www.ticinomanagement.ch Estero: Ume 10 Euro, Anno XXXIV n. 10 • Ottobre 2022 Regno Unito: Gbp 9,00; Us: Usd 10,00 Svizzera: Fr. 12.Immobiliare Quando lo spazio è solo un altro passo Aziende Decisioni, in tempo reale ma non d’impulso Finanza La trasparenza è già la via maestra L’Europa del tesoro Casa del manifatturiero L’Europa del tesoro Casa del manifatturiero Speciale Vino Meraviglie da assaporare Speciale Vino AziendeImmobiliareFinanza Analisi La spada di Damocle della demografia Analisi Saloni Il fascino ginevrino di gemme e gioielli Saloni
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Federico Introzzi · fintrozzi@eidosmedia.ch
Redazione di Lugano
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Giulio De Biase · gdebiase@eidosmedia.ch
Mirta Francesconi · mfrancesconi@eidosmedia.ch
Federico Introzzi · fintrozzi@eidosmedia.ch
Simona Manzione · smanzione@eidosmedia.ch
Andrea Petrucci · apetrucci@eidosmedia.ch
Eleonora Valli evalli@eidosmedia.ch
Hanno collaborato a questo numero
Ettore Accenti, Giulio De Biase, Stefano Devecchi Bellini, Simone Gianini, Carlo Hildenbrand, David Mülchi, Giorgio Panzera, Stelio Pesciallo, Gianluigi Piazzini
Progetto e coordinamento grafico grafica@eidosmedia.ch
Pubblicità
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Annuo franchi 80.- (9 numeri, 3 bimestrali)
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Chiusura redazionale: 14 ottobre 2022
Fondato nel 1989 da Valerio De Giorgi
Nei due showroom situati nel cuore della città, Salvioni Lugano dà vita a un’esperienza unica, in cui un team di professionisti altamente qualificati vi guiderà attraverso il meglio del design italiano e internazionale. Oltre 2400 mq di esposizione per rispondere a ogni esigenza abitativa con librerie, armadi, letti, imbottiti, cucine e complementi d’arredo. Ecco perché Salvioni Lugano vuol dire design.
ISSN 1664-3798
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Questo numero autunnale vede al suo centro un’analisi puntuale dei principali problemi che stanno al momento avvitandosi intorno al Vecchio Continente. È quella che viene ormai definita ‘fine dell’abbondanza’, ossia il chiudersi di una lunga e felice parentesi, figlia della globalizzazione, in cui era possibile approvvigionarsi di semilavorati, componentistica e materie prime a basso prezzo; tutti fattori che hanno alimentato incessantemente la locomotiva manifatturiera tedesca, e
Le esportazioni e una bilancia delle partite correnti sempre in attivo, quale principale volano della crescita economica, non sono un’invenzione della modernità, ma un mantra tutto europeo da diversi secoli. All’epoca del Re Sole per semplicità lo si definiva ‘mercantilismo’, la massimizzazione dell’export e la minimizzazione dei consumi interni, oggi in Europa la si chiama austerità, o ‘neomercantilismo teutonico’, un modello di sviluppo condiviso anche dalla Svizzera. Ma è quando non è più scontato riuscire ad approvvigionarsi degli input della produzione, a costi ragionevoli,
Allo stesso tempo, hanno preso parte diverse realtà svizzere affermate da ormai diversi decenni, che hanno contribuito a plasmare la topografia di molte città, e a consolidare il successo di un sistema Paese che anche nelle difficoltà continua a distinguersi; altre meno note, ma in cui vengono riposte ora molte speranze per un futuro
Da ultimo, seppur non per importanza, gli eventi noti, e meno noti. Appuntamenti che si sono da poco conclusi, e altri i cui preparativi sono già nella fase più calda, e che saranno dunque presto l’occasione di un nuovo confronto. L’economia, la finanza, l’arte e la cultura sono anche questo.
Federico Introzzi
Editoriale
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EIDOS
sommario ottobre 2022
Cover Story p. 28
L’isola Europa
Per quanto sia solitamente la Cina ad attirarsi molte critiche per il suo, ormai passato, eccesso di export, numeri alla mano è l’Europa la vera Cina del mondo. E questo è perfettamente nella sua tradizione, solo veniva definito mercantilismo.
Opinioni
16 Ettore Accenti. È in una nuova generazione di reattori nucleari che sono riposte molte speranze.
18 Stelio Pesciallo. ‘Congelare patrimoni’ non è così semplice come sembra.
20 Gianluigi Piazzini Cala il livello di sfitto in Ticino? Meno di quanto sembrerebbe per un’anomalia statistica.
22 Christoph Wirtz. I grandi Gruppi conglomerati non vanno più di moda, le aziende l’hanno capito, e sta già iniziando una nuova ondata di dismissioni.
24 Simone Gianini. Problemi di riscossione in Svizzera per le sanzioni stradali estere? Non è semplice impunità.
26 Carlo Hildenbrand (in foto). Qual è il potenziale latente delle start up svizzere? Significativo, forse.
Economia
42 Testimonianze. Anche la caccia gioca un ruolo. Sono oltre 100 i milioni che i privati svizzeri mettono sul piatto. Ma in Spagna?
48 Immobiliare. Si guarda spesso allo spazio quale inutile destinazione di risorse che potrebbero essere meglio impiegate qui. Ma è davvero così, o c’è dell’altro?
Da sinistra, Norman Villamin, Cio Wealth Management di Ubp, Stefano Pistilli, VicePresident di Nippon Express, Ignazio Bonoli, economista svizzero, e Giovanni Rickenbach, responsabile strategia di Pkb.
Osservatorio
75 Sfama. I risultati dell’industria svizzera dei fondi
76 Derivati. Gli indici decrement sgomitano sul mercato, e si ritagliano un ruolo.
78 Strategie . L’azionario svizzero in periodi complessi e volatili è una soluzione.
80 Bond (a lato, Robert Simpson). Nei mercati emergenti c’è ancora del valore.
82 Macro. L’atteggiamento attendista della Bns non deve impensierire, in Svizzera i problemi saranno altri.
85 Energia. Il caro energia, e l’esplosione delle bollette rimane una delle crisi più sottovalutate del momento.
87 Tematici. Quella che si è aperta non è solo l’epoca del metaverso, o delle meraviglie del digitale, ma soprattutto quella di ‘pale e picconi’. Come beneficiarne?
56 Aziende . Il commercio al dettaglio recupera terreno anche in Svizzera, e si prepara all’autunno. Ne parla un colosso del settore, che taglia il traguardo dei 120 anni
60 Ricerca. L’elettronica comanda il mondo, e continua a evolvere. Da
15 anni l’Isea è tra i protagonisti in Svizzera della ricerca applicata.
64 Eventi. Sono già iniziati i preparativi della BiT del 2023.
Finanza
66 Analisi. Alla scoperta dell’economia del Canton Lucerna, che non è solo turismo e il suo enorme indotto come a prima vista potrebbe sembrare, ma ben altro. Ad esempio? Un terzo dei suini svizzeri è qui concentrato; una moltitudine di grandi Gruppi vi hanno sede, oltre a turismo e hotellerie, certo.
10 · TM Ottobre 2022
Ticino quo vadis p. 44
Il Cantone esce da una fase di relativa stabilità e buona crescita, ma il quadro si sta complicando velocemente. Quali saranno le nuove sfide?
A lato, Sara Carnazzi Weber, responsabile analisi politico economica di Credit Suisse.
Dietro ai numeri
La nuova frontiera della contabilità e dei software di gestione aziendale è l’autonomous life accounting, ma cosa significa? A lato, Claudio Hintermann, Ceo di Abacus Research.
p. 52
Aprirsi con fiducia
Una giovane realtà del territorio, specializzata nella Gestione, sta facendo infine il grande passo, aprendosi, dopo anni di attenta preparazione. A lato, Arnoldo Valsangiacomo, Ceo di Phosphor Am.
p. 68
72 Sostenibile . Al Simposio svizzero delle fondazioni si tracciano le nuove rotte che il settore della filantropia percorrerà in futuro.
84 Analisi . Fare a meno dell’Asia nella lotta ai cambiamenti climatici è sicuramente impossibile. Dunque, cosa bisogna e si può fare?
86 Azionario. Buone nuove giungono da Wall Street, cosa sta alla base dell’andamento dello S&P500?
La pelletteria di uno dei grandi attori del settore cambia corso, ma quale sarà la nuova direzione del comparto? A lato, Marco Tomasetta, direttore artistico di Montblanc international.
p. 90
Speciale Vino da p. 102
Non solo Merlot. Le particolarità di un settore di grande tradizione pronto a cogliere le nuove tendenze.
A lato, Andrea Conconi, direttore di TicinoWine.
Turismo p. 117
Alla scoperta della Svizzera enologica, dalle sue terrazze vignate alle cantine. Sotto, la regione vodese del Lavaux, patrimonio Unesco.
Arte e Cultura
88 Saloni . Fervono i preparativi a Ginevra della nuova edizione del Salone mondiale di gemmologia e alta gioielleria. Tante le novità, di un appuntamento iniziato nel 2018.
94 Fotografia. Il territorio è il vero protagonista di un ricco e inedito racconto per immagini, racchiuso negli archivi di enti e fotografi.
Rubriche
12
98
124
126
Ottobre 2022 TM · 11
Appuntamenti
Lac
Auto
Business
Il design non è acqua
Milano
Max Ernst
Oltre 400 opere tra dipinti, sculture, disegni, collage, fotografie, gioielli e libri illustrati provenienti da musei, fondazioni e collezioni private, in Italia e all’estero, per la prima retrospettiva dedicata a Max Ernst (1891-1976) in Italia, organizzata da Palazzo Reale, a Milano. Pictor doctus, profondo conoscitore e visionario interprete della storia dell’arte, della filosofia, della scienza e dell’alchimia, con la vastità di temi e sperimentazioni della sua opera abbraccia settant’anni di storia del Novecento, tra Europa e Stati Uniti (tedesco, naturalizzato poi americano e francese).
Nelle sale di Palazzo Reale viene squadernato il suo immenso inventario iconografico, un’irripetibile, magica, estraniante, colta, stimolante Wunderkammer: erbari, insetti, chimere, disegni anatomici, storie naturali, foreste di pietra, animali, fiumi antropomorfi e forme zoomorfe, mappe stellari, geometrie, uccelli, oltre ad autentici capolavori che resteranno per sempre nella storia dell’arte.
Un avvincente itinerario ne ripercorre l’avventurosa parabola creativa, segnata dai grandi avvenimenti storici del XX secolo e costellata di amori straordinari, nonché di amicizie illustri.
Un’ampia, ideale biblioteca, quella dell’artista, fatta di libri illustrati, manuali per lo studio, fotografie, oggetti e documenti, si snoda attraverso tutto il percorso della mostra, invitando i visitatori ad attivarsi in giochi di rimandi e corrispondenze tra le fonti d’ispirazione e le opere stesse.
Palazzo Reale
Ma-Do, 10-19.30; Gi, 10-22.30 Fino al 26 febbraio 2023
Riehen (Basilea)
Mostra dell’anniversario
La Fondazione Beyeler continua a celebrare il suo 25esimo anniversario regandosi questa volta la più completa esposizione di opere della sua collezione. Occupando quasi tutto lo spazio espositivo del museo, presenta circa cento pezzi, tra cui opere iconiche dell’arte moderna e nuove acquisizioni artistiche. Grandi opere di van Gogh, Monet, Cézanne, Henri Rousseau, Picasso, Matisse, Alberto Giacometti, Rothko, Andy Warhol e Louise Bourgeois accostate a creazioni contemporanee di Marlene
12 · TM Ottobre 2022
appuntamenti di Mirta Francesconi
©
©
Sopra, Max Ernst, Pietà o La rivoluzione la notte, 1923, olio su tela, 116,2 x 88,9 cm, Tate, acquisito nel 1981. Sotto, Henry Rousseau, Il leone affamato si getta sull’antilope, 1898-1905, olio su tela, 200 x 301 cm.
© Tate, London, 2022
Max Ernst by Siae 2022
Fondation Beyeler, Riehen/Basilea, Collection Beyeler, Photo: Robert Bayer, Basilea
In esposizione al Museo nazionale di Zurigo: Velázquez e bottega, L’arciduchessa Maria Anna, regina di Spagna, 1652-1653, olio su tela, Kunsthistorisches Museum Wien, Gemäldegalerie.
Dumas, Anselm Kiefer, Roni Horn, Felix Gonzalez-Torres, Tacita Dean e Rachel Whiteread. La mostra offre una rara opportunità di esplorare a fondo la qualità della collezione della Fondazione Beyeler, ulteriormente arricchita da alcune sculture iperrealistiche dell’artista americano
Duane Hanson: una “mostra nella mostra” che apre prospettive sorprendenti sulle opere d’arte, sull’architettura e sulle persone presenti nel museo.
Fondazione Beyeler
Lu-Do, 10-18; Me, 10:20
Dal 30 ottobre all’8 gennaio 2023
Zurigo Barocco. Epoca di contrasti
Nella maggior parte delle persone il termine ‘barocco’ evoca immagini di magnifiche chiese, capolavori dell’arte e monarchi stravaganti che vivevano in sontuosi palazzi. Ma quest’epoca che copre quasi due secoli, dal 1580 al 1780, conobbe estremi contrasti fra opulenza, morte e crisi. Alla magnificenza e agli eccessi, infatti, si contrapponevano le lunghe guerre di religione, la colonizzazione e la miseria. In questo mare di contrasti, la scienza e la cultura si sono evolute rapidamente, plasmando un mondo sempre più interconnesso e globalizzato.
La grande mostra autunnale allestita al Museo nazionale Zurigo punta i riflettori su quest’epoca affascinante, rivelando il ruolo attivo avuto anche dalla Confederazione e la sua capacità di fornire in molte occasioni un contributo rilevante, aprendo la strada a nuove idee e innovazioni. Basti ricordare architetti svizzeri come il ticinese Francesco Borromini, che hanno contribuito a diffondere lo stile barocco realizzando importanti edifici in tutta Europa. Splendidi oggetti dell’architettura, della cultura del giardino, della moda e dell’arte barocca mostrano l’opulenza e la bellezza dell’epoca, senza però perdere di vista il loro contesto storico. Museo nazionale di Zurigo
Ma-Do, 10-17;
Gi, 10-19
Fino al 15 gennaio 2023
Ascona
Louise Nevelson
Assembling Thoughts
Tra le massime rappresentanti della scultura del XX secolo, Louise Nevelson (1899-1988) si distingue per un’opera che, muovendo dal linguaggio cubista, sviluppa esiti personalissimi: artista, ecologista ante litteram, capace di lottare con orgoglio per la propria femminilità. Questa organizzata dal Museo Comunale di Ascona, in collaborazione con la Fondazione Marconi di Milano, è la prima
grande antologica di Louise Nevelson mai realizzata in Svizzera, curata da Mara Folini e da Allegra Ravizza. Presenta oltre ottanta opere tra disegni, collage e sculture che ripercorrono la poetica dell’artista naturalizzata americana, ma ucraina di nascita, a cui si aggiunge una sezione con materiale storico, documentaristico e didattico per far comprendere l’evoluzione del suo pensiero creativo.
Già i primi lavori attestano quanto il movimento sarà centrale nella sua interpretazione del linguaggio cubista, che
Ottobre 2022 TM · 13
© Foto: Khm-Museumsverband
deriva anche dalla sua esperienza della danza ‘olistica’ con la celebre ballerina e coreografa americana Martha Graham. La peculiare interpretazione della scomposizione cubista è significativamente esercitata dalla Nevelson proprio grazie all’infinita libertà espressiva e combinatoria che questa tecnica le offre per esprimere la sua immaginazione creativa.
A partire dagli anni ’50, il suo linguaggio si radicalizza nella plasticità monumentale delle sue iconiche sculture nere, ‘colore’ di cui fa un uso simbolico e purificante, dipingendovi ogni parte delle migliaia di frammenti di legno diversamente accostati, collocati in scatole anch’esse di legno, secondo un ordine sia casuale che geometrico. Il percorso espositivo entra quindi nel suo nucleo più vitale e intimo, ovvero i Collages realizzati nel corso di tutta la carriera, custoditi e mai esposti.
Testimoniano il suo vasto orizzonte artistico perfettamente al corrente dei risultati astratti delle avanguardie storiche, rappresentando anche il suo linguaggio distintivo all’insegna della piena libertà espressiva e compositiva.
Museo Comunale di Ascona
Ma-Sa, 10-12 / 14-17;
Do e festivi, 10.30-12.30 e 14-16
Fino all’8 gennaio 2023
Bellinzona
Pietro Sarto
Metamorfosi infinite
Il Museo Villa dei Cedri rende omaggio all’artista svizzero Pietro Sarto, ticinese di nascita (1930) e attivo nel Canton Vaud da oltre sessant’anni. La sua opera si distingue per un’espressione artistica originale, che emerge nel contesto del Secondo dopoguerra in Francia e si sviluppa a contatto con la scena artistica elvetica. Un’ottantina di incisioni e una quindicina di dipinti di Pietro Sarto offrono una panoramica della sua produzione artistica, dalla fine degli anni Cinquanta ad oggi.
Seguendo le appassionate indagini dell’artista sul colore inciso e sull’interazione tra le diverse tecniche, la mostra svela i processi artistici e gli ‘itinerari segreti’ che lo portano dalle tele dipinte alle immagini stampate su carta, e viceversa. Incallito sperimentatore, Sarto si esprime altrettanto liberamente con la pittura ad olio - di cui prepara la maggior parte dei colori mescolando pigmenti e leganti -, che con l’incisione, cercando di svelare tutti gli aspetti dei suoi soggetti, dalla loro forza espressiva alla loro portata simbolica. Avido lettore, Sarto si appassiona non solo a trattati sulla prospettiva, manuali tecnici e testi storici, ma anche a romanzi, opere
A sinistra, Louise Nevelson, Senza titolo, 1973-1978, cartoncino, pittura spray e carta su tavola, 100,7 x 81 x 1,3 cm, Collezione privata, Courtesy Fondazione Marconi, Milano.
A destra, Pietro Sarto, Cielo d’estate, 1998, acquatinta, acquaforte, grattage, brunitoio, punta secca, bulino e fotoincisione su carta velina Lana, 292 x 230 cm.
teatrali e saggi filosofici. I temi letterari, quali l’Inferno di Dante, il Chant de notre Rhòne di Charles-Ferdinand Ramuz, o le poesie di Rilke, integrati apertamente nelle sue opere, offrono degli spunti di riflessione sul rapporto tra arte e letteratura. Inoltre, quale esperto conoscitore della storia della stampa, s’impegna a creare, insieme ai suoi amici dell’Atelier di Saint-Prex, dei dialoghi con il mondo della fotografia, ricorrendo alle tecniche usate dai pionieri di questo processo. In particolare, grazie al perfezionamento della tecnica della fotoincisione, realizza delle stampe a colori particolarmente atte a rispecchiare le sue esigenze di pittore. Museo Villa dei Cedri Me-Gi, 14-18; Ve-Do, festivi, 10-18 Fino al 29 gennaio 2023
14 · TM Ottobre 2022
© 2022, ProLitteris, Zurich © Musée Jenish Vevey -Cabinet Cantonal estampes © Pietro Sarto
Salite a bordo della Business Class di Audi
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L’atomo ritrovato
Compensare le temporanee macanze delle rinnovabili, non è cosa semplice, come hanno scoperto in California. Fortuna che qualcuno sta anche lavorando a quell’eventualità.
Il cronoprogramma
Il primo impianto della TerraPower (a lato, Chris Levesque, il Ceo), dovrebbe essere operativo tra sette anni, in linea con il programma Ardp statunitense imposto dal Congresso. Sette anni dall’aprile 2021 e si concluderanno nel 2028 con la messa in funzione del Natrium (sotto, in rendering) in una sede nel Wyoming dove sostituirà la parte attiva di una centrale a carbone:
- 2021: Inizio del progetto e scelta del sito;
- 2023: Domanda di permesso di costruzione nucleare al Nrc;
- 2024: Inizio dei primi lavori di costruzione della parte non nucleare;
- 2025: Inizio costruzione dell’isola nucleare;
- 2026: Domanda della licenza operativa al Nrc;
- 2028: Completamento dell’impianto e messa in rete dell’energia elettrica prodotta.
Peccato però che non figurino realtà europee nel progetto, a parte Credit Suisse per la raccolta dei finanziamenti!
Ettore Accenti, esperto di tecnologia. Blog: http://bit.ly/1qZ9SeK
A lato, lo schema della nuova generazione di reattori atomici veloci raffreddati a sodio metallico prodotti dalla statunitense TerraPower.
Ci volevano tutte le crisi recenti e l’incredibile aumento delle bollette perché la Politica capisse che la transizione ecologica non può verificarsi, né ora né mai, con le sole variabilissime rinnovabili.
Ci volevano fiumi di parole e stormi di geni per comprendere che qualsiasi rete elettrica non può alimentare un intero Paese accumulando enormi quantità di energia per compensarne la variabilità e questo per motivi tecnici ed economici.
Ci volevano le interessate parole di un Bill Gates, il grande sostenitore delle energie pulite fin dall’inizio di questo millennio, per divulgare l’idea che l’energia atomica sia la principale (o unica) possibilità per un futuro privo di Co2 congiuntamente a eolico e solare.
Ci sarebbe bastato uno studente di elettrotecnica del corso di centrali elettriche per spiegare a tanti soloni da decenni che l’equilibrio di una rete elettrica richiede che fornitura e consumo siano sempre in equilibrio per evitare i blackout.
C’è voluto il recente blackout in California, lo stato con la più alta concentrazione di energia solare ed eolica, per comprendere che non si potesse soddisfare una troppo importante domanda serale.
Ed ecco che tra le tante assurdità tecniche dei ben pensanti poco informati si pensa di risolvere il problema della variabilità con accumulatori tipo auto elettrica,
16 · TM Ottobre 2022
opinioni / l’esperto di tecnologia
idrogeno e chi più ne ha più ne metta. E no, cari lettori, l’energia è un argomento di vitale importanza e di una elevata complessità, non ci si può fantasticare.
Quando si parla dell’energia elettrica che alimenta una nazione si tratta di centinaia o di migliaia di terawattora, dove uno equivale a un miliardo di kilowattora e quindi non esiste possibilità umana per accumulare energie di questo ordine di grandezza per ‘sopperire’ a luce o vento.
Perciò, volendo aumentare la porzione variabile di energia da immettere in una rete, bisogna disporre di un’altra fonte che copra la parte fissa, o di base, che una nazione utilizza durante tutto l’anno.
Per questo motivo da qualche tempo si riscopre la necessità di coprire questa parte importante di energia con il nucleare che non produce Co2, eliminando nel frattempo le centrali termiche a carbone, gas e petrolio che oggi compiono quella funzione di base, inquinando molto.
Quanto tempo ci vorrà per questo passaggio nessuno può dirlo oggi, ma una cosa è certa, il furbastro Bill Gates l’ha capita e con una sterzata di centottanta gradi finanzia e presiede la TerraPower, una società Usa che sta sviluppando il Natrium Reactor, una nuova versione economica e sicura di centrale atomica a fissione che, coprendo in futuro la base della domanda di energia di una nazione, compenserà la variabilità delle energie rinnovabili in meno tempo e a costi inferiori delle centrali atomiche tradizionali.
A TerraPower, cui Credit Suisse agisce come agente di collocamento esclusivo, partecipano la Sk Group della Corea del Sud e il Governo statunitense e utilizza scambi tecnologici con la Ge-Hitachi. Il Doe, Advanced Reactor Demonstration Program dell’Ardp, ha autorizzato finanziamenti fino a due miliardi di dollari per il Natrium e TerraPower abbinerà questo investimento dollaro per dollaro con gli interessati investitori privati.
Che cosa è il Natrium Reactor? Si tratta di un reattore veloce al sodio da 345 Megawatt con un picco a 500, accoppiato con un sistema di accumulo integrato a base di sale fuso per fornire energia pulita e flessibile per ottimizzare la stabilità delle reti elettriche in grado di operare per 60 anni senza la necessità di sostituire alcun tipo di combustibile.
Il Natrium utilizza combustibile che non richiede un ritrattamento nucleare eliminando la necessità di arricchire l’ura-
nio. Tutto avviene all’interno del reattore dove si convertono i nuclei di uranio 238 in nuclei di plutonio, elemento altamente fissile. In questo modo si ottiene un ciclo del combustibile chiuso senza il costo e il rischio di proliferazione degli impianti di arricchimento che potrebbero dar origine ad armamenti nucleari.
La quantità inizialmente impiegata di combustibile alimenta la centrale per molti decenni e a fine vita il reattore può essere sotterrato con le sue poche scorie finali evitandone il trasporto in altri siti come avviene nelle centrali attuali.
Negli Stati Uniti si prevede che per il 2030 si debbano alimentare diverse centrali di questo tipo prodotte in serie e che per quella data occorrerà disporre di almeno 600 tonnellate di questo combustibile, quantità che richiederà un notevole piano industriale per essere prodotto dalle scorie attualmente esistenti.
Il Natrium Reactor differisce sostanzialmente dagli impianti tradizionali an-
Sopra, uno dei laboratori di TerraPower, e il mix energetico americano. La decisione di Obama di abbandonare il carbone ha spinto il consumo di gas e petrolio, ferme al palo le rinnovabili, nonostante tutto.
che per un più modesto impatto in termini di area occupata, di velocità per costruirlo e di un minor costo complessivo.
Inoltre, utilizzando il sodio metallico liquido come refrigerante a 300 gradi e funzionante a pressione atmosferica, si riduce di molto la struttura per la sicurezza rispetto agli impianti che utilizzano acqua ad alta pressione e che richiedono un’architettura molto più complessa per contenere efficacemente l’impianto.
Il calore del reattore immagazzinato nei serbatoi di sale fuso permette poi una perfetta integrazione con le energie variabili compensando i picchi della domanda cui è solitamente confrontata la rete elettrica.
Ottobre 2022 TM · 17
Fonte: Springer 45 30 15 0 1950 1960 1970 1980 1990 2000 Petrolio
2010
Consumo di energia negli Usa Dati in quadriliardi di Btu per fonte
Gas naturale Carbone Nucleare Rinnovabili
Bloccati e liberati
Mentre il Governo congela patrimoni oggetto delle sanzioni contro la Russia, il Tribunale penale federale sblocca averi di ‘oligarchi’ oggetto di domanda di assistenza penale dalla Russia.
Con l’adozione delle sanzioni emanate dall’Unione europea contro la Federazione Russa e cittadini considerati ‘vicini’ al suo Governo, in Svizzera sono stati bloccati patrimoni superiori a 6 miliardi di franchi appartenenti a quasi mille tra persone fisiche e giuridiche. Cifra ragguardevole, di cui il nostro Governo si è fatto vanto, se raffrontate a quelle che riguardano gli Stati Uniti, nei quali i patrimoni sequestrati sarebbero intorno al miliardo di dollari. Il che solleva più di un interrogativo se si considera che il sistema societario e finanziario americano è particolarmente aperto ad accogliere senza difficoltà e particolari indagini patrimoni provenienti dall’estero. La scelta di sanzionare solo una parte dei nominativi contenuti nelle liste dell’Ue, sembra dunque indicativa degli interessi economici e politici perseguiti dagli americani.
La base legale su cui poggiano le sanzioni emanate dal Governo svizzero è la Legge federale sull’applicazione di sanzioni internazionali, in base alla quale la Confederazione ‘può’ disporre misure coercitive emanate dall’Onu, dall’Ocse o dai suoi principali partner commerciali. Ritenuto come né l’Onu né l’Ocse abbiano emanato sanzioni, esclusa sarebbe la possibilità di adottare sanzioni emanate dall’Ue, ritenuto che il riferimento ai ‘partner commerciali’ sembra relativo all’ambito del commercio internazionale, il che non è il caso presente. Nemmeno la riserva fatta nella legge all’art 184 cpv 3 della Costituzione federale dovrebbe essere una base legale entrante in linea di conto, in quanto statuisce la possibilità di adottare ordinanze o decisioni “quando la tutela degli interessi del Paese lo richiede”: non si vede in che misura il bocco di avere di
cittadini russi possa salvaguardare i nostri interessi, a meno di volere estendere oltre ogni limite la portata di questa norma la cui applicazione non deve vanificare l’altro dettato costituzionale della garanzia della proprietà e della libertà economica. La legge elvetica non permette a maggior ragione una ricerca attiva di patrimoni riferiti a cittadini o entità russe sotto forma di ‘fishing expedition’ come richiesto a gran voce da una certa parte della politica.
Se già quindi il sequestro di questi averi non dovrebbe essere sostenuto da una base legale venendo per giunta a costituire una grave limitazione del diritto di proprietà, la citata legge neanche dovrebbe potere essere sufficiente per confiscare gli stessi come richiesto sempre a gran voce dagli stessi ambienti politici. In linea di conto entrerebbe unicamente l’art 13 che dispone la confiscabilità degli oggetti sequestrati solo qualora “non è garantito che saranno ulteriormente utilizzati conformemente al diritto”. Questa clausola riguarda di principio solo oggetti pericolosi per il pubblico sulla base della Legge sul controllo delle merci, nella cui definizione non rientrano per loro natura patrimoni su conti bancari o beni immobili.
Diversa sarebbe la posizione di beni sequestrati sulla base della Legge federale sul riciclaggio; quest’ultima richiede però che a monte vi sia un crimine: ora non si può certo affermare che ogni persona, solo per il fatto di essere ritenuta ‘vicina’ a Putin , sia da considerare criminale.
Esiste a questo proposito un precedente. Dopo la caduta in Egitto dell’allora presidente Mubarak, la Svizzera aveva sequestrato nell’ambito di un procedimento penale aperto contro persone ritenute vicine al deposto presidente 600 milioni di franchi. Questa somma ha dovuto es-
sere quasi del tutto liberata nell’aprile di quest’anno per mancanza di prove sufficienti a sostenere le ipotesi iniziali. L’immobilizzazione aveva avuto luogo sulla base della Legge federale sul blocco e la restituzione dei valori patrimoniali accumulati illecitamente da persone politicamente esposte all’estero. Legge che non è però applicabile agli averi russi, da un lato in quanto il Governo attualmente legalmente in carica è quello contro il quale sono state adottate le sanzioni e dall’altro lato deve essere provato caso per caso che i patrimoni attualmente sequestrati siano effettivamente di provenienza illecita.
Nei rapporti con la Russia il nostro Governo, per il tramite dell’Ufficio federale di polizia, aveva deciso lo scorso marzo di non dare più seguito a domande di assistenza internazionale provenienti dalla Russia, motivando la decisione con l’assenza dei requisiti di rispetto del diritto umanitario e internazionale. Proprio in ossequio a questa decisione il Tribunale penale federale, sempre a marzo, ha respinto la domanda di assistenza avanzata dal Ministero pubblico russo nei confronti di ‘oligarchi’ accusati di essersi appropriati di 1,4 miliardi di dollari di pertinenza della banca da loro fondata e di averli spostati all’estero.
In contemporanea con questa decisione veniva disposta la liberazione della somma in loro favore. Singolare decisione, che difficilmente si sposa con il blocco mantenuto sugli averi di altri ‘oligarchi’ e che lascia aperti più interrogativi sulla sua costituzionalità e aderenza al dettato dell’uguaglianza di trattamento.
Stelio Pesciallo, avvocato e notaio presso lo Studio 1896, Lugano.
opinioni / il consulente legale 18 · TM Ottobre 2022
Inflazione ai massimi? Gestione ottimale in fasi di mercati turbolenti.
Gli elevati tassi d’inflazione sono fonte di profonde preoccupazioni per gli investitori. La buona notizia è che probabilmente l’inflazione raggiungerà presto il suo massimo. Tuttavia rimane la volatilità dei mercati. Come possono reagire a questa situazione gli investitori?
La questione se gli attuali tassi d’inflazione siano di natura temporanea o se rappresentino un punto di svolta strutturale è causa di apprensione anche per gli investitori facoltosi. Nella prima metà del 2022 una serie di fattori ha determinato un peggioramento del sentiment di mercato: da un lato, la crescita globale ha subito un forte rallentamento, soprattutto a causa del conflitto tra Russia e Ucraina e dei lockdown in Cina.
Dall’altro lato, l’aumento dei prezzi dell’energia e l’acuirsi dei problemi delle catene di fornitura hanno aumentato ulteriormente la pressione sui prezzi. Di conseguenza, i tassi annuali d’inflazione hanno raggiunto livelli record in tutte le principali economie. Tuttavia, secondo gli analisti di Credit Suisse, l’inflazione si sta avvicinando al suo picco massimo. I prezzi rimarranno probabilmente elevati, ma il tasso di variazione dei prezzi non dovrebbe più proseguire alla stessa velocità. Entro il 2023 si prevede che l’inflazione torni a diminuire.
Continua la volatilità sui mercati
L’aumento della volatilità che ha caratterizzato i mercati globali nel corso dell’anno trascorso finora non accenna a diminuire. Non solo il persistere dell’inflazione, ma anche la crescita economica, l’inasprimento della politica monetaria e la situazione geopolitica continuano a causare preoccupazioni agli investitori. Ciò si riflette nella deludente performance registrata da diverse importanti classi di investimento dall’inizio dell’anno.
Se nel terzo trimestre la Cina riaprirà la sua economia manifatturiera sarà probabile una ripresa della produzione industriale globale, ma anche questo potrebbe fornire solo un sollievo ridotto. La crescita globale sottostante per i beni è destinata a indebolirsi a causa dello spostamento verso i servizi, dell’aumento dei costi dell’energia e dell’inasprimento delle condizioni di finanziamento. Il settore dei servizi, invece, sarà ulteriormente stimolato dalla buona situazione del mercato del lavoro e dai risparmi in eccesso delle economie domestiche.
Adattare la strategia di investimento
La crescente inflazione influisce sia sui mercati azionari che su quelli obbligazionari, rendendo difficile la tradizionale diversificazione tra azioni e obbligazioni. La volatilità di mercato continua a essere elevata e il prossimo futuro potrebbe riservare ulteriori forti oscillazioni, sia al rialzo che al ribasso. A causa degli elevati tassi d’inflazione l’uscita dai mercati finanziari e la detenzione di mezzi liquidi attualmente comporterebbero una sicura perdita di potere di acquisto. Le vendite indotte dal panico durante l’attuale punto di minimo del mercato non sono pertanto raccomandabili.
Una strategia per gestire la volatilità elevata consiste nel diversificare gli investimenti oltre alle azioni e alle obbligazioni. Gli investimenti alternativi come il private equity, gli hedge fund e le materie prime quest’anno hanno mostrato una tenuta notevolmente migliore rispetto alle azioni e alle obbligazioni. Nella misura in cui tali classi di investimento siano adatte a essere inserite nei portafogli, possono ridurre il rischio complessivo e aumentare il potenziale di rendimento.
In un periodo di crescente incertezza, è spesso utile una prospettiva a lungo termine. Gli approcci d’investimento tematici come i Supertrend di Credit Suisse recentemente aggiornati offrono un valido orientamento per quanto riguarda le opportunità di investimento a lungo termine.
Avete domande su questo argomento?
I tassi dell’inflazione complessiva e di fondo sono aumentati a livelli record
Fonte: OCSE
Ultimo aggiornamento: maggio 2022
Una certa inflazione è auspicabile
Oggi la maggior parte delle banche centrali definisce la stabilità dei prezzi come un tasso di inflazione superiore allo 0%. Infatti un’inflazione leggermente positiva, pari a circa il 2%, offre un certo margine di sicurezza contro la deflazione. Se le persone si aspettano che i prezzi aumentino costantemente, investiranno e consumeranno maggiormente. Penseranno infatti di dover pagare di più in futuro. Questo contesto ravviva l’economia. La deflazione, invece, ha un effetto opposto.
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La volatilità dei mercati contribuisce a determinare le prestazioni deludenti di molti investimenti
Rendimento complessivo annuo degli indici in % (in caso di reinvestimento di utili o dividendi) in USD; gli indici non sono soggetti a commissioni
Fonte: BlackRock, Refinitiv, Credit Suisse Ultimo aggiornamento: giugno 2022
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*in base al risultato dell’Euromoney and Wealth Management Survey 2021 e 2022.
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una chiamata.
Si torna sotto i settemila
Dopo nove anni, primo calo dello sfitto in Ticino, gonfiato però da qualche anomalia statistica. Il trend dovrà protrarsi sul medio termine per rientrare in un mercato in equilibrio.
Superato il crinale, è iniziata la discesa. A giugno 2021, gli alloggi non occupati in Ticino superavano di poco le 7.000 unità, mentre quest’anno sono ufficialmente 6.622. Una diminuzione circa del 10%, inferiore però a quella registrata a livello federale, ferma al 14%. È comunque pur sempre significativa, anche se alimentata in parte da profughi ucraini, in parte dalla migrazione di qualità, come quei frontalieri che dopo attenta ponderazione scelgono di rientrare solo per il fine settimana. Si aggiunga qualche confederato che ha deciso di svernare stabilmente qui. Di sicuro non per il saldo naturale fra nascite e decessi, che purtroppo ci vede sempre in territorio negativo.
Corre a questo punto l’obbligo di due precisazioni di una certa rilevanza. La prima: non tutti i proprietari di immobili a reddito rispondono al formulario inviato dall’Ufficio cantonale di statistica. Vuoi perché poco diligenti - è pur sempre un carico burocratico - vuoi perché non raggiunti dall’istanza incaricata del censimento. Del resto, per dottrina è riconosciuto uno scostamento del 10%15% fra il censito e la disponibilità reale. Mal che vada si naviga in realtà ancora attorno alle settemila unità in gran parte nei tessuti urbani.
La seconda considerazione è che per calcolare il tasso di abitazioni sfitte si rapporta il vuoto alla totalità delle unità abitative, 251.215 a inizio 2022, senza però distinguere fra locazione e uso proprio come prima o seconda residenza. Solo quest’ultima destinazione rappresenterebbe già quasi 45mila unità, alle quali andrebbero ovviamente aggiunte quelle occupate dai proprietari stessi come residenza principale. Ne risulta che sono
solo 150mila unità quelle destinate alla locazione, le sole che dovrebbero interessare chi si occupa delle dinamiche di questo specifico comparto. Ma è un’anomalia federale. In cantoni-città come Zurigo o Ginevra, ambedue sotto l’1% di sfitto, l’incidenza delle seconde residenze è talmente modesta che si può veramente considerarli con penuria di appartamenti accessibili. In Ticino questa precisazione gioca invece al contrario. Infatti se si utilizzasse la base del disponibile il tasso di sfitto, stimato attorno al 2,5%, sarebbe ovviamente superiore. Ma a parte questa considerazione si prenda perlomeno atto che si sta rientrando, anche se resta pur sempre aperta l’angolatura.
Torneremo alla normalità in pochi anni oppure dovremo armarci di pazienza? La presenza degli istituzionali che si sta diradando, l’aumento del costo della produzione e di quello del denaro che rendono la piattaforma decisionale vacillante e lo sfitto che resta pur sempre sostanzioso suggeriscono che a medio termine il rientro sarà più consistente, a condizione ovviamente che il paese rimanga attrattivo.
Sul corto termine c’è invece da attendersi piuttosto una diminuzione modesta. Questa convinzione si basa su un recente rilevamento della Catef che ha contato in ben 1.172 appartamenti ancora in costruzione nella sola zona intensiva, ragion per cui aggiungendo qualche palazzina o monofamiliare in zone semi-intensive che non si sono volutamente censite, si stima che verranno immesse a breve sul mercato circa 1.500-1.600 unità abitative, sufficienti per coprire un fabbisogno di circa tremila anime. Dopo aver appurato il grado di rispondenza del mercato a questa offerta ormai quasi a tetto sarà quindi possibile focalizzare l’arco tempo-
rale necessario a rientrare in un mercato in equilibrio. In tutti i casi ci vorrà qualche anno. Per il momento ci si può accontentare dal fatto che vi sono appartamenti per tutti gusti e alla portata di tutti, anche per color che percepiscono aiuti da parte della comunità.
