Globalizzazione I confini della Politica Globalizzazione I confini della Politica
Alchimie umane: l’unione fa la forza
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Eleonora Valli · evalli@eidosmedia.ch
Hanno collaborato a questo numero
Ettore Accenti, Achille Barni, Ignazio Bonoli, Carlo Hildenbrand, David Mülchi, Giorgio Panzera, Stelio Pesciallo, Gianluigi Piazzini, Marco Robbiani
Progetto e coordinamento grafico grafica@eidosmedia.ch
Pubblicità
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Chiusura redazionale: 2 settembre 2022
Fondato nel 1989 da Valerio De Giorgi
ISSN 1664-3798 EIDOS GRAY #8a8d8e C:0 M:0 Y:0 K:57 R:137 G:140 B:142 PANTONE 877 EIDOS RED #e4002b C:0 M:100 Y:80 K:0 R:228 G:0 B:43 PANTONE 185
Un nuovo progetto è iniziato, e nell’arco dei prossimi numeri le novità prenderanno una forma sempre più chiara, in queste pagine e soprattutto in altri canali. In un mondo che cambia il cambiamento stesso deve, seppur con gradualità, essere compreso e accolto.
In questo numero di tarda estate, invece, al centro dell’analisi si trova la globalizzazione, o meglio, l’inizio della sua fine. Fenomeno economico e geopolitico che ha segnato un’epoca, e il cui unico obiettivo dichiarato e ampiamente condiviso era creare benessere e sviluppo, è oggi venuto meno, non essendoci più quel consenso necessario. Da un lato la Politica è tornata a palesarsi, dando seguito al suo lento risveglio iniziato nel pieno dei mesi dell’emergenza sanitaria, dall’altro una rinnovata e forte instabilità macroeconomica sta imponendo decisioni, il più delle volte irrazionali, che si tradurranno presto in difficoltà tutte autunnali. Oggetto del dibattito è però se la sua fine coincida con l’inizio della deglobalizzazione, o se semplicemente si entri in una zona grigia dalle dubbie conseguenze.
Parallelamente, a latitudini più vicine: prosegue il rapido ma certamente non semplice riorganizzarsi della Piazza finanziaria elvetica, ancora una volta segnato da quali risultati possano scaturire dalle semplici ‘alchimie’ tra le persone; sono però mesi anche di importanti anniversari, le Ferrovie Federali Svizzere, emblema e orgoglio nazionale, all’estero un po’ invidiato festeggia i 175 anni di storia e guarda al futuro. Dall’altra, in quell’ambito parimenti rappresentativo dell’alta orologeria svizzera, il Royal Oak, segnatempo dalla forma iconica, supera con puntualità il mezzo secolo di esistenza. Da ultimo prosegue il viaggio, questa volta sulle orme di Lucio Munazio Planco, a buon diritto considerato il fondatore di quella che a distanza di diversi secoli sarebbe poi divenuta l’attuale Svizzera.
La Redazione Editoriale
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Cover Story p. 28
E la globalizzazione?
L’aprirsi dell’economia mondiale ha segnato il modello di sviluppo degli ultimi anni. Cosa succederebbe se improvvisamente tale motore venisse meno? Sullo sfondo resta però il tema irrisolto delle materie prime. Dove prenderle?
Opinioni
16 Ettore Accenti . L’era della geotermia potrebbe essere infine giunta a una svolta. Ma basterà?
18 Stelio Pesciallo. L’attenzione del Consiglio Federale è caduta sul Trust. Novità in arriva per la Piazza?
20 Ignazio Bonoli (in foto).
È sempre vero che abbassare le tasse causi un calo del gettito fiscale? In Svizzera sembra sempre più spesso il contrario, ma com’è possibile che questo accada?
22 Marco Robbiani. Il diritto successorio cambia corso, da gennaio entrerà infatti in vigore la recente revisione, tanto agognata quanto attesa da tutti.
24 Carlo Hildenbrand. Proseguono le difficoltà alle catene di fornitura, con conseguenze sulla produzione.
Economia
42 Testimonianze. Molto peculiare è la dimensione e il ruolo che Andorra è riuscita a ritagliarsi in molti settori, dall’immobiliare, agli investimenti, oltre alla tecnologia.
54 Analisi. Cosa emerge da una recente indagine sul fenomeno del lavoro da remoto? L’accademia incontra l’economia.
Da sinistra, Roman Bättig e Andrea Conti, responsabili Macro research di Banca Cantonale dei Grigioni, e di Eurizon, Dennis Brandes, economista di Deloitte, e Yang Jing, già vice Direttrice ufficio della scienza di Guangdong.
Osservatorio
83 Sfama. I risultati dell’industria svizzera dei fondi
86 Energia (Roberto Cerratti, in foto). Nei mesi dell’emergenza si riaccende il dibattito sul nucleare.
80 Macro . L’epoca dei tassi d’interesse negativi potrebbe essersi infine chiusa.
84 Settori. La cybersecurity è uno di quei settori che nei prossimi anni non conoscerà crisi, ma in cosa investire e soprattutto quando farlo? Dipende, dall’ambito.
87 Previdenza. Casse pensioni hanno registrato pesanti perdite durante il primo semestre dell’anno. Quindi?
90 Strategie. Un ambiente altamente inflativo premierà nuovamente i mercati azionari, che rimbalzeranno
92 Tematici. Lo spazio sarà sempre più popolato?
56 Formazione. L’allenza con università e associazioni apre alle Pmi la via all’innovazione colmando il gap formativo e finanziario.
Immobiliare
60 Opinione. Il valore locativo sembra ancora una volta destinato a sopravvivere agli ennesimi dibattiti che animano le aule parlamentari.
66 Analisi. Lievitano i costi del mercato delle ipoteche, è forse tempo di iniziare a interessarsi a quali siano tutti gli altri potenziali strumenti di finanziamento, senza preconcetti. Il mercato non è monotematico.
68 Eventi. Una manifestazione giovane ma molto frizzante continua a fare bene, e mercato e istituzioni rispondono positivamente. Al via a fine settembre una novità.
6 · TM Settembre 2022
2022
sommario agosto/ settembre
Ferrovia, sul giusto binario p. 44
Protagonista del trasporto svizzero da 175 anni, la ferrovia affronta le sfide di flessibilità e fluidità per una mobilità futura sostenibile e integrata. A lato, Vincent Ducrot, Ceo delle Ferrovie Federali Svizzere.
Gioco d’interessi p. 62
Nonostante la crescita del costo delle ipoteche, il mercato delle abitazioni di proprietà continua a registrate forte domanda. A lato, Michel Fleury, economista di Raiffeisen Svizzera.
Icona, iconoclasta p. 100
Ispirato alla rivoluzione degli anni Settanta, il Royal Oak festeggia il mezzo secolo di storia. Un design che ha stravolto i canoni estetici. In foto, Audemars Piguet, Royal Oak extra-piatto flying tourbillon automatico.
Finanza
72 Analisi. Quella del Canton Turgovia è un’economia ancora fortemente manifatturiera, destinata a rimanerlo. Ma i servizi?
78 Sostenibile . L’impatto che gli stessi investimenti possono generare non sia più trascurato.
80 Filantropia. Terzo settore: è già quasi tempo di esplorare il Quarto?
La salute dell’oro
Il gioiello Made-in-Italy continua a poter vantare artigianalità e tradizione, e guarda alla Svizzera. A lato, Jérôme Favier, Ceo di Damiani Group. p.50
Nasce una nuova realtà nel mondo della Gestione che mira in pochi anni a segnalarsi tra i primi attori del settore.
A lato, Patrick Ferrari, Ceo di Woodman Am. p.74
Turismo p.114
Alla scoperta di siti archeologici e musei che valorizzano i ritrovamenti di epoca romana nel territorio svizzero, testimonianze di un’essenziale svolta economica e culturale.
In foto, l’anfiteatro di Aventicum.
Arte e Società
104 Mostre. I manifesti pubblicitari del settore orologiero raccontano di un tempo passato, ma che è ancora incredibilmente presente
106 Mostre . Il britannico David Hockney è l’attuale protagonista del Kunstmuseum di Lucerna, un omaggio a uno degli artisti contemporanei più innovativi e di successo.
122 Auto. L’Europa si conferma essere il mercato di punta dell’elettrico.
Rubriche
12 Appuntamenti
98 Boutique
110 Lac
124 Auto
126 Business
Settembre 2022 TM · 7
Nel Penta
Vienna
Basquiat. Segni e Simboli
Forse nessun altro artista si avvicina a rappresentare gli anni ’80 e la pulsante scena artistica newyorkese di quel decennio come Jean-Michel Basquiat. Nato a New York nel 1960 da padre haitiano e madre portoricana, scappò di casa a 17 anni, inizialmente facendosi strada come artista di graffiti e vivendo alla giornata. Non passerà molto tempo, prima che inizi la sua rapida ascesa. Stringe un sodalizio con il suo idolo, Andy Warhol, entrando nel gruppo creativo della Factory. Il valore delle sue opere aumenta rapidamente; nel 1982 diventa il più giovane partecipante a Documenta 7 e il primo artista di fama mondiale con radici afroamericane e caraibiche. Non riuscirà però a godersi la
fama: a soli ventisette anni scompare per un’overdose.
La fulminea carriera di Basquiat può sembrare una sorta di fast-forward attraverso un film pieno di sequenze in cui il protagonista interagisce con gli artisti più significativi della sua epoca. Tuttora l’opera di Basquiat rimane attuale più che mai, pionieristica e visionaria. I suoi lavori puntano i riflettori sia sull’eredità africana sia sulle gerarchie sociali, con il razzismo tematica onnipresente e personalmente sentita. Come outsider eccentrico e superstar sfruttata del suo tempo, Basquiat si colloca tra le figure chiave più significative dell’arte contemporanea.
La mostra all’Albertina Museum di Vienna presenta una cinquantina di sue
L’eccentrico talento del genio della streeet art Jean-Michel Basquiat, scomparso a soli 27 anni. A sinistra, una sua opera senza titolo, del 1982, 76,2 x 55,8 cm, acrilico e olio su carta.
importanti opere provenienti da rinomate collezioni pubbliche e private, fornendo nuovi spunti di riflessione su un linguaggio visivo unico e decodificando la sostanza delle sue idee artistiche.
Albertina Museum
Lu-Do, 10-18; Me e Ve, 10-21 Fino all’8 gennaio 2023
Berna Isamu Noguchi
È un approccio interdisciplinare che unisce arte e design quello di Isamu Noguchi (1904-1988), un lavoro caratterizzato dalla ricerca del legame tra arte e vita. Un talento universale, che si spinge oltre la scultura per abbracciare la scenografia, la progettazione di mobili, l’illuminazione, l’arredamento d’interni e l’allestimento di piazze e giardini. Per lui non si trattava di realizzare oggetti unici per gallerie e musei, ma di creare oggetti e spazi per la società. Ha realizzato progetti in tutto il Nord America e in Europa, Giappone e Israele, compiendo numerosi viaggi. Nelle sue creazioni combina ispirazioni provenienti da culture antiche e contemporanee. I giardini giapponesi, un sito astronomico in India o i tumuli delle culture preistoriche nordamericane trovano un’eco nell’opera di Noguchi, così come l’arte astratta del primo Novecento oil movimento del surrealismo.
A seconda del momento e del luogo, lavora con un’ampia varietà di materiali come pietra, legno, metallo, plastica, ceramica, carta e componenti elettrici, utilizza sia tecniche artigianali tradizionali che industriali moderne. I mobili di Noguchi, creati negli anni Quaranta e Cinquanta, sono diventati un classico del design.
La retrospettiva proposta dall Zentrum Paul Klee di Berna, fino all’8 gennaio, è la prima grande mostra in Svizzera che presenta tutte le sfaccettature della pratica artistica non categorizzabile del grande maestro nippo-americano.
Zentrum Paul Klee
Ma-Do, 10-17
Fino all’8 gennaio 2023
12 · TM Settembre 2022
appuntamenti
di Mirta Francesconi
© Collezione privata, Photo: Peter Schuhböck
Zurigo
Niki de Saint Phalle
Il Kunsthaus Zürich presenta lo straordinario lavoro creativo di Niki de Saint Phalle in una retrospettiva che raccoglie un centinaio di opere: i primi assemblaggi, l’action art, la grafica, le Nanas, il Giardino dei Tarocchi e le sculture tarde di grandi dimensioni.
Tra le più grandi artiste del XX secolo, Niki de Saint Phalle (1930-2002), è diventata famosa in tutto il mondo per le sue Nanas. Queste sculture emanano una gioia di vivere apparentemente spensierata che ha plasmato l’immagine dell’artista. Ma il suo lavoro va ben oltre: eccentrico, emotivo, oscuro e brutale, umoristico, profondo e sempre stimolante. Lo spettro estremamente ampio della sua attività si rivela nella pittura e nel disegno, negli assemblaggi, nelle azioni e nelle sculture di grandi dimensioni, ma anche nel teatro, nel cinema e nell’architettura.
Fortemente interessata alle questioni sociali e politiche, ha messo in discussione le istituzioni e la classica divisione dei ruoli. Una riflessione tuttora molto attuale. I leggendari Tirs, creati negli anni ’60 nell’ambito di azioni provocatorie, hanno dato un contributo decisivo alla performance art, più che mai attuale.
Le opere selezionate per questa retrospettiva invitano a scoprire la complessità del suo lavoro dalla carica travolgente.
Per Catherine Marie-Agnès Fal de Saint Phalle, nata da madre americana e padre aristocratico francese, dopo un’in-
fanzia difficile, l’arte è stata una forza motrice e una valvola di sfogo. Lasciata la Francia per gli Stati Uniti, dove viene soprannominata Niki, presenta le sue opere in pubblico per la prima volta nel 1956, a San Gallo. La fama a livello internazionale arriva nel 1966 al Moderna Museet di Stoccolma, quando espone la sua prima scultura alla quale il pubblico poteva ac-
cedere. Hon (‘Lei’ in svedese) pesa 6 tonnellate ed è lunga circa 25 metri. Passando tra le cosce di questa donna stilizzata e reclinata, più di 100mila persone entrano nella “più grande puttana del mondo”, come la definisce Niki. All’Expo 1967 di Montreal, le voluminose Nanas di Saint Phalle brillano accanto alle macchine di Tinguely, che diventa suo compagno di vita e d’arte, malgrado fosse già madre di due figli ed entrambi fossero spostati. Spesso soggiornerà in Svizzera per mostre o per produrre le sue opere. A Friburgo si trova oggi Espace Jean Tinguely - Niki de Saint Phalle, che ne espone le principali opere.
Kunsthaus Zürich
Ma, Ve-Do, 10-18; Me-Gi, 10-20 Fino all’8 gennaio 2023
A sinistra, Isamu Noguchi, Mitosis, 1962, bronzo, 36,8 x 56,5 x 41,8 cm, The Museum of Modern Art, New York,James Thrall Soby Bequest, 1979. In alto, Niki de Saint Phalle in uno scatto di Leonardo Bezzola, Lucerna, 1969, stampa alla gelatina d’argento, 31,7 x 31,8 cm, Kunsthaus Zürich, 2009.
Settembre 2022 TM · 13
© Photo © Nachlass Leonardo Bezzola Opera © 2022 Niki Charitable Foundation, All rights reserved / ProLitteris, Zurich
© Digital image, The Museum of Modern Art, New York / Scala, Florence © Infgm / 2021, ProLitteris, Zurich
Ligornetto
Il filo di Arianna
Marcel Dupertuis
Opere 1951-2021
Nato a Vevey nel 1941 ma ticinese d’adozione, Marcel Dupertuis è una figura appartata, poco nota al grande pubblico ma di indubbio e riconosciuto talento. Artista di cultura vasta e complessa, non opera in un recinto mentale e formale condizionato da prevedibili aspettative da parte della critica o del mercato.
Sin dai suoi esordi, persegue con sensibilità e coerenza una ricerca a tutto tondo che abbraccia scultura, pittura, disegno e grafica, fotografia e letteratura: discipline declinate in tecniche e stili diversi, in una continua sperimentazione che, tuttavia, è sempre legata da un sottile e ragionato filo conduttore.
Un’opera d’arte totale cui la mostra allestita dal Museo Vincenzo Vela dà ampio spazio, privilegiando la scultura ma approfondendo attraverso puntuali rimandi anche la produzione pittorica, grafica e fotografica. Tra gli oltre 200 lavori esposti figurano anche dipinti e ceramiche inediti che illustrano aspetti della produzione dell’artista mai mostrati
Sopra, un’onirica opera di Colomba Amstutz, Senza titolo, 2021, acrilico su carta intelata, 98 x 98 cm.
A sinistra, una scultura di Marcel Dupertuis, in dialogo con gli spazi e le opere del MuseoVincenzo Vela di Ligornetto:, Figura continuum 5, Lugano, 1994, bronzo patinato, 210 × 70 × 26 cm, Massagno, Collezione privata.
prima al pubblico ma di particolare interesse ai fini della comprensione dello sviluppo del suo percorso.
Le opere esposte, solo apparentemente eterogenee, compongono un unico mosaico, in cui si esplica la poetica complessa dell’artista, in una tensione nella quale la ricerca formale non è mai disgiunta da una riflessione sui contenuti profondi dell’arte e dagli interrogativi cui un artista contemporaneo è chiamato a confrontarsi.
Il titolo della mostra - Il filo di Arianna - allude al movimento unico e continuo definito nello spazio dalle sculture di Dupertuis e, al tempo stesso, al sottile filo di Arianna che sala per sala, ‘in continuum’, accompagna i visitatori attraverso un percorso suddiviso in accenti tematici che collega un lavoro condotto sull’arco di sessant’anni.
Museo Vincenzo Vela
Ma-Ve, 10-18 (da ottobre, 10-17)
Sa-Do, 10-18
Fino al 12 febbraio 2023
Locarno
Colomba Amstutz
Una quarantina di opere riunite nello spazio espositivo Sinopia di Casa Rusca rac-
contano l’arte della locarnese Colomba Amstutz - incisora, scultrice, pittrice e artista multimediale - intrisa dei ricordi di un’infanzia segnata dal mito dell’Africa, che rendono la sua produzione unica, caratterizzata da personaggi fantastici, aleatori, effimeri che, sospesi tra mito e realtà, sembrano interrogare costantemente gli spettatori. Prendendosi gioco della realtà attraverso la poetica della pittura, realizza opere di una concretezza straordinaria.
In quel mare onirico dove nuotano sospese nel tempo e nello spazio fantastiche sagome, Colomba Amstutz compone una vera e propria opera lirica in cui coesistono speranze e tragedie. Una ‘storia aperta’ che non vuole perseguire risposte, ma, al contrario, sollevare domande, dubbi, riflessioni.
Il percorso espositivo intende accompagnare il visitatore verso l’apprezzamento della qualità delle opere di Colomba Amstutz e, al contempo, invitare a riflettere su alcuni temi legati al vissuto e alle emozioni dell’artista.
Museo Casa Rusca
Ma-Ve, 10-12 / 14-17
Sa-Do 10-17
Fino al 15 gennaio 2023
14 · TM Settembre 2022
© Marcel Dupertuis / MVV
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Gyrotron, la soluzione
Nata quasi per caso, e se una super-trivella potesse rendere disponibile ovunque la geotermia, aggirando i tradizionali problemi che avevano messo in croce tale fonte?
Al MiT di Boston si è realizzato un sistema ad onde elettromagnetiche coerenti concentrate atto ad innescare l’accensione di un plasma di deuterio a 150 milioni di gradi. Tale sistema è stato poi sperimentato per perforare rocce durissime in laboratorio, rilevando che possa perforarle senza frantumarle, dunque senza indurre sismicità.
distanza dalla superficie, dunque quasi a portata di mano, occorra disporre di qualche nuova tecnologia, ed ecco che quasi provvidenzialmente questa nuova tecnologia pare affacciarsi sul mercato, si tratta del Gyrotron.
ABasilea si è sperimentato il programma Deep Heat Mining allo scopo di verificare la fattibilità di ottenere energia pulita tramite una moderna geotermia detta Egs, Enhanced Geothermal System. Si tratta di sfruttare il calore contenuto all’interno dei primi 10 chilometri di superficie della crosta terrestre.
Si sa che in questo solo strato del pianeta il contenuto di energia termica basterebbe per soddisfare il fabbisogno umano per milioni di anni e tale energia sarebbe disponibile ovunque, anche in Svizzera.
Da anni in varie parti del mondo viene regolarmente sfruttata l’energia geotermica, ma sempre dove il magma si avvicina molto alla superficie come in Islanda e a Lardarello in Italia, mentre nella maggior parte dei casi per raccogliere energia sufficiente per generare elettricità occorrerebbe raggiungere profondità che
superano i cinque chilometri e perforare rocce calde estremamente dure.
Esperimenti di geotermia di profondità si sono realizzati in varie parti del mondo attraverso tecniche Egs e anche l’esperimento di Basilea, iniziato nel 2006, aveva come principale obiettivo il raggiungimento di profondità tali da penetrare con trivelle meccaniche rocce dure e particolarmente calde per prelevarne energia termica eventualmente sufficiente a produrre energia elettrica per il tramite delle centrali di superficie.
Il progetto, seguito anche dall’Eth di Zurigo, ha trovato ostacoli insormontabili dovuti all’attività sismica creatasi nell’area della perforazione, attività che ha allarmato le autorità costringendo a ripensare a fondo tutto il progetto.
Anche in altre parti del mondo si è constato che per accedere a questa immensa miniera di energia che alberga a poca
Ancora una volta nella storia della tecnologia si ripete il fenomeno in base al quale un progetto realizzato per un certo obiettivo si sviluppa verso direzioni imprevedibili. Lo si è visto col transistor a punte di contatto del 1947 e con la rete militare degli anni Ottanta. Il primo caso ha dato origine al mondo dei microchip di oggi, il secondo alla rete universale di internet. Ora, uno strumento ideato per innescare il plasma in una centrale atomica a fusione trova l’impensabile utilizzo per perforare rocce durissime sciogliendole anziché frantumandole.
Così facendo sarebbe infatti possibile evitare agilmente tutti i problemi della sismicità indotta dalle perforazioni meccaniche che fino a oggi hanno creato ostacoli insuperabili al raggiungimento di profondità dove ovunque nel Mondo sarebbe altrimenti possibile accedere a temperature di 300 gradi e ben oltre,
16 · TM Settembre 2022
Ettore Accenti, esperto di tecnologia. Blog: http://bit.ly/1qZ9SeK
opinioni / l’esperto di tecnologia
Un progetto di geotermia ad alta entalpia per la produzione di energia elettrica richiede la realizzazione di pozzi geotermici in rocce profonde e molto calde per portare così vapore abbastanza caldo alle turbine di una centrale termica tradizionale. A lato, il Gyrotron per perforazioni del MiT sviluppa un potente fascio di microonde elettromagnetiche coerenti concentrate, che impiegato come punta di una trivella fonderebbe la roccia senza problemi. Uno da 50 MW è capace di avanzare a una velocità di 5 metri all’ora.
quelle temperature necessarie proprio per produrre energia elettrica. Che cos’è il Gyrotron in grado di perforare rocce profonde? Produce un potente fascio di onde elettromagnetiche coerenti concentrate e nasce al Mit di Boston (Massachusetts Institute of Technology) nell’ambito degli esperimenti nel laboratorio del Plasma Science and Fusion Center dove si cercava di creare uno strumento sufficientemente potente per innescare la fusione nucleare di atomi di deuterio e trizio e quindi far partire il plasma a 150 milioni di gradi che in un futuro non troppo prossimo si spera produca energia come fa il Sole.
Il professor Paul Woskow, responsabile di quel progetto, ha intuito molto in fretta di come la loro potente creazione avrebbe potuto sostituirsi alle tradizionali trivelle meccaniche per perforare le dure rocce che s’incontrano nella geotermia di profondità utilizzando un opportuno e potente Gyrotron, aggirando in un sol colpo tutti i problemi tecnici, termici e sismici che a quelle profondità, con le tecnologie oggi abitualmente in uso, sono invece inevitabili.
Sono già stati fatti i primi esperimenti e formulate le prime ipotesi raggiungendo la sorprendente conclusione che anche profondità di 20 km siano raggiungibili con una sonda Gyrotron che proceda ‘sciogliendo’ la roccia e vetrificandola al suo passaggio creando una condotta pulita ed ermetica senza dar luogo ad alcun problema di sismicità.
Va subito detto che l’energia elettrica necessaria per alimentare il Gyrotron e ottenere i risultati descritti è ingente. I calcoli basati sulle evidenze sperimentali di laboratorio forniscono una spesa, per
la sola alimentazione elettrica, di circa 500mila franchi per ottenere una perforazione di una profondità di circa 10 km, realizzabile però in tempi largamente inferiori a un anno con un avanzamento medio stimato di ben 5 metri all’ora e senza alcun inconveniente, come la necessità di estrarre più volte la sonda per modificarne la parte attiva come avviene solitamente per tutte le perforazioni meccaniche. Una cifra dunque considerevole, ma fortemente concorrenziale rispetto a quelli che sono gli scavi realizzati con i mezzi meccanici attuali.
La sonda Gyrotron dovrebbe consentire la realizzazione di una geotermia di profondità universale, cioè non più limitata a zone specificamente adatte per la
presenza di magma vicino alla superficie.
Le prime realizzazioni pratiche sono previste per il 2023 in California con cui i tecnici verificheranno tutti i parametri in gioco completando le prove finora realizzate solo in laboratorio.
Sono già previsti anche esperimenti in altre parti del mondo e l’obiettivo, entro il 2030, è quello di sfruttare le infrastrutture delle centrali termiche esistenti sostituendone solamente la parte che utilizza le energie fossili con una analoga geotermica costruita in prossimità della centrale stessa e quindi consentire in tempi ragionevoli la riduzione delle emissioni di CO2 estraendo direttamente calore dal sottosuolo anziché estrarre gli ormai vituperati combustibili fossili.
Settembre 2022 TM · 17
Trust svizzero in arrivo
Il Consiglio federale, colmando una lacuna legislativa, ha messo in consultazione il progetto di legge per dotarsi infine dell’istituto giuridico del trust, a tutto beneficio della Piazza elvetica.
Lo scorso aprile è scaduto il termine di consultazione sull’avamprogetto di legge sul Trust, pubblicato dal Consiglio federale quest’anno a gennaio. Le caratteristiche sono fondamentalemnte le stesse del trust di diritto anglosassone che già viene riconosciuto in Svizzera in forza della Convenzione dell’Aia sui Trust del 2007. Come evidenzia il rapporto esplicativo che lo accompagna, l’introduzione nel Codice delle Obbligazioni svizzero di questo istituto offre una concreta alternativa alle persone fisiche o giuridiche svizzere o aventi sede in Svizzera che non vogliono o non possono fare capo a un istituto giuridico straniero o a un altro istituto giuridico svizzero per conseguire fini di pianificazione patrimoniale o successoria, oppure a scopo di garanzia, di detenzione di attivi o per altri fini o contesti privati o commerciali. Viene però esplicitamente esclusa la costituzione di trust con finalità benefiche e di altri purpose trust al fine di non fare concorrenza all’istituto della fondazione, da tempo perfettamente inserita nel contesto giuridico elvetico.
Questo istituto del trust tiene conto del quadro giuridico svizzero in quanto rispetta le restrizioni del diritto di disporre previste dal vigente diritto matrimoniale e successorio e da altre disposizioni, in particolare garantisce che il disponente (settlor) non possa cedere i suoi beni a discapito di terzi. Tiene inoltre conto degli obblighi di trasparenza in materia di lotta al riciclaggio e al terrorismo e di trasparenza fiscale. Sempre in ambito fiscale viene mantenuta la prassi vigente che consiste nell’attribuire i redditi da trust al disponente nel caso di un trust revocabile e ai beneficiari aventi diritto di prestazioni in caso di trust irrevocabili (Ir-
revocable fixed Interest Trust), mentre nel caso del trust irrevocabile ma discrezionario (Irrevocable Discretionary Trust), vale a dire dipendente da semplici aspettative sottoposte alla discrezione del trustee, redditi e patrimonio vengono attribuiti al trust stesso, considerato alla stregua di una fondazione, come soggetto fiscale indipendente, a condizione che almeno uno dei beneficiari risieda in Svizzera.
Ma come si definisce il trust, come viene costituito e in quali forme può apparire? La proposta di legge lo definisce con la messa a destinazione di beni da parte di uno o più disponenti a un patrimonio distinto, detenuto e amministrato da uno o più trustee nell’interesse di uno o più beneficiari. La sua costituzione avviene mediante dichiarazione scritta o per disposizione a causa di morte del disponente e nell’atto di disposizione (atto di trust) il disponente dichiara di destinare determinati beni a un trust, designa il trustee (nel caso di disposizione per causa di morte può rinunciarvi e verrà designato dal giudice), i beneficiari e stabilisce le disposizioni relative alla sua amministrazione.
I l trust assume efficacia quando il trustee dichiara l’accettazione della sua nomina e ha acquisito i beni destinati al trust. Non ha pertanto una personalità giuridica come una società o una fondazione, ma i suoi beni vengono amministrati e gestiti dal trustee, separatamente dal proprio patrimonio personale, conformemente all’atto di trust e alle disposizioni legali. Essi non rientrano quindi nel regime matrimoniale e nella successione del trustee. Quest’ultimo agisce in proprio nome e in quanto trustee in tutte le operazioni che riguardano i beni dati in trust. Deve agire in modo diligente e leale nell’esclusivo interesse del o dei benefi-
ciari ed è tenuto a rendere conto della sua gestione in ogni momento sia verso il disponente (se si è riservata questa facoltà nell’atto di trust) sia verso gli altri trustee o un eventuale guardiano. Quest’ultimo può essere designato nell’atto di trust e ha le stesse facoltà del disponente, se esplicitamente previste, ad esempio, la revoca o lo scioglimento del trust, dare il proprio consenso a determinati atti del trustee o ottenere in visione i conti del trust. Civilmente il trustee diviene quindi proprietario dei beni, ma questo diritto di proprietà, come visto, deve essere gestito ed è limitato tenendo conto di quanto disposto dal settlor, se del caso dal guardiano e dalle norme di legge applicabili. Di converso il trustee ha diritto di essere indennizzato dai beni in trust per tutte le sue attività di gestione.
La proposta di legge recepisce in tutto e per tutto i principi che rendono flessibile e adattabile l’istituto del trust: nell’atto può essere conferita al disponente, al trustee o al guardiano la facoltà di modificare le disposizioni dell’atto medesimo, in particolare per quanto concerne i beneficiari.
La durata dipende dall’adempimento delle sue condizioni, segnatamente a decadimento della sua durata o quando le condizioni per il suo scioglimento sono adempiute oppure quando non vi sono più beneficiari, in ogni caso entro 100 anni dalla costituzione. I risultati della consultazione da poco terminata non porteranno di sicuro a modificare sostanzialmente l’impianto legislativo proposto dal governo.
Stelio Pesciallo, avvocato e notaio presso lo Studio 1896, Lugano.
opinioni / il consulente legale 18 · TM Settembre 2022
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Meno tasse, più gettito?
Quello che già diverse volte è stato rilevato in Svizzera è che spesso pur tagliando aliquote e tassazione a famiglie e imprese le entrate possono addirittura aumentare. Com’è possibile?
Potrebbe sembrare un’assurdità, ma in Svizzera si va constatando come la forzata riduzione delle imposte stia aumentando il gettito fiscale. Si tratta dei primi effetti della riduzione dell’aliquota delle imposte per le imprese al 15%, concordata in sede Ocse, che entrerà in vigore anche in Svizzera dal 2024. Ancora una volta verrà probabilmente smentita l’idea secondo cui ogni riduzione di imposte per le persone giuridiche costituisce un ‘regalo’ all’economia e provoca invece solo pesanti perdite fiscali per lo Stato.
C’è però anche chi prevede che un alleggerimento fiscale provochi un aumento dell’attività economica e quindi, nel medio periodo, addirittura un aumento del gettito fiscale. Raramente però si fanno rigorose valutazioni a posteriori per accertare quale delle due opposte tesi abbia davvero prevalso. Anche in questo caso, come avviene spesso nella scienza economica, oltre che in politica, la prova del nove, ossia il ‘se’, è sempre molto difficile. Non è infatti possibile dire se, senza la riforma fiscale, l’economia avrebbe comunque fatto progressi o meno.
Si può constatare però una tendenza di lungo periodo. La Confederazione ha, infatti, proceduto per ben tre volte a riforme fiscali a vantaggio delle imprese e più precisamente nel 1998, nel 2009 e quindi nel 2020. Già con la prima riforma le entrate fiscali della Confederazione sono aumentate a velocità doppia rispetto alle altre entrate. Le aziende pagano una parte crescente delle entrate fiscali non perché gli utili sono sempre più tassati, ma perché una fiscalità moderata permette loro di generare utili maggiori.
Similmente vale anche per i Cantoni. Nonostante la pandemia e la riduzione
delle aliquote d’imposta, globalmente le entrate fiscali sono aumentate nel 2021 rispetto al 2019. Il discorso per i Cantoni deve però essere differenziato. Infatti, alcuni di essi avevano aliquote d’imposta sugli utili aziendali inferiori al 15% concordato in ambito Ocse. Ne deriva che con l’entrata in vigore vedranno automaticamente aumentare il gettito fiscale derivante dalle persone giuridiche, rispetto all’anno precedente e a parità di condizioni. Altri cantoni, con aliquote superiori, dovranno invece aumentare le imposte sulle aziende, ma probabilmente il colpo verrà attutito dal buon andamento dell’economia in generale.
È in ogni caso vero che sia molto difficile distinguere gli effetti di una riforma fiscale da quelli dell’evoluzione naturale della congiuntura. Ma per la Confederazione si può rilevare che le entrate fiscali sono aumentate di una volta e mezzo, mentre le entrate dovute alla tassazione delle imprese sono aumentate di tre volte.
Per quanto concerne il gettito delle imposte sul reddito si può attestare un aumento del 42% dopo la riforma. Si temeva che la seconda riforma della fiscalità delle imprese, che dava respiro in particolare ai proprietari delle piccole e medie aziende, potesse avere effetti negativi di un certo peso, ma così non è stato.
Anche per i cantoni non vi sono stati i temuti tracolli di gettito né ve ne saranno con l’applicazione dell’aliquota unica del 15%. Per esempio, un Cantone come Ginevra, ricco di industrie, oltre che di istituti finanziari di caratura internazionale, non si è verificato il temuto tracollo da oltre 350 milioni di franchi del gettito delle imposte sull’utile e sul capitale. In meno di due anni il gettito delle imposte sulle persone giuridiche ha superato il li-
vello precedente la riforma, nonostante la crisi causata dalla pandemia.
Contrariamente ai presunti ‘regali’ criticati ogni volta in occasione delle votazioni federali in materia, negli ultimi venticinque anni, le imprese hanno fornito una parte sempre più consistente dei gettiti delle imposte federali e cantonali. Due voci che, come fa notare il responsabile del settore finanze e fiscalità di Economiesuisse, sono aumentate a un ritmo più sostenuto di quello dello stesso Pil negli ultimi trent’anni.
Il tema è di attualità anche per la votazione federale, nella quale si chiede la soppressione dell’imposta preventiva per l’emissione di obbligazioni in Svizzera. Inoltre, si chiede l’abolizione della tassa sulle negoziazioni di titoli. I due provvedimenti sono chiaramente volti a un alleggerimento della fiscalità che grava direttamente sulla Piazza finanziaria.
In particolare, l’imposta preventiva fa sì che le emissioni di obbligazioni in Svizzera vengano spesso effettuate tramite società estere, proprio per evitare la tassa. Il costo dell’operazione, secondo il Consiglio federale, dipende dai tassi di interesse. Con un tasso dell’1% si stima infatti un calo di entrate fiscali di 170 milioni per l’imposta preventiva e di 25 milioni all’anno. Il miglioramento delle condizioni per queste attività permetterebbe un assorbimento delle perdite fiscali nell’arco di 4/5 anni.
Ancora una volta si verifica una contrapposizione fra perdite fiscali nel breve periodo e invece il miglioramento del mercato a medio - lungo termine, sul quale dovrà decidere il popolo.
Ignazio Bonoli, economista.
opinioni / l’economista 20 · TM Settembre 2022
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Libertà e successione
Finalmente, dopo anni di discussioni e consultazioni, a partire dal 1 gennaio 2023 entrerà in vigore una prima tappa della necessaria e agognata revisione del diritto successorio.
Nell’autunno 2018, in un mio precedente contributo, informavo in merito ai contenuti del progetto di legge oggetto di un messaggio del 29 agosto di quell’anno, attraverso il quale il Consiglio federale aveva gettato le basi per la concretizzazione di una prima parte della revisione del diritto successorio svizzero, con l’obiettivo precipuo di considerare le mutate forme di convivenza e aumentare la libertà di disporre del testatore, rendendolo così più attuale e aderente a un contesto sociale e familiare sicuramente diverso rispetto agli inizi del ventesimo secolo, periodo al quale risale la sua entrata in vigore.
Lo scorso anno, data 19 maggio 2021, dopo l’approvazione dell’Assemblea e scaduto il termine referendario, il medesimo Consiglio federale ha sciolto finalmente gli indugi, decretando l’entrata in vigore delle novelle legislative a partire dal primo gennaio 2023.
Con l’avvicinarsi di quel momento, appare quindi opportuno sintetizzare le principali novità, in modo tale che il rischio di trovarsi impreparati venga ridotto, potendo ciascuno già valutare singolarmente la propria situazione e le esigenze che potrebbero derivarne, con una migliore consapevolezza delle possibilità che le modifiche in oggetto porteranno con sé.
Sicuramente le nuove regolamentazioni genereranno maggiore flessibilità e migliore spazio di autodeterminazione del testatore, ritenuto come si potrà disporre liberamente di una parte più ampia della propria successione. Le porzioni legittime imposte dalla legge sono infatti state riviste, con una riduzione da tre quarti alla metà della quota ereditaria ex lege
spettante ai discendenti, mentre è stata integralmente soppressa la legittima riferita ai genitori (oggi corrispondente alla metà della quota ereditaria definita dalla legge). Nulla muta invece con riguardo alla quota legittima del coniuge o del partner registrato superstite, sempre pari alla metà della quota ereditaria legale.
Pure invariata resterà la situazione giuridica concernente i partner di fatto, semplici conviventi o concubini, i quali continuano a non avere diritti successori codificati l’uno nei confronti dell’altro. Con una regolamentazione proattiva della propria successione, il disponente avrà però maggiore libertà di sostanzialmente favorire anche il proprio partner di fatto o i suoi discendenti, proprio perché sarà meno limitato dalla portata delle quote legittime e quindi al beneficio di una quota disponibile più ampia. Non vanno però in ogni caso dimenticate, in un’analisi ad ampio raggio della fattispecie, le conseguenze (leggasi differenze) fiscali generate, ad esempio, dall’imposta di successione dipendente dal grado di parentela.
Un’altra novità degna di nota concerne la perdita della qualità di erede legittimario del coniuge o partner registrato superstite in caso di decesso durante la procedura di divorzio o di scioglimento dell’unione domestica registrata. Sino a oggi tale mutamento diventava effettivo unicamente ad avvenuta crescita in giudicato della decisione sul divorzio (o sullo scioglimento se partner registrati).
A partire dal primo gennaio 2023 sarà sufficiente prevedere una ‘semplice’ disposizione testamentaria per togliere dall’asse successorio il coniuge dal quale si sta divorziando.
Spazi e opportunità di manovra che, soprattutto in regime transitorio e di novità,
impongono una presa di coscienza della propria dinamica familiare e successoria e, se del caso, un aggiornamento della sua pianificazione. Testamenti e contratti successori redatti prima della suddetta data rimangono evidentemente validi ed efficaci, con però immaginabili dubbi interpretativi quando alcune clausole testamentarie o particolari disposizioni potranno far pensare che, alla luce del diritto successorio revisionato, il disponente avrebbe magari scelto altrimenti e che le sue effettive volontà sarebbero state concretizzate in altro modo.
Il campo del diritto successorio, soprattutto nell’ambito fondamentale dell’espressione e della ricostruzione delle effettive volontà di chi ci lascia è già di per sé molto delicato e complesso. Non può pertanto che essere consigliato valutare le diverse possibilità in gioco, pianificare per tempo la propria successione e semmai modificare quanto necessario.
Nel frattempo, il Consiglio federale ha in animo di procedere oltre e sviluppare una seconda generazione di provvedimenti in ambito successorio, con particolare attenzione alla successione d’impresa. Il rischio di frammentazione delle imprese a conduzione familiare a seguito di successione non può infatti purtroppo oggi ancora essere scongiurato (la riduzione delle porzioni legittime migliora sì la regolamentazione in essere, ma non ne risolve del tutto i problemi). Lungimiranza legislativa e pragmatismo politico non possono pertanto che essere, nuovamente, auspicati.
22 · TM Settembre 2022
Marco Robbiani, avvocato e notaio, studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini, Lugano.
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Una sfida imprevedibile
In queste settimane, alle fabbriche e alle navi da carico rimaste ferme si contrappongono le esigenze della produzione e della logistica, che non possono essere incrementate a piacimento.
Il consumatore presta in genere poca attenzione alle fluttuazioni dei prezzi o alla disponibilità di specifici prodotti nella vita quotidiana. E anche quando viene notato, l’aumento di prezzo di singoli articoli, per esempio nell’alimentare, si considera circoscritto a una categoria, un prodotto, a regioni geografiche o periodi di tempo definiti. Così, perlomeno, è stato finora. Mentre quello che stiamo osservando in questo momento è diverso: le merci negli scaffali sono più scarse, alcune sono assenti, i prezzi delle materie prime alti, i tempi di attesa, soprattutto per alcune categorie merceologiche come le auto, insoliti e così anche i prezzi di componenti, come nel caso delle schede grafiche dei pc. Gli ingranaggi dei flussi commerciali globali sono stati fortememte rallentati, come effetto dell’emergenza sanitaria. L’offerta produttiva e logistica esistente non è in grado di soddisfare la domanda, che è rapidamente aumentata con la ripresa dell’economia. I flussi sono stati ulteriormente rallentati.
La logistica tempestiva come tallone d’Achille dell’economia. L’industriale statunitense Henry Ford, che ha rivoluzionato l’industria automobilistica nel secolo scorso, ha reso superfluo il costoso e lungo stoccaggio grazie alla produzione ‘just-in-time’. I materiali richiesti venivano consegnati solo nelle quantità necessarie al momento dell’utilizzo. Un concetto rivelatosi vincente. Ma se si risparmia sul magazzino, si diventa più dipendenti dai fornitori e da un ciclo economico funzionante. Oggi questa condizione è particolarmente penalizzante.
Quasi tutte le aziende a livello globale devono affrontare grossi problemi logistici e di carenza di componenti. Le catene
di fornitura continuano a non essere in grado di soddisfare l’enorme domanda. A causa della siccità e del conseguente abbassamento del livello dei maggiori fiumi, le navi da carico non riescono a navigare o non possono farlo a pieno carico. Di conseguenza le merci vengono dirottate su rotaia o strada, vie di collegamento sempre più congestionate. Se si prende l’esempio dei chip, che scarseggiano, le previsioni per i prossimi mesi non sono rassicuranti, visto l’inasprirsi delle tensioni tra Cina e Taiwan. Circa il 65% dei chip in circolazione a livello mondiale sono prodotti in Taiwan. Ipotizzando un peggioramento della situazione politica, (blocchi, embarghi ecc.), avremmo ancora meno chip e quindi meno merce.
Anche l’aumento delle capacità produttive procede a ritmi più lenti di quanto era stato previsto. Ciò dipende dal fatto che questi complessi processi di produzione non si possono ampliare a piacere poiché occorrono prima nuovi stabilimenti e nuove macchine che producano i chip.
Insomma, se gli scenari sono a grandi linee questi, un’azienda come Swisscom deve predisporre delle specifiche strategie. Per prodotti che hanno un ciclo di vita lungo, come le carte Sim, sono state già estese, massicciamente, le portate nel magazzino Swisscom e si continuerà ad estenderle per garantire la disponibilità.
Per quei prodotti commerciali molto richiesti come cellulari, accessori ecc. si sperimentano delle alternative, cercando insieme ai fornitori delle soluzioni. Da una parte l’Azienda snellisce il portafoglio concentrandosi su memorie e varianti di colore con una migliore disponibilità, dall’altra sono stati ridotti drasticamente i tempi di elaborazione. Per tempi di elaborazione s’intende l’intervallo tra la
fornitura della merce e la vendita del prodotto ai clienti Swisscom. Questo perché i fornitori sono più rapidi se la merce arriva più velocemente al cliente.
Anche sul fronte delle consegne, Swisscom sperimenta sempre nuove vie: prima della guerra in Ucraina, parte della merce arrivava in Svizzera con trasporto ferroviario dalla Cina attraverso il Kazakistan/ la Russia, itinerario attualmente non praticabile a causa della guerra. L’altra via di terra, attraverso Kirghizistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Iran verso l’Ue è fortemente compromessa, richiede tempi molto lunghi e quindi non rappresenta una vera alternativa. Pertanto, per far arrivare la merce in Europa restano praticabili le opzioni via nave o aerea.
Che cosa auspicare affinché la situazione migliori in modo duraturo? È una questione complessa, in quanto le sollecitazioni sono molteplici. Da una parte si evidenzia l’aspetto della logistica, e la necessità fare i conti con le limitate capacità di trasporto su rotaia, strada, nave o aereo per consegnare merci e materie prime in grado di soddisfare la domanda. D’altra parte, abbiamo una carenza di componenti fondamentali per i prodotti elettronici come i chipset. Anche i produttori di chipset non ricevono componenti importanti in quantità sufficiente per aumentare le capacità produttive.
Ecco perché si prevede che la situazione possa migliorare solo tra un anno e mezzo o due. Nel frattempo, spetta a ognuno il compito di perfezionare al meglio possibile l’uso che fa delle materie prime e delle merci disponibili.
24 · TM Settembre 2022
opinioni / l’esperto di telecomunicazioni
Carlo Hildenbrand, Direttore Swisscom Business Ticino.
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I limiti della globalizzazione
Frutto della vulgata nordamericana, prima l’Europa e poi il resto del mondo hanno conosciuto anni di sviluppo economico travolgenti che hanno spinto miliardi di persone a uscire dalla più nera povertà. Se il fenomeno sembra però essersi ormai fermato, quali conseguenze ne scaturirebbero? Il balcanizzarsi del mondo, almeno a livello continentale, quali effetti economici potrebbe avere? Del resto, se il denaro può essere stampato, le materie prime non proprio.
Testardamente agire, e ostinarsi a farlo del tutto irrazionalmente, almeno a dirsi non dovrebbe essere un’attività delle più frequenti. Pensare addirittura che questo possa avvenire per settimane e mesi dovrebbe quanto meno stupire, indignare le élite laddove non la stessa popolazione, specie se l’ambito di riferimento è dei più alti, ma è quando gli anni si fanno decenni, ecco emergere lo sconcerto dei soli storici. Eppure la politica e con essa la geopolitica, dunque quelle sfere in cui vengono determinati gli equilibri dello Stato e tra gli stati, tornate da tempo agli onori delle cronache, non sono state nel corso dei secoli quell’arena di razionalità e calcolo che ci si dovrebbe aspettare.
È solo quando un interesse superiore, condiviso da sufficientemente ampie maggioranze di individui, viene razionalmente consacrato tale, che allora tutto cambia. Il corso della Storia muta, e si aprono
parentesi straordinarie di prosperità e sviluppo riconosciute tali dagli uomini di ogni tempo. Eppure la tentazione di ritornare all’hobbesiano caos primordiale è sempre dietro l’angolo.
Nel caso della storia contemporanea, il Dopoguerra e almeno in Occidente, questo interesse si è ampiamente convenuto fosse l’economia, e dunque quel benessere diffuso imprescindibile per uscire da due conflitti mondiali, auspicabilmente gli ultimi a vedere Stati sorprendentemente simili, quelli europei, confrontarsi in armi.
La nascita di forme politiche inedite ha raggiunto tale obiettivo: l’economia è cresciuta e il benessere dilagato, gli animi si sono rasserenati come mai prima. Il Dopoguerra è stato la parentesi più lunga nella storia europea priva di conflitti armati, dal venir meno di un’unica entità politica egemone, l’Impero Romano.
In questo il I secolo a.C. può essere considerato emblematico: sconfitta la
nemica di sempre, Cartagine, sottomesse la Grecia, l’Italia e la Spagna, ma venuto meno quell’ideale che aveva cementato titanici sforzi per così tanto tempo, l’idea romantica di rendere grande Roma, ecco rompersi gli equilibri repubblicani.
È subito nel 91 che scoppia la Guerra sociale, uno scontro intestino tra Roma e i suoi alleati italici (i Socii) che in meno di tre anni vedrà oltre 100mila morti; è invece dell’82 la prima guerra civile romana, un confronto durato due anni tra Mario e Silla da almeno altri 130mila morti; ma è nel 49 che inizia lo scontro tra Cesare e Pompeo, che si concluderà solo nel 45 lasciandone sul campo almeno altri 100mila; con il confronto di Augusto e Antonio contro i cesaricidi nel 43 si sommano al totale 25mila morti, con altri 150mila nel 31 con lo scontro finale ad Azio tra Antonio e Augusto, che segnerà definitivamente la fine della Roma repubblicana (Spqr), e l’inizio dell’Impero.
28 · TM Settembre 2022
cover/ finanza
a cura di Federico Introzzi
Sessant’anni di irrazionalità, e scontri intestini che, solo tra romani, qualche banale addizione conclude abbiano causato almeno mezzo milione di morti, per il semplice fatto che era venuto meno un interesse superiore cui molti potessero contribuire a raggiungere.
Due millenni più tardi, convenendo ormai l’economia sia venuta meno quale obiettivo comune di una buona parte della popolazione mondiale, non più capeggiata da un ristretto manipolo di Paesi occidentali, e archiviato forse irrimediabilmente lo slancio aperturista della fu globalizzazione, sorge spontaneo chiedersi cosa potrà ora seguire. Gli esordi. L’idea romantica alla base dello sviluppo economico degli ultimi anni è chiaramente di matrice nordamericana, esportata prima in Europa e poi con una certa calma nel resto del globo, seppur con distinguo di non poco conto. «È nei primi anni Duemila che è nato il fenomeno noto come ‘globalizzazione’, che a dipendenza dei poli politico-tecnologici è stato interiorizzato con significative differenze, come mostrano gli Stati Uniti, l’Europa e soprattutto l’Asia, Cina in testa. A elementi economici evidenti, sistemi produttivi e livelli di sviluppo opposti, ne vanno aggiunti altri, ancora più importanti, ad esempio di matrice culturale. Se Europa e Nord America non sono uguali, l’Asia lo è ancor meno», esordisce così Claudio Boër, Presidente Onorario della Camera di Commercio SvizzeraCina, Capitolo Ticino, e già Vice-presidente dell’Advisory Board di Supsi.
Alla base di tutto un ottimismo contagioso, che aveva spinto da un lato a sottostimare i nodi che sarebbe stato comunque necessario sciogliere, dall’altro a sovrastimare la ‘simpatia’ con cui questo modello sarebbe stato accolto fuori dalla ‘cricca’ dei Paesi occidentali. «Il connubio tra economia e politica è sembrato diventare meno rilevante con l’intensificarsi della globalizzazione: i mercati di scambio si sono esponenzialmente allargati, grazie ad accordi di natura politica la cui importanza è però stata frettolosamente dimenticata, a favore degli incredibili risultati economici che ne stavano scaturendo. Il crollo della cortina di ferro, e dunque legami commerciali più profondi tra Russia ed Europa, avevano illuso molti sugli effetti che l’economia di mercato avrebbe potuto avere anche nei confronti dei regimi più autoritari. Ma è nei tempi
Verona, 249 Filippo l’Arabo
Milano, 268 Gallieno
Terni, 253 Treboniano Gallo Roma, 238 Pupieno e Roma, 251 Ostiliano
Cartagine, 238 Gordiano I e Gordiano II
Mesopotamia, 283 Marco Aurelio Caro
Yang Jing, già Vice Direttrice dell’ufficio di scienza e tecnologia di Dongguan
Supsi
di crisi che questo legame tra politica ed economia riemerge, come prima la Crisi del 2008 e dopo la pandemia hanno dimostrato», sottolinea Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management.
Nel caso della finanza a dipendenza del come sia circoscritta la sfera ‘politica’, tale rapporto è destinato a divenire tanto più
Sopra, il frammentarsi in province di Roma alla morte di Cesare, durante la guerra civile, prima della riunificazione di Augusto. Sotto, la globalizzazione è il culmine di un modello economico iniziato quasi due secoli fa, durante la Rivoluzione industriale. Ma cosa ne sarà?
