proprio server, tutti i dati degli utenti, le lezioni dei docenti,
gli elaborati degli studenti e quant’altro non si troveranno sparsi in chissà quale data-center di chissà quale paese, ma saranno all’interno della macchina o quantomeno dello spazio web della scuola. C’è una cosa però che generalmente manca a queste piattaforme. Si tratta della funzione di videoconferenza, per la quale è necessario appoggiarsi a servizi esterni. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un bivio: soluzioni proprietarie o open source? Quelle open source sono sempre libere e gratuite, quelle proprietarie solo a certe condizioni. Tuttavia mentre le prime ci danno adeguate garanzie di rispetto della privacy, le seconde non sappiamo se e quanto svolgano attività di profilazione degli utenti. Questa questione, certamente non secondaria, deve essere attentamente valutata dalle scuole e può essere risolta utilizzando videoconferenze libere e gratuite, open source. Ma queste ultime possono essere davvero delle valide alternative a Cisco Webex, Zoom, Google Meet, ecc.? Anche in questo caso la risposta è affermativa. Videoconferenze come Jitsi Meet, Multiparty Meeting, BigBlueButton - per fare degli esempi - rappresentano delle eccellenti soluzioni opensource che ben si prestano a soddisfare le esigenze delle scuole che vogliono fare didattica a distanza. Le scuole che volessero seguire questa strada non
avrebbero poi neanche la necessità di cercare server e personale capace di installare il software. Potrebbero utilizzare – in forma assolutamente gratuita - la piattaforma iorestoacasa.work, realizzata in Italia, a Fabriano, da un gruppo di professionisti di beFair (https://befair.it) e dall’associazione PDP Free User Group (https://pdp.linux.it). Attorno a questa iniziativa - alla quale in breve tempo hanno aderito molti enti e aziende, tra cui GARR e CNR - si è formata una corposa community di tecnici che volontariamente e gratuitamente mettono a disposizione le proprie competenze. Al momento iorestoacasa.work dispone di oltre 50 server e offre servizi di videoconferenza basati su Jitsi Meet e Multiparty Meeting. Le scuole, gli insegnanti che hanno necessità di attivare una videoconferenza non devono fare altro che collegarsi alla piattaforma. Immediatamente, viene loro inviato un codice da condividere con gli altri partecipanti e la videoconferenza può iniziare. Le risorse, gli strumenti, le opportunità, che servono alle scuole per svolgere la didattica, sono quindi disponibili e reperibili senza grossa difficoltà. L’importante è operare la scelta della soluzione migliore in maniera oculata e consapevole, valutando il pro e il contro delle diverse alternative. A questo proposito, oltre a un piano nazionale di formazione per i docenti sulla didattica a distanza, sarebbe certamente opportuna e auspicabile, da parte del MIUR, l’emanazione di precise e chiare linee guida affinché le istituzioni scolastiche cessino di percorrere innumerevoli strade diverse, senza giungere mai a destinazione.
Sitografia
PIATTAFORME E-LEARNING • Atutor https://atutor.github.io • Chamilo https://chamilo.org • Claroline - http://www. claroline.net • Docebo http://www.docebo.com • Dokeos http://www.dokeos.com • Forma LMS https://formalms.org • ILIAS http://www.ilias.de • Moodle https://moodle.org • OpenOLAT http://openolat.com PIATTAFORME DI VIDEOCONFERENZA • Iorestoacasa http://iorestoacasa.work • Jitsi Meet http://meet.jit.si • BigBlueButton https://bigbluebutton.org
MASSIMO CASTELLANI

Dopo un’esperienza pluriennale nel settore ICT di un’azienda multinazionale, si è dedicato all’insegnamento, con particolare interesse per l’introduzione delle nuove tecnologie nella scuola di base. Si è occupato del coordinamento tecnico e della formazione informatica nell’ambito di vari progetti ministeriali e reti di scuole. È stato docente a contratto di “Laboratorio di tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento” presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Urbino. È stato docente di “Open Source e flessibilità progettuale nella didattica” nel master in “E-learning management” promosso e organizzato dall’Università Politecnica delle Marche e dall’Università di Urbino.