Ritornando al rilevamento della Catef, limitato come detto a immobili a più piani, ha permesso di verificare che il fermento produttivo ha perso molto slancio. Meno cantieri aperti o potenziali, quindi meno volumi. Ciò si tradurrà però in una contrazione delle commesse per l’edilizia, settore fra i più importanti dell’economia regionale. Si potrebbe prospettare una parziale compensazione grazie al rinnovo e alla riqualifica degli stabili, resi però impegnativi dalle norme edilizie orientate prevalentemente alla nuova produzione, dalla vetustà di una parte del patrimonio messo a reddito, dalla complessità d’intervento e dalla resistenza dell’utenza stessa. Magari prima critica e rivendicativa ma poi scettica nei confronti di un intervento incisivo. Un intervento sostanziale richiede inoltre tempo e pazienza, mezzi finanziari importanti e soprattutto una consulenza maggiormente orientata ai proprietari di palazzi messi in locazione.
È un’offerta latente degna di grande interesse, ma che richiederebbe un gioco di squadra da parte di tutti gli enti interessati, orientato al pragmatismo ed alle soluzioni fattibili. In gioco c’è anche il recupero del datato che si trova oggi nel tessuto pregiato o nella corona urbana. Le premesse ci sarebbero tutte...
20 · TM Ottobre 2022
Gianluigi Piazzini, Presidente della Camera ticinese dell’economia fondiaria (Catef).
economia/ l’esperto di immobiliare
La fine dei dinosauri
Christoph Wirtz, analista azionario e portfolio manager di Rothschild&Co Wealth Management. A lato, la sorprendente performance di Alcon, frutto della sua deconglamerazione dal Gruppo Novartis.
di un total shareholder return del 23% l’anno, fino all’inizio dei Duemila.
Ecco Novartis tagliare un posto di lavoro su dieci in Svizzera. Come motivo il Ceo, Vas Narasimhan, ha citato la scorsa estate la “struttura conglomerata” del Gruppo, che gli impedisce di esprimere a pieno il proprio potenziale. Nel 2000, quattro anni dopo la fusione di Geigy con Sandoz per formare Novartis, il Gruppo creò divisioni farmaceutiche indipendenti sotto il suo ombrello. Ora la divisione generici Sandoz dovrebbe essere venduta. In futuro, la società intende riportare l’attenzione sul settore farmaceutico.
Novartis non è però la sola. Anche General Electric (Ge), e Toshiba in futuro intedono concentrarsi sempre più sul loro modello di business originale. Aziende come Otis Elevators, Carrier e Raytheon (ex United Technologies) lo hanno già fatto tempo fa. Il cambiamento di direzione verso la de-conglomerazione o la rifocalizzazione è un trend attuale che si manifesta non solo nella dismissione di unità che non si armonizzano con il core business, ma soprattutto nell’inversione
delle decisioni sbagliate in relazione alle acquisizioni aziendali effettuate. Sobria diversificazione. Il punto cruciale è che ai tempi in cui le aziende puntano sulla diversificazione e sull’integrazione verticale delle aree di business, seguono altri in cui mirano alla focalizzazione.
Negli anni Novanta l’espansione delle aziende in conglomerati era ancora in voga, con performance azionarie in alcuni casi superiori al 20%. Questo dopo che il loro core business aveva riscosso ampio successo per molto tempo. Le strategie di espansione erano finalizzate all’aggiunta di nuove aree a rapida crescita. Le dimensioni e il potere di mercato di tali aziende, insieme all’utilizzo di sinergie, promettevano risultati superiori ai precedenti. In genere, le acquisizioni di aziende in altri settori erano fortemente legate a manager carismatici, come il Ceo di Novartis Daniel Vasella o Jack Welch di Ge e prospettavano tassi di crescita più elevati, una migliore redditività e flussi di cassa più stabili, grazie alla diversificazione. Nel caso di Ge, gli azionisti hanno beneficiato
In molti casi, il management sognava effetti di sinergia che avrebbero assicurato automaticamente al conglomerato migliori rating finanziari grazie alla crescita e una conseguente maggior facilità di rifinanziamento. Le grandi idee del management erano allettanti e rendevano l’espansione dell’azienda appetibile anche per gli azionisti.
Gli istituzionali evitano i conglomerati. A differenza di allora, oggi gli investitori professionali fanno molta attenzione quando si parla di diversificazione del core business. Le argomentazioni contro i conglomerati esistono fin dall’inizio dell’industrializzazione. Gli studi sulle politiche di diversificazione aziendale negli Stati Uniti tra il 1950 e la metà degli anni Ottanta, ad esempio, hanno rilevato che la maggior parte delle acquisizioni sono state in seguito abbandonate. Pertanto, la diversificazione ha avuto solo un successo limitato. I conglomerati però, insieme a coloro che aspiravano a esserlo, hanno apparentemente ignorato tali evidenze. Sopravvalutazione delle capacità. Gli errori di valutazione del management, come la sopravvalutazione delle potenziali sinergie derivanti, sono diventati una leggenda. Il Ceo visionario può brillare in modo retorico, entusiasmare personale e investitori e creare grandissime aspet-
22 · TM Ottobre 2022
opinioni / l’esperto di wealth management Alcon dopo lo scorporo Andamento dei
Fonte: Bloomberg 20152016201720182019202020212022e 0 500 1000 1500 2000 0 5 10 15 20 25 ■ Ebit
I grandi Gruppi conglomerati stanno ormai tramontando, abbandonati da mercato e investitori. A essere premiata oggi è l’agilità, economica e gestionale, e la focalizzazione.
margini operativi
(in mln usd, sx) Ebit-margini (in %, dx)
tative. È sempre bene però considerare quanto siano sostenibili nel tempo le sue visioni imprenditoriali. I manager veramente visionari e responsabili pensano in termini di decenni, non di trimestri.
Purtroppo, la realtà è che la durata media della permanenza di un Ceo oggi è di soli cinque o sei anni. Spesso i dirigenti sono semplicemente interessati a ‘costruirsi un monumento’ nel presente. Di conseguenza, le loro azioni sono guidate da strategie a più breve termine.
Il management spesso cade su un altro errore, la confidenza cieca nelle ‘economie di scala’. Tuttavia, più un’azienda è grande e più diventa complessa e burocratizzata. Questo aumenta il rischio che le risorse vengano utilizzate in modo improprio, pregiudicandone quindi gli investimenti. Inoltre, in questo tipo d’impresa, l’attenzione del management si sposta inevitabilmente verso le aree problematiche
Il mercato azionario premia l’agilità. Oggi, un conglomerato aziendale farebbe bene a ristrutturare il proprio portfolio.
A differenza delle aziende snelle e focalizzate, i pesanti conglomerati aziendali hanno valorizzazioni più basse sull’azio-
«Concentrarsi sul Core Business e introdurre una gestione indipendente per le singole entità del Gruppo permette in genere di raggiungere risultati migliori. Un buon esempio è Alcon, che nel 2019 è stata scorporata da Novartis e quotata in borsa»
nario. Spesso i loro multipli subiscono un
porata da Novartis e quotata in borsa. Il suo Ebit era sceso dal 22% a poco meno del 10 negli anni in cui era la divisione oftalmologica di Novartis. Dopo la quotazione in borsa, le sue valorizzazioni sono tornate a crescere costantemente.
Inoltre, nel medio e lungo termine, le aziende con un posizionamento chiaro hanno un potenziale di crescita maggiore rispetto ai conglomerati. Questo cambiamento, tuttavia, costituisce un problema per il management, in quanto gli ‘empori’ sono generalmente cresciuti in modo opportunistico nel corso di anni o decenni.
Se l’azienda è redditizia e non si prevedono gravi svantaggi dovuti alla struttura attuale, concentrarsi sul core business si rivela spesso difficile, soprattutto se l’azienda è parte di una grande famiglia. Tuttavia, come dimostrano numerosi esempi quali il produttore di ascensori Otis o Epiroc (ex parte di Atlas Copco),
Multe estere, semaforo giallo
Riscuotere in Svizzera, tramite società private, multe per infrazioni stradali commesse all’estero è illegale. Non significa però che gli automobilisti elvetici godano di una sorta d’impunità.
Torna con una certa regolarità il tema del perseguimento delle violazioni del codice stradale compiute al di fuori del proprio Stato di domicilio. In particolare, per gli automobilisti residenti in Ticino che commettono delle infrazioni in Italia si sono rincorsi negli ultimi anni articoli di stampa che hanno dato notizia ora del ‘giro di vite’ dei Comuni d’oltre frontiera nei confronti dei trasgressori stranieri, poi del fatto che le autorità svizzere non comunicano più all’estero i dati dei propri cittadini, o ancora del ricorso di quelle italiane a società private per l’incasso delle multe rimaste impagate.
Se tra gli Stati membri dell’Unione europea, soprattutto grazie alla direttiva 2015/413 dell’11 marzo 2015 sullo scambio d’informazioni, vigono obblighi di assistenza giudiziaria facilitata per le infrazioni in materia di sicurezza stradale e tra la Svizzera e alcuni Paesi europei (in particolare Francia e Germania) sono stati stipulati degli accordi bilaterali per l’incasso delle multe disciplinari, tra Svizzera e Italia non vi è alcun accordo in tal senso. Con una sentenza del 22 giugno 2022 - non è per ora noto, se a sua volta oggetto di ricorso - la Corte penale del Tribunale penale federale (Tpf) ha così deciso che l’ente pubblico italiano, nel caso specifico il Comune di Torino, non può intimare l’incasso di proprie multe in Svizzera mediante una società privata, pena la condanna di chi si presta a tale attività per violazione dell’art. 271 del Codice penale, il quale punisce chiunque, senza esservi autorizzato, compie o favorisce sul territorio svizzero per conto di uno Stato estero atti che spettano a poteri pubblici.
Il caso è stato perseguito dal Ministero pubblico della Confederazione (Mpc)
a seguito della denuncia di un cittadino svizzero che si è visto intimare da una società con sede nel Canton Vaud il pagamento di una multa e relative spese d’incasso per un totale di 542,35 franchi per aver circolato senza autorizzazione in una zona a traffico limitato della città di Torino. Irrilevante per il procedimento, ma forse non per aver così spinto il debitore a sporgere denuncia, è il fatto che la multa (di 120,40 franchi) era da questi già stata pagata, ma non contabilizzata dalla polizia municipale. Oppostisi alla proposta di condanna emanata dall’Mpc, il direttore e il vice della società hanno sostenuto di non essersi resi conto di agire illecitamente, visto che l’incasso di multe estere in Svizzera tramite società private è frequente e non sembra proibito nemmeno leggendo il sito dell’Ufficio federale di polizia (fedpol), dove si riferisce che alcuni Comuni italiani, tra cui Milano e Firenze, hanno delegato la riscossione a ditte private italiane.
Il Tpf ha sostanzialmente confermato la proposta dell’Mpc, condannando i due dirigenti a una pena pecuniaria di 30 aliquote giornaliere e al pagamento di tasse e spese di Chf 3.500,00 ciascuno. Riconoscendo che l’incasso di multe disciplinari in Svizzera è un atto di competenza esclusiva dell’autorità pubblica, il Tribunale ha rilevato che di principio le multe estere devono essere riscosse in Svizzera ricorrendo all’assistenza giudiziaria. Eccezioni sono previste unicamente per la comunicazione diretta, tramite posta, degli atti giudiziari esteri, compresi quelli relativi a contravvenzioni a norme della circolazione stradale, o per l’intervento facilitato delle autorità elvetiche in base agli accordi bilaterali conclusi, ad esempio, con Francia e Germania, ma non con l’Italia.
L’incasso di una multa disciplinare con l’aggiunta di (ingenti) spese e la minaccia di conseguenze se il debitore non paga da parte di una società privata in Svizzera per un Comune straniero viola invece la sovranità elvetica, costituendo un atto compiuto senza autorizzazione per conto di uno Stato estero.
Né le indicazioni sul sito della fedpol -di carattere generale e riferite, così il Tribunale, ad atti su suolo italiano -, né i dubbi sul carattere illecito del loro agire sono stati ritenuti sufficienti per mandare i prevenuti esenti da pena.
Ciò non vuole però dire che gli automobilisti svizzeri possano pensare di godere di una sorta d’impunità per le infrazioni commesse in Italia. Da un lato, come sottolineato dal Tribunale penale federale, pure per le multe della circolazione stradale, quand’anche in Italia non sempre di carattere penale, lo Stato estero può ricorrere allo strumento dell’assistenza giudiziaria internazionale e far riconoscere le proprie decisioni in Svizzera per poi porle all’incasso. Visto che simili procedure sono però lunghe e onerose, vi è da credere che i Comuni italiani presteranno piuttosto maggiore attenzione direttamente sul proprio territorio alle infrazioni commesse da automobilisti stranieri, incassando le ammende in flagranza di reato o ricorrendo a metodi coercitivi -che possono arrivare sino alla confisca del veicolo - laddove l’automobilista in mora con il pagamento si rechi ancora in Italia. Resta quindi valido il consiglio di pagare le multe giustificate.
24 · TM Ottobre 2022
Simone Gianini, avvocato e notaio, partner studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini, Lugano.
opinioni /lo studio legale
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Gli eroi del lavoro
Piccoli attori, grandi idee
Risorse da promuovere, sono in crescita costante e attive in ogni ambito. Le Start up svizzere propongono qualità tecnica e originalità delle soluzioni, incuriosendo anche la Silicon Valley.
Negli anni Duemila erano poche decine, ora sono trecento. Start up che nascono in Svizzera, capaci a volte di competere con grandi aziende e multinazionali, per il livello elevato della ricerca e dei prodotti che sono in grado di realizzare. La Svizzera del resto, è un humus fertile. Tanto che, da dieci anni è nella rosa dei Paesi più innovativi al mondo, nel Global Innovation Index, pubblicato dall’Organizzazione mondiale della Proprietà Intellettuale (Ompi).
I giovani imprenditori svizzeri si dimostrano innovativi in diversi settori, dal cleantech, fintech, meditech all’agroalimentare e alla robotica, dai droni alla biotecnologia e alle scienze della vita.
Non è un caso che molte Start up rossocrociate abbiano sede a Zurigo e nella regione del Lemano, in corrispondenza dei due Politecnici, il cui influsso certamente favorisce la messa a punto di applicazioni e tecnologia futuristiche.
Le Start up svizzere più promettenti beneficiano di sostegni, possibili nei diversi stadi del loro percorso, dal coaching ai finanziamenti. Fino alle iniziative ed ai premi attraverso cui vengono poste sotto i riflettori di investitori internazionali. A livello svizzero un esempio è venturelab, mentre, a livello cantonale, per il Ticino si possono citare l’Usi Start up Centre, la Fondazione Agire, Boldbrain, TiVentures.
In questo contesto di ricerca e promozione delle idee vincenti, la decima edizione della StartUp Challenge di Swisscom quest’anno ha individuto giovani imprese che contribuiscono alla riduzione dei gas a effetto serra con soluzioni e servizi innovativi.
Per aggiudicarsi il programma di incentivi, a questa edizione hanno parte-
cipato oltre 200 Start up, provenienti da trenta Paesi. Ad agosto 2022, una giuria di esperti ha selezionato le dieci società finaliste. Sebbene il focus per tutte fosse la riduzione dei gas a effetto serra, lo spettro di soluzioni proposte è molto ampio, considerato che spazia dalle applicazioni IoT alla tecnologia delle celle a combustibile a idrogeno, passando per le piattaforme dedicate all’economia circolare.
I cinque vincitori sono stati scelti da una giuria composta da dieci rappresentanti di Fastweb, Eth/Politecnico federale di Zurigo, South Pole e Swisscom.
Per raggiungere la selezione finale, le Start up hanno dovuto presentare soluzioni intelligenti e sostenibili, ed anche un business plan solido nonché una buona dose di spirito di squadra e determinazione. Tra tutte le candidate, ad impressionare la giuria sono state Almer Technologies, Ecco2 Solutions, mobileup, SmartHelio Sarl e Swiss Vault, provenienti dalle regioni di Basilea, di Berna e della Svizzera francese.
Le cinque vincitrici si sono assicurate così la partecipazione ad un ‘Exploration Program’, di una settimana, con esperti di Ict e sostenibilità, nonché l’accesso all’ecosistema Swisscom. Oltre a workshop, sessioni di coaching, un network di venture capitalist e imprese che si occupano di efficienza energetica e protezione del clima, tra i benefici del programma c’è anche l’opportunità di avviare una partnership con Swisscom. Entro il 2025, infatti, Swisscom intende raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica e in più risparmiare un milione di tonnellate di Co2 all’anno offrendo ai suoi clienti privati e commerciali delle soluzioni Ict innovative in grado di dare un drastico taglio alla loro impronta carbonica.
Diverso l’apporto proveniente da ognuno dei cinque vincitori della StartUp Challange. Almer Technologies fornisce alle aziende visori high-tech dotati di realtà aumentata e realizzati con componenti hardware/software prodotti in Svizzera. Il suo servizio viene offerto in tutto il mondo e permette di risolvere numerosi problemi: non è più necessario recarsi fisicamente in una filiale all’estero, i costi di trasporto vengono azzerati e l’impronta ecologica dell’azienda si riduce.
Ecco2 Solutions, con una soluzione IoT/ Ai basata fondamentalmente sui dati, riduce in media di un generoso 15% il consumo di energia per il riscaldamento degli edifici e raccoglie dati dell’immobile rilevanti a fini Esg. Elevati consumi energetici mettono a dura prova i proprietari immobiliari. I costi dell’energia, gli obblighi di legge e la pressione sociale sono altrettante fonti di preocupazione. L’efficienza energetica ha un diretto impatto sul valore di mercato per i locatari e gli investitori. La soluzione Ecco2 è rapida, ha un costo accessibile, può essere utilizzata ovunque e viene sovvenzionata dal Governo svizzero.
mobileup è una piattaforma per la compravendita di smartphone e tablet usati. Tutti gli apparecchi sono venduti con 12 mesi di garanzia e un diritto di restituzione di 30 giorni. Poiché il prezzo e l’assortimento di prodotti sono i criteri più importanti per i clienti, mobileup ha configurato delle Api per i più grandi marchi europei. Un algoritmo che individua gli apparecchi con il miglior rapporto qualità/prezzo afavorisce l’incontro tra
26 · TM Ottobre 2022
opinioni / l’esperto di telecomunicazioni
Carlo Hildenbrand, Direttore Swisscom Business Ticino.
domanda e offerta.
SmartHelio è l’azienda di cleantech data intelligence che cresce più rapidamente al mondo. La soluzione di questa impresa fondata da Bcorp e Y Combinator viene impiegata dai più grandi sviluppatori solari in Europa, Asia e Usa per rendere redditizi e sostenibili gli impianti solari. Dopo aver investito 15 milioni di dollari americani in ricerca e sviluppo, SmartHelio ha messo a punto un software che prevede in tempo reale gli errori negli impianti fotovoltaici. Questo sistema permette di evitare periodi di inattività e fa aumentare il fatturato anche del dieci percento.
Swiss Vault è una società di data innovation largamente attiva a livello globale con soluzioni di gestione dei dati efficienti e a ridotto impatto ambientale. Grazie a Swiss Vault, le imprese si dotano di tecnologie capaci di coniugare soluzioni hardware e software per gestire i dati in modo più efficace, economico, affidabile e soprattutto ecocompatibile.
Fin dalla prima edizione di Swisscom StartUp Challenge, ormai un decennio fa, i vincitori hanno presentato il loro
business case davanti ai grandi venture capitalist della Silicon Valley. In questi dieci anni, la visita alla Silicon Valley ha aperto un nuovo mondo agli ormai quasi quaranta vincitori (su un totale di circa 2mila partecipanti) che si sono aggiudicati il programma di promozione.
Swisscom è presente a Palo Alto con il suo Outpost fin dal 1998, ed era importante portare un pizzico di spirito imprenditoriale californiano anche nel panorama delle Start up svizzere, oltre naturalmente a trovare candidati meritevoli di un investimento da parte di Swisscom Ventures, uno dei settori di Swisscom.
E sono ad oggi un centinaio i neo-imprenditori e imprenditrici che si sono recati allo Swisscom Outpost, dove hanno presentato i loro business case ad alcuni grandi venture capitalist e giganti di internet. Tra di essi figurano Start up come Ava (2015), Creal (2019), Ecorobotix (2017), Geosatis (2014), Gmelius (2019) o Nanolive (2016). Tutte imprese in cui ha investito anche Swisscom Ventures.
Delle Start up vincitrici del Challenge in questi anni, sei hanno nel frattempo
hanno cambiato proprietà: come nel caso della società di regtech Qumram (2016), passata a Dynatrade, e del servizio di riconoscimento intelligente delle immagini Fashwell (2016), oggi appartenente all’orbita Apple.
Tra gli ex partecipanti alla Swisscom StartUp Challenge, alcune giovani imprese oggi figurano nella Top 100 in Svizzera. E anche se quattro su 45 hanno invece dovuto porre fine alla loro avventura, è comunque rassicurante sapere che, in base alle statistiche americane, il tasso d’insuccesso nella Hall of Fame della Swisscom StartUp Challenge è molto più basso. Un dato che si presta a una doppia interpretazione, di segno opposto: in positivo, attesterebbe che la selezione operata da Swisscom è stata sostanzialmente idonea a inviduare talenti veri; in negativo, evidenzierebbe, invece, che in Svizzera si assumono meno rischi rispetto alla tematica Start up di quanto non si faccia nella Silicon Valley. In tale, secondo, caso si evidenzia che vi sia ancora un grande potenziale d’innovazione inespresso. E allora, ben venga l’osare!
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Mercantilismo 4.0
A distanza di un paio di secoli dal suo tramonto, il modello di sviluppo economico del Vecchio Continente è ancora saldamente mercantilista: dunque pochi consumi, e molte esportazioni. Se però a scarseggiare sono gli input della produzione, ecco che i fragili meccanismi del manifatturiero europeo stridono e la locomotiva si ferma. Che fare? La Svizzera, nel suo piccolo, sono anni che si trova confrontata con problemi simili, che la soluzione stia anche lì?
Tratte commerciali e accordi di libero scambio applicati tra stati diversi e in un’ampia area geografica, deregulation e libera impresa, seppur all’interno di un uniforme e chiaro quadro normativo e la possibilità di rivolgersi a un’autorità giudiziaria indipendente per il mancato rispetto dei contratti, non ingerenza dello Stato nel determinare dinamiche di mercato e prezzi, efficiente e sviluppato sistema finanziario, viziato da scarsa eticità dei suoi membri e ampi tentativi di eludere le normative. Questo da un lato.
Dall’altro, invece, economia privata ampiamente normata ed ‘eterodiretta’ da un’entità statale superiore, politiche commerciali politicamente orientate e protezionistiche, con obblighi e licenze previste per le imprese estere in un quadro normativo frammentato, imposizione di accordi di scambio e trattati commerciali di favore perseguiti con tutti gli strumenti necessari
verso un numero crescente di sempre più distanti aree geografiche. Come bonus uno sviluppato ma ultra-normato sistema finanziario, con ampi e plateali tentativi di eluderne le normative.
Tutto sommato chiaro, e per molti versi comprensibile. Si tratta pur sempre della Roma repubblicana, dunque del IV-I secolo a.C. e della ben più recente Unione Europea, o per estensione una moderna economia di mercato, seppur di matrice esclusivamente occidentale. Eppure, se fosse esattamente l’opposto non sarebbe allora tanto più stupefacente?
Diversamente da quanto si potrebbe credere l’atteggiamento di Roma in ambito commerciale e più in generale economico è stato anche in epoca repubblicana, dunque quando a competere nel Mediterraneo c’erano superpotenze quali Atene, Alessandria e Cartagine, sorprendentemente liberale. La conquista di nuove province e l’apertura di nuovi mercati
non conserva traccia alcuna dell’imposizione da parte delle autorità romane di una qualche forma di condizionalità volta a distorcere gli equilibri di mercato precedenti, se necessario veniva garantito l’accesso anche ai commercianti romani, ma era il massimo cui potessero aspirare. Questo ovviamente non esclude pratiche e politiche fiscali ampiamente oppressive promosse dalle autorità locali.
Alla base di entrambi i fenomeni alcune semplici ragioni. In seguito alle disastrose perdite umane riportate soprattutto durante le guerre annibaliche, e alla successiva lenta emigrazione verso i territori conquistati, si rese necessario affidare sempre più mansioni a non romani, con schiavi e liberti particolarmente attivi in ambito commerciale. Allo stesso tempo la nobiltà romana era socialmente scoraggiata dal dedicarsi ufficialmente a questo tipo di attività, preferendole la carriera militare prima e politica poi, unita a im-
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cover/economia a cura di Federico Introzzi
portanti investimenti immobiliari in terre e tenute, spesso nelle nuove province.
Eppure, libertà d’azione e stranieri non sono sinonimo di disinteresse. Nel 67 a.C. per annientare una pirateria ormai endemica fu affidato pieno mandato a Pompeo Magno sull’intera fascia costiera mediterranea controllata da Roma, oltre a 500 navi da guerra, 5mila cavalieri, 120mila armati, e risorse finanziarie illimitate; forze che gli consentirono di estirpare completamente la pirateria dal Mediterraneo per i secoli a seguire.
Dall’altro lato, invece, un’Europa che nel XXI secolo non ha ancora abbandonato un modello economico in voga nel XVII, comunemente definito mercantilismo. I suoi pilastri? Politiche diffusamente protezionistiche, volte a limitare l’import, e spingere al massimo l’export, così da incamerare valuta pregiata e oro; incentivi all’industria e politiche di sostegno alle attività produttive orientate ai mercati esteri; minimizzazione del costo dell’import di materie prime dalle colonie, e accordi commerciali ‘a senso unico’. Applicando tali dettami al Vecchio Continente, e aggiungendovi un minimo della moderna economia di mercato, dunque un po’ di incentivi a rimanere competitivi per contendersi nuovi mercati, il risultato non appare straordinario? Forse anche un po’ preoccupante, come Francia e Inghilterra ebbero modo di scoprire. Se i mercati esteri smettono di crescere, e le materie prime scarseggiano che si fa? Nuove non nuove. Quella accorsa in seguito alla sciagurata escalation in Europa Orientale è certamente una crisi molto particolare, che ha stoppato sul nascere, o quanto meno fortemente frenato a dipendenza del dove, la dopata ripresa post-pandemica. Ma cosa rappresenta davvero? «Quella che sempre più spesso viene usata è forse la definizione più azzeccata per descrivere l’attuale momento storico: la fine dell’abbondanza. È una crisi sui generis sotto molti aspetti, simile a quella del 1973 in cui si sovrapposero forti disordini monetari allo shock petrolifero, che potrebbe coincidere con la fine di un’eccezionale fase di sviluppo economico, ma semplicemente l’ultima di una lunga serie. Oltre al 1973, sono almeno altre otto le crisi più importanti, specie finanziarie tra cui: il crollo di Wall Street e la crisi giapponese nel 1989, il sistema monetario europeo nel 1992, e ovviamente Lehman Brothers nel 2008,
«La crescita della locomotiva tedesca negli ultimi lustri è il frutto di una serie di elementi, non più replicabili. I consumi dell’Europa mediterranea sono stati sostituiti dall’export verso la Cina, che ha solo in parte compensato il declino del ceto medio, dovuto ad austerità e impoverimento diffuso»
in un crescendo di dimensioni e portata», esordisce così Ignazio Bonoli, economista e già politico ticinese.
Crisi sempre più sistemiche e frequenti sono del resto lo scotto di un modello di sviluppo economico andato facendosi maggiormente efficiente, da un punto di vista dei costi, aspetto fondamentale per competere globalmente. «L’accresciuta interdipendenza dei rapporti economico-finanziari tra economie nazionali con-
Il ruolo del commercio come motore di tutte le cose, o almeno di molte, non è una scoperta della modernità. A esserne consapevole per prima era stata Roma, con un atteggiamento incredibilmente liberale all’intero argomento, nonostante la forte concorrenza mediterranea di Atene, Alessandria e Cartagine. Ancora oggi il commercio, seppur stia cambiando natura, resta
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al
Locomotiva dell’economia mondiale Andamento del commercio globale (in %) Fonte: Unctad 0 1 2 3 4 5 6 7 -30 -20 -10 0 10 20 30 Q 1 Q 1 Q 2 Q 3 Q 4 2017 Q 1 Q 2 Q 3 Q 4 2018 Q 1 Q 2 Q 3 Q 4 2019 Q 1 Q 2 Q 3 Q 4 2020 Q 1 Q 2 Q 3 Q 4 2021 2022
centro di tutto.
Commercio globale (Trl usd; dx)
Crescita Annua Crescita trimestre Servizi Merci
Fabrizio Quirighetti, Cio di Decalia Group
«Gli shock petroliferi imposero un rapido cambio di passo nei consumi, sforzi diffusi per limitare la domanda, e la scoperta di nuovi giacimenti. Gli importanti investimenti nelle rinnovabili non devono andare sempre a scapito di quelli nelle fossili, pena di limitare ulteriormente l’offerta»
Norman Villamin, Cio Wealth Management di Ubp
zionale, proiettato verso un nuovo modello socio-economico segnato da meno divisioni, e soprattutto garante di pace e prosperità per continuare, tutti, a trarne benefici», riflette Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management.
Se effettivamente tale obiettivo, o forse quale semplice effetto collaterale, è stato raggiunto per una lunga fase storica, in assenza di scontri armati di ampia portata, è anche vero che qualche crepa era andata aprendosi prima di quest’anno. «Già nel 2020 qualche debolezza di questo nostro modello di sviluppo era emersa, con lo scoppio della pandemia e il conseguente crollo del commercio mondiale, e ha ricevuto un nuovo scossone con la crisi ucraina. Attualmente i fattori scatenanti sono il forte incremento dei prezzi delle materie prime, soprattutto energetici, che si riflettono su tutti gli altri, con il conseguente balzo dell’inflazione. Si consideri che viene unanimemente riconosciuto, da Fed, Fmi e Bce, per citare solo i principali, il 2% annuo come tasso d’inflazione compatibile con uno sviluppo economico ordinato», prosegue l’economista.
Quanto pesa l’interruzione delle forniture?
Valore creato in Europa per settore (per importanza sul Pil, per Cagr ‘19-’24)
Le difficoltà di fornitura dovute alla crisi in Europa orientale, e la scarsezza di materie prime sta spingendo molte aziende, e interi settori, a tornare a costituire scorte importanti per garantirsi una certa autonomia operativa. Un’inversione di tendenza iniziata nel 2020, rispetto a oltre un ventennio di just-in-time giapponese, la vera rivoluzione dei primi anni Duemila.
tinua a produrre effetti significativi, che scontano da un lato l’esigenza degli stati di governare tale cambiamento, dall’altro di soddisfare la richiesta dei mercati di deregolamentazione. Questo richiede l’elaborazione di nuovi schemi negoziali, come l’armonizzazione normativa sovranazionale o iniziative regionali di forte cooperazione, come in Europa. La globalizzazione comporta un cambiamento qualitativo e positivo del sistema interna-
Se pace è stata garantita, sorge spontaneo però chiedersi chi o cosa l’abbia davvero reso possibile, dunque se e quanto i reciproci interessi economici degli stati, oanche altro. «Il libero scambio è storicamente più l’eccezione che la regola, per una semplice ragione: il calcolo economico è subordinato alla realpolitik. Trent’anni di globalizzazione sono coincisi con quella che si definisce Pax americana, e il suo odierno affanno coincide con i problemi che l’egemone sta vivendo con la sua nuova principale sfidante, la Cina, con più di qualche sussulto anche a Mosca. La fine della globalizzazione non è però il ritorno del protezionismo dei ‘nuovi anni Trenta’, il modello sopravvivrà, sarà solo fortemente condizionato dalle alleanze, politiche e militari che siano. Le economie sviluppate continueranno a essere globalizzate, solo tra loro e meno con il resto del mondo, il che è comunque un’ottima notizia per Europa e Svizzera», nota Giovanni Rickenbach, responsabile strategia di Pkb.
Il sovranismo. Nonostante si sia dunque distanti dalla crisi dei Trenta, e almeno tra un pugno di nazioni, dovrebbe comunque sopravvivere, il protezionismo negli ultimi anni è comunque tornato a far parlare di sé. «È una tendenza che va emergendo sin da quando le produzioni
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Fonte: Accenture analytics Industria Altri servizi Servizi pubb. Retail Salute Risorse naturali Banche Software e piattaforme Viaggi Comunicazione e Media Utility Chimica Beni di consumo e servizi Life Science Altro manifatturiero Assicuraz. High Tech Automotive/ Mobility Capitali Aerospazio & difesa Energia -10% 10% 30% 50% 70% 90% 0% 20% 40% 60% 80% 100% Valore aggiunto importato Valore aggiunto esportato ■ Alto > 1,2% ■ Moderato, fra 0,6 e 1,2% ■ Basso < 0,6% Forniture a rischio La preoccupazione delle aziende europee Fonte: Haver analytis -2 -1 0 1 2 3 4 2010201220142016201820202022 Industria Costruzioni Z-score Salgono le scorte Autonomia media per settore (in % del tot) Fonte: Economist Impact Media Beni di consumo Agro-alimentare Salute & pharma Industriali Logistica &distribuzione Energia ■ Just-in-time ■ 2 sett. ■ 2-4 sett. ■ 1-3 mesi ■ 3-6 mesi ■ 6-12 mesi ■ <1 anno
a basso costo hanno minacciato quelle più alte, rimaste nei Paesi sviluppati. Si parla oggi di un misto di protezionismo e deglobalizzazione quale male necessario per garantirsi una maggior sicurezza delle forniture, accettando quindi anche maggiori costi. È un approccio rischioso che potrebbe aprire una nuova fase di ‘nazionalismo dei consumi’, con le famiglie disposte a privilegiare prodotti domestici, obiettivo già sottilmente perseguito dalle più recenti normative ‘anti inflazione’ americane, spingendo l’elettrico made-in-Us, o dagli ambiziosi piani cinesi, di affrancarsi dalla dipendenza da Sviluppati non più così amichevoli in molti settori strategici», evidenzia Norman Villamin, Cio Wealth Management di Ubp.
Un approccio, quello dei consumatori, dalle famiglie alle imprese, agli stati, da un certo punto di vista economicamente preoccupante, almeno nei suoi effetti, ma del tutto umanamente comprensibile. «Il venir meno delle catene di fornitura di settori critici per la vita delle persone, alimentare, medico e tecnologico, ha spinto a mettere in discussione quanto nel corso degli anni era stato dato per scontato, sino a giustificare il rimpatrio di parte delle attività produttive. Seppur non si possa ancora parlare di nazionalismo economico, è certo che la brusca battuta d’arresto della globalizzazione stia già creando dei costi, a danno prevalentemente delle fasce più deboli, con in primis l’inflazione. Il rallentamento degli approvvigionamenti è dal 2021 che sta alimentando questo aumento dei prezzi, da qui le politiche fiscali a sostegno del mondo produttivo, ma prima di progettare il rimpatrio delle attività è opportuno valutarne attentamente costi e benefici», prosegue il Cio di Ubs.
Se tali tendenze si manifestano in diversi settori, e se l’Europa rimane ostaggio del resto del mondo per alimentare il suo sistema produttivo, sono le stesse materie prime a poter divenire di interesse strategico. «Nel manifatturiero la Cina ha rotto gli indugi e per smarcarsi dall’estero in termini di fornitura di robot industriali ha acquisito il leader di settore tedesco Kuka, per importarne la tecnologia. Gli stati stanno però riscoprendo il valore delle risorse, che dunque oggi vengono protette a dipendenza delle circostanze. Nel 2022 la Cina ha bloccato l’export di basi per fertilizzanti, l’Indonesia quello di olio di palma. I produttori europei non devono dunque preoccuparsi solo della
«A uscire fortemente indebolito dalla globalizzazione è il ceto medio europeo, delocalizzare la produzione ha lasciato vulnerabili e scontente le precedenti regioni industriali e periferiche, con diverse conseguenze. Solo il ritorno di politiche industriali mirate e progetti di riqualificazione potrebbe invertire la rotta»
chiusura dei mercati di destinazione, ma anche dell’approvvigionamento di materie prime non considerate strategiche sino allo scoppio di una nuova inattesa emergenza», riflette il Cio di Ubp. Europa: Cina 4.0 In che misura, in tutto questo, si inserisce però il mercantilismo? Cosa c’entra rispetto a un afflato globalizzante che va assopendosi, a catene di fornitura in affanno, e attività produttive forse sulla via di casa? «La
La produzione industriale del Vecchio Continente, il motore della sua economia, cui sono strettamente legate Unione Europea e Svizzera, sta risentendo in maniera alterna ma significativa della nuova epoca di scarsità, e soprattutto dei costi esorbitanti della bolletta energetica. Nonostante se ne parli molto, a mancare sono le soluzioni, ma sarebbe davvero necessario trovarne.
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Guglielmin,
Cala la fiducia in Europa Andamento dell’indice Pmi per Paese Fonte: Markit and Haver Analytics 2018 2019 2020 2021 2022 2023 10 20 30 40 50 60 70 Eurozona Composite Output (48,2) Germania (45,9) Francia (51,2) Italia (49,6) Kof svizzero Il manifatturiero rallenta Andamento dell’indice Pmi manifatturiero per Paese Fonte: Markit and Haver Analytics 2018 2019 2020 2021 2022 2023 30 40 50 60 70 Eurozona (48,4) Germania (47,8) Francia (47,7) Italia (48,3) Svizzera
Elena
Cio di Ubs Wealth Management
«La Svizzera è tradizionalmente una fondamentale piattaforma per il trading internazionale, un’esperienza interessante da giocare in chiave del progressivo riavvicinamento e integrazione nel mercato comune europeo. Quello che deve essere salvato è il manifatturiero di precisione, la nostra vera ricchezza»
Muovi che ti passa?
Nonostante vi sia sempre stata, e abbia contribuito al successo di molte economie, specie se manifatturiere come quella europea, la logistica è stata riscoperta nel bel mezzo della pandemia. «Chiamata a salvare intere filiere durante le lunghe e complicate clausure, si è tornato a discutere del nostro ruolo, anche a fronte dell’esplosione dei suoi costi. I più grandi operatori sono europei, a eccezione dei due nord americani, e questo non è un caso. Nascono statali, e grazie ad acquisizioni e fusioni successive crescono in dimensioni, e oggi guidano il settore a livello internazionale. In Asia si trovano molti campioni nazionali, che operano localmente, ma che non hanno ancora le competenze e la strategia per guardare oltre. Cresceranno, ma il peggior errore potrebbe essere quello di farlo senza acquisire altri con il know-how giusto, o piazzando ai comandi ‘uomini loro’, senza il giusto pedigree», illustra il manager di Nippon Express. Settore che vai, però, e difficoltà che trovi. Senza eccezioni, ovviamente. «Al di là dell’esplosione dei costi, ma comunque a essa agganciata, è la reperibilità del capitale umano a essere il principale nodo da sciogliere. Un equilibrio che va velocemente deteriorandosi, e che solo tecnologia e automazione stanno contribuendo a tamponare. La Polonia è da tempo un architrave del sistema europeo, il costo del lavoro è la metà
ricetta della felicità di un mercantilista è esportare il più possibile, importare il minimo, accumulando anno su anno un crescente surplus delle partite correnti. Sino a mezzo secolo fa questo si traduceva in oro e valute forti, oggi in moneta elettronica. Per farlo è indispensabile poter contare su un sistema produttivo imponente, in grado di soddisfare l’estero, e competitivo per non rischiare di perdere quote di mercato, motivo per il quale a un certo punto un mercantilista, sicuro delle proprie abilità, si schiera per il libero scambio. Nel Dopoguerra gli Stati Uniti hanno concesso questo ruolo a Germania e Giappone, accettando la sopravvalutazione del dollaro e dazi asimmetrici, per accelerarne la ricostruzione», evidenzia Guglielmin.
A distanza di settant’anni dalla fine della Guerra, nonostante le cicliche rimostranze nei confronti di Pechino, la situazione non sembra particolarmente cambiata. Se la Germania è rimasta la stessa, e anzi, è il resto d’Europa che è an-
Nonostante si parli spesso di Cina, la vera fucina dell’economia mondiale, almeno di un certo livello, resta saldamente l’Europa, su cui nel suo piccolo converge la Svizzera.