Settembre 2022 TM · 29
Hispania
Mauretania Africa
Cyrene Macedonia Lycia
Gallia
Narbonensis
Numidia
Galatia Judea
Pontus
Cappadocia Aegyptus Italia
Gallia Cisalpina
Belgica
Syria Asia
Ottaviano Italia Marco Antonio Regni clienti
Lepido Egitto Sesto Pompeo Bruto e Cassio Regnum Bospori
Spoleto, 253 Emiliano
Sirmio, 282 Probo
Sirmio, 270 Claudio II il Gotico
Aquileia, 270 Quintillo Mesia, 285 Carino
Aquileia, 238 Massimino il Trace
«È il miglior vademecum per raggiungere quella che viene definita ‘illuminazione’, il risveglio della propria vita spirituale. La Common prosperity in questo senso è l’espressione più pura degli ideali culturali della società cinese, un suo aspetto altrettanto fondamentale ma meno noto»
Il globalizzarsi della produzione
Varietà di prodotto Volume di prodotto Meno competizione Più competizione domanda > offerta offerta > domanda 1850 1913 1955 1980 2000 Produzione artigianale Personalizzione di massa Produzione di massa Globalizzazione Modello di business Bisogni Etereogeneità di prodotto Omogeneità a basso costo Mercato Roma alla morte di Cesare
Fonte:
Allo stato attuale è ancora molto difficile determinare se sia davvero finita la globalizzazione, se sia iniziata la deglobalizzazione, o se ci si trovi in una temporanea zona grigia. Quello che è certo è che si esca da una lunga fase di apertura delle economie al resto del mondo, che nel frattempo è molto cambiato. Le democrazie pesano economicamente sempre meno.
«La globalizzazione funziona quando non ci sono ostacoli. Ha contribuito a ridurre i costi di produzione, a beneficio dei consumatori, ma ha anche esasperato la lunghezza delle catene di fornitura, che alla prima occasione hanno manifestato tutte le loro inadeguatezze»
non potranno non tenerne conto», riflette Mario Cribari, responsabile strategia e ricerca di Bluestar Investment Managers.
Eventi molto spesso imprevisti e del tutto inattesi, la magnitudo del cui impatto rischia facilmente di sfuggire dalla mano anche dei più esperti, come l’11 settembre 2001 aveva già ampiamente dimostrato. «Molte delle correzioni più brusche ma temporanee vissute dai mercati sono state innescate da eventi di natura più politica che economica; la Brexit in questo costituisce un ottimo esempio. Nonostante l’occasione fosse ben nota, è l’esito del voto che è stato del tutto inaspettato, le cui implicazioni sono ancora visibili a distanza di anni: un alfiere della globalizzazione ha fatto per primo un passo indietro; l’accuratezza di sondaggi e misurazioni è stata messa in seria discussione, con una riconferma venuta dall’elezione di Trump; il rischio di disintegrazione dell’Unione Europea era tornato sul tavolo. Tutto a fronte di un evento squisitamente politico, capace però di seminare sfiducia e incertezza», prosegue il Cio di Ubs.
Eppure senza andare troppo indietro la natura ambigua di una pandemia, non è troppo distante da un evento più politico, come Brexit. «Non è tanto la pandemia di per sé a costituire una fattispecie, quanto le risposte di natura politica e monetaria ad averla resa tale. Deglobalizzazione, multipolarità geopolitica, inflazione, politiche ambientali, populismi… sono tutti figli di un’unica madre, decisioni politiche distorsive degli equilibri del mercato, e dunque delle scelte degli agenti economici. Queste ombre inevitabilmente influiranno sulle valutazioni della fase che si è chiusa, e continueranno a pesare in futuro», nota l’analista di Bluestar.
sostanziale. «I mercati finanziari sono sempre stati guidati, almeno nel lungo periodo, da fattori endogeni al loro sistema. Eventi di natura più politica hanno sempre creato ‘rumore’ nel breve, pur limitato alle loro semplici implicazioni finanziarie, ma la pervasiva politicizzazione del mondo post trumpiano rappresenta un mutamento strutturale dell’intero sistema che avrà conseguenze economiche e finanziarie globali tali che anche i mercati
È del resto nelle circostanze difficili che è possibile fare veri bilanci, cosa ha funzionato, cosa meno. «La globalizzazione funziona bene e produce risultati meritori quando non ci sono ostacoli o impedimenti di varia natura. Da un lato ha infatti contribuito a ridurre i costi di produzione, offrendo ai consumatori prodotti migliori e a minor costo, dall’altro ha esasperato la lunghezza delle catene di fornitura, che alla prima occasione hanno manifestato tutte le loro inadeguatezze.
È il caso della pandemia, ma anche del conflitto in Europa orientale. Questo si somma a un riavvicinarsi dei siti produttivi ai mercati finali, in atto però già da
30 · TM Settembre 2022
Globalizzati ma quanto? L’indice di riferimento del Kof di alcuni Paesi (scala 1 - 100)
Claudio Boër, Presidente Onorario della Camera di Commercio Svizzera Cina
20 40 60 80 100 1970 1980 1990 2000 2010 1975 1985 1995 2005 2015 Cina Germania Francia Uk Usa Mondo India Giappone Italia La ritirata della globalizzazione L’apertura dell’economia mondiale (in %) Fonte: Peterson Institute for International Economics (Somma di export e import / Pil) 1945-1980 Dopoguerra 1980-2008 Liberalizzazioni 2008-2017 Slowbalization 0 10 20 30 40 50 60 70 53,5% 61,1% 39,5% 10,1% Quanto pesano le democrazie? Quota del Pil mondiale (in %) Fonte: Banca Mondiale Cina Russia Iran N. Corea Usa Giappone Germania Uk Francia Italia Canada S. Corea Australia Ue 56,7% G-10 14,2% Altre democrazie 10,3% Resto del mondo 18,8% Autocrazie
Fonte:
Kof
prima, per via di quella che potremmo definire ‘personalizzazione di massa’, il nuovo paradigma», precisa il presidente della Camera di Commercio.
Al giro di boa? Che qualcosa non stia andando come previsto è infatti evidente, al pari che le circostanze siano mutate, e dunque il modello ‘globalizzante’ potrebbe in ogni caso aver bisogno di un’accurata revisione. Ma sino a che punto?
«Si era prospettato che l’uscita dalla pandemia sarebbe coincisa con i nuovi anni Venti; che l’inflazione sarebbe stata temporanea, e che al momento viaggi intorno al 9%; che i profitti delle quotate fossero colossali; che i Pil avessero ampiamente ‘svangato’ la pandemia; che le valutazioni degli azionari potessero tendere all’infinito; e che le Banche Centrali potessero rendere il sistema immune a tutto. Ora sappiamo di trovarci sull’orlo di una recessione, con il Ppi delle principali economie al 30%, che buona parte di quei profitti fossero frutto della contabilizzazione delle politiche fiscali, e i mercati stanno tuttora correggendo. È dunque legittimo domandarsi i policy maker di che tipo di credibilità godano ancora, e che eventuali effetti abbia questo sul sistema», riflette Maurizio Novelli, Senior Portfolio Manager di Lemanik Invest, Innovative and Liquid Alternative Investments Division. Se dunque da un lato la fiducia resta architrave dell’intero sistema, a partire dall’attendibilità dei dati comunicati, a complicare in maniera sostanziale il quadro hanno contribuito però eventi esogeni al sistema, imprevedibili per la gravità delle loro conseguenze, passate e future. «Gli interventi rapidi e tempestivi opposti alla pandemia non hanno eguali nella recente storia, ma soprattutto a essere fortemente connotato è l’inedito mix di politiche monetarie straordinarie, che non fanno più notizia, e fiscali, che hanno invece stupito per dimensione e durata. La concertazione a livello globale di tali politiche si è dimostrata decisiva nel sostenere l’economia, ma muoveva anche dal rischio diffuso di una spirale deflativa, dopo una lunga fase di inflazione quasi zero comune a buona parte dei Paesi avanzati, e ha avuto come risultato un’anomala fiammata inflativa, alimentata da fattori ancora diversi, conflitto in Ucraina in primis», mette in evidenza Guglielmin. Allarme Pi greco. Dopo anni di maldestri tentativi infine la tanto agognata inflazione è arrivata, nemmeno il tempo
«A essere già cambiato è il costo opportunità risparmio/ debito. La liquidità,
Il meglio è ormai passato?
di festeggiarla, che ecco fioccare le lamentele, con un classico ‘scarica il barile’ su di chi sia stata la colpa, o alternativamente il merito. «Non è un problema della sola Europa, se si guarda agli apparentemente più tonici Stati Uniti la situazione è la stessa. È dal 2002 che l’economia americana gode di condizioni monetarie sempre espansive, ciononostante la crescita reale media è stata dell’1,8% annuo. Un po’ deludente soprattutto se si calcola che
Nonostante decine di tentativi, il miglior indice del grado di globalizzazione raggiunto è il valore che il commercio è arrivato ad avere rispetto al Pil globale e dei singoli Paesi. Per molti versi il suo rallentamento, e un suo secondo apice raggiunto pochi anni fa, non lascia ben sperare rispetto a quanto sia poi seguito all’uscita della Crisi degli anni Trenta, del secolo scorso.
Settembre 2022 TM · 31
Economista e ricercatore di Deloitte Svizzera
quale assicurazione rispetto a necessità inattese, in fasi di bassissima inflazione può essere fondamentale, ma quando l’inflazione supera il tasso d’interesse oltre a svalutarne il valore, la rende improvvisamente più costosa» Dennis
Brandes,
L’apertura al commercio va di pari passo all’impatto delle sanzioni Fonte: Goldman Sachs 0 5 10 15 20 25 30 1850 1870 1890 1910 1930 1950 1970 1990 2010 I picco della globalizzazione II picco della globalizzazione 0 50 100 150 200 250 300
N. di sanzioni
Quanto si commercia? Valore di import ed export (trl usd) in % del Pil mondiale Fonte: World Integrated Trade Solution 2020 2018 2016 2014 2012 2010 2008 2006 2004 2002 2000 1998 1996 1994 1992 1990 5 45 35 25 15 60% 40% 56% 52% 48% 44% 36% In % del Pil Export Import
Valore dell’export mondiale in % Pil (sx)
in vigore (dx)
per ogni dollaro di nuovo Pil ne siano stati sottoscritti ben 11 di nuovo debito, con i mercati finanziari quali principali beneficiari. Il risultato è che oggi Wall Street vale 120 trilioni di dollari, rispetto a un’economia sottostante di soli 20», sottolinea l’analista di Lemanik.
Non è però particolarmente rilevante chi sia stato il vero artefice del fenomeno, in questo caso il problema pare annidarsi in una questione semantica. Cos’è l’inflazione, e dunque come va contrastata?
«Non dovrebbe essere il ruolo della politica monetaria, uno strumento ciclico, occuparsi dei mutamenti strutturali del
«Non dovrebbe essere il ruolo della politica monetaria occuparsi dei mutamenti strutturali del sistema. Se questa è un’inflazione da deglobalizzazione, che già di per sé è un elemento di restrizione della domanda, allora la risposta non dovrebbe essere un’ulteriore restrizione»
Andrea Conti, Responsabile Macro Research di Eurizon
sistema economico. Se questa è un’inflazione da deglobalizzazione, che già di per sé è un elemento di restrizione della domanda, allora la risposta non dovrebbe essere un’ulteriore restrizione. Non è però scontato lo sia davvero, che sia iniziata la deglobalizzazione non è dimostrato. Lo stesso reshoring non è ovvio abbia come conseguenza un aumento dei costi di produzione, i maggiori costi del lavoro potrebbero essere infatti compensati da maggiori efficienze. Da ultimo, anche in caso di rilocalizzazione i costi sostenuti dalle imprese comporterebbero una ‘inflazione’ una tantum, un eventuale salto
La normalizzazione è qui
Il recente avvio della normalizzazione delle politiche monetarie, attività comune e condivisa, almeno nelle principali macroregioni, dopo un decennio di tassi bassissimi, potrebbe dimostrarsi molto delicata. «A essere già cambiato è il costo opportunità risparmio/debito. Il ruolo giocato dalla liquidità, quale assicurazione rispetto a necessità inattese, in fasi di bassissima inflazione può essere fondamentale, ma quando l’inflazione supera il tasso d’interesse oltre a svalutarne il valore, la rende improvvisamente più costosa. Se però la remunerazione della liquidità in termini reali resta in territorio positivo, allora in tali circostanze i conti risparmio tornano a essere alternative interessanti. Specularmente il debito», rileva Dennis Brandes, economista e ricercatore di Deloitte Svizzera. Le implicazioni della normalizzazione non sono però di natura solo teorica, ma anche prossima alla vita quotidiana di famiglie e imprese. «Il tasso di riferimento di mutui e ipoteche sta già riflettendo il fenomeno, anticipandolo. Il Saron reagisce infatti in tempo reale alle aspettative del mercato, scontando l’aumento, i tassi fissi impiegheranno ovviamente più tempo, ma se il tasso d’interesse di riferimento degli affitti passasse dall’attuale 1,25% al 3,5 secondo l’associazione svizzera dei proprietari di casa il costo degli affitti potrebbe aumentare sino al 27%», prosegue l’economista di Deloitte.
discrezionale dei prezzi, al termine di questo processo il livello tornerebbe a essere determinato dalla crescita economica che risulterà tanto più bassa quanto più incisivo il processo di deglobalizzazione», chiarisce Andrea Conti, responsabile Macro Research di Eurizon.
Ciononostante la risposta delle Banche Centrali alle spinte inflative che stanno toccando la doppia cifra non si è fatta attendere, il che solleva però altri problemi, collaterali. «Gli istituti centrali se la cavano piuttosto bene, e con relativo agio, laddove gli sia richiesto di modulare l’offerta di moneta, possono iniettarne potenzialmente infinita, e drenarne altrettanta rapidamente, seppur questo non sia privo di conseguenze. Attualmente però possono incidere solo sulla domanda aggregata, ma per il gap che si è creato tra il loro target ufficiale e gli attuali livelli cui è arrivata sarebbe necessario il suo totale annientamento, dunque una recessione profonda. Il problema che si era già posto nel 2020 è che le Banche Centrali non possono ‘stampare’ quanto servirebbe davvero, dunque petrolio, gas, rame, navi, forza lavoro… il che allontana la possibilità di centrare il target prefissato», enfatizza l’analista di Bluestar.
È infatti piuttosto difficile scindere
Ma se già la ripresa post pandemica aveva messo sotto pressione diversi settori, logistica in primis, nei prossimi mesi potrebbero subentrarne di ulteriori. «Nel momento in cui il mercato sconta un aumento significativo dei prezzi, per via di spinte inflative, allora diventa razionale iniziare ad accumulare scorte di quei beni di cui si avrà bisogno. Anticiparne l’acquisto oggi può infatti tradursi in forti risparmi domani. Il problema è che la forte domanda può generare ulteriore inflazione nel breve termine, accrescendo il rischio di deflazione in futuro, al rallentamento della crescita economica. Il contesto sta mutando rapidamente, sarà dunque necessario monitorarne attentamente gli sviluppi», conclude Brandes.
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Fonte:
Affitti e inflazione Gli effetti del tasso d’interesse di riferimento (2008: 100) 120 110 100 Tasso di riferimento (dx) Affitti offerti 4% 2% 0% 2008 2014 1018 2022 Affitti in essere
Raiffeisen
tutti gli elementi che sono venuti a manifestarsi in una fase già di per se critica, quale l’uscita da una pandemia. «Il conflitto in Europa orientale ha peggiorato le condizioni di domanda e offerta a livello globale, ampliando la già forte incertezza. L’inflazione europea è ampiamente importata, frutto del prezzo di energia e materie prime, e rappresenta una ‘tassa’ che comprime i consumi e frena la produzione, alterando tutti gli indicatori macroeconomici tradizionali. Accrescendo l’incertezza delle prospettive future rende difficile valutare quando si sarà raggiunta la piena occupazione, l’utilizzo dell’intera capacità produttiva, e dunque quando si sia giunti ad accettabili equilibri di mercato, ossia il momento in cui sarebbe opportuno agire», riflette il Cio di Ubs.
Ma a quale dei tanti volti dell’inflazione stanno rispondendo ormai da qualche mese gli istituti centrali? «Le azioni già intraprese sia in Nord America che in Europa, che proseguiranno, non hanno come obiettivo di contenere l’inflazione da deglobalizzazione, né tanto meno quella di matrice più energetica, quanto di contrastare quella componente derivante dalla piena occupazione, già raggiunta negli Stati Uniti, e comunque in progressivo avvicinamento nell’Eurozona», puntualizza l’esperto di Eurizon.
Dunque, quale dovrebbe essere il punto di equilibrio di una situazione dai contorni altamente esplosivi, in vista di un autunno quanto mai complesso? «L’unica soluzione, quella del mondo ideale, sarebbe ancora una volta un’attenta concertazione tra Politica e politica monetaria, oltre alla dismissione da parte degli istituti centrali di target inflativi quanto mai anacronistici, anche per loro esplicita responsabilità. Se da un lato dunque l’asticella dell’obiettivo va alzata, almeno temporaneamente, dall’altro è necessario agire alla radice del problema, trovando un compromesso, ad esempio in Ucraina, tra quelle che sono esigenze geopolitiche, giuste o sbagliate, e quelli che restano principi ideologici sacrosanti in un mondo ideale, ma non meglio definiti attualmente», nota Cribari. I pompieri del mondo. È ormai dai tempi della Grandi Crisi finanziaria che non passa anno senza che i banchieri centrali vengano scomodati per risolvere, o almeno cercare di farlo, un qualche tipo di problema di natura sempre più improbabile. Fiscali, monetari, finanziari, econo-
«Prima la Brexit, poi la pandemia, ora una guerra, hanno dato il la a quella che per il momento viene definita slowbalization, è avventato definirla deglobalizzazione, è più semplice chiamarla regionalizzazione, con una nuova attenzione per il mercato domestico»
mici, immobiliari, in Svizzera addirittura previdenziali… un modello destinato certamente a esaurirsi. «Nel 2008 i banchieri centrali risolsero davvero il problema, era squisitamente finanziario, frutto di complesse alchimie di crediti e debiti, ed erano le persone dotate degli attrezzi giusti per intervenire puntualmente, come avvenuto prima negli Stati Uniti e poi in Europa. Nel caso dell’emergenza pandemica la vera soluzione l’hanno trovata
Per quanto possa sembrare semplice semantica, il rischio inflazione sempre più di attualità è anche al centro di un acceso dibattito sulla possibile fine della globalizzazione. Ma il caro materie prime, e dunque la pressione sui prezzi, e l’apparente inflazione, come può essere combattuto dalla semplice politica monetaria? Avrebbe davvero senso alzare i tassi da parte degli istituti centrali in questa fase?
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Roman Bättig, Responsabile Macro Research di Banca Cantonale dei Grigioni
Caro materie prime Indice materie prime (2018: 100) Fonte: Bloomberg, Ubs, al 10-VIII 2022 Gen-18 Gen-19 Gen-20 Gen-21 Gen-22 60 80 100 120 140 160 180 Ubs Cmci Index Bloomberg Commodity Index Materie prime metalliche Stoccaggi mondiali (in mia di T) Fonte: Bloomberg, Ubs, al 10-VIII 2022 2.0 1.5 1.0 0.5 0 Rame Allum. Nikel Zinco Piombo ■ Media 5y ■ Media 3y ■ Media 2022 Gli anni della bassa inflazione Tasso di inflazione Core Cpi
avanzate (%, per anno) Fonte: World Bank and Haver Analytics 10 30 50 70 90 2000 2004 2008 2012 2016 ■ <0 ■ 0-1 ■ 1-2 ■ 2-3 ■ >3
nelle economie
Buona parte degli stimoli fiscali varati negli ultimi anni, per uscire (o galleggiare) dall’emergenza pandemica hanno avuto come effetto immediato un forte rimbalzo dei livelli di attività economica, che da qualche tempo si scaricano anche sulle materie prime, ma anche la forte ripresa del commercio globale, dopo un suo repentino congelamento nel corso del 2020.
«Accanto al conflitto ucraino a pesare è un secondo scontro, quello tra Cina e Stati Uniti. Qualora questo si consumasse, l’Occidente continuerebbe a trattare materie prime a prezzi maggiorati, creando inflazione; mentre Cina e India le comprerebbero dalla Russia a forte sconto, nemmeno più in dollari»
Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management
non troppo, patto per cui gli attori meno democratici dell’intero sistema si preoccupassero della stabilità di tutti i Paesi avanzati, liberali per definizione. «Era una pretesa avanzata dalla Politica, interessata a coagulare consensi minimizzandone il costo. Questo meccanismo ha funzionato, seppur creando distorsioni oggi evidenti, sino al 2018 quando anche la Politica è tornata a farsi sentire, in maniera plateale dal 2020, ribaltando ad esempio un paradigma ideologico tutto europeo improntato a una falsa austerità di matrice teutonica», precisa l’esperto di Bluestar.
Quali che ne siano le ragioni nel corso degli ultimi anni questi interventi ‘straordinari’, un po’ come gli strumenti messi in campo, si sono fatti via via più frequenti. «È tutto figlio della deregulation, o della globalizzazione selvaggia, a dipendenza della definizione. Dal 2010 un totale di 6 trilioni di dollari, il 30% del Pil americano, sono stati ‘investiti’ da Wall Street in buyback, in un clima di totale instabilità, alimentata da tassi d’interesse bassissimi che incentivano la leva finanziaria, e favoriscono il crearsi di bolle speculative. La volatilità derivante è il prodotto di un’attività ormai diffusa quale il daily trading, se non dell’high frequency, che non possono che esacerbare le difficoltà di un sistema le cui fondamenta sono sempre meno solide», evidenzia Novelli.
gli scienziati, mentre le Banche Centrali si preoccupavano che una crisi sanitaria globale non divenisse anche finanziaria. Oggi sono chiamati a soffocare, o quanto meno arginare, una ripresa dell’inflazione che qualora si radicasse aprirebbe scenari molto pericolosi, stile anni Ottanta. È inevitabile che questo protagonismo continui, sin tanto che il modello economico rimarrà capitalistico», prosegue Conti.
Era del resto maturato un tacito, ma
Eppure, non tutto è stato vano. Qualche evidenza, di una certa rilevanza specie se in prospettiva futura, è stato infatti possibile raccoglierla. «Oggi sappiamo che la sola politica monetaria non può creare maggior crescita economica, almeno non in modo strutturale, e di conseguenza incidere in modo significativo sull’inflazione. Al contrario, quella fiscale impiegata per abbreviare i tempi della ripresa ha spinto la crescita, dando luogo a una potente fiammata inflativa. Il Covid ha per certi versi autorizzato a tentare lo sperimentalismo dell’helicopter money, dimostrandone tutti i rischi. La politica monetaria ne esce dunque rafforzata in qualità di strumento anti-ciclico, al pari della sua preferibilità rispetto alla fiscale», commenta l’esperto di Eurizon. Elefanti nella stanza. A dipendenza di quale sponda dell’Atlantico si consideri, sia la Fed che la Bce, si trovano confrontate a una situazione molto peculiare in cui tutto è il contrario di tutto. Dunque, che fare? «Il deterioramento delle aspettative d’inflazione, e una sua accelerazione
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Ripresa
dopata I pacchetti di stimolo per evitare una recessione globale Fonte: Banca Mondiale 0 60 50 Rimbalzo dell’import (in %, Q4 vs Q2 ‘20) Stimoli fiscali (in % del Pil) Svizzera Corea S. Singapore Giappone Germania Italia Regno Unito Nuova Zelanda Spagna Francia Rep. Ceca Svezia Finlandia Olanda Norvegia Canada Stati Uniti Australia Danimarca 40 30 20 10 0 10 15 20 25 30 35 40 45 5 50 Belgio Il commercio traino della ripresa post-pandemia Il rimbalzo tra il II e il IV trimestre del 2020 per Paese Fonte:
-30 -10 10 30 50 70 90 110 0 50 40 30 Crescita media del Pil (in %) Ripresa del commercio (in %) 20 10 Alto reddito Medio reddito Basso reddito
post-pandemica
Banca Mondiale
su base annua e mensile, già a giugno aveva spinto la Fed a un primo forte segnale, un rialzo da 75 bps; parallelamente l’Università del Michigan rilevava come le stesse famiglie avessero corretto al rialzo le proprie aspettative di lungo termine, mentre il mercato del lavoro non registrava problemi. Sul mercato degli swap il rallentamento è però già visibile, c’è dunque il rischio che la Fed possa finire con il fare troppo, ritornando sui suoi passi tra pochi mesi», rileva Nicolas Blanc, responsabile Asset Allocation di Ellipsis Am. Nel caso dell’Eurozona, e più estensivamente il Vecchio Continente, la situazione è simile ma diversa nella sua complessità. «Il maggior impatto che il conflitto sta avendo sull’Europa potrebbe presto tradursi in conseguenze difformi tra Paesi, sino a impedire un’omogenea trasmissione della politica monetaria, l’incubo di Francoforte. Il rischio che l’inflazione resti ben al di sopra dell’obiettivo per più tempo, visti i prezzi delle materie prime, è probabile, e questo finirebbe con il deprimere il clima di fiducia, con pressioni al ribasso sulla crescita più pronunciate che negli Stati Uniti. Al pari della Bce, anche la Fed si trova a calibrare i propri interventi con gradualità e ‘navigando a vista’, cercando di tutelare un’ancora auspicabile ripresa», chiosa Guglielmin.
Vista da Francoforte la situazione potrebbe non essere però del tutto inedita, il che almeno in principio costituisce comunque un elemento di ottimismo, se anche forzato. «Tutto è ricominciato da qualche problema di comunicazione circa i Paesi periferici, quello che è seguito è la necessità sì di contrastare l’inflazione, ma anche di evitare il rischio di frammentazione, dunque una politica restrittiva, ma anche rassicurante nella sua accomodanza. Accanto dunque alla flessibilità del reinvestimento dei titoli già acquistati, ha affiancato un nuovo strumento ad hoc, ma la vera novità in grado di fare la differenza è un’altra: il 2012 ha fatto maturare l’urgenza di intervenire tempestivamente in queste circostanze. In aggiunta la Corte di Giustizia europea ha approvato il possibile intervento della Bce in circostanze analoghe, e l’Italia ha abbassato il rendimento medio del suo debito, che la tutela almeno in parte da eventuali strattoni», commenta l’esperto di Ellipsis. Frenata energetica. L’esplodere del costo delle materie prime, specie di quelle energetiche costituisce un grave
«Il deterioramento delle aspettative d’inflazione, e una sua accelerazione su base annua e mensile, già a giugno aveva spinto la Fed a un primo forte segnale. Sul mercato degli swap un rallentamento è però già visibile, c’è dunque il rischio che la Fed possa finire per fare troppo»
Nicolas Blanc, Responsabile Asset Allocation di Ellipsis Am
L’energia in Europa: rinnovabile ma non troppo Dipendenza dall’import di gas russo, e % delle rinnovabili nel mix energetico (2019)
Gas, quanto mi costi?
A patto che i depositi siano pieni, fino a quando durerebbero le scorte?
problema per un continente che ha ancora nel manifatturiero il cuore pulsante del proprio tessuto economico. E gli effetti si vedono molto chiaramente. «Non è più questione se sia in atto o meno un rallentamento della ripresa post pandemica, il dibattito si sta ora concentrando sulla sua entità, e se si arriverà a una recessione quanto profonda, direzione verso cui l’Europa sembra ben orientata. Questo avviene in un momento in cui gli indici
Le crescenti tensioni sul gas russo espongono l’Europa a più di un problema in vista dell’inverno, e non solo di quest’anno. Ma anche a patto di riuscire a riempire gli stoccaggi per quanto tempo i Paesi europei avrebbero autonomia? Le rinnovabili del resto rimangono una pia illusione, cui è doveroso affiancare quanto prima qualche certezza, ma come? Il tempo non è certo un alleato.
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Lussemburgo Olanda Belgio Irlanda Uk Ungheria Polonia Rep. Ceca Slovacchia Francia Germania Spagna Italia Grecia Bulgaria Slovenia Romania Lituania Croazia Portogallo Estonia Austria Danimarca Lettonia Finlandia Svezia 10 20 30 40 50 60 Rinnovabili 0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00 Livello di dipendenza dal gas russo AustriaBulgariaCroaziaRep.CecaDanimarca UeFranciaGermaniaUngheria ItaliaOlandaPoloniaPortogalloRomaniaSlovacchiaSpagnaUcraina
Fonte: Leibniz information centre
Fonte: Iif, Agsi 1 Mag 23 1 Mar 23 1 Gen 23 1 Nov 22 1 Ott 22 1 Apr 23 1 Feb 23 1 Dic 22
«Gli Stati Uniti dovrebbero accettare l’idea di un mondo tripolare, ma la loro riluttanza è destinata a portare un’instabilità geopolitica strutturale. Del resto, Wall Street non sarebbe più la stessa, il dollaro perderebbe il suo ruolo, e questo implicherebbe di trovare soluzioni agli squilibri dell’economia americana»
Maurizio Novelli, Senior Portfolio Manager di Lemanik Invest
Rischio dazi e sanzioni?
L’incertezza mina alle fondamenta anche il commercio
Gli Usa annullano parte dei dazi in essere in dicembre Riprendono i colloqui
Annuncio di 200 miliardi di nuovi dazi all’import cinese dal 1 marzo, con nuove modifiche comunicate il 24 febbraio
Dazi americani su beni cinesi, previste eccezioni per Ue, Canada e Messico. Dazi di Canada e Ue su beni americani
Annunciata tregua guerra dei dazi Nuovi dazi americani da subito operativi
Dazi americani su acciaio e alluminio
Il peggior nemico del commercio globale non sono tanto dazi e sanzioni, quanto la loro erratica e apparentemente casuale applicazione, che oltre ad alimentare un profondo clima d’incertezza, impedisce anche una corretta programmazione, e dunque il possibile contenimento dei costi. La politica economica è una preziosa alleata quando non è imprevedibile.
Pmi, americani ed europei, sono in calo, al pari della fiducia delle famiglie, ma anche in una fase contraddistinta dalla solidità dei bilanci privati, e delle istituzioni finanziarie, che dovrebbero dunque limitare il potenziale effetto contagio. Un ulteriore segnale verrà dalla ormai prossima stagione di utili e trimestrali», nota Blanc.
Un ruolo decisivo sia in termini inflativi, o comunque definiti tali, che congiunturali, lo stanno avendo le materie
prime, anche a fronte del ruolo che la Russia ha tradizionalmente avuto nel settore. «Affrancarsi da una dipendenza è sempre una buona decisione, ma farlo agendo d’impulso e senza valutare conseguenze e tempistiche è certamente peggio che non fare nulla. Nell’immediato è impensabile fare a meno della Russia, e in primis del suo gas, ragionare sul come farlo nel medio lungo periodo è invece sacrosanto, proprio per evitare di trovarsi in questa situazione. Il baco è però annidato nella forte connotazione ideologica che hanno tutti i piani di transizione energetica europei, in cui si predilige alla componente realistica quella populistica, espressione di una popolazione però ancora inconsapevole di quali saranno i reali costi di queste decisioni epocali», sintetizza Cribari. Ma nell’immediato, anche solo per tamponare l’emergenza energetica, cosa potrebbe essere concretamente fatto, prima di arrivare almeno nel medio a un modello più sostenibile in molti sensi? «Da un lato bisogna fronteggiare una bolletta energetica moltiplicatasi di diverse volte in breve tempo, dall’altro bisogna comunque pensare agli investimenti necessari in vista della transizione. La politica fiscale, anche a debito, in questa fase può avere un ruolo non indifferente, ed è probabilmente la migliore delle alternative disponibili: è una soluzione anti-ciclica e non inflazionistica, ed evita che accada l’esatto opposto qualora a pagare fossero chiamate le imprese, causando inflazione e poi recessione, che presto o tardi si scaricherebbero comunque anche sulle finanze pubbliche», riflette Conti. La geopolitica è tornata. Se in Occidente la situazione è certo complicata, non è che altrove sia tutto fiori e frutti. A eccezione dei Paesi avanzati il quadro pandemico resta infatti un elemento di forte disturbo dell’attività economica, a partire dall’Asia. «La Cina sta uscendo più lentamente del previsto dai recenti lockdown estivi, rimane locomotiva della crescita mondiale, seppur con importanti fragilità strutturali. I bassi livelli di immunità acquisita e vaccinazioni lasciano possibili nuove ondate, la crisi immobiliare è tutt’altro che risolta, e anzi le prospettive per il settore non sono rosee, resta la forte dipendenza di Pechino dalle esportazioni, e il rallentamento globale non potrà non avere un ruolo, al pari di possibili sanzioni commerciali da parte occidentale», sottolinea l’esperto di Ellipsis.
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Le incertezze del Vecchio Continente Indice dell’incertezza della politica economica in Europa Fonte: Economic Policy Uncertainty 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 2000 2004 11 set. Iraq Crisi fin. Crisi dell’euro Brexit Ucraina Covid-19 2008 2012 2016 2020
Date chiavi delle tensioni Cina - Stati Uniti Indice dell’incertetta del commercio globale 0 100 120 140 180 80 160 20 60 40 1991 2001 Indice d’incertezza del com. globale 2006 2011 2016 2021
Fonte: Banca Mondiale
Un’eventualità improbabile, ma pur sempre possibile, anche a fronte di un radicalizzarsi dello scontro tra Russia e Occidente, e di un progressivo a tratti sorprendente ‘schiacciarsi’ della Cina sulle posizioni di Mosca. «A livello geopolitico accanto al conflitto in Europa orientale a pesare è un secondo scontro, molto più pericoloso, quello tra Cina e Stati Uniti, che potrebbe coinvolgere molte cose care ai mercati. Qualora questo si consumasse, si creerebbero due sistemi paralleli, nel primo i Paesi occidentali continuerebbero a trattare materie prime a prezzi maggiorati, creando inflazione; nel secondo Cina e probabilmente India le comprerebbero dalla Russia a forte sconto, in tal caso nemmeno più in dollari, ma con una loro moneta garantita da oro e materie prime. A quel punto nel primo il ruolo delle Banche Centrali ne risulterebbe esaltato, non potendo più finanziarsi vendendo titoli a Pechino dovrebbe farlo stampando moneta», analizza il Cio di Ubs.
Reagire d’impulso a quello che è certamente stato un evento geopolitico inatteso non ha certo contribuito a sgombrare il tavolo da quelli che da ora in avanti potranno sempre essere considerati quali insidiosissimi ‘precedenti’. «Interessi strategici ed emotività hanno portato in tempi sorprendentemente brevi a varare pesantissime sanzioni nei confronti della Russia, le cui conseguenze potrebbero però rappresentare l’esempio di ‘auto castrazione’ più clamorosa della storia. Oltre a costituire una palese violazione dello stato di diritto, non si è mai vista l’esclusione di un’autorità giudiziaria indipendente nel sequestro di un bene, e in ogni caso continueremo a dipendere da Mosca per le materie prime, danno slancio a sistemi di pagamento alternativi per tutti quegli stati che non debbano o vogliano dipendere più dal dollaro. In questo Pechino vedrebbe un’ottima scorciatoia per internazionalizzare il Renminbi, guadagnando una valuta forte e credibile per controllare l’inflazione, sganciarsi dal dollaro, e riprendersi Taiwan», nota l’esperto di Bluestar. Anche in questo caso la soluzione migliore sarebbe trovare un accomoda-
Se è quanto meno avventato parlare di deglobalizzazione, quello che è certo che il grado di diversificazione geografica delle forniture è in rapido aumento, da prima della pandemia.
«Interessi strategici ed emotività hanno portato a varare pesantissime sanzioni, le cui conseguenze potrebbero però rappresentare l’esempio di ‘auto castrazione’ più clamorosa della storia. Oltre a costituire una violazione dello stato di diritto, in ogni caso continueremo a dipendere da Mosca per le materie prime»
Geograficamente deglobalizzati
Gli ‘eventi avversi’ degli ultimi anni hanno spinto un numero crescente d’imprese a interrogarsi sul quanto sia ancora opportuno spingersi quanto lontano, ragionando in termini di resilienza delle catene di fornitura. Ma cosa potrebbe emergere alla luce del recente conflitto? «Prima la Brexit, poi la pandemia, ora una guerra, hanno dato il la a quella che per il momento viene definita slowbalization, è avventato definirla deglobalizzazione, è più semplice chiamarla regionalizzazione, con una nuova attenzione per il mercato domestico. Delocalizzare la produzione in più Paesi ma meno lontani aiuta sia a contenere i costi logistici, sia a garantirsi un miglior approvvigionamento», rileva Roman Bättig, responsabile ricerca macro della Banca Cantonale dei Grigioni.
Se dunque non è deglobalizzazione, c’è il rischio che presto o tardi inizi? E se ciò accadesse, come si potrebbe accertarlo? «Nonostante se ne discuta molto sin dal 2016, parte della questione è il come misurarla, che si è convenuto possa essere il rapporto tra attività commerciale e Pil. Guardando a tale indicatore quello che emerge è che la fase successiva al 1990 sia stata del tutto eccezionale, una globalizzazione trainata dal progresso tecnologico. Il suo ‘picco’ è ormai passato, ma questo non dovrebbe essere fonte di preoccupazione. L’automazione continuerà a ridurre i costi di manodopera e produzione, e questo controbilancerebbe i maggiori costi del near-shoring di parte delle attività. Gran parte del commercio mondiale avviene già tra Paesi vicini o limitrofi, non dovrebbero esserci problemi rispetto alla crescita, e solo una radicale regionalizzazione potrebbe alimentare importanti spinte inflative destinate altrimenti a stabilizzarsi», conclude Bättig.
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Mario Cribari, Responsabile strategia e ricerca di Bluestar Investment Managers
0.2 0.3 0.1 0.4 0.5 0.7 0.6 0.8 Indice di diversificazione, 2003 0 0.5 0.6 0.8 0.7 Indice di diversificazione, 2018 0.4 0.3 0.2 0.1 Alto reddito Medio reddito Basso reddito
Fonte: Banca Mondiale
La diversificazione geografica delle forniture sta aumentando (per Paese)
È solo un rallentamento?
Prosperità culturale
Paese che vai, cultura che trovi. L’Occidente spesso sottovaluta la presa che una certa cultura e determinati valori abbiano ancora fuori dai suoi confini, e dunque il peso che sia loro tributato dalle società locali. C’è dunque il rischio che l’economicismo della stessa globalizzazione sia diversamente interpretato a dipendenza dell’area geografica, come in Cina. «La prosperità comune, non l’egualitarismo è la cifra dei sistemi socialisti, e la ricchezza materiale è strumentale a raggiungere quella spirituale. In una scala di valori è fondamentale raggiungere il benessere economico, ma con il fine unico di divenire ‘nobile’. Una persona benestante può infatti restituire alla società molto di quello che ha accumulato, divenendo sempre più ‘nobile’», fa notare Yang Jing, già vice Direttrice dell’ufficio per la scienza e la tecnologia di Dongguan, in Guangdong, e alumno della Nankai University, la più blasonata università di economia cinese.
Benessere e nobilità sono però solo i primi due scalini di una scala valoriale accettata e molto ben definita. «Una persona ricca è dunque anche nobile, e in questo può inseguire l’idea di armonia sociale dell’intera società. Nel farlo si diventa ‘raffinati’, sensibili al resto della comunità, ponendosi al suo servizio. Questo è il miglior vademecum per raggiungere quella che viene definita ‘illuminazione’, ossia il risveglio della propria vita spirituale, in un mondo che è semplicemente ricco, nobile, raffinato e illuminato. La Common prosperity in questo senso è l’espressione più pura degli ideali culturali della società cinese, un suo aspetto altrettanto fondamentale ma meno noto», conclude Jing.
mento ‘all’italiana’ per controbilanciare le legittime esigenze di tutti, senza lasciare incancrenirsi i problemi. «Gli Stati Uniti dovrebbero accettare l’idea di un mondo tripolare, dunque la presenza di Europa e Cina, ma la loro comprensibile riluttanza è destinata a portare un’instabilità geopolitica strutturale. Le conseguenze per loro sarebbero infatti significative, Wall Street non sarebbe più la stessa, il dollaro perderebbe il ruolo centrale che ha avuto sin da Bretton Woods, e questo implicherebbe di trovare soluzioni agli squilibri macroeconomici dell’economia americana, il cui debito estero è ormai al 90% del Pil, rispetto al modesto 45% ancora nel 2008», precisa l’analista di Lemanik.
Uno scenario del tutto ipotetico, e certamente improbabile, soprattutto in tempi brevi, ma comunque possibile, a fronte delle molte difficoltà attuali. «Si legge spesso che se venisse firmata la pace in Ucraina tutto sarebbe risolto, e i prezzi delle materie prime tornerebbero ai livelli precedenti. Questo è evidente non sia vero, per tornare allo statu quo ante, dunque anche alla revoca delle sanzioni, sarebbe indispensabile un clima di fiducia reciproca che è al momento del tutto inimmaginabile», rileva Guglielmin. Dove va la Cina? Se nell’Occidente investito dall’onda inflativa qualcosa sta cambiando, nel Paese di Mezzo qualcosa era già iniziato a cambiare, seppur in
Alfieri del commercio e dell’apertura delle economie sono gli stati liberali, che hanno iniziato il percorso con ampio anticipo. Ma se crescono gli accordi di libero scambio, altrettanto rapidamente si diffondono le sanzioni.
sordina, anche a livello di fondamentali. «Il problema cinese, da qui la necessità di agire, ossia l’annunciata Common Prosperity, nasce da quello che almeno apparentemente è un paradosso, specie se in uno Stato comunista: l’aprirsi di quella stessa forbice tra poveri e benestanti tipica dei Paesi occidentali. L’unica differenza è che negli stati comunisti ricchi sono i politici e i loro amici. Nel caso della Cina è invece un ventennio che si assiste a un costante miglioramento del tenore di vita dei ceti più poveri e del ceto medio, dunque l’opposto di quanto sta avvenendo in Occidente», prosegue Cribari.
Ma cosa sta alla base del lancio della nuova politica, la Common Prosperity, se comunque la situazione era in costante miglioramento? «Il Welfare State europeo è la logica conseguenza di un’economia keynesiana, lo Stato si fa carico di supportare il sistema economico in occasione delle crisi, condividendo l’obiettivo comune di garantire benessere diffuso alla popolazione. La Cina si è prefissata i propri obiettivi negli anni Cinquanta, sprovvista di tutta una serie di strumenti che potessero renderli ‘misurabili’. Nel 2012 ha fissato i due ‘Obiettivi centenari’, una declinazione più pragmatica dei precedenti: il primo, arrivare ad avere una popolazione benestante nel suo complesso, eliminando la povertà assoluta; il secondo, di modernizzazione. La Common Prosperity, come l’ha definita lo stesso Xi Jinping, è il principio fondamentale alla base del socialismo cinese», precisa Ji Wenbin, Visiting researcher Usi.
La comunicazione ufficiale di questo nuovo corso è del resto recentissima, il che crea ancora una certa confusione specie se fuori dal Paese. «Il concetto è stato perfezionato in occasione del decimo incontro del Comitato centrale per gli affari finanziarie economici nell’agosto di un anno fa. Xi per primo l’ha messo in diretta relazione con l’aumento del reddito dei ceti più bassi, una maggiore equità, un miglior equilibrio nello sviluppo regionale, e una certa enfasi sulla ‘crescita’ delle persone. L’idea non troppo originale
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Commercio che passione In beni e servizi (in % del Pil) Fonte:
0 20 40 60 80 100 1970 1976 1982 1988 1994 2000 2006 2012 2018 Canada Giappone Uk Usa Ue Cina Commercio d’intesa N. accordi di libero scambio per anno Fonte: Wto, Goldman Sachs 0 100 200 300 400 5 15 25 35 45 58 64 70 76 82 88 94 00 06 12 18 ■ Beni e servizi (sx) ■ Solo beni (sx) Cumulati (dx)
Ocse, Goldman Sachs
è regolamentare i redditi più alti, e incentivarli a restituire di più alla società, al pari delle aziende più grandi. Ma se il concetto è nuovo, le parole sono le stesse di Mao Zedong negli anni Cinquanta e di Deng Xiaoping negli Ottanta», chiarisce Boër. Alla radice della necessità di varare ufficialmente tale modello è del resto emersa da ragioni molto pratiche, tipiche di un Paese emergente, sviluppatosi forse troppo in fretta. «Il grande balzo dell’economia cinese si è inizialmente consumato in una fase di transizione, in cui il sistema legale e la regolamentazione erano molto liquidi, e dunque il rischio di polarizzazione della società, ossia la forbice tra ceti alti e bassi, era molto alto, da qui la necessità di intervenire. Al pari del Welfare europeo l’obiettivo cinese è ora di garantire un miglior sviluppo sociale ed economico, oltre che una miglior ridistribuzione, aggiungendovi una connotazione socialista: più beneficenza, donazioni e pressione sui ceti alti», prosegue il ricercatore dell’Usi. La vera domanda è però quale impatto avrà questo nuovo corso sugli equilibri economici tra Cina e resto del mondo, specie rispetto ai Paesi occidentali. «È ancora presto per dire la natura dell’impatto che avrà su tutte le parti interessate; e sono molte. Soprattutto va a inserirsi in una fase di transizione da un modello orientato all’export, a uno imperniato sul consumo interno, in una fase di rallentamento post-pandemia della crescita. Di per sé è anche vero che se la Common Prosperity dovesse centrare i suoi ambiziosi obiettivi il ceto medio si amplierebbe ulteriormente, i consumi interni continuerebbero a crescere ancora, il che andrebbe anche a beneficio delle imprese europee», sottolinea Wenbin. Un nuovo mondo? Se da un lato la deglobalizzazione è dunque iniziata, dall’altro è pur vero che molti equilibri mondiali stiano velocemente cambiando, e il trend potrebbe molto presto accelerare.
«È ovviamente una provocazione, ma sino a un certo punto, il mondo si sta capovolgendo: i Paesi ex emergenti consumeranno, riducendo i surplus commerciali e tenendo le proprie valute forti per evitare di importare inflazione, mentre gli ex Paesi sviluppati produrranno, riducendo i deficit commerciali, e accontentandosi di valute deboli importeranno inflazione. Quello che è certo è che la Cina per prima potrà offrire alle imprese occidentali un tale bacino di nuovi consumatori di cui
Quali
è difficile pensare l’Occidente vorrà privarsi», conclude Mario Cribari.
Se dunque il meglio della globalizzazione è ormai alle spalle, e potenzialmente la deglobalizzazione è alle porte, molti dei nodi che ha sollevato, e che nel corso degli ultimi anni si sono infine appalesati, dovranno forzatamente essere risolti e in fretta. Se anche si può non voler dipendere da Mosca, o avere rapporti con Pechino, per comprensibili ragioni strategiche e politiche, è allo stesso tempo altrettanto vero siano entrambe imprescindibili, quindi tanto varrebbe mettersi il cuore in pace, e cercare di trovare vere soluzioni.
Il tempo, e la fiducia, sono in economia due elementi fondamentali, fuori dal mercato primario o secondario degli istituti centrali, e per questo ancor più difficili da raggiungere: non sono in vendita. La politica monetaria può molto; non tutto.
Ma del resto, anche in questo caso, se pure la deglobalizzazione creasse inflazione (e la demografia non remasse all’opposto), allo stesso tempo sembra necessario mettersi d’accordo sul cosa rientri in questa definizione, e sul come
L’arrestarsi della globalizzazione, il cui giudizio è comunque tutto fuorché scontato, e il rischio di polarizzazione dell’economia mondiale, potrebbe arrivare a mettere in discussione il ruolo del dollaro? Perché dovrebbe rimanere al centro del sistema?
da un semplice punto di vista logico possa un tasso d’interesse del 9% piegare prezzi, che almeno in Europa, sono in gran parte frutto della bolletta energetica.
Se dunque la Politica decide irrazionalmente di prostrarsi all’ideologismo più becero, risposte ai cambiamenti climatici in primis, che almeno abbia la buona creanza di informarne il mercato, e l’economia per tempo, come un minimo di pragmatismo vorrebbe, o come alternativamente l’idea romantica del Welfare europeo imporrebbe. Le materie prime sono un monopolio naturale, sino a prova contraria irrisolvibile, prima di reagire d’istinto almeno qualcuno, almeno una domanda, dovrebbe porsela: cosa si pensa di fare al ‘niet’ di Mosca?
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umori
alla globalizzazione? ‘Tutto sommato è positiva per il mio Paese’ % di intervistati Fonte: Goldman Sachs 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% S. Africa Peru Brasile S. Corea Cile Turchia Colombia Giappone Argentina Svezia Messico Mondo Canada Ungheria Germania Australia Uk Spagna Olanda Stati Uniti Polonia Italia Belgio Russia ■ 2019 ■ 2021 Francia Il Re dollaro Quota come valuta di riserva (in % tot.) Fonte: Imf 0 20 40 60 80 100 2001 2006 2011 2016 2021 ■ Usd ■ Sterl. ■ Eur ■ Chf ■ Yen ■ Aus. ■ Can. ■ Yuan ■ Altro Il Re dollaro Valuta del commercio mondiale Fonte: Imf, Goldman Sachs Quota di export destinato agli Stati Uniti Quota di export fatturata in dollari 0% 10% 20% 30% 40% 50% 1999 2004 2009 2014 2019
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Il più grande dei piccoli stati
Turismo, commercio, finanza e tecnologia. La realtà sui generis di Andorra, co-principato parlamentare, nei Pirenei, destinazione interessante per investimenti immobiliari.
Andorra vanta diverse particolarità. Tra queste: la capitale Andorra la Vella, situata a un’altitudine di 1.029 metri, è la capitale più alta d’Europa e anche una delle più piccole.
Si toccheranno qui molte delle questioni trattate in passato in relazione alla Spagna: turismo, investimenti immobiliari, arte e blockchain, ma riferite questa volta al più grande dei piccoli Stati europei: Andorra. Situata nei Pirenei e confinante con la Spagna, Andorra ha una superficie di 468 chilometri quadrati, una popolazione di 80.224 abitanti (ad aprile 2022) e dunque una densità media di 156 abitanti per Km quadrato (dunque con una popolazione pari al doppio di quella di altri micro Stati come il Liechtenstein, Monaco o San Marino).