L’ingolfo logistico Capacità di movimentazione container reale (in mln
di quello italiano, è vicina al cuore dell’Europa, la Germania, e può contare su abbondante manodopera, generalmente ucraina. In grosso affanno si trovano però Italia, Francia e Olanda, con Svizzera e Spagna messe meglio», nota Pistilli. Se il problema sta dunque nella crescente scarsità di capitale umano, quali sono le soluzioni? «L’esigenza di dinamismo e flessibilità del settore viene spesso confusa con la precarizzazione dei contratti per leggerezza. Stati e aziende dovrebbero confrontarsi e trovare soluzioni utili e condivise. Nell’attesa che questo avvenga, sperando di non aspettare Godot, bisogna fare affidamento sulla genialità di imprenditori e operatori, e nel loro estro. Come dovrebbe essere ormai chiaro a tutti, senza logistica c’è il nulla», conclude il manager.
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Teu) Fonte: McKinsey 2022 Covid Lock. Ritardi Ingorghi Suez Covid 0 (Cina) 20 19 18 17 16 2020 2021 2022
Ignazio Bonoli, economista svizzero
bilancia delle partite correnti (mld eur annui, sx) Fonte: Statistisches Bundesamt Export (trl eur; dx) Import (trl eur; dx) 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 -200 -100 0 100 200 300 400 0,8 1,0 1,2 1,4 1,6 1,8 2,0 2,2 2,4
La vera Cina è l’Eurozona Andamento della
dato adeguandosi alle mutate circostanze. «Il neomercantilismo tedesco ha avuto un effetto perverso sul resto dell’Unione, costringendo molti altri stati manifatturieri ad adottarlo per non finire fuori dal mercato mondiale. È però controproducente per un’intuitiva ragione: riduce il costo unitario del lavoro, e quindi anche il potere d’acquisto del lavoratore, da qui il calo che si osserva dei consumi, o della quota di questi sul Pil. Questo espone di fatto l’intera nazione agli umori degli altri Paesi, non tanto al proprio rafforzamento valutario, come nel caso della Svizzera, quanto al loro andamento congiunturale», precisa Sergio Rossi, Professore ordinario di macroeconomia ed economia monetaria dell’Università di Friburgo.
Se la moneta unica ha certo giocato un ruolo nel sostenere e spingere tale modello, anche l’aprirsi dell’economia mondiale ha lasciato intendere a molti che questa potesse essere la strada maestra per crescere. Ma è davvero così? «È il combinato disposto di input energetici e industriali a basso costo, e un’insaziabile domanda mondiale ed emergente dei suoi prodotti, idea accettata di buon grado dalla popolazione europea, salvo ora metterne in dubbio i più desiderabili beneficiari, dai proprietari del capitale ai prestatori di lavoro. Sono stati questi i semi della crescente instabilità sociale che contraddistingue oggi gli stati avanzati, e che spinge verso una deglobalizzazione del sistema, anche a fronte della pressione che i costi energetici pongono sugli equilibri del modello. Un’accelerazione di tale dinamica potrebbe arrivare a costringere l’Europa a rimettersi in discussione come mai prima», prosegue Villamin.
Dunque energia, ma non solo, con tutte le difficoltà derivanti per quell’imponente sistema produttivo, fiore all’occhiello di diversi Stati, e del suo indotto. «Non c’è solo una questione energetica in essere, ma anche difficoltà nelle forniture molto più estese. Se è vero che l’Europa guarda al resto del mondo quale principale mercato di sbocco, per controbilanciare consumi interni tenuti volontariamente bassi, è allo stesso tempo anche fortemente dipendente in termini di componentistica dall’estero. La fine della globalizzazione, o l’inizio della deglobalizzazione, avrebbero in questo senso un duplice effetto, ancor più negativo. A patto di riuscire a produrre, il mercato interno non potrebbe compensare le mancate esportazioni, né
«L’esigenza di flessibilità viene spesso confusa con la precarizzazione dei contratti di lavoro. Stati e aziende dovrebbero confrontarsi e trovare soluzioni condivise. Nell’attesa che questo avvenga, sperando di non aspettare Godot, bisogna fare affidamento sulla genialità di imprenditori e operatori»
Stefano Pistilli, Vice President di Nippon Express
ora né in prospettiva, il che è comunque economicamente molto discutibile, dovendo fare i conti con un’esorbitante bolletta energetica», precisa Bonoli. Dalle stelle alle stalle. È la parabola del Regno Unito, la fu Inghilterra, alfiere del processo d’industrializzazione, e principale potenza mondiale sino ai primi del Novecento. Eppure, qualcosa è nel frattempo cambiato. «Può essere considerato emblematico dell’intero continente, e solo
Il caro energia, e la scarsità di materie prime sta di fatto spingendo anche l’inflazione verso livelli di guardia che ricordano un lontano passato. Se nei Paesi anglofoni è già realtà, in Europa la battuta d’arresto registrata dal Pil ne sta rallentando la dinamica, lasciando un certo margine di manovra a istituti centrali non troppo indisponenti, come Bce e Bns non nascondono. Ma per quanto ancora?
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L’inflazione in Svizzera Cpi totale (in % y/y) Fonte: Bns -2 -1 0 1 2 3 Totale Domestica Importata, senza prod. petroliferi Prod. petroliferi 2018 2019 2020 2021 2022 L’inflazione in Svizzera Cpi domestica (in % y/y) Fonte: Bns -1,0 -0,5 0 0,5 1,0 1,5 Totale Beni Importata, senza prod. petroliferi Affitti 2018 2019 2020 2021 2022 Caro vecchio 2021... Andamento di Cpi e Pil (dati ‘21, ’22, ‘23e) Fonte: Swiss Re 2022 Europa Uk Usa Cina Giap. Australia 0% 1% 2% 3% 4% 5% 6% 7% 8% 9% -1% 0% 1% 2% 3% 4% 5% 6% 7% 8% Crescita Pil reale Inflazione Cpi
Caro materie prime
Il commodity index di Goldman Sachs
«Il neomercantilismo tedesco, agganciato al pareggio di bilancio, ha annullato il potenziale di consumi e spesa pubblica nel sostenere la crescita, scaricandone l’onere quasi esclusivamente sull’export. Un modello che è funzionato sino al 2020, grazie a costi di produzione calanti e quantità crescenti» Sergio
nico, inflazione alta, valuta in forte deprezzamento e strisciante crisi di fiducia non ne fanno certo un Paese felice, e non si può certo attribuirne a Brexit tutte le responsabilità», sottolinea Fabrizio Quirighetti, Cio di Decalia Group.
Del resto che il Regno Unito abbia perso buona parte del suo peso è sempre più evidente, anche secondo altre statistiche. «Se nell’Europa continentale a giocare un ruolo importante è ancora la logistica inbound, ossia tutte le operazioni necessarie al processo produttivo, e che lo precedono, nel caso dell’Inghilterra il discorso è completamente diverso. Non è più, e da tempo, un Paese manifatturiero, ma di solo consumo, in cui quindi un ruolo prevalente, quasi unico, ce l’ha la logistica outbound, ossia tutti i processi che entrano in gioco a produzione avvenuta, e che si concentrano tra stoccaggio e distribuzione dei prodotti finali. Brexit ha accelerato questo processo, enfatizzandolo», chiarisce Stefano Pistilli, Vice President di Nippon Express Italia.
Svizzera: Russia non ti temo?
Impatto
E a non sprecarsi è anche il simbolismo, come la stretta attualità sembra arrogantemente voler segnalare anche ai più distratti. «Come spesso accade il declino economico del Paese, non ha tardato a manifestarsi anche a livello sociale, in termini politici, culturali e naturalmente militari. Se l’Impero è ormai sfumato, anche il suo ultimo simbolo è venuto meno con la morte di Elisabetta II, e Grecia ed Italia hanno da tempo perso il loro smalto, Parigi rimane bloccata in un’industrializzazione di ‘fascia media’, costosa ma senza quella qualità offerta da Svizzera e Germania, come l’Automotive mostra. Renault e Peugeot non competono nel campionato di Bmw e Tesla, ma con Toyota, Volkswagen e Fiat, che però spesso offrono un miglior rapporto qualità prezzo», prosegue il Cio di Decalia.
Il caro materie prime non è qualcosa che è andato emergendo negli ultimi mesi, ma una tendenza innescata dalla ripresa post-pandemica, le ulteriori perturbazioni delle catene di fornitura date dalla stretta attualità ha fatto il resto. L’economia svizzera, nonostante la sua vocazione molto europea all’export, si sta dimostrando particolarmente resiliente al problema.
la punta dell’iceberg di un processo che è comunque cominciato. Se storicamente ha potuto contare su una precoce rivoluzione industriale e una potente flotta, oltre che un vantaggio tecnologico, fonti energetiche più efficienti e dinamiche demografiche favorevoli, presenta oggi i fondamentali di un’economia emergente, osommersa, nemmeno troppo brillante. Aumento del debito pubblico e privato, deindustrializzazione, deficit esterno cro-
Non che però lo stato di salute dell’economia tedesca sia dei più eccelsi, anzi. E anche in questo caso l’Ucraina potrebbe fungere da mera foglia di fico. «Il neomercantilismo tedesco, agganciato al vincolo costituzionale di pareggio di bilancio, ha sostanzialmente annullato il potenziale di consumi e spesa pubblica nel sostenere la crescita economica, scaricandone l’onere quasi esclusivamente sull’export. Modello che è funzionato sino al 2020, grazie a costi di produzione calanti e quantità crescenti. In questa fase gli equilibri si sono ribaltati, i costi stanno crescendo e
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Professore di macroeconomia dell’Università di Friburgo 0 200 400 600 800 01 03 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 2022 2024 0 100 200 300 400
Rossi,
Fonte: Haver analytics
sx) Dutch Ttf (Mw/eur; dx)
spot index (dx) Energia (sx) Dutch Ttf (media 200d; dx) Brent futures (usd/bar; dx) Grano (sx)
Sp GS index (’70: 100;
Crb industrial
Fonte: Wiod, Credit Suisse 2022 Agricoltura Mining Agroalimentare, tabacco Legno, carta e stampa Chimica Altri elementi di base non metallici Macchinari, trasporti,
equipaggiature elettroniche Costruzioni Commercio e retail Trasporti e immagazzinamento Accoglienza e ristorazione Finanza e assicurazioni Servizi immobiliari Altri servizi Salute e servizi alle persone 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 0.00% 0.02% 0.04% 0.06% 0.08% 0.10% 0.12% 0.14% Valoredel settore sul Pil Elettricità da gas russo sul totale
della sospensione del gas russo sul tessuto economico elvetico
ed
i quantitativi si riducono velocemente, da qui un problema che potrebbe essere almeno in parte tamponato se consumi e spesa pubblica entrassero in azione», chiarisce il professore di Friburgo. Numeri impressionanti sono quelli dell’export tedesco, da qui la gravità del problema, e gli ordini di grandezza chiamati a confrontarsi rispetto ai fattori che dovrebbero subentrargli. «La forte crescita della locomotiva tedesca negli ultimi lustri è il frutto di una serie di elementi, difficilmente replicabili. I consumi dell’Europa mediterranea sono stati sostituiti dall’export verso la Cina, che tra il 2009 e il 2012 è cresciuto da 40 a 80 miliardi di dollari annui, e ne vale oggi ben 120, che ne fa il secondo mercato dopo gli Stati Uniti, e prima della Francia. Questa esplosione ha solo in parte compensato il declino del ceto medio europeo, dovuto ad austerità e impoverimento diffuso. La Germania è però fortemente dipendente dall’export di auto, che vale il 15% del totale, e se da un lato il diesel gate di Volkswagen l’aveva già colpito, dall’altro non è scontato, anzi, che anche in futuro riuscirà a tenere la leadership del settore, a patto di ripristinare affidabili approvvigionamenti, e stabilità in Europa orientale», evidenzia Quirighetti. Produrre stanca. Eppure queste condizioni, stabilità e affidabilità, potrebbero non essere del tutto scontate. Da qui il problema, che potrebbe proseguire. «Il mercato si sta scontrando con uno shock di offerta, per l’uscita di alcuni importanti attori, che ricorda molto gli anni Settanta. Nel 1973 l’Opec tagliò le forniture a molti Paesi occidentali, e la rivoluzione iraniana del ’79 accentuò il problema, e nonostante l’aumento conseguente delle esplorazioni contribuì a diversificare le forniture, non si è mai più tornati a quei prezzi. È possibile rimanere sui livelli attuali, sin tanto che la priorità non tornerà a essere il costo, e non la sicurezza della fornitura», enfatizza il Cio di Ubp.
A incidere sull’attuale livello dei prezzi sono diversi elementi, alcuni in una direzione, altri in quella opposta, con dunque un effetto incerto specie nel medio periodo. «L’economia mondiale si trova al momento in una fase di eccesso di domanda ed elevata inflazione. Politiche monetarie più restrittive e la frenata cinese dovrebbero contribuire ad abbassare i prezzi delle materie prime, ma il calo degli investimenti nelle fossili per via della
«Pandemia, geopolitica, transizione energetica
Giovanni Rickenbach, responsabile strategia di Pkb
transizione energetica e il calo dell’offerta russa potrebbero controbilanciare l’effetto. Allo stesso tempo il caro energia, al pari dei Settanta, dovrebbe accelerare l’uscita dal fossile, un calo dell’intensità energetica delle economie sviluppate grazie a innovazione e ristrutturazioni, e un adattamento degli stili di consumo della società», nota l’esperto di Pkb.
Se mezzo secolo più tardi la situazione è tornata a essere quasi la stessa, o comun-
A salvare almeno parzialmente l’export elvetico sta contribuendo la natura del suo commercio e la bassa elasticità di prezzo e quantità dei beni esportati. I Paesi occidentali potrebbero beneficiare della situazione intercettando il rimpatrio di parte delle attività produttive, al pari degli Emergenti più vicini, a patto di saper creare le giuste condizioni di business.
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e clima, sono i migliori alleati della sopravvivenza del processo di reshoring nei prossimi anni, e se risulta eccessivo ipotizzare una repentina deglobalizzazione dell’economia globale, è probabile un riposizionamento degli scambi commerciali»
Questione di competività Per regione (per addetto, e oraria;
Fonte: Bak economics Basilea San Francisco Svizzera Ginevra Øresund Singapore Zurigo Parigi Londra Boston - Cambridge Monaco 0 30 60 90 120 Il Re Pharma L’export svizzero (dati in mld chf) Fonte: Credit Suisse 0 5 10 15 20 25 ■ Pharma ■ Export di merci (excl Pharma) 2000 2005 2010 2015 2020 I mercati di sbocco svizzeri Export MeM (media trimestrale; 2019: 100) Fonte: Credit Suisse 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 03/2020 09/2020 03/2021 09/2021 Germania Francia Italia Cina Usa Tenere il tempo Export orologiero per Paese (mln chf) Fonte: Credit Suisse 2004 2020 2008 2012 2016 0 500 1000 1500 2000 2500 ■ Altri ■ Cina ■ Usa ■ Hong Kong ■ Giapp.
Ch: 100)
L’alta gamma europea
Vendite dei marchi europei per regione rispetto al 2019 (in %)
Nei prossimi anni l’Europa dovrà iniziare a ripensare il suo modello di sviluppo economico, ridando fiato a una spesa pubblica più mirata e soprattutto ai consumi delle famiglie. Resteranno i suoi settori tradizionali, con però nuovi innesti.
que sono molti i parallelismi, che parte delle soluzioni non possa essere trovata allo stesso modo? «Gli shock petroliferi imposero all’epoca un rapido cambio di passo nei consumi, di famiglie e imprese, sforzi diffusi per limitare la domanda garantendo un’equa distribuzione dell’offerta, e la scoperta di nuovi giacimenti, in Stati Uniti, Regno Unito, e Norvegia. Gli importanti investimenti nelle rinnovabili non devono andare sempre a scapito di quelli nelle fossili, pena di limitare ulteriormente l’offerta. Un approccio bivalente, sostenere gli investimenti nelle une sin tanto che la transizione non sarà avvenuta, e incrementarli nelle altre potrebbe essere una ragionevole prima soluzione», mette in evidenza Villamin.
Materie prime ed energia sono del resto gli elementi portanti del modello economico europeo, incentrato sul manifatturiero. Diversamente, altre regioni, sono chiamate a confrontarsi con questa emergenza, il cui impatto è però molto minore. «L’inclusione dell’ex blocco sovietico e della Cina nella sfera americana ha aperto le porte, nel 1991, all’economia globale com’è nota oggi. Il grado di apertura e interdipendenza dei Paesi sviluppati è aumentato esponenzialmente, e un nuovo percorso è iniziato. Allo stato attuale gli Stati Uniti godono di un livello di diversificazione di molto maggiore rispetto all’Europa, potendo contare ad esempio sulla leadership in tecnologia e finanza, e minori necessità industriali, che li rende meno sensibili alla crisi di questi mesi, al pari di una minor dipendenza dalla domanda cinese, attualmente un ulteriore fattore di rischio», precisa Rickenbach. Produrre dove? L’interdipendenza tra Paesi, e la parcellizzazione delle catene del valore, da un lato per ottimizzare i costi di produzione, dall’altro per meglio sfruttare la specializzazione delle industrie nazio-
nali, dunque il rapido diffondersi della globalizzazione, è stata resa possibile da significativi progressi tecnologici, e non solo. «Lo sviluppo del commercio estero e la delocalizzazione di parte della produzione sono strettamente legati alla riduzione dei costi di transazione, iniziati dalla seconda metà dell’Ottocento. Nell’arco di un secolo i costi del trasporto marittimo sono scesi a un quinto, quelli aerei a un decimo, al pari del forte calo delle barriere commerciali tra Paesi, e questo ha spinto l’export globale a crescere, in termini reali, di 50 volte. Va anche considerato che negli ultimi quattro decenni è cambiata la natura di quanto commerciato, con un’importanza crescente per gli input intermedi, frammentando le diverse fasi della produzione ad esempio sulla base del costo della manodopera e della sua specializzazione», sottolinea il Cio di Ubs. Solitamente delocalizzazione, e manifatturiero, fanno eco alla galassia degli Emergenti, da anni beneficiari di un ingente flusso di investimenti esteri diretti. Ma è davvero così? «Sotto il cappello di ‘Emergenti’ si trova un po’ di tutto, ma indagando meglio c’è un’unica prevalente beneficiaria, la Cina. Molte aziende stanno da tempo valutando seriamente un progressivo ‘near-shoring’, dunque non il rimpatrio dell’intera catena, che sarebbe oltre che costoso impossibile, ma di riavvicinarne parte diversificandola in più Paesi. Janet Yellen ha invece da poco introdotto un’ulteriore variante, il ‘friend-shoring’, ossia il favorire in questo processo nazioni considerate amiche e strategicamente più allineate all’Occidente, cercando di estenderlo anche alle materie prime, seppur sia più complicato», chiarisce il Cio di Ubp.
Di per sé trovare, al momento, Paesi più amichevoli e vicini all’Occidente non dovrebbe essere troppo complicato, specie rispetto alla Cina, è sul quanto ‘preparati’ che iniziano le discussioni. «Pandemia, geopolitica, transizione energetica e clima, sono i migliori alleati della sopravvivenza di tale processo nei prossimi anni, e se risulta eccessivo ipotizzare una repentina deglobalizzazione, è probabile un riposizionamento degli scambi commerciali. Il Mediterraneo e l’Europa orientale potrebbero esserne importanti beneficiari, al pari di Messico e India, a patto di rispettare un’imprescindibile condizione: creare condizioni favorevoli agli investimenti, salire nelle graduatorie di competitività e avere un quadro norma-
36 · TM Ottobre 2022
Fonte: McKinsey 2022 Mondo - 6 Europa Usa Cina +5 a +15 -35 -30 a -20 -25 +5 a +10 +60 +90 a +110 -15 a -5 +15 a +25 2020 0 90 60 30 -30 2021 2022e 2020 2021 2022e 2020 2021 2022e 2020 2021 2022e +70 a +90 -5 a +5 Vola il beauty
delle vendite (in % e mld usd) Fonte: McKinsey 2022 Cura della persona 2019 622 Creme Capelli Fragranze Make up 2020 2021 2022e 2023e 2024e 595 560 518 458 538 -2% p a 6% p a Vola il beauty
Fonte: McKinsey 2022 Specialisti 2019 Club Drogheria Farmacie E-commerce 2020 2021 2022e 2023e 2024e Grande distribuz. Viaggi 538 458 518 560 595 622 6% p.a. -2% p.a. Altro
Andamento
Vendite per canale (in % e usd mld)
tivo più stabile, come al tempo aveva fatto la Cina. Non è solo questione di costi», puntualizza l’esperto di Pkb.
Se dunque sulla carta il processo è già iniziato, e vanta ottime prospettive, i numeri qualche reticenza ancora la catturano. «I flussi d’investimenti diretti esteri verso gli Emergenti valgono più della metà del totale e continuano a correre, nel 2020 quelli tra Sviluppati avevano registrato una forte contrazione. Nella prima fase di offshoring l’obiettivo delle imprese era minimizzare i costi, soprattutto del lavoro, più di recente si è andati invece a convergere sull’efficienza dei cluster industriali degli Emergenti, specie in estremo oriente. Non sono da escludersi processi di near-shoring o reshoring, ma come conferma l’ultimo rapporto dell’Organizzazione mondiale del commercio è improbabile avranno la magnitudo da molti ipotizzata, tanto che ad oggi non si sono ancora registrati movimenti significativi», chiarisce Guglielmin. Produrre come? A prescindere dalla realizzabilità economica e normativa del processo, variabile per settore, e per stato, è spesso necessario confrontarsi con quelli che sono limiti fisici e pratici, di più difficile risoluzione. È questo il caso?
«Il legame tra manifatturiero e logistica è viscerale, non è solo in entrata, ma anche in uscita, si tratta di reperire materie prime e componentistica, ma anche di esportare i prodotti finiti. Il vantaggio competitivo degli operatori del settore sta tutto nel ‘solution design’, non si tratta più di consegnare bene o in orario, ma anche di soddisfare le esigenze del cliente in tempi rapidi, reagendo ed ingegnandosi immediatamente. Alcune aziende europee hanno spostato, nell’ultimo biennio, la produzione nel Mediterraneo, e il settore ha dovuto reagire con uomini e mezzi, e basi logistiche, per rispondere alla richiesta», nota il manager di Nippon Express.
Se il settore è dunque in grado di rispondere agilmente, sono le aziende, sotto pressione dal lato costi, che potrebbero non essere in grado di rivoluzionare in tempi così rapidi la strategia. «La crisi energetica oltre ad avere significative ripercussioni sulla tenuta sociale di molti Paesi europei, e non solo, sta anche stressando i costi della logistica che sono parte integrante del prezzo finale del prodotto, con quindi un riflesso anche sul vantaggio competitivo dell’export europeo. Questa sfida sempre più impegnativa potrà essere
Mix energetico in Europa per mese
I prezzi dell’energia in Europa
Confronto tra singoli Paesi (dati medi Q4 2021 per clientela in euro)
vinta solo giocando su base continentale, rafforzando coesione e cooperazione anche politica tra i singoli stati membri, con la possibilità di estenderla ai limitrofi, e scommettendo sul rimpatrio di parte delle catene, oltre che una maggior autonomia militare ed energetica», riflette Bonoli.
Costi in aumento, non solo energetici, che potrebbero dare una spinta anche in ambito logistico verso un’ulteriore evoluzione del tessuto produttivo. «I costi logistici si articolano in carburanti, manodopera e capitale, tutti elementi sotto pressione. Catene più brevi ed efficienti costituiranno dunque un importante vantaggio competitivo per tutte quelle aziende che saranno in grado di reagire. I maggiori costi sono infatti mitigabili da maggiori investimenti in tecnologia e innovazione, ad esempio in rinnovabili e automazione, per quanto in un quadro congiunturale maggiormente inflativo dovranno tener conto di un crescente costo del capitale», solleva il Cio di Ubp. L’Europa. Il potenziale aiuto che potrebbe venire dall’innovazione nel contenere i costi di produzione ribalta i rapporti
Il caro energia e l’esplosione della bolletta energetica per il manifatturiero non è un problema equamente diffuso, per un mix energetico molto diverso Paese per Paese. È però un problema comune.
di forza degli ultimi anni, soprattutto rispetto agli emergenti. «Rimpatriare o riavvicinare parte della produzione non dev’essere vista come una rinuncia a una presenza internazionale, quanto una fase più matura e consapevole della strategia del manifatturiero europeo. Si è visto che la vicinanza alle operazioni produttive stimola l’innovazione ed è cruciale nell’apprendimento di nuove competenze, chiavi per il ripensamento degli equilibri industriali e geopolitici cui non bisognerebbe rinunciare», chiosa il Cio di Ubs. Nonostante si tratti di una fase congiunturale molto complessa, non per questo bisogna cedere al pessimismo. «Il mercantilismo europeo sta cambiando natura, e fronteggiando sfide tipicamente svizzere, orientandosi più verso servizi,
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Fonte: Commissione Europea 2022 ■ no data ■ <14 ■ 14,1-20 ■ 20,1-25 ■ >25,1 ■ no data ■ <8 ■ 8,1-10 ■ 10,1-12 ■ >12,1 Famiglie (cent./kWh) Secondario eur/mWh ■ no data ■ <100 ■ 100,1-150
150,1-200
>200 All’ingrosso (cent./kWh)
■
■
di energia in Twh per fonte Fonte: Commissione europea 2022 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50% 0 50 100 150 200 250 300 2018 2019 2020 2021 ■ Combustibile solido ■ Gas ■ Nucleare ■ Idroelettrico ■ Eolico ■ Solare ■ Biomasse ■ Altro Fossili in % tot. (dx) Rinnovabili in % tot. (dx)
Produzione
Gli investimenti esteri diretti dove vanno?
Ciambella tecnologica?
Due anni di emergenza pandemica, al netto dei costi espliciti e impliciti comunque elevatissimi, hanno quanto meno recato in dote una forte accelerazione dell’innovazione tecnologica, o meglio, della sua diffusione. Ma la tecnologia salverà il mondo, e l’Europa? «Quello che si è registrato nei primi mesi della pandemia è stato un avanzamento tecnologico senza precedenti, che secondo le stime di McKinsey avrebbe altrimenti richiesto ben sette anni. Le imprese sono state costrette ad abbracciare le nuove tecnologie per sopravvivere, e l’hanno fatto. Se dunque le catene del valore sono state spesso spezzate, sono anche stati gettati i migliori semi per uscirne rafforzati», sottolinea il Cio di Ubs. Ciononostante il Vecchio Continente resta in una situazione molto delicata in tale ambito. «Tecnologicamente parlando è evidente l’Europa abbia mancato un giro di boa fondamentale in informazione, digitalizzazione e reti sociali, che va a sommarsi ai suoi mali tradizionali, energia e demografia. Problemi molto diffusi che si riflettono anche sulle bilance commerciali delle tre maggiori economie, emblematico del declino manifatturiero europeo», nota il Cio di Decalia. Nonostante questo declino, l’interdipendenza internazionale, spinta dallo sviluppo tecnologico, resta un elemento critico del sistema. «Il valore aggiunto importato contenuto nelle esportazioni è un dato che cattura il grado di questa interdipendenza, che nel caso del manifatturiero è del 35%, rispetto al 25 degli anni Novanta. Elettronica e Automotive sono i settori più dipendenti, seguiti da lusso e Pharma, il che si riflette nell’export nazionale. Il valore aggiunto estero dell’export tedesco è del 30%, del 27 quello italiano, valori comunque distanti dal 45% di Taiwan e il 50 dell’Irlanda», conclude Guglielmin.
turismo, lusso e know how, e abbandonandone altri. La crescita del ceto medio in Asia e la debolezza dell’euro dovrebbero sostenere il processo. Se l’Europa riuscisse ad affermarsi quale leader nella transizione energetica non solo la sua industria tornerebbe a correre, ma potrebbe anche ambire a divenire il principale fornitore mondiale di servizi e beni intermedi per il settore», nota Quirighetti.
L’unione fa la forza, a patto che tutti i partecipanti siano in chiaro sugli obiettivi da raggiungere. «A parità di condizioni le dimensioni sono un vantaggio, dunque l’acquisto congiunto di materie prime
dovrebbe essere preso in considerazione a livello continentale, per quanto a concorrere dovrebbero essere altri fattori, per almeno calmierare i costi di produzione. L’Europa dovrebbe guardare alla Svizzera per trarne qualche lezione, giacché è anni che si trova in una situazione analoga, rispetto al resto del mondo, sfruttando la duratura debolezza dell’euro. Un ulteriore elemento di sostegno, a patto di metterlo a frutto, ad esempio investendo congiuntamente, su modello del Recovery plan», chiarisce Villamin.
Dunque, la vera domanda è quali debbano essere questi obiettivi condivisi.
Il reshoring di parte della produzione in Paesi più vicini o amici porterà a una nuova ondata di Fdi tra avanzati? Al momento è ancora sottotraccia.
«La Svizzera è tradizionalmente una fondamentale piattaforma per il trading internazionale, un’esperienza interessante da giocare in chiave del progressivo riavvicinamento e integrazione nel mercato comune europeo. Quello che deve essere salvato è il manifatturiero di precisione, e di fascia più alta, la nostra vera ricchezza, lavorando intensamente per mantenere l’apertura dei mercati di esportazione, e soprattutto d’importazione, potendo però contare su un potere negoziale maggiore, quello europeo», riflette Bonoli.
È però necessario un deciso cambio di passo, da parte del mercato, dei privati, e soprattutto dello Stato. «A uscire fortemente indebolito dalla globalizzazione degli ultimi anni è il ceto medio europeo, delocalizzare le attività produttive ha lasciato vulnerabili e scontente le precedenti regioni industriali e periferiche, il che ha dato il via a populismi e protezionismo strisciante. Solo un ritorno di politiche industriali mirate, progetti di riqualificazione e vera progettualità, coinvolgendo il sistema educativo, potrebbe inaugurare una nuova stagione di sviluppo e crescita in Europa», conclude Elena Guglielmin. Il chiudersi dell’epoca dell’abbondanza è destinato ad attirarsi un dibattito particolarmente aspro e concitato, in un’Europa destinata a uscire comunque malandata, almeno nell’immediato, dalla crisi energetica. La pia speranza sta dunque tutta, anche questa volta, nell’idea forse romantica che le sia servito di lezione, e che passata la tempesta si possa davvero tornare a parlare e scrivere di sviluppo comune, con qualche strumento nuovo nella cassetta degli attrezzi.
A patto che Berna sappia mettere da parte qualche particolarismo di troppo, e che cavalcando l’emergenza riesca comunque a strappare una firma, si potrebbe inaugurare una nuova stagione di accordi e reciproca intesa con l’Unione per uscire rafforzati da una brutta parentesi, che sicuramente lascerà un segno nella storia recente, ma soprattutto per tornare a correre come in realtà il Vecchio Continente ha smesso di fare da decenni. Il mercantilismo è acqua passata, l’avevano già capito a Roma. Cosa c’è di complicato? ❏
38 · TM Ottobre 2022
Divisione per Paese, N. di progetti e variazione y/y Fonte: Ey 2022 1,222 993 841 152 200 207 193 264 245 361 8 Portogallo +30% 1 Francia +24% 10 Irlanda –8% 6 Belgio +8% 3 Germania –10% +2% 2 Uk 9 Polonia –12% 4 Spagna +2% 7 Italia +83% Turchia 5 +27% 75
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GIOIELLI & OROLOGI
Anche la caccia ha i suoi meriti
I cacciatori svizzeri annualmente investono oltre cento milioni di franchi per un compito che svolgono anche nell’interesse dello Stato. La realtà spagnola ha altri numeri.
Siamo in ottobre e ‘more solito’ ci apprestiamo a goderci l’autunno (e a prepararci ad un inverno che si prospetta più freddo del solito). Anche se non tutti ne sono entusiasti, oltre alle castagne ed ai funghi, in Ticino, nei Grigioni, così come in molti altri Cantoni, vi è una passione culinaria comune: la selvaggina. Una passione che nasce da un’altra passione, molto speciale, che in Svizzera accomuna almeno 30mila persone. La caccia.
Ad eccezione di Ginevra, dove è proibita, nel resto del Paese esistono due sistemi: la caccia in riserva e la caccia a patente. Poiché la regolamentazione della caccia è di competenza dei Cantoni, spetta a loro determinare quale sia il sistema di caccia applicabile. A livello federale, come spiega l’Ufam: “la legge sulla caccia persegue da un lato la conservazione della diversità delle specie, degli
spazi vitali dei mammiferi e degli uccelli selvatici indigeni come pure la protezione delle specie minacciate. Dall’altro lato, la legge intende garantire un’adeguata gestione venatoria della selvaggina oltre che ridurre a un limite sostenibile i danni a foreste e colture causati dalla fauna selvatica. Attraverso la caccia, i Cantoni assicurano inoltre una gestione sostenibile dei boschi ed il loro naturale rinnovarsi, con essenze adatte al sito”. L’Associazione ‘Caccia Svizzera’ difende una “filosofia delle cacciatrici e dei cacciatori svizzeri per una caccia responsabile e sostenibile” che riassume come segue: “La caccia è un’attività responsabile per la natura. Le cacciatrici e i cacciatori hanno una missione di servizio pubblico e danno un prezioso contributo per la flora e la fauna del nostro Paese. Noi cacciamo con passione ed entusiasmo per l’arte cinegetica. Le cacciatrici e i cacciatori si comportano
In Spagna esistono due modelli di caccia, quello sociale e quello economico. I due modelli svizzeri sono, invece, la caccia in riserva e quella a patente.
nello stesso modo in cui si aspettano si comportino gli altri utenti della foresta: in modo aperto, onesto e responsabile”. Da un punto di vista strettamente economico, sempre secondo Caccia Svizzera, i cacciatori e le cacciatrici svizzeri “abbattono ogni anno circa 70mila capi di selvaggina tra caprioli, camosci, cervi e cinghiali per un valore di circa 20 milioni di franchi, a fronte di un ammontare in tasse che i cacciatori pagano ai Cantoni sotto forma di licenze, affitti e imposte sulle licenze per un totale di 26 milioni di franchi. A questo si aggiungono circa 44mila giorni di lavoro per il ripristino e
42 · TM Ottobre 2022
economia / testimonianze
mantenimento degli habitat nei territori di caccia, prestati puramente su base volontaria e quindi non retribuita. Se questi servizi fossero addebitati allo stato a 30 franchi all’ora, ne risulterebbero altri 10,5 milioni di franchi. (…) I cacciatori svizzeri annualmente investono oltre cento milioni di franchi per un compito che svolgono anche nell’interesse dello Stato. Con i loro contributi annuali i cacciatori finanziano inoltre le amministrazioni degli Uffici Caccia nei cantoni e quindi il lavoro dei guardiani della selvaggina e dei guardiacaccia”.
E in Spagna? Qual è la realtà del Paese che nel nostro immaginario associamo alle spiagge, alle grandi città monumentali, alle corridas, alla paella e sangria? Ebbene, in Spagna la caccia rappresenta un’attività con un’importanza che i profani, soprattutto stranieri, mai immaginerebbero. Essenzialmente e storicamente in Spagna esistono due modelli di caccia: quello sociale e quello economico. Il modello sociale è orientato a garantire l’accesso all’attività cinegetica a condizioni paritarie a tutti i cacciatori residenti sul territorio ed è associato ai territori gestiti da società locali di cacciatori, denominati riserve sociali (‘cotos sociales’). Questo modello è assimilabile al sistema svizzero della caccia in riserva.
Ma, diversamente dalla Svizzera, in Spagna esiste un modello economico basato sulle riserve private di caccia. Ed è su questo modello che vorrei soffermarmi perché oggettivamente è quello che più ci può sorprendere. In Spagna ben l’80% del territorio ha una gestione cinegetica, ovvero 43.3 milioni di ettari, divisi in 31’786 riserve (secondo i dati
«In Svizzera i cacciatori pagano ai cantoni sotto forma di licenze, affitti e imposte sulle licenze un totale di ben 26 milioni di franchi. In Spagna, le sole licenze hanno portato nelle casse dell’erario circa 20,6 milioni di euro»
David Mülchi, Avvocato e socio dello Studio Mülchi & Asociados
dell’Ufficio Nazionale della Caccia), di cui 26’410 riserve private occupanti circa 28.3 milioni di ettari. Il numero delle licenze emesse è di 769’551, che generano alle arche pubbliche circa 20.6 milioni di euro (dati del 2018). I capi di selvaggina (‘caza mayor’) abbattuti nel 2018 sono stati circa 640mila, mentre quelli di mammiferi ed uccelli (‘caza menor’) circa 18.5 milioni. Il settore ha poi generato (dati del 2016) più di cinque miliardi di euro, creando 54mila posti di lavoro all’anno e vede partecipare, direttamente o indirettamente, circa cinque milioni di persone. Secondo uno studio di Deloitte, i cacciatori e le cacciatrici in Spagna investono una cifra di trecento milioni di euro nella conservazione della natura. Se compariamo le cifre sopra riportate sulla Svizzera arriviamo alla conclusione che i nostri cacciatori pagano molto di più per le loro licenze ma soprattutto investono tremila franchi svizzeri contro i trecentonovanta euro degli spagnoli.
Cifre a parte, è interessante notare che la caccia in Spagna è un fenomeno sociale, che da sempre riguarda non solo la vita degli abitanti delle zone rurali ma anche buona parte dell’alta società spagnola, dagli aristocratici ai ‘nouveaux riches’.
A questo proposito, è indicativa la tipologia di molte delle riserve di caccia e la loro specialità come bene d’investimento immobiliare. Le regioni di Extremadura e Castilla-La Mancha sono quelle con la maggiore concentrazione di tenute di caccia private. Cinquecento famiglie controllano il 4.1% del territorio spagnolo grazie a 1’669 grandi riserve di caccia (alcune raggiungono i 20mila ettari!). Alcuni proprietari le gestiscono come aziende agricole e cinegetiche ad uso proprio per
‘family and friends’, altri le affittano o organizzano eventi di caccia (tipicamente le ‘monterias’) a pagamento (il costo varia da duemila a novemila euro al giorno).
Gli spagnoli sono importanti investitori nelle tenute, ed in particolare nelle riserve di caccia. Negli ultimi anni, inoltre, sono aumentati gli investitori provenienti dai Paesi del Golfo, che colgono anche l’occasione per praticare un’attività di cui sono fortemente appassionati, ossia la falconeria. Per esempio, nel 2015, lo sceicco Mansour bin Zayed bin Sultan Al Nahayan (proprietario del Manchester City) ha acquistato la tenuta ‘Quintos de San Martin’ di 8mila ettari per la modica somma di 55 milioni di euro. Anche se disponibili tenute decisamente più economiche, secondo Engel & Völkers la vendita di tenute di caccia (che normalmente si completano con attività agricole) può avere un mercato complessivo di 1.4 miliardi di euro. In realtà la gestione di tenute, soprattutto di grandi dimensioni, non è una missione facile e richiede grande esperienza e comunque una forza finanziaria non da poco (soprattutto ora che l’inflazione sta flagellando il costo delle materie prime, dai foraggi all’energia). Con un buon investimento iniziale e con un’adeguata gestione, una tenuta di caccia ed agricola può avere facilmente una Irr annuale superiore al 15%. Spesso ho sentito recitare dai proprietari fondiari un po’ più sprovveduti lo stesso ‘adagium’ tipico di alcuni proprietari di yacht o di aerei: “i due giorni più belli della mia vita sono stati quando ho comprato la tenuta… e quando l’ho venduta”. Ma, sinceramente: chi non vorrebbe godersi la pace, la bellezza e le risorse di una bella tenuta in Spagna? Costi quel che costi.
Ottobre 2022 TM · 43
L’incognita demografica
Nonostante sia stata tra le più colpite dalla pandemia, a livello svizzero, l’economia ticinese ha imboccato la via della ripresa con un certo slancio, potendo contare su fondamentali solidi. A segnalarsi il turismo che ha visto massimi storici. Rimane però l’incognita demografica.
A lato, il lago di Lugano. Sotto, nonostante qualche miglioramento negli ultimi anni la produttività ticinese non decolla.
equivalenti a tempo pieno del 10,9 che la pongono leggermente al di sopra della media nazionale», riflette Sara Carnazzi Weber, responsabile dell’analisi politico economica di Credit Suisse.
Valore aggiunto lordo in franchi per occupato (in Etp), 2019
Quello che emerge dalla più recente analisi di Credit Suisse
è un Cantone Ticino chiamato a confrontarsi con un quadro congiunturale impegnativo, e che pur muovendo da anni di buona crescita nell’immediato futuro, aldilà dell’attuale stallo dovuto alla crisi in Europa orientale, si troverà a fare i conti anche con cambiamenti strutturali del quadro macroeconomico. Una traiettoria non inaspettata, e soprattutto condivisa con il resto della
Confederazione, la cui sfida principale risponde al nome di demografia.
«Nel corso dell’ultimo decennio l’economia cantonale ha vissuto una fase di buona espansione, seppur segnata da eventi esogeni avversi circoscritti però ad alcuni settori, quali l’abbandono del tasso di cambio minimo con l’euro, l’abolizione de facto del segreto bancario, o l’iniziativa sulle residenze secondarie. TRa il 2011 e il 2019, il numero d’imprese è aumentato del 14,1%, il numero di posti di lavoro
A risultare particolarmente colpiti i settori più tradizionali del tessuto economico locale: la Piazza finanziaria, che ha visto un ridimensionamento significativo delle sue dimensioni, e del numero dei suoi addetti, sia a livello bancario che parabancario, segnato ad esempio dallo smantellamento di Bsi; la meccatronica, che ha invece patito il venir meno del cambio minimo, con una riduzione dei livelli occupazionali in meccanica, elettrotecnica e metallurgica, oltre che dell’abbigliamento. «La forte crescita del Pharma e delle tecnologie medicali non è riuscita a controbilanciare del tutto questi cali, ma a tirare hanno contribuito oltre al settore pubblico, in particolare la pubblica amministrazione, i servizi sanitari e sociali, e l’istruzione, specie nei distretti di Locarno e Bellinzona. Lugano e Mendrisio hanno invece beneficiato della crescita dell’It», prosegue la specialista.
Nonostante elevati coefficienti di specializzazione settoriale, come possono esserlo finanza ed edilizia, nel suo complesso l’economia cantonale risulta ben diversificata, sia in termini di concentrazione settoriale, il quarto valore più basso svizzero, e aziendale, la miglior garanzia di una buona resilienza a possibili crisi. «Anche in termini di produttività il Ti-
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economia / studi Produttività ticinese
Fonte: Ufficio federale di statistica, Credit Suisse 0 25’000 50’000 75’000 100’000 125’000 150’000 175’000 200’000 225’000 250’000 Bs Zg Sh Ne Zh Ge Bl So Be Gl Sg Fr Ag Nw Tg Ti Ar Vd Ai Sz Ow Lu Gr Ju Ur Vs Media svizzera Mediana di tutti i cantoni
cino ha registrato una crescita del 4,9%, grazie al forte sviluppo di settori a più alto valore aggiunto, leggermente superiore anche al dato nazionale. Ma è nell’effervescente sviluppo dell’ecosistema cantonale dell’innovazione, sia in termini di strumenti che di programmi, che sono riposte le maggiori speranze per i prossimi anni, in competitività e sviluppo. Va però notato che il nuovo decennio è iniziato sotto l’influenza del Covid-19, e la regione ne è stata tra le più colpite», nota Carnazzi. L’inattesa riscoperta. Se il dato nazionale ha registrato una battuta d’arresto per il settore turistico, e un’uscita dalla pandemia ancora rallentata e incerta, non si può dire lo stesso del Cantone. Nel solo 2020 la media nazionale catturava un calo del numero di pernottamenti superiore al 35% rispetto all’anno precedente, leggermente migliorato (-19%) l’anno successivo. In decisa controtendenza, invece, il Ticino che dopo aver archiviato il 2020 a un modesto -11%, già nell’anno successivo era tornato a superare i livelli pre pandemia. «Il numero di pernottamenti entro i confini cantonali a fine 2021 era in aumento di oltre il 40% rispetto al 2019, non sorprende dunque il calo del 20,3 negli ultimi mesi rispetto ai precedenti livelli da record. Un dato medio che nasconde però una realtà più varia. I comuni urbani, come Lugano e Bellinzona, nonostante la ripresa sono comunque rimasti indietro rispetto a quelli rurali, con un impressionante boom, ad esempio Avegno Gordevio e Verzasca. Una tendenza in linea con i dati nazionali, con Zurigo tra le città più colpite, per il venir meno di buona parte del turismo d’affari», rileva Carnazzi. Anche a livello di strutture ricettive la forbice va però aprendosi, con una certa dose di progresso che ha iniziato a ritagliarsi un ruolo via via più importante. Ancora nel 2019 circa il 27% dei pernottamenti avveniva nel paralberghiero, dunque case di vacanza, ostelli e campeggi, due anni più tardi ha toccato un terzo del totale, con i campeggi in vetta alla classifica. Ma chi sono questi turisti? «A livello locale è il turismo nazionale ad aver fortemente contenuto il calo del 2020, e ad aver spinto il balzo l’anno successivo. Il clima mediterraneo del Cantone, e le molte incognite sugli spostamenti all’estero, hanno in misura sostanziale contribuito a questo, con una quota di turismo nazionale che è cresciuta da un buon 65% nel 2019, all’83 l’anno scorso; tendenza
«La vicinanza all’Italia ha giocato storicamente un ruolo importante per il mercato del lavoro locale, l’inasprimento del quadro normativo per i frontalieri non è quindi un’incognita di poco conto per l’economia cantonale, cui deve essere sommata una dinamica demografica molto avversa»
Sara Carnazzi Weber, Responsabile analisi politico-economica di Credit Suisse
Cresce la quota di turisti nazionali
Distribuzione dei pernottamenti per provenienza dei turisti e grandi regioni, in %
Inversione di rotta del turismo ticinese Variazione del numero di pernottamenti per grandi regioni, in %
condivisa a livello svizzero, con un forte aumento, dal 47% al 73», riflette l’esperta. Discorso a parte la nota piattaforma Airbnb, che vede in Svizzera il Ticino quale principale meta. Durante il 2020 si è registrato un calo del numero di pernottamenti del 13%, ma già nel 2021 si era tornati di un 15 sopra i livelli prepandemici. Il 2019 costituiva però l’apice di una tendenza in atto da oltre un decennio, se
L’ultimo biennio è stato segnato dalla ripresa, in grande spolvero, del turismo cantonale, meta preferita di un’amplissima maggioranza di turisti nazionali, che hanno preferito all’estero il Ticino, complice in larga misura la pandemia, e tutte le sue restrizioni agli spostamenti internazionali. A pandemia esaurita cosa succederà? Tutto da dimostrarsi.
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-100% -80% -60% -40% -20% 0% 20% 40% 60% 80%
Fonte: Ufficio federale di statistica, Credit Suisse
Q1 2020 Q2 2020 Q3 2020 Q4 2020 Q1 2021 Q2 2021 Q3 2021 Q4 2021
Zurigo Svizzera centrale Svizzera nord-occ. Regione del Lemano Svizzera Espace Mittelland Svizzera orientale Ticino
Fonte: Ufficio
statistica,
33% 51% 42% 68% 42% 60% 43% 74% 47% 75% 47% 73% 63% 79% 65% 83% 0% 20% 40% 60% 80% 100% 20 1 9 20 2 1 20 1 9 20 2 1 20 1 9 20 2 1 20 1 9 20 2 1 20 1 9 20 2 1 20 1 9 20 2 1 20 1 9 20 2 1 20 1 9 20 2 1 Zurigo
Svizzera
federale di
Credit Suisse
Regione Lemano Svizzera nord-occ Svizzera centrale Espace Mittelland Svizzera Svizzera orientale Ticino
Germania Italia Paesi Bassi Stati Uniti Francia Gran Bretagna Belgio Austria Cina Resto del mondo
Invecchia
Problemi di formazione? Grado
Un
Crescita di oltre confine
Aumenta
critiche su a quali obblighi di legge dovrebbero essere soggetti gli host, e come l’attuale assenza degli stessi distorca le dinamiche concorrenziali. Caso ancora a parte la sostenibilità nel tempo dei 4,4 milioni di pernottamenti registrati in Ticino lo scorso anno, decisa inversione di tendenza con gli anni precedenti: erano infatti 3,7 milioni nel 2009, ma già 3,1 nel 2019», prosegue Carnazzi. La grande sfida. La posizione geografica del Cantone è da sempre una peculiarità con cui ha dovuto confrontarsi, un limite fisico rispetto al resto della Svizzera, rinforzato da aspetti culturali e linguistici. Non è un caso che vanti il pendolarismo intercantonale più basso, o la quota maggiore di popolazione attiva straniera, data da frontalieri e stranieri residenti, complessivamente oltre il 50% del totale, rispetto al circa un terzo nazionale. «Rispetto alla popolazione residente in età lavorativa il Ticino offre un numero elevato di posti di lavoro equivalenti a tempo pieno, fatto 100 il totale nel 2020 erano ben 86, rispetto alla media nazionale di 72. Tale dato pone il Cantone al quarto posto, dopo Basilea Città, Zugo e Ginevra, ma anche in questo caso la media cantonale nasconde profonde differenze. Nel caso di Mendrisio la cifra si impenna infatti a 120, con Lugano e Bellinzona comunque al di sopra del 72 nazionale. La profondità del mercato del lavoro nord italiano garantisce serenità al Ticino anche rispetto alle crescenti difficoltà di reperimento di manodopera qualificata, un serio problema cui si stanno misurando tutte le imprese svizzere, in misura maggiore rispetto a quelle locali», evidenzia l’esperta.
Il mercato del lavoro ticinese è segnato da un accelerato invecchiamento del capitale umano, oltre che dallo scarso livello di istruzione della sua componente pendolare. Se innovazione e settori ad alto valore aggiunto sono le vie maestre per continuare a crescere è evidente possa emergere più di un problema, già nei prossimi anni.
infatti nel marzo 2015 a livello nazionale erano circa 3mila gli alloggi disponibili, sette anni più tardi la cifra è lievitata oltre i 26mila, e circa un decimo è in Ticino. «Questo dato si riflette del resto anche nella capacità ricettiva del settore a livello locale, con la piattaforma che offre il 58% dei posti letto disponibili nel settore alberghiero, cifra ben superiore a circa il 40% nazionale. Da qui il montare delle
La situazione non è però destinata a migliorare nei prossimi anni, né a livello cantonale, né tanto meno nazionale, considerate le decine di migliaia di addetti presto in uscita dal mondo del lavoro. Nel secondo trimestre di quest’anno oltre il 41% delle imprese sondaggiate segnalava problemi nella ricerca di candidati, rispetto al 37 ticinese, ma se si guarda al dato delle Pmi, negli ultimi tre anni il 40% delle ticinesi aveva riscontrato difficoltà più o meno significative, rispetto a un 66% nazionale, con picchi superiori al 75 in Svizzera orientale e nord occidentale. «La vicinanza all’Italia ha giocato storicamente un ruolo di supporto importante per il mercato del lavoro locale, in questo senso l’inasprimento del quadro normativo per i frontalieri non è un’inco-
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mercato
velocemente Numero di occupati e pensionamenti dei Baby boomer Fonte: Ufficio federale di statistica, Credit Suisse -20.000 -10.000 0 10.000 20.000 30.000 40.000 50.000 -2.000 -1.000 0 1.000 2.000 3.000 4.000 5.000 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 Saldo Ticino Pensionamento (Ticino) Entrata di 20-25enni (Ticino) Saldo Svizzera (dx)
che invecchia
il capitale umano
frontalieri per coorte demografica Fonte: Ufficio federale di statistica, Credit Suisse 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 15-24 25-34 35-44 54-54 55+ 199920032007201120152019
N.
d’istruzione del frontalierato (in %) Fonte: Ufficio federale di statistica, Credit Suisse 0% 20% 40% 60% 80% 100% Mesolcina Tre Valli Locarno Bellinzona Lugano Mendrisio Nessuna scuola/dell'obbligo Diploma secondario Diploma terziario RPFRPFRPFRPFRPFRPF residenti (R) pendolari (P) frontalieri (F)
il numero dei frontalieri in Ticino (in unità) Fonte: Ufficio federale di statistica, Credit Suisse 0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 0 10.000 20.000 30.000 40.000 50.000 60.000 70.000 80.000 90.000 100.000 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 Crescita (dx) Quota sull'occupazione (dx) Numero
Mendrisio si colloca all’apice svizzero per numero di posti di lavoro in rapporto alla popolazione attiva.
gnita di poco conto per l’economia cantonale, cui deve però essere sommata una dinamica demografica molto avversa. Se presto il numero di fuoriuscite supererà quello di entrate dei più giovani a livello svizzero, in Ticino questo dovrebbe essere già iniziato l’anno scorso. Il 40% delle Pmi locali che abbiamo sondaggiato si professava convinto che l’ondata di pensionamenti causerà difficoltà nei prossimi anni, dato superiore alla media nazionale del 36, ma comunque inferiore al 45 della regione di Zurigo», nota Carnazzi.
Ma se quindi all’avversa dinamica demografica si somma la relativa perdita di attrattività rispetto alla vicina Italia, cosa si può dire dell’evoluzione del Cantone nei prossimi anni? Rispetto agli inizi degli anni Duemila la popolazione è andata sostanzialmente stabilizzandosi, e il saldo delle persone in entrata si è fortemente indebolito. «Il saldo naturale, la differenza tra nascite e decessi, è ormai da un de-
cennio negativo, ma è stato il crollo dei flussi migratori internazionali la ragione principale del calo demografico nella seconda metà del decennio scorso, essendo anche a livello nazionale la componente più rilevante. Già oggi il Ticino vanta uno dei più alti tassi d’invecchiamento, e se si guarda all’indice di dipendenza anziani, il numero di over 65 per 100 persone in età lavorativa, il cantone è già il più vecchio della Svizzera, con un rapporto di 39,1
rispetto al 30,7 nazionale. In questa direzione Bellinzona è stato l’unico distretto a non registrare un calo della popolazione negli ultimi anni, e l’unica con un significativo saldo migratorio intracantonale tra 2018 e 2020. Locarno, Lugano e Mendrisio è invece già dal 2017 che si stanno confrontando con un calo demografico», conclude l’esperta di Credit Suisse.
Giulio De Biase
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Densità occupazionale N.posti di lavoro (Etp) ogni 100 individui della popolazione attiva Fonte: Ufficio federale di statistica, Credit Suisse 0 20 40 60 80 100 120 140 Mendrisio Bs Zg Lugano Ge Ti Zh Gr Bellinzona Ju Ne Be Sg Lu Ow Sh Vd Locarno Bl Ai Nw Gl Vs So Ur Sz Ag Ar Tg Tre Valli Mesolcina Fr Media svizzera
Esplorazioni costruttive
Design computazionale e stampa 3D, architettura spaziale e virtuale: tecniche e dimensioni che aprono promettenti strade all’industria delle costruzioni, a patto di smarcarsi da una certa staticità. Prospettive molto più concrete di quanto la loro natura digitale potrebbe far sospettare. A servizio della creatività umana e in risposta alle sfde dell’attualità.
Da sempre terreno di sperimentazione: dalle piramidi ai teatri, acquedotti e porti, palazzi e cattedrali, ponti e gallerie. Grandi opere che, epoca su epoca, hanno coronato i massimi raggiungimenti di ogni civiltà, celebrazione del potere politico o spirituale, specchio di tradizioni culturali e progressi sociali. Dimostrative dell’ingegno umano hanno spinto a sviluppare nuove tecniche costruttive, strumenti e materiali. Lo sa bene un paese di trafori come la Svizzera, che di primati ne ha segnati molti. Quanto di quello slancio idealistico e visionario rimane al settore delle costruzioni odierno? Certo, ci sono i progetti delle archistar: le ultracontemporanee forme, fluide e sinuose, di un architetto come Zaha Hadid non sarebbero state realizzabili senza software di progettazione parametrica e strumenti di realtà virtuale. Ma sono rare, per quanto vistose, eccezioni in un contesto professionale sostanzialmente tradizionalista, così come di lungo corso
sono le dinamiche del mercato immobiliare. Non significa aproiristica ostilità al cambiamento, anzi, secondo uno studio di respiro internazionale pubblicato da International Data Corporation, quattro imprese edili su cinque pongono la trasformazione digitale fra le loro priorità. Tuttavia il discorso rimane per lo più circostanziato a processi di lavoro, modelli di business ed ecosistemi aziendali, mentre marginale resta l’utilizzo di soluzioni e strumenti digitali nei progetti in corso, proprio a causa di difficoltà concrete: budget da investire, strumentazione da acquisire, collaboratori da formare.
Eppur qualcosa si muove fra chi è più illuminato, più flessibile o, semplicemente, più affamato di innovazione. Una prima anticipazione l’ha offerta, lo scorso 14 settembre, la conferenza organizzata al Lac dallo Swiss Institute for Disruptive Innovation (Sidi), istituto che come suo obiettivo ha proprio quello di esplorare le tecnologie emergenti per aiutare imprese, istituzioni e amministrazioni pubbliche a
La futura attività umana sulla superficie lunare utilizzerà la stampa 3D per costruire infrastrutture in loco, sfruttandone il suolo (regolite) e la luce solare concentrata come unica fonte di energia. Una tecnologia oggi studiata a livello R&D, ma destinata a diventare standard e che potrà trovare applicazione anche sulla Terra.
liberare il loro potenziale di crescita rivoluzionando i processi esistenti. È stata l’occasione per incontrare a margine, fra gli interessanti relatori intervenuti, tre personalità al fronte dell’innovazione nel settore.
Far di computazione . Tra i massimi esperti in materia di design computazionale, Onur Yüce Gün, già lecturer al Mit, è l’attuale Head of Design di New Balance, basata a Boston, dove sviluppa concept di calzature rivoluzionarie. Ancor prima, dal 2006, ha però lavorato sotto l’egida di Kohn Pedersen Fox Associates
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economia / immobiliare
a New York alla realizzazione di edifici applicando il pensiero e metodologie di fabbricazione computazionali. Molto più del semplice digitale. «Quelli che noi chiamiamo ‘edifici non standard’ hanno iniziato a emergere prima del Millennio: presentavano forme complesse, costruite utilizzando la geometria computazionale, curve Nurbs (ovvero rappresentazioni matematiche della geometria 3D) e sistemi parametrici e generativi», illustra. «Forme nuove e inaspettate sono però solo uno dei vantaggi, il più palese, che si possono ottenere impiegando il calcolo computazionale in architettura. Le simulazioni hanno di fatti iniziato a essere utilizzate anche per migliorare le prestazioni degli edifici, in termini di efficienza strutturale e sostenibilità durante il loro ciclo di vita, per poi passare alla più ampia scala urbana», specifica Onur Yüce Gün. Per esempio, nel 2008 con il suo team ha sviluppato script personalizzati che hanno aiutato a simulare l’esposizione solare e le condizioni di ombra di tutte le abitazioni di un complesso residenziale di grandi dimensioni: se si pensa a un insieme di oltre dieci grattacieli, al numero di unità abitative e al movimento del sole durante l’anno, ci si rende conto del reale livello di sofisticazione.
La progettazione computazionale aiuta dunque a sviluppare linguaggi di progettazione che possono essere ampliati e perfezionati ciclo dopo ciclo nell’interazione con l’intelligenza umana, mettendo a frutto conoscenze ed esperienze accumulate nel corso dei secoli: il guadagno è tanto in termini di estetica che di efficienza. «Una volta combinate le nostre capacità ‘superumane’ - come vedere e percepire - con le potenzialità dei computer, si possono sviluppare sistemi di progettazione senza precedenti. Poi tutto dipende dalla nostra creatività, che l’Ai, con caratteristiche molto diverse, può aiutare a espandere ulteriormente», evidenzia l’esperto.
Inizialmente solo le grandi aziende e le università potevano permettersi esperti di design computazionale e laboratori dedicati, ma spesso era la cultura ormai consolidata a ostacolarne l’adozione. «Questa resistenza si è lentamente sgretolata quando i clienti hanno iniziato a chiedere edifici dall’aspetto innovativo e prodotti più performanti e hanno voluto integrare più ‘intelligenza’ nei loro progetti. Al contempo il mondo accademico ha dovuto
«Forme nuove e inaspettate sono solo uno dei vantaggi del calcolo computazionale in architettura. Le simulazioni permettono infatti di migliorare le prestazioni degli edifici, in termini di efficienza strutturale e sostenibilità durante il ciclo di vita, con applicazioni anche sulla più ampia scala urbana»
Onur Yüce Gün, Head of Design di New Balance, esperto di design computazionale
adattarsi alla democratizzazione promossa dagli strumenti di progettazione computazionale: più accessibili, più facili da usare e più comuni», commenta Onur Yüce Gün. Ormai anche i piccoli studi di architettura o gli atenei più remoti continuano a implementare studi sulla progettazione computazionale. Naturalmente la trasformazione è ancora in corso, ma il ritmo come per tutte le tecnologie che da eccezione diventano mainstream è destinato a essere incrementale. Terreni virtuali . Per chi è abituato a confrontarsi e scontrarsi con le sfide tutte ‘terrene’ che pongono le grandi opere infrastrutturali all’ingegneria civile, scegliere di profilarsi con un importante impegno sul fronte digitale non è scontato. Per Pini Group la decisione di istituire un dipartimento interno dedicato all’innovazione dimostra la consapevolezza che la ‘partita del futuro’ non si possa vincerla continuando ad agire come in passato.
E, soprattutto, non da soli. «Occorre aprire i confini aziendali in un’ottica di
La combinazione fra intelligenza umana e design computazionale permette di sviluppare nuovi modelli di progettazione, a beneficio di estetica, efficienza e sostenibilità degli edifici, come per questo complesso di grattacieli sviluppato già nell’ormai lontano 2008 dallo studio newyorkese Kohn Pedersen Fox Associates.
open innovation: matematici, fisici, programmatori, esperti di Ai e blockchain sono professionisti con i quali lavorare quotidianamente», esordisce Fabio De Martino, Chief Innovation Officer di Pini Group. «Il nostro dipartimento si occupa, internamente, di innovazione di processo e trasformazione digitale di un gruppo che, nato come azienda familiare, ha oggi un respiro mondiale e un’esperienza unica nel campo delle opere in sotterraneo. Dall’altro lato, sviluppiamo modelli di business, settori e progetti legati alle principali tecnologie digitali
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«A breve sarà accessibile il primo edificio multipiano che abbiamo progettato su Decentraland, attorno a una galleria di arte virtuale. I potenziali clienti sono gli stessi del mondo reale: proponiamo una strategia di sviluppo che porti un valore materiale a professionisti ed aziende e accresca il valore immateriale della brand equity»
Fabio De Martino, Chief Innovation Officer di Pini Group
Immobiliare virtuale: un business in forte sviluppo
vendite della Top 10 dei metaversi (Mio. Usd)
è il digital real estate nei metaversi. Il business che ruota attorno al settore è già enorme, con una stima di crescita del 30% su base annua da qui al 2028. Mentre nel 2017 le Land di terreno su Decentraland, uno dei principali metaversi, basato su Ethereum, venivano vendute all’asta per meno di 20 dollari, oggi il prezzo medio è di oltre 15mila. «L’interesse non è più solo di pochi pionieri. Le più importanti aziende al mondo stanno entrando nei metaversi, o addirittura creando ecosistemi loro: da Nike che ha realizzato una città virtuale su Roblox, a Ferrari che, per capitalizzare le opportunità di metaversi e Nft, ha istituito un’unità incentrata sulla tecnologia digitale nel suo reparto vendita», spiega il Cio di Pini Group.
Appezzamenti virtuali % land 10 principali metaversi Fonte: NTF-Stats
051015202530
Dal loro lancio, le dieci maggiori piattaforme di metaversi hanno registrato vendite immobiliari per quasi 2 miliardi di dollari. Possiedono complessivamente 622mila parcelle virtuali, in testa The Sanbox e Tcg World, che a maggio ha piazzato la Land finora più costosa a 5 milioni di dollari. Sette delle dieci miglior vendite sono avvenute su Decentraland, in crescita esponenziale nel 2021.
emergenti nel settore delle costruzioni: in particolare, abbiamo disegnato una strategia per lavorare sui tre macro trend monitorati dallo European Construction Sector Observatory: data acquisition, automating processes e digital information and analysis».
I progetti in corso spaziano dallo sviluppo e applicazione di algoritmi di intelligenza artificiale e gemelli digitali delle opere per la manutenzione predittiva, al Metaverse Real Estate con progettazione architettonica all’interno di questi ecosistemi virtuali, fino all’utilizzo di droni per il monitoraggio, ad esempio, di parchi fotovoltaici. «Uno degli aspetti che secondo noi trasformerà maggiormente le nostre città è quello della mobilità. In questa direzione va il competence center 3D Transportation che abbiamo lanciato in partnership con Sidi per costruire una rete di expertise multidisciplinare, generando valore per stakeholder e territori» evidenzia Fabio De Martino.
L’altro grande fronte verso cui si sta muovendo lo studio di ingegneria civile
Imprevedibile quale sarà l’evoluzione, se si convergerà verso un unico metaverso oconviveranno centinaia di alternative, se l’immersività avrà bisogno di un hardware, già di per sé una barriera all’ingresso per un’adozione di massa. Inoltre rimangono le incognite legate a un mercato fortemente speculativi e alla volatilità delle criptovalute. «Quello che è certo è che la nostra vita è sempre più ‘onlife’, senza una distinzione netta tra reale e digitale», dichiara Fabio De Martino. All’interno delle virtual platforms si potrà lavorare, incontrarsi, socializzare e giocare grazie all’utilizzo di avatar. Un metaverso, infatti, altro non è che un universo online 3D persistente, che include svariati spazi e mondi virtuali. I temi dell’architettura, del design di interni, del real estate restano dunque fondamentali. Di qui l’interesse anche per chi di solito si occupa di tunnelling.
«Per fare un esempio, a breve sarà accessibile un edificio multipiano che abbiamo progettato su Decentraland. Ospiterà la galleria d’arte virtuale di un pittore ticinese affermato, uno spazio per conferenze ed eventi, una sala mostre con le opere di una delle street artist più famose in Europa. All’interno di questi ‘spazi’ verranno venduti gli Nft che sanciscono la proprietà delle opere degli artisti che li hanno commissionati. I clienti sono gli stessi del mondo reale: noi ascoltiamo le loro esigenze mettendo a terra una strategia di sviluppo condivisa e funzionale che porti un valore materiale a professionisti ed aziende e che accresca il valore immateriale della brand equity», conclude il direttore del Dipartimento Innovazione di Pini Group.
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The
TCG
Decentraland Axie
Metroverse Otherside Treeverse NFT Worlds Arcade Land Worldwide Webb
Sandbox
World
Infinity
Fonte: NTF-Stats 0 200 400 600 800 1000 Otherside Decentraland The Sandbox NFT Worlds Metroverse Genesis Worldwide Webb Voxels Arcade Land Treeverse Somnium Space
Volume
Architettura spaziale docet. Se la dimensione dei metaversi prospetta nuovi campi d’azione all’industria delle costruzioni e delle proptech, nondimeno l’esplorazione dell’universo reale, al di fuori dell’atmosfera terrestre, offre input preziosi. Creare ambienti abitabili, che siano le navicelle spaziali, stazioni orbitanti o i futuri moduli residenziali sulla superficie di altri pianeti, significa misurarsi con il contesto più ostile per un architetto. «Dobbiamo occuparci di ambienti altamente tecnici, dominati da macchinari che supportano la vita in condizioni di gravità variabile, esposti a radiazioni. Inoltre, dobbiamo far fronte alla scarsità di materiali e - ironia della sorte - di spazio. Circostanze che richiedono strategie radicali in termini di tecniche di costruzione e di organizzazione dello spazio», spiega Barbara Imhof, architetto spaziale, co-fondatrice e managing partner e del Liquifer System Group di Vienna, un gruppo transdisciplinare di esperti impegnati nello sviluppo di prodotti innovativi con applicazioni per la vita e il lavoro futuri sulla terra e nello spazio. «Per costruire sui corpi celesti è necessario un alto grado di automazione. Soprattutto su Marte, l’intero processo, dalla raccolta e lavorazione del materiale da costruzione da risorse locali alla realizzazione della struttura operativa finita, deve essere interamente realizzato senza intervento umano o addirittura senza supervisione. Ogni chilogrammo portato dalla Terra impone infatti un costo significativo. Pertanto, le possibilità di utilizzare le risorse in situ sono di grande interesse, dall’uso del suolo locale come materiale da costruzione all’estrazione dell’acqua per la produzione di propellente», nota il collega Réne Waclavicek, architetto e managing director di Liquifer. Ad esempio, per un concorso della Nasa Liquifer ha sviluppato un modulo marziano, LavaHive, composto da un’unità abitativa principale, un modulo airlock, un’officina di manutenzione, una porta di attracco, un
reperibile su Marte, la regolite, stampato in 3D utilizzando un’innovativa tecnica di costruzione chiamata lava-casting che sfrutta l’abbondante risorsa energetica del sole concentrata per realizzare strutture schermanti dalle radiazioni.
«Siamo ancora all’inizio di uno sviluppo in cui i concetti di habitat spaziale possono diventare modelli per i nostri
ambienti urbani. Con la crescente distanza dalla nostra biosfera, possiamo sopravvivere solo stabilendo sistemi a ciclo chiuso. Dobbiamo portare con noi le nostre condizioni ambientali e cercare di mantenerle senza alcuna perdita per essere indipendenti dai rifornimenti. Il riciclo di aria, acqua, cibo e hardware, obbligatorio per le infrastrutture spaziali, nel prossimo futuro lo sarà sempre di più anche sulla Terra, in un’ottica di sostenibilità energetica e ambientale», concludono i due architetti.
D’altronde da sempre le missioni spaziali hanno innescato innovazioni rivoluzionarie, a partire dallo sviluppo esponenziale dell’elettronica. Informatica di massa, telecomunicazioni satellitari, digitalizzazione dei segnali non avrebbero altrimenti conosciuto un tale impulso.
Negli ultimi anni di digitale nel mondo delle costruzioni si è parlato soprattutto in relazione al Bim (Building information modeling): più che un modello, come suggerirebbe il nome, una vera e propria nuova metodologia di lavoro che favori-
Sopra, i due architetti spaziali di Liquifer System Group di Vienna, Barbara Imhof e Réne Waclavicek. Sotto, lo studio del modulo di abitabilità per la piattaforma orbitale lunare ha richiesto di massimizzare l’utilizzo dei 48 metri cubi interni e di progettare per condizioni estreme.
sce l’interazione fra i tanti attori coinvolti nella progettazione, nella costruzione, nell’uso e nella gestione di un immobile grazie a uno spazio digitale centralizzato che consente di condividere tutte le informazioni sensibili. Se già l’implementazione e gestione di questa tecnologia si scontra con una certa complessità e reticenza, ecco che le porte aperte da un’innovazione ancor più spinta, prima ancora dell’adozione di nuove tecniche costruttive, strumentazione e competenze, richiede un cambiamento di mentalità.
Susanna Cattaneo
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Il segreto? Poter far affidamento su un valido quarto piano. Quello che non corre dietro ai problemi di oggi, ma affronta già a quelli di domani. Per chi sviluppa software di contabilità e gestione aziendale è l’autonomous life accounting la nuova frontiera.
L’Enterprise resource planning (Erp) è un software centralizzato che permette alle aziende di gestire le loro attività quotidiane: dalla contabilità agli acquisti, personale e operazioni di supply chain, progetti e ordini. Molto più del classico Crm.
Con oltre 60mila clienti che ne fanno il leader del mercato svizzero come produttore di software aziendale per processi contabili e operativi, Abacus Research dimostra di saper far bene i propri calcoli. E, soprattutto, quelli altrui. Sarà che il suo nome si richiama a uno dei più antichi strumenti di computazione, anche se in realtà è stato il caso a guidare inizialmente Claudio Hintermann, Thomas Köberl ed Eliano Ramelli.Tre amici con tanta voglia di divertirsi che, al termine degli studi in economia aziendale all’Università di San Gallo, fallito un primo tentativo di lanciarsi nella vendita di racchette inglesi da squash, si trovarono fortuitamente a occuparsi della contabilità generale dell’azienda di un parente. Correva il 1984 e pensare un giorno di poter fare a meno della carta, da sei secoli supporto di riferimento, era dif cilmente concepibile. La s da negli anni è stata quella di sviluppare una soluzione digital native, sottraendosi alla lineare trasposizione delle routine acquisite. «Ancora oggi la maggior parte
delle aziende cerca di trovare un modo per passare dallo status quo all’era digitale. Fondamentalmente si tenta di risolvere problemi che si sono creati utilizzando la carta, invece di evitarli. Ci si limita a pensare allo strumento. Ma in realtà bisogna chiedersi: come si userebbe il digitale se la carta non fosse mai stata inventata? Solo così si trova poi la soluzione giusta», osserva Claudio Hintermann, Ceo di Abacus Research.
Sede principale a Wittenbach, nel Canton San Gallo, con altre liali a Biel e Thalwil, uf ci a Ginevra, Winterthur, Lugano e in Germania, a Monaco, Amburgo e Stoccarda, oggi di collaboratori ne conta 680.Sviluppato esclusivamente in Svizzera da 37 anni, il suo software Enterprise Resource Planning (Erp) standard copre le aree di nanza, risorse umane, amministrazione e vendite, nonché produzione e servizi, collegando i processi interni con i partner e gli stakeholder esterni, fornendo alle aziende la connettività, l’agilità e la essibilità necessarie per rimanere competitive. Un punto di forza del software
Abacus è proprio quello di essere concepito come una soluzione globale integrata senza interfacce tra i vari moduli. Completano l’offerta soluzioni per i settori dell’edilizia, terziario, immobiliare e pubblica amministrazione. Anni luce quindi rispetto al classico Crm, dedicato agli indirizzi e alle informazioni dei clienti in essere e potenziali dell’azienda.Un tempo utilizzati prevalentemente dalle grandi aziende, negli ultimi anni sono emersi software Erp sempre più ef caci anche per le Pmi, in grado di soddisfare esigenze anche molto speci che, con sosticate possibilità di parametrizzazione opersonalizzazione.
«Con il nostro sistema di gestione analitica chiaro e altamente collaudato detieniamo in Svizzera una quota di mercato di oltre il 15% nel settore dei software nanziari e di oltre il 25% in quelli per la contabilità aziendale. Più di un quarto della forza lavoro svizzera viene retribuito tramite il nostro sistema, 1,5 milioni di buste paga al mese», sottolinea Claudio Hintermann. Inoltre sei cantoni e 570 città e comuni con oltre 3,7 milioni di abitanti si af dano al software di gestione di Abacus, ovvero circa il 40% del mercato svizzero in termini di popolazione.
Anche lo scorso anno si è confermata, per la sesta volta di la inclusi gli anni pandemici, una crescita a doppia cifra: fatturato aumentato del 14,8%; licenze
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economia / aziende
tradizionali, che consentono di acquistare o noleggiare il software, da 2.400 a 3.000 moduli; le aziende utenti sono passate da 460 a 545, e la domanda di abbonamenti per l’utilizzo di programmi in-the-Cloud, soluzione ottimale soprattutto per le aziende di piccole dimensioni, è aumentata del 18%. Il fatturato generato dagli abbonamenti per le funzioni self-service dei dipendenti, con cui possono modicare autonomamente i propri dati personali, accedere alle loro buste paga, alle note spese, alle ore di lavoro, alle assenze e ai bene t anche via mobile, è aumentato del 63%. Da ne 2020 sono stati assunti oltre 120 nuovi collaboratori.
«Il successo di Abacus si basa su una formula semplice: noi sviluppiamo i prodotti, gli altri li vendono. Ci appoggiamo a una rete di aziende partner esperte e quali cate, diverse offrono anche programmi supplementari, come Innosolv con la registrazione dei residenti per le amministrazioni pubbliche o il sistema di contabilità energetica per i fornitori di energia. La concentrazione sulle rispettive competenze chiave garantisce il massimo bene cio agli utenti. Molti partner di distribuzione di Abacus, tra cui un gran numero di note società duciarie, hanno ormai acquisito una solida esperienza decennale. Fanno eccezione alcuni particolari mercati verticali dove la nostra distribuzione Chanel non può fare breccia, quando l’implementazione richiede un particolare know-how specifico, ad esempio l’edilizia ausiliaria, infatti servito direttamente dalla liale Abacus Business Solutions di Thalwil», commenta il Ceo di Abacus.
Non scontato, da indipendenti, guadagnarsi e consolidare una posizione dominante in un settore che negli ormai
Sopra, AbaHome, sede centrale di Abacus Research, a Wittenbach (SG). A fianco, il suo software Erp per il settore fiduciario.
«La contabilità in tempo reale porta alle aziende un chiaro vantaggio competitivo: permette di prendere decisioni basate non solo sullo storico ma sul presente, dunque di fare previsioni e ridurre gli sprechi, di denaro e di materiale, in un’ottica di Autonomous life accounting, il paradigma del futuro»
Claudio Hintermann
quasi quarant’anni di attività dell’azienda ha conosciuto un intenso sviluppo: tecnologico quanto culturale. Tutto sta nell’avere sempre un valido “quarto piano”. «Lo chiamiamo così perché nella nostra precedente sede centrale in Rorschacherstrasse avevamo proprio un quarto piano dedicato all’R&D. Simboleggia il team che non guarda ai processi di oggi, ma a quelli del futuro. Proprio per questa
ragione, non investiamo in ricerca e sviluppo una percentuale ssa del fatturato, ma quanto riteniamo necessario per risolvere i problemi di domani. L’obiettivo principale di Abacus non è infatti fare soldi, ma rimanere rilevante per i nostri clienti. Se non risolviamo i loro problemi, allora abbiamo fallito», commenta.
L’intelligenza arti ciale e l’apprendimento automatico sono strumenti imprescindibili per consentire l’automazione, una maggiore efficienza e una visione immediata dell’intera azienda. Ad esempio, grazie all’Ai le note spese vengono trasferite in tempo reale alla contabilità nanziaria e lì elaborate. Ma attenzione a non sopravvalutarne la portata. «L’Ai è come un ingrediente di un ottimo piatto. Dosata con saggezza, esalta i sapori, ma al giorno d’oggi viene venduta come una soluzione per tutto. Certo, ha la sua forza nel riconoscimento dei modelli ed è molto più veloce ed ef ciente degli esseri umani quando si tratta di automatismi, interpretazione dei dati e prognosi. Ma anche i suoi limiti: la creatività umana, molto
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, Ceo di Abacus Research
Innovazione profonda
Tra gli obiettivi della strategia a lungo termine di Abacus, gli investimenti in promettenti start up che la aiutino a espandere le sue possibilità. In questa direzione va la partecipazione da 1,5 milioni di franchi nella proptech Tayo, per rafforzare le sinergie tra la sua piattaforma di gestione e immobiliare e il proprio software AbaImmo, o la collaborazione con Yapeal, prima fintech svizzera ad aver ricevuto la licenza Finma.
Se il core business di Abacus rimarrà lo sviluppo di software, sempre più l’interesse evolve in direzione di una gestione complessiva dei processi finanziari, in linea con le ultime innovazioni del digitale. Non solo dunque rilevazione di spese e fatture, ma prodotti per il riconoscimento e la strutturazione dei dati ottici, la loro validazione, standardizzazione e arricchimento o la presentazione delle informazioni finanziarie su una piattaforma di collaborazione. È quanto garantiscono le soluzioni offerte da DeepCloud, fornitore di servizi It completamente indipendente, che mira a creare un valore aggiunto con le soluzioni di condivisione dei documenti sicure e intelligenti, interamente basate in Svizzera. Una start up, fondata due anni orsono come affiliata di Abacus Research, che ha il vantaggio di poter beneficiare della stabilità finanziaria, del know-how e dell’esperienza della società madre, la cui filosofia è sempre stata quella di servire l’intero mercato. «DeepCloud è una piattaforma che non può essere limitata a un solo sistema Erp. L’obiettivo è quello di essere una ‘ferrovia digitale’ che permetta la ‘spedizione di dati digitali’ indipendentemente da chi sia il mittente e chi il destinatario. Vogliamo che individui e organizzazioni, entrambi validati, siano liberi di comunicare tra loro. Obiettivo ultimo è guidare l’integrazione delle tecnologie DeepCloud per consentire la digitalizzazione end-to-end B2B, ma anche business to business to consumer. Abacus è solo un possibile ‘attore’ di questo sistema che utilizza esattamente le stesse interfacce di programmazione delle applicazioni (Api) di tutti gli altri attori del mercato. Non si può costruire una ferrovia digitale e limitarne i ‘passeggeri’. Servono le stesse regole per tutti», spiega Claudio Hintermann.