Incuriosisce il sistema politico di questo Stato, che si configura come un co-principato parlamentare, in cui i co-principi sono il presidente della Francia ed il vescovo cattolico di Urgell (nella comunità spagnola della Catalogna) mentre il potere esecutivo è esercitato da un primo ministro eletto dal parlamento andorrano (come unica camera) composto da vari
partiti. Andorra non è uno Stato membro dell’Ue però ha adottato l’euro come moneta ufficiale. È invece membro delle Nazioni Unite così come di altre organizzazioni internazionali, compreso (dal 2020) il Fondo monetario internazionale. L’economia andorrana si basa principalmente su turismo, commercio e sul settore finanziario. Con più di 1.400 negozi, soprattutto di effetti personali di lusso o elettronici, Andorra è stata ed è tuttora una delle destinazioni preferite degli ‘shopper’, soprattutto spagnoli e francesi, attratti dalla scelta ma anche dai prezzi offerti dai commercianti locali. Negli ultimi anni è costantemente cresciuto anche il commercio all’ingrosso. Ma il motore dell’economia andorrana è il turismo. Con più di otto milioni di visitatori annuali il Paese offre importanti impianti sciistici nella stagione invernale (318 km di piste su un’area di 3.075 ettari così come impianti di risalita che trasportano più di 160mila persone all’ora)
e un’infrastruttura termale, Caldea, delle più grandi in Europa con una superficie di 44.894 metri quadrati. Anche in questo caso i Paesi di origine dei turisti sono in larga parte quelli confinanti. Probabilmente il principale fattore che limita una maggiore internazionalizzazione dei visitatori è l’ubicazione geografica del Principato ed il fatto che tradizionalmente è accessibile per strada, mentre gli aeroporti internazionali più vicini sono quelli di Barcellona e di Toulouse a circa due ore e mezzo di auto. Recentemente è stato annunciato per la stagione invernale un volo da Madrid per l’aeroporto di Andorra-Le Seu d’Urgell, situato in territorio spagnolo ma a soli 17 chilometri dalla capitale Andorra La Vella, operato dalla compagnia Air Nostrum (Gruppo Iberia) con velivoli con una capacità tra i 42 ed i 72 passeggeri. Il governo di Andorra offre gratuitamente il trasporto via autobus dall’aeroporto alla capitale. È pure in corso un progetto per la costruzione di un eliporto nazionale che garantirebbe, tra l’altro, collegamenti con l’aeroporto di Le Seu d’Urgell. Sicuramente un più facile accesso anche via aerea al Principato contribuirà a consolidare la crescita della domanda nel settore turistico ed in generale a definire Andorra come destinazione per affari e come centro residenziale. In ogni caso ad oggi le strutture alberghiere e di alloggi turistici sono a pieno regime ed esiste sia una domanda crescente per nuove strutture che un interesse da parte anche
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economia / testimonianze
di importanti operatori a livello internazionale di prendere in gestione hotel o appartamenti, soprattutto di lusso. Non mancherebbero neppure i potenziali investitori, anche dai Paesi del Golfo, che vedono di buon occhio lo sviluppo del Principato degli ultimi anni. Un fattore che ha reso e rende ancora Andorra come un Paese interessante è sicuramente quello fiscale. L’aliquota delle imposte sugli utili societari è del 10% (che può essere ridotta al 2.5% in alcuni casi) e l’aliquota dell’Iva è del 4.5%. Anche le persone fisiche sono assoggettate per i loro redditi mondiali progressivamente ma fino ad un’aliquota massima del 10%. Non esiste invece un’imposta sulla sostanza e neppure un’imposta sulle successioni o le donazioni. Il Principato ha cominciato ad estendere la sua rete di trattati per evitare la doppia imposizione (attualmente con: Francia, Spagna, Eau, Portogallo, Lussemburgo, Liechtenstein, Malta e Cipro) e di scambio di informazioni con 24 Paesi (tra i quali la Svizzera). Questa evoluzione del regime tributario ha fatto sì che Andorra non sia più considerata, come in passato, un paradiso fiscale e dunque soggetto a forti penalizzazioni. Oltre ad un ordinamento tributario favorevole Andorra ha anche stabilito delle facilitazioni per acquisire un permesso di residenza, anche senza lavoro, con una permanenza minima di novanta giorni all’anno; facilitazioni soggette all’adempimento di determinati requisiti. Per esempio, tra gli altri casi, esiste una sorta di ‘golden visa’ per chi investe 400mila euro nel Principato (in determinati attivi, tra i quali gli immobili), oppure per chi stabilisce ad Andorra il suo centro di prestazione di servizi professionali ad un portafoglio di clienti internazionali con almeno un impiegato e l’85% dei servizi usati fuori d’Andorra (e in aggiunta l’obbligo di un deposito di 50mila euro, che non genera interessi, presso l’autorità finanziaria andorrana e di un deposito di 10mila euro per ogni persona a suo carico che acquisisce lo stesso tipo di residenza). Non esistono invece requisiti particolari per ottenere il permesso di residenza ad Andorra per le persone che entrano in una residenza per anziani, in un centro ospedaliero o di cura (senza permesso di lavoro ad eccezione della gestione attiva del suo patrimonio, sempre e quando non remunerata). Dalla pubblicazione nel 2012 della nuova legge sugli investi-
«Andorra è interessante anche dal punto di vista fiscale. L’aliquota delle imposte sugli utili societari è del 10% (che può essere ridotta al 2,5% in alcuni casi) e l’aliquota dell’Iva è del 4,5%. Anche le persone fisiche sono assoggettate sui loro redditi mondiali progressivamente ma fino a un’aliquota massima del 10%»
David Mülchi, Avvocato e socio dello Studio Mülchi & Asociados
Volume degli investimenti formalizzati
menti esteri, Andorra è attualmente un Paese attrattivo come centro d’affari e d’investimento. Una delle colonne portanti dell’economia di Andorra è il suo settore finanziario. Conta 5 gruppi bancari, 7 entità finanziarie che gestiscono fondi d’investimenti, 11 entità finanziarie d’investimento e consulenza finanziaria e 27 compagnie d’assicurazione. Nel 2018 le banche andorrane gestivano 9.529,7 milioni di euro in depositi, un portfolio di crediti di 5.911,1 milioni di euro e contavano risorse totali per 44.925 milioni di euro. Infine, è rilevante la scommessa per il settore delle telecomunicazioni. Non è così sorprendente che il Principato sia stato scelto come meta per la residenza di molti ‘influencer’ che hanno deciso di spostarsi qui, potendo contare principalmente su una fiscalità privilegiata ma anche sulle necessarie infrastrutture per poter sviluppare comodamente e con efficacia il loro lavoro (famoso in Spagna il caso, dell’anno scorso, de El Rubius, lo ‘youtuber’ con più di 100 milioni di ‘follower’ che si aggiunge ad altri colleghi,
Gli investimenti stranieri, nello stato di Andorra, sono in crescita costante.
già ‘andorrani’, come Vegetta777, Frank Grames, Lolito o Willyrex). Sempre nell’ambito della chiara scommessa sulle nuove tecnologie è la recente pubblicazione (il 30 luglio 2022) che regola gli attivi digitali e la tecnologia blockchain anche sotto l’aspetto tributario. Personalmente penso che oggi Andorra possa essere un’opportunità per le imprese svizzere, le quali possono offrire i loro servizi in tutti i settori di interesse per il Principato (di cui molti, come il turismo o il settore finanziario ed assicurativo, sono comuni), e un’opportunità anche per gli investitori che vedano nel recente sviluppo del piccolo Paese - in particolare le potenzialità in settori come quello immobiliare, del turismo e delle nuove tecnologie - un’opzione per diversificare gli investimenti e posizionarsi in un momento che i dati sembrano indicare come quello ‘giusto’.
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n
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* Investimento iniziale dichiarato dagli investitori ** Attività di Andorra con capitali stranieri (>50%) che effetuano un nuovo investimento n : Mini d ll id n d ll c
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Immobiliare e costruzioni
Proprietà Manifattura, produzione e realizzazione Ingrosso e dettaglio Settore alberghiero
Progettazione, design e ricerca Spagna Francia Andorra**
Russia
PER SETTORE D’ATTIVITÀ PER PAESE* Lussemburgo
Servizi per le imprese Belgio Olanda Altri Paesi
Ferrovie, binario portante
Puntualità, affidabilità e sicurezza sono le caratteristiche identitarie delle Ffs. Flessibilità e fluidità le nuove sfide, per diventare l’asse portante del sistema combinato e integrato di trasporti per la mobilità futura. Per essere competitivi rispetto al traffico individuale motorizzato e soddisfare le complesse esigenze della logistica. Consolidando il ruolo guida in materia di sostenibilità, assunto un secolo fa decidendo di elettrificare la sua rete.
Èchiaro, tanto nella volontà politica quanto nella strategia delle Ffs: è alla ferrovia che spetta il ruolo di asse portante nel sistema della mobilità intermodale futura. Sia nella gestione del traffico passeggeri, dai pendolari ai viaggiatori internazionali, sia in misura ancor maggiore nel trasporto merci, con un’orchestrazione che si vuole sempre più efficiente, flessibile, capillare e sostenibile. Accordi o disaccordi quadro, la Svizzera è e resterà il crocevia europeo.
Alle spalle una lunga storia: esattamente 175 anni fa veniva inaugurata la prima tratta ferroviaria del Paese, poco più di 20 km, che dava saggio delle potenzialità del nuovo mezzo collegando Zurigo e Baden
in soli 45 minuti. Ben 3 ore in meno del viaggio in carrozza. Dotarsi a metà Ottocento di una rete ferroviaria ha sollecitato le più alte capacità ingegneristiche in un territorio che per la sua morfologia alpina presentava più sfide di quante non ne avessero affrontate Regno Unito e, a stretto giro, Stati Uniti e Francia, le prime nazioni a cogliere il treno della modernità da fine anni Venti.
Una tradizione consolidatasi. Ultimo chef d’oeuvre in ordine di tempo, la Galleria di base del San Gottardo che, con i suoi 57 km e uno strato di roccia fino a 2300 metri, è il tunnel ferroviario più lungo e in profondità del mondo. «Quello della Nuova ferrovia transalpina (Nfta),
cui questa Galleria appartiene insieme a quella del Lötschberg e, ultima inaugurata, quella di base del Monte Ceneri, è sicuramente un esempio che ci pone all’avanguardia», osserva Vincent Ducrot, Ceo delle Ffs. Un progetto da 25 miliardi di franchi per la nuova trasversale europea, che a pieno regime potrà raggiungere una capacità di 260 treni merci al giorno. Ma tanti altri sono i pilastri che sostengono gli sviluppi futuri delle Ffs: «L’infrastruttura della rete è finanziata con contributi regolari garantiti sul lungo termine grazie a un fondo d’investimento. Lo stato della rete è soddisfacente, moderno e in continua evoluzione. Basti pensare al programma Ferrovia 2000, che
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economia / aziende Inaugurazione prima linea ferroviaria svizzera, Zurigo-Baden 9 agosto 1847 1852 Legge federale sulle ferrovie Primo traforo svizzero, Hauenstein 1858 1871 Vitznau-Vetta Rigi: prima linea a cremagliera d’Europa La rete arriva a 914 km 1873 1882 Galleria ferroviaria del San Gottardo Vevey-Montreux-Chillon: prima linea elettrica 1888 1890 Primo abbonamento a metà prezzo Nazionalizzazione: nascono le Ferrovie federali svizzere 1902 1906 Tunnel Sempione, il più lungo al mondo Primo viaggio Glacier Express 1930 1940 Locomotiva elettrica più potente al mondo Soppressione terza classe 1956 Il lungo viaggio delle ferrovie in Svizzera, da 175 anni ©SBB CFF FFS
ha permesso di ridurre notevolmente i tempi di percorrenza in tutto il Paese con le nuove linee sull’Altopiano, di intensificare l’orario cadenzato e di modernizzare il materiale rotabile. Abbiamo inoltre ridotto la durata di vita delle composizioni: revisioniamo le vetture a metà del loro ciclo e le rimpiazziamo dopo 25 anni», illustra Vincent Ducrot. Con quasi 34mila impiegati a tempo pieno, oggi sono gestiti 3265 km di tratte sui 5300 nazionali. Oltre 880mila viaggiatori e 185mila tonnellate di merci vengono trasportati ogni giorno. La pandemia non ferma la corsa. Inutile negarlo, due anni di influenza pandemica hanno determinato una contrazione dell’afflusso giornaliero di passeggeri (-33% nel 2021 rispetto al 2019) e del fatturato clienti Cargo (-10,3%).
Lo sa bene Vincent Ducrot che, dopo un decennio alla direzione dei Trasporti pubblici friburghesi, ha assunto la guida delle Ferrovie federali svizzere ad aprile 2020, nel pieno emergere della crisi. Complessivamente si stima che la pandemia abbia impattato sulle Ffs per 3 miliardi di franchi. E anche sul lungo termine, si prevede che il successo dell’home working continuerà a sottrarre un 10% al traffico pendolari. Malgrado l’anno scorso le perdite siano state contenute sensibilmente rispetto al 2020 grazie alle misure di risparmio, ai ricavi più elevati e al maggiore sostegno della Confederazione, per stabilizzare la situazione finanziaria è stato previsto di mettere in atto misure di risparmio per circa 6 miliardi di franchi entro il 2030. «Ad esempio, intervenendo sui costi nei settori amministrativi o incrementando l’efficienza degli operativi, in particolare attraverso la digitalizzazione. L’obiettivo è evitare il più possibile provvedimenti che possano ripercuotersi negativamente su clientela e personale», rassicura il Ceo. Per ora si sono evitati i licenziamenti e anche l’aumento dei prezzi di biglietti e abbonamenti, intoccati dal 2016.
«Il traffico merci su rotaia -in particolare, il trasporto combinato - svolgerà un ruolo cruciale per soddisfare le esigenze logistiche dell’economia svizzera. Gli ampliamenti infrastrutturali programmati garantiranno collegamenti più rapidi, ma c’è ancora da lavorare sul trasbordo per agevolare ulteriormente l’accesso alla rotaia»
Vincent Ducrot, Ceo Ferrovie Federali Svizzere
L’efficacia della strategia delle Ffs si manifesta nell’interazione tra mercato e produzione, disegnando la matrice delle ferrovia integrata. Le restrizioni hanno giocoforza influito su utile e media di passeggeri giornalieri (non sul personale invece), ma già dall’anno scorso è iniziata la ripresa, potendo contare su solide fondamenta.
A fianco, alcune significative tappe storiche di questi 175 anni.
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1963 I primi 300 distributori di biglietti 1982 Orario cadenzato Ultimo treno a vapore 1968 Approvata iniziativa delle Alpi 1994 2026 Officine Nsif Arbedo-Castione Tunnel di base del San Gottardo 2016 2020 Tunnel di base del Monte Ceneri 2007 Tunnel di base del Lötschberg
In recupero dopo la pandemia Risultato consolidato, mio Chf Fonte: Ffs 2020 2018 2016 2014 2012 2010 2008 -800 -600 -400 -200 0 200 400 600 -617 568 -325 463 Viaggiatori e collaboratori (in migliaia) Fonte: Ffs 2020 2018 2016 2014 2012 2010 2008 25 30 35 600 900 1200 1500 Collaboratori (dx) Viaggiatori al giorno (sx) Traffico a lunga percorrenza Traf. regionale Stazioni Traf. viaggiatori nternazionale Primo e ultimo miglio Oggetti d’investimento Traffico transito Cargo Traffico interno Cargo Fonte: Ffs
matrice
FUNZIONI PRODUTTIVE MERCATI PARZIALI / UNITÀ STRATEGICHE Flotta Produzione ferroviaria Oggetti d’esercizio Infrastruttura Rete ferroviaria Rete energetica Rete delle telecomunicazioni ©SBB CFF FFS
La
della ferrovia integrata secondo le Ffs
Ricavi e costi di esercizio si compensano, 2021
Forti di una struttura finanziaria solida, le Ffs stanno recuperando terreno nel postpandemia. Il traffico viaggiatori rimane fonte di oltre un quarto dei ricavi. I 34mila posti di lavoro sono stati salvaguardati, cosiccome proseguono gli investimenti in materiali e cantieri per una rete allo stato dell’arte.
Mobilità ma anche immobili
Ben lontana dall’essere ostaggio delle misure di ridimensionamento, la Strategia 2030 delle Ffs, presentata lo scorso dicembre, guarda al futuro con le doverose ambizioni per essere protagonista della mobilità integrata. Obiettivo dichiarato: crescere in modo intelligente nell’attività di base e aumentare la quota di mercato nella mobilità globale. Nella consapevolezza di dover conciliare pubblica utilità e redditività aziendale, come richiesto dagli obiettivi strategici della Confederazione quale proprietaria delle Ffs: contribuire a promuovere i trasporti pubblici, a trasferire il traffico dalla strada alla ferrovia e ad assicurare il servizio di base. Non una rivoluzione ma un’evoluzione.
Google ha scelto il nuovo quartiere zurighese dell’Europaallee per insediare il suo più grande centro R&D al di fuori degli Stati Uniti, inaugurato a fine giugno. Un progetto immobiliare targato Ffs, proprietarie della parcella di terreno da quasi 80mila mq su cui, in prossimità della stazione centrale, si sta sviluppando il nuovo polo urbano, che grande importanza assegna allo spazio pubblico, con luoghi di svago e ritrovo, negozi, servizi, gastronomia, ma anche business center e appartamenti in affitto. «La nostra Divisione Ffs Immobili trasforma le stazioni in hub di mobilità dalla massima efficienza: non solo garantisce che siano sempre sicure, pulite e confortevoli, ma si occupa dello sviluppo delle aree circostanti, offrendo un significativo contributo in termini di pregio e sostenibilità alla densificazione delle città svizzere», commenta Alexander Muhm (in foto), Responsabile Immobili Ffs. «Collaboriamo con Città e Comuni per fare sì che le aree industriali liberate nei pressi delle stazioni vengano convertite in quartieri cittadini attraenti e vitali, che favoriscano l’accesso alla ferrovia e migliorino l’approvvigionamento e lo smaltimento cittadino di merci. Ciò incrementa la quota modale dei trasporti pubblici e a lungo termine assicura ricavi ricorrenti per il sistema ferroviario», sottolinea Alexander Muhm. Le sinergie tra il settore immobiliare e il traffico viaggiatori vengono dunque sfruttate dalle Ffs per individuare nuove fonti di ricavo stabili e costanti nel tempo correlate all’attività di base, investendo in propri fondi in posizione centrale, di norma con collegamento alla rete ferroviaria, e costruendo abitazioni nel segmento medio ed economico, sempre con grande attenzione agli aspetti architettonici e urbanistici.
«Dobbiamo innanzitutto garantire la solidità del sistema ferroviario e il finanziamento sostenibile delle Ffs. Da qui al 2030 intendiamo strutturare progressivamente l’offerta in maniera più flessibile, mantenendo come base l’orario cadenzato. Nel 2030 viaggiare in treno dovrà essere più facile, confortevole e allettante per concorrenziare il traffico individuale motorizzato», dichiara Ducrot. Un modello customer centric in linea col concetto di mobility as a service centrale nel trasporto combinato. Che significa anche, ad esempio, tener conto della domanda crescente nel trasporto di biciclette. Brevi e lunghe distanze. È al potenziamento di brevi e medie distanze che secondo il Consiglio federale dovrà indirizzarsi il rafforzamento futuro della ferrovia, ad esempio con ulteriori offerte nel traffico celere regionale e valorizzando le stazioni suburbane, come ha indicato nella sua prospettiva ‘Ferrovia 2050’ messa in consultazione a fine giugno, in linea con gli obiettivi climatici e di pianificazione territoriale. «Sicuramente la ferrovia è un punto di forza negli agglomerati urbani, per cui è opportuno pensare a un suo potenziamento in quelle aree. In futuro però», precisa il Ceo delle Ffs illustrando un suo cavallo di battaglia, «saranno decisive anche le lunghe distanze: riteniamo che il maggior potenziale risieda nell’aumento dei collegamenti con i principali nodi ferroviari dei Paesi confinanti, a 4-6 ore di distanza: grazie a tempi di viaggio favorevoli e coincidenze interessanti e affidabili possiamo conseguire la massima crescita in questo perimetro, sia per i viaggi d’affari che nel traffico del tempo libero». Dal prossimo dicembre inoltre la rete di treni notturni, che offre
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Fonte: Ffs
Valori in % Tra co viaggiatori Tra co merci Ricavi locativi immobili Complementari Prestazioni proprie Prestazioni dei poteri pubblici Personale Materiale Prestazioni esercizio manut. terzi Altro RICAVI COSTI Ammortamenti 44% 26,8% 11% 8,2% 14% 8% 6% 12% 13% Totale 9,78 mld Chf 33% Totale 10,01 mld Chf 24% ©SBB CFF FFS
Il treno si qualifica anche come vettore della sostenibilità, con solo lo 0,2% delle emissioni di CO2 prodotte dal traffico. Antesignane le Ffs scelsero oltre un secolo fa di elettrificare la rete ferroviaria, investendo anche nella costruzione di centrali idroelettriche proprie.
un’alternativa sostenibile ai voli a corto raggio, andrà ad arricchirsi di un nuovo collegamento da Zurigo a Praga via Lipsia e Dresda. «Offerta internazionale che è il risultato di una stretta collaborazione con Deutsche Bahn, le austriache Öbb, la francese Sncf, Trenitalia e altre ferrovie partner», sottolinea Vincent Ducrot. Integrata per la logistica. La partita più impegnativa si giocherà sul traffico merci. Se le proiezioni della Confederazione prevedono entro il 2050 un incremento dell’11% per quello viaggiatori, il cargo dovrebbe aumentare del 31%. L’intenzione è di raddoppiare la quota modale della ferrovia. «Il traffico merci su rotaia -in particolare, il trasporto combinatosvolgerà un ruolo cruciale per soddisfare anche in futuro le esigenze logistiche dell’economia svizzera. Per vincere la sfida della fluidità, garantendo collegamenti più numerosi e rapidi, non bastano solo gli ampliamenti infrastrutturali già programmati. Stiamo valutando soluzioni per agevolare ulteriormente l’accesso alla rotaia lavorando sugli impianti di trasbordo», spiega Vincent Ducrot.
La Svizzera intende giocare un ruolo pionieristico, proponendo da par suo le innovazioni tecniche e le misure di razionalizzazione necessarie a rispondere al profondo cambiamento del mercato della logistica. Nel 2019 Ffs Cargo ha avviato in prima assoluta europea un progetto pilota per sperimentare l’accoppiamento automatico nel traffico interno, primo importante passo verso l’automazione parziale dell’esercizio ferroviario sull’ultimo miglio. Interessante in quest’ottica anche la partecipazione al consorzio che
Oltre al potenziamento degli spostamenti su brevi e medie distanze, le Ffs individuano nei collegamenti con i Paesi confinanti un promettente volano di sviluppo, l’alternativa sostenibile all’aereo per viaggi business e tempo libero.
sostiene il progetto Cargo sous terrain, una primizia elvetica per offrire una valida alternativa, sostenibile e completamente automatizzata, per la movimentazione di merci di piccole dimensioni dal produttore alla consegna dell’ultimo miglio.
Attualmente la quota del trasporto su rotaia raggiunge in Svizzera il 37%, anche se va detto che già il 70% delle merci in transito attraverso le Alpi svizzere viaggia su rotaia contro le percentuali ben più modeste delle vicine Francia (13,7%) e Austria (28%). «Non bisogna dimenticare però», prosegue Ducrot, «che se il traffico a carri isolati rappresenta un’offerta importante per l’economia svizzera, non è gestibile solo con risorse proprie. Siamo perciò lieti che la Confederazione stia valutando la questione: senza il suo sostegno finanziario si rischierebbe un nuovo aumento del trasporto su strada».
Si tenga conto che complessivamente i trasporti sono responsabili del 32% delle emissioni, per il 98% generate dal traffico
La rete ferroviaria svizzera elettrificata al 100% % binari elettri cati ferrovie statali di alcuni Paesi Ue a confronto
stradale, mentre la ferrovia si ferma allo 0,2%. Un divario schiacciante. Già oggi Ffs Cargo, trasportando 185mila tonnellate di merci in media al giorno, sgrava il traffico stradale da 15mila viaggi di autocarri e l’ambiente da 460mila tonnellate di emissioni di Co2 l’anno.
Antesignane dell’elettrificazione. Merito di una scelta operata ante litteram. Se oggi è il conflitto con l’Ucraina a dare la spinta decisiva ai virtuosi obiettivi ambientali delle agende politiche, un secolo fa è stata la Prima guerra mondiale a spronare alla ricerca di un’alternativa alla penuria di carbone prussiano che allora alimentava le locomotive a vapore. Si decise di sfruttare l’accresciuta conoscenza nella tecnologia della trazione elettrica.
Compiuti i cento anni nel 2020, la centrale idroelettrica del Ritom a Piotta, che alimenta la linea del San Gottardo insieme alla gemella di Amsteg, si prepara a essere rimpiazzata da un nuovo impianto nel 2024, il principale progetto energetico
Treni internazionali: l’alternativa sostenibile ai voli a corto raggio Collegamenti diurni e notturni internazionali a partire da dicembre 2022
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Ferrovia,
73,3% Auto e moto 3%Bus 20% Camion 2,4% Altro 0,2% Treni 0,8% Battelli
il mezzo più verde Emissioni di CO2 di diversi mezzi di trasporto in %, 2019
Fonte: Ffs
Fonte: Allianz pro Schiene, 10/2021 0 20 40 60 80 100 55 100 59 61 64 72 72 75
Parigi Genova Ginevra Digione Magonza Berna Losanna Karlsruhe Friburgo Basilea Francoforte Mannheim Praga Dresda Lipsia Stoccarda Dortmund Marsiglia Lione Milano Berlino Bologna Venezia Zagabria Lubiana Graz Budapest Bratislava Vienna Monaco Salisburgo Innsbruk Zurigo Bregenz Linz Amsterdam Hannover Amburgo Brema Kiel Colonia Dusseldorf Treno diurno Treno notturno Fonte: Ffs
Tre coincidenze storiche nel 2022
Per le Ffs il 2022 è un simbolico crocevia: 175 anni dall’inaugurazione della prima linea ferroviaria, 120 dalla fondazione delle Ferrovie federali svizzere e 40 dall’introduzione dell’orario cadenzato, che nel 1982 rappresentò un salto di categoria, assicurando un treno ogni ora in qualsivoglia direzione con comode coincidenze. Quanto occorreva per competere con la rapida espansione della rete autostradale e il primo passo concreto verso la flessibilità che è oggi obiettivo primario delle Ferrovie federali svizzere.
La ricorrenza faro sono i 175 anni della Spanisch-Brötli-Bahn (in foto), entrata in servizio il 9 agosto 1847, che prese il nome dalla fragrante sfoglia farcita di nocciole e carote che le ricche zurighesi potevano farsi finalmente portare appena sfornata dalla panetteria di Baden di cui era la specialità. Il collegamento era tuttavia troppo poco importante, troppo costoso per la gente comune e non redditizio. In ritardo di almeno dieci anni sui Paesi vicini, la Svizzera recuperò però velocemente, commissionando a due esperti britannici l’elaborazione di un modello per la rete elvetica. La loro struttura a croce fra il lago di Costanza e il Lemano, con un punto nodale a Olten, è tuttora valida. Nel 1860, si contavano già 1000 km di rotaie, una rete straordinariamente fitta. Nel 1902 vennero nazionalizzate le cinque grandi compagnie private svizzere nelle mani dei ‘baroni ferroviari’. Un’eredità difficile, con impianti da risanare, materiale rotabile obsoleto e un enorme debito. Sfida vinta, così che oggi l’ex regia federale, diventata nel 1999 una società per azioni, di proprietà della Confederazione, può festeggiare la sua lunga storia con due nuove locomotive e cinque fine settimana di eventi speciali (per il programma e informazioni sulla carta giornaliera speciale: 175-anni.ch). In Svizzera centrale e Ticino appuntamento per il 22 e 23 ottobre.
ticinese degli ultimi 50 anni. Si calcola che dall’entrata in funzione nel 1920 abbia fatto muovere oltre 30 milioni di treni, risparmiando 87mila milioni di tonnellate di Co2. La Svizzera è la sola in Europa ad avere completamente elettrificato la propria rete ferroviaria. La rete energetica delle Ffs è costituita da otto centrali idroelettriche di proprietà e convertitori di frequenza con anche varie partecipazioni a centrali partner e una rete di trasmissione di 1900 km e 70 sottocentrali, oltre alla corrente domestica per le installazioni di tecnica ferroviaria e per i propri immobili.
«I rischi di una carenza di energia elettrica e di gas quest’autunno vengono analizzati in maniera sistematica e approfondita: le Ffs sono leader di sistema e collaborano con altri attori istituzionali e gli Uffici federali competenti, tra cui l’Uft, per sviluppare piani adeguati e ve-
rificarne la fattibilità», precisa Vincent Ducrot. Fuori da queste non trascurabili contingenze, si punta all’impatto climatico zero entro il 2030, procedendo alla compensazione delle emissioni residue, per ridurle del 90% entro il 2040. Risparmio energetico, fonti rinnovabili e sostituzione dei gas tecnici dannosi per il clima saranno tra gli strumenti.
Tangente ai diversi obiettivi è l’evoluzione digitale, che però non incrementa tout court produttività, qualità e sicurezza: «Sfide e opportunità che offre sono complesse, perciò ci serve un approccio globale: dobbiamo considerare l’intero sistema dal punto di vista della clientela. Le catene di creazione di valore delle Ffs sono più variegate e di ampia portata rispetto alla nostra attività chiave, il trasporto di persone e merci: includono la pianificazione dell’offerta,
la manutenzione, la gestione di immobili, la produzione, i servizi e molto altro. Per questo motivo, puntiamo su programmi di digitalizzazione che ci consentano di rendere più flessibili ed efficienti aspetti complessi e di semplificare le interfacce e la comunicazione tra i sistemi. L’obiettivo non è automatizzare tutto, ma utilizzare meglio le risorse esistenti e quindi ottenere maggiori risultati», chiarisce il Ceo. Il Ticino è centrale. Ponte fra la Svizzera interna e la Lombardia, il Ticino si colloca in una posizione nevralgica del nuovo asse della Nuova ferrovia transalpina. I 12 miliardi investiti nella Galleria di base del San Gottardo e i 2,6 per quella del Ceneri -rispettivamente 17 e 12 anni di lavori -ne confermano il ruolo strategico, cui risponde anche il tanto discusso progetto del Nuovo stabilimento industriale ferroviario (Nsif) ad Arbedo-Castione, con prevista entrata in funzione nel 2026.
«È senza dubbio il progetto più importante che le Ffs stanno realizzando in Ticino, non solo in termini di investimento, 580 milioni di franchi. Garantirà infatti al territorio posti di lavoro altamente qualificati, circa 360 a tempo pieno. In concomitanza, ci sarà anche la riqualifica dell’area del vecchio stabilimento ferroviario di Bellinzona che insieme al Cantone e con la città di Bellinzona stiamo portando avanti a favore di uno sviluppo urbanistico di qualità e in grado di creare ulteriore indotto economico. Due conferme dell’ottima collaborazione con le autorità politiche del territorio», conclude il Ceo delle Ffs. Altri importanti progetti nella regione sono il 3o binario e fermata Piazza Indipendenza, che consentirà di ampliare la linea regionale Tilo, il potenziamento della stazione di Lugano che accoglierà in futuro anche la nuova Rete tram-treno e la già citata centrale idroelettrica del Ritom.
Un’ulteriore dimostrazione di come la complessità di un sistema ferroviario che si vuole integrato e sostenibile richieda una pianificazione lungimirante e la capacità di sviluppare soluzioni che incontrino le esigenze tanto dell’economia quanto della clientela privata. Funzioni produttive e unità strategiche in relazione al mercato sono i due binari che, correndo paralleli, proiettano le Ffs verso un futuro in cui sempre più passeggeri e merci possano salire a bordo.
Susanna Cattaneo
48 · TM Settembre 2022
©SBB Historic
La
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Tra i maggiori Paesi di importazione c’è anche la Svizzera. Il gioiello Made in Italy è un comparto virtuoso e in salute, capace come pochi di mantenere il pregio e la tradizione dell’artigianalità. Una dimensione di valore che viene divulgata attraverso strategie di comunicazione e di distribuzione all’avanguardia.
In Italia, la gioielleria è un asset, proprio come in Svizzera lo è l’orologeria. Sono quattro i distretti in cui il made in Italy di gioielleria e oreficeria prende vita: quello piemontese di Valenza Po, dove sono ubicate la sede di Damiani e di Bulgari, Vicenza e Arezzo. E il distretto campano di Torre del Greco, che si caratterizza per una gioielleria incentrata su corallo e cammei lavorati da conchiglie. Tutti e quattro utilizzano, ognuno a modo proprio, un mix di competenze artigianali e altissima tecnologia. Nel loro insieme, sono capaci di offrire una produzione di alta gamma molto attrattiva su scala mondiale. Tanto è vero che, stando ai dati elaborati dal centro studi di Confindustria moda per Federorafi, il fatturato 2021 è di 8,9 miliardi di euro, ossia +57,6% rispetto al 2020 e +14,1% rispetto al 2019. A trainarlo è proprio l’export che vale quasi il 90% del totale, pari a +59,7% sul 2020. La ripresa è continuata anche nei primi mesi del 2022: con un incremento delle esportazioni, in questo periodo, del 30,4% per un totale di 1,3 miliardi (dati Istat).
Dove vanno i gioielli italiani? Molti volano oltreoceano, e gli Usa si confer-
mano il primo mercato, con un’incidenza del 14,4% e una crescita del 23,1%. Tantissimi, con un tragitto decisamente più breve, oltrepassano le dogane rossocrociate: la Svizzera è al secondo posto nella classifica dei destinatari (+31%), seguita da Emirati Arabi e Francia. La Svizzera è un mercato diretto ed è anche un hub in cui giunge parte della produzione dell’altissimo di gamma italiano destinato alle maison svizzere e francesi. Delle altre tre grandi destinazioni del made in Italy gioielliero, Dubai si profila come mercato di redistribuzione verso il Middle-East, mentre Hong Kong redistribuisce verso Cina e Sudest asiatico. Ad un livello minore, si posizionano i Paesi europei e
quelli del Sudamerica. Dalle dinamiche favorevoli che hanno interessato tutti i principali mercati, resta escluso Hong Kong, in flessione del -13,2%, e anche la Russia, con -16,9%. I primi tre mesi del 2022 si sono chiusi con un fatturato a +10,1% (superiore alle stime).
A confermare i trend è il Gruppo Damiani, con il suo vice-presidente e amministratore delegato Jérôme Favier: «Il Gruppo prosegue secondo i piani strategici di espansione della propria leadership. A seguito della pandemia, il ripensamento degli investimenti ha portato, da un lato, al rafforzamento del digitale, inteso come leva complementare per la crescita del business, attraverso la
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economia /investimenti
L’artigianato orafo di Damiani. Un savoir-faire nato un secolo fa, tramandato per tre generazioni e oggi patrimonio della famiglia.
costruzione di una divisione strutturata a livello Gruppo, mentre dall’altro sono stati implementati nuovi piani di sviluppo a livello retail e wholesale».
Nel corso della propria storia centenaria, il Gruppo Damiani è riuscito a definire e strutturare una solida architettura della marca. All’interno del proprio portafoglio, «Il Gruppo indipendente, gestito ancora oggi dagli eredi del fondatore, detiene, nel segmento dei preziosi, l’omonimo marchio Damiani, di alta gioielleria ed espressione dell’eccellenza del Made In Italy a livello internazionale, Salvini, brand con una notevole awareness in Italia e in forte sviluppo nel Far East, che interpreta con uno stile contemporaneo i grandi classici della gioielleria dando vita a creazioni che esprimono l’essenza del lusso accessibile, e Bliss, che opera nel segmento della mini gioielleria proponendo ad un pubblico più giovane creazioni connotate da carattere, classe e stile», spiega Favier, manager dalla solida esperienza, maturata in seno a Danone e Unilever, ma soprattutto, dal 1994, con il gruppo Richemont, dove si è occupato delle strategie di Cartier e Jaeger-LeCoultre.
Sempre nel segmento della gioielleria, accanto ai marchi Damiani, Salvini e Bliss, il Gruppo Damiani ha ridefinito l’identità e il posizionamento dello storico marchio Calderoni: dal 1840 una firma eccellente nella selezione delle pietre preziose ed oggi Business Unit del Gruppo specializzata nella commercializzazione di diamanti naturali sciolti.
Nel 2008 è entrata a far parte del portafoglio anche Rocca 1794: la catena di lusso che si è affermata tra i principali player a livello nazionale nel settore della distribuzione di gioielleria e orologeria d’alta manifattura ed ora sta pianificando
«Il Gruppo, con i marchi Damiani, Salvini, Bliss, Calderoni, Rocca 1794 e Venini, prosegue secondo le linee strategiche di espansione della propria leadership. Sono stati implementati nuovi piani di sviluppo a livello retail e wholesale e di recente siglati accordi importanti, con l’apertura di varie Boutique soprattutto in Cina»
Jérôme Favier, Vice-presidente e amministratore delegato del Gruppo Damiani.
attività strategiche di espansione internazionale. Last but not least, dal 2020, il Gruppo detiene completamente Venini, centenaria vetreria artistica di Murano, le cui iconiche opere d’arte sono esposte nei più importanti musei del mondo, con l’obiettivo di definire un nuovo piano di sviluppo del business e rafforzare la distribuzione a livello globale.
Insomma le strategie degli ultimi anni hanno portato l’attenzione del Gruppo sempre più lontano dai suoi laboratori di Valenza. «Un accordo siglato, nel 2020, dal Gruppo Damiani con il Gruppo Fosun per la costituzione di una nuova società di diritto cinese ha come obiettivo una forte crescita nella regione attraverso l’apertura di oltre una decina di boutique monomarca Damiani e un centinaio di punti vendita Salvini», specifica il manager francese, alla testa del Gruppo Damiani dal 2018, che prosegue: «Nel 2021, è stato aperto un flagship store Damiani presso il prestigioso Shanghai International Finance Center e le prime tre bou-
L’export della gioielleria ‘Made in Italy’
tique Salvini in Cina. Salvini ha inoltre recentemente inaugurato una seconda Boutique in Cina, in joint venture con il Gruppo Fosun, presso il Century Link Mall di Shanghai, uno dei centri commerciali più innovativi ed esclusivi della regione e meta preferita dello shopping di lusso, e anche la sua prima Boutique in Corea, presso i lussuosi Grandi Magazzini Lotte di Seoul; inoltre, diversi corner Liverpool - uno dei più grandi Department Store del Messico - e uno shop-in-shop presso il Manor di Lugano.
Nello stesso periodo, il Gruppo è diventato Category Partner della Rinascente di Milano per la distribuzione di gioielli e orologi di alta gamma, e tra Lombardia e Emilia Romagna ha inaugurato o riaperto dopo ristrutturazione cinque punti vendita, in location importanti: gli aeroporti di Malpensa e Linate, la boutique Rolex sotto la prestigiosa Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, la boutique Rocca a Bologna». Nell’ambito di questa operazione anche Lugano ha beneficiato di una
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Per mercati di destinazione Ue ed extra Ue (dati gen-feb 2022; in mld di euro) Export (mld) Variazione (%) Quote (%) Mondo 1,3 30,4 100 Ue 27 0,33 44,4 25,9 Extra Ue 27 0,95 26,1 74,1 Stati Uniti (0,18) 23,1 (14,4) Svizzera (0,15) 31 (11,6) Emirati Arabi Uniti (0,14) 6,5 (11,1) Fonte: Confndustria moda su dati Istat.
Gemelli da camicia Damiani ‘D.Side’, in oro bianco e diamanti.
Un secolo di passione e savoir-faire
Avviata nel 1924 da Enrico Grassi Damiani, quella di Damiani è una storia a cui si sono aggiunti ininterrottamente nuovi capitoli. Oggi a garantire questa continuità è la terza generazione della famiglia fondatrice, rappresentata dai fratelli Guido, Giorgio e Silvia Damiani.
Con l’assunzione, nel 2018, del primo amministratore delegato del Gruppo, la famiglia ha inteso portare avanti un modello di business che unisce managerialità, innovazione e patrimonio artigianale, nel rispetto della storia secolare della Maison che, avendo in portafoglio anche marchi quali Venini, le cui origini risalgono al 1921, Calderoni, nato nel 1840 e Rocca nel 1794, vanta di fatto un patrimonio storico di 650 anni nel settore.
Il Gruppo Damiani, di cui fanno parte anche i Marchi di gioielli Salvini e Bliss, ha origine a Valenza, nel cuore del distretto orafo considerato l’eccellenza mondiale per la produzione di gioielleria, distinguendosi fin dagli esordi per l’ideazione e la produzione artigianale di gioielli.
“La storia dei gioielli Damiani è quella di una famiglia italiana fortemente legata alla tradizione e alla passione per l’arte orafa. In famiglia disegniamo e realizziamo gioielli preziosi e unici da tre generazioni. Fin dalla nostra infanzia abbiamo assistito alla creazione di gioielli e alla lavorazione di diamanti e pietre preziose, imparando ad amare una professione e i suoi segreti prima ancora di iniziare a lavorare in azienda”, sintetizzano i tre fratelli Damiani che, alla domanda su quale sia il segreto del loro successo, evidenziano “la forte identità, la grande abilità manifatturiera e il design originale, il tutto vivificato da una grande passione”.
prestigiosa boutique Rocca, in Via Nassa. Tra le nuove aperture e le operazioni strategiche si annovera anche l’acquisizione della maggioranza delle gioiellerie Bruno Maria Zimmitti, retailer italiano, fondato nel 1858, che distribuisce all’interno dei tre propri punti vendita prestigiosi marchi di orologeria e gioielleria d’alta gamma tra i quali Damiani, Salvini, Rolex e Bulgari. Di recente, il Gruppo ha acquisito inoltre il 100% delle gioiellerie Coroneo, in Sardegna. «Il gruppo Damiani ha per i prossimi anni obiettivi di forte crescita, sia organica che di perimetro, proponendosi come consolidatore nel settore», spiega Jérôme Favier. «In Italia, infatti, il tessuto industriale è ricco di aziende di piccole-medie dimensioni che sono ancora di proprietà delle famiglie fondatrici e che, a seguito dei mutamenti economici e culturali già in atto da anni, accelerati dalla
pandemia e più di recente dagli effetti del conflitto russo-ucraino, devono scegliere la strada migliore per continuare ad essere competitive sul mercato. L’obiettivo del Gruppo Damiani è di proteggere questo patrimonio di conoscenze e competenze garantito dalle varie realtà del settore (siano esse retailer, brand o produttori), facendo fronte comune e con l’ambizione di crescere insieme». Il modello di business scelto dal Gruppo Damiani intreccia le più innovative metodologie manageriali, l’innovazione e il patrimonio artigianale di cui il Gruppo è custode.
La Gioielleria rappresenta l’espressione di un patrimonio culturale e artistico d’eccellenza, caratterizzato dall’alta qualità delle materie che compongono il prodotto, un know-how esclusivo, una competenza tecnica ed artigianale unica nel suo genere, uno stile capace di supe-
rare le mode e un heritage senza eguali. «Sono cambiati i comportamenti del consumatore. Ma il sogno, e quindi la domanda del gioiello persiste», commenta Favier. «Il cliente finale richiede onestà e autenticità. Damiani ha una famiglia, una provenienza (Valenza), il made in Italy, proprie produzioni, una rete di distribuzione curata. Tutte quelle cose autentiche che il cliente richiede. Proprio per essere liberi di essere noi stessi, abbiamo optato per il delistening, affrancandoci dalle dinamiche della Borsa (Damiani era quotato alla Borsa di Milano). Oggi ci sentiamo i più piccoli dei grandi! Ma siamo nella cosiddetta industria del lusso. Tuttavia con la convinzione che il lusso non sia un’industria, ma un laboratorio artigianale», conclude Jérôme Favier.
Simona Manzione
52 · TM Settembre 2022
Giorgio, Guido e Silvia Grassi Damiani, la terza generazione di Damiani alla testa dell’azienda fondata dal nonno Enrico e sviluppata dal padre Damiano.
Actual investors think in decades. Not quarters.
SEARCH FOR ACTUAL INVESTORS
Il lavoro si fa smart
Appena pubblicati, i dati di uno studio sul lavoro da remoto sono un fermoimmagine dell’attualità cantonale e offrono spunti interessanti per l’immediato futuro. In una fase di cambiamento, l’accademia affanca le imprese. L’Unione cristiana imprenditori ticinesi, con la sua Academy, fa da ponte tra le due dimensioni.
Il telelavoro che ha avuto un grande impulso dal 2020, continua a essere utilizzato in diverse realtà aziendali, anche in Ticino.
ricerca è stata effettuata raccogliendo informazioni da circa cinquanta aziende in Ticino, appartenenti ai diversi settori produttivi e caratterizzate da dimensioni diverse. I dati sono stati assunti in parte con interviste dirette, in parte mediante la somministrazione di un questionario».
Numerose aziende dal 2020 hanno introdotto o ampliato rapidamente e in modo significativo le opportunità per i propri dipendenti di lavorare da casa, con un conseguente forte aumento della quota di lavoro svolto da remoto.
Due anni e mezzo dopo, quanto lavoro viene svolto da casa? E soprattutto quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi, dal punto di vista del datore di lavoro e del lavoratore?
Un’istantanea del telelavoro in Ticino arriva con i risultati, appena divulgati, della ricerca realizzata da Ucit-Unione cristiana imprenditori ticinesi, con SupsiScuola universitaria professionale della Svizzera italiana, Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale.
Appare subito evidente che una parte dell’aumento del lavoro da remoto, iniziato con il diffondersi della pandemia, sta continuando. Appare altrettanto evidente
che i vantaggi, sia dal punto di vista delle imprese, sia dal punto di vista dei collaboratori, prevalgono sugli svantaggi.
«La ricerca nasce proprio per fornire spunti utili e concreti alle aziende associate a Ucit e, più in generale, alle aziende del territorio; per presentare best practice che permettano di favorire il passaggio allo smart working», spiega Stefano Devecchi Bellini, presidente dell’Unione cristiana imprenditori ticinesi. La ricerca fornisce a Ucit il know-how e gli strumenti basilari per accompagnare le imprese nel cambiamento. Nell’ambito dell’associazione, «Ucit Academy è un organo creato allo scopo di permettere a giovani studenti ticinesi di testare sul campo le competenze acquisite, mettendole al servizio delle aziende del territorio, accrescendo al contempo la propria capacità di collocamento professionale in Ticino», spiega Vieri Parmantier responsabile di Ucit Academy, che prosegue: «La
I dati della ricerca rivelano che, per le aziende ticinesi interpellate, i vantaggi dello smart working sono riconducibili ad una comunicazione più efficiente e veloce e alla riduzione dei costi per trasferte; mentre, per i dipendenti, rientrano tra i vantaggi la riduzione del tempo di viaggio casa-ufficio, la conciliazione vita privata-vita professionale e l’equal pay for equal work’. Per aziende e collaboratori, sono considerati vantaggi lo sviluppo di competenze informatiche e tecnologiche, l’adozione di nuove tecnologie, la riduzione dell’inquinamento e la riduzione della comunicazione informale. Quanto agli svantaggi, per le aziende interpellate sono da considerare la difficoltà a trasmettere e diffondere la cultura aziendale, l’impoverimento dell’output, i costi per lo sviluppo di software e protezione dati. I collaboratori considerano, tra gli svantaggi, la riduzione dei contatti sociali, la ‘sindrome della capanna’, la mancanza di infrastrutture appropriate, il confine tra vita professionale e privata. Aziende e collaboratori concordano nel definire quali svantaggi dello smart working, la difficoltà di apprendimento per le posizioni junior, la riduzione della comunicazione informale, la discriminazione tra i diversi ruoli all’interno dell’azienda.
Le best practice oggetto della ricerca,
54 · TM Settembre 2022
economia/ analisi
vertono su quattro punti, relativi alla gestione di collaboratori e regolamenti, alle formazioni, a socializzazione e collaborazione, al supporto al dipendente.
Dalla ricerca sono emerse alcune riflessioni, hanno notato le ricercatrici Lise Da Monte, Valentina D’Aprile, Gaia Nogara e Giorgia Rossi (coordinate da Monica Mendini). È emerso che le aziende del settore terziario sono riuscite a reagire prontamente alla pandemia. Si è notata anche la coesistenza di diverse interpretazioni di smart working. Si è anche delineata una propensione a implementare il lavoro in forma ibrida, come pure ad utilizzare le best practice per favorire la collaborazione e la socializzazione, e ugualmente per aiutare lo sviluppo della work-life balance dei collaboratori.
Se è certo che la pandemia ha generato in tutti una diversa visione del lavoro, le aziende hanno comunque posizioni contrapposte: sostenitrici o contrarie, anche in base alle peculiarità del settore in cui operano. «Partendo dai risultati della ricerca, Ucit intende implementare e sviluppare un metodo di comunicazione multichannel per promuovere l’adozione dello smart working», sintetizza Stefano Devecchi Bellini, «Webinar ed eventi fisici, in collaborazione con Supsi e con Usi-Università della Svizzera italiana, e una campagna social, a medio termine. Mentre, nel breve termine, ci saranno la creazione di una sezione dedicata nel proprio sito internet, social media organici e newsletter».
Sotto, i risultati della ricerca condotta nell’ambito della Supsi coinvolgendo una cinquantina di aziende in Ticino.
Vantaggi dello smartworkig
«Ucit Academy è stato creato allo scopo di permettere a giovani studenti ticinesi di testare sul campo le competenze acquisite, mettendole al servizio delle aziende del territorio, accrescendo al contempo la propria capacità di collocamento professionale in Ticino»
Vieri Parmantier, Reponsabile di Ucit Academy
L’impegno di Ucit in riferimento allo smart working e alle imprese del territorio si inquadra in un profilo e in una operatività di più ampio respiro. Fondata a Lugano nel 2019 da dodici soci, riunisce imprenditori che si riconoscono nei valori dell’etica sociale cristiana. «L’imprenditore nella società complessa di oggi ha una tripla responsabilità: gestire delle persone dietro alle quali ci sono le proprie famiglie, realizzare delle attività socialmente utili, ma senza sacrificare il profitto. Una bella sfida davanti alla quale, troppo spesso, l’imprenditore è lasciato o si sente solo», chiarisce il presidente di Ucit. A tre anni dalla costituzione, l’associazione annovera oggi oltre cinquanta soci. «Ci rivolgiamo ad imprenditori ticinesi che hanno a cuore la persona, l’ambiente, la sussidiarietà, la solidarietà, in sintesi i valori dell’etica sociale cattolica». In una fase storica segnata da un cambiamento d’epoca, il ruolo dell’imprenditore e dell’impresa stanno rapidamente mutando. «La sfida è ‘farcela’
Ranking dei vantaggi realizzato con i dati quantitativi emersi da aziende ticinesi
nel raggiungere degli obiettivi connessi alla missione dell’impresa nei confronti del territorio, della società, della realtà locale, al fine di migliorare il benessere dei cittadini. Per questo, un modello a cui prestiamo particolare riguardo è quello delle imprese di famiglia, solitamente molto radicate nel territorio», spiega Devecchi Bellini. ll ‘fare impresa’ prima di avere un significato professionale, ne ha – per l’Ucit – uno umano. Il sodalizio di imprenditori si propone di agire su alcuni fronti: la formazione offerta sui temi dell’etica sociale cristiana e la creazione di tavoli di dialogo aperti al confronto tra chi l’impresa la fa e la vive ogni giorno, sia all’interno di imprese che desiderano interagire con l’Ucit, sia tra imprenditori.
«L’Ucit vorrebbe essere una comunità che autoalimenti la conoscenza tra gli imprenditori-soci e che sia capace di rilevare delle aziende virtuose sul territorio per cercare di avviare progetti sociali che le aziende stesse portino avanti. I tavoli di lavoro vorrebbero far incontrare varie declinazioni concrete delle grosse tematiche economico-sociali - ad esempio del welfare aziendale -, dall’attenzione al dipendente ai processi di formazione interna o di sviluppo», spiega Devecchi Bellini. «Attraverso una serie di incontri tra imprenditori, impiegati e lavoratori».
I temi non mancano e la sfida è avvincente perché mira in primo luogo a mettere in rete chi è attirato dall’idea di rinnovare il modo di fare impresa, lasciandosi ispirare dall’etica sociale cattolica. Rimanendo al passo con i tempi. E, ancor meglio, provando ad anticipare tempi ed esigenze futuri.
Settembre 2022 TM · 55
Simona Manzione
Fonte: Autori ricerca, studenti Supsi
Migliore gestione del tempo Riduzione dei costi per il dipendente Miglior bilanciamento Diminuzione comunicazione informale Soddisfazione per propria mansione Aumento produttività Riduzione dello stress Riduzione costi per l’azienda Altro 0 20 40 60 80 100 120
La tripla elica dell’innovazione
Obbligate a identifcare nicchie di mercato e competenze specialistiche che garantiscano valore aggiunto competitivo, le Pmi vedono il proprio slancio innovativo frenato da diffcoltà nel reperire fnanziamenti e mancanza di strutture interne dedicate. La spinta congiunta di industria, associazioni imprenditoriali e università può offrire le occasioni di collaborazione e il supporto consulenziale e formativo necessari, come dimostrano due progetti Interreg.
Nell’ottica di un’innovazione che faccia sistema, diventa fondamentale per le Pmi dimostrare quell’apertura verso l’esterno che permetta loro di approfittare delle collaborazioni con altre aziende e di beneficiare di attività di consulenza, formazione e R&D promosse dalle università.
Tripla elica: è grazie alla collaborazione sinergica fra università, imprese ed enti governativi che si alimenta e concretizza l’innovazione, nutrita da uno scambio congiunto di risorse che consenta di mettere a sistema competenze, attività di ricerca e sviluppo, fondi e forza lavoro. Una triplice spinta, se si immagina un sistema di propulsione. Dna a tre filamenti, se si preferisce alludere alla genetica. Va al modello teorizzato a inizio anni Novanta dallo studioso statunitense Henry Etzkowiz il merito di essere uscito dalle logiche unidirezionali da cui fino ad allora sembrava dipendere l’innovazione per proporre un paradigma basato su una complessa e arricchente rete di relazioni
multilaterali. Un’ottica in cui le università vengono finalmente viste assumere anche il ruolo di attore imprenditoriale: mettendo a disposizione conoscenze, dati, ricerca e formazione potenziano il trasferimento delle loro competenze al tessuto imprenditoriale, contribuendo al miglioramento del sistema regionale di innovazione e, in ultima istanza, alla crescita economica del territorio.