Oggi, grazie all’ecosistema di DeepCloud, Abacus offre già la soluzione basata su cloud DeepBox, piattaforma svizzera all-in-one per la condivisione sicura di documenti che, grazie a sistemi ingegnerizzati specificamente per le aziende, permette alle imprese di elaborare e processare automaticamente i documenti più rilevanti per il proprio business, semplificando i flussi di lavoro ed evitando ridondanze ed eccessive operazioni manuali. Contestualmente, DeepSign e DeepId garantiscono firme elettroniche sicure e a norma di legge e l’identificazione digitale per l’elaborazione dei documenti.
più complessa, non segue gli algoritmi», commenta Claudio Hintermann.
La nuova frontiera è quella del tempo reale. Grazie anche alla costituzione della start up DeepCloud, parte di un progetto più ampio e aperto a tutto il mercato, Abacus si qualifica come un assoluto pioniere in questo campo. « La contabilità in tempo reale porta alle aziende un chiaro vantaggio competitivo: permette di prendere decisioni basate non solo sullo storico ma sul presente, dunque di fare previsioni e ridurre gli sprechi, di denaro e di materiale. Siamo aperti a tutti i sistemi che vogliono essere all’avanguardia nel XXI secolo. A breve termine prevediamo che, mentre le aziende continueranno a
utilizzare i conti bancari tradizionali per le altre attività, le transazioni di pagamento si sposteranno verso le banche che consentono di effettuare quelle in tempo reale, in un’ottica di Autonomous life accounting. Quest’ultimo, secondo noi, sarà il paradigma della futura contabilità, in grado di identi care automaticamente modelli divergenti, di formulare previsioni e proporre suggerimenti», prevede il Ceo di Abacus.
Oltre alla proiezione verso la Germania, iniziata nel 2009, l’azienda ha anche un uf cio a Lugano. Un territorio verso cui vanta un attaccamento emotivo. «Mia madre è una Bianchi, patrizia di Lugano, dove mio bisnonno, un Nessi, è stato tra
i fondatori della Banca popolare. Abitavamo in via Maraini. Eliano invece è di Airolo. In realtà quindi è piuttosto imbarazzante che ci sia voluto così tanto tempo per tornare alle nostre radici, siamo stati troppo occupati ‘all’estero’», ammette Claudio Hintermann. Tra l’altro, dal 2020 qui Abacus conta un nuovo rilevante utente come Fidinam, che ha deciso di utilizzare il suo software - multilinguein tutte le proprie sedi svizzere, quindi oltre che a Lugano, dove ha la sua sede centrale, a Bellinzona, Mendrisio, Ginevra e Zurigo.
Se la pandemia non ha compromesso il ritmo di crescita, la dif coltà principale rimane sempre trovare i talenti giusti. «Il nostro successo dipende dalla capacità di individuare le persone adatte per il nostro lavoro: che si divertano a pensare fuori dagli schemi, disponbili a confrontarli con prospettive diverse e fare lavoro di squadra per creare qualcosa di nuovo o per rendere qualcosa di buono ancora migliore. Ora è più facile attirarli, perché il nostro marchio è ben conosciuto», conclude il Ceo di Abacus. Insieme alle candidature degli impiegati arrivano anche quelle dei fondi interessati all’acquisizione. «Riceviamo tra una e quattro chiamate a settimana, per noi solo un disturbo. Abacus non è mai stata una questione di soldi, ma di essere rilevanti e di permettere ai nostri clienti di avere successo. Sembra una moda, ma ragioniamo davvero così. Un pizzaiolo è felice quando fa un’ottima pizza, noi siamo felici se riusciamo a fare un ottimo software e i nostri clienti sono soddisfatti. Il denaro è il carburante, se è l’obiettivo... non si è capito cosa sia la vita», dichiara Claudio Hintermann, coerente a quello che de nisce come AbaSpirit e cerca di trasmettere a tutti i dipendenti. Molto attiva anche a livello di formazione, in collaborazione con istituti scolastici e con un’ampia serie di iniziative aziendali, è ritenuta tra i migliori datori di lavoro nella sua regione. L’ambiente è all’altezza dei miti da Silicon Valley: ogni edi cio dispone di un bar e zone di incontro, i pasti - gratuiti - sono preparati al momento, vengono offerti corsi interni di pilates o yoga, una sala tness. Nella convinzione, lontana dalla sirene dello smartworking, che lavorare in un ambiente stimolante sia essenziale per creare e realizzare buone idee.
Susanna Cattaneo
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Acquisti, prove per il futuro
Il commercio al dettaglio svizzero recupera. Le cifre d’affari di agosto, registrando un rialzo, hanno evidenziato opportunità e limiti del digitale, e confermato il fascino del negozio fisico.
I grandi magazzini posti al centro delle città svizzere abbinano strategie multichannel e attenzione alla personalizzazione.
Il 2020 aveva fatto registrare al commercio al dettaglio svizzero una cifra d’affari record. In particolare per le derrate alimentari. Al totale di 29,9 miliardi di franchi (con un + 11,3 per cento rispetto al 2019) corrispondeva una spesa media di un’economia domestica privata che, per cibo e bevande, è stata di 7’680 franchi (acquisti online esclusi). È attraverso il canale del commercio al dettaglio che gli Svizzeri hanno fatto il 77 percento della spesa per generi alimentari. Migros, Coop, Volg, con tutti gli altri della categoria, hanno registrato complessivamente una cifra d’affari per i generi alimentari di 22,9 miliardi di franchi. I discount, insieme, hanno raggiunto una quota di cifra d’affari del 17 per cento, superando la soglia dei cinque miliardi. Infine, nei negozi specializzati e nelle stazioni di servizio è stata totalizzata una cifra d’affari di 1,8 miliardi che corrisponde a una quota del sei percento. Il 2020 ha anche visto crescere, di molto, il
ricorso all’online. Nel 2021, le cifre sono state complessivamente inferiori al precedente. Una riduzione si è registrata anche gli acquisti online.
Ancora diverso lo scenario del 2022, che ora permette, dopo un inizio incerto, un (cauto) ottimismo. A giugno di quest’anno, infatti, le cifre d’affari del commercio al dettaglio, corrette in base all’effetto dei giorni di vendita e dei giorni festivi, sono aumentate in termini nominali del 3,2% rispetto a giugno 2021. Un trend che ad agosto ha trovato conferma in un aumento del 5,4% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (dati Ufficio federale di statistica).
Nel commercio al dettaglio di prodotti alimentari, bevande e tabacchi le cifre d’affari sono progredite del 2,2% in termini nominali, mentre nel comparto non alimentare la crescita è stata dell’1,6%.
Il commercio al dettaglio è dominato dalle principali grandi aziende di distribuzione, tra cui Manor, che quest’anno
festeggia i 120 anni di esistenza. Presente in tutte le regioni e nei centri urbani più rappresentativi, il Gruppo Manor è composto da 59 grandi magazzini Manor, 27 supermercati Manor Food e 23 ristoranti Manora. «Il nostro obiettivo rimane quello di fornire la migliore esperienza al cliente con grandi magazzini nel cuore delle città svizzere, caratterizzati da un’ampia, attraente e variegata gamma di prodotti di diverse categorie, sotto lo stesso tetto, comprese le ultime tendenze. Tenuto conto del cambiamento dei tempi, questo obiettivo non può più essere raggiunto solo attraverso la vendita al dettaglio in sede, ma combinando i grandi magazzini fisici e la vendita online: abbiamo sviluppato in tal senso la nostra strategia ‘omnichannel’», spiega Jérôme Gilg, Ceo di Manor. Certamente al passo con i tempi e le mutate esigenze, la strategia multicanale riconosce l’importanza della fisicità, a partire dai ristoranti Manora: «Giocano un ruolo di primo piano nell’offerta del Gruppo; hanno una grande capacità di attrazione. Proprio per questo abbiamo deciso di investire nei ristoranti. Quello di Lugano è stato il primo ad essere oggetto di un restyling, quest’anno - a sei decenni dalla sua apertura -. Il concetto di Manora Lugano è un concetto innovativo che intendiamo applicare anche agli altri ristoranti Manora». La formula prevede, «alimenti freschissimi, vari e locali; menu diversificati, che cambiano ogni giorno e sono prodotti in loco, attenzione particolare alla gastronomia di varie regioni
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economia / aziende
o Paesi. Questi aspetti, con il senso di accoglienza del nostro personale, sono le caratteristiche più apprezzate dai clienti dei nostri ristoranti», sintetizza il Ceo.
Tema caro al dibattito politico e socio-culturale, la riscoperta dei centri cittadini passa anche attraverso un’offerta variegata di ristoranti e bar. Luoghi dove concedersi una pausa dal lavoro o dallo shopping; dove vivere pienamente lo spirito del centro, con i suoi ritmi e le sue dinamiche. Dove relazionarsi agli altri.
Il desiderio di esperienze reali va di pari passo con la ricerca della qualità ed il rispetto dei principi di sostenibilità. «Se consideriamo i supermercati Manor Food, dove l’offerta si concentra sull’eccellente rapporto qualità-prezzo e sulla varietà dei marchi proposti, la clientela apprezza la freschezza e la genuinità dei reparti di frutta e verdura, carne e pesce (‘ultra-fresco’). È garantita la gamma di prodotti biologici, sempre più richiesta. Collaborando (dagli anni Novanta) con i produttori locali, promuoviamo prodotti certificati ‘locali’ provenienti da partner che si trovano entro un raggio di trenta chilometri dal punto vendita».
Qualità e sostenibilità sono alcuni dei pilastri, ma i prezzi sono un elemento non trascurabile. La pressione sui prezzi è in aumento. «Manor risponde a questa specifica esigenza estendendo, quest’anno, 250 prezzi bassi garantiti a 500 prodotti di marca; si tratta dei prezzi garantiti più bassi della Svizzera», precisa il Ceo.
A Lugano, 60 anni fa veniva aperto il primo ristorante Manora in Svizzera. Oggetto di un recente restyling.
«Puntiamo molto su esclusività, nuovi prodotti, nuovi marchi e ultime tendenze. Abbiamo scelto di investire in particolare in quattro dei nostri negozi: Basilea, Ginevra, Losanna e Lugano, che consideriamo ormai da tempo i migliori ambasciatori della nostra azienda»
Jérôme Gilg, Ceo di Manor
Nei grandi magazzini, per tutto quanto non è alimentare, ci concentriamo su tre categorie chiave: moda, bellezza e casa. «Rientra nella nostra strategia guadagnare quote di mercato o mantenere la nostra posizione di leader in questi settori», fa sapere il Ceo di Manor, che aggiunge: «In altre categorie, ad esempio il multimediale, gli elettrodomestici e le calzature, stiamo rafforzando le nostre competenze attraverso specifiche partnership. In tal senso, abbiamo creato 27 shop-in-shop in tutta la Svizzera con Fnac nei settori dei libri, della musica, degli elettrodomestici e del multimediale, e abbiamo avviato una collaborazione nel settore delle calzature con Aeschbach».
Che cosa affascina il compratore, quando non si tratta di necessità primarie? «Esclusività, nuovi prodotti, nuovi marchi e le ultime tendenze: e sono anche le priorità su cui stiamo lavorando per differenziarci. Abbiamo scelto di investire in particolare in quattro grandi negozi ambasciatori della nostra immagine. Di
conseguenza, Manor Basilea, Ginevra, Losanna e Lugano stanno beneficiando, o beneficeranno, di investimenti speciali, affinché mettano in evidenza nuovi prodotti esclusivi e aree di vendita modulari che ospitano una rotazione di nuovi marchi e prodotti, permettendoci così di testare le nuove tendenze», aggiunge il Ceo.
Nel concetto ampio dell’esclusività rientra anche la personalizzazione. «Un elemento molto importante, che stiamo mettendo al centro della nostra offerta grazie alla carta fedeltà Manor: offriamo ai titolari della carta la possibilità di personalizzare numerosi prodotti, più offerte esclusive, più anteprime, più promozioni, sia in negozio che online».
A proposito di online, «Manor punta a diventare il primo negozio omnichannel della Svizzera. Mettendo i clienti in condizione di sentirsi a proprio agio sia online che nei negozi, a seconda di ciò che desiderano e quando lo desiderano. Stiamo quindi investendo molto nella tecnologia digitale: reputiamo fondamentale
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In alto, Manor compie 120 anni e si regala la prima collezione Nft di opere d’arte digitali. Sopra, uno dei 59 centri del Gruppo: ieri e oggi.
la combinazione di questi due elementi. E così oggi, a parte gli acquisti online, la clientela utilizza il ‘Click & Collect’: ordinano online e ritirano i loro acquisti in negozio, anche solo un’ora dopo. La condizione è che l’ordine venga effettuato un’ora prima della chiusura del negozio. Circa il 40% degli ordini online si configura come click&collect. I clienti apprezzano questo servizio perché, con flessibilità, possono ritirare la merce negli orari di apertura dei nostri negozi, sei giorni alla settimana. È sicuramente un vantaggio per Manor, rispetto ai negozi esclusivamente online, la breve distanza tra il cliente e la merce che ordina».
L’importanza che riveste il digitale per il Gruppo Manor si concretizza, peraltro, in un’offerta di articoli online cinque volte più ampia rispetto a un negozio tradizionale (si tratta di mezzo milione di articoli di Manor a fronte dei circa centomila di un negozio tradizionale). «In aggiunta, ci affidiamo al nostro market place: si tratta della piattaforma manor.ch, che mettiamo a disposizione di partner da noi selezionati in base a diversi criteri, al fine di completare la gamma di prodotti proposta dai punti vendita», nota Jérôme Gilg.
È forse proprio l’esperienza, maturata in centoventi anni, attraverso tre secoli, a rendere consapevoli che le tendenze vanno colte e, possibilmente, anticipate. «Manor è stato il primo grande magazzino a introdurre i pagamenti tramite smartphone nel 2014. E quest’anno, per celebrare il 120mo anniversario, abbiamo sviluppato la prima collezione Nft di opere d’arte digitali (una novità assoluta
in Svizzera per un ‘rivenditore’), in collaborazione con la designer svizzera Yael Anders. La nostra prima incursione nel mondo della blockchain». Se il digitale è un tema di attualità, non da meno lo è anche lo sviluppo sostenibile, che sta influenzando sempre più l’atto di acquisto. «Con il nostro marchio Rethink, che dà visibilità ai prodotti non alimentari concepiti in un’ottica di sostenibilità, e il nostro marchio locale presso Manor Food a cui si aggiunge il nostro impegno nella lotta allo spreco alimentare attraverso la partnership (anche) con Too Good To Go, rispondiamo concretamente alle richieste di chi è sensibile alle tematiche ecologiche».
Anche se il futuro è già qui, ci sono evidenze senza tempo ed irrinunciabili. Così è per l’arte. «Da quando è stato lanciato, nel 1982 da Philippe Nordmann, il Premio culturale Manor si è affermato come uno dei principali premi per la promozione dell’arte contemporanea in Svizzera. Con lo scopo di fornire una piattaforma ai giovani artisti svizzeri, il premio viene assegnato ogni anno da una giuria di professionisti, che si alterna tra le seguenti città: Aarau, Basilea, Bienne, Coira, Ginevra, Losanna, Lucerna (per la Svizzera centrale), Lugano, Sciaffusa, Sion, San Gallo e Winterthur.
Uno sguardo all’elenco dei vincitori delle varie edizioni del premio mostra che il Manor Cultural Prize ha garantito a molti artisti l’inizio di una carriera internazionale. Per Manor, il premio fa parte dell’impegno dell’azienda nei confronti della società e del suo ruolo nella società svizzera», spiega il Ceo Jéròme Gilg, che conclude: «Oggi è essenziale un cambiamento di paradigma per assecondare il progresso, in tutte le sue sfaccettature. Senza tralasciare però che i più giovani, compresa la generazione Z, continuano a frequentare i negozi, amano toccare gli oggetti, sperimentare, scoprire e farsi consigliare. Credo che il futuro del retail sia questo mix tra l’esperienza di acquisto in negozio, con eventi, animazioni, presentazione di nuove tendenze e marchi, e la possibilità di ordinare online. E sono certo che la qualità della relazione umana, a tutti i livelli, continuerà ad essere centrale, che sia la gestione interna delle risorse umane o la relazione esterna con i nostri clienti».
Simona Manzione
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Le vie infinite dell’elettronica
Dall’industria alle smart city, dalle telecomunicazioni al biomedicale, ... lo sviluppo esponenziale dell’elettronica tocca ormai i più eterogenei campi di applicazione. Con le sue competenze strategiche, l’Istituto sistemi e elettronica applicata della Supsi in 15 anni si è guadagnato il ruolo di punto di riferimento per attività di ricerca applicata allo sviluppo di prodotti innovativi.
space che consentono di far interagire ricercatori, studenti e docenti, per il massimo trasferimento di conoscenze», illustra Andrea Salvadè, direttore dell’Isea.
L’Istituto vanta competenze spesso non presenti oltralpe, strutturate in sei aree scienti che strategiche. In particolare, si distingue nello sviluppo di circuiti e sensori integrati, di sistemi embedded e per le telecomunicazioni wireless, di antenne, di sensori e sistemi operanti nelle alte frequenze - no a decine di Gigahertz - come pure nella meccatronica, focalizzata nelle elevate dinamiche e precisioni, nella microtecnica e nell’optoelettronica
Dallo sviluppo del primo circuito integrato, ormai 65 anni fa, al ritmo martellante icasticamente descritto dalla legge di Moore - il raddoppio del numero dei componenti per chip ogni 18 mesiun’elettronica sempre più miniaturizzata ed efficiente si è introdotta pressoché in ogni ambito, dispositivo e attività umana: dall’aereospaziale alla domotica, dalle telecomunicazione al biomedicale. E se difficile pare scendere sotto la manciata di nanometri su cui presto si assesteranno le dimensioni dei chip, ecco che da una parte nuovi materiali e tecnologie di base, dall’altra l’ulteriore livello di integrazione fra hardware, software e tecnologie di rete promettono di continuare a far evolvere l’elettronica e le sue applicazioni in linea con gli ultimi decenni.
Prospettive più che interessanti per chi in quest’ambito fa ricerca. L’Istituto sistemi e elettronica applicata (Isea) del Dipartimento tecnologie innovative della Supsi costituisce un’eccellenza a livello svizzero, in grado di imporsi anche oltre Gottardo, come di rado accade, sia con partnership con altri prestigiosi centri di ricerca e formazione, sia attirando l’interesse di numerose aziende che cercano un supporto quali cato per sviluppare nuovi prodotti o migliorare i propri processi.
«In media sono circa 50 i progetti in corso a cui lavorano gli oltre 70 ricercatori del nostro Istituto, dal 2020 ubicato nel pieno centro di Lugano, in via Balestra: 2400 metri quadri allestiti allo stato dell’arte con laboratori e una strumentazione altamente so sticata, l’of cina elettronica, un magazzino di componenti e aree open
«Il punto di forza risiede però soprattutto nella capacità di concatenare e fondere le competenze speci che delle diverse aree per presentarsi ad aziende, amministrazioni cantonali e federali, in qualità di interlocutore unico in grado gestire progetti altamente complessi, realizzando sistemi che toccano molteplici aspetti trasversali all’elettronica, dall’analogica no alle applicazioni nelle alte frequenze, a radiofrequenza e microonde e tutta l’elettronica digitale , di potenza e per la fotonica applicata», sottolinea il direttore dell’Isea.
Per fare un esempio, può dunque esser coinvolta sia l’area di microelettronica, chiamata a realizzare un sistema di calcolo ad hoc, sia il settore delle radiofrequenze per creare interfacce wireless, magari ad altissima capacità di trasposto di dati. Inoltre un progetto potrebbe richiedere sistemi di visione che implicano l’apporto dell’area di fotonica applicata, sistemi a microonde per fare diagnosi a livello medicale, come anche sistemi in grado
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economia/ ricerca
di trattare degli algoritmi di calcolo in tempi velocissimi e utilizzando la minor energia elettrica possibile.
Conferma della pervasività dell’elettronica viene dalla molteplicità di ambiti in cui l’Isea presta il proprio contributo. Fra i principali, l’energia, con soluzioni in ambito elettronico ed algoritmico per affrontare le s de di carattere tecnico che prevede la transizione in atto; l’automotive che richiede sensori e sistemi elettronici ad alte performance e rigorosamente certi cati, come accade anche per l’aereospaziale, dove l’Isea si è ritagliato una nicchia importante nello sviluppo di microchip destinati a satelliti; i sistemi meccatronici per l’industria delle macchine e l’automazione; tutto il campo delle telecomunicazioni sollecitato dalle tecnologie wireless e dal trasporto di grosse moli di dati; …
Con il trasferimento nella nuova sede in via Balestra è stato anche inaugurato il Laboratorio tecnologie medicali di biosicurezza 2, che permette di svolgere attività sperimentali con agenti patogeni per testare i dispositivi elettronici per il settore biomedicale e medtech. Un importante investimento a supporto delle crescenti attività di ricerca svolte in questo ambito dall’Istituto in collaborazione con cliniche ed enti cantonali e federali, e le aziende che poi produrranno quei dispositivi portandoli sul mercato. «Ad esempio, abbiamo in corso con il Neurocentro della Svizzera Italiana e la Facoltà di scienze biomediche dell’Usi un progetto rivoluzionario, nanziato dalla fondazione Leonardo, per il trattamento del glioblastoma multiforme, uno dei tumori celebrali più diffusi e aggressivi, per sviluppare un microscopio chirurgico che permetta di individuare tutte le variazioni cromatiche invisibili del tumore così da consentire al chirurgo durante l’intervento di correlarle all’in ltrazione del glioblastoma e di asportare il minimo necessario», illustra il direttore dell’Isea.
Sul territorio cantonale, un’autentica esclusiva è la rodata collaborazione con l’Irsol, Istituto Ricerche Solari “Aldo e Cele Daccò”, tra i leader a livello mondiale nel campo della spettropolarimetria solare ad alta precisione, la cui complessa strumentazione elettronica del telescopio è messa a punto con l’Isea.
Fiumi multisensore . Di lungo corso sono i progetti nell’ambito del monitoraggio ambientale, dell’ingegneria ci-
«Concatenando e fondendo competenze in diverse aree strategiche, siamo in grado di gestire progetti altamente complessi, realizzando sistemi che toccano vari aspetti trasversali all’elettronica, dall’analogica alle applicazioni nelle alte frequenze, a radiofrequenza e microonde e tutta l’elettronica digitale, di potenza e per la fotonica applicata»
Andrea Salvadè, direttore Istituto sistemi e elettronica applicata della Supsi
I 15 anni dell’Istituto di sistemi e elettronica applicata
Correva il 2007 quando venne costituito l’Isea integrando tre preesistenti laboratori legati alla Supsi - Microelettronica, bioelettronica e sensorica, Sistemi meccatronici, Telecom telemetria e alta frequenza, cui si è poi aggiunto il Laboratorio Sistemi integrati biomedicali. «È però ormai da quasi 30 anni che l’elettronica si è affacciata in Ticino, a partire dall’inaugurazione di un ciclo di studi nei due indirizzi - telecomunicazioni e automazione - voluto da alcuni docenti dell’allora Scuola Tecnica Superiore, poi integrata nella Supsi. A ruota sono seguiti i programmi di ricerca applicata e trasferimento di tecnologia cui spronava il programma di impulso federale Microswiss, che promuoveva la creazione di centri di competenza ai quali potessero appoggiarsi le aziende del territorio, considerando come la miniaturizzazione dei sistemi elettronici e la microintegrazione già si profilassero essenziali per i futuri sviluppi. Tra le realtà nate nei vari cantoni da quell’impulso, a oggi la nostra è una delle più attive sul fronte della ricerca in rapporto al numero di studenti», sottolinea il direttore Andrea Salvadè che all’epoca, nel 1993, ingegnere laureato all’Eth con un’esperienza di cinque anni presso la Siemens-Albis, fu designato primo collaboratore operativo del primo Laboratorio di microelettronica in Ticino.
Da ottobre 2019 l’Istituto ha riorganizzato la sua struttura passando da quattro laboratori a una partizione in aree scientifiche, che rappresentano le competenze strategiche: Elettronica digitale, microelettronica e bioelettronica; Elettronica analogica e radiofrequenza, telecom e sistemi per l’imaging; Elettronica di potenza e applicata all’energia; Sistemi meccatronici; Sistemi microtecnici di precisione; Fotonica applicata e optoelettronica.
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vile e della geologia, che si appoggiano alle vaste competenze in sensorica, alta frequenza, elettronica e metrologia presenti nell’Isea. Tra quelli avviati di recente, RiBeMos (Revolutionary river bed-load monitoring system), diretto dall’ingegner Samuel Poretti e nanziato dall’ente federale Innosuisse. L’aumento delle temperature e le variate condizioni idrologiche con precipitazioni più intense prospettano nuovi pericoli nel contesto alpino. «In particolare, detriti e legname trasportati dai corsi d’acqua durante le piene improvvise possono causare danni ingenti all’ambiente uviale, all’uomo e alle infrastrutture circostanti, inclusi gli impianti di turbinaggio e produzione idroelettrica. Una condizione cui in Ticino sono esposti tutti i corsi d’acqua di versante. Disporre di informazioni sui volumi e tipologia dei materiali inerti trasportati e sulla dinamica morfologica di uno speci co corso d’acqua, diventa cruciale per de nire gli scenari da attendersi, così come per valutare l’impatto di eventuali interventi sull’ecosistema
uviale e sulla biodiversità», spiega l’ingegner Andrea Salvetti, collaboratore scienti co dell’Uf cio dei corsi d’acqua (Uca), tra i partner del progetto, insieme all’Azienda Elettrica Ticinese, alla Kern Electronik di Interlaken e al Laboratorium3D di Biasca. «Proprio grazie alla stretta collaborazione con partner commerciali e istituzionali, come è il caso dell’Isea, con il quale lavoriamo anche a un secondo progetto, RiverDepth, per lo sviluppo di un drone batimetrico, restiamo all’avanguardia nell’applicazione e sviluppo di moderni metodi e tecniche di misurazione e monitoraggio ambientale», osserva l’ingegnere Christian Tognacca, fondatore di Laboratorium 3D, centro di ricerche applicate nel campo dell’idraulica, della morfologia uviale e della protezione contro i pericoli naturali nel contesto alpino. «Per RiBeMos mettiamo a disposizione le nostre competenze in materia di ingegneria uviale e di idrodinamica così come le nostre infrastrutture, fra cui il laboratorio sperimentale e di ricerca applicata per le fasi di test e di
Da sinistra, Andrea Salvetti, collaboratore scientifico dell’Ufficio dei corsi d’acqua cantonale, e Christian Tognacca, fondatore della Laboratorium3D di Biasca.
sviluppo dei prototipi», speci ca Christian Tognacca.
Oltre allo sviluppo dei sensori e alle prove di laboratorio in corso su canalina portate avanti insieme al consorzio di ricerca, l’Uf cio dei corsi d’acqua sta investendo nella progettazione di una stazione di misura sul campo, che consentirà di sperimentare e calibrare i sensori con eventi di trasporto reali. Rappresenterà uno dei primi esempi di stazioni di questo tipo nell’arco alpino. «Mi auguro che nei prossimi anni potremo ricavare dati ed elaborazioni che ci consentiranno di conoscere meglio questi fenomeni con evidenti ricadute pratiche sul territorio, sia per la gestione della sicurezza contro i pericoli naturali, sia per la conoscenza generale dei processi morfologici che si instaurano nei corsi d’acqua alpini», conclude Andrea Salvetti.
Una testa con occhio e cervello. Un progetto che merita l’etichetta di ‘rivoluzionario’ è quello sviluppato dall’Isea insieme al team R&D di Delvitech. Quartier generale a Mendrisio, branch of ces negli Stati Uniti e in India, a Bangalore, quest’azienda attiva nel campo dei sistemi di ispezione ottica automatica (Aoi) per l’individuazione di difetti ed errori di assemblaggio dei circuiti stampati ha scelto di appoggiarsi all’eccellenza del territorio nella ricerca elettronica per creare una nuova generazione di macchine in grado di imporre un cambiamento di paradigma nel settore.
«Insieme al team dell’Isea condotto dal prof. Daniele Allegri, abbiamo dato vita a un progetto tra i più importanti mai
Dagli anni ’80, prima del periodo segnato dalla pandemia, la spesa in R&D dell’industria dei semiconduttori è diminuita solo in quattro anni (2001, 2002, 2009 e 2019), in corrispondenza con crisi economiche e finanziarie. Nonostante le chiusure di aziende e la penuria di materie prime, l’anno scorso il fatturato generato dai chip è cresciuto di un sorprendente 11%.
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Fonte:
IC Insights
dei semiconduttori 1980-2026* ■ Spesa in R&D, mld. Usd (sx) 5% 7% 9% 11% 13% 15% 17% 19% 0 20 40 60 80 100 %Fatturato investita in R&D (dx) 80 84 88 92 96 00 04 08 12 16 22 24*
Gli investimenti in R&D dell’industria
nanziati da Innosuisse, tanto in termini di budget, con un costo complessivo di circa 2 milioni di franchi, quanto di potenziale di innovazione. La s da consiste nel realizzare, primi al mondo, una testa ottica unica nel suo genere per le macchine Aoi, con capacità di alta risoluzione e alta precisione, in grado di abbracciare tutti i processi di controllo qualità all’interno del usso produttivo, a differenza di quanto accade oggi con macchine e software dedicati a ogni singola fase», spiega Roberto Gatti, Ceo di Delvitech.
Presentata negli scorsi mesi alle ere di settore in Germania e India, ha subito raccolto ampi consensi.
Supsi non ha soltanto realizzato il disegno e lo studio di ingegneria per la parte hardware, ma ha anche sviluppato la scheda che sincronizza telecamere e luci, insieme alla movimentazione dei motori.
«Anziché limitarci alla mi glior detectability dell’errore, compiamo anche il passo suc cessivo andando a veri care come evitarlo sulla base di analisi con tinue all’interno del usso produt tivo. Le nostre macchine sono infatti de nibili all’interno di un ecosistema che abbiamo chiamato 3is, Innovative In telligent Inspection Solution, la prima so luzione a livello mondiale in grado di operare per la predittività basandosi sull’Ai. Gli ingegneri dell’Isea hanno permesso di integrare ottimalmente gli algoritmi di machine learning, pure targati Supsi, permettendo di sfruttare al meglio velocità e precisione di lettura della nostra testa ottica brevettata», spiega Roberto Gatti.
Riuscendo a individuare l’errore prima che avvenga, a capire le ragioni che lo generano e a intervenire af nché non si ripeta, il sistema di Delvitech permette signi cativi risparmi non solo aumentando il rendimento della produzione, con più schede integre a ne linea, ma anche limitando le emissioni di CO2 e salvaguardando materie prime, ancor più preziose in questo momento. Oltre ai vantaggi per il produttore, vanno poi considerati quelli per gli operatori e per i responsabili di linea, che si trovano a lavorare su prodotti evoluti.
«In previsione c’è già un’altra collaborazione con l’Isea per sviluppare una testa ottica pensata per l’ispezione dei
«Insieme all’Isea abbiamo dato vita a uno dei progetti più importanti finanziati da Innosuisse, i primi al mondo a realizzare una testa ottica per macchine di ispezione automatica dalle alte capacità di risoluzione e precisione che abbraccia tutti i processi di controllo qualità all’interno del flusso produttivo»
Roberto Gatti, Ceo di Delvitech
componenti senza precedenti, abbiamo registrato un’impennata di richieste da parte di aziende interessate a progetti che le aiutassero a restare al passo con le esigenze dei tempi. Ancora oggi la situazione non si è regolarizzata e mi trovo giornalmente a rmare ordini ordini di componenti elettroniche in tempo quasi reale: il carrello degli acquisti va confermato molto velocemente se non si vuole essere preceduti. A noi bastano pochi pezzi per realizzare un prototipo avanzato, ma quando sviluppiamo il progetto dobbiamo già pensare a una proposta sostenibile per l’azienda che dovrà poi produrre in serie e in breve tempo», sottolinea il direttore dell’Isea.
Abbinata al sistema Innovative Intelligent Inspection Solutions, la testa ottica sviluppata da Delvitech con l’Isea rivoluziona standard e concetto dell’ispezione automatica.
semiconduttori e successive applicazioni in ambito pharma e food», anticipa il Ceo di Delvitech. L’obiettivo è non solo incrementare la cifra d’affari e imporsi a livello mondiale come punto di riferimento, ma anche di stimolare in un mutuo scambio di competenze e forza innovativa l’ecosistema in cui si inserisce, nella consapevolezza di aver trovato l’ambiente e i partner ideali per la sua crescita.
Penuria di componenti . Innegabilmente l’elettronica sta attraversando una fase tuttora critica, innescata dalla pandemia ed esacerbata dalle nuove variabili legate al con itto fra Russia e Ucraina.
«Paradossalmente, proprio nei due ultimi anni condizionati da una penuria di
La sostenibilità è tra gli aspetti in cui la professione dell’ingegnere elettronico sta più evolvendo: oltre all’approvvigionamento, imperativo è cercare di ridurre i consumi di energia e andare verso le fonti rinnovabili. Una sensibilità che viene sollecitata già in sede di formazione di base, dove l’Isea è attivo nei curricula di ingegneria elettronica e nei diversi percorsi paralleli di quella meccanica, gestionale e informatica del Dti, ma anche in moduli del Dipartimento ambiente costruzioni e design (Dacd) o del Dipartimento formazione e apprendimento (Dfa). Proprio con quest’ultimo sviluppa vari progetti che portano nelle aule scolastiche l’elettronica per appassionare bambini e ragazzi che potrebbero diventare gli ingegneri elettronici di domani. Un settore che, a livello indigeno, si scontra con la persistente carenza di candidati - e ancor di più candidate - malgrado sia tra i più promettenti e offra molte prospettive verso il futuro.
Susanna Cattaneo
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Quando la rete è immobiliare
Si è da poco conclusa l’ottava edizione, ma sono già iniziati i lavori di preparazione della successiva edizione della manifestazione. Al centro è destinato a rimanere il settore.
presente Christian Vitta che ha supportato la manifestazione ticinese facendo presente come l’iniziativa abbia occupato con merito e professionalità uno spazio che nel territorio era stato lasciato libero.
Durante la conferenza stampa tenutasi al Municipio di Lugano sia il vicesindaco, Roberto Badaracco, che il direttore della Divisione dell’economia, Stefano Rizzi, hanno sottolineato come sia stata vincente la formula inclusiva di coinvolgere altri autorevoli partner come Lifestyle Tech Competence Center. La BIT si profila nuovamente come un appuntamento fisso e di riferimento per tutti i professionisti del settore che necessitano di un forum sia per mettersi in rete, creando relazioni e business, che per ottenere nuova visibilità.
La nona edizione della Borsa Immobiliare Ticino (BiT) si terrà il 20 e 21 settembre 2023 sempre al Palazzo dei Congressi di Lugano. Oggi più che mai, è responsabilità della BiT sostenere il mondo immobiliare e tutto l’indotto. Il Team, guidato dal fondatore e direttore Paolo Caspani, è consapevole del ruolo strategico legato allo sviluppo economico, commerciale e di marketing delle partecipanti che avranno di nuovo l’opportunità di presentare proposte, servizi e progetti.
L’iniziativa Borsa Immobiliare Ticino nasce otto anni addietro grazie a una visione e intuizione di Paolo Caspani a seguito di un evento legato all’inaugurazione di uno show-room appartenente a realtà del ramo immobiliare. L’obiettivo era permettere alle aziende di esporre i propri progetti e servizi, per creare relazioni e connessioni di valore.
La BiT è oggi una manifestazione in
continua evoluzione, capace ogni anno di adattarsi alle esigenze di mercato e di selezionare le migliori e più affidabili aziende sul territorio. L’edizione dello scorso settembre ha visto coinvolte oltre 50 aziende, con una frequenza in due giorni di circa mille e cinquecento persone tra addetti ai lavori e interessati. La duplice forza dell’iniziativa è la valorizzazione delle buone relazioni individuali, perché il contatto umano conta ancora, oltre alla creazione di sinergie tra aziende, anche concorrenti.
La leadership congiunta, team organizzatore e aziende partecipanti, impatta sul territorio creando un considerevole valore aggiunto all’economia cantonale perché con le buone relazioni, le aziende vincono. Il giorno dell’inaugurazione era
Dal 2020 sono in essere i patrocini del Consiglio di Stato del Cantone Ticino e delle principali Città ticinesi. Dall’anno scorso si è unito all’evento anche il dipartimento dell’ambiente costruzioni e design della Supsi per dimostrare come il legame tra le aziende, il territorio e la BiT sia maturo e imprescindibile. La continua evoluzione dell’immobiliare porta a considerare importante la diffusione degli smart building, progetti caratterizzati dall’innovazione tecnologia, nella gestione degli edifici in accompagnamento alla digitalizzazione che non può più essere trascurata. “Oggi più che mai è nostra responsabilità”, afferma il fondatore Paolo Caspani, “sostenere il mondo immobiliare e tutti i settori dell’indotto. Siamo consapevoli del nostro ruolo, strategico per lo sviluppo economico, commerciale e di marketing delle aziende partecipanti che avranno di nuovo l’opportunità di presentare proposte, servizi e progetti”.
Stefano Devecchi Bellini
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economia / eventi
Il Palazzo dei Congressi di Lugano, dove si terrà nel settembre 2023 la nona edizione della BiT.
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Piccola-grande Lucerna
Non è solo una meta turistica, grandi aziende e Pmi di tutti i settori vi hanno sede e beneficiano di un contesto economico favorevole. Resistono alle crisi, anche se non sono immuni alle difficoltà di fornitura e carenza di personale specializzato, al pari della Svizzera.
sociale occupano la maggior parte dei lavoratori. Vi sono anche grandi aziende come Roche Diagnostics a Rotkreuz, il costruttore di aerei Pilatus a Stans o il costruttore di ascensori Schindler a Ebikon.
Chiunque pensi al Canton Lucerna, immagina luoghi da cartolina: i battelli a vapore sul Lago dei Quattro Cantoni, il Kapellbrücke, che attraversa il fiume Reuss o il Pilatus, la montagna locale di Lucerna molto amata dai turisti. Ma l’offerta del Cantone a livello economico va ben oltre le attrazioni turistiche e i circa 12mila posti letto alberghieri. Anche grazie all’importante sostegno statale, il panorama ampio e diversificato di Pmi gli ha consentito di superare la pandemia relativamente indenne. Meta turistica senza turisti. Il turismo è comunque un ramo economico molto influente nel Canton Lucerna. Secondo uno studio recente sulla creazione di valore aggiunto, prima dell’emergenza pandemica il turismo garantiva quasi due miliardi di franchi all’anno al Cantone grazie a 4,8 milioni di pernottamenti, 12,6 milioni di visite giornaliere e i più
disparati consumi dei visitatori. La città di Lucerna generava da sola circa 1,3 miliardi di franchi. Direttamente o indirettamente, grazie ai servizi offerti, 12.500 posti di lavoro dipendevano dal settore.
Queste cifre risalgono al 2019, l’anno record nelle statistiche. Poco dopo, quale conseguenza della pandemia, i numeri sono crollati. Nel 2020 sono stati solo un milione circa i pernottamenti, di cui tre quarti da parte di ospiti svizzeri, data l’impossibilità per i turisti provenienti da Asia e America, per anni i più numerosi a Lucerna, di entrare nel Paese.