Realizzare un sistema integrato tra associazioni, mondo della ricerca e realtà industriali in grado di supportare le piccole e medie imprese nei processi di innovazione è stato l’obiettivo comune a due progetti, Pmi Network e Risico, che hanno visto collaborare negli ultimi tre anni Svizzera e Italia nell’ambito del
Programma di Cooperazione Interreg. «Se è vero che le Pmi attive ai due lati della frontiera hanno a che fare con delle condizioni quadro molto diverse fra loro, a partire da politica e scalità, altrettanto vero è che, a livello di ambiente industriale, si trovano ad affrontare le medesime problematiche e s de, al di là della speci cità dei settori in cui operano e di una struttura produttiva differenziata. Il che ha permesso di creare un modello comune e una condivisione di conoscenze ed expertise tra i partecipanti che ha generato un grande valore aggiunto, ben oltre la semplice somma delle parti», sottolinea Andrea Barni, ricercatore senior presso l’Istituto sistemi e tecnologie per la produzione sostenibile (Isteps) del Dipartimento tecnologie innovative della Supsi, che è stata capo la svizzero di entrambi i progetti. I driver dell’innovazione . Sia Pmi Network, sia Risico hanno seguito un impianto analogo, partendo da una fase di assessment che ha accompagnato le aziende partecipanti nella mappatura dei loro processi di innovazione, stimolandole a una ri essione su criticità e punti di forza, che è giocoforza sacri cata quando
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economia/ pmi
si è invece immersi nell’operatività quotidiana. «Se la dif coltà nel reperirenanziamenti e la mancanza di strutture interne dedicate alla gestione dell’innovazione sono risultati essere tipici ostacoli nel processo di innovazione delle piccole imprese, interessante è ri ettere su quelli che sono emersi come tre driver fondamentali», osserva Andrea Barni.
Primo: l’apertura verso l’esterno. «Le realtà che si ‘contaminano’ e cercano spunti e supporti al di fuori delle proprie mura, riescono più facilmente a integrare l’innovazione di prodotto e di processo all’interno della propria attività e a generare ricadute concrete. A maggior ragione per una piccola impresa, che non può permettersi un’unità interna dedicata, né ampi budget R&D o tantomeno un responsabile incaricato, l’innovazione non è un processo verticale ma orizzontale, grazie alla collaborazione con centri di ricerca esterni e partnership con altre aziende. Se molte fra le realtà che abbiamo intervistato considerano l’open innovation come un vettore importante, altre però faticano ancora a integrare questa cultura che richiede un cambiamento di mentalità e una disponibilità a condividere non scontata», spiega Andrea Barni, senza però farne una questione anagra ca. Il fattore decisivo non è l’età del proprietario, ma la cultura che si respira in azienda.«Abbiamo incontrato aziende di piccole dimensioni dove un imprenditore visionario e vulcanico riesce a trasmettere la sua voglia di innovare e, pur in maniera un po’ scoordinata, senza sistematicità e particolari risorse, a essere più ef cace di grandi realtà, in cui a volte la visione è molto staccata dall’operatività e si rischia di perdere in essibilità e in creatività», osserva il ricercatore della Supsi.
Molto interessante notare come, in un territorio in cui molte aziende lavorano conto terzi, l’innovazione più che da iniziative dirette del management sia stimolata dalle esigenze espresse dal cliente. Esperienza dopo esperienza, si costituisce e af na un bagaglio di competenze che permette il miglioramento della gestione di un processo o porta allo sviluppo di un nuovo prodotto, consentendo di accrescere la propria competitività.
«Identi care una nicchia di mercato, una determinata speci cità, risulta essenziale in particolare per le piccole imprese svizzere che, se vogliono uscire dai con ni nazionali, devono garantire quel valore
«Per una piccola impresa, che non può permettersi un’unità interna dedicata, né ampi budget R&D o un responsabile incaricato, l’innovazione non è un processo verticale ma orizzontale, da sviluppare in collaborazione con centri di ricerca esterni e in partnership con altre aziende»
Andrea Barni, ricercatore senior dell’Istituto sistemi e tecnologie per la produzione sostenibile della Supsi
aggiunto che permetta loro di fare breccia e imporsi, sapendo di non poter essere concorrenziali sui prezzi», nota il ricercatore dell’Isteps. Tenendo ben presente che favorire la competitività internazionale delle aziende signi ca portare a ricaduta bene ci all’intera economia regionale, incidendo indirettamente sulla qualità della vita degli abitanti, contribuendo ad aumentare le opportunità di lavoro e a promuovere il territorio.
Mancanza di risorse e competenze specifiche all’interno dell’organico frenano l’innovazione nelle imprese di piccole dimensioni, come ha rilevato il progetto Interreg Risico. Per molte aziende terziste, è il cliente il motore del processo. Cybersicurezza e IoT sono fra le tecnologie più adottate dell’industria 4.0, mentre robotica collaborativa e realtà aumentata restano ancora musica del futuro.
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Adozione tecnologie
Stato attuale ed evoluzione prevista 0 10 20 30 40 50 60 70
Fonte:
Risico, Supsi
Industry 4.0
■ Incremento ■ Adozione attuale
Realtà aumentata Simulazione di processo Internet of things Cloud Cyber Security Big data e analitiche Additive manufact. Robot collaborativi
Il cliente, driver innovativo Fonte: Risico, Supsi 0 20 40 60 80 100 Management Cliente MercatoPartneresterniUfficioR&DCommerciale 69% 76% 28% 31% 7% Sfide legate all’implementazione di progetti innovativi Fonte: Risico, Supsi 0 20 40 60 80 100 Mancanzacompetenzespecifiche Risorse economiche MercatoStrutturaorganizzativaaziendale 53% 67% 40% 27%
Sopra, le inconfondibili costruzioni magnetiche ideate e prodotte da Geomagworld a Novazzano, un grande classico che si innova.
«Le nostre costruzioni magnetiche sono apprezzate per il valore educativo delle attività di gioco; questo ci impegna a fare il massimo per rispettare l’ecosistema, in linea con il modello competitivo di ‘economia circolare’ al quale ambiamo»
Filippo Gallizia, General manager di Geomagworld
Un gioco sostenibile . Lo conferma chiaramente il caso di Geomagworld, tra le 35 aziende che hanno preso parte ai progetti di ricerca realizzati nel corso di Pmi Network. Oggi è leader del gioco di costruzioni magnetiche grazie alla visione portata da Filippo Gallizia: quando nel 2008 ne ha ripreso le redini, è riuscito a favorirne la rinascita e a inaugurare una crescita a due cifre proprio puntando sullo sviluppo di nuove varianti inventate e fabbricate nella sede di Novazzano per i mercati mondiali in un settore dove oltre il 90% dei giocattoli è ‘made in China’. «I nostri prodotti sono apprezzati per il valore educativo delle attività di gioco; questo ci impegna a fare il massimo per rispettare l’ecosistema in cui viviamo. Assieme alla Supsi, abbiamo fatto un bel passo avanti sul sentiero che conduce alla riduzione dell’impatto ambientale della nostra attività industriale, lavorando allo sviluppo di una plastica riciclata, denominata XI, ricavata a partire dalle bre di cellulosa del legno, da integrare nella nostra linea di prodotti, in linea con il modello competitivo di ‘economia circolare’ al quale ambiamo», afferma Filippo Gallizia, General manager di Geomagworld. A valle, il progetto preliminare realizzato
Pmi Network e Risico: senza frontiere, per l’innovazione
I progetti Pmi Network e Risico si inseriscono tra le iniziative del Programma di Cooperazione Interreg Italia-Svizzera 2014-2020, con l’obiettivo di accrescere la collaborazione transfrontaliera per integrare e modernizzare il sistema economico dell’area e rafforzarne la competitività. Con una durata di 36 mesi, conclusosi lo scorso maggio, Pmi Network ha visto la collaborazione tra mondo universitario (Politecnico di Milano,Fondazione Politecnico di Milano, Supsi), istituzioni (Camera di Commercio di Como-Lecco) e associazioni imprenditoriali (Confartigianato Lecco, Confartigianato Lombardia, Associazione Piccole e Medie Industrie di Lecco, Aiti). Destinatarie principali, le Pmi della regione transfrontaliera fra le quasi 26.550 che operano nel territorio lecchese, prevalentemente nel metalmeccanico e nel tessile, e le quasi 34mila del Cantone Ticino, afferenti soprattutto a meccatronica, scienze della vita, Ict e moda. Complessivamente oltre 600 aziende hanno seguito gli eventi organizzati per stimolare la propensione a innovare: una trentina fra tech talk, tech day e appuntamenti formativi e informativi, incentrati sia su temi tecnici specifici sia su argomenti trasversali. Dalle necessità di innovazione emerse dall’assessment iniziale, sono stati realizzati circa 35 progetti, spesso studi di fattibilità preliminari alla candidatura a bandi competitivi che hanno permesso di ottenere i fondi per proseguire nella ricerca.
L’iniziativa Risico (Rete Integrata di Servizi per l’Innovazione e la Competitività) si è posta l’obiettivo di comprendere e migliorare i processi di innovazione e digitalizzazione nelle Pmi attraverso servizi di accompagnamento all’adozione delle nuove tecnologie dell’industria 4.0 e proposte di formazione coerenti con le specificità organizzative e culturali delle imprese coinvolte, fra il Canton Ticino e il territorio di Como e Varese, in particolare attive nella meccatronica, moda/tessile e scienze della vita.
Concluso dopo 30 mesi a fine 2021, ha dapprima selezionato una quarantina di aziende su cui è stata condotta un’analisi personalizzata della gestione del cosiddetto ‘Funnel dell’innovazione’ (articolato nelle tre fasi: generazione/selezione dell’idea, sviluppo e commercializzazione). Circa 200 sono state poi le aziende a partecipare ad almeno una delle sessioni del webinar pianificato sulla base di questi input, strutturato in tre moduli, sempre accessibili online, previa registrazione: Gestione del cambiamento e del processo innovativo; Tecnologie e strumenti per la fabbrica del futuro; Selezionare e gestire i progetti di innovazione.
Insieme alla Supsi, capofila elvetico, hanno partecipato Aiti e Ated come partner svizzeri, Ecole - Enti Confindustriali Lombardi per l’Education, l’Università Carlo Cattaneo Liuc, Univa Servizi e Unindustria Servizi Como.
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nell’ambito di Pmi Network con Alessandro Fontana, docente-ricercatore dell’Isteps, ha permesso di quanti care l’impatto ambientale ridotto della produzione di XI rispetto ai materiali attualmente utilizzati, considerando diversi aspetti tra cui il consumo di acqua, il potenziale di riduzione dell’ozono e quello di riscaldamento globale. Sulla base di questa conferma, la plastica riciclata XI è stata successivamente sviluppata all’interno di un progetto Innosuisse in collaborazione con il Prof. Andrea Castrovinci, responsabile del Laboratorio di ingegneria dei materiali polimerici del Dipartimento tecnologie innovative della Supsi.
Far presa sulla competitività. Innovazione e creatività sono i due pilastri che rendono possibile mantenere competitività e attrattività anche ad Astes4 di Balerna, fornitore di macchine di smistamento attivo nel campo del taglio 2D basato su laser, getto d’acqua, ossigeno e plasma. Il sistema innovativo, che integra quattro teste di prelievo in grado di utilizzare diversi dispositivi di presa, fornisce la soluzione più essibile sul mercato per gestire l’intero usso di lavoro dal carico delle lastre allo smistamento dei pezzi sui pallet e allo scarico degli sfridi.
«Il Progetto Interreg Pmi Network è nato con l’obiettivo di valutare come compiere ulteriori passi per tutelare e consolidare la nostra leadership tecnologica a livello globale. Poiché le nuove generazioni di macchine per il taglio laser sono sempre più veloci, quelle di smistamento rischiano di diventare il ‘collo di bottiglia’ della linea di produzione. Per fronteggiare gli incrementi di prestazioni imposti dal mercato sempre più concorrenziale occorre soddisfare le nuove esigenze dei clienti aumentando la produttività e riducendo i consumi energetici», spiega Cesare Malara, Cio di Astes4 che, acquisita nel 2018 da Mitsubishi Electric Japan, prosegue la sua attività in Ticino.
Grazie al canale di networking e ricerca offerto da Pmi Network, è stato condotto lo studio di fattibilità, poi scaturito nel progetto Outmoves, in collaborazione con l’Isteps e con l’Istituto sistemi e elettronica applicata (Isea) della Supsi, che ha ottenuto il nanziamento da Innosuisse ed è giunto a metà svolgimento. «Attraverso un approccio totalmente innovativo del software che gestisce il sistema di controllo dei 16 assi di movimentazione con un algoritmo innovativo, Outmoves
«Per fronteggiare gli incrementi di prestazioni imposti alle macchine di smistamento da un mercato sempre più concorrenziale occorre soddisfare le nuove esigenze dei clienti aumentando la produttività e riducendo i consumi energetici»
Cesare Malara, Cio di Astes4
si pre gge non solo di compiere un salto tecnologico senza incrementare i costi di produzione a vantaggio dell’azienda, ma anche un impatto più vasto sul territorio portando a un incremento delle competenze di aziende altamente quali cate e alla creazione di nuovi posti di lavoro», sottolinea Cesare Malara. Un’infrastruttura permanente . In un’epoca in cui a livello di programmi di ricerca europea la Svizzera vede messo in discussione il proprio status e relativi nanziamenti, il programma Interreg Italia-Svizzera, giunto alla sesta stagione con l’inaugurazione del periodo 2021-2027, dimostra come rafforzare la cooperazione transfrontaliera sia fondamentale per affrontare con ef cacia problemi comuni a entrambi i lati del con ne.
A livello di enti di ricerca, la collaborazione instauratasi fra la Supsi e i partner accademici sul fronte italiano, il Politecnico di Milano e la sua Fondazione per Pmi Network, rispettivamente il Politecnico di Lecco per Risico, promette di proseguire sviluppando attività complementari di supporto alle aziende. «Lo faremo sia sul fronte della consulenza
Sopra, le macchine di smistamento di Astes4 di Balerna, che grazie allo sviluppo di un software innovativo mirano a un ulteriore salto tecnologico.
industriale, sia attraverso la formazione, dove rimane tuttora accessibile online il webinar realizzato per Risico, al quale andranno ad aggiungersi altre proposte nell’offerta continua per rispondere alle esigenze di reskilling, tanto ai livelli dirigenziali, quanto fra gli operatori», conclude il ricercatore della Supsi.
Sembra dunque essere pienamente centrato l’obiettivo ultimo condiviso da Pmi Network e Risico di porre le premesse concrete per la creazione di un’infrastruttura permanente che, integrando il tessuto industriale transfrontaliero in reti capaci di generare innovazione continua, faciliti interventi di R&D nelle Pmi favorendo un usso più diretto tra le aziende che esprimono le proprie necessità, chi ne fa da collettore e chi le può risolvere. Facendo sistema.
Susanna Cattaneo
Settembre 2022 TM · 59
Disaccordo sul valore locativo
I tentativi di abolire la storica imposta puntualmente si arenano alle urne e in Parlamento, incapaci di vincere le resistenze di chi, per diverse ragioni, si oppone.
Og ni tanto il tema del valore locativo riaffiora trascinato dalla richiesta di abolirlo.
Per lanciare l’argomento è utile definire questo balzello che si trascina da oltre un secolo. Per dottrina è un reddito in natura imponibile, confortato anche dalla parità di trattamento fra proprietario e inquilino. Quest’ultima motivazione di per sé sarebbe priva di fondamento essendo il canone di locazione considerato un costo di sostentamento, quindi non detraibile come le altre voci del budget familiare.
Qualcuno lo ritiene addirittura un reddito fantasma. Insomma, poco simpatico anche perché colpisce la prima casa come pure quella di vacanza. Dato che viene considerato frutto di un investimento, il fisco concede di detrarre gli interessi ipotecari e le spese di manutenzione. “Bravo, ottimo investimento, tienilo con cura e visto che risparmi l’affitto io te lo fiscalizzo”!
Il reddito locativo viene calcolato in genere in modo prudenziale, di regola al 60% dell’affitto di mercato conseguibile con una analoga proprietà. Con ciò si tiene conto del mandato costituzionale di promuovere l’accesso alla proprietà e quindi non è una sorta di previlegiata attenzione. E una volta tanto è d’accordo anche il Tribunale federale.
I due ultimi tentativi di abolirlo sono andati a buca. Il più recente era indirizzato solo ai pensionati, una opzione secca. Potevano chiedere di non essere più tassati, perdendo ovviamente la possibilità di detrarre gli interessi ipotecari. La Catef era scesa in pista con vigore e del resto in Ticino la proposta fu accettata mentre oltre Gottardo venne presa a sprangate grazie all’intervento dei Direttori Canto-
nali delle finanze che si vedevano sfilare un soggetto interessante dal profilo fiscale perché in genere non indebitato. Quindi reddito locativo pieno senza detrazione di interessi ipotecari.
Circa dieci anni fa, un deputato al Nazionale ha rilanciato il tema allargando però l’opzione a tutti. Quindi qualsiasi proprietario avrebbe potuto chiedere di non venir tassato per il valore locativo.
si è rilevata un tantino più generosa e, soprattutto, ha messo sul piatto anche l’abolizione del valore locativo della seconda residenza richiamando così la parità di trattamento contrariamente alla Commissione degli Stati che limitava l’abrogazione solo alla prima casa.
«Ampia la resistenza all’abolizione del valore locativo: la fiscalità, i cantoni alpini che lo prelevano anche sulla seconda residenza, gli inquilini e il fronte progressista che rivendica la detrazione dell’affitto dall’imponibile. Senza dimenticare gli istituti di credito e, magari, con l’impennarsi del costo del denaro gli stessi proprietari»
Questo sintetizzando, ma chi volesse approfondire il tema non ha che da consultare i diversi messaggi elaborati dal Consiglio federale e leggere i pareri che li accompagnano. Ma ne vale la pena? Per un arricchimento delle proprie conoscenza in materia certamente, ma per affrontare l’argomento in battaglia un po’ meno.
Il tema era così ritornato sul tavolo e la Commissione delle finanze e dei tributi della Camera alta si è attivata per trovare una soluzione. Dopo aver raccolto suggestioni varie, ha presentato la sua proposta imperniata sull’abolizione, sulla detrazione limitata degli oneri ipotecari, riconoscendo solo i costi di manutenzione tesi a ridurre il dispendio energetico.
L’analoga Commissione del Nazionale ha poi ripreso il modello della consorella apportando però qualche correzione a favore del proprietario. In poche parole
Il perché è molto semplice. Pur scontando l’eventuale convergenza delle Camere federali su un modello condiviso, va tenuto conto del fronte degli scettici e dei contrari. I direttori delle Finanze, chi sottolinea le varie disparità di trattamento (giovani e diversamente giovani), i cantoni alpini che per far cassa difendono il valore locativo della seconda residenza, gli inquilini e il fronte progressista che rivendica la detrazione dell’affitto dall’imponibile. Senza dimenticare gli istituti di credito a cui verrebbe meno l’argomento “indebiti che risparmi fiscalmente” con il rischio di veder confluire i risparmi affidati in ammortamenti accelerati.
Se poi il costo del denaro dovesse scheggiare, magari sarebbero gli stessi proprietari a difendere il modello attuale. Si può scommettere: resterà tutto come prima con la conferma del 60% e una lettura un po’ più generosa dei casi di rigore.
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Gianluigi Piazzini, Presidente della Camera ticinese dell’economia fondiaria (Catef).
economia/ l’esperto di immobiliare
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Tra i diversi interessi in gioco
Il rincaro delle ipoteche fisse, dopo stagioni ai minimi storici, non sembra impressionare il mercato delle abitazioni di proprietà, sorretto dalla forte domanda e scarsità dell’offerta. Preoccupa maggiormente, in prospettiva, che a calare sia un altro ‘interesse’, quello degli investitori istituzionali, che del settore sono stati il motore negli ultimi anni.
Il boom edilizio si è raffreddato, ma beneficia di alcuni grandi progetti in sviluppo. A fianco, uno dei più rilevanti, da 220 milioni di franchi, il RhyTech, vero e proprio quartiere che abbina appartamenti in vendita e affitto nelle due torri, spazi commerciali, offerte per il tempo libero. Il tutto con vista sulle cascate del Reno, sull’ex sito di Alusuisse nel Canton Soletta.
Nemmeno il fuoco incrociato delle crisi attuali sembra poter scalfire il mattone svizzero. La svolta anticipata della Bns in giugno, e la prospettiva di arrivare a un tasso di interesse di riferimento positivo già nella prossima seduta, hanno indotto non pochi a rievocare l’escalation che aveva portato alla crisi immobiliare di inizio anni Novanta. Un allarme più che altro mediatico, che non si trasmette però al mercato residenziale. Il notevole rialzo dei mutui nella curva dei rendimenti a lungo termine - che ha visto il tasso a 10 anni schizzare dall’1 a oltre il 2,5%sembra infatti per ora influenzare solo il mercato ipotecario, senza lasciare intravvedere i segni di un raffreddamento della domanda, né frenare i prezzi della proprietà residenziale, che proseguono nel
loro rally ultraventennale. «Innanzitutto questa solidità si spiega perché l’aumento dei tassi non ha toccato i finanziamenti Saron legati al mercato monetario, sempre attorno all’1%, che saliranno soltanto quando la Bns porterà il tasso guida fuori dalla zona degli interessi negativi. E anche se dovesse procedere in tal senso già nell’appuntamento di fine settembre, senza ulteriori interventi massicci le ipoteche Saron resteranno comunque l’alternativa più conveniente», spiega Michel Fleury, economista di Raiffeisen Svizzera, che ha provocatoriamente intitolato il suo ultimo studio trimestrale dedicato al mercato immobiliare svizzero, “Inversione dei tassi, e allora?”.
Se negli ultimi anni l’80% del volume ipotecario in essere è stato stipulato proponendo un vincolo di interesse fisso,
per la prima volta a giugno e luglio sono state sottoscritte più ipoteche del mercato monetario. Vero è che espongono a maggiori rischi di fluttuazioni, ma alla prova dei fatti risulta come già in passato abbiano quasi sempre consentito notevoli risparmi. «Un acquirente che si finanzia sul mercato monetario economizza circa un terzo dei costi abitativi rispetto al locatario di un’identica abitazione. Inoltre un calcolo retrospettivo dimostra come chi ha dovuto pagare gli interessi su 1 milione di franchi dal primo gennaio 1988 a oggi, sull’arco di oltre 35 anni con un’ipoteca del mercato monetario ha versato poco più di 1 milione di franchi, contro 1,2 per la scadenza a due anni, 1,3 per cinque e 1,5 per dieci, vale a dire un terzo in più», illustra l’economista.
Tuttavia è poco probabile che il consenso riscosso nelle attuali condizioni di emergenza possa innescare una trasformazione strutturale del mercato ipotecario: secondo le proiezioni di Raiffeisen, nella prossima sessione la Banca nazionale svizzera potrebbe portare il tasso di riferimento in territorio positivo, con un conseguente incremento per le ipoteche
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economia /immobiliare
Saron, mentre per i tassi del mercato dei capitali è prevedibile ormai solo un lieve aumento, considerato che la Bns resta molto meno sotto pressione di altri istituti centrali. Benché a breve termine non sia ancora prevedibile un’inversione del tasso di inflazione, il rincaro non dovrebbe più fare grandi balzi in avanti, a meno di un nuovo choc dei prezzi dell’energia. «Ipotizzando quindi che il divario fra le forme di finanziamento sia destinato a ridursi nel medio termine, in molti torneranno a optare per la sicurezza di pianificazione rappresentata da costi fissi a lungo termine, disposti a pagare una ragionevole percentuale in più per questa forma di garanzia», osserva Michel Fleury.
Secondo fattore a determinare la solidità dell’immobiliare svizzero è la scarsità dell’offerta: attualmente si costruisce pochissimo e pochissimo dello stock esistente viene immesso sul mercato. «D’altra parte la domanda rimane elevata: la casa di proprietà è ancora il grande sogno della maggior parte degli abitanti, benché la Svizzera sia fanalino di coda in Europa, con il 36% di proprietari, percentuale aumentata leggermente ma costantemente negli scorsi decenni, prima di riprendere al diminuire dal 2010, proprio a causa dell’elevato livello dei prezzi e degli ostacoli normativi. Anche se la domanda dovesse indebolirsi un po’ in seguito all’aumento dei tassi ipotecari e al raffreddamento dell’economia, la grande scarsità garantirà che i prezzi continuino a salire», prevede l’economista.
L’andamento dei prezzi sul mercato immobiliare svizzero è quindi ancora fondamentalmente giustificabile. A differenza della crisi immobiliare degli anni Novanta, oggi non ci sono quasi più speculatori nel mercato strettamente regolamentato. La stragrande maggioranza degli acquirenti è costituita da proprietari-occupanti che devono superare ostacoli molto elevati per accedere al credito. La sostenibilità dei prestiti ipotecari è infatti calcolata in modo da consentire di far fronte a un ipotetico tasso del 5%, per cui è precipitoso affermare che un proprietario svizzero su cinque rischia ora di perdere la casa, come paventato da diversi media, quando peraltro si è ancora sotto la soglia del 3%.
«Se mai, invece, i prezzi dovessero inaspettatamente calare, migliaia di nuovi nuclei familiari che da tempo cercano una casa di proprietà diventerebbero di colpo
«La casa è ancora il grande sogno della maggior parte degli abitanti, benché la Svizzera sia fanalino di coda in Europa, con il 36% di proprietari. Anche se la domanda dovesse indebolirsi un po’ in seguito all’aumento dei tassi ipotecari e al raffreddamento dell’economia, la grande scarsità di offerta garantirà che i prezzi continuino a salire»
idonei a possederla, andando a premere sulle abitazioni disponibili e stimolare i prezzi. Ma finché non cambierà nulla dal punto di vista dell’offerta, il rischio di un tale scenario è estremamente basso», sottolinea Michel Fleury.
Il fatto che si costruisca poco risulta in prospettiva più preoccupante per gli
Il prezzo della sicurezza
Spese d’interesse complessive per un’ipoteca di 1 milione Chf, secondo prodotto ipotecario
Il brusco rialzo dei tassi ipotecari fissi ha spinto di recente molti ad affidarsi al Saron, rinunciando a una sicurezza a troppo caro prezzo. Anche perché già in passato le ipoteche del mercato monetario hanno consentito notevoli risparmi a dispetto del teorico rischio di fluttuazioni.
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Fonte:
Ipoteche del mercato monetario,
convenienti anche in passato Evoluzione dei tassi
1988-2022 1 3 5 7 9 11 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 2022 Libor/Saron Ipoteca fissa a 2 anni Ipoteca fissa a 5 anni Ipoteca fissa a 10 anni 1 2 3 4 5 0 25 50 75 100 gen feb mar apr mag giu lug Corsa alle ipoteche Saron Volume di nuove ipoteche stipulate dalle famiglie per tipo di prodotto, 2022 Fonte: Bns,
Economic Research Interesse ipoteca Saron (a dx) Interesse ipoteca fissa a 10 a. (a dx) ■ Variabile ■ Saron Flex ■ Ipoteca fissa
Michel Fleury, economista Raiffeisen Svizzera
Bns, Raiffeisen Economic Research
le più
dei prodotti ipotecari a confronto, %,
Raiffeisen
Fonte: Bns, Raiffeisen Economic Research 1.017.214 1.239.448 1.315.125 1.491.152 0 1.000.000 2.000.000 Saron Ipoteca fissa a 2 anni Ipoteca fissa a 5 anni Ipoteca fissa a 10 anni
inquilini. La grande carenza di terreni edificabili, le rigide normative edilizie e urbanistiche, i tassi di interesse più elevati stanno riducendo gli incentivi per i nuovi progetti. I computi più recenti evidenziano un timido rialzo delle domande di costruzione, che però esigerà ancora uno o due anni prima di concretizzarsi: gli oggetti previsti devono ancora essere approvati e, soprattutto, edificati.
Nel frattempo l’aumento dei costi di materiali ed energia fa da ulteriore deterrente. Soprattutto sta venendo a mancare la spinta degli istituzionali che negli ultimi anni di tassi ai minimi storici avevano trovato nel mattone un’indispensabile alternativa di investimento con un rischio gestibile. «Proprio a fronte del forte afflusso di capitali nell’immobiliare, i rendimenti hanno subito una forte pressione in termini di sfitti, affitti in calo e prezzi di acquisto elevati. Il ritorno di rendimenti nominali positivi sugli investimenti a reddito fisso dovrebbe ora indurre molti investitori istituzionali a rivalutare la propria strategia. Peraltro la loro posizione è aggravata dal fatto che, a causa degli
Cresce la pressione sui rendimenti
Già scarsa, l’offerta di nuovi appartamenti in vendita e affitto prospetta di contrarsi ulteriomente guardando al calo di domande di costruzione. Soprattutto la differenza dovrebbe farla il raffreddamento di interesse da parte degli istituzionali, protagonisti degli investimenti in stabili da reddito negli ultimi anni, ora scoraggiati da minori rendimenti, costi in lievitazione e la loro sovraesposizione all’immobiliare.
mente ridotta solo quando i tassi di sfitto avevano già raggiunto livelli molto elevati e gli affitti dell’offerta avevano subito una notevole pressione. Ora sta emergendo il problema opposto. Dopo il superamento dell’attività di costruzione di nuovi edifici, gli sviluppatori di progetti hanno tirato troppo il freno», rileva Michel Fleury.
sconvolgimenti sui mercati finanziari e dei capitali, da inizio anno molti abbiano subito perdite a due cifre sia nei portafogli azionari che obbligazionari, mentre gli stabili da reddito figurano ancora con invariato valore elevato. Pertanto detengono ora quote immobiliari chiaramente troppo alte rispetto alle rigide percentuali cui di solito casse pensioni e assicurazioni vincolano le proprie asset allocation. Se non vi sarà una rapida ripresa dei mercati finanziari, alcuni potrebbero quindi essere costretti a ridurre l’esposizione al mattone», spiega l’economista di Raiffeisen.
Affinché la costruzione di immobili da investimento torni a essere attrattiva, i nuovi affitti dovranno aumentare significativamente. Ma questo richiederà i suoi tempi. Il mercato immobiliare è per sua natura lento. I lunghi iter di pianificazione, approvazione e costruzione fanno sì che i cambiamenti possano essere rilevati solo con un certo ritardo e che quindi anche le reazioni del mercato siano differite. «Ad esempio, l’eccessiva produzione di alloggi durante il boom immobiliare dell’ultimo decennio è stata significativa-
Sebbene si stia già manifestando una carenza di alloggi, solo quando gli affitti iniziali aumenteranno in modo significativo, gli incentivi finanziari per gli investitori porteranno nuovamente a un aumento della produzione. Tuttavia ci vorranno ancora 1-2 anni prima che i nuovi oggetti vengano immessi sul mercato. Questa reazione ritardata e di superamento è una caratteristica tipica del classico ‘ciclo del maiale’. È probabile che il tasso d’interesse di riferimento per i mutui - che altro non è che il tasso di interesse medio di tutte le ipoteche in essere - salga di nuovo già l’anno prossimo, il che consentirebbe in linea teorica di aumentare gli affitti anche per i contratti di locazione in corso. Va però tenuto presente che il potenziale di adeguamento è in realtà nettamente inferiore: visto che solo una minoranza degli affittuari ha richiesto negli ultimi anni una riduzione del tasso di riferimento, per molti di coloro che hanno un contratto a lungo termine quello stabilito in origine resterà superiore al tasso di riferimento vigente ancora per parecchio tempo.
Inquilini e proprietari sembrano dunque poter dormire ancora sonni tranquilli e vivere giorni sereni. Fondamenta sane e un tetto sicuro garantiscono la stabilità dell’immobiliare svizzero, perlomeno nel residenziale, al sicuro dalle problematiche con cui si confrontano le superfici adibite a uso ufficio e al retail, con lavoro e acquisti sempre più votati al comfort dell’home
Susanna Cattaneo
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Fonte: Docu-Media, Raiffeisen Economic Research
Numero
0 20.000 40.000 60.000 80.000 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 ■ App. loc. ■ Indefinito/flessibile/misto ■ Case unifamilairi ■ Proprietà per piani Impennata dei prezzi delle costruzioni Prezzi indicizzati, 100 = 2007 Fonte: Ust, Fahrländer, Wüest Partner, Raiffeisen Economic Research Prezzi di costruzioni Prezzi terreni edificabili case plurifamiliari 100 150 200 250 300 2007 2009 2011 2013 2015 2017 2019 2021 Affitti offerti
Il mattone meno attrattivo frena i nuovi progetti immobiliari
nuovi appartamenti nelle domande di costruzione, somma 4 trimestri
Fonte: Iazi, Bns, Raiffeisen Economic Research Rendimento cash flow oggetti a reddito Rendimento titoli Conf. a 10 anni Differenza di rendimento -5% -2,5% 0 2,5% 5% 7,5% 1988 1992 1996 2000 2004 2008 2012 2016 2020
Con il sostegno di
Soppesare le alternative
L’elevata volatilità del mercato ipotecario rende ancor più necessario monitorare le offerte dei diversi fornitori per sfruttare rapidamente le opportunità. Da scoprire anche le nuove forme di fnanziamento ipotecario - verdi, a rate o intermedie -, ancora poco note.
rezza, anche ai tassi di interesse odierni è possibile ottenere buone condizioni con un’ipoteca fissa, soprattutto in un confronto storico. Peraltro, dopo la significativa crescita negli ultimi sei mesi, a causa della loro dipendenza dai tassi del mercato dei capitali, dovrebbero assestarsi all’incirca al livello odierno», prevede il Ceo di MoneyPark.
Benché l’ultimo semestre abbia chiaramente lasciato il segno sulla struttura dei prodotti e delle scadenze del mercato ipotecario, con i finanziamenti basati sul Saron che hanno totalizzato l’11% del volume negoziato, i mutui decennali rimangono la soluzione prediletta, nonostante un aumento di 190 punti base.
In realtà già da qualche anno si osservava un timido incremento del favore accordato alle ipoteche di breve durata e del mercato monetario, stipulate con maggior frequenza nella Svizzera tedesca rispetto alla francese e al Ticino, dove sono comunque in aumento. «La ragione principale non è infatti da ricercare solo nell’attuale impennata dei tassi ssi a lungo termine, ma dipende da una generale più prudente attitudine d’investimento radicata da decenni. Ciò è confermato dalla maggiore riluttanza a sottoscrivere mutui Saron senza opzioni di copertura del tasso di interesse», sottolinea Martin Tschopp, da maggio Ceo di MoneyPark, società leader fra gli intermediari ipotecari indipendenti in Svizzera.
Fra i fornitori, le piccole banche, le assicurazioni e le casse pensionistiche
che dispongono di depositi sufficienti e non hanno bisogno di rifinanziarsi sul mercato dei capitali potrebbero guadagnare quote di mercato grazie a tassi di interesse più attrattivi rispetto ai grandi istituti bancari, storici dominatori del mercato, che da fine settembre dovranno inoltre rispondere alla riattivazione del cuscinetto anticiclico di capitale al 2,5% per il segmento dei crediti garantiti da immobili residenziali in Svizzera. «Ciò significa che si applicheranno requisiti patrimoniali più elevati, che probabilmente avranno un impatto sul loro margine o sul livello del tasso di interesse.
Le assicurazioni e le casse pensionistiche possono sfruttare questi due vantaggi per le loro offerte. Per chi dovesse sottoscrivere un’ipoteca, vale la pena operare un ampio confronto, in modo da poter includere queste tipologie di offerenti», suggerisce Martin Tschopp.
Chi ha una capacità di rischio adeguata può comunque optare per le ipoteche Saron, anche se MoneyPark prevede che entro un anno arrivino tra l’1,3 e l’1,8% a seguito di un aumento dello 0,75-1,25% per il tasso d’interesse di riferimento della Bns. «Se si preferisce però maggior sicu-
Il tasso di interesse non dovrebbe però essere l’unico criterio decisivo per la scelta. Le condizioni differiscono in modo significativo fra i fornitori e, a seconda della situazione individuale, si dovrebbero considerare anche condizioni come le penali di rimborso anticipato in caso di cessazione prematura dell’ipoteca o i tassi forward per un’eventuale proroga. Nel mercato svizzero dei finanziamenti stanno emergendo nuove opzioni, già affermate in altri Paesi europei, contribuendo a rendere possibile per un maggior numero di persone d’accesso alla proprietà «Con i cosiddetti mutui verdi, gli offerenti concedono sconti per edifici energeticamente efficienti o addirittura per ristrutturazioni ad alta efficienza energetica. Il potenziale di ammodernamento degli immobili residenziali in Svizzera è enorme: più di un milione di case ne ha urgente bisogno, circa il 60% ha più di vent’anni e una buona parte dispone ancora di riscaldamento con combustibili fossili. Questi interventi sono quindi fortemente promossi dallo Stato e l’anno scorso si è registrata una vera e propria tendenza da parte degli offerenti di ipoteche a lanciare prodotti di questo tipo, che si applicano soprattutto agli edifici Minergie e con Certificato Energetico Cantonale degli Edifici (Cece)», osserva Martin Tschopp.
Nell’attuale Studio sull’abitazione ideale pubblicato da MoneyPark, Helvetia e ala-
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economia /immobiliare
Casa, viene evidenziato come solo il 7% dei proprietari intervistati abbia dichiarato di aver beneficiato di un mutuo verde o di un corrispondente sconto sugli interessi del mutuo. Poco meno di un quinto sa se la propria casa soddisfi i criteri necessari. La domanda piuttosto contenuta può essere attribuita al fatto che non esista ancora sul mercato una definizione uniforme dei criteri e che l’acquisizione di certificati energetici sia macchinosa e costosa. «Tuttavia, sullo sfondo delle attuali discussioni sull’energia, l’attrattività di questi prodotti sembra destinata ad aumentare in modo significativo. Infatti, dal punto di vista finanziario, un mutuo verde non significa solo uno sconto sul tasso di interesse, ma anche un significativo risparmio sui costi accessori e una maggiore indipendenza dai combustibili fossili nella manutenzione dell’immobile», evidenzia il Ceo di MoneyPark.
Anche il Rent2Buy o acquisto a rate è una forma di finanziamento ancora poco diffusa. «Si tratta di un modello interessante per chi desidera acquistare una casa di proprietà, ma non può raccogliere il capitale proprio minimo del 20%. Affinché i giovani, e le giovani famiglie in particolare, non debbano risparmiare prima per anni, viene occasionalmente offerta l’opzione dell’acquisto a rate», spiega il Ceo di MoneyPark. In concreto, si tratta di un contratto di locazione con opzione di acquisto. Di norma, i potenziali acquirenti stipulano un contratto di affitto per 5-10 anni nell’immobile desiderato, in modo che i canoni di locazione siano già compensati dal prezzo di acquisto. Il Rent2Buy colma così un vuoto temporale e finanziario fino al momento in cui non diviene possibile un finanziamento ipotecario standard.
Anche il tema del finanziamento intermedio non è ancora molto conosciuto in Svizzera, dove non esistono soluzioni ponte standardizzate per permettere a un proprietario che non dispone della
La recente impennata dei tassi ha favorito le ipoteche Saron, ancora stabili, soprattutto apprezzate nella Svizzera tedesca. A oggi, assicurazioni e casse pensioni paiono trovarsi nelle condizioni ideali per proporre tassi più attrattivi dei grandi istituti. Promettenti le nuove forme di finanziamento come le ipoteche verdi, ancora però poco note in Svizzera.
«Le ipoteche verdi concedono sconti sui tassi di interesse per edifici energeticamente efficienti o per ristrutturazioni ad alta efficienza energetica, fortemente promossi dallo Stato. L’anno scorso si è registrata una vera e propria tendenza da parte degli offerenti di ipoteche a lanciare prodotti di questo tipo»
Martin Tschopp, Ceo di MoneyPark
Scelta del prodotto ipotecario: preferenze regionali
Le ipoteche a 10 anni perdono terreno ma restano le più popolari
Fornitori: assicurazioni e casse pensioni guadagnano posizioni
Come valuta le seguenti tendenze in materia di finanziamento?
liquidità necessaria di acquistare una nuova abitazione prima di aver venduto quella attuale. «Nella pratica circa metà dei potenziali interessati finisce per farsi sfuggire l’occasione a causa della lunghezza delle procedure. Pertanto a oggi il finanziamento ponte richiede sempre una strategia individuale che sarebbe meglio affidare a un intermediario ipotecario che possa negoziare una soluzione su misura»,
avverte il Ceo di MoneyPark.
Al di là delle alternative ampiamente note e praticate, il mercato ipotecario offre dunque anche queste interessanti forme di finanziamento a chi vuole acquistare una proprietà, che raccolgono crescenti favori ma scontano ancora una scarsa visibilità.
Achille Barni
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Fonte: Money Park, Studio sull’alloggio ideale
Ipoteche verdi Credito intermedio Rent2Buy 0 20 40 60 80 100 ■ molto attraenti
attraenti
poco attraenti ■ per nulla attraenti ■ non sa
2022
■
■
Svizzera S1 2022 S2 2021 Variazione ■ Banche 67% 71% -6% ■ Compagnie d’assicurazione 18% 16% 13% ■ Casse pensioni 15% 13% 15% Fonte: MoneyPark, agosto 2022 S1 2022 67% 18% 15%
Durata ipoteca S1 2022 S2 2021 Variazione Ipoteca del mercato monetario 11% 5% 120% 1 – 4 anni 6% 5% 20% 5 – 9 anni 24% 20% 20% 10 anni 52% 62% -16% 11 anni + 7% 8% -13% Fonte: MoneyPark agosto 2022
dal 1 gennaio al 30 giugno 2022 Fonte: MoneyPark, agosto 2022 ■ Ipoteche Saron 0 20 40 60 80 100 Svizzera francese Svizzera tedesca 6% 5% 26% 55% 8% 15% 7% 23% 50% 5% ■ 10 anni ■ 11+ anni ■ 1-4 anni ■ 5-9 anni
Dal Ticino a Montecarlo
Prosegue la lunga corsa del settore immobiliare. I segreti del successo? Stringere nuove alleanze, far rete a livello di territorio, guardando però anche all’estero.
Da sinistra, Sheila De Lucia, titolare de L-Evento, organizzazione eventi; Stefano Devecchi Bellini, Family Office Advisor presso l’Officina della Finanza; Paolo Caspani, Direttore Bit, e titolare Creart Communication; ed Emanuele Gianola, Direttore e partner di Capifid Valutazioni immobiliari.
riconoscimento anche da parte delle istituzioni dell’importanza di quanto stiamo facendo», prosegue il Direttore.
Far rete è sempre più spesso quella fondamentale esigenza che può fare davvero la differenza anche nelle circostanze apparentemente più complicate. Muovendo poi da una realtà molto piccola, come può esserlo il Ticino, e puntando sin da subito molto lontano, com’è Montecarlo, dunque non solo geograficamente, ecco allora l’importanza che questa stessa ‘rete’ può assumere.
Si tratta infatti della Borsa Immobiliare Ticino, che in pochi anni ha saputo ritagliarsi un ruolo per tanti professionisti attivi in quest’ambito, scommettendo sulla semplicità, in primis degli obiettivi. «Crediamo che stimolare le interazioni tra tutti gli attori che animano quello che viene sbrigativamente definito ‘mercato immobiliare’ crei vero valore aggiunto per molti: sviluppo economico per il territorio, oltre che nuove occasioni commerciali e di marketing per le singole aziende che partecipino alle nostre attività. Anche quest’anno si terrà presto l’appuntamento annuale che mira a coinvolgere tutte le
voci del settore, dagli architetti agli artigiani, dai designer ai promotori, a tutti gli altri ‘addetti ai lavori’, presentando nuove idee e stringendo nuove relazioni», sottolinea il direttore di Borsa Immobiliare Ticino, Paolo Caspani.
Un appuntamento sentito, cui viene attribuita una certa importanza da molti. Lo scorso anno, nella sola Lugano, in due serate è stato possibile raccogliere oltre 1400 astanti; nonostante il protrarsi da diverso tempo dell’emergenza pandemica gli incontri non si sono mai fermati; la Politica locale non ha mai fatto mancare il suo ‘sentito’ sostegno. «Ad aprire l’ottava edizione della Borsa, il 26 settembre presso il Palazzo dei Congressi di Lugano, sarà il Consigliere di Stato Christian Vitta, mentre il direttore della Divisione dell’economia, Stefano Rizzi, prenderà la parola durante la conferenza stampa di apertura dei lavori il 23 settembre al Palazzo Civico di Lugano. Sono stati confermati i patrocini della città stessa, oltre che di Bellinzona, Locarno, Mendrisio e Chiasso, dunque un importante
La due giorni luganese, del 26 e 27 settembre, sarà però all’insegna anche di diverse novità: nuove importanti alleanze, sostenute da un allargamento del team della stessa associazione, che ha recentemente accolto tra i suoi nuovi membri Stefano Devecchi Bellini, cui sono state affidate proprio le relazioni esterne per trainare la crescita del forum. «La borsa ha avviato quest’anno un’importante partnership con Dagorà Lifestyle Innovation Hub di Carlo Terreni e Serse Bonvini, che ci sta aprendo nuovi sbocchi verso l’estero. In questa direzione si sta dimostrando molto fruttuoso concentrarsi su temi più vicini a innovazione e lifestyle, quali il connubio tra tecnologia, design, lusso, fashion, alimentazione e salute, che non casualmente saranno al centro dei lavori dell’evento luganese, ma anche di Montecarlo. Nata infatti nel 2021 come evento biennale, il Monaco et Suisse Investment Forum, la versione monegasca della Bit, su esplicita richiesta degli imprenditori del Principato, avrà nuovamente luogo il 21 ottobre, a Monaco», conclude Stefano Devecchi Bellini, Presidente dell’Unione Cristiana Imprenditori Ticinesi (Ucit).
Achille Barni
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economia /immobiliare/ eventi
Sicurezza per eventi a regola d’arte
Grande successo, nella sua 75esima edizione, per il Locarno Film Festival. A garantirne la sicurezza, per un perfetto svolgimento della rassegna, da oltre trent’anni è Prosegur, società di vigilanza storica nella gestione degli eventi e sempre più attiva nel rispondere alle molteplici esigenze di protezione di beni e persone.
Era un anniversario simbolico, quello del Locarno Film Festival, che soffiava quest’estate su 75 candeline, tante da farne una delle prime manifestazioni cinematografiche insieme a Cannes, che pure debuttava nel 1946. A rendergli onore i 128.500 spettatori che hanno assistito dal 3 al 13 agosto alle proiezioni, con un balzo di oltre il 60% rispetto all’afflusso condizionato dalle limitazioni pandemiche che aveva segnato lo scorso anno. La serata inaugurale, con una pellicola di forte richiamo come il rutilante Bullet Train, protagonista Brad Pitt, ha visto staccare 7200 biglietti in Piazza Grande, che in numerose altre serate ha registrato un’affluenza sopra i cinquemila. Un successo che è tornato a sollecitare a pieno regime un apparato di sicurezza allo stato dell’arte, per tutelare con professionalità e discrezione pubblico, ospiti, personale e beni materiali, garantendo il perfetto svolgimento della rassegna.
«Sollecitati a 360 gradi, con un dispiegamento di oltre un centinaio dei nostri agenti che si alternano dalla mattina alla sorveglianza notturna, gestiamo i diversi aspetti della sicurezza, a partire dalla cerimonia inaugurale fino a quella di
chiusura», spiega Alex Genini, direttore di Prosegur, società di vigilanza che da oltre trent’anni ha legato il proprio nome a quello del Locarno Film Festival (Lff), in qualità di official supplier di agenti di sicurezza, riconfermato per questo quadriennio, fino al 2025. Vengono così garantiti il presidiamento della Piazza Grande e delle sale, alle quali quest’anno è tornato ad aggiungersi l’Otello di Ascona; il controllo di biglietti e pass; il disciplinamento del traffico e il mantenimento dell’ordine, che includono anche lo spazio di incontro, musica e gastronomia della Rotonda by laMobiliare; i servizi armati di scorta per il trasporto delle casse, fino all’aspetto più patinato del supporto nella gestione del Red Carpet con gli agenti in completo e cravatta ad accogliere gli ospiti di prestigio, con celebrità come Matt Dillon e Sophie Marceau quest’anno, e le varie personalità invitate, a partire dai consiglieri federali.
Con una presenza capillare sul territorio ticinese, dove è il punto di riferimento nei servizi della circolazione che gestisce per conto delle autorità federali, cantonali, comuni e privati, Prosegur riesce, da sempre, a diversificare le sue prestazioni
in modo da coprire le diverse esigenze di protezione di beni e persone.
La lunga collaborazione con il Lff ha permesso di sviluppare e consolidare importanti competenze nella gestione delle manifestazioni. «Rispetto a queste routine, lo scorso anno ha rappresentato un notevole banco di prova, sconvolgendo le abituali dinamiche: anche se chiaramente, a causa delle restrizioni in essere, l’affluenza al Festival è stata molto più ridotta del consueto, la necessità di fornire un supporto anche per il controllo dei certificati Covid di spettatori, del personale della manifestazione (per cui si contano un migliaio di impiegati negli 11 giorni di agosto) e dei nostri agenti, ha richiesto di adattarci a un importante cambiamento», osserva il direttore di Prosegur. «Quest’anno invece, abbiamo finalmente potuto sperimentare sul terreno la collaborazione fra il nuovo responsabile della sicurezza del Lff Giordano Ferrari, subentrato al Colonello Smg Daniele Haas, e il capo impiego Prosegur Giuseppe Drago», prosegue Alex Genini. Essenziale per essere pronti a rispondere a ogni imprevisto è la pianificazione: «Alla preparazione dell’evento si lavora tutto l’anno, con un intensificarsi delle attività
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Advertorial
© Foto by Omar Boccuto
A fianco, da sinistra, Alex Genini, direttore di Prosegur, official supplier di agenti di sicurezza del Locarno Film Festival (Lff) da oltre trent’anni, insieme a Giordano Ferrari, Chief Security Officer del Lff. Dal controllo delle sale e della Piazza, all’accompagnamento degli ospiti sul red carpet, vengono garantiti tutti i servizi di vigilanza e mantenimento ordine, per il perfetto svolgimento della rassegna. Compiti che sempre più eventi tendono a esternalizzare ai professionisti del settore.
a partire dalla primavera, quando iniziano le riunioni e la ricerca del personale ad hoc per la manifestazione, per arrivare poi al picco nelle settimane che ne precedono immediatamente lo svolgimento», osserva Giordano Ferrari che, attivo dal 2011 nell’organizzazione del Locarno Film Festival con incarichi di crescente responsabilità, ha potuto acquisire un importante know-how sul campo. «È fondamentale che tutto sia già predisposto prima dell’inizio della rassegna, con i contatti e i canali di intervento per poter poi garantire la necessaria reattività in caso di imprevisti ed emergenze. La collaborazione della Polizia cantonale e di quella comunale, degli enti di pronto intervento come i pompieri e il servizio ambulanza - anche per trattare un semplice malore in un anno di canicola come questo - e da parte della Città di Locarno è per noi importantissima e preziosa», sottolinea il responsabile della sicurezza del Lff.
Si inizia al mattino, con le riunioni quoti-
diane insieme a tutte le parti interessate per fare il punto della giornata e riposizionare i vari servizi in base alle esigenze day by day, per poi ritrovarsi per il briefing serale in cui verificare eventuali modifiche dell’ultimo minuto, con tanto di esperti meteo per valutare se tenere in allarme il dispositivo pioggia per attivare la sala del Palexpo (Fevi) come alternativa alla Piazza per le proiezioni serali in caso di maltempo.
«La mia conduzione è stata improntata sull’ascolto delle esigenze del cliente e sulla supervisione affinché le attività venissero svolte nei modi e tempi richiesti. La dinamicità della manifestazione ha richiesto sicuramente una notevole flessibilità», osserva Giuseppe Drago.
Se già tradizionalmente i mesi da aprile a settembre rappresentano il picco di attività per un’azienda come Prosegur, il cui lavoro vive di stagionalità, ecco che dopo due anni a stretto regime pandemico, quest’estate è stata caratterizzata dal surplus di richieste generato dall’esplosione di manifestazioni
ed eventi, la cui gestione è ormai entrata nel suo Dna di società di vigilanza. All’impegno storico del Locarno Film Festival, si aggiungono le manifestazioni comunali di dimensioni minori, per le quali l’outsourcing della sicurezza è sempre più la soluzione prediletta per prevenire situazioni potenzialmente pericolose che potrebbero comprometterne la buona riuscita. «Inoltre, nei primi giorni di luglio ci è stata affidata la gestione della sicurezza durante gli Swiss Harley Days, la principale manifestazione motociclistica della Svizzera, che ha portato a Lugano 50mila appassionati. Ci fa poi grande onore esserci aggiudicati l’appalto per i prossimi quattro anni delle manifestazioni estive della Città di Lugano, fra cui Blues to Bop, il LongLake Festival e il lido della Foce del Cassarate Lugano Marittima», sottolinea il direttore di Prosegur.
Nella consapevolezza che per godersi al meglio le occasioni di convivialità che finalmente si è tornati a poter assaporare, esternalizzare i servizi di sorveglianza e mantenimento ordine a chi possa gestirli con la professionalità, le competenze, la fermezza e la cortesia che richiedono, è la strategia più efficace, che si tratti di uno dei più grandi festival cinematografici internazionali o di una rassegna locale.
Per informazioni:
Prosegur SA
Via Brentani 11 6904 Lugano
Tel. 091 973 32 10
info@prosegur.ch
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© Foto by Omar Boccuto
© Foto by Omar Boccuto
Il video realizzato da Prosegur al Locarno Film Festival 2022
Pmi piccole ma decisive
Quella di Frauenfeld e del Canton Turgovia è un’economia ben diversificata e resistente anche nelle avversità. Una forte presenza nel secondario le conferisce invece uno spirito innovativo polivalente, tipico della macroregione europea in cui è inserita.
Accanto a una forte componente industriale, l’agricoltura sopravvive e prospera. Oltre il 50% della superficie del Canton Turgovia è a uso agricolo.
che il distretto è diventato da tempo grazie ad aziende d’avanguardia attive in settori come l’ingegneria meccanica, la lavorazione dei metalli, la tecnologia dei sensori e la tecnologia medica.
Molto più che Mostindien. Oggi la Turgovia è molto più di Mostindien, il soprannome datole per le sue numerose coltivazioni di mele. Tra l’altro, non è chiaro come sia nato questo nome. Secondo una teoria, potrebbe dipendere dalla forma, che ricorda il subcontinente indiano.
Dopo una pausa di due anni, il 6 luglio è ripartito l’Openair Frauenfeld, che attira migliaia di fan dell’hip-hop all’Allmend, nel nord della città. Per compensare le ‘estati perdute’, questa volta il festival è durato quattro giorni anziché tre, con un flusso stimato di 200mila visitatori, e 80 spettacoli in scaletta.
Frauenfeld, con i suoi 25mila abitanti, è la culla del più grande festival hip-hop d’Europa, ma sulle rive del fiume Thur si trovano anche grandi nomi dell’economia, come la farmacia con vendita per corrispondenza Zur Rose o il produttore di borracce Sigg, che dal 2016 appartiene al gruppo cinese Haers. Non è l’unico gruppo industriale con sede a Frauenfeld: anche Bosch, ad esempio, è presente con la sua società affiliata Sia Abrasives, specializzata in soluzioni di levigatura. Alta densità di Pmi. Tuttavia, il settore industriale non caratterizza solo la città,
ma l’intero distretto di Frauenfeld, che si estende su 23 comuni della valle del Thur, per non parlare dell’intero cantone. Insieme all’edilizia, il manifatturiero contribuisce per circa il 35% alla creazione di valore a livello cantonale, rispetto a una media nazionale del 24. Del resto, nel solo distretto di Frauenfeld, circa il 31% degli occupati lavora nel secondario.
Nonostante la presenza di alcuni grandi operatori nel centro urbano, la maggior parte delle imprese industriali del distretto è rappresentata da Pmi. Un esempio tipico è la Hildebrand Industry a Felben-Wellhausen. L’azienda, con un totale di 37 dipendenti, progetta, produce, assembla e si occupa di sistemi di pulizia con particolare attenzione all’alimentare.
Nonostante le sue piccole dimensioni, Hildebrand Industry è il leader tecnologico mondiale in questo tipo di impianti, il che contribuisce a rafforzare il ruolo di Frauenfeld come sede tecnologica, cosa
Ma nonostante la forte presenza industriale, l’agricoltura è ancora importante, sfrutta il 50% della superficie cantonale, e impiega il 6% della forza lavoro.
Mentre l’industria e l’agricoltura svolgono un ruolo più importante nel cantone rispetto alla media nazionale, il contrario avviene per il settore dei servizi, che impiega quasi il 60% della forza lavoro. Nel distretto di Frauenfeld quasi il 63, ma in Svizzera è di circa il 73%.
Tuttavia, secondo l’Ufficio federale di statistica, anche il settore terziario è in forte crescita in Turgovia. Proprio come nell’industria, il settore dei servizi ospita molte piccole e microimprese con meno di 10 dipendenti, e sono tipiche del panorama imprenditoriale cantonale.
La geografia come fattore di successo. Uno sguardo alla struttura del settore mostra che la Turgovia, o meglio il distretto di Frauenfeld, è un’area economicamente ben diversificata. Soprattutto in tempi di
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finanza /analisi regionale
©Keystone
/ Gian Ehrenzeller
crisi, questo è un vantaggio competitivo. Nel complesso, l’economia regionale ha superato bene la pandemia. Con la fine delle restrizioni la situazione - nonostante gli ulteriori 25 milioni per i casi di rigoreè complessivamente positiva. I registri degli ordini dei settori della manifatturiera e delle costruzioni sono pieni, anche se la carenza di personale specializzato e i problemi della catena di approvvigionamento frenano ancora lo slancio. La situazione nel commercio al dettaglio è favorevole, nonostante la carenza di personale, che dilaga anche in questo settore a causa del nuovo aumento della domanda.
Oltre alla diversificazione, la posizione geografica del distretto di Frauenfeld è un altro fattore di successo: essendo una regione di confine, il distretto è inserito in una delle più grandi regioni economiche d’Europa, composta da Baden- Württemberg, Baviera, Vorarlberg e Svizzera. A livello nazionale, Frauenfeld è situata nell’area economica di Zurigo, con buoni collegamenti con l’aeroporto. Anche i centri di Winterthur e San Gallo sono facilmente raggiungibili.
A favorire l’economia è anche la bassa imposizione fiscale per le aziende e i possibili vantaggi fiscali per i nuovi insediati. Negli ultimi anni, secondo la città di Frauenfeld, le imposte locali sono state ridotte di oltre il 22% in termini reali. Innovazioni per il clima. Per quanto Frauenfeld sia riuscita a superare la pandemia, la crisi ucraina ne sta attualmente offuscando le buone prospettive economiche, con il secondario, dall’elevato fabbisogno energetico, in ombra. Inoltre, le imprese del cantone di confine sono fortemente orientate all’export. In un’intervista, Daniel Wessner, responsabile dell’Ufficio per l’economia e il lavoro della Turgovia, ha tuttavia concluso: “L’impatto economico diretto della guerra sul Cantone è probabilmente modesto, con poche eccezioni”.
Nella stessa intervista, il direttore degli affari economici del cantone, Walter Schönholzer, ha riportato: “Dobbiamo ripensare le catene di approvvigionamento, la tendenza a un’ulteriore globalizzazione si è fermata per il momento, e sarebbe opportuno prendere più sul serio anche le sfide dettate dai cambiamenti climatici”.
Un mezzo per combatterli è rappresentato dalle nuove tecnologie. Progetti di questo tipo stanno emergendo con grande frequenza nel distretto tecnologico di
«La posizione del distretto di Frauenfeld è un elemento decisivo: essendo una regione di confine, il distretto è inserito in una delle più grandi regioni economiche d’Europa, composta da Baden-Württemberg, Baviera, Vorarlberg e Svizzera. A livello nazionale, è invece vicina a Zurigo, Winterthur e San Gallo»
Portafoglio e ambiente
La Hildebrand Industry di Felben-Wellhausen è un’azienda tipica del distretto di Frauenfeld: piccola, orientata all’esportazione, attiva nel settore industriale. Impiega 10 collaboratori nella sua sede principale, ha una quota di esportazione dell’80% e produce sistemi di pulizia industriale, principalmente per l’industria dolciaria. Interviene il Ceo, Rolf Häni.
Qual è il vostro principale punto di forza? «Nella nostra nicchia siamo leader tecnologici a livello mondiale. Con le nostre soluzioni, le aziende alimentari e farmaceutiche ottengono le massime prestazioni e riducono al minimo il consumo energetico. Questo è un bene non solo per l’ambiente, ma anche per il portafoglio, il che non guasta», precisa il Ceo.
Quali sono dunque queste soluzioni così prestanti? «Il nostro fiore all’occhiello è un sistema di pulizia per stampi di cioccolato. Il ‘Combiflex’ lava in modo asettico e non utilizza acqua o sostanze chimiche. Degna di nota, anche se come sottoprodotto, è una nuova linea di bancali in plastica. Di solito vengono puliti con un tubo flessibile. La pulizia di una pila di dieci bancali consuma abitualmente 100 litri d’acqua, con il nostro sistema il consumo è di 14 litri», nota Häni. In un contesto internazionale sempre più difficile quali sono le principali sfide, e come sta influendo il conflitto in Europa orientale? «Vediamo le migliori opportunità di crescita in Sud America, Asia e Africa, dove ad esempio per le praline si presta estrema attenzione al gusto, ma l’attualità sta pesando, e il conflitto si avverte. L’alimentare resta fondamentale, ma dovendo scegliere i cioccolatini non sono così importanti, per non parlare delle importanti quote di mercato che avevamo in Russia e Ucraina. Del resto, non bisogna scordare che stessimo comunque uscendo da un periodo segnato da una pandemia», riflette il Ceo. Cosa si è reso necessario fare nel corso degli ultimi due anni? «Siamo ancora alle prese con catene di approvvigionamento interrotte e prezzi di trasporto più alti. Ciononostante, siamo riusciti a mantenere costanti le vendite per tutta la durata della pandemia. E ne siamo davvero orgogliosi», conclude Häni.
Frauenfeld, come ad esempio quello dell’azienda Hildebrand Industry, che ha ridotto del 90% il consumo di acqua.
Nel frattempo, lo specialista della tecnologia di sensori Baumer Group sta costruendo un nuovo centro high-tech. Qui,
120 collaboratori porteranno avanti lo sviluppo di sensori industriali a risparmio di risorse. Il tutto è circondato dall’ampia valle del Thur e non lontano dall’ippodromo di Allmend, dove sono finalmente tornati i grandi dell’hip-hop.
Settembre 2022 TM · 73
Daniel Bollmann, Consulente clientela aziendale di Banca Raiffeisen Seerücken
©Balz Kubli
©Hildebrand Industry
Alchimie umane: dove tutto ha inizio
Da una semplice transazione a Londra è nata in pochi anni un’intesa che ha portato due società indipendenti a fondersi, gettando le basi di un nuovo progetto condiviso. Quali sono stati gli elementi decisivi, e quali invece i tradizionali ostacoli che emergono in questi casi?
Tempi complessi e circostanze difficili sono quelli cui potrebbe presto essere chiamata a fronteggiare la Piazza finanziaria svizzera, del resto il grande processo di concentrazione potrebbe essere infine iniziato. Previsto e annunciato a più riprese nel corso dell’ultimo decennio, con la stessa precisione cui un meteorologo svolge il suo lavoro, qualcosa potrebbe essere davvero cambiata, a partire dall’all-in di Berna, con un nuovo ed ennesimo giro di vite a livello normativo. Ma se per Finma il dado è ormai tratto, come si sta preparando l’industria alla rivoluzione?
«La vera sfida cui molte società del settore si trovano oggi confrontate non è finanziaria, ma ‘semplicemente’ psicologica e culturale. In questo senso penso alcuni dati siano emblematici: oltre 2200 sono gli Asset Manager in Svizzera, di cui mille con un gestito inferiore ai 250 milioni, e poco più di cinquanta sopra il miliardo. Se si pensa che le dimensioni minime siano destinate a evolvere, e in prospettiva sarà proprio questa soglia a poter fare la differenza, e che solo i 2 o 3 miliardi potranno garantire la giusta serenità per continuare a soddisfare le esigenze dei clienti più sofisticati, ben si capisce la magnitudo del problema», esordisce così Patrick Ferrari, Ceo di Woodman Asset Management.
Del resto, fibrillazioni in superficie sono palpabili e tangibili, con il regolatore che non si risparmia nel segnalare al mercato quelli che in ultima istanza potrebbero rivelarsi ritardi particolarmente costosi per la Piazza nel suo insieme. «Quella che si è aperta è una finestra d’opportunità molto interessante per chiunque saprà coglierla, con il livello di preparazione
«Il nostro è un mestiere improntato su fiducia ed esperienza, in cui le figure Senior, anche quelle più prossime alla pensione, hanno ancora molto da dare, specie ai più giovani. Bisogna però trovarsi nelle condizioni di poterlo fare»
quale discriminante. Nel nostro caso abbiamo portato a termine ‘i compiti a casa’ e siamo pronti a facilitare la transizione, soprattutto sostenendo le società più piccole che vogliano concentrarsi ancora di più sul mantenimento della relazione con il cliente, disponendo di strumenti nuovi. La Svizzera dall’era Covid è tornata a guadagnare in attrattività, e i rimpatri di molti clienti lo confermano, per quanto resti
ovviamente ancora tutto da sciogliere il nodo crossborder, che è anche il principale ostacolo alla crescita dei più piccoli», nota Alessandro Sonvico, responsabile del Wealth Management di Woodman e membro dell’Executive Comittee.
A dipendenza del segmento cui si guardi, il ruolo della Piazza elvetica può non essere cambiato nel corso del tempo, e il consolidamento del settore potrebbe tornare a ridarle slancio anche rispetto alle nuove concorrenti. «La Svizzera è patria del Wealth Managemen, è questo il settore in cui non deve temere rivali, e la forte crescita degli asset a livello globale ne sosterrà la crescita. Può sfruttare appieno la sua posizione centrale, grazie al fuso orario può servire sia i mercati asiatici che il Nord America, ha il franco, oltre a tradizione e know-how con rari eguali che la differenzia dal vicino Lussemburgo e talenti eclettici, tipici di un luogo in cui molti hanno visto e fatto molto. Ovviamente non deve cedere alla tentazione di voler ‘strafare’, entrando in competizione ad esempio con New York o Londra nell’Investment Banking, per quanto sia proprio lì che la nostra storia è iniziata», prosegue il Ceo di Woodman.
Se da cosa nasce cosa, ed è nell’alchimia tra le persone la miglior garanzia del successo di un’operazione, allora sulle rive
74 · TM Settembre 2022
finanza / indipendenti 2005 2011 2015 2009 2017
Nasce Pentagram: 5 Partner, 8 collaboratori, e 300 mln di AuM
Scudo Fiscale Miglioramento Risk & Asset Management di Pentagram
Pentagram entra nell’Aswm
2010
Nuovo modello operativo per Pentagram
2019 2022
Nasce Woodman
Inizio della collaborazione Woodman - Pentagram Finma approva la fusione
del Tamigi è davvero successo qualcosa che nell’arco di pochi mesi è culminato in una fusione che altrimenti avrebbe potuto richiedere molti anni, nel migliore dei casi, o semplicemente il nulla. «Ci siamo conosciuti per una semplice transazione, ci siamo subito piaciuti, e abbiamo visto sinergie a più ampio raggio che potessero generare valore aggiunto per i nostri clienti. In particolare unendo l’esperienza nella parte più liquida e nell’equity di Pentagram, e quella più illiquida tipica di Woodman. Abbiamo prima consolidato la presenza nel Regno Unito, ultimando il processo nel gennaio 2020, ed è da allora che stiamo procedendo con le sedi svizzere, coinvolgendo team, azionisti e clienti, con il placet della Finma arrivato nel gennaio di quest’anno», prosegue Sonvico, che aggiunge: «In questo tipo di operazioni è indispensabile coinvolgere le persone, farle aderire il più rapidamente possibile al progetto, dando vita a un’alchimia difficile ma imprescindibile. Le due culture devono integrarsi, nel rispetto reciproco, le competenze dei singoli individui valorizzate al massimo. Altrettanto importante è il lato psicologico, bisogna saper gestire al meglio il cambiamento da proprietario a dipendente».
Ma cosa significa davvero integrare, e perché le singole sedi devono essere coinvolte in quella che sino a prova contraria è una decisione meramente strategica?
«Quella che è nata è una società molto più strutturata di quanto non sarebbero mai potute essere le precedenti, ma a fare la vera differenza è stata l’assenza di sovrapposizioni, di persone oltre che di uffici. Pentagram ha sempre avuto una forte presenza in Svizzera italiana e francese, tra Lugano e Ginevra, mentre Woodman nella tedesca, tra Zugo e Zurigo. A questi si aggiunge Londra, dove resterà l’Asset Management. La peculiarità è però che queste sedi oltre a essere ben inserite a livello locale, hanno clienti e business veri, con AuM paragonabili, non si tratta dunque di semplici pied-à-terre» chiosa Ferrari
Un’operazione di finanza, ma non solo, straordinaria all’insegna della complementarietà dei business, con immediati riscontri anche sul campo. «Convivono oggi in Woodman le competenze tipiche della tradizione di Pentagram a livello di gestione patrimoniale liquida, e quella tipica di Woodman quella più illiquida. Se in termini di filosofia sin dal principio ci si è capiti, un altrettanto forte intesa è quella
«Ci siamo posti obiettivi molto chiari: entro dieci anni vogliamo diventare uno degli attori chiave della Piazza, raddoppiare il gestito entro un lustro, e presidiare al meglio le tre regioni svizzere, intercettandone le migliori opportunità di crescita, anche grazie alle competenze di Londra»
Patrick Ferrari, Ceo di Woodman Asset Management
I dati di Woodman
2011
Anno di fondazione
Mercati
Ch; Eu; Est Europa
50
Clienti (privati, professionali e istituzionali)
>2 mld
Chf
Assets under Management
I dati di Pentagram
2005
Anno di fondazione
Mercati
Ch; Eu; Medio Oriente
350
Clienti (privati, professionali e istituzionali)
>1
mld Chf
Assets under Management
che è nata tra i team, una squadra che nel frattempo si è arricchita di nuovi profili, e che se da un lato ha fatto della mobilità un nuovo punto di forza, dall’altro operativamente nulla è cambiato; le peculiarità delle nostre strutture non hanno infatti reso necessari ricollocamenti o fuoriuscite, in un settore in cui sono le persone a contare davvero», precisa il responsabile del Wealth Management.
100% Banche depositarie
4 Privata
24 dipendenti
1
Sede in Ch (Zugo)
Banche depositarie
5
15 Partner (100% indipendente)
18 dipendenti
2
Sedi in Ch (Ginevra, Lugano)
Alla base della semplicità con cui si è svolta l’intera operazione di fusione in breve tempo, la perfetta complementarietà di due business simili ma diversi, al pari di clientela, mercati e sedi operative. La Svizzera è destinata a rimanere ancora a lungo il cuore del business, ma non per questo non potrebbero aprirsi interessanti opportunità altrove.
Settembre 2022 TM · 75
Alle origini
Se l’avventura di Woodman e Pentagram, approvata definitivamente dalla Finma il 24 gennaio 2022, è iniziata a Londra, guardando ancora più indietro cosa si potrebbe invece trovare? «Sono luganese di origine, si può dunque dire sia nato e cresciuto in mezzo al Private Banking. Dopo essermi laureato presso l’Università Luigi Bocconi a Milano ho cominciato al mia carriera presso Paribas prima nell’asset management e poi nel private banking. Nel 2005 ho co-fondato la Pentagram con altri 4 colleghi, proprio per essere più libero. Poi il 2008 che ha cambiato tutto. Se ancora nei primi anni la finanza era tutta nel fascino dell’Offshore, oggi è sicuramente tutto più complesso ma interessante, si ha una visione più completa delle esigenze del cliente, e di questo ne beneficia in primo luogo la relazione cliente-gestore», riflette Sonvico. Un profilo e una storia completamente diversi invece per il Ceo di Woodman. «Nasco quale avvocato, completando gli studi a Zurigo, con l’esplicito desiderio di inserirmi comunque in banca. Tra il 2006 e il 2012 ho contribuito all’insediarsi di un’importante banca a Singapore, cui hanno fatto seguito diverse esperienze manageriali in altri istituti, anche in Svizzera. Mi sono sempre piaciute le sfide intellettuali, conquistare e poi coltivare la totale fiducia di un cliente è una soddisfazione tutt’oggi senza pari, un po’ come il rispetto di cui può godere un avvocato che capisca davvero la natura del lavoro di un suo cliente attivo nella finanza. Oggi, a seguito dell’estinguersi del ‘rendimento’ più finanziario, la sfida è creare comunque valore aggiunto per il cliente, ma diverso per natura, che si concretizza ad esempio nel servizio stesso», conclude Patrick Ferrari.
In presenza di basi solide il consolidamento della Piazza potrebbe spalancare nuovi mercati, e con essi nuove importanti opportunità di crescita, che sino a ieri le dimensioni modeste degli indipendenti svizzeri avevano precluso. «Muoviamo da importanti punti di forza, un gestito superiore ai 2,5 miliardi di franchi e una clientela ben diversificata: un terzo domestica, un terzo europea, e un terzo tra Medio Oriente ed Est Europa. Questo ci garantisce la giusta tranquillità per agire, senza la necessità di doverlo fare. Nei prossimi anni la crescita delle masse sarà accompagnata da una forte domanda di Advisory; i mercati sono sempre più complessi, e le persone vogliono essere consigliate, ma la lotta ai conflitti d’interesse porrà le banche in una situazione difficile. La razionalizzazione dei costi, insieme alle nuove tecnologie, spingeranno le banche a ricorrere a nuove soluzioni FinTech, ma grazie a queste Api, comuni ad altri istituti, in un prossimo futuro il cliente sarà in grado di scegliere liberamente una banca depositaria, una banca finanziatrice, e un gestore, smarcandosi dai vincoli attuali», riflette il Ceo di Woodman, che prosegue: «Gli indipendenti sono invece più agili nello sviluppare soluzioni software più ‘user friendly’, ma considerano anche il cliente nella sua complessità, comprendendone tutte le esigenze, fornendogli soluzioni personalizzate».
Ma se da un lato il bisogno di maggior efficienza da parte del sistema bancario, per controbilanciare almeno in parte l’abbassamento dei margini, potrebbe allontanare una parte del mercato, dall’altro è anche solo lì che potranno essere sviluppate le tanto agognate economie di scala. Basterà? «Allo stato attuale un indipendente può vantare costi molto diversi da un istituto bancario, e allo stesso tempo è un importante driver di crescita per il bilancio dello stesso, ma soprattutto può ricorrere a un cherry-picking dei migliori servizi offerti da più banche, creando un’offerta personalizzata per il cliente. I
In questo genere d’industria il vero capitale delle società è quello umano, con un giusto bilanciamento tra soft e hard skill, specie a dipendenza delle funzioni. L’affiatamento del team, soprattutto in seguito a fusioni e acquisizioni, è molto spesso l’ago tra successo e fallimento.
76 · TM Settembre 2022
Pentagram Fonte: Pentagram Nazionalità Svizzera Italia Francia Belgio 13 3 2 1 Fasce d’età Genere 25-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-66 0 4 2 5 3 3 2 Ginevra: 9 Lugano: 10 13 6 Numero di collaboratori Nazionalità Svizzera Uk Canada Danimarca Francia Grecia Italia Polonia Russia Uk / Svizzera Uk / Brasile Uk / Italia 9 1 1 1 1 1 2 1 2 1 1 1 25-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-66 9 6 2 1 1 2 1 13 9 Woodman Fonte: Woodman Numero di collaboratori Fasce d’età Genere Zug: 22
più recenti sviluppi del quadro normativo hanno reso problematico il modello di business degli indipendenti più piccoli, e questo coincide con la finestra attuale, l’ultima occasione per iniziare il processo di trasmissione della clientela che, a condizione vi sia intesa tra figure Senior e Junior, è realizzabile in due o tre anni», mette in evidenza Sonvico.
Se il grande tema degli ultimi lustri è stata la trasmissione del patrimonio famigliare tra vecchia e nuova generazione, con al centro tutte le delicatezze e incertezze del caso, ecco infine venire al pettine anche gli altri nodi, quelli interni all’industria. «La dinamica è la stessa, solo che è cambiato il lato della scrivania, ma dopo aver affiancato per anni i clienti in questo passaggio delicatissimo, oggi siamo noi a doverci ‘far affiancare’ da qualcuno. Nel caso di un indipendente a dover essere trovata non è però solo l’intesa con il proprio successore, ma anche e soprattutto che questa venga accettata dalla clientela. Il nostro è un mestiere improntato sulla fiducia e sull’esperienza, in cui le figure Senior, anche quelle più prossime alla pensione, hanno ancora molto da dire e da dare, specie ai più giovani. Bisogna però trovarsi nelle condizioni di poterlo fare, ed è qui che la tentazione di cedere l’intero ‘pacchetto’ a una banca potrebbe subentrare», precisa Ferrari.
A rompere il ben oliato meccanismo proprio al settore ha contribuito in maniera sostanziale il rapido cambiamento delle normative che l’avevano a tratti regolato sin dal Dopoguerra, il che sfortunatamente ha finito anche con il coincidere con l’uscita della generazione dei Baby Boomer; il combinato disposto potrebbe rivelarsi quanto meno esplosivo. «La tendenza era chiara ormai da tempo, era dunque solo questione del quando e dove si sarebbe arrivati. C’è però oggi da augurarsi una tregua di almeno dieci anni. Se l’obiettivo era garantire maggior protezione al cliente non è detto sia stato raggiunto, per quanto goda sicuramente di molta più trasparenza. Il rapporto tra gestore e cliente è oggi molto più formalistico, tipico anglosassone, il che stride invece con la natura tipicamente europea che ha sempre guardato più alla sostanza della relazione di fiducia che si crea, e che ci motiva tutti i giorni. Se il cliente è dunque oggi protetto da molte più normative, allo stesso tempo deve fare i conti con minor flessibilità dell’industria, e un’of-
«I più recenti sviluppi del quadro normativo hanno reso problematico il modello di business degli indipendenti più piccoli, e questo coincide con la finestra attuale, l’ultima occasione per iniziare il processo di trasmissione della clientela che, a certe condizioni, è realizzabile in due o tre anni»
Alessandro Sonvico, responsabile Wealth Management di Woodman Asset Management
Seniority dei collaboratori in società
ferta meno interessante e più standardizzata Malgrado ciò la nostra missione rimane sempre la stessa, quella di mettere il cliente al centro di tutte le decisioni e attenzioni, ovviamente nel rispetto delle varie normative» riflette il responsabile del Wealth Management.
È sulla base di queste premesse, le interessanti prospettive del settore, specie se in Svizzera, che si fonda il nuovo progetto e la sua veste societaria: Pentagram Wealth Management verrà infatti assorbita interamente da Woodman Asset Management. «Ci siamo posti sin da subito obiettivi molto chiari e altrettanto ambiziosi: entro dieci anni vogliamo diventare uno degli attori chiave della Piazza, raddoppiare il gestito entro un lustro, e per fare questo presidiare al meglio le tre regioni svizzere, intercettandone le migliori opportunità di crescita, sfruttando le competenze di Londra. Nel fare questo un ruolo chiave lo avranno ovviamente le persone, da qui l’esigenza di segnalarsi sul mercato, da un lato dimostrandosi attrattivi nei confronti dei giovani talenti,
Se l’affiatamento della squadra può determinare il successo di una società, è anche vero che affinché questo maturi è necessario tempo.
dall’altro anche verso i clienti più esigenti e sofisticati», conclude Patrick Ferrari, Ceo di Woodman Asset Management.
Quella che è nata a Londra è la riprova che la Piazza elvetica potrà rimanere per ancora molto tempo competitiva, a patto che sappia mettere da parte gelosie e protagonismi. Se da Berna è infine arrivato il redde rationem, al termine di un lungo viaggio normativo, iniziato oltre un decennio fa, i nuovi equilibri che vanno instaurandosi non è detto siano un male, anzi, specie per il cliente che potrà contare su servizi più all’altezza di un mondo che in pochi decenni è molto cambiato.
Al cuore di tutto rimangono le persone, gestori e clienti, e le alchimie, umane, che spesso per caso si creano tra questi.
Settembre 2022 TM · 77
Federico Introzzi
Fonte:
5-10 anni 5-10 anni 0-5 anni 0-5 anni 10-15 anni 15-20 anni Pentagram Woodman 6 2 2 20 4 7
Pentagram e Woodman
Occhio all’impatto
Investire guardando all’impatto che gli stessi investimenti potrebbero sortire a livello sociale e ambientale potrebbe presto diventare la norma, e non più l’eccezione.
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Cresce l’interesse verso i fondi che investono nello sviluppo sostenibile, ma crescono anche velocemente i rischi di varia natura cui sono soggette le attività umane.
Nel corso degli ultimi anni, di pari passo allo sviluppo della finanza sostenibile, si è diffusa una nuova sensibilità rispetto a quanto l’industria della finanza possa fare di buono, collateralmente all’ottenimento di un buon rendimento.
L’esplicita volontà di utilizzare le risorse investite per ottenere un risultato sociale positivo, oltre a un rendimento finanziario, risponde alla definizione di impact investing . Ma come è nato questo interesse? Interviene Evgenia Molotova, Senior Investment Manager di Pictet-Positive Change: «In passato ho gestito la filiale di un’importante azienda chimica statunitense che produceva vernici e inchiostri nel cuore di Mosca. Ho visto le ripercussioni che avevano i nostri processi: la neve fuori dal nostro stabilimento cambiava colore a seconda del pigmento del giorno. I collaboratori avevano una copertura sanitaria minima e nessuna rete di sicurezza sociale. L’Occidente ha trasferito molti processi produttivi inquinanti nei mercati emergenti, spostando all’estero le questioni sociali e ambientali, senza risolverle».
Nel corso del tempo a essere cambiata è però anche la propensione degli investitori rispetto a determinate industrie:
«Ho poi cambiato settore, mi sono specializzata in titoli ciclici, e ho assistito alla discesa dell’industria pesante nei listini: l’energy nel 2011 valeva il 10%
sviluppato, e le interconnessioni più insospettabili tra settori e Paesi. «I veicoli elettrici sono fortemente dipendenti da litio, nichel e cobalto, ma anche l’edificio energeticamente più efficiente necessita di grandi quantità di cemento e acciaio, al pari del solare, i cui pannelli sono prodotti in Cina, usando carbone. I problemi vanno analizzati in modo olistico, non si tratta di investire solo in energia pulita e tecnologia, o non investire in tutte le aziende ‘rimaste indietro’, che sono invece le più bisognose», sottolinea l’gestore.
Solitamente per la loro scarsa sostenibilità i settori industriali e dei materiali finiscono con l’essere esclusi dall’universo d’investimento, ciononostante restano la fucina del benessere di tutti, economia inclusa. «Entrando in contatto con il management delle imprese possiamo aiutare a trovare soluzioni socialmente e ambientalmente migliori, pur nel rispetto dei margini, e nell’interesse di tutti. Un’azienda che si trasforma migliora le proprie valutazioni, e spesso ha voglia di farlo. Gli stimoli non mancano, consumatori, Governi e investitori lo chiedono», prosegue Molotova.
dell’indice Msci World, nel 2021 appena il 3,5. Nonostante buoni flussi di cassa nessuno vuole più investirvi, come nella Old Economy, ma è proprio lì che ce n’è più bisogno, di cambiamento oltre che di responsabilità», nota Molotova.
Sempre più spesso a sfuggire sono gli addentellati che l’economia globale ha
Chi più chi meno i segnali del mercato sono ormai anni che non si fanno aspettare, non sorprendentemente a tutti i livelli. «Le abitudini di acquisto dei consumatori sono cambiate, è fondamentale preoccuparsi della riciclabilità di un prodotto o della sua confezione, un argomento a cuore anche dei più giovani. Altrettanto i Governi, i 2 trilioni di euro di aiuti pandemici messi sul tavolo dall’Unione Europea hanno una nota verde al loro centro, e gli stessi Emergenti si
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finanza / sostenibile Fonte: Unctad based on Morningstar and TrackInsight data Cresce l’AuM dei fondi sostenibili (in mld usd) 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000
fondi ■ Europa ■ Usa ■ Resto del mondo
Information infrastructure breakdown Asset bubbles Financia failure Critica infrastructure failure Fisca crises Unemployment Illicit trade Energy price shock Extreme weather Climate action failure Biodiversity loss Natura disasters Human-made environmental disasters National governance failure Interstate conflict T orist attacks State collapse Weapons o mass destruction Failure of urban planning Food crises Involuntary migration Social instability Infectious diseases Water crises Adverse technological advances Cyberattacks Data fraud o theft Globa governance fa lure Economia Geopolitica Ambiente Sociali Technologia
stanno muovendo. Non parliamo degli investitori, l’Esg è ormai imprescindibile», mette in evidenza l’gestore.
Se non mancano dunque gli incentivi, anche le imprese non esitano nel mostrarsi proattive, specie nei confronti di investitori ‘impegnati’ in tale ambito. «Ovviamente non va scordato un dato: non tutte le imprese possono cambiare. Una miniera di carbone lo resterà sempre, mentre altri potranno comunque non volerlo fare. Dove c’è però del potenziale abbiamo sempre trovato persone disposte ad accettare la sfida, desiderose di partecipare a questo cambiamento, soprattutto se viene dimostrato che questo possa creare valore, per tutti», chiarisce Molotova.
Non mancano gli esempi pratici, spesso dei più semplici, a dimostrazione di quanto il cambiamento sia necessario, e subito. «Abbiamo parlato con un importante produttore statunitense di lenti a contatto. Ogni anno 14 miliardi di lenti a contatto monouso vengono gettate nei lavandini o nei gabinetti, per questo stiamo valutando con loro la fattibilità di produrre lenti biodegradabili, oltre che con altri produttori. Sarebbe accolta favorevolmente dai consumatori, e creerebbe valore per l’azienda», prosegue l’gestore.
Anche in questo caso la moral suasion può sortire i propri effetti solo fino a un certo punto, da qui l’efficacia di un approccio molto più pragmatico. «Gli obiettivi che ci diamo devono essere realistici, desiderabili e vantaggiosi in primis per l’azienda. Oltre a questo aiutiamo a comunicare con i mercati, ed è in questo campo che le società europee sono migliori delle statunitensi. A patto di dimostrarne l’efficacia con i dati e con l’aiuto non indifferente delle autorità, sono convinta che entro il prossimo lustro l’attenzione all’impatto sarà la nuova norma per tutti gli investitori istituzionali negli azionari», sottolinea Molotova.
Soprattutto in ambito sociale, dunque non solo ambientale, sono molti i settori
Investire nel sostenibile a dipendenza del come lo si guardi può toccare o escludere decine di settori altrimenti interessanti e profittevoli. È indispensabile uscire dall’angolo, per fare gli interessi delle imprese, del mercato, dei consumatori, oltre che dell’intero pianeta. La finanza può avere un impatto, e significativo, si tratta solo di capirlo davvero.
«I veicoli elettrici sono fortemente dipendenti da litio, nichel e cobalto, ma anche l’edificio energeticamente più efficiente necessita di grandi quantità di cemento e acciaio, al pari del solare, i cui pannelli sono prodotti in Cina, usando carbone. I problemi vanno sempre analizzati in modo olistico»
Evgenia Molotova, Senior Investment Manager di Pictet-Positive Change
che possono e devono ancora sperimentare ‘un cambiamento’, la cui principale beneficiaria sarebbe l’intera popolazione.
«È il caso ad esempio dell’inclusione finanziaria, oggi chiunque disponga di un cellulare ha accesso al mondo della finanza, e proprio il settore delle banche online sta scalpitando, rivolgendosi a quelle fette di popolazione ‘escluse’. I costi proposti da tali istituti è talmente basso
da consentire loro di farlo addirittura con profitto. Sul mercato privato questo è già avvenuto, è ora del pubblico, ma lo stesso potrebbe dirsi per le assicurazioni», conclude Evgenia Molotova.
Aprire l’impact investing anche agli investitori retail equivarrebbe dunque a democratizzare tale ‘impatto’?
Giulio De Biase
Settembre 2022 TM · 79
Fonte: AlphaBetaanalysis, Business and Sustainable Development Commission, 2021, 2017 Opportunità d’investimento sostenibili (in mld usd) 200 100 400 500 300 0 Attività del terziario, correlate agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu Rilevamento di droghe e sostanze Activity services Veicoli autonomi Accessori sicurezza stradale Genomica Efficienza motori Car sharing Trasp. pubb. Telemedicina Veicoli ibridi ed elettrici Monitoring pazienti da rem. Risk pooling Fonte: Pictet Am, Ocse, Banca Mondiale Opportunità d’investimento sostenibili nel 2030 (in mld usd) Costruz. Energia Eff. energetico Trasporti Alimentare Abitazioni Sanità Agricoltura Manifatturiero Lifestyle Foreste Infras 0 600 1200 1800 2400 3000 3600 4200 4800 Altro Primario Secondario Terziario $ Bn
Terzo settore in evoluzione
Le tendenze in atto per il non profit, in cui la Svizzera vanta una consolidata tradizione, ne evidenziano la professionalizzazione e la crescente interazione fra logiche di business e responsabilità.
Quando si sente parlare di non profit il pensiero va alla miriade di organizzazioni che giornalmente rendono la Svizzera un posto migliore, unico e vitale. Per tradizione la Confederazione è caratterizzata da principi come l’indipendenza, la responsabilità individuale e l’auto-aiuto. Questi valori radicati nella popolazione hanno sviluppato negli anni una grande e importante realtà: il terzo settore. Quest’ultimo è noto anche come settore non profit (dall’inglese not-forprofit), che comprende le organizzazioni classiche quali le associazioni, le fondazioni e le cooperative. Per inquadrare meglio questa realtà all’interno della società, si fa riferimento al modello dei tre settori: lo Stato (primo settore), le imprese (se-
condo settore) e le organizzazioni della società civile (terzo settore).
Le tendenze in atto mostrano come i confini fra l’uno e l’altro vadano sfumando sempre più. Un esempio è l’avvicinamento del mondo non profit a quello for profit. Da un lato si osservano profili professionali di mezza età passare dal mondo for profit a quello non profit, dall’altro le nuove generazioni di imprenditori hanno sempre più interesse a costituire enti giuridici ibridi che associano il profitto (l’utile) alla responsabilità sociale dell’impresa, impegnandosi a rispettare determinati standard per garantire un impatto positivo sui propri dipendenti, sulla società e sull’ambiente. Per questi nuovi enti giuridici in Svizzera non vige ancora una base giuridica come, ad esempio, in
La prima edizione del Non Profit Day
A fronte dello sviluppo del settore non profit, nel 2020 è stata costituita la Fondazione cenpro (centro competenze non profit) a sostegno del terzo settore nella Svizzera italiana con lo scopo di promuoverlo, sostenerlo e rafforzarlo. L’obiettivo è poter creare le migliori condizioni affinché le organizzazioni senza scopo di lucro possano operare in un contesto favorevole al raggiungimento del proprio scopo ideale per le quali sono state costituite e, allo stesso tempo, per contribuire a uno sviluppo vitale del territorio. Da qui nasce l’idea del primo evento dedicato interamente al terzo settore: il Non Profit Day. Una giornata d’incontro organizzata dalla Fondazione cenpro, dove esperti negli ambiti della trasformazione digitale, della professionalizzazione, della raccolta fondi, della comunicazione e della co-progettazione, condivideranno con il pubblico i ‘segreti’ del mestiere in un programma alternato tra plenarie e workshop interattivi con l’obiettivo di dare strumenti e buone pratiche ai partecipanti. L’evento si terrà il 1. ottobre 2022 presso Villa Negroni a Lugano-Vezia (per maggior informazioni e iscrizioni www.cenpro.ch). Una giornata immersiva ed energica per rafforzare l’importanza della ‘community’ non profit sul territorio della Svizzera italiana.
Founder
Director
Italia dove sono state regolamentate le società benefit. Alcuni esperti si spingono oltre e parlano già di un’evoluzione del terzo settore in direzione di un quarto settore, dove le logiche di business si basano su responsabilità, sostenibilità, etica e trasparenza.
Per le fondazioni e le cooperative vige l’obbligo di annunciarsi al registro di commercio, mentre per la maggior parte delle associazioni no. Di conseguenza, non esiste un registro completo del terzo settore e quindi il numero di organizzazioni lo si può soltanto stimare: secondo gli studi recenti sarebbero circa 80mila le organizzazioni non profit con sede in Svizzera, di cui circa 5.500/6.000 attive nella Svizzera italiana.
Il non profit è un pilastro importante della società, poiché solitamente lavora con i gruppi target più vulnerabili (anziani, bambini, giovani, malati, famiglie a reddito basso, ecc.) e/o copre molte attività del tempo libero, promuovendo ad esempio lo sport, l’arte e la cultura.
Negli ultimi anni si nota un aumento del grado di professionalizzazione del terzo settore, che diventa a tutti gli effetti anche datore di lavoro. Ad ogni modo, la maggior parte delle persone in questo contesto si impegna a titolo onorifico. Si stima che in Svizzera ogni anno vengano svolte 70 milioni di ore di volontariato non remunerato. Se si moltiplica questa cifra per lo stipendio medio, si ottiene una massa salariale di 2,62 miliardi di franchi, ovvero lo 0,35% del Pil nazionale. Una cifra tutt’altro che irrilevante.
Giorgio Panzera,
& Managing
Fondazione centro competenze non profit (cenpro).
finanza / non profit 80 · TM Settembre 2022
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Luglio positivo
Dopo gli affanni del primo semestre, finalmente anche i mercati hanno respirato aria d’estate, con una performance solida che ha consentito di limare le precedenti pesanti perdite.
Al termine di un vero e proprio bagno di sangue, tutto finanziario, che ha eroso buona parte di quanto era stato possibile costruire nei successivi due anni di pandemia, e che ha segnato il primo semestre dell’anno, nel corso del mese di luglio è stato possibile tornare a crescere anche per l’industria dei fondi svizzeri.
Trainati dal buon andamento del mercato, e dalla forte ripresa dei listini, per altro ben circoscritta a quelle poche settimane, sono in particolari gli azionari a essere tornati a correre, che da soli costituiscono i tre quarti della crescita delle masse, 28,2 miliardi rispetto a un totale mensile a sfiorare i 28 miliardi di franchi. Il restante quarto è stato invece collezionato dagli obbligazionari, con ulteriori 7,2 miliardi, una performance notevole specie se paragonata a tutte le altre tipologie rimaste saldamente ferme al palo.
Nella sua totalità, alla fine di luglio, l’intero settore ha dunque in gestione la significativa somma di 1.370 miliardi di franchi, significativa se si guarda ai poco più di mille di soli cinque anni fa, ma comunque ben al di sotto di quanto non avesse raggiunto solo sei mesi fa, quando era stata sfondata la soglia psicologica dei 1.500 miliardi di masse amministrate.
Anche in luglio la raccolta si è mantenuta in moderato territorio negativo, perdendo per strada 612 milioni, con forti riscatti concentrati in larga misura sugli azionari, con delussi pari a 1.365 milioni, controbilanciati da una cifra molto prossima di afflussi nei monetari, stazionari gli obbligazionari.
A livello di indici solida la performance del Nasdaq, in crescita dell’11,7%, e di Wall Street, con l’EuroStoxx50 che è riuscito a tenere (+7,53%) nonostante la delicata fase che sta vivendo il Vecchio Continente; più tiepida Zurigo, con +3,49% e Francoforte (+5,24%). Corre il franco, che guadagna sull’euro quasi il 3%.
Il mercato svizzero dei fondi (Dati Morningstar al 31.VII in mld chf)
Quota di mercato per Asset Class (in %)
Raccolta per Asset class (in mln chf)
L’Angolo dell’investitore: (Materials, Energy,
Settembre 2022 TM · 83 Osservatorio di Federico Introzzi
VII-2022 VI-2022 6 mesi 1 anno Fondi azionari 44,93 44,09 46,58 46,27 Fondi obbligazionari 29,31 29,60 29,15 29,63 Fondi misti 11,74 11,80 11,24 10,77 Fondi mercato monetario 7,32 7,56 6,97 7,40 Fondi immobiliari 3,28 3,38 2,82 2,83 Materie prime 2,51 2,65 2,26 2,15 Investimenti alternativi 0,67 0,68 0,75 0,73 Altri fondi 0,23 0,24 0,22 0,23
AuM VII-22 AuM VI-22 Var. New Money Fondi azionari 615,74 587,51 28,23 -1.365,5 Fondi obbligazionari 401,61 394,39 7,22 73,8 Fondi misti 160,88 157,19 3,69 -262,4 Fondi mercato monetario 100,37 100,72 -0,35 1340,2 Fondi immobiliari 44,96 44,97 -0,01 -15,0 Materie prime 34,44 35,29 -0,85 -365,2 Investimenti alternativi 9,11 9,12 0,01 -4,0 Altri fondi 3,19 3,23 -0,04 -14,4 Totale mercato 1.370,3 1.332,4 37,9 -612,7
1 mese 3 mesi 6 mesi 1 anno Fondi Azionari 1.365,5 -2.948,2 -5.539,6 2.493,6 Fondi obbligazionari 73,8 -1.976,4 -3.220,7 3.640,2 Fondi misti -262,4 -754,9 3.158,8 8.975,2 Fondi mercato monetario 1.340,2 805,7 -183,0 -1.573,4 Fondi immobiliari -15.0 -45,4 52,4 352,8 Materie prime -365,2 -1.134,3 -1.009,5 -1.131,0 Investimenti alternativi -4,0 -27,6 -105,4 -567,0 Altri fondi -14,4 -170,8 -145,9 -92,7 ▲ Air liquide (FR0000120073) ▲ Linde Plc (IE00BZ12WP82) ▲ Brenntag (DE000A1DAHH0) ▲ Bp Plc (GB0007980591) ▲ Repsol (ES0173516115) ▲ Tenaris (LU0156801721) ▲ Hp Inc (US40434L1052) ▲ Oracle Corporation (US68389X1054) ▲ Microsoft (US5949181045)
Tech;
Isin):
Tra teoria e pratica
La ricerca del timing perfetto di entrata e uscita dai mercati, anticipando correzioni e rialzi, solo in fortuite circostanze può davvero rendere abbastanza. Meglio rimanere investiti.
Geopolitica, Covid e inflazione rendono l’attuale quadro economico e geopolitico estremamente incerto. Ma per gli investitori che hanno alcune caratteristiche non eccessivamente insolite, quali liquidità, tolleranza al rischio e un orizzonte di medio-lungo termine, l’attuale incertezza potrebbe essere vista come un’opportunità da poter facilmente essere colta. Infatti, il mercato azionario viaggia attualmente su multipli inferiori alle medie di lungo termine, mentre i rendimenti obbligazionari si sono fatti via via interessanti: questi due fattori insieme creano le condizioni per buoni ritorni nel lungo termine anche rispetto a un portafoglio bilanciato.
Prendendo come riferimento il mercato azionario statunitense, i multipli prezzo/ utili sono scesi di oltre il 30% nell’ultimo anno e si trovano ora su un livello che storicamente ha portato a rendimenti annui tra il 7% e il 10% nel decennio successivo. Allo stesso modo, l’indice Msci All Country World, che rappresenta invece le borse globali nella loro interezza, includendovi anche i mercati emergenti, tratta a un multiplo prezzo/utili di un interessante 15,4x, dunque in linea con la media degli ultimi 10 anni.
Analoghe considerazioni potrebbero valere anche per gli investimenti in capitale di rischio al di fuori dei listini azionari, come è il caso del Private Equity, almeno per quanto riguarda i nuovi investimenti. Per quelli effettuati invece prima della correzione, le valutazioni correnti degli investimenti già sottoscritti subiranno chiaramente l’impatto della discesa dei multipli, un impatto in alcuni casi, non troppo insoliti, più che proporzionale per via della leva finanziaria.
Se prevalesse lo scenario di una decelerazione economica controllata sarebbe possibile assistere a una progressiva stabilizzazione con un parziale recupero del mercato azionario nei prossimi mesi, man mano che il quadro economico e geopolitico divenisse più chiaro e meno incerto, seppur altrettanto fosco.
E se anche si dovesse assistere a una recessione tecnica, probabilmente l’impatto non sarebbe così severo. Se si prendono
«Il rapido deterioramento delle relazioni tra Stati Uniti e Cina probabilmente significa che il previsto parziale ritiro delle tariffe commerciali non si concretizzerà in termini così rapidi come invece il mercato aveva iniziato a scontare. Al persistere di un’inflazione elevata negli Stati Uniti si era visto nella rimozione di alcune tariffe sui beni cinesi un modo per contenerla»
in considerazione i soli Stati Uniti, hanno attraversato 17 recessioni nell’arco degli ultimi 100 anni; una decina di queste ha prodotto contrazioni del Pil inferiori al 3%, quindi recessioni abbastanza leggere, non vere e proprie crisi, e il mercato azionario in media è sceso dell’11%.
Anche i rendimenti del mercato obbligazionario sono elevati. Mediamente i rendimenti dei titoli di Stato sono a livelli che non si vedevano dal 2018 e quello del Treasury statunitense a cinque anni è nettamente sopra la media dell’ultimo decennio. Non si possono escludere nuove correzioni, ma nel passato investire con
rendimenti simili ha consentito di raccogliere serenamente buoni ritorni, almeno nel medio termine.
Inoltre, occorre sempre considerare che in caso di recessione le Banche Centrali potrebbero tornare a tagliare i tassi o quanto meno fermare i rialzi e quindi anche il comparto obbligazionario potrebbe reagire positivamente mitigando l’effetto negativo sui portafogli, diversamente da quanto avvenuto nell’arco di tutto il primo semestre di quest’anno.
Del resto, aspettare un quadro economico roseo spesso non è la strategia d’investimento migliore, perché il mercato anticipa ogni evoluzione e quando lo scenario si fa sereno tipicamente ha già raggiunto valutazioni più elevate, e interessanti finestre di opportunità si sono ormai chiuse. Cercare di indovinare il timing perfetto è un esercizio particolarmente complesso e, spesso, anche quando sembra di esserci riusciti il risultato può essere inferiore a un approccio più orientato al lungo termine.
Molti investitori potrebbero pensare che le analisi sopra riportate siano solo teoriche, a maggior ragione viste le incertezze sul futuro. A questo riguardo c’è un esempio che si mostra eloquente. Un investitore che a partire dal 1960 avesse investito sull’indice statunitense S&P 500 un capitale iniziale di 100 dollari dopo ogni correzione del 10% per prendere profitto dopo che il mercato ha realizzato nuovi massimi oggi avrebbe ottenuto 534 dollari. A prima vista potrebbe sembrare una strategia azzeccata, ma lo è un po’ meno sapendo che un investitore che avesse
osservatorio / analisi
Matteo Ramenghi, Cio di UBS Wealth Management Italia.
84 · TM Settembre 2022
impiegato lo stesso capitale e fosse rimasto costantemente investito durante tutte le crisi degli ultimi 60 anni oggi avrebbe invece ben 43.223 dollari: il che significa un 80x di più.
Inoltre, un’ampia diversificazione su asset class diverse rimane la strada più sicura in uno scenario incerto. In caso di stagflazione la liquidità soffrirebbe meno di azioni e obbligazioni, ma se si verificasse una recessione le obbligazioni con scadenze non brevi potrebbero fornire un riparo. E se invece, come ci si aspetta, non si verificasse una recessione, sarebbe l’azionario a recuperare.
Per quanto discusso, nelle fasi di forte incertezza come quella attuale la strategia migliore spesso è non tradire la propria asset allocation strategica iniziale, tenendo i nervi saldi, ovviamente con alcuni adeguamenti relativi al contesto.
Per esempio, proprio in presenza di un’elevata volatilità avere a disposizione una buona liquidità evita di dover vendere nel momento sbagliato asset le cui valutazioni potrebbero aver sofferto. Da questo punto di vista, considerando i recenti aumenti dei rendimenti, l’obbligazionario con scadenze a 2-3 anni può rappresentare un buon parcheggio per la liquidità destinata a soddisfare le pur sempre possibili uscite di cassa.
Nel comparto azionario, la combinazione di tassi più alti ed elevata inflazione favorisce i titoli value (cioè con un rapporto prezzi/utili non elevato) e quelli che tradizionalmente sono soliti distribuire significativi dividendi. Nel frattempo, il forte ribasso dei listini potrebbe offrire l’opportunità di costruire un’esposizione di lungo termine all’azionario, sia quotato che privato.
È importante considerare che si possono ottenere benefici, e anche molto tangibili, nel diversificare semplicemente anche da un punto di vista temporale, vale a dire investire in periodi distanti tra loro diversificando i vintage, per riprendere una terminologia utilizzata invece nel mondo del Private Equity ma che può essere applicata anche rispetto ai mercati quotati.
Durante l’estate si è assistito a una leggera ripresa dei corsi dopo il bagno di sangue del primo semestre, che ha almeno in parte compensato le pesanti perdite. Prosegue il trend del reddito fisso che ha visto i bond americani sfondare la soglia del 3% dopo anni di rendimenti bassi o scarsissimi. Come evolverà nei prossimi mesi è ancora un mistero.