Ma la situazione è migliorata rapidamente. Nel 2021 il settore dell’ospitalità ha registrato nuovamente quasi 1,4 milioni di pernottamenti e per il 2022 prevede di tornare ai valori abituali. Leader nell’allevamento. Come accennato, il Cantone ha però molto altro da offrire economicamente. L’industria, il commercio, il settore sanitario e quello
Inoltre, Lucerna ha una forte tradizione agricola. Nel 2021 contava oltre 4mila aziende agricole, posizionandosi al secondo posto a livello nazionale, dietro Berna, con le sue 10mila aziende. È però leader nell’allevamento di suini. In nessun altro cantone sono così tanti: nel 2021 erano circa 430mila, un suino svizzero su tre è allevato qui. A confronto, i 416mila abitanti sono in minoranza. Strategica per i trasporti. Il Cantone è variegato, anche a livello paesaggistico; la parte meridionale è caratterizzata dai monti e dal Lago dei Quattro Cantoni, Entlebuch si trova nelle Prealpi e l’area intorno a Sursee è parte dell’Altipiano. Tutte queste regioni sono tra loro vicine. Le imprese con sede nel Cantone beneficiano anche della vicinanza delle aree ad alta concentrazione di Zurigo, Basilea e Berna, nonché del facile accesso alle grandi vie di trasporto. Il Gottardo si raggiunge in tempi brevi come anche l’A1, che attraversa la Svizzera da est a ovest. Facilmente accessibile è anche la Valle del Reno, con importanti vie di comunicazione verso l’Europa settentrionale i Paesi: Francia, Germania e i grandi porti di Rotterdam, Anversa e Amburgo.
Oltre agli eccellenti collegamenti viari
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finanza /analisi regionale
A lato, una veduta della capitale del Canton Lucerna, e del suo celeberrimo Kapellbrucke. Ma sono molte altre le sorprese che riserva.
in tutte le direzioni, anche l’imposizione fiscale gioca a favore delle imprese. Rispetto alla media nazionale, le imposte sono infatti più basse.
L’impronta delle Pmi. Tutto questo contribuisce all’efficienza e alla competitività della regione. Non è un caso se grandi aziende internazionali hanno scelto di insediarsi qui, ma anche le numerose Pmi di successo sono l’espressione dell’alta attrattiva della regione. Sono presenti circa 29mila piccole e medie imprese che danno lavoro a 155mila addetti.
In un Cantone in cui turismo e aziende produttive, agricoltura e industria, bellezze naturali e agglomerati urbani riescono a coesistere, non c’è dunque un solo polo economico, ma molti.
Al primo posto la città di Lucerna con il rispettivo agglomerato, ma anche Willisau, Entlebuch, Hochdorf e Sursee sono centri importanti. In tutti questi luoghi le Pmi sono di casa, e dopo i mesi difficili della pandemia ora si trovano ad affrontare nuove sfide. Nei colloqui personali con le imprese emergono incertezze causate dai problemi nella catena di approvvigionamento. Tempi di attesa più lunghi per le materie prime o problemi di fornitura rendono difficile per le imprese rispettare i termini o soddisfare gli ordini.
I registri degli ordini di molte Pmi nel primo semestre si sono riempiti, anche a causa dei cosiddetti ‘effetti di ripresa’. Ma nel frattempo il vento è cambiato e i portafogli ordini sono in calo. Le imprese iniziano a sentire, anche se lentamente, la debolezza dell’economia mondiale. Trovare personale specializzato, tuttavia, continua a essere difficile. La difficile ricerca di personale specializzato. All’inizio di settembre l’Ufficio federale di statistica ha comunicato una forte crescita dell’occupazione in tutti i settori economici. Contemporaneamente il numero di posti vacanti è nuovamente cresciuto e si attesta a circa 130mila. Come dimostra una recente indagine, sono interessate piccole e medie imprese su tutto il territorio svizzero.
Proprio la carenza di personale specializzato e l’aumento dei prezzi dell’energia sono stati indicati dalla maggioranza delle 565 imprese intervistate come sfide importanti. Le imprese auspicano una soluzione politica attraverso, da un lato, trattative con l’Ue e, dall’altro, incentivi verso la transizione energetica.
I commercianti della regione si affidano
«Il Canton Lucerna ha una forte tradizione agricola. Nel 2021 contava oltre 4mila aziende nel primario, posizionandosi al secondo posto a livello nazionale, dietro Berna, con le sue 10mila aziende.
È però leader nell’allevamento di suini, uno su tre in Svizzera è allevato qui»
Ines Roth, Consulente Clientela aziendale Svizzera centrale di Banca Raiffeisen
Sostenibili per scelta
Hako Svizzera vende a Sursee macchine per la pulizia, automezzi comunali e macchine per la manutenzione dei campi da golf. L’azienda punta sulla sostenibilità offrendo veicoli anche a noleggio. Il direttore Roberto Chechele ne illustra i vantaggi rispetto alla concorrenza. «La principale differenza è che non ci limitiamo a vendere i veicoli della nostra casa madre Hako e di Toro, di cui siamo importatori per la Svizzera. Nel nostro modello vendita e sharing economy si sovrappongono; a seconda del cliente si valutano acquisto, leasing, noleggio o una combinazione di più opzioni».
Cosa incide sull’offerta in termini competitivi? «Da un lato la nostra officina, eseguiamo infatti regolarmente la manutenzione delle macchine e dei veicoli dei nostri clienti prolungandone il ciclo di vita e l’efficienza. Dall’altro, nell’ambito del leasing, offriamo la possibilità di sostituire i veicoli con i modelli più recenti senza sovrapprezzo», prosegue il direttore, in azienda dal 2018.
Quali sono però le maggiori sfide poste da questo modello? «La maggiore è stata passare dalla vendita a un sistema con offerte di sharing, per prepararci al futuro, il che ha comportato riorganizzare i reparti e cambiare le procedure. Crediamo nel motto ‘Utilizzare anziché possedere’ e molti si rivolgono a noi per questo. I comuni si rivolgono a noi per i moduli intercambiabili: d’estate aggiungono il noleggio di piatti di taglio, d’inverno i soffiatori per foglie. Così un unico mezzo assolve più compiti, e il parco macchine rimane ridotto», nota Chechele. Qual è dunque il ruolo della sostenibilità in azienda? «Il desiderio di sostenibilità è alla base della modifica del modello aziendale. I veicoli Hako sono durevoli e robusti. Quando ci limitavamo a venderli, spesso non erano sottoposti a manutenzione ottimale e talvolta venivano rivenduti in pessimo stato. Grazie allo sharing, i veicoli tornano regolarmente in officina, e quando li rivendiamo/riloggiamo ci assicuriamo che durino ancora a lungo», conclude il direttore.
anche all’iniziativa personale e cercano attivamente personale specializzato. Puntano sul contesto economico stabile, sulla bellezza della regione e sulla grande offerta di attività per il tempo libero.
La sostenibilità. Oltre alla carenza di personale specializzato, le Pmi svizzere guardano al futuro con preoccupazione,
secondo la ricerca, anche a causa dei problemi nelle catene di fornitura. Solo poco meno della metà prevede, per i prossimi dodici mesi, condizioni quadro economiche convenienti. Tuttavia, oltre due terzi delle imprese valutano la propria situazione economica nei prossimi tre anni da buona a molto buona.
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Questione di trasparenza
Dopo oltre un decennio di investimenti e attenta pianificazione una giovane realtà locale si appresta infine a fare il grande salto, inaugurando una nuova fase. Da un lato i numeri, dall’altro l’esperienza nel settore, ma fermo l’obiettivo: informare sempre il cliente.
Trasparenza: la caratteristica e la proprietà di essere trasparente; chiarezza, facilità di comprensione o di intuizione del senso o del significato, anche se non espresso in modo esplicito. In un settore già complesso, e sulla buona strada per continuare a complicarsi anche nei prossimi anni, può essere questo semplice termine la chiave di volta per qualcosa di più grande?
Se da un lato è il precipitato ultimo di oltre un decennio di pesante attività normativa, maggior trasparenza a vantaggio del cliente, dall’altro è sempre stato il modello cui naturalmente tendere per molti operatori del settore. «Sin dalla fondazione il pilastro della nostra filosofia è stato quello di essere trasparenti e fare in modo che il cliente si senta tutelato e rassicurato dal nostro operato. Ciò implica eliminare i conflitti di interesse e, laddove sussistano, risolverli in favore del cliente, le cui commissioni sono ad esempio la nostra sola fonte di ricavo. Anche questa peculiarità non è casuale, ma trova le sue radici nel legame unico nato nel 1998, tra me, il gestore, e Michael Seegy, il cliente. Un rapporto di lavoro, presto divenuto di amicizia, che è stato il vero sprone a che
Phosphor nascesse anni dopo. È anche per questo che abbiamo sempre osservato standard elevati in termini di procedure interne, struttura aziendale e sistemi di controllo, che oggi ci stanno ancora una volta premiando», esordisce così Arnoldo
Toward light, la scultura presente in sede, libera interpretazione dell’artista greca Evgenia Dimitrakopoulou di Phosphorus.
Valsangiacomo, presidente del board di Phosphor Asset Management, società specializzata del settore, e da lui co-fondata nell’aprile del 2010, insieme a Seegy.
Del resto che la trasparenza abbia sempre giocato un ruolo, almeno negli ultimi dodici anni, non è un mistero, e di recente è stato autorevolmente certificato. «È una caratteristica che ci contraddistingue sin dalle origini, e anche grazie a essa, pensiamo che Finma ci abbia autorizzato a proseguire la nostra attività in tempi piuttosto brevi e senza particolari intoppi. A fare la differenza un modello di business solido, con compliance e risk management interni, e una divisione netta tra Direzione e board, formati da persone dell’industria della finanza; elementi tutt’altro che scontati in una società ancora piccola, dieci collaboratori, come la nostra», evidenzia Nicola Carcano, membro della Direzione collegiale e presidente del Comitato d’investimento. Un nome certamente emblematico di una filosofia, e non solo, altrettanto netta. «Phosphorus nella mitologia greca è la stella del mattino, ed è da lì che nasce il nostro Phosphor, dunque l’idea di luce e chiarezza è saldamente ancorata nell’anima della società, ma allo stesso tempo è declinata pragmaticamente in una scultura presente in sede, Towards light. Ci sembrava importante dar concretezza a quella che è la nostra quotidianità,
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finanza / indipendenti 2010 2019
Nasce Phosphor Am in aprile
2013 Servizi interni di Compliance e Risk Management 2020 2022
Raddoppio degli spazi in sede
Potenziamento dei servizi di consulenza e Family Office
Autorizzazione di Finma
far luce nell’etereo mondo della finanza, spiegando al cliente in cosa sia investito, perché e sulla base di quale view macroeconomica. Un’attività che ovviamente ci richiede molto tempo, e risorse, ma che pensiamo sia imprescindibile», prosegue il presidente del board.
Elementi, questi, alla base della filosofia d’investimento di una società che nasce all’insegna della gestione patrimoniale, e che nel corso degli anni ha comunque saputo arricchire il mosaico di servizi con ulteriori tasselli. «Indipendenza, trasparenza, asset allocation flessibile e profondamente attiva, e view macroeconomica sono i nostri tratti distintivi. La trasparenza è in primo luogo a livello di struttura di portafoglio, usiamo fondi istituzionali, privilegiamo gli investimenti diretti, evitiamo i prodotti strutturati, in presenza di una struttura dei costi cristallina. Negli anni alla Gestione discrezionale, che resta il nostro Core business, si è aggiunta l’esecuzione degli ordini, la consulenza finanziaria e i servizi propri di un Family Office, tutti indipendenti e modulabili. Se, quando operiamo come Family Office, la tattica rimane di competenza dei singoli gestori del patrimonio del cliente, la strategia fa capo a noi, nella convinzione che nel lungo periodo il vero valore aggiunto stia nell’asset allocation, pietra angolare del nostro business», sottolinea il presidente del comitato. Valori fatti propri e applicati in maniera continuativa nel tempo, che negli anni hanno dato vita a risultati interessanti, alimentando relazioni pregresse. «Sono uscito dal mondo bancario nel 2009, per affrancarmi da una serie di paletti che iniziavano a esserci, portando avanti e sviluppando l’embrione di un progetto del 2002, il lancio del primo fondo Ethenea, un’attività in cui sono coinvolto ancora oggi. Alla base del rapporto che ho sempre avuto con i miei clienti c’è una semplice consapevolezza: chi risparmia lo fa per dormire sereno, e si affida a noi per non occuparsene, nel momento in cui non sa in cosa abbia investito, ecco che nasce la preoccupazione. L’opposto di quanto voleva ottenere. Portandomi dietro un retaggio dei miei primi anni nel settore sono sempre coinvestito insieme ai miei clienti, e ritengo si debbano dedicare risorse tangibili proprio per informarli di ciò che stiamo facendo, perché siano davvero sereni», prosegue Valsangiacomo.
Alla base della strategia assunti molto
«Abbiamo creato il motore sovradimensionato di una macchina che funziona, e in cui abbiamo continuato a investire per oltre un decennio, senza cercare nuovi clienti. Si apre ora una nuova fase, e grazie a un prodotto valido tra le mani siamo sicuri i numeri ci daranno ragione»
Arnoldo Valsangiacomo, Presidente del board di Phosphor Asset Management
Evoluzione delle masse
Il gestito per tipologia di servizio (2010: 100)
forti, supportati da una lunga militanza nel settore, dunque l’esperienza delle persone coinvolte, oltre all’oggettiva solidità dei dati dei prodotti proposti. «C’è una concentrazione assoluta sulla mitigazione del rischio di downside, fallire in questo senso sarebbe una condanna per l’intera strategia. Anche nei momenti più bui dell’emergenza pandemica gran parte dei nostri portafogli aveva corretto di un modesto -5%. Siamo convinti che il successo stia in un’asset allocation saldamente agganciata a un’attenta view macroeconomica che sappia cogliere i trend di lungo periodo, capire dove si troveranno le economie nazionali a distanza di 18 mesi, dando dunque precise indicazioni sulle singole asset class. Si tratta dunque sì di saper leggere i dati, anticipando le mosse delle autorità, ma anche di capire come questi dati saranno interpretati dai mercati», precisa Andrea Siviero, membro del Consiglio di Amministrazione, e vice-presidente del Comitato d’investimento, con alle spalle importanti esperienze presso il Fondo Monetario Internazionale e la
In relativamente pochi anni di storia, e senza che la società si dedicasse sistematicamente alla ricerca di nuovi clienti, il gestito è andato crescendo, anche organicamente. L’aggiunta recente di nuovi servizi, ancillari alla tradizionale Gestione, ha fatto poi la sua parte.
Banca Nazionale Svizzera. Se dunque da un lato bisogna essere ragionevolmente sicuri di aver colto davvero il polso della situazione, dall’altro è altrettanto importante saperlo comunicare nel modo corretto a un cliente che nell’arco di mezzo secolo è comunque radicalmente mutato. «Il fatto che la nostra piccola realtà possa contare su ben due professori universitari, Nicola e Andrea, penso dica meglio di molte parole l’importanza che attribuiamo a questo aspetto. È vero, anche rispetto al recente passato, le competenze in ambito finanziario di molti clienti sono enormemente cresciute, al pari però del grado di com-
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Fonte: Pham 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 0 50 100 150 200 250 300 350 400 ■ AuM Family Office ■ AuM Consulenza Finanziaria ■ AuM Gestione
plessità dei mercati finanziari, se dunque ancora negli anni Novanta l’asset allocation era importante, oggi è imprescindibile, e l’Advisory lo sarà sempre di più. I clienti devono essere guidati e informati lungo l’intero processo d’in vestimento, noi lo facciamo e viene sempre enormemente apprezzato», chiosa il presi dente del board.
Mercati sempre più com plessi, un contesto d’investi mento irto di difficoltà come mai prima, unito a interventi radicali, ormai considerati normali, delle autorità di politica monetaria, e di re cente anche fiscale. Come districarsi? «Per definizione il prezzo di un asset finanzia rio sintetizza tutte le infor mazioni, ma laddove vi siano importanti distorsioni quanto può essere considerato dav vero affidabile? Dunque, quando verranno meno cosa accadrà? Una view macroe conomica corretta fornisce indicazioni precise sul dove si stia andando, consente di anticipare alcuni movi menti, posizionandosi di conseguenza. Già a febbraio il quadro era piuttosto chia ramente stagflazionista, dun que la correlazione tra azioni e obbligazioni sarebbe stata positiva, da qui l’unica scelta sensata era andare short su tutto e molta liquidità, come abbiamo fatto. Rimaniamo fortemente attivi, e pronti a reagire ai sempre possibili sviluppi inattesi di mercato con disciplina e
«Siamo convinti che il successo stia in un’asset allocation saldamente agganciata a un’attenta view macroeconomica che sappia cogliere i trend di lungo periodo, capire dove ci si troverà a distanza di 18 mesi, dando dunque precise indicazioni sulle singole asset class»
Andrea Siviero,
coerenza», prosegue Siviero.
Dodici anni per una struttura del settore non sono molti, specie se confrontata con la storia di istituzioni sul mercato da decine di anni, se non in alcuni casi qual
prezzare la complementarietà che c’è tra diverse dimensioni. Da un lato c’è ad esempio una componente più istituzionale e analitica, in questo senso teorica e accademica, rappresentata da Andrea, dall’altro una più pragmatica e molto legata alle dinamiche dei mercati, quella di Arnoldo, al centro ci sono però tanta fiducia e amicizia che riescono a tenere insieme e stemperare queste due componenti, esaltandone gli aspetti migliori. Due elementi fondamentali nel caso di situazioni complesse o scelte difficili, come quelle che un gestore può trovarsi a dover prendere», riflette Carcano.
Se a contare ora della fine sono sempre i legami tra persone, anche in questo settore, ecco che allora la storia è iniziata ben prima, e assume dunque un altro significato. «Ho conosciuto Andrea nei Novanta, quando per oltre un decennio abbiamo lavorato in Banca del Ceresio. In seguito Andrea ha intrapreso un percorso tutto istituzionale, internazionale e nazionale, io sono rimasto nel privato, ma abbiamo sempre mantenuto i contatti sino a quando le nostre strade sono tornate a incrociarsi. A guidarmi sono sempre stati i numeri, al pari dell’abitudine di dover sempre valutare l’impatto economico di qualunque notizia, e questo mi ha spinto a muovere i primi passi nel settore ancora negli anni Ottanta, ma a piacermi anche oggi è prendere decisioni e avere ragione», commenta il presidente del board.
che secolo. Eppure nulla è come sembra. «Mi sono unito a Phosphor appena tre anni fa, e sin dall’esterno si poteva ap-
Un arco temporale significativo che ha visto la stessa finanza cambiare rapidamente, e radicalmente, aprendosi sempre più a una dimensione internazionale. «L’incredibile sviluppo dei mercati finanziari negli ultimi decenni è stato trainato da derivati e prodotti strutturati, guidati in parte dalla domanda, e sostenuti dalle nuove tecnologie. Se gli Ottanta erano l’epoca dei prodotti semi-passivi, si è aperta da tempo quella degli attivi, da qui l’esigenza di far capire e informare i clienti. Ho iniziato il mio percorso presso Accenture negli stessi anni del decollo dei derivati, lavorando
70 · TM Ottobre 2022
La sede della società a Lugano.
membro del board di Phosphor Asset Management
proprio allo sviluppo della svizzera Soffex, per poi proseguire in altre importanti realtà del settore, affiancandovi un percorso accademico, che mi permettesse di rimanere aggiornato; un modo di unire all’indispensabile pratica anche la teoria», evidenzia il presidente del comitato.
I mercati sono evoluti, due diverse generazioni di clientela si sono avvicendate, con la terza pronta a uscire, eppure… cos’è davvero cambiato? «Per molti versi tutto, per altri nulla, dipende. Da un punto di vista socio-psicologico il rapporto che esiste tra uomo e finanza è rimasto lo stesso, al pari delle sue esigenze, ma è oggi possibile soddisfarle con strumenti più sofisticati, che richiedono molte più competenze da parte di un Gestore che non è più lo stesso del secolo scorso. Da oltre quindici anni sono attivo nel Private Banking, ed è innegabile che i clienti siano sempre più consapevoli e informati, ma dunque anche esigenti nei confronti dei loro consulenti, si può dunque dire che il rapporto sia rimasto lo stesso, solo che l’asticella è stata reciprocamente molto alzata», prosegue Carcano.
Maggiori competenze e aspettative sensibilmente mutate, in meglio, potrebbero però non essere obbligatoriamente solo sinonimi di maggior sicurezza. Anzi. «Avere un grado d’istruzione più elevato, e migliori conoscenze in un ambito specifico non è certamente una ‘garanzia sulla vita’, ma se sei competente sei anche più consapevole dei rischi, il che mette i gestori in una luce diversa. I clienti oggi capiscono meglio le difficoltà con cui siamo confrontati quotidianamente, ma rimane compito nostro fare il meglio possibile, delineare scenari e prevedere contrappesi e coperture, con l’auspicio che questo possa tradursi in un rendimento adeguato. Il fascino del nostro lavoro sta nella complessità, non fai in tempo ad annoiarti che è già tutto cambiato, nella consapevolezza che sia inevitabilmente impossibile tener conto di tutte le variabili coinvolte», riflette Valsangiacomo.
A dodici anni dal calcio d’inizio, quali equilibri sono stati raggiunti, e quali devono invece ancora esserlo? «È vero, siamo una realtà giovane, non ci siamo ancora dovuti confrontare con i problemi tipici di altre, ma a nostro modo il passaggio generazionale l’abbiamo già iniziato. Da un lato i dodici anni di vita, dall’altro un’esperienza media di oltre venticinque nell’industria per i membri
«Siamo una realtà giovane, ma a nostro modo il passaggio generazionale l’abbiamo già iniziato, investendo nel formare giovani talenti, presto al fronte. Da un lato i dodici anni di vita, dall’altro un’esperienza media di oltre venticinque nell’industria per i membri del comitato d’investimento»
Nicola Carcano, Presidente del Comitato d’investimento di Phosphor Asset Management
del comitato d’investimento. Negli ultimi tre anni abbiamo fortemente investito nel formare giovani talenti, che saranno presto al fronte a contatto con i clienti. L’obiettivo che ci siamo dati è crescere, spingere l’acceleratore, e crescere, se del caso anche facendo acquisizioni, ma senza snaturare quella che siamo convinti sia una filosofia vincente», chiosa il presidente del comitato.
Del resto, quando i fondamentali sono solidi, anche le performance più incredibili si dimostrano quanto meno raggiungibili. «Quello che abbiamo creato è il motore sovradimensionato di una macchina che funziona, come Finma ci ha riconosciuto, e in cui abbiamo continuato a investire per oltre un decennio, senza cercare sistematicamente nuovi clienti, lasciando che il passaparola facesse il suo naturale corso. Si apre ora una nuova fase, siamo sicuri di avere un prodotto valido tra le mani, e vogliamo raccontarlo a molti, nella ferma convinzione che anche i numeri ci daranno ragione. Ci siamo preparati a lungo, e ora non possiamo sbagliare, i primi a
Nel corso degli anni, alla crescita delle masse ha fatto eco quella dei collaboratori, con un’accelerazione negli ultimi anni. Fondamentali solidi, e la voglia di aprirsi a nuovi clienti hanno trainato la strategia di crescita non più solo organica.
giudicarci saranno infatti quelli che da anni sono già nostri clienti», conclude Arnoldo Valsangiacomo.
La Piazza finanziaria si sta riorganizzando, una nuova fase è iniziata, e se in molti casi sarà necessario fare i conti con un passato spesso ingombrante, è sulle realtà più giovani, che sappiano far rete continuando a crescere che poggiano le migliori speranze perché Lugano possa almeno aspirare a tornare quell’hub agile, seppur di dimensioni modeste, che è stato per tanto tempo. Se di Private Banking negli anni molto se n’è respirato, sarebbe un peccato gettare oggi tutto alle ortiche.
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L’importanza del capitale umano N. dei collaboratori (in equivalenti a tempo pieno) Fonte: Pham 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 0 1 2 3 4 5 6 7 8
Federico Introzzi
Prospettive filantropiche
Nuovi approcci, idee e riflessioni per una filantropia più reattiva, rappresentativa e sostenibile dal Simposio svizzero delle fondazioni. Più agile, informata e orientata al lungo periodo.
Si è tenuto lo scorso 1 settembre, ad Aarau, il Simposio svizzero delle fondazioni, l’evento filantropico più grande e atteso dell’anno organizzato da SwissFoundations . La 21esima edizione, intitolata “Prospettive”, ha mobilitato oltre 400 persone da ogni angolo della Svizzera. Il simposio è uno degli unici eventi nazionali che pone sullo stesso livello le fondazioni erogative (coloro che elargiscono risorse) e le organizzazioni operative (coloro che richiedono risorse per attuare progetti). Questa piattaforma privilegiata di scambio di esperienze lo rende un vero e proprio ‘place to be’ per fare nuovi contatti e discutere con le fondazioni più prestigiose.
Il filo rosso delle prospettive mirava a riflettere sulle tendenze delle diverse dimensioni che influenzano la filantropia. Il simposio si è aperto con un interessante spunto del Prof. Dr. Dominique Jakob, uno dei massimi esperti in materia di diritto delle fondazioni. Secondo lui, le fondazioni devono poter intervenire in modo rapido e non burocratico in situazioni di
crisi. Per garantire che ciò sia possibile, sarebbe oggi più che mai necessaria una revisione delle condizioni quadro giuridiche. Le fondazioni operano attualmente in condizioni giuridiche superate e insoddisfacenti e si confrontano con una mancanza di apertura e di flessibilità. Purtroppo, la mancanza di comprensione e competenze da parte dei politici impedisce il rinnovamento auspicato, come ha dimostrato chiaramente l’iniziativa parlamentare Luginbühl. Diversi studi commissionati da singoli cantoni circa la filantropia, dimostrano che si può fare diversamente.
Il contesto e gli attori della filantropia stanno cambiando rapidamente. Il Dr. François Bonnici crede che l’orientamento della filantropia del futuro sia sempre più agile, più informato e orientato al lungo termine. Se da un lato i finanziamenti pluriennali e non vincolati sono in aumento, dall’altro vengono sostenute sempre più le reti, le collaborazioni e la promozione delle competenze.
In chiusura di giornata il podio ha accolto André Hoffmann, vicepresidente di
La voce di SwissFoundations
Fondata nel 2001 su iniziativa congiunta di più enti benefici, SwissFoundations riunisce le fondazioni erogative di pubblica utilità in Svizzera, grandi e piccole, dando loro una voce forte e indipendente. In qualità di rete attiva impegnata nell’innovazione, promuove lo scambio di esperienze, la trasparenza e la professionalità nel settore filantropico. Oltre a fornire un supporto concreto e pratico ai suoi membri nel loro lavoro quotidiano e metterli in rete con gli attori politici e sociali, la comunità scientifica e altri soggetti interessati, sostiene le condizioni politiche liberali e promuove un’adeguata percezione pubblica delle fondazioni.
I membri di SwissFoundations investono oltre un miliardo di franchi svizzeri all’anno in progetti e iniziative benefiche, ovvero oltre un terzo di tutte le donazioni annuali delle fondazioni svizzere.
Roche Holding nonché uno dei maggiori filantropi svizzeri, che ha discusso la sua visione con il Dr. Lukas von Orelli. «La forma tradizionale di filantropia ha fallito», ha affermato Hoffmann. Questa affronta i sintomi anziché eliminare le cause del problema. Non fornisce dunque una soluzione sostenibile: può aiutare a sentirsi bene con sé stessi, ma non risolve i problemi. I progetti che esistono solo finché la filantropia li sostiene e poi si fermano quando questa si ritira sono sbagliati a priori. La soluzione proposta da Hoffmann prevede che tutti gli attori dell’economia agiscano in modo socialmente responsabile. La causa di molti problemi sta nel modo in cui sino a oggi le imprese hanno operato. Ma se è vero che tutte le persone desiderano la stessa cosa, ovvero essere felici, allora basterebbe approcciare l’economia in un modo sostenibile sin dall’inizio focalizzandosi sull’evoluzione di lungo termine del valore creato includendo i fattori sociali, ambientali e di buon governo, invece di misurare il successo unicamente in base al profitto finanziario di breve termine. Perciò nella sua visione le imprese rafforzeranno in futuro la loro posizione quali attori del cambiamento.
Questa edizione ha puntato i riflettori su numerosi approcci e idee per una filantropia più reattiva, rappresentativa e sostenibile. I dieci workshop e le sette plenarie sono stati fonte di grande ispirazione per ricaricare le energie per essere attori proattivi e attuare il cambiamento a cui tutti aspiriamo.
Giorgio Panzera, Founder & Managing Director Fondazione centro competenze non profit (cenpro).
finanza / sostenibile
72 · TM Ottobre 2022
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Estate di fuoco?
I mercati finanziari hanno vissuto una pausa estiva parecchio movimentata, nonostante un recupero su un primo semestre particolarmente impegnativo. E i fondi svizzeri?
Il mercato svizzero dei fondi d’investimento ha certo vissuto un’estate particolarmente calda, e ricca di sorprese, nella maggior parte dei casi non troppo positive. A consolare, si fa per dire, una semplice constatazione: godeva di ottima compagnia.
Ad aver meglio retto l’onda d’urto del susseguirsi degli annunci degli istituti centrali, in termini di indici azionari tra giugno e agosto, il Nasdaq, con lo S&P500 che ha contenuto le perdite al 3%, al pari di Londra. Particolarmente segnati dalle tensioni energetiche/ucraine, invece, il resto del Vecchio Continente, con Dax e Ftse Mib particolarmente pesanti, con cali rispettivamente del 9,62% e del 10,12. Una via di mezzo lo Smi, che ha corretto di un 5,30% significativo se si pensa alla natura difensiva dell’indice.
Sviluppi importanti, però, soprattutto in termini di cambi: se il franco limita le perdite sul dollaro a un timido 1,24%, e galoppa sull’euro a +5,14%, è lo stesso euro a lasciare sul terreno il 6,34% sul biglietto verde. Sponsor principale dei movimenti la Fed.
Nel mese di agosto l’industria svizzera dei fondi d’investimento ha comunque visto un calo delle masse gestite dell’ordine di 16,9 miliardi di franchi; ad aver corretto in maniera importante i fondi azionari, quasi 7 miliardi, e gli obbligazionari, altri 9. Gli unici a mitigare parzialmente le perdite i monetari, in progresso di 3,12 miliardi di franchi. Male anche la raccolta, seppur contenuta, gravata da riscatti nelle due asset class più colpite dai cali, e anche in questo caso solo parzialmente tamponata dai 786 milioni dei monetari.
Complessivamente l’intera industria ha dunque vissuto un’estate agitata, e segnata dal cattivo andamento dei mercati, e dalle decisioni, spesso d’impulso, anche degli investitori specializzati, che stanno spingendo valutazioni e spread in territori non sempre comprensibili.
Il mercato svizzero dei fondi (Dati Morningstar al 31.VIII in mld chf)
Quota di mercato per Asset Class (in %)
Raccolta per Asset class (in mln chf)
L’Angolo dell’investitore: (Energia, Emergenti, Svizzera; Isin):
▲ Bp (GB0007980591)
▲ Total Energies (FR0000120271)
▲ Halliburton (US4062161017)
▲ Alibaba (US01609W1027)
▲ Baidu (US0567521085)
▲ China Comm. (CNE1000002F5)
▲ Abb (CH0012221716)
▲ Nestlé (CH0038863350)
▲ Novartis (CH0012005267)
Ottobre 2022 TM · 75 Osservatorio di Federico Introzzi
VIII-2022 VII-2022 6 mesi 1 anno Fondi azionari 44,97 44,91 45,80 46,65 Fondi obbligazionari 29,05 29,36 29,34 29,40 Fondi misti 11,65 11,75 11,57 10,77 Fondi mercato monetario 7,65 7,33 6,91 7,33 Fondi immobiliari 3,30 3,25 2,91 2,82 Materie prime 2,48 2,52 2,49 2,09 Investimenti alternativi 0,66 0,66 0,76 0,73 Altri fondi 0,23 0,23 0,23 0,22
AuM VIII-22 AuM VII-22 Var. New Money Fondi azionari 608,38 615,05 -6,67 -1,85 Fondi obbligazionari 393,04 402,13 -9,09 -3,16 Fondi misti 157,62 160,88 -3,26 0.007 Fondi mercato monetario 103,46 100,34 3,12 0.786 Fondi immobiliari 44,61 44,58 0,03 0.002 Materie prime 33,61 34,51 -0,90 -0.131 Investimenti alternativi 8,96 9,00 -0,04 -0.011 Altri fondi 3,17 3,15 0,02 -0.002 Totale mercato 1.352,8 1.369,7 -16,90 -4,361
1 mese 3 mesi 6 mesi 1 anno Fondi Azionari -1.850,5 -3.434,5 -7.894,4 310,0 Fondi obbligazionari -3.163,0 -8.069,9 -7.101,0 -3.211,1 Fondi misti 7,9 -616,3 2.563,7 7.739,6 Fondi mercato monetario 786,5 3.110,8 2.825,7 -1.545,3 Fondi immobiliari 1,6 -55,0 4,1 342,2 Materie prime -131,1 -1.164,0 -1.153,5 -1.180,5 Investimenti alternativi -11,4 -32,6 -181,4 -545,0 Altri fondi -1,4 -55,8 -215,9 -98,7
Gli indici decrement
Luca Henzen, Derivatives Analyst Cio UBS Global Wealth Management. A lato, la forte crescita cavalcata negli ultimi anni dagli indici decrement nel Vecchio Continente.
nere, al di sotto dei livelli effettivamente distribuiti nel passato. Il che è in contrasto con le aspettative rialziste degli analisti.
Ad esempio, per l’indice azionario Euro Stoxx 50, il rapporto dividendo-prezzo, o rendimento da dividendi (dividend yield), realizzato negli ultimi vent’anni si è attestato tra il 3,5 e il 4%, a eccezione del 2020 e 2021. I valori dei futures sui dividendi mostrano invece un quadro diverso, in cui è più vicino al 3% per i prossimi due anni e inferiore al 3 in seguito. I valori dei futures sono pertanto in contrasto con le stime degli analisti che si aspettano utili societari più elevati e dividendi in aumento. Le stime per il 2024 sono infatti superiori di quasi un punto percentuale rispetto al prezzo attuale calcolato dal mercato.
Negli ultimi anni, la domanda di prodotti strutturati per l’ottimizzazione del rendimento, anche chiamati yield enhancing, è aumentata in modo significativo, evidenziando l’importanza dei dividendi di un titolo nel fissare alcuni parametri chiave come cedole, strike e barriere. Per ridurre questa dipendenza, molti emittenti hanno iniziato ad adottare indici decrement come sottostanti, il che
ha contribuito nel dargli popolarità. Incertezza nei dividendi futuri. Le stime sulle distribuzioni future dei dividendi sono un parametro importante per i prezzi di molti strutturati. Il valore di questi dividendi impliciti è rispecchiato nel valore di alcuni derivati sui dividendi, come i contratti futures. Sorprendentemente, la loro quotazione di mercato mostra come le aspettative implicite sui dividendi futuri di un indice o di un’azione siano, in ge-
Questo divario è causato principalmente da due elementi. In primo luogo, i futures sui dividendi comportano un premio per il rischio di dividendo. I dividendi futuri sono incerti e quindi un investitore si aspetta una compensazione del rischio. In secondo luogo, l’hedging eseguito dagli emittenti di strutturati è generalmente indirizzato alla vendita dei dividendi futuri, come futures o swap.
Maggiore è il volume di strutturati emessi e più gli emittenti sono costretti a vendere dividendi futuri. Questa dinamica è più pronunciata nei dividendi oltre i tre anni, soprattutto perché ci sono meno acquirenti naturali nel mercato.
Un paragone dei prezzi dei futures sui dividendi a gennaio e le effettive di-
76 · TM Ottobre 2022
osservatorio / derivati
■ Volumi (sx) Quota del volume totale (rx) 0 2 4 6 8 10 12 In USD mld Gli indici decrement in Europa Vendite di strutturati con indici decrement sottostante (usd mld e % totale) Fonte: Ubs 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% ■ Dividendi storici Quota del volume totale (rx) Punti dividendi Dividendi in calo nell'Eurozona? Valori dei dividendi storici e dei futures per l’Euro Stoxx 50 Fonte: Bloomberg Rapporto dividendo-prezzo, in % 0 1 2 3 4 5 6 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 2025 2026 2027 ■ Contatti dividendi futures
Com’è possibile che nonostante gli analisti siano soliti avere previsioni positive sugli utili futuri, il mercato quoti aspettative inferiori alle medie storiche, e dunque dividendi più bassi?
stribuzioni totali dell’indice Euro Stoxx 50 ogni anno dal 2008 conferma come i mercati dei futures hanno ripetutamente sottovalutato i pagamenti dei dividendi. Inoltre, la curva dei futures sui dividendi ha assunto vieppiù un’inclinazione negativa, un effetto più pronunciato di recente.
Questa sottovalutazione influisce così sui prezzi dei derivati, sia sugli indici azionari che sui singoli titoli. Un valore minore dei dividendi impliciti si traduce in prezzi più bassi delle opzioni put e prezzi più alti delle call. Ciò diminuisce il rendimento o la protezione contro ribassi nei prodotti yield-enhancing e riduce la partecipazione al rialzo nei prodotti per la protezione del capitale. L’utilizzo di un indice decrement come sottostante può mitigare alcuni di questi effetti e offrire prezzi più favorevoli per gli investitori. Da cosa è composto un indice decrement? Il parametro di decrement assegnato all’indice equivale all’aggiustamento sistematico del prezzo di un titolo finanziario (indice o singola azione). L’indice di decremento risultante include così una correzione verso il basso costante e predefinita che viene applicata al rendimento (totale) del titolo (total return).
Rispetto alla performance di un indice total return, che presuppone il reinvestimento completo dei dividendi realizzati, un indice decrement sottrae un importo predefinito in un determinato periodo di tempo, in genere un anno. Questa deduzione può essere vista come un dividendo sintetico fisso, in quanto rappresenta un valore costante per i pagamenti attesi. Se il dividendo sintetico (decrement) equivale ai dividendi realizzati, allora la performance dell’indice decrement sarà uguale a quello dell’indice originale. Se invece il dividendo sintetico è superiore, sottoperformerà l’indice dei prezzi.
Il decrement può essere impostato come una percentuale fissa o come un valore fisso di punti dividendi dell’indice. Fortunatamente, la maggior parte dei fornitori di indici utilizza metodologie di calcolo simili. In pratica, il valore di decrement è spesso impostato in modo che sia vicino o leggermente superiore al dividend yield storico dell’indice sottostante. Ad esempio, un indice con un decrement fisso del 3% ha sovraperformato l’indice originale, poiché i rendimenti da dividendi realizzati dallo Euro Stoxx 50 sono stati in media
3,4% all’anno, negli ultimi 20 anni. Di conseguenza, l’indice con un decrement
I futures sottostimano i dividendi
Valore dei contratti Dividend futures a inizio anno rispetto ai dividendi realizzati
Un decrement maggiore riduce la performance
del 5 ha invece sottoperformato l’indice. Vantaggi e svantaggi. Ci sono diversi motivi che supportano l’utilizzo di un indice decrement come sottostante per un prodotto strutturato. Il vantaggio principale è la capacità di ridurre significativamente gli effetti negativi causati dalla sottovalutazione dei dividendi futuri. Un certificato che utilizza un indice decrement può infatti offrire prezzi più competitivi rispetto ad uno che utilizza l’indice originale. Ad esempio, un certificato che offre completa protezione del capitale con durata di 3 anni sull’indice Euro Stoxx 50 avrebbe una partecipazione a potenziali rialzi del 10-15% maggiore se i dividendi impliciti rispecchiassero le aspettative degli analisti o lo storico.
Il livello di decrement può anche essere personalizzato, permettendo a uno strutturato di essere più aggressivo o difensivo. Inoltre, il suo utilizzo influisce sulle dinamiche di copertura degli emittenti. Uno strutturato su un titolo che paga dividendi espone l’emittente al rischio di dividendo, che deve pertanto essere coperto, a dipendenza. Ciò può essere oneroso se vi è una
La peculiarità degli indici decrement è la sottostima sistematica dei futures sui dividendi, che alla prova dei fatti non è verificata.
notevole differenza tra dividendi attesi e realizzati e, come nel 2020, può esporre a grandi perdite potenziali.
Naturalmente, ci sono anche degli svantaggi. Le potenziali deviazioni in termini di performance tra l’indice decrement e quello originale possono influenzare in modo significativo le prestazioni del prodotto. Un decrement può correggere la dislocazione nelle stime dei dividendi futuri, ma questo aggiustamento trasferisce implicitamente il rischio di dividendo dall’emittente all’investitore. L’investitore è comunque compensato per questo rischio con un rendimento o un tasso di partecipazione più elevato, a seconda dello strutturato. Infine va anche detto che il loro utilizzo aggiunge un ulteriore livello di complessità all’interno di un prodotto strutturato, che può tradursi in costi aggiuntivi o in una minore liquidità.
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Dividendi realizzati
Fonte: Ubs 60 80 100 120 140 160 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 2022 2024 2026 2028 2030 Punti dividendi Valore dei Dividend futures a inizio 2022 Valori storici dei contratti
Performance di alcuni indici decrement Euro Stoxx 50 Fonte: Ubs Euro Stoxx 50 total return Euro Stoxx 50 price index Euro Stoxx 50 5% decrement Euro Stoxx 50 3% decrement 0 50 100 150 200 250 300 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 2022
Azioni, e svizzere
Roberto Cerratti, responsabile Investment Consulting, di Credit Suisse (Svizzera). A lato, il mercato svizzero in una fase di mercato particarmente tesa resta un’ottima soluzione, da valutarsi.
Crescita economica zoppicante, elevata inflazione e inasprimento delle condizioni finanziarie rappresentano una combinazione pericolosa per i mercati azionari che verosimilmente continueranno a restare sotto pressione. È dunque raccomandabile un posizionamento difensivo, su mercati come quello svizzero che tende a sovraperformare quando l’economia globale rallenta.
Consumi solidi. Sebbene la Svizzera sia meno vulnerabile a una carenza di gas rispetto ad altri Paesi europei non è in alcun modo protetta in caso di rialzi dei prezzi o di razionamento delle forniture. Lo scenario di base esclude un razionamento, ma prevede la sospensione temporanea delle attività nei settori a elevata intensità di energia (industria metalmeccanica e chimica) dove la redditività non potrebbe più essere raggiunta.
Allo stesso tempo, l’attesa recessione nell’Eurozona farà sentire i suoi effetti sulle esportazioni dei settori maggiormente sensibili alla congiuntura europea. L’impatto negativo sul settore industriale
«L’inflazione in Svizzera resta moderatamente contenuta e ci si aspetta torni gradualmente su livelli più bassi. Il rischio di una spirale prezzi/salari è contenuto, per la tradizionale preferenza alla sicurezza da parte dei salariati svizzeri ed europei»
potrebbe però essere almeno parzialmente compensato dalla crescita dei consumi che resta sostenuta grazie a una migliore preservazione del potere d’acquisto e un mercato del lavoro che resta molto solido. Inoltre, il rialzo dei prezzi dell’energia ha sinora avuto un impatto contenuto sul budget delle economie domestiche e sul comportamento dei consumatori grazie alla regolamentazione del mercato dell’energia per i consumatori privati.
L’inflazione resta moderatamente contenuta e ci si aspetta torni gradualmente su livelli in linea con la stabilità dei prezzi, anche perché è comunque contenuto
il rischio di una spirale di salari e prezzi in quanto il comportamento dei salariati ha sempre voluto privilegiare la sicurezza del posto del lavoro alla massimizzazione degli aggiustamenti salariali. Nel complesso è lecito aspettarsi che la Svizzera riesca a evitare una recessione, ma non sfuggirà a un importante rallentamento della crescita che passerà dal 2,5% del 2022 all’1% nel 2023.
Caratteristiche difensive. Secondo gli analisti, il peggio deve ancora venire. Per questo motivo è bene raccomandare agli investitori di mantenere delle esposizioni sui mercati che tendono a sovraperformare in fasi di rallentamento dell’economia globale. Il mercato azionario svizzero soddisfa appieno questi criteri grazie alla sua importante esposizione in settori quali il farmaceutico e i beni di consumo che rappresentano oltre il 60% dell’indice Msci Switzerland.
Da inizio anno, l’indice ha leggermente sottoperformato le azioni globali soffrendo allo stesso modo le pressioni legate all’inasprimento delle politiche monetarie, l’inflazione elevata, le incertezze sulla crescita, le tensioni geopolitiche e il rafforzamento del franco svizzero. Il quadro potrebbe cambiare nei mesi a venire in linea con una flessione più marcata degli indici Pmi e sulla base di aspettative di crescita degli utili 2023 particolarmente resilienti per le aziende svizzere. Valutazioni e rischi. I rischi principali
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osservatorio / strategie
Dato il delicato contesto macroeconomico è opportuno esporsi verso mercati e settori difensivi, come tipicamente si è dimostrato quello elvetico, ma come farlo?
Rapporti svizzeri Andamento del P/e svizzero a 12 mesi Fonte: Credit Suisse 8.0 10.0 12.0 14.0 16.0 18.0 20.0 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 Soglia del quintile Msci Switzerland 12m Fwd P/e
Se operando selettivamente può essere trovato del valore anche a livello di piccola e media capitalizzazione, le migliori opportunità dovrebbero trovarsi tra le aziende a maggior capitalizzazione, titoli in larga parte difensivi.
per il mercato azionario svizzero sono rappresentati dalle valutazioni relative (rispetto all’indice Msci World) e da un eccessivo apprezzamento del franco. L’indice Msci Switzerland tratta con rapporto prezzo/utili di 16.3x, e con premio del 7% rispetto alle azioni globali, ben superiore quindi alla media di lungo termine, dunque vent’anni, di circa il 2%.
Anche altre metriche come il price-to-book si situano a livelli elevati, probabilmente in ragione del fatto che il mercato svizzero è particolarmente ricercato in situazioni caratterizzate da un’elevata avversione al rischio. Nonostante ciò, si tratta in questo caso di un rischio limitato perché nel contesto attuale di mercato è improbabile le valutazioni giochino un ruolo eccessivamente importante.
Maggiori sono i rischi legati a un eccessivo apprezzamento del franco svizzero in quanto le stime di consenso sugli utili hanno subito solo una revisione minore malgrado i movimenti valutari e il peggioramento del quadro economico.
Particolarmente vulnerabili appaiono le società a piccola-media capitalizzazione che storicamente hanno sempre avuto una correlazione più marcata tra i corsi delle azioni e l’andamento dell’Eur/Chf. Un rafforzamento del franco ha certamente un impatto negativo su ricavi e profitti, ma nel tempo le società hanno messo in pratica misure volte a mitigare gli effetti negativi, ad esempio incrementando gli acquisti in euro. Inoltre, non va dimenticato che il dollaro, un’altra valuta importante per numerose aziende svizzere, si sta rafforzando offrendo quindi un importante supporto.
Large- o small-caps? Grazie alla presenza di titoli come Roche, Nestlé e Novartis e all’attuale contesto di avversione al rischio, le società a grande capitalizzazione hanno ampiamento sovraperformato rispetto alle società a piccola, tradizionalmente più esposte a settori ciclici (in particolare l’industriale), meno diversificate in termini di prodotti e mercati finali e più esposte alle fluttuazioni valutarie.
I
risultati dello Smi
«Grazie alla presenza di titoli come Roche, Nestlé e Novartis e all’attuale contesto di avversione al rischio, le società a grande capitalizzazione dello Smi hanno ampiamento sovraperformato rispetto alle società a piccola, tradizionalmente più esposte ai settori ciclici»
Non dovrebbe accadere che questa tendenza si vada a invertire nei mesi a venire, malgrado ciò è probabile che vi siano interessanti opportunità nell’universo delle società a piccola-media capitalizzazione. Società innovative, con posizioni di leader in determinate nicchie di mercato, efficienti, ben gestite e rafforzate dalla forte concorrenza internazionale e le sfide poste dal rafforzamento del franco. Gli investitori di lungo termine dovrebbero dunque utilizzare le correzioni di mercato per costruire gradualmente posizioni in azioni selezionate.
Il contesto attuale resta poco favorevole
per i mercati azionari e per questo motivo va raccomandato di sottoponderare il comparto azionario a livello di portafoglio. Le Banche Centrali restano determinate nel voler rimportare l’inflazione sotto controllo procedendo con aggressivi rialzi dei tassi che verosimilmente porteranno a un ulteriore rallentamento della crescita economica. In questo contesto dovrebbe essere favorita un’esposizione a mercati difensivi, come quello svizzero, che tendono a sovraperformare in un contesto di rallentamento economico ed elevata avversione al rischio.
Sarebbe dunque opportuno mantenere un’esposizione importante alle società a grande capitalizzazione del settore farmaceutico e dei beni di consumo che sono per altro i settori che storicamente hanno dimostrato un maggior potere di fissazione dei prezzi e dovrebbero quindi risultare più resilienti in un regime di inflazione elevata. È però comunque prudente avere un occhio di riguardo anche per alcune società a piccola-media capitalizzazione e di sfruttare correzioni di mercato per costruire gradualmente delle posizioni.
Ottobre 2022 TM · 79
Capitalizzazioni a
Fonte: Bloomberg Msci Ch Large Cap Msci Ch Mid Cap Msci Ch Small Cap 50 70 90 110 130 150 170 190 2017 2019 2021 I risultati dello Smi Capitalizzazioni a confronto (Total return 1y) Fonte: Bloomberg 70 75 80 85 90 95 100 105 110 115 10/21 1/22 4/22 7/22 Msci Ch Mid Cap Msci Ch Large Cap Msci Ch Small Cap
confronto (total return 5y)
Opportunità emergenti
Raramente gli investitori nel debito emergente hanno affrontato un contesto economico e geopolitico più complesso. Tuttavia, dato che tali complessità costringono molti a tenervisi lontani, si aprono opportunità interessanti. Ciò emerge in maniera evidente osservando il modo in cui i mercati hanno scontato i rischi che gravano sui mercati emergenti: il rischio di insolvenza del debito è prezzato a livelli interessanti non solo storicamente, ma anche rispetto ad altre classi di attivi, non ultimo il credito corporate high yield. Rivalutazione del rischio. Tale modo di prezzare il rischio si lega principalmente all’elevata incertezza sul probabile percorso che seguiranno i tassi d’interesse globali. I titoli di Stato emergenti sono considerati particolarmente vulnerabili al contesto attuale, per il finanziamento e le condizioni di liquidità.
Di certo, la forza con la quale i prezzi dei Treasury si sono mossi ha comportato un notevole aumento della volatilità per l’emergente: negli ultimi 12 mesi, il rendimento del decennale americano è salito
ai massimi di 3,4%. Allo stesso tempo, lo scenario è reso più complesso dalla frammentazione dei prezzi delle materie prime, generi alimentari ed energia, che pesano in modo consistente sul paniere dei consumi dei Paesi emergenti. Alcuni ne sono però importanti produttori, il che variega il quadro caso per caso.
Da sempre, gli investitori tendono a non prendere in considerazione le circostanze individuali dei singoli Emergenti, ma reagiscono coralmente allo shock inflazionistico globale e alla crisi geopolitica. Certo, va considerata l’amplissima dispersione all’interno di questa classe di attivi, che, a sua volta, lascia margini.
Di conseguenza, il debito emergente ha registrato forti vendite: l’indice del debito sovrano denominato in dollari è sceso del 18,3% da inizio anno, mentre l’indice del debito in valuta locale del 14,3, a fine agosto. Ciò ha indotto il mercato ad alzare eccessivamente il prezzo del rischio di default, che è ora prossimo ai massimi del 2008. Va però notato che aspettative di insolvenza crescenti vengono tendenzialmente soddisfatte con rendimenti
crescenti. Storicamente, le aspettative di insolvenza correnti (di poco inferiori al 20%) si associano a rendimenti intorno al 10-15% a un anno di distanza.
I Paesi classificati come ad alto rendimento (high yield) hanno subito alcune delle perdite maggiori; gli spread di quelli investment grade sono invece rimasti relativamente contenuti. Allo stesso modo, il numero degli high yield è aumentato di pari passo ai ribassi dei mercati. A fine luglio, quasi il 29% degli Emergenti in sofferenza mostrava spread superiori di oltre 1000 bps rispetto ai Treasury. Questa percentuale è la più alta dai tempi della crisi finanziaria globale, e ancora nel 2019 era intorno al solo 4%.
Opportunità nella differenziazione. Per chi investe nel reddito fisso, un differenziale così ampio, e in aumento, tra emergenti Ig e Hy apre ad alcune interessanti opportunità. Si confronti, ad esempio, il debito emergente con il credito societario ad alto rendimento: l’emergente in dollari è scambiato a uno spread superiore a quello delle obbligazioni societarie statunitensi di rating equivalente.
Un divario particolarmente significativo per la fascia più bassa dell’Hy, circa 250 punti base per il credito di rating B. Questo, nonostante i titoli sovrani emergenti abbiano avuto tassi di insolvenza notevolmente inferiori. Sempre all’interno della B, tra il 1983 e il 2021, i titoli emergenti hanno avuto un tasso medio a 5 anni del 12,7%, contro il 20,2% societario globale.
80 · TM Ottobre 2022
osservatorio / obbligazionario
Robert Simpson, Co-Head of Emerging Hard Currency Debt e Senior Investment Manager di Pictet Am. A lato, l’universo del debito sovrano dei Paesi emergenti.
L’universo emergente Universo titoli emergenti in usd, in % Fonte: Pictet Am Europa 13% Asia 19% Latam 33% Mea 35% L’universo emergente Ponderazione per Paese (in %) Fonte: Pictet Am Messico Indonesia Cina Uae Arabia Saudita Qatar Turchia Filippine Brasile Oman Cile Bahrain Perù Panama Sudafrica Rep. Dominic. Malesia Colombia 0 1 2 3 4 5 6
Il difficile momento economico e geopolitico sta mettendo sotto notevole stress il debito sovrano emergente, ma gli attuali prezzi quanto sono realistici, storicamente e in prospettiva?
Il buon rendimento dei titoli sovrani in valuta forte degli Emergenti hanno sempre riservato sorprese positive agli investitori, e anche in caso di default si sono dimostrati migliori delle Hy degli sviluppati.
Nel frattempo, i tassi di recupero del debito emergente, ovvero la percentuale del valore facciale restituito all’investitore, sono stati mediamente del 52% dal 1998: un valore relativamente sano. Per contro, i tassi societari sono molto scesi durante la pandemia, sino a toccare i 45 centesimi per dollaro, secondo Moody’s.
La domanda chiave è: in cosa differiscono le condizioni attuali rispetto al passato per giustificare tali prezzi? Una preoccupazione è che i livelli di debito degli Emergenti restino molto più alti rispetto al periodo precedente la pandemia, e ai livelli toccati nel corso dei precedenti cicli monetari globali. Già solo basandosi su questo, l’aumento dei tassi d’interesse rappresenterebbe un significativo fattore di rischio. È però vero che ciò significherebbe ignorare in quale misura i Paesi emergenti sono stati in grado di emettere debito a rendimenti storicamente bassi negli ultimi anni e, in particolare, nel 2020, quando la pandemia ha fatto crollare i tassi di interesse globali.
Di conseguenza, questo debito viene restituito a tassi molto bassi e si prevede che i costi per farlo (in % del Pil) diminuiranno ulteriormente. Ciò, a sua volta, rende altamente improbabile il rischio di un’insolvenza in blocco. Il rischio di default, invece, si concentra su crediti più piccoli e più deboli, con esigenze di finanziamento a breve termine elevate, nonché dipendenti dall’import di cibo ed energia.
Sebbene le economie emergenti dovranno affrontare numerose sfide in un contesto di aumento dei tassi statunitensi, la storia mostra che la performance del loro debito peggiora all’avvicinarsi di un ciclo di restringimento monetario negli Stati Uniti. Una volta iniziato il ciclo, come è appena successo, il debito emergente inizia a muoversi per conto suo. Il dollaro smette di apprezzarsi, il che alleggerisce la pressione sulle loro economie. Per di più, è probabile che la valuta statunitense sia notevolmente sopravvalutata e che sia a rischio di un deprezzamento di oltre il 10% nei prossimi cinque anni. Questa dinamica, combinata con premi
Emergenti
sempre più sostenibili?
Titoli emergenti a confronto
Rendimento annualizzato di asset class diverse (in %)
S&P 500
Azionario emergente
Global Hy in usd
Bond emergenti in usd
Bond emergenti in val. locale
Bond Ig americani
Bond asiatici val. locale
Emergenti in val. locale
Treausury americani
Bond emergenti in val. locale 1-3y
Fonte: Jp Morgan
al rischio elevati, suggerisce che, in termini di perdite, il peggio sia passato e che gli spread dovrebbero smettere di allargarsi. Inoltre, man mano che la normalizzazione monetaria acquista sicurezza, la volatilità dei tassi dovrebbe calare, consentendo una nuova compressione degli spread. Ripresa economica. Contemporaneamente, le economie emergenti stanno rimbalzando. A eccezione di Cina ed europei, si prevede che i tassi di crescita per i prossimi cinque anni saranno ampiamente allineati a quelli dei cinque precedenti la pandemia. Per quanto riguarda le regioni, America Latina, Africa, i Paesi del Golfo e il Medio Oriente dovrebbero crescere più rapidamente che in precedenza.
All’interno delle varie regioni, Mozambico, Costa d’Avorio, India, Indonesia, Vietnam, Uzbekistan, Georgia, Panama, Repubblica Dominicana e Colombia dovrebbero mostrare le performance più solide, con tassi compresi tra il 3,9% e il 7,2 annuo. Un risultato considerevolmente migliore rispetto alla migliore performance prevista per il mondo sviluppato, gli Stati Uniti al 2,2%), nonché
di un’inversione dell’immediata tendenza post-pandemica. Ciò è importante per diverse ragioni: in un momento in cui si prevede che gli Sviluppati faranno fatica a crescere, la forza degli Emergenti dovrebbe attirare flussi di capitale e quindi stimolare i mercati locali del debito. ‘L’attuale contesto per il debito emergente pare propizio’. La storia dimostra che è importante scegliere il momento giusto per allocare il capitale. Tendenzialmente, gli investimenti effettuati in periodi di stress, quando la visibilità è bassa e il contesto macroeconomico e geopolitico è complesso, mostrano rendimenti a lungo termine più solidi di quelli fatti in un clima sereno, quando le valutazioni sono in genere più care. Su questa base, l’attuale contesto di mercato per il debito emergente pare propizio.
Questa classe di attivi ha però un elevato grado di dispersione ed è quindi necessaria un’attenta analisi per evitare le insidie. L’attuale fase del ciclo e l’oculata selezione che proviene da un’attenta gestione attiva dovrebbero permettere, nei prossimi anni, di raccoglierne i frutti.
Ottobre 2022 TM · 81
Fonte: Pictet Am 0 20 40 60 80 100 120 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 Corporate Sovrani Sovranazionali Usd mld ■ Green Bond ■ Social Bond ■ Sustainability Bond
Titoli Esg di emittenti dei Paesi emergenti (in mld usd)
prime 0 2 4 6 8 10
Materie
E Berna si chiamò dovish
Sorprendendo in parte analisti e mercati
la Banca Nazionale Svizzera sta mantenendo un approccio alla lotta all’inflazione particolarmente cauto, senza sbilanciarsi. Con quali effetti?
interbancario a 3 mesi scontato dai futures
Nonostante un aumento dei tassi senza precedenti, di 0,75% a 0,5%, la Banca nazionale svizzera ha inviato ai mercati un segnale sorprendentemente dovish. Mentre altre Banche Centrali, tra cui la Federal Reserve e la Banca Centrale Europea, hanno voluto indicare che continueranno ad aumentare i tassi con forza per contrastare l’alta inflazione, la Bns si è limitata a ribadire che ulteriori aumen-
ti dei tassi “non possono essere esclusi”. Pertanto, sebbene un altro aumento dei tassi prima della fine dell’anno rimanga possibile, non è certo che avverrà e che sarà di un altro 0,5% come atteso attualmente dai mercati.
Di fatto, la Bns ha fissato una soglia elevata per un nuovo e aggressivo aumento dei tassi. La nuova previsione condizionata dell’istituto vede l’inflazione trimestrale al 3,4% su base annua fino al primo
GianLuigi Mandruzzato, Senior Economist di Efg. A lato, gli interessi dell'interbancario svizzero a 3 mesi scontati dai futures, e l’andamento dei principali indici d’inflazione, che almeno secondo la Bns dovrebbe restare sotto controllo e tornare a calare nell’arco dei prossimi mesi, senza il bisogno di una stretta monetaria troppo aggressiva.
tri-mestre del 2023. L’inflazione dovrebbe poi scendere all’1,6% all’inizio del 2024, per poi risalire verso il 2% a metà del 2025. Pertanto, a meno che l’inflazione non superi le previsioni a breve termine, la Bns potrebbe concludere nella riunione di dicembre che il tasso di policy necessita solo di un piccolo aumento per garantire che l’inflazione rientri e si mantenga nella fascia obiettivo dello 0-2% nel medio.
La potenziale cautela dell’istituto elvetico si basa su buone ragioni. Come evidenziato nella valutazione della politica monetaria, l’attuale inflazione elevata riflette principalmente shock esogeni, i prezzi dell’energia e dei generi alimentari, che sfuggono all’influenza della politica monetaria. Con l’aumento dei tassi d’interesse, la Banca Nazionale mira a prevenire la diffusione delle pressioni inflazionistiche ad altri beni e servizi.
È incoraggiante in questo senso che l’inflazione dei prezzi alla produzione in Svizzera sia recentemente diminuita a causa dell’indebolimento dei prezzi delle materie prime. Se queste tendenze persistono, l’elevata correlazione tra i prezzi alla produzione e al consumo suggerisce che l’inflazione Cpi diminuirà nel 2023. Inoltre, la Banca nazionale ha osservato che l’economia globale ha rallentato
82 · TM Ottobre 2022
osservatorio / macro
L’interbancario
Fonte: Bloomberg 0% 0,5% 1,0% 1,5% 2,0% 2,5% 9/22 3/23 9/23 3/24 9/24 3/25 9/25 23/09/22 21/09/22 26/08/22 16/06/22 L’inflazione
Fonte: Bns Ppi (sx) Cpi (dx) Cpi core (dx) Cpi domestic (dx) -6% -4% -2% 0% 2% 4% 6% 8% 2015201620172018201920202021 2022 -3% -2% -1% 0% 1% 3% 3% 4%
Tasso
in Svizzera Tipologie d’inflazione a confronto (in %)
“considerevolmente”, il che costituisce un rischio negativo per la crescita di una piccola economia aperta come la Confederazione. I rischi di rallentamento della crescita sono accentuati dal preannunciato inasprimento delle politiche da parte di tutte le principali Banche Centrali nel resto del mondo.
Inoltre, l’indebolimento della domanda globale contribuirà ad allentare le strozzature della catena di fornitura che hanno spinto i prezzi al rialzo dopo la riapertura dell’economia globale post pandemia.
Infine, la forza del franco svizzero sostiene l’approccio cauto della Bns. Da metà giugno, il tasso di cambio del franco ponderato per il commercio estero è salito di oltre il 5% nonostante dopo il crollo seguito alla decisione delle ultime settimane. Inoltre, i fondamentali continuano a sostenere un apprezzamento del franco rispetto alle altre principali valute
nel lungo periodo e ciò dovrebbe continuare a contenere l’inflazione in Svizzera.
In conclusione, i mercati si aspettavano che la Banca Nazionale anticipasse la normalizzazione della sua politica monetaria già a settembre, visto il previsto inasprimento da parte di altri istituti centrali prima della sua prossima riunione a dicembre. La sorpresa dovish si è manifestata soprattutto nel calo del franco svizzero che ha seguito l’annuncio, sebbene sia stato di breve durata almeno
rispetto all’euro. I mercati continuano a prevedere che la Bns alzerà i tassi di un altro 0,5% entro la fine dell’anno, ma ciò non è affatto certo.
Come ha osservato il Presidente Jordan a Jackson Hole, le Banche Centrali dovrebbero prendere in più che seria considerazione il rischio di un eccessivo irrigidimento, che potrebbe portare alla situazione opposta dell’attuale: il ritorno di un’inflazione troppo bassa, se non addirittura della deflazione.
Il mood economico
Confronto tra gli indici
fiducia
Fonte: Seco,
Markit Swiss Pmi index Swiss
Pmi Pil (dx) -8% -6% -4% -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 22 29 36 43 50 57 64 71 78 85 200120032005200720092011201320152017201920212023 Nonostante un indebolimento
Pmi e dell’export,
svizzero dovrebbe
crescere. egokiefer.ch Scansionate il codice e scoprite di più! Risparmiare energia con porte e finestre e assumersi la responsabilità. #FinestrePerGenerazioni Già oggi pensiamo al domani. All’ambiente. Ai posteri.
in Svizzera
di
e andamento del Pil
Ihs
export market
del
il Pil
comunque
Il nodo asiatico
La lotta al cambiamento climatico vede nell’Asia uno dei principali attori con cui confrontarsi. È impensabile poterne fare a meno nei prossimi anni, soprattutto della Cina.
La recente decisione della Cina di sospendere la cooperazione con gli Stati Uniti nella lotta ai cambiamenti climatici giunge in un momento inopportuno, considerata l’accresciuta importanza dell’Asia.
È corretto dire che l’Asia è arrivata dopo l’Europa alla consapevolezza dell’esigenza di una transizione energetica, in parte perché rappresenta una quota inferiore di emissioni storiche. Nel 1992, quando si è tenuto il Summit sulla Terra di Rio de Janeiro, il continente asiatico era responsabile solo del 16,5% delle emissioni storiche. Ma trent’anni di successi hanno modificato il quadro e, in base agli ultimi dati, ha ormai raggiunto il 31%, mentre i vecchi Paesi industrializzati sono scesi al 46%, ed è molto probabile che la quota di emissioni dell’Asia continuerà a salire.
Quello che è vero per le emissioni, appare sempre più vero quando si guarda alle possibili soluzioni. Per esempio, l’energia solare rappresenta ora una prospettiva. In molti Paesi è competitiva senza sussidi. Questo progresso è dovuto in gran parte ai risparmi sui costi conseguiti parallelamente alla maggiore quota di mercato conquistata dalle aziende cinesi del solare, ormai superiore all’80% nella maggior parte dei settori della catena di fornitura.
Analogamente, i primi dieci produttori di batterie per veicoli elettrici si trovano in Asia e hanno svolto un ruolo chiave nell’attuale impennata delle vendite di auto elettriche. Le società asiatiche hanno un ruolo di primo piano, se non cruciale, nell’eolico, nei treni ad alta velocità, nelle biciclette e in molti dei semiconduttori che migliorano l’efficienza energetica. E l’elenco potrebbe continuare.
Anche le startup asiatiche stanno scalando le classifiche. Bloomberg Nef ha
pubblicato di recente un’analisi sugli ‘unicorni climatici’, dove stima che 13 società asiatiche hanno raggiunto lo status di unicorno, portando la regione al secondo posto dopo il Nord America.
Non sorprende quindi che, in passato, le diplomazie abbiano cercato di trovare intese, come nel caso della Cop26 di Glasgow dove, nonostante una situazione geopolitica tesa, Stati Uniti e Cina hanno rilasciato una dichiarazione congiunta per ricordare al mondo che intendevano affrontare i cambiamenti climatici “cooperando nei processi multilaterali”. Ma
«I primi dieci produttori di batterie per veicoli elettrici si trovano in Asia e hanno svolto un ruolo chiave nell’impennata delle vendite di auto elettriche. Le società asiatiche hanno un ruolo di primo piano, se non cruciale, nell’eolico, nei treni ad alta velocità, nelle biciclette e in molti dei semiconduttori»
ancora a giugno, la Casa Bianca ha annunciato lo stop a nuovi dazi sulle importazioni di celle e pannelli solari per due anni.
A dimostrazione del livello di interdipendenza, il produttore cinese Byd ha annunciato che avrebbe presto fornito batterie a Tesla. Ovviamente, anche tutti gli altri fornitori di batterie di Tesla conosciuti sono asiatici. Parallelamente, la società americana continua a puntare sulla Cina con un potenziale nuovo impianto vicino alla sua Gigafactory di Shanghai.
È dunque logico che un maggior numero di attori nella regione si stia impegnano
per una significativa transizione energetica. È cominciato a livello di Paese quando, nel settembre 2020, la Cina si è assunta l’impegno di puntare alla neutralità delle emissioni di Co2. Il processo ha segnato un’accelerazione con Giappone, Corea del Sud e India che, nei 15 mesi successivi, si sono impegnati per zero emissioni.
Il movimento è confermato anche sul campo con un numero sempre maggiore di aziende che aderiscono alle iniziative a favore del clima. L’ultimo rapporto sui progressi della Science-Based Target Initiative mostra che alla fine dello scorso anno 449 aziende asiatiche avevano un obiettivo di contenimento del riscaldamento climatico, ossia il 20% del totale su scala mondiale e più del Nord America. È importante sottolineare che il livello di accelerazione tra le ‘aziende ad alto impatto ambientale’ è simile a quello visto in Europa. Si tratta di uno sviluppo positivo, poiché c’è ancora molta strada da percorrere e la maggior parte di queste aziende non si è ancora ufficialmente impegnata.
È ormai inimmaginabile che America ed Europa possano guidare da sole la transizione energetica e per questo motivo la decisione della Cina di ritirarsi dalla collaborazione con gli Stati Uniti sul clima è considerata una battuta d’arresto.
Non si sa per quanto la cooperazione sarà sospesa, ma meno durerà e meglio sarà. Per i principali attori nella regione, questa è un’opportunità per continuare a dare prova di leadership e progredire. Non è pensabile ottenere successi nella transizione energetica senza l’Asia.
84 · TM Ottobre 2022
osservatorio / analisi
Mathieu Nègre, Portfolio Manager Emerging Market Impact Equities, di Union Bancaire Privée (Ubp).
Rincari sottovalutati
Nonostante ve ne sia un gran parlare, tardano a presentarsi le soluzioni alla crisi energetica che sta piegando l’Europa. Le cifre in campo richiedono ben altro di quanto ipotizzato.
Edoardo Barbieri, Cio di Colombo Wealth. A lato, l’esplosione del costo dell’energia in Europa nel corso degli ultimi mesi. È vera emergenza.
650 miliardi di euro per anno. In Spagna ad esempio vi sono attualmente due ‘price cap’ paralleli, il primo applicato sul prezzo del gas ( 70 euro per megwattora contro i circa 200 del mercato di Amsterdam) e il secondo applicato sul livello di remunerazione delle tecnologie a costo fisso (quali eolico, solare, nucleare, idroelettrico etc.), attualmente fissato a circa 75 euro.
Ilprezzo del gas ad Amsterdam ha recentemente toccato i 342 euro al megwattora, circa sei volte di più rispetto allo stesso periodo nel 2021, lambendo il massimo storico di 345 euro di marzo. Si tratta di un apprezzamento importante considerando che le quotazioni erano inferiori a 100 euro ancora a giugno.
Il costo dell’energia elettrica è quindi aumentato sproporzionatamente in Europa, soprattutto in Germania e Italia dove ha rispettivamente bucato le soglie di 1000 e 800 euro al megwattora. Il motivo risiede proprio nel prezzo del gas, che a sua volta determina quello dell’elettricità. Infatti oltre la metà dell’energia elettrica nazionale è prodotta nelle centrali a gas, che hanno quindi il potere di stabilirne il prezzo. A seguito di questi repentini aumenti, la crisi energetica ha raggiunto una criticità tale da costringere l’Unione Europea a imporre misure straordinarie.
Il mercato sta attualmente sottovalutando l’ampiezza, la portata e le ripercussioni strutturali dell’attuale crisi, che potrebbe avere conseguenze anche peggiori di quella petrolifera del 1970.
Per molte famiglie ed industrie europee le bollette sono rinegoziate ogni dodici mesi. Secondo le stime di Goldman Sachs, toccheranno il picco massimo entro la fine dell’inverno 2022. È stato stimato che le bollette medie di gas ed elettricità, attualmente una spesa media mensile di 500 euro, ovvero circa il 200% in più rispetto al 2021, supereranno i 600 ipotizzando che la Russia non riapra il NordStream.
Per quanto concerne l’Europa nel suo insieme, tutto ciò si tradurrebbe in un aumento delle spese per gas ed energia elettrica tra il 2021 e il 2023 pari a 2mila miliardi di Euro, ovvero circa il 15% del Pil europeo. Ma quali misure straordinarie si potrebbero adottare quindi?
Vi è chi propone di tassare i profitti delle Utilities europee, il cui reddito netto è stimato in circa 30 miliardi di Euro. Tuttavia una simile mossa inciderebbe solo marginalmente sull’aumento atteso del costo dell’energia e soprattutto rischierebbe di compromettere investimenti privati ed il piano RePowerEu europeo.
È più probabile l’applicazione di un ‘price cap’ che potrebbe far risparmiare circa
Anche in questo caso però, la riduzione dell’incremento di spesa atteso non sarebbe sufficiente. Sarebbe quindi necessario un nuovo meccanismo, il ‘tariff deficit’ in cui il pagamento delle bollette verrebbe dilazionato in 10-20 anni permettendo alle Utilities di cartolarizzare i crediti futuri. Ciò contribuirebbe ad abbattere l’incremento delle tariffe e a limitare il declino della produzione industriale.
L’attuale crisi porterà anche benefici, un maggiore utilizzo delle rinnovabili, dato che produrre elettricità con sistemi ‘green’ è decisamente più conveniente. Dal 2010 il costo livellato dell’elettricità di queste tecnologie è sceso del 60-80%. Ed entro il 2025, il costo di eolico e solare scenderà fino a 35-70 euro. Un altro cambiamento epocale è l’elettrificazione del riscaldamento. In questo scenario l’utilizzo del gas diventerebbe obsoleto e le bollette si ridurrebbero di circa il 7080%. Il risparmio per famiglia sarebbe di circa 5mila euro annui, mentre il costo per finanziare tale cambiamento verrebbe ammortizzato in un anno. Interessante è dunque l’esposizione a società del settore, come Edp, Rwe e Orsted.
Ottobre 2022 TM · 85
osservatorio / energia
Caro energia
Fonte: Eurostat 0 100 200 300 400 500 600 2020 2021 2022e 2023e Interruzione delle fortniture ■ Elettricità ■ Gas 193 402 146 333 215 103 98 60 57 97
Andamento della bolletta energetica delle famiglie in Italia (euro/mensili)
Valutazioni o fondamentali?
L’indice S&P 500 è sprofondato in una fase ribassista all’inizio dell’anno. Dopo un parziale recupero, gli investitori si chiedono se il peggio sia passato. Tenendo conto della contrazione dei multipli, delle possibili revisioni negative degli utili e di altri rischi di mercato, è utile fare il punto, ad esempio guardando al P/E dell’indice che si può scomporre in rendimento e utili.
Quest’anno il ribasso del mercato è stato causato principalmente dalla contrazione dei multipli. Le stime degli utili non sono cambiate drasticamente e, di fatto, hanno continuato a crescere mentre il prezzo dell’indice è sceso. In altre parole, anche se gli utili sono in crescita, gli investitori sono disposti a pagare meno.
Se a inizio anno ci si attendeva una crescita degli utili a doppia cifra, le attese si sono ridimensionate per una serie di fattori, tra cui l’aumento dei tassi d’interesse, i rincari delle materie prime (specie l’energia) e il rafforzamento del dollaro, hanno pesato, penalizzando soprattutto le multinazionali e gli industriali. Tuttavia, da alcuni trimestri molte società stanno
trasferendo gli aumenti di prezzi ai clienti. Questi aumenti tendono a permanere anche dopo l’allentamento della pressione sui costi e le aziende ne vedono i benefici attraverso l’aumento delle vendite e il miglioramento dei margini.
Dal punto di vista delle valutazioni, data la contrazione dei multipli, è probabile che il premio al rischio, seppur elevato rispetto ai dati storici, si sia ora avvicinato a un livello più normale e razionale. Date queste condizioni, è possibile una crescita degli utili nel resto dell’anno e nel primo semestre del 2023, anche se in misura più contenuta, e un andamento delle quotazioni azionarie, che nel tempo sono guidate dalla crescita degli utili a lungo termine, più in linea con le attese. L’obbligazionario attuale. Al pari dell’azionario, anche nell’analisi dell’obbligazionario gli investitori devono considerare l’equilibrio tra fondamentali e valutazioni. A inizio anno, gli spread creditizi erano estremamente bassi, poi si sono riavvicinati alle medie storiche. Il futuro andamento degli spread dipenderà in gran parte dalla direzione dell’e-
conomia: un ‘soft landing’ o un’ulteriore rallentamento. Se si entrerà in una fase prolungata di crescita inferiore al trend o negativa, sempre più probabile, è possibile che gli spread si amplino ulteriormente, soprattutto se si confrontano i livelli attuali con quelli di precedenti periodi di crescita inferiore al trend o recessione.
Ciò detto, nel caso di una netta contrazione, la relativa solidità dei fondamentali societari e delle famiglie porta a prevedere un numero di insolvenze decisamente inferiore alla media. Analogamente, se il contesto economico dovesse migliorare significativamente, con un’inflazione in rapida diminuzione e una crescita relativamente stabile, le obbligazioni Hy e Ig risulterebbero molto interessanti.
Anche i rendimenti nominali delle obbligazioni sono significativamente più alti rispetto all’inizio dell’anno. Per gli investitori obbligazionari, il fatto che sia gli spread sia i rendimenti dei Treasury siano aumentati in modo significativo comporta una prospettiva più favorevole per i rendimenti a lungo termine, restituendo alle obbligazioni il loro potenziale di diversificazione e di bilanciamento nei portafogli cross-asset. In generale, è probabile che una volatilità come quella di quest’anno possa rappresentare un fattore positivo, generando anomalie sui mercati. Man mano che le valutazioni e i fondamentali si riallineano, gli investitori più acuti possono adeguare i portafogli in base alle opportunità che si presentano.
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osservatorio / azionario
Jeremiah Buckley, Portfolio manager di Janus Henderson. A lato, l’andamento del prezzo, degli utili e del P/E dell’indice americano. Come proseguirà l’ultimo trimestre?
L’aria di Wall Street Andamento dello S&P 500 e il P/e Fonte: Bloomberg 70 80 90 100 110 12/21 01/22 02/22 03/22 04/22 05/22 06/22 07/22 Best Eps S&P 500 Best P/e Ratio
Le valutazioni di azionario e obbligazionario, anche americano, procedono con fare erratico ormai dall’inizio dell’anno, ma osservando i fondamentali delle aziende il quadro è più chiaro.
L’epoca di pale e picconi
Il grande cambiamento in atto nell’industria dell’intrattenimento sta aprendo nuove opportunità agli investitori che sapranno pazientare. Le più evidenti nel segmento videoludico.
Ci sono due grandi filoni che guidano l’industria dell’intrattenimento. Il primo è il declino in Occidente dell’interesse dei più giovani per istituzioni quali le religiose, e le squadre sportive locali. Il secondo è che la tecnologia digitale crea nuovi modi per produrre e distribuire contenuti. Questo ha spinto la crescita delle piattaforme, Netflix in testa, e sta guidando quella dei giganti tecnologici esistenti. Ad esempio, Amazon ha acquisito i diritti di James Bond.
Il cambiamento è forse però più evidente nei videogiochi. I loro ambienti 3D sono sempre più sociali, con centinaia di giocatori in grado di interagire contemporaneamente, in dimensioni sempre più monetizzate, con la vendita di beni virtuali, esperienze aggiuntive o pubblicità. Piattaforme, picconi e pale. Tutti questi cambiamenti offrono molte opportunità per gli investitori, divise in tre categorie: creatori di contenuti, aziende che producono giochi, libri, film, musica...; distributori, che forniscono accesso a contenuti tramite piattaforme o App; fornitori di ‘pale e picconi’, che producono le tecnologie di base per i primi due.
Guardando al secondo o al terzo gruppo, gli investitori possono scegliere la neutralità, quindi i portafogli saranno poco esposti a società il cui destino potrebbe dipendere da un singolo prodotto.