Fonte: Bloomberg, Ubs, 15-VIII-2022
Valutazioni azionarie in lieve ripresa Multipli
(a 12
10x 12x 14x 16x 18x 20x 22x 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 Multiplo
Valore medio nell'ultimo decennio
prezzi / utili futuri
mesi)
prezzi/utili Msci All Country World
L’obbligazionario è
interessante? Rendimento dei Treasury
5
(in %) 0 1 2 3 4 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 Rendimento
Treasury
5
Fonte: Bloomberg, Ubs, al 15-VIII-2022 RISTORANTE V ETTA FUNICOLARE MEETINGS
Valore medio nell'ultimo decennio everyday
tornato
a
anni
dei
a
anni
Ha futuro il nucleare?
In tempi di forte tensione sul mercato energetico si riaccende il dibattito sul nucleare. Se vi sono molte buone ragioni tra i pro, restano comunque importanti contro. E dunque?
Costo livellato dell’energia (Usd per MWh, stime basate sulle nuove capacità in servizio nel 2027)
Roberto Cerratti, responsabile Investment Consulting, di Credit Suisse (Svizzera). A lato, il metodo di confronto del costo dell’energia.
grazie alla maggior temperatura del reattore permettono di ottenere una miglior efficienza produttiva e scorie a decadimento più rapido, ma al momento hanno una dimensione contenuta e non offrono le stesse garanzie di sicurezza degli Smr. Gli Msr sono invece in una fase iniziale di sviluppo; difficile vederli prima del 2050.
La ricerca di sicurezza dell’approvvigionamento energetico e la lotta ai cambiamenti climatici hanno rinnovato l’interesse per l’energia nucleare. Il dibattito resta aperto tra chi sostiene che i progressi tecnologici non sembrano ancora in grado di dissipare i dubbi legati a sicurezza, costi di produzione e smaltimento delle scorie e chi invece lo ritiene un passaggio inevitabile.
Dati dell’Agenzia internazionale per l’energia indicano che è attualmente la seconda fonte globale di energia a bassa emissione di carbonio. Sebbene le emissioni siano superiori a quelle di solare ed eolico, ha il vantaggio di essere sempre disponibile. Permane però la connotazione negativa legata agli impieghi militari e gli incidenti occorsi nel passato, dove però l’innovazione tecnologia potrebbe offrire soluzioni. Nuove tecnologie sono in fase di sviluppo con l’obiettivo di incrementare la sicurezza, contenere i costi di costruzione e manutenzione nonché limitare la produzione di scorie. Stato della tecnologia. L’attuale è basata sulla fissione nucleare, dove il calore
generato dal processo trasforma l’acqua in vapore che con l’ausilio di turbine permette di generare elettricità.
Richiede l’utilizzo di molta acqua per il raffreddamento, generalmente reimmessa in natura a temperature superiori con un potenziale impatto negativo sulla vita acquatica. I reattori ad acqua leggera producono attualmente l’88% dell’energia. Lo sviluppo delle nuove tecnologie si sta sviluppando in due direzioni: reattori modulari ad acqua leggera di piccola taglia (Smr) e reattori non raffreddati ad acqua. L’obiettivo è aumentare la sicurezza, ridurne i costi, e limitarne le scorie. I reattori Smr producono circa 1/3 dell’energia di un reattore convenzionale ma hanno il vantaggio di avere costi e tempi di costruzione inferiori e di ridurre i rischi. L’efficienza in termini di costi potrebbe però non essere immediata.
Tra le tecnologie di quarta generazione non raffreddate ad acqua ci sono anche i reattori a sali fusi (Msr) e i reattori veloci raffreddati a sodio (Sfr) dove vengono impiegati sale o sodio come refrigeranti. Gli Sfr sono una tecnologia matura che
L’altro grande campo di sviluppo riguarda la fusione nucleare. Si tratta di una tecnologia che presenta numerosi vantaggi: non impiega uranio radioattivo e produce scorie a bassa radioattività con un decadimento rapido, non può essere utilizzata per armi nucleari e può essere interrotta immediatamente senza rischi di emissioni nell’ambiente. La ricerca sulla fusione è stata avviata in concomitanza con la fissione ma non è mai stata commercializzata per le molte difficoltà ingegneristiche. I principali progetti pubblici in questo ambito non si prevede possano fornire elettricità prima del 2050.
Negli ultimi anni sono state lanciate numerose start-up con l’obiettivo di ridurne i tempi di sviluppo grazie a tecnologie alternative; nonostante i progressi è inverosimile che possano raggiungere l’obiettivo entro il 2030, il che limita il loro contributo alla decarbonizzazione. Catena di approvvigionamento. Il ciclo di vita dell’uranio impiegato in un reattore inizia con l’estrazione dei minerali. Per ottenere le barre di combustibile, sono trasformati mediante elaborati processi chimici, alla cui base sta l’arricchimento dell’uranio. Secondo la World Nuclear
86 · TM Settembre 2022
osservatorio / energia
Fonte: Iea, Credit Suisse
0 50 100 150 200 250 Solare Pv (batterie incluse) Solare Pv Geotermia Eolico (onshore) Eolico (offshore) Gas (ciclo combinato) Carbone Nucleare
Association, il primo produttore mondiale di uranio è il Kazakistan (41%) mentre la Russia è un operatore dominante nell’arricchimento (43%). Con così pochi Paesi a controllare l’offerta vi è un rischio importante nell’approvvigionamento. Capacità produttiva . Al momento è equamente ripartita tra Europa, Nord America e Asia. Vi sono 400 centrali operative che producono circa 367 Gw di energia, 57 lo saranno entro il 2028 mentre altre 213 sono pianificate, specie in Cina e India. Entro il 2030 però, numerose centrali in funzione arriveranno al termine del loro ciclo di vita (40 anni).
Di fatto, la messa in funzione delle nuove centrali mitigherà solo in parte la riduzione dell’offerta e sulla base della roadmap “Net Zero” dell’Agenzia internazionale per l’energia saranno necessarie capacità addizionali di 400 Gw, una cifra nettamente superiore a quanto pianificato. Inoltre, va considerato che i tempi di costruzione si sono allungati notevolmente e mediamente negli Stati Uniti o nel Regno Unito sono necessari 15 anni. Costi di produzione. Il costo livellato dell’energia rappresenta il ricavo medio per unità di elettricità generata necessario a recuperare i costi di costruzione e gestione di un impianto di produzione. È una misura utilizzata per comparare il costo di produzione tra diverse fonti.
L’energia nucleare ha un costo di gran lunga superiore alle fossili o alle rinnovabili, dovuto principalmente (60-70%) all’investimento iniziale. La costruzione richiede un investimento nettamente superiore e prolungato nel tempo. Il costo livellato dell’energia però non considera altri fattori, come la costante disponibilità.
Secondo stime dell’Agenzia internazionale per l’energia, l’aggiunta dei costi di stoccaggio a un impianto solare comporta costi aggiuntivi nell’ordine di 43-70 dollari per MWh. Ciononostante, il nucleare resta una fonte onerosa, i cui costi sono costantemente cresciuti.
Sicurezza. I principali rischi sono legati alla manipolazione delle barre di uranio e la stabilità dei reattori in condizioni non-ideali dovute ad esempio a catastrofi ed errori umani e/o manipolazioni da parte di persone con accesso alle operazioni più delicate. La produzione di energia può essere definita sicura in quanto le centrali sono costruite con un’attenzione particolare a questi rischi, ma non possono escluderli. Per evitare qualsiasi disastro
è di vitale importanza che il reattore possa essere raffreddato in maniera sufficiente a evitare una fusione termonucleare e che siano previsti sistemi automatici di controllo. Ulteriori rischi riguardano il trattamento delle scorie.
Il loro stoccaggio (10mila tonnellate annue) resta un tema delicato in quanto richiede depositi che possano assicurarne la sicurezza per migliaia di anni e la loro costruzione è fortemente osteggiata. Sono pochi i Paesi che trattano o riprocessano questi rifiuti, a costi importanti (ca. il 6% in Francia ad esempio).
Emissioni. L’energia nucleare offre un potenziale importante di riduzione delle emissioni rispetto al gas e al carbone, pur restando ben superiori a quelle di solare ed eolico. Nella sua fase operativa, una centrale ha effettivamente una produzione molto contenuta di emissioni, ma la sua costruzione richiede importanti quantitativi di materiali, dunque di emissioni.
Si stima che in termini di emissioni, il livello di breakeven di una centrale nucleare sia tra gli 11-25 anni dopo l’inizio della costruzione, un livello sensibilmente su-
La produzione di energia elettrica da nucleare nei prossimi anni andrà calando, nonostante i molti progetti, per la semplice ragione che parte dei reattori vecchi stanno per essere spenti per raggiunti limiti di età.
periore al solare (1-6 anni), eolico onshore (1-4 anni) ed eolico offshore (1-6 anni). Da questo punto di vista, il solare, grazie anche alla sua modularità, appare come una soluzione più efficace negli sforzi di decarbonizzazione della rete elettrica.
L’energia nucleare ha il potenziale di generare importanti quantitativi di energia, garantendo sicurezza nell’approvvigionamento, senza necessità di stoccaggio. Le tecnologie attuali sono consolidate e continuamente aggiornate al fine di garantire la massima sicurezza, ma restano delle criticità importanti in sicurezza e costi. Lo sviluppo delle nuove potrebbe in parte porvi rimedio, ma non risolvere i problemi più importanti e garantire nei tempi auspicati la transizione verso le emissioni zero.
Settembre 2022 TM · 87
Produzione di elettricità da nucleare In mia di MW Fonte: Iaea, Credit Suisse 0 50 100 150 200 250 300 350 400 1990 1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050 Potenza operativa In costruzione I reattori nucleari nel mondo (dimensione proporzionale alla potenza) Fonte: IAEA, Credit Suisse 0 5 10 15 20 25 30 35 40 0 10 20 30 40 50 60 Età dei reattori (anni) Numero di reattori
Tensioni sino americane
Gli attriti tra Pechino e Washington che nel primo semestre erano andati scemando, in vista degli appuntamenti politici di fine anno sono rapidamente tornati a manifestarsi.
Le tensioni tra Stati Uniti e Cina, che si erano attenuate nella prima metà di quest’anno, sono aumentate in vista del controverso arrivo di Nancy Pelosi a Taiwan il 2 agosto. La presidente della Camera dei Rappresentanti è tra i politici americani di più alto grado ad aver visitato il territorio in oltre due decenni e arriva nonostante i molteplici avvertimenti di Pechino secondo cui tale visita violerebbe la politica di una sola Cina.
Pechino ha immediatamente reagito annunciando una serie di esercitazioni militari e test missilistici vicino ai confini di Taiwan. La Cina ha anche imposto delle restrizioni economiche a Taiwan, vietando l’importazione di agrumi taiwanesi, di due specie di pesce e di altri prodotti alimentari e vietando l’esportazione di sabbia verso la provincia ribelle, elemento chiave sia nell’industria edilizia che soprattutto nella produzione di semiconduttori, che resta al centro della sua economia.
Gli indici azionari cinesi e taiwanesi, che avevano perso terreno prima della visita di Nancy Pelosi, si sono invece rapidamente stabilizzati nei giorni successivi, lasciando intendere che il mercato non fosse troppo preoccupato per le misure di ritorsione annunciate finora da Pechino. Forse uno dei motivi della reazione misurata da parte della Cina è che la questione è stata discussa nella recente telefonata tra il presidente Biden e il suo omologo Xi. Sebbene il presidente americano non abbia impedito a Nancy Pelosi di visitare Taiwan, non ne ha approvato il viaggio, affermando che i consiglieri per la sicurezza degli Stati Uniti fossero ampiamente contrari. Resta da vedere se la Cina accetterà questa argomentazione e se annuncerà ulteriori azioni di rappresaglia.
Se la visita di Nancy Pelosi ha certamente aumentato le tensioni, nelle ultime settimane ci sono stati altri segnali di crescente attrito tra le due superpotenze. La questione della possibilità per le aziende cinesi di mantenere i loro titoli quotati a Wall Street è ancora irrisolta, poiché i funzionari statunitensi e cinesi non sono riusciti a raggiungere un accordo sugli audit transfrontalieri delle aziende cinesi. Il 29 luglio, Alibaba, il gigante tecnologico
«Gli indici azionari cinesi e taiwanesi, che avevano perso terreno prima della visita di Nancy Pelosi, si sono rapidamente stabilizzati nei giorni successivi, lasciando intendere che il mercato non fosse troppo preoccupato per le misure di ritorsione annunciate finora da Pechino»
cinese, è stato l’ultimo a essere aggiunto all’elenco delle società che rischiano il delisting da parte della Sec, l’autorità americana competente.
La battaglia per la supremazia tecnologica sembra inoltre riscaldarsi con la notizia che il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti stia cercando di porre nuovi limiti all’accesso della Cina alla tecnologia, con lo stesso dipartimento che avrebbe richiesto ai fornitori di semiconduttori statunitensi di non inviare più strumenti alla Cina per la produzione di chip meno avanzati al di sotto dei 14 nanometri. Ciò avviene dopo che i legislatori statunitensi hanno esercitato
pressioni sul leader olandese delle apparecchiature tecnologiche Asml affinché smettesse di vendere macchine litografiche Duv alla Cina. Asml si è ovviamente opposta, sostenendo che tali macchine (a differenza della più avanzata tecnologia Euv, di cui è sempre produttrice, la cui vendita alla Cina è attualmente vietata) sono tecnologie mature, utilizzate per lo più per produrre chip per applicazioni commerciali e non attrezzature militari avanzate. Inoltre, queste limitazioni potrebbero potenzialmente aumentare la carenza globale di chip e interrompere le catene di approvvigionamento.
Il rapido deterioramento delle relazioni tra Stati Uniti e Cina probabilmente significa che il previsto parziale ritiro delle tariffe commerciali non si concretizzerà in termini così rapidi come invece il mercato aveva iniziato a scontare. Il persistere di un’inflazione elevata negli Stati Uniti aveva precedentemente fatto parlare di rimozione di alcune tariffe sui beni cinesi per diminuire le pressioni sui prezzi.
Sembra ora ci siano poche possibilità che ciò avvenga, perché sarebbe visto come un atteggiamento morbido nei confronti di Pechino, nel mezzo di un mediaticamente importante braccio di ferro mediatico. In ogni caso, con le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti e il 20° Congresso del Partito Nazionale cinese che si profila alla fine dell’anno, ci si aspetta un aumento esponenziale di retorica nei prossimi mesi, quando i politici di entrambi i Paesi vorranno mantenere una posizione molto ferma di fronte ai propri elettori.
88 · TM Marzo 2022
osservatorio / geopolitica
Daryl Liew, Cio di Banca Reyl a Singapore.
Settembre 2022
La qualità paga, sempre
La marea solleva tutte le barche: in un passato recente si poteva fare affidamento su questo proverbio borsistico degli azionari.
Le Banche Centrali inondavano regolarmente i mercati di liquidità, e i tassi d’interesse così bassi, se non negativi, sono stati uno dei principali motori del rally azionario degli ultimi due anni.
Questo quadro cambia radicalmente con il ritorno dell’inflazione, più forte del previsto. Le Banche, in particolare la Fed, sono infatti costrette a inasprire rapidamente la politica monetaria, aumentano i tassi di riferimento e riducono i loro bilanci. I tassi d’interesse reali sono crescono. Per i mercati azionari, sopravvalutati in parte, ciò si traduce in un vento contrario da non sottovalutare. Alcuni segmenti ne risentono più di altri. In particolare, le imprese a forte crescita e con un alto livello di indebitamento ne avvertono notevolmente le conseguenze. Stabilità nell’incertezza. Con la progressiva riduzione della liquidità, in futuro la selezione dei titoli sarà ancora più importante. Alla luce di maggiori rischi
e incertezze è senz’altro sensato concentrarsi su imprese di qualità. Nelle fasi di volatilità, tali titoli offrono una maggiore stabilità al portafoglio e dovrebbero essere in grado di resistere a eventuali contraccolpi sui mercati. Non per niente si osserva il cosiddetto ‘flight to quality’, ossia il passaggio a titoli di alta qualità. Crescita e redditività. Non è facile identificare queste aziende. La qualità, infatti, non è una caratteristica che può essere misurata, al contrario è il risultato dell’interazione coordinata di numerosi fattori finanziari e imprenditoriali. Tuttavia, vi sono alcune condizioni imprescindibili che un’impresa deve soddisfare.
Il principale indicatore è la redditività. Si tratta del presupposto essenziale per un’attività commerciale di successo a lungo termine. La redditività, nella sua forma più fondamentale, è semplicemente la capacità di vendere i propri prodotti e servizi a un prezzo che copra almeno i costi. Ossia la premessa agli utili.
Tra i principali motivi per un’alta redditività a lungo termine figurano una posizione di mercato dominante, un’elevata
forza innovativa o un eccellente controllo dei costi. Un margine operativo elevato e stabile è considerato decisivo.
Inoltre, le imprese classiche di qualità si distinguono per la crescita sostenibile, che richiede un equilibrio tra espansione e mantenimento dei settori di attività esistenti. Infine, è fondamentale considerare la sostenibilità del tasso di crescita anche da un punto di vista finanziario: la crescita può essere ritenuta sostenibile solo se non comporta troppo indebitamento. Sicurezza e stabilità. La qualità imprenditoriale va di pari passo con un bilancio sano. In particolare, il livello dell’indebitamento svolge un ruolo essenziale. Sebbene presenti vantaggi, in termini di finanziamento e fiscali, fa aumentare il rischio di fallimento.
Oltre a ciò, occorre tenere conto anche di altri fattori, ad esempio la stabilità dei rendimenti, un segnale importante di un modello aziendale che funziona, il che riduce la volatilità del titolo. Ma un’impresa di qualità deve generare valore per gli investitori, ossia realizzare un rendimento sul capitale investito che ne superi il costo. Nel lungo periodo. Chi si sforza di orientare la selezione delle azioni in base a tali criteri dovrebbe essere ricompensato a lungo termine con un rendimento superiore al mercato. Uno sguardo alle performance dell’Msci World Quality Index rispetto all’Msci World mostra tale performance. Tuttavia, i titoli di qualità sono raramente a buon mercato. Sul lungo termine, però, il prezzo più alto dovrebbe ripagare gli investitori.
Marzo 2022 TM · 89
osservatorio / azionario
Fonte: Bloomberg MSci World Net Tr Index Sul lungo termine la qualità offre vantaggi 0 100 200 300 400 500 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 Msci World Quality Net Tr Index Settembre
Michael Birrer, Investment Office di Banca Migros. A lato, la performance azionaria dei titoli di qualità.
Concentrarsi sui titoli value, specie nelle fasi di volatilità, nonostante il costo elevato è quasi sempre garanzia di un rendimento stabile e duraturo nel tempo.
Fine di un’epoca?
Giovanni Rickenbach, Responsabile strategia di Pkb. A lato, il calo dei rendimenti dei decennali governativi in atto dal 2000.
crescita delle economie. La transizione demografica inizierà invece a limitare i risparmi negli Emergenti. La globalizzazione è oggetto di ripensamenti.
La rapida ripresa post-Covid ha messo le catene logistiche mondiali sotto stress e provocato un forte rialzo delle materie prime. Nelle economie sviluppate, la salita dell’inflazione è stata amplificata dalla guerra in Ucraina. A seconda dei casi, le Banche Centrali hanno iniziato o sono in procinto di iniziare a normalizzare le politiche monetarie. I tassi d’interesse sulle scadenze medie e lunghe sono in salita e saranno seguiti dalle scadenze brevi. Si è di fronte a una fiammata temporanea dovuta all’inflazione insolitamente elevata, o è la fine di una lunga fase caratterizzata da tassi d’interesse anormalmente bassi?
I tassi sono scesi dal 2000, marcatamente dalla Grande Crisi del 2008-2012, più in Europa che negli Stati Uniti, in modo eclatante in Svizzera. Oltre alla bassa inflazione osservata fino allo scorso anno, le ragioni di questa discesa sono da cercare in diversi trend di lungo periodo. Nella durata, il risparmio e gli investimenti determinano il livello dei tassi d’interesse. Nelle economie avanzate, il dinamismo demografico declinante ha abbassato ne-
gli ultimi vent’anni la crescita economica e quindi gli investimenti. Il calo del tasso di risparmio dovuto all’invecchiamento della popolazione è stato invece più che compensato dal mondo emergente, a uno stadio più precoce della transizione demografica. L’aumento delle ineguaglianze nella distribuzione dei redditi ha pure contribuito ad aumentare il volume aggregato del risparmio. L’attività economica è finanziata in parte dal credito.
La Grande Crisi ha ridotto durevolmente il Pil degli avanzati, ma ha solo temporaneamente intaccato la situazione patrimoniale delle famiglie e delle imprese. La globalizzazione ha svolto un ruolo, facendo appello all’abbondante forza lavoro dei Paesi in via di sviluppo, le delocalizzazioni hanno ridotto gli investimenti in Occidente. Il risparmio supplementare generato nella periferia è invece ritornato al centro sotto forma di investimenti finanziari relativamente sicuri.
Guardando avanti, è ragionevole attendere un cambiamento di regime. Il tasso di crescita della popolazione negli Sviluppati dovrebbe stabilizzarsi, con esso i trend di
La pandemia e il raffreddamento delle relazioni tra i Paesi occidentali e la Cina mostrano alle imprese i rischi di affidarsi a fornitori situati alla fine di lunghe catene logistiche. La nuova situazione geo-strategica porterà a un riposizionamento dei flussi commerciali. La rilocazione di una parte delle produzioni a più basso valore aggiunto richiederà investimenti supplementari nelle economie sviluppate. La guerra in Ucraina rende ancor più urgente la svolta energetica, destinata a generare considerevoli investimenti.
È infine ipotizzabile che maggiori investimenti negli Sviluppati, dove il costo del lavoro è relativamente più elevato, generi un aumento della produttività che andrà a rafforzare la crescita economica.
Riassumendo, le tendenze demografiche, la svolta energetica e la ridistribuzione dei flussi commerciali internazionali lasciano prevedere la stabilizzazione dei trend di crescita nelle economie sviluppate, un aumento degli investimenti nel centro e un calo dei risparmi su scala globale. Guardando oltre alla normalizzazione delle politiche monetarie delle Banche Centrali, l’attuale fase di rialzo dei tassi d’interesse ha ragioni anche strutturali, ed è destinata a proseguire in Svizzera ed Europa. I rischi sono al rialzo e un ritorno duraturo ai livelli depressi visti negli ultimi dieci anni è improbabile.
90 · TM Settembre 2022
osservatorio / macro
Fonte: Bloomberg Bund Rendimento dei bond governativi decennali -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 7 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 2022 Confederazione Treasury
Il mondo dei tassi d’interesse è in fermento. I livelli depressi visti nel corso degli ultimi dieci anni hanno ormai i giorni contati, e le ragioni sono anche strutturali.
Decoupling o super ciclo?
Gli ambiziosi piani di transizione ecologica danno per scontata una facile reperibilità di materiali molto rari che potrebbero invece scarseggiare, dato il ruolo giocato dalla Russia.
Le quotazioni di diverse materie prime erano già in tensione da mesi. Il conflitto e le sanzioni hanno portato a un contesto eccezionale le cui conseguenze sono potenzialmente molto dirompenti.
Gran parte dell’opinione pubblica sta concentrando l’attenzione sulle possibili carenze di gas, petrolio e carbone, dimenticando che la Russia gioca un ruolo fondamentale anche nella fornitura dei metalli necessari per le tecnologie rinnovabili, per le batterie dei veicoli elettrici e per molti strumenti funzionali all’innovazione tecnologica nonché militare. Sappiamo quanto la Russia conti in termini di mercato del gas, meno noto invece è il suo peso nei mercati di alluminio, nichel, rame, cobalto, palladio e platino, tutti al centro di progetti di transizione verso un’economia a ‘impatto zero’.
Il Parlamento Europeo, già un anno fa, aveva segnalato quanto la dipendenza europea dai metalli necessari alla transizione energetica fosse un tema ancora più urgente rispetto ai combustibili fossili.
Negli Stati Uniti, il rapporto della Casa Bianca di metà 2021 evidenzia come decenni di delocalizzazioni e disinvestimenti nel settore minerario espongano la base industriale alle vulnerabilità di filiere dipendenti dall’estero per le importazioni di grafite, manganese, terre rare, vanadio, antimonio, cobalto, litio, rame e nickel.
Jp Morgan segnala come, per installare impianti produttori di energia rinnovabile, serva un quantitativo di minerali e metalli pari a sei volte quello necessario per un impianto a carbone, e tredici volte di uno a gas, e afferma che le politiche sul cambiamento climatico potrebbero determinare il maggior reimpiego di investimenti e capitali del Dopoguerra.
Infatti, la sostituzione dei combustibili fossili con le rinnovabili cambierà radicalmente il modo di produrre energia, passando da un sistema ad alta intensità di carburante a uno ad alta intensità di metalli rari. Un altro esempio, ancora più concreto: litio, nichel, cobalto, manganese e grafite sono materie prime critiche per la produzione di batterie e, nella creazione di un’auto elettrica, viene usato un quantitativo di questi materiali pari a sei volte quello utilizzato per quelle a benzina.
La Russia è il primo esportatore al mondo di palladio (45% a livello globale), il secondo di platino e il terzo di nichel, ed entro il 2030 il quarto di rame. Già oggi, invece, la società russa Rusal è il primo di alluminio fuori dalla Cina.
Citando Jp Morgan: un nuovo super ciclo delle materie prime potrebbe sostenere un cambiamento secolare nell’economia globale e una rotazione altrettanto sismica nei mercati azionari a favore dei titoli value.
Dal punto di vista dei mercati, il 2022 è iniziato con una sottoperformance di quello azionario rispetto a quello delle materie prime. Dal 1969 in poi, ci sono
stati due periodi in cui le azioni hanno sottoperformato rispetto alle materie prime. Gli anni Settanta e i Duemila. Due super cicli delle commodity.
Sono in molti a vedere il decennio iniziato con la pandemia come il terzo. In pochi mesi il modello just in time ha fatto spazio al just in case rivalutando l’importanza del ‘fare magazzino’ che aggrava la tensione lungo le catene di fornitura.
Allo stesso modo si assiste all’inizio di un cambio di orientamento del commercio russo, dall’Europa verso Cina e India, e a un deficit di partecipazione occidentale nel settore minerario e dei metalli in Russia. Di nuovo “decoupling”.
In termini di investimento, cosa suggeriscono gli esperti del settore?
Ubs vede nelle materie prime un possibile attivo adatto a coprire il portafoglio in fasi di tensioni geopolitiche. Sanzioni prolungate, rallentamenti e interruzioni nelle catene di produzione creeranno ulteriore pressione dal lato dell’offerta, con possibili conseguenze sui prezzi di questi materiali. Anche Jp Morgan si mostra positiva, soprattutto verso quei metalli necessari alla filiera di transizione ambientale, adottando dunque un’ottica meno tattica e più di lungo periodo (si ipotizza una carenza dal lato dell’offerta tra il 2025 e il 2030, quando molti Paesi accelereranno i piani di decarbonizzazione).
Anche in caso di una recessione all’orizzonte, forse le materie prime sono una classe di attivi che non può più essere esclusa dalla ‘Strategic Asset Allocation’.
Marzo 2022 TM · 91
osservatorio / obbligazionario
Rame
Grafite Litio Altro 0 50 100 150 200 Tradizionali Elettriche Fonte: Iea, Jp Morgan Am Automotive
Nickel Manganese
Cobalto Terre rare
Intensità di materie prime per modello
Settembre
Andrea Pierangioli, Senior Advisor di Lagom Family Advisors. A lato, il bisogno di metalli rari dei veicoli elettrici è particolarmente elevato.
Sicuri ma non troppo
Alec Lucas, analista di ricerca in Etf di Global X Etf. A lato, l’emergenza pandemica ha in primo luogo spinto esponenzialmente il lavoro a distanza per milioni di persone, che ricorrendo molto spesso a computer non adeguati hanno anche fatto aumentare i rischi informatici.
delle informazioni in rete, in futuro gli hacker avranno molte più opportunità di appropriarsi di dati sensibili.
Uno dei problemi principali è rappresentato dalla vulnerabilità del software Internet Log4j che potrebbe mettere a rischio centinaia di milioni di sistemi. Tra questi si contano alcuni dei più grandi servizi al mondo, come il servizio server Aws di Amazon, iCloud di Apple o la piattaforma di gioco Steam.
Hacker che rubano i dati di un’azienda e chiedono un riscatto di 40 milioni di dollari? Non si tratta della trama di un film d’azione in uscita nelle sale, ma di ciò che è accaduto nel 2021 a un operatore finanziario statunitense. E c’è di più: nello stesso anno, gli hacker hanno messo k.o. gli stabilimenti del più grande produttore di carne al mondo.
Gli attacchi hacker non solo non ac-
cenneranno a diminuire nel 2022, ma, secondo gli esperti, tenderanno persino ad aumentare. I dati sensibili che circolano nel mondo sono sempre più numerosi. Secondo il ‘Mobility Report’ di Ericsson, si stima che ogni giorno 14,6 miliardi di dispositivi generino 2 quintilioni e mezzo di byte. Si tratta di una cifra a 18 zeri. Entro la fine del 2022 ci sarà un incremento del 20% di dispositivi connessi. Con l’avanzare della digitalizzazione e l’aumento
Secondo il Cost of a Data Breach Report 2021 di Ibm, un attacco diretto a questo punto debole può costare a un’azienda fino a 4,6 milioni di dollari. Il lavoro ibrido e da remoto offre agli hacker nuove opportunità di attacco. Sempre secondo Ibm, il 17,5% delle violazioni di dati si è verificato nel lavoro da casa. Inoltre, le violazioni avvenute nell’ambito del telelavoro hanno comportato un costo medio superiore del 16,6% rispetto a quelle che si sono verificate in sede.
Maggiori investimenti. Nel 2021, le aziende hanno pagato in media 4,3 milioni di dollari, ovvero circa mezzo milione di dollari in più rispetto all’anno precedente, per tutelarsi dagli attacchi hacker. A causa del numero di attacchi e dei costi sempre maggiori, la consapevolezza della necessità di sicurezza informatica si è fatta strada anche tra la popolazione. Gli esperti si attendono che aziende, Governi
92 · TM Settembre 2022
osservatorio / settori
Forte aumento delle data leaks Top10 dei settori interessati per anno Fonte: Global Threat report 2022 400 300 200 100 0 IndustriaeingegneriaManufatturiero Tecnologia Servizi Finanza Sanità Benidiconsumo Legale Accademia Logistica 2020 2021 1.605 (+75%) Ricerca e istruzione Difesa e Pa Telecomunicazioni Internet e servizi Sanità Distributori servizi Utility Manifatturiero Finanza Assicurazioni e legale Tempo libero Consulenza Software Retail Trasporti Hardware 1.136 1.079 1.068 830 778 736 704 703 636 595 576 536 526 501 367 (+47%) (+51%) (+67%) (+71%) (+18%) (+46%) (+41%) (+53%) (+68%) (+40%) (+73%) (+146%) (+39%) (+34%) (+16%) Media di attacchi settimanali Per settore, nel 2021 rispetto al 2020
Cybersecurity report 2022
La crescita esponenziale delle minacce informatiche, e soprattutto del loro costo, sta spingendo il mercato a investire pesantemente nella cyber-security, ma con quali risvolti?
Fonte:
e famiglie rafforzeranno ulteriormente i loro sforzi e adotteranno maggiori misure di autotutela. A tal fine, nel 2022 verrà investito un totale di circa 172 miliardi di dollari. Le grandi aziende spendono da due a cinque milioni di dollari all’anno per proteggersi in rete. Secondo un sondaggio condotto su oltre 3mila dirigenti, nei prossimi anni è destinato ad aumentare anche il budget per la protezione dei dati e la gestione dei rischi.
Una percentuale ridotta, ma in crescita, della spesa destinata alla sicurezza informatica proviene dai privati. Circa il 53% dei consumatori è stato vittima di un crimine informatico almeno una volta, per questo molte persone si stanno premunendo di Vpn personali, autenticazione a due fattori e servizi che li tutelino dai furti d’identità. Questo dato è stato pubblicato da Norton nel suo resoconto sulla sicurezza informatica del 2021.
La pandemia, in particolare, ha aggravato le minacce per i singoli individui, in quanto i truffatori hanno approfittato del maggior tempo che i consumatori hanno trascorso online. Secondo il Governo federale degli Stati Uniti, nell’ottobre del 2021 gli americani hanno perso 586 milioni di dollari a causa di truffe legate al Covid. I consumatori sono spesso consapevoli di quanto sia aumentato il rischio e, come conseguenza diretta della pandemia, l’anno scorso quasi il 40% della popolazione adulta ha adottato misure per proteggere le proprie attività online. Aree sensibili. Ma quali sono le aree più importanti per la sicurezza informatica?
Da un lato è importante garantire l’accessibilità e la riservatezza della rete. Le reti troppo facilmente accessibili possono portare a una diffusione orizzontale degli attacchi informatici, ovvero da utente a utente. Le reti zero-trust, ad esempio, consentono agli utenti di accedere alle applicazioni interne senza doversi connettere alla rete aziendale o rendersi riconoscibili su Internet. Un altro aspetto è la sicurezza dell’identità. Con la forte crescita del lavoro a distanza, è essenziale per le aziende garantire l’accesso a dati, risorse e applicazioni importanti.
Le sottocategorie della sicurezza informatica che toccano quest’area includono la gestione dell’identità e degli accessi (Iam), la gestione degli accessi privilegiati (Pam) e l’amministrazione e Governance dell’identità (Iga). Si prevede che tra il 2021 e il 2026 queste sottocategorie cre-
investimenti in Cybersecurity negli Stati Uniti
Indice di rischio delle minacce informatiche a livello globale
sceranno a un tasso medio annuo del 19%.
La grande quantità di dispositivi connessi a Internet offre anche nuovi punti di accesso agli hacker e comporta ulteriori sfide per le aziende e i privati, per questo è necessario che i loro dispositivi siano protetti a più livelli. Cosa fanno le aziende del settore? Le aziende di sicurezza informatica migliorano costantemente le loro capacità di protezione anche attraverso fusioni con altri fornitori. Ciò consente loro di offrire una gamma di prodotti meglio integrati, oltre che individuare e arginare più rapidamente gli attacchi degli hacker. Secondo Ibm, nel 2021 gli attacchi sono stati individuati e neutralizzati in media dopo 287 giorni. Questi lunghi tempi di reazione possono comportare dei ritardi piuttosto costosi.
Le acquisizioni e le fusioni sono volte a migliorare la sicurezza generale in rete. Ad esempio, l’azienda statunitense di tecnologie per la sicurezza informatica CrowdStrike Holdings ha acquisito la società danese Humio per 352 milioni di dollari. A breve è prevista la prossima grande fusione: lo scorso anno, i fornitori
Sopra, il Congresso ha approvato un piano dell’amministrazione Biden per sostenere gli investimenti in cybersicurezza negli Stati Uniti, ma non è un problema localizzato quanto che accomuna Paesi di ogni regione e importanza. Saranno sempre più necessari investimenti.
di servizi antivirus e Vpn Norton e Avast si sono accordati su una fusione del valore di ben otto miliardi di dollari.
L’anno 2021 è stato segnato da alcuni dei più massicci attacchi informatici di tutti i tempi. La trasformazione digitale globale rende sempre più probabili attacchi di questo tipo. Tuttavia, gli ultimi sviluppi delle aziende di sicurezza informatica possono rendere più tempestiva la protezione online. Inoltre, la crescente consapevolezza e gli sforzi finanziari volti a combattere i criminali informatici potrebbero dare nel 2022 un forte impulso alle aziende del settore e favorire le opportunità di investimento a lungo termine per l’intera industria.
Settembre 2022 TM · 93
Fonte: Global X Analysis 9 8 7 6 5 4 3 2 1 Potenziali
2022 2023 2024 2025 2026 Spesa potenziale
Secondo il pacchetto approvato dal Congresso nel giugno 2021 (in mld usd)
Spesa approvata
Rischio alto Dati insufficienti
Fonte: Cybersecurity report 2022
2022: l’annus horribilis?
Il pessimo andamento dei mercati finanziari nel corso del primo semestre dell’anno ha eroso buona parte delle riserve accumulate in precedenza dalle Casse pensioni.
Il principale obiettivo della gestione bilanciata è quello di combinare tipologie d’investimento tra di loro potenzialmente poco correlate per realizzare un rendimento in media positivo nel tempo, coerente con il profilo di rischio dell’investitore. Tale obiettivo è più facilmente raggiungibile quando l’orizzonte temporale è più lungo, ciò che permette al contributo dei rendimenti positivi di essere più elevato dei negativi.
Per avere un esempio da manuale di come si possano presentare i periodi meno favorevoli appena menzionati basta pensare al primo semestre del 2022. Una concentrazione unica di difficoltà di varia natura amplificata dalla guerra in Ucraina ha condizionato il rendimento della prima metà del 2022 di tutte le categorie d’investimento. Nella maggioranza dei casi tale condizionamento ha avuto effetti negativi. Azioni e obbligazioni hanno perso significativamente valore.
Nel primo caso le eccessive valutazioni raggiunte alla fine del 2021 e l’aumento dei tassi di interesse ha ridimensionato il prezzo dei titoli azionari. Nel secondo caso, muovendosi il prezzo delle obbligazioni in maniera opposta alla direzione dei tassi di interesse, la perdita è stata causata dall’aumento dei tassi di interesse imposto dalle principali Banche Centrali.
Per l’immobiliare il discorso è simile a quello fatto per le obbligazioni, tendenzialmente l’aumento dei tassi produce infatti una flessione del valore degli immobili, meno evidente soprattutto per gli investimenti immobiliari diretti.
Sulle materie prime c’è stato un forte guadagno in particolare per quelle legate all’energia. La crisi ucraina ha causato un aumento del prezzo del petrolio e del gas, che ha colpito i consumatori ma ha per-
messo a chi vi ha investito di guadagnare. Diverso il discorso per chi ha investito in oro. Dopo una fiammata, in concomitanza con lo scoppio della guerra, il prezzo del metallo giallo ha continuato a scendere.
Sui fondi hedge infine la situazione è variegata. I gestori macro, che si erano posizionati in maniera tale da guadagnare da un rialzo dei tassi di interesse, hanno fatto registrare ottime performance.Quelli più azionari hanno viceversa faticato.
Rispetto a tale scenario non sorprende allora che la situazione finanziaria dei fondi pensione svizzeri si sia notevolmente deteriorata nella prima metà dell’anno. Lo dimostrano le analisi della Commissione di Alta Vigilanza sulla Previdenza Professionale che misurano tra le altre cose il tasso di copertura delle Casse pensioni, parametro che valuta il rapporto tra il valore degli attivi e quello degli impegni. Infatti, mentre alla fine del 2021 i fondi pensione si trovavano ancora in un’ottima posizione, con un coefficiente di copertura del 118,5%, questo valore è sceso al 103,4% al 30 giugno 2022.
Sulla base dell’indagine annuale, la Commissione elabora le proiezioni mensili basate sulle singole strategie di investimento dei fondi pensione e sull’effettivo sviluppo dei mercati di investimento. In totale, i dati di 1.324 fondi pensione con un totale di bilancio di circa 831 miliardi di franchi svizzeri sono stati inclusi nella proiezione alla fine di giugno 2022.
L’analisi tende a sovrastimare questo deterioramento, poiché il significativo aumento dei tassi d’interesse non si riflette nella valutazione degli impegni che in questa fase è in realtà diminuita. Tuttavia il dato fa sicuramente riflettere.
L’investimento del patrimonio previdenziale sui mercati dei capitali è natu-
ralmente associato a dei rischi. Affinché i fondi pensione possano sopportare le fluttuazioni, sono obbligati per legge a costituire delle riserve di fluttuazione e avere tassi di copertura ben superiori al 100%. Alla fine del 2021, il valore target medio delle riserve di fluttuazione era pari al 17,9% del capitale pensionistico, ossia per 100 franchi di capitale pensionistico, le casse si prefiggevano di metterne da parte quasi 18 per gli anni difficili. Semplicemente i tassi di copertura sono diminuiti perché per continuare a garantire i propri obblighi, molti fondi pensione hanno dovuto attingere a queste riserve.
Non bisogna tuttavia dimenticare che i fondi pensione sono investitori a lungo termine e non tendono a modificare a breve termine la loro strategia d’investimento. Di conseguenza, possono accettare anche periodiche sotto-coperture, se necessario. Ciò è previsto dalla legge e l’esperienza della Crisi del 2008 conferma la correttezza di tale approccio.
Se è vero allora che le Casse hanno lavorato bene in passato, creando le necessarie riserve, a questo punto, le stesse si trovano in una situazione di vulnerabilità, nel caso in cui i fattori negativi che hanno prodotto la marcata correzione dovessero persistere nei prossimi mesi.
L’unico aspetto positivo che la crisi ha portato è che i tassi di rendimento delle obbligazioni in franchi sono di nuovo positivi anche per emittenti più solidi e scadenze più brevi, dopo anni di stabile presenza in territorio negativo. Non poco se si pensa all’ammontare investito dai fondi pensione in questa asset class.
94 · TM Marzo 2022
osservatorio / previdenza
Fabrizio Ammirati, Vicedirettore di Banca del Ceresio.
Settembre 2022
Azioni nelle avversità
Jeremiah Buckley, Portfolio Manager di Janus Henderson. A lato, la performance dei vincitori nella difficile attuale fase di mercato.
anche stata maggior domanda di credito, e l’aumento degli interessi ne dovrebbe sostenere ampiamente i margini.
Gli investitori hanno iniziato a digerire le intenzioni della Fed di inasprire la politica monetaria nel novembre dello scorso anno. Nei mesi successivi si è palesata una persistente ed elevata inflazione, che ha portato a un inasprimento monetario molto aggressivo. Oggi lo scenario è cambiato nuovamente, cos’è dunque lecito attendersi?
I mercati azionari statunitensi sono sprofondati, l’inflazione è stata più alta e più duratura di quanto ci si aspettasse, e sin tanto non si modererà e i tassi non si stabilizzeranno, la volatilità resterà.
Nel breve periodo. Se l’ipotesi di base di un picco dell’inflazione e di tassi più stabili si concretizzerà, la compressione dei multipli è ormai alle spalle e gli azionari possono tornare a crescere. In un contesto volatile, per le aziende è stato difficile pianificare in modo efficace, tuttavia saranno in grado di adattarsi e cercheranno di ottimizzare la struttura dei costi e le politiche d’investimento.
Nel lungo periodo. È molto probabile che l’innovazione continuerà a stimolare
la crescita degli utili e a portare a un apprezzamento del capitale azionario. Prodotti e servizi come il cloud computing e il software, che stanno determinando aumenti di produttività e tendono ad avere un effetto deflazionistico nell’economia, creeranno valore per il settore. Per non parlare della domanda esponenziale di semiconduttori, elementi chiave.
Pertanto, anche se un contesto di tassi d’interesse strutturalmente più elevati renderà necessario riesaminare le allocazioni, i temi d’investimento resteranno. Value vs. Growth. Piuttosto che considerare il mondo degli investimenti da una prospettiva value/growth, è meglio ragionare per settori, e società e le loro prospettive. Tra i settori e le industrie che tendono ad avere un peso maggiore negli indici value vi sono l’energia, le banche, i beni di prima necessità, i prodotti farmaceutici e i servizi di pubblica utilità.
Il settore energetico è stato il chiaro vincitore di quest’anno, grazie all’impennata dei prezzi. D’altra parte, anche se le banche sono state il settore che ha registrato la performance peggiore, c’è
I beni di prima necessità e i prodotti farmaceutici tendono a registrare buone performance in periodi di incertezza e inflazione come l’attuale. Tuttavia hanno registrato una significativa espansione dei multipli. L’aumento dei costi delle materie prime, e la reazione dei consumatori, potrebbe mettere a dura prova la loro capacità di continuare ad aumentare i prezzi.
In passato, i settori delle materie prime non erano generalmente interessanti a causa dei bassi rendimenti, tuttavia le maggiori restrizioni alla crescita dell’offerta e una migliore disciplina del management hanno cambiato in parte le prospettive, tanto da spingere ad almeno valutare qualche investimento. Opportunità nella volatilità. Sebbene i mercati possano essere difficili e confusi in momenti come questo, l’elevata volatilità può creare opportunità. Oggi si vedono punti d’ingresso interessanti in società di qualità che generano flussi di cassa con una forte crescita di lungo termine. Il contesto rafforza anche l’importanza di puntare su azioni con bilanci solidi e flussi di cassa costanti, in grado di reinvestire nei periodi d’incertezza. Queste aziende possono uscire dalle crisi in una posizione di forza e acquisire nuove quote di mercato al rasserenarsi del quadro macroeconomico e dei timori di molti, ossia quando si tornerà a un periodo di crescita economica più stabile.
Marzo 2022 TM · 95
osservatorio / strategie
Lo S&P 500 Rendimento ytd per settori Fonte: Bloomberg, 18-V -30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60
Elevata
inflazione e rialzo dei tassi d’interesse come influiranno sugli equilibri del mercato azionario americano in una fase di profonda incertezza anche macroeconomica?
50,1 4,1 -1,1 -2,8 -16,9 -17,0 Settembre
Energia Utility Pharma Beni essenziali Bancari Invest. Banking & Brokerage
Lavoro... sulla luna?
Lo spazio è destinato a essere sempre meno spopolato, e ricco di nuove interessanti opportunità anche per le imprese. Ma in che tempi e soprattutto chi ne uscirà vincitore?
Sopravvivere, vivere, abitare: i tre obiettivi della missione Artemis risultano essere particolarmente chiari, che segnerà il ritorno dell’Uomo sulla Luna nel 2025 per assicurare una presenza umana permanente sul nostro satellite naturale. Lanciata dalla Nasa, questa missione torna ad aprire le porte dello Spazio. Una nuova era sta dunque per iniziare, la Luna e Marte sono luoghi in cui si resterà a lungo.
Non meno di 150 missioni di esplorazione della Luna sono previste da qui al 2030. A favorire lo sviluppo dell’economia tra la Terra e la Luna, che anticipa un’umanità multiplanetaria, è la riduzione esponenziale dei costi di accesso allo spazio resa possibile dal riutilizzo di almeno parte delle attrezzature più costose, in particolare, dei razzi e dei veicoli spaziali.
A continuare a diminuire è anche il costo dell’invio in orbita di satelliti sempre più piccoli e sempre meno energivori: si prevede che nei prossimi 10 anni ne verranno lanciate oltre 33mila unità. Stando a un recente rapporto di Northern Sky Research, le missioni per il trasporto di astronauti, rifornimenti e infrastrutture dovrebbero essere presto il motore di crescita più potente dell’economia spaziale, una spinta stimabile in ben 216 miliardi di dollari nell’arco del prossimo decennio. Dal rapporto emerge anche l’entità della crescita complessiva dell’industria spaziale il cui mercato dovrebbe attestarsi saldamente intorno ai 633 miliardi di dollari entro il 2030.
Sono sempre più numerosi gli operatori affermati ed emergenti che stanno valutando nuove opportunità di guadagno dallo sviluppo lunare e dalle missioni di esplorazione interplanetarie. Sulla scia della stazione orbitale Lunar Gateway,
trampolino di lancio per i futuri voli umani a cui stanno contribuendo la Nasa, l’Agenzia Spaziale Europea e aziende private, è iniziata parallelamente la progettazione di stazioni spaziali, in questo caso tutte private. Alcune applicazioni possono già rappresentare delle importanti opportunità di crescita come è il caso dell’azienda canadese Mda attiva proprio nella fornitura di strumenti robotici ed elettronici per le missioni spaziali.
«Non meno di 150 missioni di esplorazione della Luna sono previste da qui al 2030. A favorire lo sviluppo dell’economia tra la Terra e la Luna, che anticipa un’umanità multiplanetaria, è la riduzione esponenziale dei costi di accesso allo spazio resa possibile dal riutilizzo di almeno parte delle attrezzature più costose, in particolare, dei razzi e dei veicoli spaziali»
I preparativi fervono. Il primo passo consiste nell’organizzare i soggiorni sulla Luna, poi su Marte, poiché le risorse idriche, energetiche e alimentari devono essere trasportate prima di poter essere prodotte e riciclate sul posto. Per questa nuova vita completamente autarchica saranno preziose le tecnologie sviluppate negli anni a bordo della Iss di riciclaggio dell’acqua oltre che della plastica.
I preparativi stanno accelerando. Ad esempio, la start-up francese Spartan Space sta progettando degli habitat lunari gonfiabili dotati di tecnologie di stoccag-
gio dell’ossigeno e dell’energia, di riciclo delle acque grigie, ecc. La coltivazione di piante in condizioni spaziali sta facendo sbalorditivi progressi. Per la prima volta, infatti, i ricercatori dell’Università della Florida sono riusciti a far crescere delle piante da campioni di suolo lunare recuperati dal 1969 in avanti durante le missioni Apollo 11 e successive.
Inoltre, è assai probabile che sempre più persone lavoreranno e produrranno nello Spazio. Con la Starship di SpaceX che mira a raggiungere Marte dalla Luna, saranno senza dubbio migliaia. Anticipando il fabbisogno di formazione nel settore privato, Orbite, una start-up creata da Nicolas Gaume e Jason Andrew, fondatore di Blacksky, proporrà già a partire dal 2024 un allenamento spaziale di altissimo livello.
Molte opportunità... made in Luna . L’assenza di gravità consente di creare prodotti ad altissimo valore aggiunto anche per la Terra, nei settori dell’agricoltura, della biologia, della chimica e dei nuovi materiali. Space Cargo Unlimited è una di molti che sta cercando di sfruttare la microgravità per coltivare viti più resistenti agli stress climatici. Tornati sulla Terra, i tralci di vite inviati sulla Iss nel 2019 per essere esposti alla microgravità, stanno dimostrando appieno il loro potenziale. La ricerca prosegue con l’Università tedesca di Erlangen.
Quello che è certo è che l’avventura spaziale fornirà in tempi relativamente celeri soluzioni concrete e risposte ‘celesti’ alle principali sfide cui è confrontata quotidianamente la Terra.
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osservatorio / tematici
Rolando Grandi, gestore del fondo Echiquier Space, di Lfde.
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LOUIS VUITTON
Frutto di una straordinaria collaborazione con il designer Marc Newson, il leggero trolley Horizon crea un nuovo modo di viaggiare attraverso la creatività e l’innovazione.
Dove Siamo
BOGLIOLI
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Giacca K-Jacket Slim-Fit doppiopetto in lana-twill.
Louis Vuitton - Boutique, Lugano
Patek Philippe - Gübelin, Lugano; Mersmann, Lugano; Somazzi, Lugano
Da iconoclasta a icona
Ispirato alla rivoluzione culturale e industriale degli anni ’70 e lanciato nei primi anni della crisi del quarzo, c’è un design che, stravolgendo alcuni canoni, ha segnato l’inizio di una nuova era dell’Alta Orologeria.
Ildesigner Gérald Genta nel 1970 non aveva ancora raggiunto la fama che gli sarebbe poi valsa il soprannome di ‘Picasso degli orologi’. Non aveva ancora disegnato il Nautilus di Patek Phillipe (1976), rivisitato l’Ingenieur di Iwc (1976) o creato il Bulgari Bulgari (1977). Dagli anni Cinquanta, tuttavia, aveva venduto centinaia di progetti di orologi a numerosi marchi, tra cui il Pole Router di Universal (1954) e la rivisitazione del Constellation di Omega (1959).
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arte/maison orologiere 1984 1972 1997 © Audemars PiguetKarin CreuzetDiode
I progetti nascevano allora da collaborazioni personali, spesso informali, alimentate dall’amicizia tra orologiai e fonditori. Questi ultimi, principalmente con sede a Ginevra (Wenger, Eggly), La Chaux-de-Fonds (Favre-Perret, ecc.), in Italia (Brera, Ponti, Villa, ecc.) o a Parigi (Jaeger), spesso progettavano casse o quadranti per diversi marchi. Era quindi comune trovare modelli di orologi simili da una marca all’altra. Alcuni nascevano anche dalla collaborazione con marchi, rivenditori o gioiellieri internazionalicome Tiffany, Van Cleef, Bulgari, Gübelin, Cartier e Oscar Heyman - che spesso firmavano o co-firmavano gli orologi.
La professione di ‘designer di orologi’ ancora non esisteva. I primi a dedicarsi esclusivamente all’orologeria e a farsi un nome - come Gérald Genta, Jean-Claude Gueit (Piaget) e Jean-Daniel Rubi (Patek Philippe), che hanno aperto la strada a Jörg Hysek, Emmanuel Gueit, Claude Emmenegger, ecc. - erano all’inizio della loro carriera. Tuttavia, l’atteggiamento cominciava a cambiare sotto l’influenza internazionale della moda, del design e dell’arte contemporanea. Il Journal Suisse d’Horlogerie, ad esempio, dedicava articoli alla ‘arte creativa’, facendo eco all’ondata di concorsi di design che portò alla fondazione dell’Académie des Créateurs Indépendants negli anni Ottanta.
Ma per quanto si innovasse dietro questa nouvelle vague creativa, l’orologio continuava ad essere tradizionalmente di forma rotonda. Eccezion fatta per i segnatempo dalla forma ‘non conven
zionale’. Tra i capofila, certamente c’è il Royal Oak di Audemars Piguet. La cui estetica si inserisce in un filone culturale che stava investendo il mondo dell’arte, dell’architettura e della musica contemporanee.
Sul significato simbolico del Royal Oak sono state avanzate molte ipotesi. Una delle più diffuse è che la forma della lunetta e delle otto viti reinterpreti le bocche da fuoco di alcune navi da guerra, le ‘Royal Oak’ della flotta britannica. Tuttavia, sembrerebbe piuttosto leggenda, visto che queste ultime non sono mai state ottagonali o fissate da otto viti.
Gérald Genta, da creatore del Royal Oak, ha sempre dichiarato di essersi ispirato a un casco da sub che aveva visto durante la sua infanzia.
Olivier Audemars, rappresentante della quarta generazione delle famiglie fondatrici, spiegava che le viti visibili sono un simbolo potente. Esporle era un atto dirompente nel 1972 - quando questo particolare orologio è nato -, un manifesto che esprimeva resistenza meccanica, tecnicità e solidità. L’apertura della cassa è infatti un mistero degno di una cassaforte, poiché è impossibile girare una vite esagonale incassata. La metafora della cassaforte (nel Paese delle banche) è tanto più pertinente in quanto la cassa in acciaio ultraresistente ospita un movimento parzialmente in oro. Proteggendo un tesoro meccanico (e tradizionale, in
Sopra, Alessandro Bogliolo, nuovo Direttore, che dal prossimo novembre assumerà la carica di Presidente del Consiglio di amministrazione di Audemars Piguet.
Nella pagina accanto e in questa, le diverse interpretazioni di Royal Oak nel corso dei decenni. Sotto, Ref. 26670ST.OO.1240ST.01: tributo al 50mo anniversario della Collezione Royal Oak, è il primo flying tourbillon a carica automatica alloggiato in una cassa ‘Jumbo’ ultra-piatta da 39 mm.
2000 2016
Al momento del lancio, il 15 aprile 1972, il Royal Oak suscitò scalpore con il suo imponente corpo in acciaio rifinito a mano, la lunetta ottagonale fissata con viti esagonali a vista, il bracciale in acciaio integrato molto stilizzato e il meccanismo a carica automatica extra-piatto.Con anche il quadrante guilloché Petite Tapisserie, l’orologio era così complesso da realizzare in acciaio che il primo prototipo fu prodotto in oro bianco, un materiale più facile da lavorare. Il bracciale integrato da solo comprendeva 154 componenti, tra cui 20 maglie affusolate, che lo resero uno dei bracciali in acciaio più complessi della storia
Nell’aprile del 1972, fu presentato alla Fiera di Basilea, dove fece scalpore, suscitando forti reazioni, tra cui alcune
critiche. Per quattro anni Audemars Piguet produsse con cautela solo questa referenza: l’ormai famoso 5402. Solo nel 1976 venne lanciato il primo Royal Oak da donna da 29 mm (modello 8638) disegnato da Jacqueline Dimier. Il prezzo senza precedenti del Royal Oak fu messo in evidenza in una pubblicità del 1974, realizzata dall’agenzia pubblicitaria di Audemars Piguet, Hugo Buchser, che lo definì ‘l’orologio in acciaio più costoso del mondo’.
Negli anni ’80 il Royal Oak rivelò un’adattabilità tanto inaspettata quanto straordinaria. Esplorò nuove possibilità estetiche con nuove dimensioni e materiali. I modelli in oro bianco, oro giallo e two-tone (oro giallo e acciaio) furono presto affiancati da versioni in platino e oro rosa. Sebbene il brand avesse sperimentato la tecnologia al quarzo, svolse anche un ruolo fondamentale nella rinascita delle complicazioni classiche. Nel 1983, la Manifattura lanciò il suo primo modello di Royal Oak presentato con una cassa da 36 mm disponibile in quattro varianti: acciaio, oro giallo, oro bianco e in una combinazione di due tonalità che coniugava acciaio e oro giallo.
Il 1992 fu l’anno del primo Royal Oak con cinturino in pelle, mentre, nel 1998, arrivò il primo Royal Oak High Jewellery Scheletrato. Univa le tradizioni dell’Alta Gioielleria e dell’Alta Orologeria e un design contemporaneo, inaugurando una nuova ondata di segnatempo di Alta Gioielleria nei primi anni 2000. Inoltre, gli anni ’90 consolidarono la presenza di complicazioni all’interno della collezione.
Il Royal Oak è entrato nel terzo millennio con una nuova versione da 39 mm, il Modello 15202, che ha segnato una svolta nella storia del ‘Jumbo’. Il diametro della collezione principale del Royal Oak ha raggiunto i 39 mm nel 2005, rispetto ai 36 mm degli anni ‘90 e ai 35 mm degli anni ‘80. Depositaria di tradizione e modernità, questa versione ‘Jumbo’ è diventata uno dei modelli di Royal Oak più ambiti.
Il look più massiccio e futuristico degli anni 2000 ha lentamente lasciato il posto a modelli più raffinati. Reinventarsi costantemente pur mantenendo l’estetica essenziale delle sue origini ha consentito al Royal Oak di raggiungere lo status di icona culturale all’interno dell’Alta Orologeria. E
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oltre.
Simona Manzione
Calibri 2120 e 2121. Ultrasottili a carica automatica. L’estetica del fondello è simile per il calibro 2120 (tra il 1967 e il 2006) e per il calibro 2121 (tra il 1970 e il 2011 circa). Sotto, il Royal Oak nella stampa.
Specchi di epoche
A un primo sguardo, sono un’immagine e uno slogan. A ben guardare, i manifesti pubblicitari orologieri raccontano di un tempo che va oltre il tempo delle lancette.
A sinistra, Cortébert, pubblicità nel ‘Giubileo dei 150 anni. 1790-1949. Cortébert-Watch Co’, 1940 (Mémoires d’Ici, Saint-Imier). La maison orologiera svizzera Cortébert fu fondata nel 1790 nell’omonima località del Giura Bernese.
In un crescendo, le Maison orologiere si sono affidate dagli inizi del Novecento in poi alla capacità dei creativi di veicolare attraverso immagini e slogan il loro messaggio. Mettendo in luce, al pari delle caratteristiche intrinseche dei loro orologi, la filosofia aziendale. L’aspetto, forse meno ovvio e per ciò stesso più accattivante, è la funzione svolta dai manifesti pubblicitari orologieri di raccontare mode e modi di vivere di quella specifica epoca. Valori,
vizi e virtù, miti e ambizioni. I manifesti si rivelano così un interessante specchio della società. Osservare i manifesti, ora a posteriori, significa osservare la storiografia orologiera attraverso la domanda dei consumatori piuttosto che attraverso l’offerta dei fabbricanti. Un’osservazione che, nella sequenza dei decenni, permette di scoprire l’evoluzione dei linguaggi testuali ed iconografici di pari passo con l’evoluzione dei progressi e dei gusti. Un secolo di pubblicità nell’ambito dell’oro-
logeria riflette i cambiamenti di una società in continua evoluzione. I manifesti pubblicitari diventano spesso dei manifesti culturali, evocando i temi in voga nel tempo a cui appartengono: di volta in volta, la parità dei sessi, i viaggi sulla luna, le tradizioni che si tramandano da una generazione all’altra, e così via. Senza dubbio, la solida tradizione svizzera nella realizzazione di manifesti pubblicitari ha contribuito a produrre manifesti divenuti iconici, anche nel settore orologiero. Molti artisti si sono interessati già dagli inizi del XX secolo di manifesto pubblicitario in quanto mezzo di espressione artistica. Tanto che, tra gli anni Trenta e Quaranta, si delineò nelle arti grafiche un vero e proprio stile ‘svizzero’, grazie allo sviluppo delle ricerche estetiche della Bauhaus tedesca. Optando per una sintesi di arti e artigianato e rinunciando a ogni tipo di ornamento, gli artisti svizzeri che aderivano ai principi della Bauhaus contribuirono al profondo rinnovamento del manifesto. Per i sostenitori dell’arte concreta e dell’astrazione geometrica il manifesto non è unicamente la pubblicità di un prodotto o di una manifestazione, ma riflette anche la visione di un certo tipo di società, fondata sulla democratizzazione dell’arte.
Dopo la Seconda Guerra mondiale, numerosi artisti soprattutto zurighesi e basilesi proseguono i lavori dei pionieri del periodo fra le due guerre. Sviluppano uno stile caratterizzato da una simbologia semplice e spoglia, dalla liberazione da un eccessivo influsso figurativo e da un’atten-
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arte/ mostre
zione cromatica e tipografica. Accanto a questa corrente dominante della grafica costruttivista, numerosi artisti intraprendono ricerche estetiche individuali, fornendo un apporto all’evoluzione delle arti grafiche.
C’è anche tutto questo fervore culturale e stilistico nei manifesti delle Maison orologiere di quegli anni. Manifesti che hanno tratto spunto, e al tempo stesso contribuito, a rafforzare certi stereotipi legati al marchio swiss made, vale a dire la qualità, la perfezione formale, la tradizione e il gusto del lavoro fatto con cura.
È capitato, in particolare nei decenni centrali del secolo scorso, che alcuni manifesti di pubblicità orologiere venissero ‘usati’ per promuovere a livello internazionale l’orologio, come prodotto di spicco dell’industria di esportazione, ma anche la cultura dello swiss made.
Le diverse pubblicità che raccontano la storia delle Maison, con le rispettive prerogative, nel loro insieme raccontano la storia dell’orologio. Osservando gli ultimi cento anni, sono stati due i cambiamenti salienti: il passaggio dal taschino al polso e l’avvento del quarzo. Due avvenimenti che ne hanno trasformato l’essenza, determinandone l’importante trasformazione da strumento per la misura del tempo a vero e proprio accessorio di stile.
Non da ultimo, la pubblicità svela anche la geografia dell’orologio. Lo spostamento da Ginevra, inizialmente il centro nevralgico della produzione e dell’innovazione nel settore, all’arco giurassiano. Nella regione di Neuchâtel, sin dal XVII secolo, intere famiglie si dedicarono all’attività orologiera. Attorno al 1890, quasi la metà degli orologi e dei meccanismi esportati dalla Svizzera proveniva dalle regioni bernesi di Saint-Imier, Franches-Montagnes,
Ajoie e Bienne. A fine secolo l’attività si diffuse poi anche oltre l’arco giurassiano, nelle regioni di Basilea e Sciaffusa.
A Saint-Imier, i primi pezzi di orologeria furono fabbricati già negli anni 1720-
Nel corso del XX secolo, i marchi di orologi hanno fatto ampio uso, nella loro pubblicità, della nozione di modernità. Sono stati in grado di presentare un’immagine dinamica e di evidenziare le proprie innovazioni e l’affidabilità dei loro prodotti. Sinonimo di progresso, la modernità assumeva volti diversi: era simboleggiata dall’avventura, dallo sport e dalle varie imprese che rappresentavano sfide tecniche per le aziende orologiere. Al Museo di Saint-Imier visitando, fino all’11 dicembre 2022, la mostra ‘Modernità’, si può scoprire quasi un secolo di rappresentazioni del progresso attraverso le pubblicità dell’orologeria.
Sopra, dall’alto, Longines, vista della fabbrica, 1909, Musée de SaintImier e uno scorcio della mostra ‘Modernità’, in corso al Musée de Saint-Imier fino all’11 dicembre.
30. Mentre l’établissage si diffuse nel XIX secolo. La manifattura Longines, prima fabbrica meccanizzata della regione, iniziò l’attività nel 1867. Lo stesso anno 1.600 persone erano impiegate in quarantasette imprese orologiere. Dipendente dalla congiuntura dell’orologeria, Saint-Imier fu duramente colpito dalle crisi degli anni 1930-40 e 1970-80. All’inizio del XXI secolo nel settore orologiero erano ancora attive una decina di aziende. Continua ad essere un luogo iconico dell’orologeria.
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Simona Manzione
‘Modernità!’ Immagini di progresso nella pubblicità degli orologi
Un instancabile sperimentatore
Dai fotocollage di polaroid all’iPad: David Hockney è sempre stato pronto a cimentarsi con i più svariati strumenti espressivi della sua epoca, continuando a confrontarsi con le grandi questioni della rappresentazione di spazio e tempo. Il Kunstmuseum Luzern dedica una retrospettiva all’artista britannico che, a 85 anni, rimane tra i più influenti e quotati contemporanei.
Ottantacinquenne, David Hockney non smette di stupire e militare in prima linea.
Oltre dieci anni fa, l’artista britannico è stato fra i primi a nobilitare iPhone e iPad. Complice proprio l’età avanzata, ha trovato a suo dire lo strumento ideale alla sua creatività: versatile, rimpiazza tele, pennelli, colori, diluenti e acqua con un semplice schermo, una penna gra ca e un’economica App. Da par
suo, l’ha utilizzata per ampliare il proprio repertorio sperimentando nuove forme di colore, luce e linee. Ringrazia Cupertino, che ha incassato la pubblicità indiretta di uno fra i più in uenti artisti viventi. Che dell’iPad si è servito anche per progettare nientemeno della vetrata per l’Abbazia di Westminster, commissionatagli per omaggiare Elisabetta II. “Usarlo è stata una scelta naturale, è retroilluminato, proprio come una nestra”, ha spiegato.
Nemmeno le più prestigiose istituzioni museali hanno esitato, con la Royal Academy of Arts di Londra che già nel 2011 ne esponeva le opere realizzate con gli strumenti della famiglia Apple. L’anno scorso il Musée de l’Orangerie di Parigi ha riaperto al pubblico mettendo in mostra l’‘arazzo’ confezionato da Hockney durante il con namento: un assemblaggio di oltre cento immagini realizzate con l’iPad gli ha permesso di creare un’opera
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arte / mostre
Tate: Schenkung des Künstlers 2008, © David Hockney
Due innovative opere della maturità di David Hockney: sopra, il ‘disegno fotografico’ che ritrae l’artista britannico nel suo atelier di Hollywood, In the Studio, December 2017, 278 x 760 cm. Sotto, ancor più monumentale, Bigger Trees near Warter or / ou Peinture sur le Motif pour le Nouvel Age Post-Photographique, 2007, olio su tela, 50 parti, totale 457,2 x 1.219,2 cm, entrambi realizzati ricorrendo alle ultime tecnologie.
inedita. Un impressionismo 4.0 - pensato per essere ammirato insieme al ciclo delle Ninfee di Monet qui conservatoche con le tinte piatte giustapposte e gli accenti pop che gli sono caratteristici, raffigura su 80 metri di lunghezza il passaggio delle quattro stagioni in Normandia, ammiccando all’antico modello dell’arazzo di Bayeux.
Fotocollage di polaroid, fax, fotocopiatrici, stampanti laser: senza snobbare i mezzi di riproduzione di massa, Hockney è sempre stato pronto a sperimentare i più svariati strumenti espressivi della propria epoca, con l’obiettivo - questo genuinamente tradizionale - di lavorare sulla rappresentazione di spazio e tempo. Nella sua opera innovativa, coltiva infatti i generi pittorici canonici: il paesaggio, il ritratto e la natura morta, reinventando però ripetutamente il suo modo di dipingere. A dispetto dell’apparente semplicazione, la sua è un’indagine artistica estremamente articolata, tra le più complesse e di maggior qualità estetica della scena contemporanea, che lo smarca dalla semplicistica etichetta di protagonista della pop art anglosassone inizialmente af bbiatagli.
Cresciuto in Inghilterra, ha trovato l’evasione dal rigore metodista della sua famiglia e dalla tranquilla Bradford in California, dove ha sviluppato la sua carriera artistica ed è stato tra gli antesignani del riconoscimento dei diritti civili per gli omosessuali. Ha poi lavorato
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Tate: Schenkung des Künstlers 2018, © David Hockney, assistiert von Jonathan Wilkinson
Crypto batte scultura
Certo, le cifre raggiunte dalla Top 5 delle opere di artisti viventi rimane ben al di sotto degli importi dell’arte moderna e antica, con Pollock, Warhol, Cézanne, Gauguin e De Kooning nella forchetta fra 200 e 300mila dollari e, fuori categoria a 450milioni, il ‘leonardesco’ Salvator Mundi, un’opera frutto di speculazioni in più sensi. Fatto sta che proprio la vendita di Portrait of an Artist (Pool with Two Figures) di David Hockney ha visto un cambio di ritmo. Jeff Koons, scalzato con il suo celeberrimo cane di palloncini, si è rifatto l’anno successivo con il coniglio argenteo (Rabbit, 1986, in foto), la scultura più costosa di autore vivente a 91,1 milioni di dollari. A marzo dell’anno scorso, il collage fotografico di Beeple, classe 1981, ha segnato una svolta epocale, qualificandosi come opera d’arte crypto più costosa di sempre. Ad accaparrarsela il giovane imprenditore indiano Vignesh Sundaresan, disposto a sborsare quasi 70 milioni quando si partiva da una base d’asta di 100 dollari. A fine anno un altro Nft è andato a prendersi la vetta della classifica, il progetto The Merge del digital creator Pak (in foto, una simulazione). Circa 30mila collezionisti hanno acquistato 266.445 quote sul marketplace Nifty Gateway, con prezzi saliti dai 299 dollari riservati agli acquirenti iniziali già collezionisti di Pak, fino a 575 nelle 48 ore di vendite aperte. Paradossalmente passa in secondo piano quale sia l’aspetto dell’opera, che ha iniziato a essere generata con uno script personalizzato a partire dalla chiusura dell’asta. Continuerà poi a mutare a ogni passaggio di proprietà degli Nft, secondo le progressive fusioni. Il valore di 91,8 milioni di dollari diventerebbe effettivo qualora tutte le unità venissero riunite da un unico acquirente, ponendo fine all’edizione aperta
A fianco, Portrait of an Artist (Pool with Two Figures), acrilico su tela, 1972, 213,5 x 305 cm, l’opera di Hockney che nel 2018 ha sfondato la soglia dei 90 milioni di dollari all’asta.
a Parigi, Londra e New York, per tornare in ne nello Yorkshire a godersi una pur sempre operosa vecchiaia e a riscoprirne i meravigliosi paesaggi naturali, ben diversi dalla assolata Los Angeles degli anni Settanta, la cui ambiguità ha saputo splendidamente immortalare con i suoi colori acrilici, vibranti quanto freddi nella loro sintetica luminosità.
Ma Hockney si aggiudica anche un altro merito, se tale si può considerare: è stato lui a inaugurare la corsa al rialzo delle quotazioni degli artisti viventi. Nel novembre del 2018 il suo Portrait of an Artist (Pool with Two Figures) ha fatto il salto di categoria: battuto all’asta da Christie’s a New York per 90,3 milioni di dollari, ha surclassato il suo predecessore, Orange Balloon Dog di Jeff Koons, che era stato venduto cinque anni prima per 58,4 milioni. I due successivi sorpassi sono rimasti a questa altezza.
L’opera in questione, di grande formato (213,5 x 305cm), può essere considerata la summa dell’arte di Hockney: coniuga due temi fondamentali della sua produzione come le piscine e il doppio ritratto, simboleggiando un momento cruciale della sua esistenza, la ne della relazione con il giovane Peter Schlesinger, il biondo in giacca rossa a bordo piscina.
Al di là del valore artistico dell’opera, per far lievitare il prezzo è stato determinante un accurato battage. In pratica per l’intero anno precedente all’asta, il quadro è stato l’immagine guida della grande retrospettiva dedicata a Hockney, dapprima alla Tate Britain (l’esposizione più visitata di sempre, con 478mila ingressi in quattro mesi) poi al Centre Pompidou e al Met. Inoltre aveva da poco terminato la Queen’s Window. Comunque sia, l’artista non ha bene ciato se non indirettamente della vendita: il dipinto non gli apparteneva più dal 1972, quando il suo gallerista l’aveva venduto per 18mila dollari. Cinque anni dopo passava di mano già per 50mila, ma ancora nessuno poteva sospettare che sarebbe poi stato acquistato addirittura a 5000 volte il prezzo originario.
Alla sua veneranda età, Hockney continua ad attirare i ri ettori. Solo quest’e-
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©
David Hockney
A destra, la vetrata di Westminster progettata da David Hockney con l’iPad. Sotto, un suo celebre doppio ritratto, My Parents, 1977, olio su tela, 193 x 183 cm.
state gli sono state dedicate dieci mostre da musei maggiori, altre due inaugurano a ne dicembre. Una densità che ricorda il successo di Picasso, maestro che il pittore britannico ha sempre individuato tra i suoi punti di riferimento, sin dai fotocollage con cui assimilava la lezione del cubismo. Mai nora gli era stata però stata consacrata una retrospettiva esaustiva in Svizzera. S da colta dal Kunstmuseum Luzern che, a anco della serie di esposizioni consuete, focalizzate su tematiche speci che e, di solito, con artisti nazionali, si sta anche pro lando con mostre più impegnative dal punto di vista contenutistico e nanziario, come già aveva fatto nel 2019 in occasione del proprio bicentenario, con William Turner, che però un aggancio al territorio lo aveva, per ben sei volte in Svizzera tra il 1802 e il 1844, facendo quasi sempre tappa a Lucerna.
Per chi ancora non lo avesse fatto, la mostra dedicata a Hockney, in corso no al 30 ottobre, vale sicuramente una visita
al Kkl, che ospita il Kunstmuseum Luzern: riunisce oltre 120 dipinti, disegni, stampe e opere digitali dell’artista, dagli esordi come studente a Londra nel 1954 no agli ultimi disegni su iPad, confermandone la passione per la sperimentazione, l’incessante curiosità e l’ossessione per la questione della prospettiva, che si concretizza in un moltiplicarsi di punti di vista e fuga, sovrapponendo percezione
spaziale, sequenze temporali e vissuto emotivo. Oltre a una serie di importanti prestiti da collezioni pubbliche e private europee e internazionali, la mostra si basa principalmente su opere provenienti dalla prestigiosa collezione della Tate, in collaborazione con la quale è stata organizzata. Su tutte il monumentale paesaggio Bigger trees Near Warter, del 2007, che con i suoi 4,5 x 12 metri, composto da 50 tele singole, è il più grande dipinto mai realizzato da David Hockney: per intere settimane ha viaggiato da e verso questa scena, lavorando all’aperto su sei odieci tele alla volta e assemblandole in studio con l’aiuto di un software per registrare i progressi del lavoro. Gli fa eco East Yorkshire, in 2011, dalla collezione Centre Pompidou. Non mancano gli iconici dipinti sulle piscine, i ritratti dipinti e disegnati di amici e familiari, tra cui il celebre My parents (1977) e due importanti suite di prime incisioni.
Emblematica del lavoro di Hockney è l’opera che sembrerebbe una semplice fotogra a e in realtà è frutto di un so sticato progetto: In the studio, December 2017 immortala l’artista in piedi nel suo atelier sulle colline di Hollywood, tra opere recenti e del passato. Per realizzarlo sono stati fusi digitalmente oltre tremila scatti dello studio. Un’operazione che crea un quasi impercettibile spostamento della messa a fuoco, ammorbidendo i contorni di quello che Hockney ha battezzato come ‘disegno fotogra co’.
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Mirta Francesconi
Tate: Lascito 1981, © David Hockney
L’arte di condurre una linea
In esclusiva al MASI Lugano, la preziosa raccolta di disegni e incisioni di Paul Klee appartenenti alla collezione Sylvie e Jorge Helft testimonia la centralità della linea nel linguaggio espressivo dell’artista bernese, ma anche la sensibilità di un’eccezionale coppia di collezionisti, appassionati quanto eruditi. Che nell’arte, prima di tutto, continuano a cercare l’emozione.
Co llezionista Georges Helft era predestinato a diventarlo: il padre Jacques antiquario specializzato in argenteria francese dell’Ancien Régime, lo zio Paul Rosenberg tra i più importanti mercanti d’arte impressionista e post-impressionista parigini del periodo precedente la Seconda guerra mondiale. Malgrado un’infanzia in fuga dall’occupazione nazista, dalla Francia a New York e poi a Buenos Aires, la sua educazione artistica è cominciata presto: fra le personalità
che frequentavano la sua cerchia familiare e le gallerie aperte spostamento dopo spostamento, facendo conoscere all’estero le avanguardie europee, e nei musei diventati presto un luogo di elezione. Una passione mai sistematizzata con un percorso accademico: diplomatosi ingegnere tessile, Jorge (nome ispanizzato per omaggiare il suo paese di adozione) ha lavorato dapprima in una fabbrica del settore, poi nell’agroalimentare, fino alla pensione anticipata a 48 anni per potersi dedicare appieno al collezionismio e
A sinistra, la prima opera di Klee acquistata da Jorge Helft, L’altra stanza dei fantasmi (nuova versione), 1925, disegno a ricalco a olio e acquerello su carta e cartone. A destra, Metamorfosi interrotta, 1939, gessetto su carta e cartone, testimonia lo spaesamento della malattia.
all’impegno di mecenate, creando la Fundación San Telmo, che ha diretto per 14 anni sostenendo attività culturali, tra cui
110 · TM Settembre 2022 LAC Lugano Arte e Cultura
©Nicolas Borel ©Nicolas Borel
mostre, concerti, conferenze (celeberrima quella di Borges) e programmi educativi per bambini. Anche dopo la chiusura imposta dall’iperinflazione, ha continuato a sostenere attraverso numerose iniziative arte e musica.
Abituato sin da bambino a distinguere valore commerciale e artistico di un’opera, ha nutrito il suo interesse con un intenso studio individuale e la curiosità genuina di chi continua a ritenere che l’arte sia prima di tutto emozione. «L’arte è qualcosa di sacro, difficile da definire. A questo proposito mi piace citare Marcel Duchamp, un artista che ho collezionato e studiato molto: l’arte importante è quella che ti fa vibrare. La stessa opera può creare un’eco estetica in una persona e non dire niente a un’altra. Uno ama Picasso, l’altro gli è indifferente, senza che uno abbia ragione e l’altro torto. Non esiste una regola universale, proprio come quando si incontra un’altra persona e si entra in sintonia. Un disegno di Klee resta la cosa che mi emoziona di più, che ha il maggior impatto intellettuale su di me. Quello che mi sembra unico e straordinario nel suo lavoro è la linea o, più precisamente, il tratto. Una sensibilità che condivido con mia moglie Sylvie», ha sottolineato Jorge Helft all’inaugurazione della mostra che per la prima volta, al Museo d’arte della Svizzera italiana (MASI) Lugano, raccoglie in un unico luogo tutte le opere di Klee appartenenti alla prestigiosa collezione che porta il suo nome e quello della sua consorte. Si sono incontrati nel 2002 durante una conversazione su Paese fertile, il fondamentale saggio che il grande compositore e direttore d’orchestra Pierre Boulez ha dedicato al rapporto fra arte e musica in Klee. Soprano di successo, pianista e direttrice d’orchestra, in Klee Sylvie legge la musicalità che ne ritma le composizioni: lui stesso eccellente violinista, figlio di un professore di musica e di una cantante, tra contrappunti, variazioni e polifonie figurative guardava sempre alla scrittura musicale.
L’artista bernese ha avuto un ruolo incipitario per la collezione degli Helft. “Nel 1970 ricetti un bonus dalla società per la quale lavoravo da 14 anni e questo finalmente mi permise di comprare un’opera che avesse un valore internazionale. Erano già cinque anni che avevo iniziato a collezionare opere d’arte contemporanea argentina. Fondamentalmente perché era il mio paese di adozione, ma anche
«Un disegno di Klee resta la cosa che mi emoziona di più, che ha il maggior impatto intellettuale su di me. Quello che mi sembra unico e straordinario nel suo lavoro è la linea o, più precisamente, il tratto. Una sensibilità che condivido con mia moglie Sylvie»
Jorge Helft, collezionista e mecenate
perché era l’unica arte che potevo permettermi, economicamente parlando. Ogni due anni andavo da Buenos Aires oa trovare la mia famiglia a Parigi. Ed è lì che ho comprato il mio primo Klee, Das andere Geisterzimmer (Neue Fassung) del 1925, da Heinz Berggruen”, racconta nell’ intervista con il direttore del MASI Lugano Tobia Bezzola, pubblicata nel bel catalogo che accompagna l’esposizione.
Settantatré opere scelte con grande coerenza lungo tutta la produzione dell’artista di Klee, dal 1914 fino alla sua morte, che grazie alla convivenza spaziale proposta dall’allestimento delle due curatrici Francesca Bernasconi e Arianna Quaglio, instaurano un dialogo fatto di riecheggiamenti e diversioni, frammenti e rimandi. L’ambiente della grande sala al secondo piano del LAC è stato reso per l’occasione più raccolto, a misura di collezione privata. Das andere Geisterzimmer (Neue
Fassung) si trova nella seconda sezione, dedicata al periodo fra le due guerre e agli anni del Bauhaus. Eseguita con la tecnica del ricalco a olio messa a punto da lui stesso, rimane un unicum, con la profondità spaziale creata dal reticolo di linee nere e la straniante acquarellatura brunita che combina abilmente l’uso della prospettiva centrale e un’atmosfera di ispirazione dechirichiana. Interessante paragonarla con una riproduzione della composizione originale del 1921, esposta nelle vetrine della sala adiacente che racchiudono una selezione di edizioni d’epoca di libri illustrati da Klee, che gli Helft, appassionati bibliofili, hanno raccolto negli anni: edizioni rare, tra cui un esemplare eccezionalmente completo del portfolio Meistermappe des Staatlichen Bauhauses
Natura e architettura, figura umana e mondo animale, suggestioni narrative e arti performative, sono gli argomenti delle altre sezioni che toccano temi fondamentali per l’artista, per chiudersi sui lavori dell’ultimo periodo, segnato dalla sofferenza per l’avanzare della sclerodermia che lo affliggeva. Malgrado le difficoltà nel dipingere, Klee conobbe momenti di creatività intensa con duemila opere prodotte negli ultimi due anni, un’urgenza espressiva che sempre più lo orientava alla rapidità esecutiva del disegno, complice la riduzione all’elementare del tratto, fino alla sua morte, nel 1940, alla Clinica Sant’Agnese di Muralto. Era nato nel 1879 a Münchenbuchsee, vicino
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a Berna, presto però lasciata per Monaco negli anni della sua formazione, ma dove sarebbe tornato nel 1933, indesiderato nella Germania nazista. Per una manciata di giorni non fece in tempo a ottenere la cittadinanza svizzera: il padre, tedesco, non aveva mai fatto richiesta.
Con estrema economia di mezzi, un’opera come Unterbrochene Metamorphose (Metamorfosi interrotta ,1939) dice tutto lo straniamento dal proprio corpo: un puzzle fisico e metafisico, che è anche un’inedita sintesi fra cubismo e surrealismo, conservando nello sgomento un’eco ludica.
Nel loro succedersi e fronteggiarsi, le sette sezioni della mostra rivelano la continuità nell’apparente discontinuità dell’opera di Klee, l’identità nella varietà. Sperimentò le più svariate tecniche: matita, inchiostro, pastelli, acquerelli, acqueforti e litografie. Fedele e sfidante vettore della sua creatività, la
linea rimase per Klee sempre ancorata alla rappresentazione, mai votata al puro astrattismo. Rigorosa o audace, descrittiva osintetica, drammatica o umoristica: la sua, come egli stesso la definiva, è ‘una linea attiva’. Dritta, spezzata, verticale, orizzontale, curva. Numeri, lettere, segni, simboli. Tratteggia e racconta, sintetizza e sorprende. Sorride, irride, denuncia, fraternizza, consola. Libera come lui lo fu da qualsiasi condizionamento, sviluppando un percorso personalissimo fra le esperienze pittoriche di inizio Novecento: attraversò simbolismo, espressionismo, Dada, surrealismo e Bauhaus, sempre trovando la propria cifra personale.
Il disegno lo accompagnò lungo l’intero arco della sua produzione: metà delle 9000 opere realizzate. Non strumento ancillare, ma forma d’arte autonoma. Lo conferma l’accuratezza nell’apporre in calce ai fogli i titoli scelti insieme al fi-
glio Felix e alla moglie Lily. Possibilmente divertenti, audaci e a doppio senso. Alla linea dedicò inoltre approfondite riflessioni anche nei suoi scritti teorici e nelle lezioni al Bauhaus di Weimar e Dessau, dove insegnò per dieci anni.
Klee è un artista che parla a tutti, ma visitare una mostra come questo piccolo gioiello significa prendersi il tempo per entrare in consonanza con le opere, richiede un coinvolgimento attivo da parte dell’osservatore. Un rapporto ravvicinato che la dimesnione di una collezione privata consente di stabilire. Anche le diverse attività di mediazione culturale organizzate in parallelo all’esposizione, che proseguirà fino al prossimo 8 gennaio, saranno in questo senso preziose, fra cui i laboratori per bambini di LAC edu: un’iniziativa che lo stesso Klee, grande ammiratore dell’arte infantile, avrebbe sicuramente gradito, così come gli Helft, che molto hanno fatto e fanno per avvicinare i più giovani all’arte. Partner principale, Credit Suisse, che così celebra il trentennale del suo sostegno al MASI Lugano, rinnovato fino al 2024. Proprio il weekend dell’inaugurazione, domenica 4 settembre, ha voluto festeggiare offrendo l’ingresso gratuito al museo.
Se Jorge Helft, oggi ottantotenne, nella sua intensa vita ha partecipato finora all’organizzazione di ben 160 mostre, non ha mancato di sottolineare come questa, nata dall’amicizia con Carmen Giménez, presidente della Fondazione MASI, sia unica per la professionalità e la sensibilità incontrate. Anche la collaborazione con il Zentrum Paul Klee di Berna, che dell’artista detiene la più grande collezione al mondo, è significativa. Una mostra piccola per le dimensioni intime di una raccolta privata, ma grande per qualità. Per ricordare come la più elementare delle espressioni grafiche possa caricarsi di un’immensa valenza semantica. Klee stesso, con il suo confondibile tratto di levità, svelava: “Il disegno è l’arte di condurre una linea a fare una passeggiata”.
Susanna Cattaneo
Per informazioni: www.masilugano.ch
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Linee e colore si incontrano in Paul Klee, Spiriti del teatro, 1939, acquerello su carta su cartone, Collezione Sylvie e Jorge Helft.
©Nicolas Borel
aziendale
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La tua meta preferita per concretizzare la visione
La terra degli Helvetii
I ritrovamenti di epoca romana portano alla luce le radici di una Svizzera che nella sua posizione strategica sulle rotte commerciali europee trovò la sua raison d’être. A partire dalle due colonie di Aventicum e Augusta Raurica, alla scoperta di siti archeologici e musei che valorizzano questo patrimonio, rivelando quanto il processo di romanizzazione abbia ridefnito economia, società e cultura dei popoli celtici e retici che abitavano quel territorio. Cambiandone il destino.
Lucio Munazio Planco. Chi era costui, e cosa dovrebbe mai avere a che fare con la Svizzera, che sino a prova contraria è stata la terra degli Helvetii? Anche senza intendersene molto, era sicuramente un cittadino romano, di natali non troppo nobili, ma comunque appartenente alla borghesia del tempo, dunque un perfetto candidato per il ruolo di sottouf ciale di una legione. Un uomo di buone speranze che se solo avesse dimostrato il proprio valore avrebbe sicuramente fatto strada.
Nato intorno al 90 a.C., probabilmente nella odierna città di Tivoli, sarebbe morto a Gaeta alla veneranda età di quasi novant’anni, dopo una sfolgorante carriera, politica e militare. Tutta la sua fortuna, al pari di decine di migliaia di altri uomini, fu proprio il secolo in cui nacque. Il primo. Fu infatti legato di una delle legioni di Giulio Cesare durante l’epopea gallica: al suo seguito, varcò pochi anni più tardi il Rubicone, divenne governatore di una provincia prima del cesaricidio, si schierò ogni volta con quelli
che sarebbero stati i vincitori, guadagnò il consolato nel 42, e molto altro ancora. Eppure mai come nessun altro romano prima di lui la sua storia è legata a doppio lo con quella dell’allora Elvezia, l’attuale Confederazione svizzera. Era infatti il 44 quando su mandato dello stesso Cesare fondò la prima colonia romana sulle rive del Reno, l’allora Augusta Raurica, oggi vicino a Basilea. Lo attesta in una lettera all’illustre Cicerone, prima testimonianza scritta della sua esistenza.
Si può dunque affermare che Lucio Munazio Planco, questo sconosciuto, sia il vero pioniere della roma nizzazione dell’allora Elvezia, o almeno del suo avvio, e il padre della prima di molte cittadine che seguiranno nel corso di po chi anni, spesso per congedare le truppe al termine della leva, come fu il caso di Colonia Iulia Equestris, l’attuale Nyon.
Se la Storia della moderna Confe derazione è nata così, quelli che segui ranno saranno decenni, e secoli, di stra
ordinario sviluppo e paci ca romanizzazione che nel 58, con gli Helvetii scon tti a Bibracte dall’allora Cesare governatore di una piccola provincia, era solo iniziata. È sotto Augusto - titolo coniato proprio da Planco per Ottaviano, uscito vincitore dalla guerra civile - che il processo guada-
Questo frammento di un affresco mostra quanto fossero sontuose le decorazioni delle domus in epoca romana.
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turismo /destinazioni da riscoprire
© Augusta Raurica / Foto Susanne Schenker
© Augusta Raurica Foto Susanne Schenker
gna slancio, con la sottomissione dell’intera regione entro ne secolo. Inizia la Pax romana, il periodo d’oro in cui tutte le terre entro i con ni dell’ormai divenuto Impero conobbero un incredibile sviluppo culturale ed economico, prosperando ben protette e in pace.
La Svizzera, sin da subito, si contraddistinse quale crocevia del commercio, e dunque come Piazza logistica di primaria rilevanza, essendo il perno tra le due principali frontiere: il Reno e il Danubio. Qui transitavano, spesso su acqua, i rifornimenti per le guarnigioni più lontane, ed e sempre qui passavano buona delle materie prime che alimentavano il motore della romanizzazione. Si può dunque affermare che, a distanza di duemila anni dall’inizio della sua storia, la piccola Confederazione non sia davvero cambiata?
Tracce archeologiche e culturali. Se l’eredità della profonda romanizzazione che ride nì cultura e modi di vita dei popoli celtici e retici che abitavano quel territorio, promossa dalla rapida adesione delle élite locali al modello romano, permane
Vestigia di edifici, monumenti e reperti testimoniano dei diversi insediamenti fondati nelle cinque province in cui sotto l’Impero romano si suddivideva il territorio svizzero. Il teatro scenico di Augusta Raurica (a sinistra), prima colonia romana sul Reno, è il complesso antico meglio conservato nel suo genere a nord delle Alpi. Poteva accogliere 10mila spettatori. A destra, la spettacolare lapide di un mercante di ferro: il mantello con cappuccio indica che si trattava di un abitante di Augusta Raurica di origine celtica.
viva nel presente, dalla lingua alla religione, dalla cultura alla rete viaria, nondimeno di questo periodo storico rimangono importanti testimonianze siche: vestigia di edi ci, monumenti e reperti che raccontano di oppida, castra, vici, città e colonie fondati nelle cinque province in cui sotto l’Impero romano si suddivideva il territorio svizzero. I resti di questi insediamenti, decaduti poi nel corso del III secolo con l’avanzata dei popoli germanici, per secoli sono rimasti alla mercè delle spoliazioni di chi, senza comprenderne il valore di testimonianza storica e culturale, sottraeva blocchi di pietra per ricavarne materiali da costruzione o li bruciava per ottenere la calce. Solo da ne Settecento hanno cominciato ad attirare l’attenzione degli studiosi ed essere oggetto dei primi rilevamenti documentati, interesse che nel corso del secolo successivo andò istituzionalizzandosi con la costituzione delle prime società archeologiche e la creazione di musei per custordire e mostrare i reperti. Possono essere questi, oggi, con le loro mostre permanenti e temporanee, a
fornire una prima introduzione a chi desiderasse mettersi sulle tracce dei romani in Svizzera: il l rouge per un viaggio che permetta di guardare al territorio in modo diverso e, scoprendone il passato, di meglio comprenderne il presente. Aventicum, la capitale. L’attuale Avenches, situata nell’enclave vodese circondata dal Canton Friburgo, è stata il capoluogo della Svizzera romana. Ottima introduzione per una visita al sito archeologico è quella offerta dal Museo romano, installato in loco, in una torre eretta sull’an teatro nell’XI secolo, che lo ospita n dal 1838. Oltre ad ammirare gli oggetti di gran valore, su tutti il busto in oro di Marco Aurelio, o rare curiosità come le scarpe di legno parte delle sue collezioni, si consiglia di soffermarsi sul modello topogra co animato al secondo piano: in meno di dieci minuti sintetizza lo sviluppo della città dalle sue origini galliche all’espansione in epoca romana, no alla decadenza a ne III secolo. Come testimonia il gruppo scolpito a grandezza naturale dei membri della fa-
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I reperti più preziosi delle due principali colonie romane in territorio svizzero: sopra, il tesoro d’argenteria di Augusta Raurica, 58 kg di argento puro, per 270 oggetti, valeva il soldo di 230 legionari. Sotterrato nel Castrum Rauracense nel 351, è stato riportato alla luce nel 1962. Sotto, impresso in un’unica lastra d’oro a 22 carati, il busto di Marco Aurelio (180 d.C.), scoperto
miglia imperiale che adorna il foro della città, Aventicum visse la sua prima ‘età dell’oro’ negli anni 30-50 d.C., sotto Tiberio e Claudio. Portava allora il nome di Forum Tiberii, poi ribattezzata Colonia Pia Flavia Constans Emerita Helvetiorum Foederata da Vespasiano che nel 71 la elevò a colonia. Risale ad allora la costruzione del muro di cinta lungo 5,5 km. Non si sa chi nanziasse l’impresa, che richiese 200mila metri cubi di calcare del Giura trasportati su chiatta in grandi blocchi dalla riva nord del lago di Neuchâtel al porto, si stima richiedendo 12 anni.
Poco dopo furono edi cati anche tre ci caratteristici dell’architettura pubblica romana le cui vestigia sono oggi i punti di forza del sito archeologico: l’anteatro per gli scontri fra animali e gli spettacoli gladiatori; il teatro che assolveva anche una funzione religiosa, come suggeriscono la presenza di una fontana sacra e le tracce di un altare nell’orchestra per sacri ci e riti legati al culto imperiale. Terzo, il santuario del Cigognier, probabilmente fatto costruire da Traiano come segno della paci cazione dei territori settentrionali (così soprannominato per il nido di cicogne in cima a una colonna attestato dal 1642, sopravvissuto no al restauro nel 1978). In un suo canale di scolo è stato rinvenuto nel 1939 quello che è il più prezioso reperto di Aventicum, il busto di Marco Aurelio realizzato intorno al 180 d.C.: impresso in un’unica lastra d’oro a 22 carati, con un peso di 1,6 kg è un pezzo eccezionale, infatti solo altri due busti in oro di epoca romana sono sopravvissuti.
Ambizione comunicano anche le terme di Perruet, costruite già nel 77 d.C. a est del foro, probabilmente grazie al mecenatismo di una grande famiglia romanizzata elvetica, i Camilii, che così voleva promuovere uno stile di vita socio-culturale improntato alla convivialità e alla raf natezza. Oggi è visibile solo l’edicio principale con l’allineamento dei tre vasti ambienti di frigidarium, tepidarium e caldarium, ma all’epoca tutti i mestieri dell’edilizia gareggiarono in lusso e ingegno per stupire il popolo.
Lontana dai confini dell’Impero e dalle crisi politiche regionali, Aventicum (nome derivato dalla dea celtica delle acque Aventia, sua protettrice) conobbe un lungo periodo di prosperità no all’inizio del III secolo. Al suo apice, nel II secolo, contava 20mila abitanti su un’estensione di 120mila mq, crocevia commerciale grazie alla sua posizione strategica sulla strada che collegava le rive del lago Lemano alle città romane di Vindonissa e Augusta Raurica, e a propria volta collegata per via uviale al lago di Morat. Augusta Raurica, crocevia sul Reno L’altro grande nome della Svizzera di epoca romana è quello di Augusta Raurica. I suoi due poli, l’insediamento nella zona pianeggiante di Augst e l’accampamento militare di Kaiseraugst in prossimità del Reno, sono oggi rispettivamente nel territorio dei cantoni di Basilea Campagna e Argovia, pur separati solo da poche centinaia di metri. La sua ubicazione di avamposto lungo la riva meridionale del Reno, dove convergevano le arterie stradali nord-sud dall’Italia alla Renania
© Augusta Raurica / Foto Ursi Schild
© SMRA, Photo Jurg Zbinden, Berne
e l’asse ovest-est dalla Gallia al Danubio e alla Rezia, ne fece una metropoli regionale e un prospero centro commerciale con circa 20mila abitanti.
Da qui transitava la quasi totalità delle persone e delle merci in movimento tra i territori a meridione e il medio e basso Reno. Sono state trovate, ad esempio, anfore di vino prodotto sull’isola di Rhodos, ostriche provenienti dal Mare del Nord, semi di co, datteri, salsa di pesce, ... Il commercio, ma anche una produzione locale agricola e artigianale diversificata, con specialità esportabili, furono i principali punti di forza della orente economia cittadina. Presto gli edi ci in legno vennero sostituiti da costruzioni in pietra. Come per Aventicum, strade lastricate, lussuose ville, teatri, an teatro, il complesso commerciale, tabernae, bagni pubblici, canalizzazioni, sistemi di riscaldamento aprirono una realtà urbana no ad allora sconosciuta.
Quando, intorno al 300, con l’arretramento del limes sulle rive del Reno e del Danubio, la colonia venne di nuovo a trovarsi sul con ne con la Germania, l’esercito romano edi cò una forti cazione a Kaiseraugst, il Castrum Rauracense, dove si rifugiarono anche i civili,
abbandonando l’insediamento di Augst. Nella seconda metà del V secolo, Roma si ritirerà de nitivamente dal territorio.
Augusta Raurica è stata la prima località a nord delle Alpi oggetto di studi archeologici. Nei suoi depositi sono conservati più di 1,7 milioni di reperti. Una selezione è esposta nel museo, dove fa sfoggio di sé il famoso tesoro d’argenteria, tra i più importanti e preziosi della tarda antichità: 58 kg di argento puro, da cui sono stati ricavati 270 oggetti tra piatti, cucchiai, monete e, addirittura, un candelabro allungabile. Di proprietà di alti dignitari di corte, oltre a regali di privati comprendeva i donativi dell’imperatore. Il valore corrispondeva al soldo annuale di 230 legionari. Sotterrato nel Castrum Rauracense nel 351 per proteggerlo da incursioni e lì dimenticato, è stato fortuitamente riportato alla luce solo nel 1962.
Il sito di Augusta Raurica, parco archeologico più grande di Svizzera, include oltre venti monumenti e luoghi di ritrovamento, tutti visitabili. A partire dal teatro scenico, il complesso antico meglio conservato nel suo genere a nord delle Alpi. Ogni agosto diventa il centro della Römerfest, la più grande festa romana in Svizzera, che attira decine di migliaia di
partecipanti. Danze, musica e combattimenti tra gladiatori e tante altre attività, il tutto scrupolosamente ricostruito.
Altra chicca, la Casa Romana che offre un vivace scorcio sul modo di vivere dell’epoca. Inaugurata nel 1955, riproduce una villa urbana. Planimetria, mobili e arredamento sono stati ricostruiti grazie ad antiche raf gurazioni e a ritrovamenti archeologici, utilizzando anche reperti originali. Un’ulteriore curiosità è il parco zoologico dove sono ospitate esclusivamente specie allevate a quei tempi: la pecora vallesana, la capra nera Verzasca, il maiale lanuto e il pollame, tutte selezionate in collaborazione con l’Istituto di Preistoria e Archeobiologia dell’Università di Basilea e con la fondazione svizzera ProSpecieRara.
A sinistra, il teatro gallo-romano di Aventicum, che assolveva anche funzioni religiose, come suggeriscono una fontana sacra e tracce di un altare. A destra, l’anfiteatro, usato anche oggi per spettacoli ed eventi. Dal 1838 nella torretta è collocato il Museo romano di Avenches, ottima introduzione per una visita al sito archeologico.
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© SMRA, Photo Patrick Nagy, Archéologie cantonale, Zurich
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A fianco, un dodecaedro romano, rinvenuto ad Aventicum. La sua funzione rimane tuttora misteriosa: uno strumento per le osservazioni astronomiche oil calcolo ingegneristico? Calibro per proiettili per fionde? Oggetto con proprietà magiche? O banalmente, un campanello per il bestiame, un gioco? Il primo è stato ritrovato nel 1739, oggi sono poco più di un centinaio, ma le sue 12 facce pentagonali bucate e decorate da punte restano un interrogativo.
Mosaici, un’arte spettacolare
La regione lemanica. Principali insediamenti romani nella Svizzera francese furono Colonia Iulia Equestris, corrispondente all’attuale Nyon, sulle rive del Lemano, Forum Claudii Vallensium, odierna Martigny, e il vicus galloromano di Lousonna, oggi quartiere di Vidy.
Fondata da Cesare probabilmente tra il 46 e il 44 a.C. per controllare lo sbocco meridionale dell’Altopiano elvetico e proteggere la valle del Rodano e le vie di comunicazione con l’Italia, Iulia Equestris (oNoviodunum, tardo nome locale) ha conosciuto fasi di sviluppo che ricalcano quelle delle due altre colonie romane.
Da segnalare, in periferia, la villa romana di Commugny (35-45 d.C.), che con il suo peristilio, i bagni, i mosaici e affreschi di eccezionale qualità è uno degli esempi più notevoli del genere della villa romana, una residenza padronale al centro di un possedimento agricolo.
In seguito alle invasioni alemanniche del 259/260, il foro e i monumenti pubblici della città vennero smantellati e i loro blocchi dispersi furono riutilizzati in tutto il bacino del Lemano, in particolare a Ginevra dove, verso il 300, servirono alla costruzione delle mura. Fino ad allora semplice vicus, Genova, come si chiamava all’epoca, si preparava alla rivincita.
Fra i ritrovamenti più spettacolari di epoca romana in Svizzera vi è senza dubbio il monumentale mosaico pavimentale riscoperto nel 1961 durante gli scavi presso il sito di Augusta Raurica. Risalente al II secolo d.C., copre una superficie di quasi 65 mq e raffigura sei coppie di gladiatori, tutti armati in maniera diversificata, colti in diverse fasi del combattimento. Dal 2019, dopo un complesso restauro, è finalmente esposto al pubblico. Probabilmente il proprietario della grande villa urbana dove era situato, era un organizzatore di spettacoli gladiatorii o ne era appassionato e li mostrava ai suoi ospiti come esempi di virtus arcaica. Splendidi sono anche i mosaici pavimentali della tenuta romana scoperta casualmente a Zofingen (AG) nel 1826, risalenti a metà I secolo (in foto, a destra). Inaugurato nel 2000, il Museo Vallon sorge invece sui resti di un sito archeologico di epoca romana nel distretto della Broye del Canton Friburgo, non lontano da Aventicum. Il suo scopo è quello di proteggere e presentare due meravigliosi pavimenti a mosaico, che ornavano una magnifica casa di campagna romana. Il grande mosaico di caccia, Venatio (in foto a sinistra), di quasi 100 mq, decorava una magnifica sala per banchetti raffigurando quattro scene di uno spettacolo di caccia.Il più piccolo, di circa 30 mq, noto come Bacco e Arianna, adornava una sala studio arredata con grandi armadi da biblioteca. Il più ricco insieme di mosaici romani in Svizzera, si trova a una cinquantina di chilometri da Vallon, nella località di Boscéaz, a nord di Yverdon-les-Bains (VD). Scoperti verso metà XIX secolo, decoravano 9 dei 100 locali di una lussuosa villa gallo-romana, costruita attorno al 160 d.C. La parte residenziale era un vero e proprio palazzo con cortili, bagni privati, diverse stanze sontuosamente decorate. Realizzati in pietra naturale colorata, i mosaici sono unici per la varietà dei motivi - forme geometriche, trompe-l’oeil, scene della mitologia greca - e qualità della lavorazione acuratissima qualità.
Nel 1974 la spettacolare scoperta della basilica del foro di Colonia Iulia Equestris - dove nel 1979 è stato poi inaugurato un nuovo museo romano - ha dato nuovo impulso alle ricerche, che nel 1996 hanno riportato alla luce anche l’an teatro di inizio II secolo. Oltre ai tipici reperti, il museo ospita a cadenza biennale il Festival internazionale del lm archeologico.
Sembra invece legata alla conquista della Gran Bretagna da parte di Claudio, la fondazione tra il 41 e il 47 d.C di Forum Claudii Vallensium, allo sbocco del Summus Poeninus, il Gran San Bernardo, per assicurare un accresciuto controllo della sua strada. Fra i vari monumenti usuali, la presenza più originale è quella dei templi indigeni, testimonianza della vitalità delle antiche divinità galliche, più omeno romanizzate, la cui rappresentazione più emblematica rimane la famosa testa di toro a tre corna scoperta nella basilica del foro. Come la maggior parte dei reperti è conservata presso la Fondation Pierre Gianadda che, nota a livello internazionale per la qualità delle sue mostre dedicate agli artisti della modernità (su tutti il ciclo ormai trentennale sugli
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impressionist), è però legata a doppio lo con l’antichità. Léonard Gianadda decise di costruire un museo quando a inizio anni ’70 gli scavi che stava effettuando per un progetto immobiliare portarono alla luce i resti di un tempio celtico. L’ultimo piano della Fondazione ospita il museo gallo-romano che presenta i numerosi reperti archeologici rinvenuti a Martigny.
La città di Losanna, che ha oggi il suo fulcro sulla collina attorno alla cattedrale, nacque come vicus sulle rive del Lemano. Snodo tra la via uviale e la rete stradale, il porto romano di Vidy collegava, attraverso il Rodano, il Mediterraneo all’Europa centrale. Ancora oggi sono visibili le fondamenta dell’insediamento.
Il museo romano di Losanna-Vidy ingloba le vestigia di una ricca dimora, dotata di atrio, camere affrescate e stanze con riscaldamento termale. Fece proprio seguito al ritrovamento di questi resti nel 1934 la decisione di istituire un museo che li protegesse e che accogliesse anche i tanti reperti rinvenuti a Vidy. Il vicino parco archeologico è il complemento ide-
A destra, una ricostruzione del monumentale mosaico pavimentale dei gladiatori (II sec. d.C.), 65 mq, ritrovato nel 1961 ad Augusta Raurica. A sinistra, la statuetta di un gladiatore con casco proveniente da Aventicum.
ale alla visita del museo per scoprire le rovine del centro storico: la basilica giudiziaria in particolare, o il tempio dedicato al culto di Roma e dell’imperatore. Vindonissa, Vitidurum e Turicum. Si suppone che già durante la campagna alpina del 15 a.C. l’esercito romano avesse eretto una postazione militare a Vindonissa, sull’Altopiano tra l’Aar e la Reuss, da dove sorvegliare il traf co verso la Germania a nord e i passi alpini a sud. Sotto Tiberio, quando la politica militare romana vide cessare le offensive nelle province nordoccidentali dell’Impero, Vindonissa venne trasformata in un campo legionario, l’unico romano in Svizzera. Pur non essendo una città in senso giuridico, lo era dal pro lo economico e culturale. I templi, l’an teatro o le terme portati alla luce dagli archeologi attestano le sue funzioni di centro. Durante il primo secolo fu motore della romanizzazione del nord del Paese, no al suo smantellamento nel 101 d. C., quando Traiano richiamò la legione sui teatri bellici del medio e basso Danubio. Con oltre mille campagne di
scavi documentate, è uno dei siti meglio studiati del mondo romano. Da scoprire a partire dal Museo di Vindonissa, a Brugg, noto a livello internazionale per la più grande collezione di tavolette romane in legno, il supporto di scrittura più usato in epoca romana. A Windisch, le imponenti testimonianze dell’epoca degli accampamenti possono essere visitate percorrendo il Sentiero dei legionari.
Altri importanti insediamenti della regione furono il vicus di Vitudurum, l’odierna Oberwintethur, e Turicum, Zurigo. Vitudurum si trovava su un’importante strada romana che conduceva da Vindonissa e Aquae Helveticae (oggi Baden) al lago di Costanza. Fu probabilmente il primo vicus in Svizzera, dunque, ovvero un insediamento di piccole dimensioni caratteristico delle province settentrionali dell’Impero romano, dedito ad artigianato e commercio, senza un’amministrazione propria, né uno status giuridico, ma assegnato all’autorità regionale di una civitas. Nel 57/58 a.C., i Romani arrivarono nella regione dell’odierna Zurigo,
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Restiamo in Svizzera!
Le proposte di Ticino Management alla scoperta di tante bellezze, storia e cultura del territorio svizzero
turismo /itinerari da riscoprire Nella culla della Svizzera Lago dei Quattro Cantoni tocca con le sue acque luoghi simbolo della nascita della Confederazione: una destinazione che merita un tour primaverile estivo
quelli preventivati entrava in funzione la linea ferroviaria che, partendo da Kleine Scheidegg attraversando Eiger Mönch, due dei numi tutelari delle Alpi bernesi, compiva l’audacia portare turisti 3454 metri di altitudine, sullo Jungfraujoch, ai piedi della vetta del terzo massiccio della artigiani, contribuendo al successo economico della regione. fondarla, nel 1157 - 34 anni prima della consorella Berna, Zurigo fu Berthold IV von Zähringen,
nella roccia alta montagna, sfidando un caldo infernale scarsa ventilazione un cantiere senza precedenti, in cui fondamentale era stato l’apporto degli operai dei minatori italiani, che durante la costruzione abitavano nella colonia creata ai piedi dell’Eiger, fino trecento nei momenti maggior intensità, dove ancora oggi si trova centro delle Jungfraubahnen. Un progetto nato dalla visionarietà sostenuto dalla perseveranza dell’imprenditore zurighese Adolf Guyer-Zeller che, dopo un esordio nel settore tessile cui orientava tradizione familiare padre gestiva una delle più antiche filande di S Heimplatz fulcro della Zurigo della cultura non solo merito della recente inauguraChipper eld che, aggiungendosi ai due storici del Kunsthaus, ne più grande museo arte in Svizzera. Già oltre un secolo fa questa piazza iniziava imporsi nella vita culturale Volkstheater am Pfauen, poi ribattezzato Schauspiehaus, affermatosi negli
che ad esempio gli suggerì di far incetta basso prezzo di azioni obbligazioni della Ferrovia del Gottardo quando progetto sembrava irrealizzabile, moltiplicando suo patrimonio all’apertura del tunnel, operazione che gli fruttò anche soprannome di “Eisenbahnkönig”. Un capitale che investirà nel suo grande sogno, bernese, sopra Mürren: suo sguardo viene catturato dal treno che viaggia sulla nuova Wengernalp Bahn in direzione di Kleine Scheidegg. Perché non osare ancora di turismo /destinazioni da riscoprire Zurigo, arte in ogni dimensione Capace di intercettare le ultime tendenze quanto di valorizzare proprio patrimonio storico, Zurigo si contraddistingue per qualità, varietà, vitalità e densità del panorama culturale. Con un’ampia scelta di musei pubblici richiamo internazionale come e giovani gallerie in crescita fanco dei nomi storici, a servizio di una
I Lago dei Quattro Cantoni (o Lago Lucerna) con suoi oltre 100 chilometri di lunghezza, simile un fiordo. Le sue acque si dividono montagne da cui circondato il lago. Le sue rive toccano tre cantoni originari possibile circumnavigare lago via Dozzine di vaporetti fanno la spola tra le varie città del lago, che costituisce una popolare destinazione turistica, sia per gli svizzeri che per gli rimane solo l’arco di trionfo sormontato
terra, ma la strada tortuosa passa attraverso tunnel per parte del tracciato. Meglio muoversi via acqua. da una statua, una moderna struttura in acciaio vetro, che sorge laddove il fiume Reuss esce dal lago. Lucerna, per sua posizione centrale, un importante snodo ferroviario, da cui passano treni verso stica contemporanea parallelamente ven-
vio il progetto di studio con il patrocinio dell’Uf cio dei beni culturali del Canton Ticino e la direzione scienti ca dell’Università di Berna proseguito no al 2021 per contestualizzare le scoperte effettuate a più riprese nel comprensorio. Sequitur… Nuovi ritrovamenti continuano ad arricchire le conoscenze degli studiosi e le mete da visitare per curiosi e turisti. In parte si concentrano attorno ai grandi siti archeologici, come i resti di un an teatro del IV secolo d.C nelle immediate vicinante di Kaiseraugst, af orati lo scorso dicembre durante gli scavi per la realizzazione della nuova rimessa di una società di canottaggio.
E etto Engadina paesaggio incorniciato dalle maggiori vette delle Alpi orientali, su cui domina Bernina. Sarà genio degli albergatori che oltre un secolo mezzo fa hanno lanciato qui turismo non basta la sola St. Moritz, per quanto regina delle nevi, spiegarne successo internazionale. Viaggio alla scoperta delle tante splendide località dell’Alta Bassa Engadina.
turismo /destinazioni da riscoprire
Basilea, una chimica particolare dell’industria chimico-farmaceutica che da qui guardano al mondo, Basilea anche la capitale culturale della vizzera, con ma ior densità di musei e di edifci pro ettati dai celebri architetti. Merito della sua capacità di guardare al futuro, senza mai tradire proprio radicamento
conta maggior densità di popoAncora oggi l’eredità del Principato
fermazione dell’industria della carta che
di quota, dove possibile pernottare al Berghaus Diavolezza, con vista su quello che soprannominato Roseg. alto destra, passeggiata romantica sul Lago Bianco ghiacciato.
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turismo /destinazioni da riscoprire Con una storia ultracentenaria,cune sono divenute celebri con le imprese degli alpinisti che, già nell’Ottocento, Jungfrau, ma anche grazie alla fama chelerie mondiale di lusso, dunque, con alberghi storici come il Badrutt di St. Moritz o Belvedere Davos, gemme delle Alpi hanno ospitato ospitano tuttora)
creatività di un mercato più vitali che mai. V gne. Fu l’ultima richiesta Giovanni Segantini, mentre si spegneva, lui che quella luce che rende unico paesaggio engarifugio sul monte Schafberg, sopra Pontresina, suo Trittico delle Alpi ultimandone pannello centrale, che riproduce proprio panorama visibile due altre sezioni Vita Morte offre una visione panteistica di straordinaria potenza pittorica profonda valenza simbolica. Di origini italiane, Segantini star del cinema dello spettacolo, nonché campioni del mondo sportivo. In fondo, immagini glamour, di aneddoti entrati nella storia e, ovviamente, un pizzico di gossip: St. Moritz, pioniere del turismo invernale, da sempre meta privilegiata tico hotel nonché primo albergo Palace d’Europa. Amato dagli ospiti inglesi nei mesi più caldi, inaugurò turismo in vernale elvetico nel 1864, quando suo
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certo bisogno, scelto privilegiare le altre località dell’Alta Bassa Enga-
turismo
turismo /destinazioni da riscoprire
L’inestimabile eredità di San Gallo alla modesta cappella edifcata dal missionario irlandese allus alla sala capolavoro del arocco toria ultramillenaria di cui an allo porta feramente inscritt le ori ini nel suo nome, tante le testimonianze dal compless abbaziale, itinerari del tessile, settore di cui città stata assoluta prota onista, alla vivace o erta culturale odierna
cercati ornamenti stucco che attingono agli stilemi del successivo Rococò. Ognivolumi raccolti oltre alle Sacre Scritture opere agiogra che, abbracciano tutto lo scibile umano, dalla giurisprudenza giardinaggio, dall’architettura al sistematematici delle vetrine per mostrare alcune
dove fondarono la stazione doganale di Turicum, in cui venivano sbrigate le pratiche necessarie a viaggiatori e merci per entrare nella provincia della Rezia. Queste poche informazioni sono note grazie all’incisione su pietra dedicata a Urbicus, glio del direttore doganale locale, rinvenuta nel 1747 sul Lindenhof.
L’eccezione di Muralto. Se il Ticino meridionale venne conquistato dai romani già III secolo avanti Cristo, quello settentrionale sarebbe stato annesso all’impero quando nel 14 d.C. l’espansione romana verso nord a opera di Augusto giunse a sottomettere le valli alpine. Mentre di solito le tracce dei precedenti abitati di questa regione sono andate distrutte dalla successiva attività edilizia, il vicus di
arroccata attorno alla cattedrale na poliedricità c non scade nell eclettismo anc in assenza un apposizione e la connoti per antonomasia, osanna rivendica una sua orte
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rio centro delle strategie di sviluppo che permettono di contenere minimo emissioni, creare aree protette, premiare progetti consapevoli, promuovere le energie rinnovabili materiali locali.cipanti, insieme alle grandi trasportate dai guranti mascherati, una folla 11mila persone in tempi normali. Non manca spirito dissacrante che festività richiede:tica sociale. Un evento emblematico
Anche il Canton Grigioni è stato scenario di alcune recenti scoperte. Nel 2019 un giovane dentista, Lucas Schmid, collaboratore del Servizio archeologico regionale, ha rinvenuto nella gola del Crap Ses in Val Sursette un raro pugnale romano riccamente decorato. L’impugnatura a forma di croce lo colloca tra il 50 a.C. e l’anno zero. Insieme agli oltre 100 altri ritrovamenti di armi di attacco e di protezione nella zona, non solo di legionari romani, ma anche dei Reti locali, potrebbe risalire alla conquista delle regioni alpine da parte dei romani intorno all’anno 15 a.C. I ricercatori hanno avviato un progetto di studio di cinque anni.
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coprendo un dislivello di 500 metri, dalle sponde del Lemano con quartieri Ouchy Vidy, parco naturale del Jorat, la cie boschiva contigua dell’Altipiano svizzero, che ogni anno titolo di “migliore fra piccole città”, discapito delle tante altre rivali mondiali sotto una soglia di 200mila abitanti. ‘Innite’ le buone ragioni che ne farebbero luogo ideale cui vivere. Ma anche da
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cie di soli 37 chilometri quadrati
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stosa cattedrale gotica allo
tesi nella sua pittura fra istanze veristiche Non un caso che molti altri siano gli artisti, gli scrittori gli intellettuali per creste scoscese ghiacciai, laghi dal blu intenso, tti boschi di larici pini cembri… una natura che gli albergatori che ormai oltre un secolo mezzo qui Alpi svizzere: una storia di celebrità Dagli intellettuali del Grand Tour Premi Nobel, dalle famiglie reali al jet set di Hollywood, passando per campioni del St. Moritz, Zermatt, Davos, Klosters, Arosa, Gstaad, Grindelwald e Crans Montana sono le mete più esclusive delle Alpi svizzere, hanno ‘conosciuto’ proprio tutti. B scienze della vita dell’industria chimico-farmaceutica un polo che riunisce, start up spin-off comprese, oltre 700 aziende -, sede importanti nomi nelcampane della Chiesa San Martino
di fama internazionale. Invece di focalizzarsi sulla arcinota St. Moritz, che da regina delle nevi di presentazioni non ha-
imponenti strutture del Grand-Pont cento permisero nalmente collega-
interamente automatizzata, che porta su ruote gommate concetto di funicolare permettendo di affrontare senza cremagliera una pendenza che tocca una punta
C ittà folgoranti contrasti:-
Da provare, anche se piedi che meglio gustano le imprevedibili prospettive di questa sorprendente città.
Marzo 2021 Aprile 2021 Maggio 2021Giu./Lug. 2021 Ago./Set. 2021Ottobre 2021Novembre 2021Dic./Gen. 2022 Febbraio 2022Marzo 2022 Aprile 2022 Luglio 2022 C sessant’anni dall’inaugurazione, la Grande Dixencecubi d’acqua, alimentato da 35 ghiacdi energia che natura mette disposizione. suggello della sagacia svizzera,plesso idroelettrico di Grande Dixence, nel Vallese, l’esempio più illustre ciente per mantenere 400mila economie domestiche. Ogni anno attirapresto avvolta dal gelo. Con possibilità non solo percorrere suggestiva esplorarne gli interni: la rete di gallerie, pozzi di ispezione immense caverneUn’originale attualissima meta per un turismo sostenibile nel pieno senso delmeta più gettonata, ma molti altri sono gli impianti che si possono visitare in un Spettacolare idroelettrico turismo /destinazioni da riscoprire atout per la vizzera atto ante litteram delle risorse idric propria onte di ener ia elettrica principale ostruzioni spettacolari da ammirare nella loro imponenza da cui mirare imprendibili paesa alpini con cui stabiliscono la loro simbiosi spunt per un via alternativo partire dal allese, loro rocca orte, icino c distin ue con pro et di tutto rilievo
Muralto rappresenta una felice eccezione. Solo a ne Ottocento i lavori per la costruzione della linea ferroviaria e di numerosi complessi residenziali hanno cominciato a portare alla luce reperti e vestigia. I numerosi scavi archeologici hanno rinvenuto alcuni quartieri del vicus comprendenti abitazioni, edi ci produttivi, un sistema di canalizzazioni, aree sepolcrali ed edi ci di culto paleocristiani. Senza dubbio uno degli agglomerati urbani più importanti ai piedi delle Alpi centrali, Muralto doveva svolgere la duplice funzione di piattaforma commerciale sul Verbano per gli scambi con l’area padana e di mercato per i prodotti derivati dall’attività agricola della regione e gli articoli d’artigianato elaborati nel vicus. Nel 2005 ha preso av-
I più recenti rinvenimenti, annunciati lo scorso luglio, sempre nei Grigioni, toccano il comune di Zizers dove durante degli scavi per un progetto di edi cazione sono emersi sia resti di un insediamento che rivelano attività di artigianato, sia sei tombe, principalmente di epoca tardo romana (ca. 250-450 d. C.) che in parte contenevano ricchi corredi funebri - tra cui un vaso in pietra ollare, una bula ad anello, un coltello di ferro e resti di cibo.
Quanto progressivamente la terra restituisce, vuoi grazie a fortuite coincidenze, ma soprattutto come risultato del meticoloso e tenece lavoro degli archeologi, permette di comprendere quanto la dominazione romana abbia trasformato territorio e paesaggio, avviando un processo di urbanizzazione ed emancipazione economica e culturale che trovò la prima espressione nella costruzione di edi ci, monumenti e vie di comunicazione necessarie al funzionamento della vita politica, religiosa, commerciale e sociale sottese al nuovo modello.
120 · TM Settembre 2022
turismo /itinerari da riscoprire la regione di origine dell’indiscusso re dei formaggi: l’Emmental. Esportato in tutto mondo, anche più imitato, ma nessuno in grado di eguagliare l’unicità di quello Dop, prodotto rigorosamente secondo la lavorazione tradizionale da caseifici di paese a conduzione familiare. Una valle del Canton Berna che ha molte altre gustose scoperte da offrire nella bella stagione. Emmental, è anche una valle P caratteristici una Svizzera che sembra uscita da un libro illustrato. suo nome invece diventato un marchio dello “Swiss made” noto in tutto mondo: l’indiscusso dei
Thomas Ott. Destinazione Jungfrau N ria per Svizzera, per celebrare cerimonia inaugurale, ormai quasi 110 anni orsono, nel 1912, quella che sulle pagine della Neue Zürcher Zeitung venne celebrata come “un’impresa colossale, la consacrazione del trionfo dell’ingegneria moderna”. A conclusione di sedici anni di duro lavoro nove in più
Andrea Petrucci più costruire una ferrovia che da puntasse verso la cima della Jungfrau? Quella stessa notte abbozza su un foglio
formaggi svizzeri, quello dagli inconfondibili buchi, assaggiato, sono forse però pochi saper collocare correttamente la sua regione di origine sulla mappa: l’Ämmitau, la valle del fiume Emme, che estende dall’accogliente Utzenstorf fino alla Schrattenfluh verso lago Thun una superficie di appena 700 kmq, per un totale di 70mila turismo /itinerari da riscoprire turismo /itinerari per la cultura Ginevra, cultura a 360 gradi Polo di cultura artistica letteraria, pubblica e anche privata. iplomatica scientifca, la città di inevra ricca di istituzionied eventi ne anno un fore all occ iello per la vizzera, nelle arti e nelle scien P atria di numerosi personaggicuni dei quali ne hanno persinouna indiscussa vocazione di città culturale riconosciuta ed apprezzata in tutto mondo.
stata ampliata anche ad altri dieci cantoni della Svizzera centrale orientale per soddisfare un mercato ‘affamato’, qui che nato, proprio alle origini della Confederazione, se ne trova traccia nei documenti sin dal 1542, quando spesso forme di Emmental venivano offerte come prezioso omaggio, anche se all’epoca era molto diverso per sapore mole dall’attuale: quello che fregia della denominazione Dop dunque l’Emmentaler, dove l’aggiunta della desinenza finale ‘-er’ certifica la provenienza dalle zone svizzere di competenza rigorosamente prodotto mano, rispettando altissimi standard di qualità da caseifici di paese conduzione Arte, musei, gallerie, aste Molte sono istituzioni le organiz--seo dalla tradizione imponente. Da non perdere, Museo etnogra Ginevra (Meg) che, fondato nel 1901,
familiare, secondo lavorazione tradizionale, con latte fresco mucche nutrite pascolo fornito direttamente dagli allevatori per ciascuna ne occorrono 1.200 litri. Dopo messa riposo in salamoia per un paio di giorni, gli stampi vengono depositati cantine calde umide per il processo di fermentazione, durante quale oggi vanta una delle più grandi collezioni culturali. Dal 2014, gli 80mila oggetti ture orologiere. caso del Museo Patek Philippe. La storia della famosa maison orologiera intrecciata con città Giturismo /destinazioni da riscoprire Friburgo, antica e contemporanea Medioevale, gotica, barocca moderna: fascino di Friburgo quello della sua storia, che siinseriscenelvitaletessutourbanisticoeculturaledelsuopresente.Eancora:francesee tedesca,primacomunitàbilinguedellaConfederazione,masemprepiùinternazionalegrazie allasuauniversità.Unacittàunicainunaregionesorprendente:laGruyère,Estavayer-le-Lac, Romont, Morat e tante altre destinazioni da scoprire. U nasteri, tra cui splendida--
prodotto come tempi dello scrittore svizzero, sinistra l’Incoronato, che omaggia lotta svizzera con l’etichetta firmata dall’illustratore que porte, sette sezioni di baluardi di collegamento un grande bastione, un patrimonio che ne principale esempio architettura militare medioevale -
mento viario delle tre colline di La Cité, Le Bourg Saint-Laurent su cui sorge. ancora: le eleganti ville Belle Époque nel cuore degli splendidi parchi periper l’innovativo Rolex Learning Center del Politecnico federale, punta di dia-
U patrimonio di 170mila pubblicazioni, fra quali al primo millennio: se inestimabile valore delle opere custodite dalla Biblioteca abbaziale San Gallo, sontuosa l’effetto balsamico della lettura dello
studio. Piccolo rituale per accedere questo tempio del libro, all’entrata sonosiato. Altrettanto spettacolare sof con quattro maestosi affreschi realizzati metà Settecento dal pittore svevo Josef
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Dove il Premium è elettrizzante
Con un picco nel 2021, il mercato europeo è diventato negli ultimi anni punto di riferimento principale delle auto elettriche. Una rete di ricarica in continuo sviluppo e sussidi mediamente elevati all’acquisto di veicoli elettrici hanno contribuito fnora a questo risultato.
Ford ha annunciato che dal 2030 venderà in Europa solo auto elettriche. Dello stesso avviso General Motors, che semplicemente sposta in avanti di cinque anni, al 2035, questo traguardo. Mentre Volkswagen stima di rendere i veicoli elettrici più economici di quelli tradizionali. Anche dall’Asia, l’Europa e la Svizzera sono mercati importanti e ambìti.
Nel segmento premium, qui si è affermata nel 2021 anche Genesis (la marca creata nel 2015 da Hyundai Motor Group), forte dei risultati ottenuti prima in patria (Corea), poi nei principali mercati al mondo, dall’America del Nord al Medio Oriente, ad Australia e Cina. L’inserimento nel vecchio continente è avvenuto con il contestuale lancio dell’elettrificazione della sua gamma. «Ad un anno dall’arrivo, stiamo assistendo a una forte crescita organica, con aspettative ad oggi pienamente soddisfatte», afferma
Piergiorgio Cecco, Regional Operations Manager, Genesis Motor Switzerland.
Per i marchi premium la sfida dell’auto elettrica si gioca anche a colpi di strategia. Non basta parlare di capacità di ricarica, chilowattora, chilometri di autonomia e potenza senza tenere in considerazione i piani industriali che accompagnano questa transizione che attualmente si trova in una fase di convivenza produttiva di modelli con motori a combustione interna, ibridi o 100% elettrici.
Trovatisi a un bivio, alcuni costruttori premium hanno optato per la realizzazione di nuove piattaforme esclusivamente dedicate ai loro modelli elettrici, altri per soluzioni multienergia, semplificando le operazioni di produzione visto che sulla stessa base c’è la possibilità di installare batterie, motori elettrici o versioni ibride plug-in con propulsori termici.
Il passaggio nel 2021 all’elettrificazione e l’entrata nel mercato più difficile per
Lanciato da Hyundai Motor Group nel 2015, il marchio Premium Genesis è presente in Svizzera dal 2021. Nel corso di quest’anno presenta tre modelli elettrici, tra cui Electrified GV70 (qui in foto), che sarà disponibile tra qualche settimana.
le auto di lusso e premium sono arrivati in un momento ideale per il brand nato in Corea, che lo scorso anno ha venduto 200mila veicoli in tutto il mondo.
I clienti possono acquistare le auto sia online, sia nei cosiddetti ‘Genesis Studio’ di Londra, Monaco e Zurigo. Inoltre, ogni acquirente è seguito da un assistente personale Genesis: «Consegniamo e ritiriamo l’auto ovunque si trovi il cliente. Non è più lui a doversi spostare. Comodità e time saving. Più che un veicolo, Genesis è un’esperienza», sintetizza il manager.Tutto ciò che riguarda Genesis
122 · TM Settembre 2022
società / auto
Nuove immatricolazioni di automobili in Svizzera
Per tipo di carburante: luglio 2022 rispetto a luglio 2021
in Europa ruota intorno al cliente ed è progettato per rendere la vita più facile. Sintesi tra Oriente e Occidente, i veicoli di lusso proposti dal Marchio sono dotati di tecnologie innovative e pionieristiche. Con una promessa di servizio esclusiva. È l’assistente personale di ogni cliente ad occuparsi di tutte le sue necessità relative alla proprietà dell’auto e, in linea con il motto dell’Azienda, ‘We Come To You, le auto vengono ritirate presso la sede del cliente su richiesta, e vengono anche restituite quando è necessario cambiare
Sotto, la GV60, la prima vettura elettrica lanciata, a maggio di quest’anno, dal Marchio coreano.
i pneumatici o effettuare le riparazioni. . La nuova idea di lusso di Genesis si manifesta ai clienti europei soprattutto attraverso il cosiddetto ‘Five-Year Care Plan’, un pacchetto comprensivo di garanzia di cinque anni, assistenza, soccorso stradale, auto sostitutiva, update Overthe-air e aggiornamenti per la navigazione. Per allinearsi con le esigenze del mercato europeo e dei relativi clienti, Genesis ha testato i modelli in un suo centro di sviluppo nel Vecchio Continente, armonizzandoli alle specificità delle strade europee. Durante le prove, sono state percorse decine di migliaia di chilometri in 15 Paesi e battute alcune delle strade più impegnative, passando
anche per il circuito del Nürburgring. Nel 2019 in Svizzera si è oltrepassato il traguardo delle 300mila nuove immatricolazioni. Da allora lo scenario è cambiato ed è in rapida trasformazione, con tante incertezze per il futuro.
Un discorso a parte meritano le auto di lusso e le elettriche. «L’elettrico sarà sicuramente il futuro della mobilità. Secondo gli analisti in Europa, la quota combinata di veicoli elettrici a batteria (Bev) e di veicoli elettrici ibridi plug-in (Phev) supererà quella dei veicoli diesel e a benzina di nuova immatricolazione già nella prima metà del 2023. Capitalizzando l’esperienza maturata negli ultimi anni dal gruppo Hyundai nel settore delle elettriche, Genesis introduce tre veicoli elettrici nel 2022 (GV60, Elecrified G80, da ottobre, Electrified GV70) e, a partire dal 2025, tutti i nuovi veicoli Genesis saranno puramente elettrici come parte della visione del marchio per un futuro sostenibile. Genesis perseguirà, inoltre, l’obiettivo di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2035. A tal fine si concentrerà sull’approvvigionamento e sulla progettazione di materiali sostenibili ad alte prestazioni nella produzione di componenti e interni, e sullo sviluppo di tecnologie e sistemi elettrici all’avanguardia. Rimaniamo dunque fiduciosi sul futuro di Genesis. E dell’elettrico», conclude Piergiorgio Cecco.
Settembre 2022 TM · 123
Simona Manzione
Sopra, Piergiorgio Cecco, Regional Operations Manager, Genesis Motor Switzerland.
Variazione, in % benzina diesel elettrico Numero di veicoli ibrido normale ibrido plug-in 0 2.500 5.000 7.500 10.000 –50% 0% +50% –24 –25 –13 –33 +8 1.938 6.676 3.628 1.189 1.964 ■ luglio 2021 ■ luglio 2022
Fonte: UST, USTRA – Nuove immatricolazioni di veicoli stradali (IVS).
L’anno più caldo
Anche in Svizzera quella che sta per concludersi è stata un’estate da temperature record, la seconda più calda dall’inizio delle rilevazioni nel 1864. Giornate tropicali che promettono un autunno mite... in cui continuare a godersi escursioni in cabrio o in moto.
Aston Martin DB 11 Volante
Ecco una gran bella scoperta inglese, che con il suo poderoso biturbo da oltre 500 Cv stampa il sorriso in faccia, l’Aston Martin DB11 Volante Convertible. Una vettura incredibilmente bella, con quella bocca nera spalancata che le dà un aspetto minaccioso, il suo profilo cesellato e i fianchi extra-larghi. Si potrebbe parlare tutto il giorno degli splendidi esterni di questa inglese, mentre all’interno spiccano i sedili in pelle bicolore cucita a mano e gli inserti in fibra di carbonio stile racing, ma anche la console centrale è ben riuscita. Estetica e finiture possono piacere o non piacere, ciò che mette tutti d’accordo è quello che si nasconde sotto il sinuoso cofano della Aston Martin Volante DB11: un V8 biturbo 4.0 litri. Inutile provare le varie modalità di guida, meglio passare subito alla Sport Plus, schiacciare il pedale dell’acceleratore e tenersi forte poiché in 4 secondi si arriva a 100 km/h con partenza da fermi, la spia controllo trazione lampeggia come un albero di Natale e
le Pirelli P Zero posteriori 265/35 ZR21 girano selvaggiamente producendo sbuffi di fumo. I tecnici Aston hanno cercato di limitare l’erogazione di coppia in prima e seconda, ma in Sport Plus la DB 11 è davvero esuberante e raramente parte di slancio senza svirgolare, regalando un bel po’ di divertimento. Una volta a velocità di crociera, tira come un treno merci, anche in terza, quarta e quinta, basta un piccolo colpo al pedale per sentirsi schiacciare contro il sedile, con un’immediatezza incredibile. La Aston Martin DB11 Volante Convertible è una vera gran turismo, che guadagna in piacere viaggiando senza il tetto. Con una comodità di alto livello e sospensioni adattive che digeriscono di tutto. Prezzo da 242.000 franchi.
BMW R18B
La nuova Bmw R18 Bagger è sicuramente la più tecnologica della nota Casa bavarese, assai diversa rispetto a quella arrivata nel 2020. La carenatura ha una forma poco ampia seppur protettiva, il faro full
led cambia nella forma, ma anche nella funzionalità con la luce adattiva, optional per la B, con la possibilità di montare il radar per il tempomat adattivo.Questa soluzione non solo rende unica sul mercato questa bagger, ma non è l’unica novità tecnologica prelevata dalla R 1250 RT. L’altra riguarda il display, da 10,25 pollici, l’impianto stereo Marshall con casse nelle borse laterali da 27 litri. Invariato invece il cuore pulsante, il Big Boxer da 1.8 da 91 Cv con 150 Nm già disponibili a 2.000 giri/min. Un motore così sarebbe stato un delitto cambiarlo, mentre il serbatoio sale da 18 a 24 litri, aumentando l’attitudine al viaggio. Variano i terminali di scarico, tondi per accogliere le borse rigide. L’impianto frenante monta tre dischi da 300 mm l’uno, con pinze a quattro pistoncini. Il peso di quasi 400 kg si sente, indubbiamente, ma la sella alta soli 74 cm agevola molto le manovre da fermi, inoltre c’è anche l’intelligente retromarcia che sfrutta il motorino d’avviamento per togliersi d’impiccio. Su strada la R18B regala una
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società/auto
Aston Martin DB 11 Volante
posizione tipica da custom e il manubrio più vicino al busto aumenta il confort di guida. Il big boxer la fa ancora da padrone con la sua colonna sonora udibile anche con lo stereo al massimo. Cambia notevolmente carattere a ogni modalità di guida, blanda in rain, equilibrata in roll, poderosa in rock, dove sfoggia un allungo brioso. Il cambio offre innesti decisi e tra le curve la R18B si trova a suo agio con tanta bontà ciclistica poiché sospensioni, freni e pneumatici permettono di alzare il ritmo senza alcun problema. Insomma, la R18B è una moto che si può guidare senza pensieri ma se si vuole correre bisogna essere vigili e concentrati. Prezzo da 29.730.- franchi.
VW T-Roc Cabrio
A parte il tetto, il design della Volkswagen T-Rock Cabrio riprende quello della versione normale dopo il restyling di T-Roc, con grande listello centrale che percorre tutta la calandra e continua anche all’interno dei fari, da parte a parte. A proposito di fari, ora monta i Full Led iQ Matrix ai quali non si potrebbe chiedere di più. Il taglio laterale viene influenzato dal tetto, omeglio non tetto trattandosi non di un vero Suv ma comunque di una vettura alta e ‘muscolosa’ grazie anche ai cerchi da 19’’. Il baule non viene ‘invaso’ dalla capotte una volta aperta poiché rimane separata da un’apposita paratia, lasciando abbastanza spazio con 284 litri e possibilità di abbattere i due sedili posteriori. Gli interni sono gli stessi della normale
T-Roc, con ottime finiture e materiali morbidi, possibilità di ricarica wireless per lo smartphone, cruscotto Lcd completamente digitale e infotainment con CarPlay e Android Auto cablati e wireless. Con un pulsante sulla plancia o dal telecomando, la capotte si apre in 9 secondi e si chiude in 11 fino a 30 km/h. In città si apprezza lo sterzo morbido e preciso con raggio assai ridotto. Stessa cosa per le sospensioni, che si comportano bene nonostante i cerchi da 19’’. Gli Adas sono un punto forte di questa T-Rock, dal cruise
control adattivo all’assistente dell’angolo cieco con Led sullo specchietto, travel assist, tutto calibrato in maniera davvero vicina alla perfezione. Il comportamento dinamico non è quello di una sportiva ma in fin dei conti, considerando anche i 180 kg in più della versione coupé, si guida bene. Monta un motore 1.500cc 4 cilindri che grazie alla funzione in demand può staccarne 2 quando non servono per consumare meno. Prezzo da 40.000.- franchi.
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Claus Winterhalter
BMW R18B
VW T-Roc Cabrio
Le news mensili di Ticino Management per creare affari businesstobusiness
Vento in poppa Aziende
Uno dei più importanti asset manager a livello globale si riorganizza per meglio intercettare le molte opportunità di crescita che emergono da qualunque crisi, come l’attuale.
Prosegue la corsa del settore finanziario anche a fronte di quelle che non per tutti sono brutte notizie: il rialzo dei tassi d’interesse dopo anni e anni di temperature polari. Se i mercati è ormai qualche mese che stanno scontando questa nuova realtà, e la correzione non sembra accennare a fermarsi, i dati semestrali comunicati da molti istituti evidenziano risultati positivi, spesso anche sopra il consensus di mercato.
È il caso del gruppo Pictet, che a fine agosto ha resi pubblici i dati contabili relativi al primo semestre dell’anno, con una performance significativa: un progresso rispetto al 2021 del 2% del reddito operativo, seppur accompagnato da un +3% dei costi operativi.
Complessivamente l’utile netto si è portato a 380 milioni di Chf, escludendo dal calcolo un’entrata straordinaria derivante da cessione d’immobile
l’utile netto consolidato è sceso del 40%. Le masse amministrate al 30 giugno 2022 erano pari a 610 miliardi di Chf, dunque in forte calo rispetto al 31.12, per via però della sola forte correzione degli azionari.
Il total capital ratio del Gruppo resta invece dei più elevati, al 23,5% rispetto a un requisito minimo fissato da Finma al 12%, pari a 3,06 miliardi di capitale regolamentare. Alla base della performance le molte turbolenze registrate dai mercati negli ultimi mesi, frutto sia dell’azione decisa delle banche centrali in risposta all’inflazione, sia delle conseguenze del conflitto ucraino.
Per informazioni: www.group.pictet
È il caso di Natixis Investment Managers, che con oltre 1,18 trilioni di euro di attivi in gestione, si conferma tra i più grandi a livello globale, che conferma l’entrata nel team di Zurigo di Arieh Levy, in qualità di responsabile delle vendite per la Svizzera tedesca, oltre a occuparsi anche della clientela bancaria, dei gestori esterni, dei Multi Family Office, e dei gestori di fondi dei fondi.
Se Levy riferirà direttamente a Timo Paul, Managing Director e responsabile per la Svizzera tedesca, prima di entrare
in Natixis ricopriva il ruolo di Salex Executive in Vanguard, sempre in Svizzera.
Parallelamente anche Robert Pavic-Urbas, in società sin dal 2017, è stato promosso a responsabile vendite al dettaglio per la medesima regione, quale riconoscimento per il duro lavoro svolto negli ultimi anni; mentre Cyril Berchtold, in società dal 2021, che ha contribuito ad allargare la quota di mercato tra clienti istituzionali ne diverrà responsabile per la Svizzera tedesca.
Per informazioni: wwm.im.natixis.com
La biodiversità che va ampliandosi
Si allarga il team anche di Robeco, che ha proceduto alla nomina di David Thomas (in foto), quale Senior Portfolio Manager, per irrobustire ulteriormente la squadra che si occuperà di gestire la strategia RobecoSam Biodiversity. Thomas, attivo da Zurigo, e parte del team Robeco Thematic Investment, e in collaborazione con Aaron Re’em, importante sviluppatore della strategia d’investimento sulla biodiversità, sta attualmente preparando il lancio della strategia, disponibile già dal quarto trimestre del 2022. Thomas esce quale Porfolio
Manager di Ellerston Capital, dove era responsabile di diverse strategie, tra cui il comparto di uno dei maggiori proprietari di fondi sovrani al mondo. Può vantare 28 anni di esperienza, trascorsi da Sidney a Londra.
Per informazioni: www.robeco.com
126 · TM Settembre 2022
sommario 126 Aziende 126 Dal Gruppo Pictet segnali incoraggianti 126 Si riorganizza il team zurighese di Natixis Im. 126 Robeco si appresta a lanciare una nuova strategia 127 Un sodalizio personale che crea anche business 128 Società 128 Norimberga come deterrente 130 Gli Svizzeri sono tornati a viaggiare all'estero 130 Nespresso ispira i grandi chef svizzeri
Aziende
Gruppo Pictet, l’utile è servito
Aziende
In tandem, tra amore e impresa
Start-up innovativa, DolcePack GmbH - Packaging Machinery nasce dal sodalizio professionale di Kara Harl e Andrea Ferrari. Una coppia anche nella vita.
Siè distinta, lo scorso autunno, nell’ambito del Boldbrain Startup Challenge, il programma di accelerazione per start up in Ticino.
DolcePack GmbH è stata fondata nel febbraio del 2020 dai coniugi Kara Harl e Andrea Ferrari. L’idea imprenditoriale era nata nel 2007, poco dopo il loro primo incontro. All’epoca, Kara lavorava a Chicago come ingegnere chimico per una multinazionale attiva nella creazione di sacchetti flessibili per imballaggio. Andrea era invece dipendente di un’azienda svizzera che produceva macchinari per la conversione della plastica in sacchetti flessibili.
Il progetto di realizzare, insieme, rivoluzionarie macchine confezionatrici per imballaggi flessibili è diventato presto realtà.
Il core-business della vostra start up s’intuisce dal nome…
Sì, in effetti gli imballaggi che vengono riempiti e confezionati dai nostri macchinari sono particolarmente indicati per l’industria dolciaria e alimentare. Queste tipologie di buste, flessibili e saldate, possono essere però impiegate anche in altri settori: dalla
farmaceutica alla cosmetica, passando per il settore dei prodotti per la pulizia e per l’igiene. Rispetto alle molteplici applicazioni delle nostre macchine, il nome DolcePack può apparire riduttivo, ma ci piace mantenerlo perché esprime molto bene la dolcezza (intesa come kindness) che cerchiamo di mettere in tutte le fasi del rapporto con i nostri clienti.
In azienda, ho messo a frutto le competenze maturate in ambito chimico, occupandomi di studiare il mercato, di capire se c’era del potenziale per i nostri macchinari e di seguire l’iter procedurale che ha portato alla loro brevettazione. Andrea invece, cresciuto tra disegni e macchine, ha acquisito una vasta conoscenza dell’automazione industriale (dalla pesatura, al confezionamento, fino alla conversione di prodotto) che è alla base delle soluzioni firmate DolcePack. Il nostro è sempre stato un lavoro in tandem!
Tenendo conto delle specificità dei vostri macchinari, vi rivolgete solo alle grandi aziende oppure anche a quelle medio-piccole?
Potenzialmente a tutte! Il nostro obiettivo è quello di
creare un luogo fisico al quale le aziende più piccole - che non dispongono dello spazio né della forza finanziaria per investire nell’acquisto di un macchinario DolcePack -possano accedere, su prenotazione, per confezionare i loro prodotti. Così facendo, daremmo la possibilità a più imprese del territorio di utilizzare i nostri macchinari, adattandoli di volta in volta alla natura dei loro prodotti (secchi o liquidi), al loro peso e alle dimensioni/volumi degli stessi. Questo tipo di soluzione potrebbe interessare anche ai Comuni nel cui territorio sono insediate delle realta produttive.
Cosa differenzia R-EVOla vostra macchina di punta per il riempimento e la saldatura di buste preformateda quelle più convenzionali?
R-EVO è stata sviluppata sulla base dei limiti che abbiamo riscontrato sulle macchine già esistenti. Rispetto ai macchinari convenzionali, abbiamo ribaltato di novanta gradi la cosiddetta ’giostra operativa’, dando così la possibilità all’operatore posizionato davanti alla macchina di vedere contemporaneamente tutti i passaggi produttivi. Il contenuto innovativo di R-EVO consiste proprio nella visione d’insieme che permette di ottenere! Essa comporta infatti significativi e inediti vantaggi: dalla compattezza del macchinario (l’ingombro al suolo è stato ridotto di circa il 60%), al cambio di formato degli imballaggi (che si può impostare automaticamente in meno di 5 minuti, senza dover smontare e rimontare parte del macchinario); dalla diminuzione del numero di
opertatori necessari al funzionamento e al controllo della macchina, alla riduzione dei tempi di manutenzione. Cosa vi aspettate nel prossimo futuro?
Attraverso agenti commerciali, stiamo lavorando per ampliare la rete di vendita a livello internazionale. Sinora abbiamo puntato soprattutto sul mercato europeo - Svizzera, Italia, Germania, Francia e Grecia - dove stiamo avendo un buon riscontro. I nostri macchinari, per il 90% delle loro componenti, possono essere considerati standard. Il restante 10%, invece, dev’essere personalizzato sulla base del singolo progetto e della tipologia di prodotto che si vuole ottenere. Ciò ne facilita la produzione e ne ottimizza i costi.
Per informazioni:
www.dolcepack.com
www.aitiservizi.ch
simona.galli@aitiservizi.ch
Settembre 2022 TM · 127 Aziende
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Kara Harl, Co-Founder e Managing Director di DolcePack GmbH, con sede a Villa Luganese. Sotto, un macchinario DolcePack.
Norimberga come deterrente
Con la creazione del capo d’accusa di crimine contro l’umanità, il Tribunale Militare Internazionale di Norimberga, oltre ad aver condannato i Nazisti, ha realmente fermato questo crimine?
Con la fine della Seconda guerra mondiale, la popolazione mondiale si ritrova confrontata con le crudeltà commesse dai nazisti. Si decise di creare un Tribunale Militare Internazionale.
Il 20 novembre 1945, sulla base dell’Accordo di Londra dell’8 agosto 1945, iniziano i processi a Norimberga. L’articolo 6 della Costituzione del Tribunale Militare Internazionale recitava 3 crimini: crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro l’umanità; quest’ultimo costituiva una novità giuridica.
I processi intendevano da un lato punire i criminali tedeschi, dall’altro disincentivare le altre nazioni dal commettere crimini contro l’umanità infrangendo la pace che si era venuta a creare.
I processi hanno senso anche nell’ottica di un futuro migliore, per esempio per fare da deterrente di azioni punibili o essere il punto di partenza per la creazione di leggi e convenzioni che regolino i crimini, gli atti e i comportamenti che non si dovrebbero ripetere. A questo proposito l’Assemblea generale delle Nazioni unite istituì un comitato giuridico con l’obiettivo di coniare un crimine che venisse riconosciuto a livello internazionale dagli stati, e che definisse più precisamente una fattispecie che in qualche modo faceva parte dei crimini contro l’umanità. Il comitatò creò la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 9 dicembre 1948, la quale si basava sul lavoro di Raphael
Lemkin, un giurista polacco ebreo che ha coniato e definito per la prima volta il termine ’genocidio’. La risoluzione condannava il genocidio come rifiuto al diritto all’esistenza di un intero gruppo umano che sconvolge la coscienza dell’umanità. Ma dopo i Processi di Norimberga e la creazione del termine genocidio, i crimini contro l’umanità e i genocidi si sono veramenete fermati, o sono stati almeno condannati?
La risposta malauguratamente è no, o perlomeno non tutti. I momenti e i luoghi dove si sarebbe dovuto intervenire proprio in nome di questi diritti sono molteplici. Si possono citare le crudeltà commesse durante la guerra di Corea, i crimini commessi durante il processo di decolonizzazione in Congo, le discriminazioni negli Stati Uniti contro la popolazione di colore, i genocidi in Cambogia e Ruanda. I diritti sanciti in nome di Norimberga e del crimine di genocidio creato in seguito, rimangono per almeno 30 anni inutilizzati. Perché?
Uno dei motivi principali è la Guerra Fredda. A causa delle tensioni tra le più grosse potenze, non si sono mai prese decisioni unanimi su importanti questioni che hanno portato a crimini contro l’umanità e genocidi. Per evitare rischi per la politica interna di diverse nazioni, le decisioni venivano respinte o rinviate per paura di svantaggiare se stessi o avvantaggiare talune potenze. È solo negli anni ’90 che si assiste a un sostanziale mutamento nella storia dei crimini contro l’umanità e crimini di genoci -
dio. Il che è dovuto in parte a un momento di riflessione dopo aver visto le atrocità e gli atti di pulizia etnica durante la guerra nell’ex Jugoslavia. Oltre ai giuristi, anche storici e sociologi iniziano a occuparsi del termine 'genocidio’, che inizia a essere percepito dall’opinione pubblica in maniera diversa: oltre al significato di base della Convenzione, ne riceve uno ulteriore, il quale porta una condanna morale più forte e rimanda al significato di violenza estrema, di massacro, barbarie in nessun modo giustificabili.
Accanto alla creazione di tribunali come quello di Norimberga o di convenzioni come quella per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio - ignorati durante tutto il periodo della Guerra fredda - si fanno spazio però nuovi modelli alternativi per attuare la giustizia ed evitare futuri conflitti. Stiamo parlando di organizzazioni internazionali non governative e di commissioni di verità. Organizzazioni nate anche per riempire un vuoto che i mezzi giuridici creati durante
e dopo Norimberga non sono riusciti a colmare. Il meccanismo puramente retributivo dei tribunali internazionali nel secondo dopoguerra, ogli accanimenti contro le potenze sconfitte come successo alla Germania dopo la Prima guerra mondiale, hanno dimostrato di essere poco produttivi.
In conclusione, si può dire che il mancato intervento delle potenze dovuto alla Guerra fredda, il cambiamento percettivo del termine di genocidio e la nascita di enti diversi dai tribunali, sono un chiaro segno che esiste la necessità di pensare a una strategia diversa da quella giuridica di prevenzione e punizione dei crimini contro l’umanità e del genocidio. Non basta un tribunale o una sentenza per fare da deterrente. Non ci si può basare su un’analisi puramente giuridica e sul solo aiuto del diritto per combattere i crimini contro l’umanità. Questi crimini toccano più ambiti: storico, politico, istituzionale, culturale e sociologico ed è proprio considerando tutti questi ambiti che si possono cercare delle risposte più complete e più funzionali. Il Tribunale di Norimberga può essere comunque guardato sotto una luce positiva. È infatti da Norimberga in poi che ci si avvale di altre soluzioni, come le commissioni di verità o le organizzazioni non governative, nell’intento di creare un futuro migliore.
Per informazioni: www.giovanigiuristi.ch
128 · TM
Settembre 2022 Società
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Miriana Serravalle, membro del Circolo Giovani Giuristi Zurigo.
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Si riaccende la voglia di viaggiare
Nell’estate del 2022 gli svizzeri hanno sicuramente ritrovato il gusto di viaggiare all’estero. Lo dimostra il bilancio estremamente positivo tracciato da Hotelplan Svizzera. Rispetto all’estate del 2021, i volumi di viaggio sono aumentati in modo significativo e hanno addirittura superato le aspettative in luglio e agosto. Il maggior numero di viaggiatori è stato registrato dai fornitori di vacanze al mare Migros Holidays e Hotelplan. A luglio e agosto, il numero di clienti andati in vacanza con loro ha addirittura superato quello del 2019 nello stesso periodo. I cinque Paesi di destinazione preferiti sono stati Grecia - Creta (in foto), Cos e Rodi - Spagna e Cipro, seguiti da Turchia e Italia. “Nelle ultime settimane e mesi abbiamo riscontrato una reale necessità di recupero, soprattutto per le
Il caffè ispira i grandi chef svizzeri
vacanze al mare nel Mediterraneo. Ad oggi, prevediamo un fatturato di circa l’80% per l’esercizio in corso rispetto al 2019”, dichiara Nicole Pfammatter, Ceo di Hotelplan Svizzera, che è già ai blocchi di partenza per la prossima stagione invernale e ha acquistato numerosi contingenti di voli per le più popolari destinazioni di vacanza invernali. “Le prenotazioni per la stagione fredda sono ancora basse. Tuttavia, vogliamo offrire ai nostri clienti vacanze invernali a prezzi interessanti e abbiamo quindi deciso di acquistare per tempo i posti a rischio, ad esempio per Kittilä nella Lapponia finlandese, Hourghada in Egitto, le Maldive e le due isole Canarie, Tenerife e Gran Canaria”, conclude Nicole Pfammatter.
Per informazioni: www.hotelplan.com
Le Nespresso Gourmet
Weeks festeggiano il loro decimo anniversario. Per loccasione, il marchio svizzero rinnova il suo impegno nella gastronomia: più di 40 rinomati chef prepareranno menu creativi armonizzando la diversità di sapori dei caffè Nespresso con i loro piatti. Fino all’11 settembre saranno protagonisti terrazze e stabilimenti di montagna, dal 16 settembre al 9 ottobre la Svizzera francese e il Ticino, infine la Svizzera tedesca dal 21 ottobre al 13 novembre. Sin dalla sua creazione nel 1986 sulle rive del lago di Ginevra, Nespresso si è impegnata a promuovere il know-how e le radici svizzere attraverso i suoi caffè e i suoi numerosi impegni. In Svizzera, l’azienda affianca gli chef attraverso partnership regio-
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nali e una selezione di caffè sviluppati esclusivamente per la gastronomia, oltre alla gamma Origins, che riprende la terra su cui il caffè viene coltivato, le pratiche agricole e la cura che riceve.
Per creare i menu delle Nespresso Gourmet Weeks, gli chef hanno a disposizione la gamma di caffè Nespresso Professional. Al termine del pasto, agli amanti del caffè e della gastronomia verrà servita una selezione di caffè scelti appositamente per l’occasione dagli chef, oltre ai due Exclusive Selections Nepal Lamjung e Kenya Milima, sviluppati esclusivamente per la gastronomia.
Per informazioni: www.nespresso.com
130 · TM Settembre 2022
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