Nvidia è un esempio di azienda di picconi. Produce chip per unità di elaborazione grafica (Gpu) e software Cuda per sfruttarne la potenza. Epic Games è un’altra grazie al suo Unreal Engine. Gli sviluppatori di giochi utilizzano questo strumento per creare ambienti 3D dettagliati. Questo permette loro di concentrarsi su meccaniche e aspetti sociali dei
giochi, evitando questioni più tecniche. L’utilizzo è gratuito, ma Epic si prende una parte delle royalties qualora le vendite di un titolo superino il milione di dollari. Alcune aziende si spingono oltre le categorie. Microsoft ha pagato 69 miliardi di dollari per acquisire Activision Blizzard, che distribuisce titoli tramite Xbox Game Pass e fornisce tecnologie di cloud computing tramite il servizio Azure. Anche i creatori di contenuti pure-play possono rientrare nella categoria. Lo stu-
«Il grande cambiamento in atto è molto più evidente nei videogiochi. I loro ambienti 3D sono sempre più social, con centinaia di giocatori in grado di interagire contemporaneamente, in dimensioni sempre più monetizzate»
dio cinematografico e televisivo A24 è una società privata dedicata alla creazione di contenuti ‘ultra-premium’, è un luogo in cui le persone di talento possono realizzare prodotti interessanti e inediti, come il film Oscar Moonlight o il provocatorio Euphoria. Volani per la sua visibilità. Netflix vs TikTok. Un vantaggio di essere un investitore generalista è quello di valutare l’intero settore. Ciò comporta il confronto tra aziende impegnate in attività diverse, ma comunque in competizione.
Ad esempio, nel 2021 TikTok ha registrato un livello di impegno aggregato doppio rispetto a Netflix. Le differenze di ricavi e profitti sono ancora più nette, TikTok ha costi di produzione inferiori. È una piattaforma di contenuti generati
dagli utenti, mentre Netflix investe pesantemente per produrli.
Questo non significa che Netflix non abbia buone prospettive. Ha circa 220 milioni di abbonati e due miliardi di persone pagano per un servizio di qualche tipo. Ha avuto qualche difficoltà, ma un nuovo abbonamento a basso costo sostenuto da pubblicità potrebbe risolvere il problema, ma soprattutto è davvero globale.
Il metaverso. “Passeremo la maggior parte del tempo nel metaverso”, dicono, un luogo immersivo generato dal computer in cui giocare e socializzare. Possibile, certo, ma serve cautela.
Le aziende stanno facendo progressi significativi nella realtà virtuale (Vr), in quella aumentata (Ar) e nella monetizzazione dei giochi. Sony e Meta sono attualmente leader nella Vr, ma anche Roblox potrebbe trarne vantaggio.
Roblox incoraggia gli sviluppatori di terze parti a creare nuovi oggetti ed esperienze sulla sua piattaforma di gioco. Poi permette agli altri di giocare e acquistarli con i Robux, la sua moneta virtuale. L’azienda si è solo dilettata con la Vr, ma ha gettato le basi per il suo futuro.
Anche per le aziende che producono picconi e pale le opportunità sono molte. I frequenti aggiornamenti della ‘realtà estesa’ di Epic Games al suo Unreal Engine lasciano libertà agli sviluppatori.
È fondamentale che questi cambiamenti tecnologici favoriscano una maggiore creatività, e questo renderà alcune aziende capaci di avere relazioni più profonde con i propri clienti. Il cliente ci guadagna, e alla fine anche gli investitori pazienti.
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osservatorio / tematici
Robert Wilson, Investment Manager di Baillie Gifford.
Un investimento affascinante
Brillano. Di luce, ma anche di opportunità. Le pietre preziose sono apprezzate come bene rifugio sicuro. Nei periodi critici oppure di forte inflazione generalmente incrementano, o comunque mantengono, il loro valore. Non solo quello ornamentale.
in dollari dei diamanti incolori, a seconda della loro tipologia, mostrano un trend di crescita che oscilla tra il 3% ed il 5% annuo. Nonostante gli avvenimenti che animano l’attualità mondiale di questi mesi, è verosimile che la crescita proseguirà. Una prospettiva rafforzata dal fatto che le società di estrazione hanno contratti rmati per i prossimi anni. Non da ultimo, il diamante, che nell’immaginario collettivo concentra varie particolarità, interessa diverse ti-
Il diamante continua ad essere il re delle pietre preziose, ma è tutt’altro che trascurabile il pregio di molte altre gemme. Pietre e gioielli sono i protagonisti di GemGenève, fiera ginevrina che dal 3 al 6 novembre accende i riflettori su un mondo tutto da scoprire.
Idiamanti rappresentano la fetta di mercato delle pietre preziose economicamente più sostanziosa. I parametri che ne identi cano la qualità sono rilevabili e certi cabili con estrema precisione e in modo univoco a livello globale, tant’è che il diamante è l’unica tra le pietre preziose a basare il suo prezzo su listini riconosciuti a livello internazionale. La presenza di un listino di riferimento offre certezze anche in un’ottica di futura dismissione. I diamanti tagliati e certi cati sono apprezzati in genere come un modo per conservare il valore del proprio denaro con più sicurezza rispetto ad altri asset. Non di rado sono inseriti in un portafoglio diversi cato. Nel medio-lungo termine le quotazioni
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pologie di utenti, siano essi investitori o semplici utilizzatori e, per questo motivo, bene cia di una facile monetizzazione.
Non solo i diamanti, più in generale le gemme preziose sono oggetto di investimento. Il loro valore aumenta lentamente ma costantemente nel tempo. Le gemme con alto valore di mercato godono di un aumento di prezzo minore rispetto a gemme dal valore di mercato più basso. Diversamente dall’oro, le pietre preziose non reagiscono immediatamente alle oscillazioni di mercato. La compravendita di diamanti, rubini, smeraldi e pietre più rare come la tanzanite e l’alessandrite, è pro cua ed è esposta a un rischio bassissimo. Valutare prima di investire, in pietre e soprattutto in gioielli implica competenza. La valutazione delle pietre nude è relativamente semplice, poiché procede da parametri ssi tra cui caratura, purezza, colore, taglio e peso della pietra.
Più dif cile è invece la valutazione di un gioiello, a prescindere dalla pietra preziosa che in esso è incastonata. Per il gioiello, infatti, oltre al valore della pietra è necessario considerare gli altri materiali che lo compongono, la qualità della fattura, la provenienza e la sua stessa storia.
Acquistare gioielli come beni rifugio è quindi più una scelta da collezionisti. Appassionati che in genere posseggono, direttamente e indirettamente, delle competenze speci che e sono in grado di orientarsi in base ai parametri più complessi e numerosi di quelli relativi alla valutazione delle pietre nude. È un genere
di investimento equiparabile all’investimento in altri tipi di beni rifugio come orologi e opere d’arte.
Investitori, esperti e appassionati, da qualche anno si ritrovano a Ginevra, in occasione di una era dedicata alle pietre preziose ed ai gioielli. Nei giorni ormai consueti delle grandi aste autunnali della Geneva Luxury Week, i preziosi tornano protagonisti della quinta edizione di GemGenève che si svolge, dal 3 al 6 novembre al Palexpo di Ginevra.
GemGenève offre, grazie alla diversità dei pezzi esposti, una piattaforma espressiva unica dedicata al mondo dei diamanti eccezionali, delle pietre in colore, delle perle, della gioielleria antica e contemporanea, dando al contempo spazio a designer riconosciuti, talenti emergenti, scuole e giovani creatori di domani.
«La Maison Gübelin è presente a GemGenève dalla prima edizione. Un evento apprezzato per l’atmosfera internazionale e allo stesso tempo familiare», esordisce Raphael Gübelin, Presidente di Gübelin. «Ed è presente con il Gübelin Gem Lab, che offre analisi in loco delle gemme, garantendo così la massima tranquillità agli operatori del settore. I nostri esperti del laboratorio offrono anche il Gübelin Gemstone Rating, che traduce parametri complessi nella valutazione delle gemme in punti Gübelin completi e facilmente comprensibili che esprimono la qualità, la rarità e la salienza delle gemme. Questo servizio innovativo consente di orientarsi meglio nell’acquisto e nella vendita di
In alto, Raphael Gübelin, Presidente di Gübelin. A sinistra, valutazione delle gemme Gübelin. Il documento ‘Gemstone Rating’ è un complemento del tradizionale rapporto gemmologico.
gemme colorate. Dal 2021, la maggior parte dei rinomati Rapporti Gemmologici del laboratorio sono stati emessi insieme a un documento di valutazione», spiega il presidente della storica Maison di famiglia, fondata nel 1854 a Lucerna. Anche la Gübelin Academy sarà presente a GemGenève. La Maison Gübelin «ha fondato l’Accademia per condividere le sue conoscenze e la sua passione per le pietre preziose. Con la Gübelin Academy offriamo programmi rapidi che elargiscono preziose conoscenze sulle gemme con un approccio unico, vivace e stimolante». La presenza della Maison Gübelin si completa con Edigem, una liale che acquista e vende gioielli d’epoca. GemGenève è un’immersione nel cuore di una realtà fatta di oggetti preziosi e, con essi, delle varie professioni del gioiello, del know-how e del vasto patrimonio di conoscenze, e offre per tutta la sua durata un programma culturale di alto livello con la partecipazione di rinomate istituzioni culturali e museali. La varietà delle presenze e delle occasioni di interazione permette ai visitatori di confrontarsi con i più grandi specialisti del settore, di scoprire pezzi eccezionali che è molto raro poter vedere o toccare in altri contesti eristici, di individuare nuove tendenze, di familiarizzare con il meglio della creazione contemporanea e di acquisire conoscenze privilegiate, lasciandosi affascinare.
Simona Manzione
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Un design che lascia il segno
Il nuovo corso stilistico affida i codici della tradizione a volumi, forme e materiali pensati per la vita di ogni giorno, tra senso del dovere, esplorazione dei luoghi quotidiani o spostamenti verso destinazioni lontane, ancora da scoprire. La firma è quella di Marco Tomasetta, designer da vent’anni attivo nell’Olimpo della moda, oggi direttore artistico di Montblanc.
Compendio di estetica e funzionalità gli accessori assecondano le esigenze di un quotidiano che non è mai routine. In queste pagine, alcuni oggetti della collezione Extreme 3.0, firmata per Montblanc dal designer Marco Tomasetta. La brand campaign ‘What Moves, Makes You’ ispira le persone ad esprimere il proprio potenziale verso il successo, ma godendosi il viaggio.
una stella bianca a sei punte arrotondate, presa come icona della cima del monte. Il risultato è un logo, da allora tratto distintivo mai abbandonato, che ha indubbiamente contribuito all’affer -
Fa parte del gruppo Richemont ed è stata fondata ad Amburgo nel 1906, dall’imprenditore Claus-Johannes Voss, dal banchiere Alfred Nehemias e dall’ingegnere August Eberstein.
Prima di assumere il nome di Montblanc, la società era denominata Simplo Filler Pen Co Max Koch, produttore di strumenti da scrittura. La prima penna è del 1909, chiamata ‘Rouge et noir’, per i due colori che la caratterizzavano. Proprio i tratti estetici le fecero attribuire il nomignolo di ‘cappuccetto rosso’. E quando l’anno dopo venne introdotta una seconda versione della ‘Rouge et noir’, il cappuccio rosso fu trasformato in un cappuccio bianco. Uno spunto stilistico da cui fu poi coniato il nome Montblanc, per analogia con il Monte Bianco. Nel 1913, l’analogia fu perfezionata, e l’estremità bianca del cappuccio si trasformò in
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arte /maison/ design
mazione del marchio. La definizione Meisterstück (capolavoro) viene fatta propria da Montblanc nel 1924, quando in seguito ad una riclassificazione della propria produzione, fu impiegata per indicare le penne della fascia più alta.
Accanto alla produzione di strumenti di scrittura, segmento in cui il marchio ha sempre più rafforzato il proprio posizionamento, Montblanc si è aperta ad ulteriori categorie di prodotto, ossia pelletteria, orologeria, gioielleria.
Due decenni dopo la sua fondazione, nel 1926, Montblanc ha iniziato a creare articoli di pelletteria e accessori con stampa Saffiano per accompagnare i suoi strumenti di scrittura.
Nello stesso spirito del know-how apportato agli strumenti di scrittura, il primo laboratorio Montblanc dedicato alla pelle è stato creato intorno al 1935 nei pressi di Offenbach, una città tedesca rinomata per la competenza in questo campo. Quasi mezzo secolo più tardi, la pelletteria Montblanc apre le sue porte a Firenze, dove i designer della Maison continuano a creare progetti innovativi, mentre il know-how degli artigiani locali garantisce il mantenimento di tradizioni secolari. La pelle è un materiale unico che richiede un senso meticoloso del dettaglio. Bisogna conoscerne la consistenza, sapere come tagliarla e dove e come assemblare ogni elemento.
La creazione di ogni pezzo di pelletteria Montblanc coinvolge un know-how secolare, una tecnologia all’avanguardia e un design senza tempo. La creazione di prototipi, l’approvvigionamento di pelle dalle concerie lungo l’Arno a Firenze e il controllo finale della qualità: ogni fase del processo è monitorata a livello centrale. Un’ampia gamma di attrezzature all’avanguardia (dalle camere climatiche che riproducono ambienti caldi e umidi, al robot ad un braccio progettato per testare la resistenza delle tracolle) garantisce che i pezzi soddisfino gli alti standard di qualità e durata propri di Montblanc.
Forse anche ispirata dal proprio nome, quel Monte Bianco che è la vetta più alta delle Alpi, la Maison porta avanti una strategia di costante miglioramento qua-
litativo e di ricerca estetica.
Un’evoluzione stilistica che nel 2021 ha portato alla designazione di Marco Tomasetta quale nuovo direttore artistico. «Come designer, scrivere e disegnare sono i punti di partenza di qualsiasi processo di progettazione, motivo per
il mondo fashion.
cui sono stato immediatamente attratto da Montblanc», il commento di Marco Tomasetta, nel prendere il timone della creatività di Montblanc.
A poco più di un anno dal suo arrivo, il designer ha siglato due collezioni di pelletteria, sintetizzando rispetto della tradizione ed esplorazione di nuovi canoni stilistici. Sarà per l’esperienza maturata in alcune delle più celebri case di moda tra cui Gi venchy, Gucci e Prada, in clusi gli anni in cui è stato responsabile degli acces sori uomo Louis Vuitton: certo è che le collezioni di pelletteria Montblanc firmate da Marco Toma setta sono in sintonia con
In linea quindi con le aspettative di Nicolas Baretzki, amministratore delegato di Montblanc che ha puntato anche sul contributo del designer, per accelerare la trasformazione del marchio in una “maison di lusso e lifestyle”. Tra Amburgo per gli strumenti di scrittura, Villeret e Le Locle per gli orologi, e Firenze per la pelletteria. Designer con una laurea all’Istituto Europeo di Design di Milano, Marco Tomasetta descrive così la più recente delle collezioni espresse dalla sua creatività: «Sinonimo di vita in movimento e di avventure quotidiane, Montblanc Extreme è diventata una delle collezioni in pelle simbolo di Montblanc, gra
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«Era giunto il momento di re-immaginare il motivo distintivo della collezione immergendosi nell’eccezionale archivio della Maison. Il risultato è un design audace e moderno che strizza l’occhio alla tradizione di Montblanc in fatto di design dirompente»
Marco Tomasetta, Direttore artistico Montblanc International
mento di re-immaginare il motivo distintivo della collezione, immergendosi nell’eccezionale archivio della Maison. Il risultato è un design audace e moderno che strizza l’occhio alla tradizione di Montblanc in fatto di design dirompente e si collega allo stile di vita di una nuova generazione di clienti Montblanc, che è anche attenta a ridurre al minimo la propria impronta ambientale», afferma Marco Tomasetta.
Esplorazione urbana, impegni lavorativi o viaggi in luoghi sconosciuti, la collezione Montblanc Extreme 3.0 è stata concepita per resistere alle esigenze degli spostamenti quotidiani, spingendo i confini dell’innovazione tecnica per raggiungere nuovi livelli di durata e prestazioni. L’estetica che privilegia uno stile distintivo elegante e contemporaneo non perde mai di vista la funzionalità.
Affinché questi ‘compagni di movimento’ siano adatti e utili in ogni circostanza, le forme sono intelligenti e la pelle trattata adeguatamente per resistere. Questa collezione in pelle ritorna con un look caratterizzato da una texture inedita, su una selezione di nuove forme di tendenza. Il motivo della pelle
trae ispirazione dalle immagini grafiche create da Grete Gross, responsabile della pubblicità di Montblanc, di cui ha influenzato profondamente il linguaggio visivo negli anni Venti. Le immagini razionali, geometriche e pragmatiche erano fortemente influenzate dallo stile Bauhaus dell’epoca.
Attenta all’ambiente, la collezione Montblanc Extreme 3.0 utilizza pelle ottenuta da un processo di concia neutro dal punto di vista delle emissioni di Co2 e fodere realizzate con fibre riciclate. Nella sua ultima evoluzione, il motivo Montblanc Extreme è stato ampliato su due scale diverse: più grande per le borse, più piccolo per i piccoli accessori. La selezione di pezzi in pelle è disponibile nel caratteristico nero Montblanc e in un accattivante verde britannico, abbinato a finiture metalliche in nero. L’iconico emblema Montblanc è stato ingrandito per la collezione in due diverse dimensioni. La collezione Montblanc Extreme 3.0 è composta da una selezione di forme, dimensioni e funzioni diverse, progettate per adattarsi allo stile di vita di coloro per i quali ogni giorno non è una questione di routine, ma di avventura, sia al
Montblanc ha spinto i confini dell’innovazione sin da quando ha rivoluzionato la cultura della scrittura, nel 1906.
L’ingegno e l’immaginazione continuano a essere le forze trainanti della Maison.
lavoro che nel tempo libero. Comprende diversi zaini adatti a trasportare in modo sicuro anche il computer portatile, valigetta portadocumenti per gli impegni di lavoro, la Tote, borsa più rilassata e casual. Il Duffle con chiusura M Lock 4810, compagno versatile per un week end fuori città o semplicemente per andare in palestra. La pelletteria media è in diverse declinazioni, nei colori nero o verde. C’è infine una piccola pelletteria, con gli accessori: portafogli, portacarte, portachiavi, dotati anche di spazi per auricolari e smartphone.
Prima di Extrema 3.0, Tomasetta ha rielaborato per Montblanc la collezione Meisterstück. «L’obiettivo era quello di avvicinare il design della collezione al simbolo iconico del lusso senza tempo di Montblanc: lo strumento di scrittura Meisterstück», spiega il designer. Montblanc, che ha puntato all’eccellenza nell’artigianato e nel design, ha spinto i confini dell’innovazione sin da quando ha rivoluzionato la cultura della scrittura, nel 1906. L’ingegno e l’immaginazione continuano a essere le forze trainanti della Maison, in tutte le categorie di prodotti: strumenti di scrittura, orologi, pelletteria, nuove tecnologie e accessori. Nell’ambito del suo costante impegno a elevare e sostenere coloro che si sforzano di lasciare il segno, continua ad affermare il suo incoraggiamento ai programmi di istruzione in tutto il mondo e alle iniziative che ispirano le persone a esprimere il loro pieno potenziale.
Raccogliere l’Heritage di un Marchio non è operazione facile. Marco Tomasetto ha accettato la sfida apportando il suo segno. Rigorosamente a mano, «Con la mia prima Montblanc, il modello Leonardo, un dono di Alessandro Michele. Faceva parte di una collezione realizzata appositamente per il disegno. A distanza di vent’anni anni scrivo e disegno ancora con questa Montblanc», conclude Marco Tomasetta.
Simona Manzione
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Donare un gioiello significa compiere un gesto che racchiude un significato speciale.
È un po’ come dire “ti amo”.
È un segno che consolida il legame tra chi porge il dono e chi lo riceve.
E il gioiello non è più quindi soltanto un oggetto bello e prezioso, ma diviene il simbolo di qualcosa di intimo e profondo
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Fedele all’essenziale
Attraverso la fotografia, il Ticino, con la sua storia, luoghi e personaggi, è protagonista di un racconto per immagini custodito negli archivi di enti pubblici e privati e di fotografi che da generazioni ne svelano le particolarità in scatti d’autore. Ma che sa ancora stupire chi ‘vede’.
Intitolata ‘Il Ticino e i suoi fotografi’, e curata dalla Fondazione svizzera per la fotografia, la mostra tenutasi a Lugano tra il 1987 ed il 1988 è stata determinante per la presa di coscienza del valore storico della fotografia ticinese. E ha contribuito ad avviare una moltitudine di operazioni che, benché slegate tra loro e tra loro diverse per tempi, risorse e ampiezza, hanno consentito di mettere in luce figure e documenti della storia della fotografia nel Ticino.
A distanza di oltre trent’anni, nel 2020, un’altra mostra, ‘Storie di fotografia. Il Ticino, i Ticinesi e i loro fotografi nella collezione dell’Archivio di Stato 18551930’, rendendo omaggio alla prima, prendeva le mosse dalla Fototeca dell’Archivio di Stato, una collezione - di oltre un migliaio di fotografie a soggetto ticinese - strutturatasi nel corso dei decenni a partire dagli anni Quaranta del No -
vecento. Proprio per il valore storico di questa collezione, nel 2017-2018, il corpus è stato protagonista di un progetto di conservazione e catalogazione sostenuto da Memoriav, l’associazione per la tutela del patrimonio audiovisivo svizzero.
Si diceva, dunque, di ‘Storie di fotografia’, l’esposizione che attraverso una selezione di circa centocinquanta fotografie originali accostate a una scelta di documenti e oggetti significativi, evidenziava la ricchezza e la varietà dei contenuti della Fototeca dell’Archivio di Stato, il loro valore informativo e le loro intersecazioni con la storia scritta del Canton Ticino, utilizzando nel contempo questa collezione per ampliare il discorso alla fotografia ticinese più in generale. Quanto ai Ticinesi, la mostra ha generato una riflessione sulla presentazione e sull’autorappresentazione delle generazioni passate e, al tempo stesso,
su quegli elementi che, ripresi e diffusi dalla fotografia, hanno contribuito a modellare l’identità del Ticinese: le feste di ginnastica, i tiri, gli avvenimenti di carattere politico o, su un altro piano, l’emigrazione, le società, i segni della modernità nell’abbigliamento o nel modo di vivere. E parimenti, volendo illustrare il Cantone, si è fatto ricorso a quei soggetti che incarnano la transizione del Ticino verso il futuro, come i cantieri per la realizzazione di opere di interesse pubblico (strade, ferrovie, incanalamento di corsi d’acqua), che la fotografia – simbolo essa stessa di quella modernità – era chiamata a immortalare e celebrare. Nel contempo, il Ticino è anche un luogo sospeso, non soltanto da un punto di vista fotografico, tra realtà e immaginario, tra un Cantone che vive e che si trasforma ed un Cantone a disposizione del turista. Le rappresentazioni visive di questo fenomeno, dirette
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arte / fotografia
e indirette, sono multiformi e si prestano pertanto a innumerevoli interpretazioni.
La collezione della Fototeca dell’Archivio di Stato ha nella ‘ticinesitudine’ il suo elemento identitario e svela del Ticino non solo il territorio abitato dai ticinesi, il loro vivere, i fatti salienti della loro storia, ma anche su quello che si trova ‘dietro’ queste fotografie, in senso sia figurato (da quale intenzione nascevano) sia fisico (il retro di una fotografia può dire molto, recare indicazioni, iscrizioni, comunicazioni, svelare insospettati usi della fotografia). E naturalmente su coloro che queste fotografie hanno scattato. L’esposizione comprendeva anche un elenco aggiornato dei fotografi che hanno operato in modo professionale nel Ticino tra il 1850 ed il 1930. Un elenco che include un centinaio di nomi, a cominciare dai titolari degli studi storici del nostro Cantone. «Sono la quindicesima della famiglia Garbani ad occuparsi di fotografia», esordisce Prisca Garbani, che si occupa oggi dei due omonimi Studi, a Muralto-Locarno e Lugano, con il padre, Marco Garbani Nerini, «La prima è stata Camilla Garbani Nerini, che nel 1928, con Marco senior e con Walter Steck (che sposa nel 1930), apre un negozio di fotografia con annesso laboratorio in Viale Stazione a Muralto (‘Foto Steck’). Attivi perlopiù sul piano locale, dal 1932 collaborano occasionalmente con ‘Illustrazione ticinese’ (dapprima con la firma ‘Foto Steck’, poi come ‘Foto Garbani-Nerini’). Dopo il trasferimento di Camilla e Walter a Zurigo (1936), la gestione della ditta è assunta da Marco Garbani Nerini. Sotto la guida sua e dei suoi figli, la ditta nei decenni si amplia, anche per l’offerta dei servizi di laboratorio. Negli anni Ottanta rileva da Willy
Hürlimann il negozio ‘Foto Torre’ di Lugano Cassarate. A novant’anni dalla nascita dell’azienda Garbani, nel 2018, un’esposizione di foto d’epoca ha ripercorso le nove decadi dell’azienda proponendo, per ogni anno, un’immagine rappresentativa. Un viaggio nel tempo attraverso eventi come la Festa delle Camelie del ‘28, l’alluvione del ‘30, l’inaugurazione di Casa Solarium del ‘34.
Nella pagina accanto, una foto d’epoca di Piazza Rezzonico a Lugano. In questa pagina, sotto, Prisca Garbani, titolare, con il padre Marco Garbani Nerini, degli omonimi Studi fotografici a Muralto-Locarno e Lugano. A sinistra, in via della Posta a Lugano, stesso edificio, epoche diverse: un’anticipazione della mostra, su questo tema, che sarà inaugurata nel 2023, per celebrare i 95 anni dello Studio Garbani. In basso, due momenti di sport in Ticino, 2022: a sinistra, Triathlon Locarno e, a destra, Ascona-Locarno Run.
«Ancora oggi nel Sotto e nel Sopraceneri seguiamo eventi e momenti emblematici, da quelli sportivi a quelli istituzionali, dai raduni di auto e moto agli eventi di lifestyle, come il Festival del film di Locarno; fino alle ricorrenze importanti di privati e di aziende», nota Prisca Garbani.
La tecnologia è evoluta, ma all’occhio di chi fotografa è richiesta sempre la stessa capacità: di cogliere l’attimo. Un
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talento innato per molti, un sapere da apprendere per altri, professionisti o semplici appassionati. Accomunati, tutti, dall’essere persone a cui non basta limitarsi a guardare: «Leica, un marchio che è sinonimo stesso di fotografia, inventava nel 1914 il primo apparecchio fotografico 35 mm. Strumento ideale per tutti coloro che non si limitano a guardare, ma vedono. Vedono la bellezza di tutti i giorni, vedono anche l’ironia, vedono l’intensità di un semplice gesto quotidiano o il dramma di situazioni complesse. E sempre Leica, nel 1930, creava la sua Accademia: la prima scuola di fotografia al mondo. Ancora oggi l’Accademia Leica organizza atelier e viaggi fotografici, anche in Svizzera. Fino all’anno scorso solo nelle regioni germanofone e francofone. Da un anno, invece, ho ricevuto da Leica Academy l’autorizzazione ad organizzare questi corsi - in italiano - in Ticino. Un progetto che ho potuto
realizzare anche grazie all’incontro con il fotografo Daniele Zedda», spiega Prisca Garbani. Corsi rivolti a tutti gli appassionati di fotografia, che conoscono o vorrebbero conoscere le possibilità che offre attualmente il marchio Leica. E così, per esempio, ‘l’esperienza Leica Q2’, a giugno 2021 ha portato un gruppo di appassionati ad esplorare le viuzze di Ascona per imparare i segreti di una buona composizione, attraverso la scelta sapiente di luoghi e soggetti, a gestire al meglio la luce disponibile e a utilizzare l’esposizione come strumento creativo. Mentre a luglio di quest’anno, un corso incentrato sull’introduzione della Leica M, intitolato ‘Black And White Architecture’, ha portato a scoprire, a Lugano animata da molte contrapposizioni architettoniche, il gioco dei contrasti luce-ombra creato dalla luminosità estiva sulle facciate degli edifici. «Dove il classico si accosta al moderno, gli spigoli inseguono
curve, lo scenario è perfetto per allenare l’occhio e affinare le proprie capacità grafiche. Le macchine Leica Monochrom, lo strumento ideale per generare immagini di impatto», prosegue Prisca Garbani che anticipa: «ll leggendario sistema Leica M sarà protagonista del corso di Leica Academy che avrà luogo a Lugano il prossimo otto dicembre.
A tutti i partecipanti sarà fornita una fotocamera Leica completa di obiettivo da utilizzare per il workshop, che include anche l’editing delle foto. Una sessione di scatto che porterà i partecipanti in centro città, tra le strade e gli edifici decorati a festa, e, riflesse nel lago, le luci della promenade, quando il calar della sera accende la magia. Scenari perfetti per passeggiare, godere l’atmosfera e scattare fotografie memorabili», conclude Prisca Garbani.
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Simona Manzione
Due immagini di Armando Carlo Adamo, fotografo con un master alla John Kaverdash Academy e una passione per gli apparecchi fotografici Leica. A sinistra, edificio a Locarno: la foto ha ricevuto la menzione ‘Leica Master Shot’ ed è stata selezionata tra molte per essere pubblicata nel prestigioso magazine Lfi Germania. A destra, realizzato con una Leica Q2, uno scatto del parcheggio sotterraneo del Museo LAC di Lugano.
Situazioni d’opera
Sistemi oggettuali, disegni, foto, video, tableaux vivants, tutto a convergere verso pittura: un cantiere che interseca linguaggi e citazioni, fette e rifette, richiamandosi a un’iconografa personalissima, cifratura di un’incessante ricerca esistenziale. L’arte di Pietro Roccasalva, da scoprire nella mostra da lui allestita negli spazi della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati.
In costante evoluzione e perenne ritorno. È un’arte di continui rimandi, quella di Pietro Roccasalva: ammiccamenti ludici e citazioni erudite, occorrenze casuali e ricorrenze volute, slittamenti semantici e persistenze tematiche, metamorfosi formali e materiali. Ci si smarrisce e ci si ritrova, seguendolo attraverso il suo percorso di ‘malintesi e pentimenti’, come suole definire corsi e ricorsi della sua produzione creativa che, tra ascensioni e cadute, si rimette sempre in discussione. Non ha senso guardare alla singola opera: il lavoro di Roccasalva si struttura per serie sviluppate per anni o addirittura decenni, non limitandosi a semplici variazioni ma procedendo per progressive riconfigurazioni e muovendosi fra diversi linguaggi espressivi, dal disegno alla fotografia, dall’installazione al video, sempre con la pittura come punto di approdo. È oggi considerato uno dei grandi interpreti dell’arte contemporanea, tanto che gode di grande rispetto da parte di colleghi,
della critica e di galleristi internazionali. Un siciliano trapiantato a Milano, dove è arrivato per studiare all’Accademia di Brera, dopo aver frequentato la scuola di incisione di Urbino. Riservato, addirittura schivo con la stampa - cercando in rete è impossibile trovare una sua foto e rifugge rigorosamente ogni autocelebrazionedi persona può intrattenersi per ore in una conversazione colta e piacevolissima. Contrasti che si ritrovano anche nel suo lavoro, che oscilla tra l’accessibilità di un linguaggio sostanzialmente figurativo e la cripticità delle sue allegorie. Non di lineare accesso dunque per un pubblico generalista, ma in grado di intrigarlo.
La mostra che fino al prossimo 18 dicembre hanno voluto dedicargli Giancarlo e Danna Olgiati nel loro spazio espositivo di Lugano, la prima in un’istituzione svizzera, è ritenuta fra le più belle realizzate sulla sua opera in assoluto. A conferma della qualità che contraddistingue le esposizioni degli Olgiati, che qui colgono l’occasione di valorizzare da
Il gallo, il calice, la mongolfiera, la sposa, monumentali acini d’uva, la scocca di uno strumento musicale: corsi e riscorsi di un’iconografia personalissima convocati per una delle più recenti derivazioni dalla serie Just Married Machine (acrilico su tela su pannello, 60 x 133,5 cm), inaugurata da Pietro Roccasalva nel 2011.
una nuova angolatura la loro Collezione, improntata sulle avanguardie storiche dal futurismo in poi, proponendo questa volta un artista in piena attività (classe 1970) ed estraneo con il suo personalissimo linguaggio a qualsiasi corrente codificata. In totale circa 50 opere, quattro di loro proprietà, in dialogo con prestiti da altre collezioni pubbliche e private, insieme a nuove produzioni ad hoc e lavori inediti. Un’opportunità unica di vederle riunite e apprezzare la stratificazione degli intrecci formali e concettuali che denota una ricerca artistica quanto esistenziale.
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© Foto: Agostino Osio
Creato in occasione dell’attuale mostra presso gli spazi della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, allestita Roccasalva, anche questa interpretazione della serie Just Married Machine (2022, acrilico su tela, 194 x 152,5 cm) rivisita gli elementi chiave del tableau vivant ispirato da una scena de La ricotta di Pasolini e intessuto di altre citazioni.
La scelta di affidare allo stesso Roccasalva l’allestimento è il chiaro valore aggiunto che fa di questo progetto a sua volta una ‘situazione d’opera’. A immagine e somiglianza dell’iter creativo dell’autore, non si procede in ordine cronologico, ma per nuclei fondanti, messi in dialogo dagli scorci prospettici sapientemente disegnati tra i diversi ambienti comunicanti dello spazio espositivo.
La prima opera che il visitatore incontra è la scritta “Chi è che ride”, tratta dall’edizione italiana dell’ultimo, visionario romanzo di Klossowski, il Bafometto. Da vent’anni ossessiona Roccasalva, avvolgendosi in un loop che rieccheggia per onomatopea il canto del gallo. Riprodotta su un neon in esergo alla mostra, cui dà il titolo, allude all’albeggiare e inaugura un percorso che simbolicamente si conclude con un tramonto, rappresentato dall’arancino (allusione alla cultura sicula) che la scultura del varano, in chiusura, stringe fra i suoi artigli, volutamente visibile già all’ingresso, scendendo dalla scala che introduce allo Schaulager.
A sinistra della parete che reca la scritta, il visitatore incontra subito un’altra opera ‘rivelatrice’ in senso letterale, Rear Window (2016), titolo originale delll’hitchockiana Finestra sul cortile: sette moleskine aperte e incorniciate di dorso, in apparenza ‘mute’ ma in realtà, proprio come finestre sul cortile, permettono di spiare nel cantiere creativo dell’artista. Se si staccano le cornici dal muro, si scopre che sul lato interno sono aperte su pagine che contengono bozzetti preparatori per tele e lavori esposti in mostra. Primo assaggio di un’arte ermetica che offre però appigli interpretativi, salvo sovvertirli quando si crede di avere individuato la codificazione. Malintesi e pentimenti, appunto.
Continue, nelle opere di Pietro Roccasalva, le citazioni che attingono alla storia dell’arte - del Novecento, dal futurismo ai metafisici, e Duchamp per impostazione
concettuale - ma anche antecedente, su tutti il Barocco, quello di Caravaggio, ma anche nomi meno popolari come il bergamasco Evaristo Baschenis, specializzato a inizio Seicento in nature morte di strumenti musicali, ribaltati da Roccasalva che ne fa la scocca di imbarcazioni per una delle sue serie più iconiche, Just Married Machine, alla quale ha cominciato a lavorare nel 2011 e che ancora oggi prosegue nel suo sviluppo, aggregando lavori che spaziano dall’installazione alla fotografia alla pittura, alcuni realizzati proprio in occasione della mostra di Lugano, con un ampio corredo di materiali e studi preparatori. Si può proprio prendere a esempio questo corpus di opere per constatare come le citazioni esorbitino dalla pittura per includere cinematografia e letteratura: se è stato un fotogramma de La ricotta di Pasolini - il tableau vivant della tavola imbandita - a far scattare la scintilla generativa dell’intero progetto,
invece all’Andrei Rublëv di Tarkovskij ha ‘rubato’ il simbolo della mongolfiera, mentre da Goethe ha ripreso un frammento delle Affinità elettive.
Un’erudizione mai prevaricante, spesso semplice emersione inconscia. Soprattutto convive in perfetto equilibrio con una notevole abilità tecnica. La serie dei camerieri (Il Traviatore) o degli ascensoristi ( The Skelton Key ) dimostrano una padronanza stupefacente del mezzo pittorico: anche all’interno della medesima tela, Roccasalva riesce a cambiare registro, passando dalla perfetta restituzione mimetica di alcuni elementi agli out of focus di una pennellata quasi divisionista. La più personale fra le tecniche di cui si serve è il gessetto che gli permette, a differenza dell’acrilico e dell’olio in cui pure eccelle, di intervenire direttamente sull’opera e rielaborarla ripetutamente, come gli intimano i suoi pentimenti. Serie come queste due sono eccezionali anche per la rap-
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Foto: Agostino Osio
presentazione dei personaggi: si prenda come assoluto esempio il cameriere, una professione di per sé prosaica, umile, ma che qui acquisisce la statura regale che connota le figure nobiliari. Se il richiamo formale è al Gilles di Watteau (1718-19), di cui riprende la posizione statica, in piedi, quasi pietrificato nell’intento di guardare lo spettatore, particolarissimo è il trattamento del volto, che sembra celato da una maschera inscritta nelle fisionomia - come accade anche per altri personaggi, su tutti la Sposa Occidentale protagonista dell’omonima serie, ispirata alla mogliesuggerendo un’introspezione da indagarsi oltre la bidimensionalità della tela.
Trovandosi davanti alla serie dei monocromi dell’ultima sala, Imprimitura, d’après , si potrebbe restare esterrefatti dall’improvvisa virata sull’astratto. Ma di nuovo, come per le moleskine, le apparenze ingannano. Punto di partenza è ancora il figurativo: Roccasalva li ha infatti realizzati partendo da opere di pittori futuristi a lui molto care e mescolandone i pigmenti originali, così che ciascuna ne riflette al parossismo l’identità cromatica.
Il percorso della mostra mette in luce gli stilemi ricorrenti dell’artista, continuamente rivisitati, de- e ricontestualizzati: la rosetta di pane di manzoniana memoria (Piero non Alessandro); il calice (testa d’aglio/toilette per bambini/infiorescenza art nouveau); il pallone accasciato della mongolfiera; la racchetta da tennis/ acchiappasogni, la cui rete riproduce il disegno di Michelangelo per piazza del Campidoglio a Roma; lo spremiagrumi che da surreale apparizione sul vassoio d’argento portato dal cameriere-traviatore diventa elemento architettonico nella serie Giocondità: la cupola di una basilica studiata da diverse angolature e in vari momenti della giornata, dall’alba al tramonto, mise en abîme del concetto stesso che sorregge l’allestimento della mostra.
In costante evoluzione e perenne ritorno, per un’arte che della metamorfosi non si limita a fare un gioco reiterativo, ma tra mutazioni e ripetizioni cerca di intercettare quell’essenza che sfugge all’istantanea e solo nella cangiante complessità del molteplice trova la sua inafferrabile manifestazione.
Susanna Cattaneo
Per informazioni: www.collezioneolgiati.ch
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Un altro corpus di opere di Roccasalva che si estende nel tempo, Il Traviatore, toccando l’apice forse in questo acrilico su tela (2014, 195,5 x 100,4 cm), di grande maestria pittorica e intensità emotiva. Conferisce una statura nobiliare a un semplice cameriere, il cui volto-maschera rimane impenetrabile.
© Foto: Peter Cox 7 Collezione Raf Simons, Anversa
Una tradizione da bere
Adispetto dei suoi 15 mila ettari, la tradizione viticola riveste per la Svizzera una notevole importanza, sia culturale che economica. Con diverse decine di viticoltori e quasi 3mila produttori che contribuiscono a ripartire il lavoro a molti artigiani e piccole industrie (dagli stampatori di etichette agli importatori di tappi di sughero), la viticoltura rappresenta un’attività commerciale dinamica e fortemente integrata nel tessuto economico svizzero.
Culturalmente, la vite, e il vino, fanno parte del Dna del nostro Paese, da millenni.
L’attuale superficie vinicola è abbastanza stabile nel bilancio fra terreni sottratti dall’urbanizzazione e la rinascita di alcuni piccoli vigneti fra quelli abbandonati dopo che, a fine Ottocento, il parassita della filossera aveva falcidiato i vitigni svizzeri (disastrose le conseguenze in Ticino dove si passò dagli 8mila ettari del 1877 ai 915 nel 1980).
Una delle caratteristiche distintive della produzione nazionale è la grande eterogeneità dei prodotti su un territorio così piccolo, ma che presenta microclimi e suoli molto variati. Si contano sei regioni principali: Vallese, Vaud, Ginevra, Ticino, i Tre Laghi e la Svizzera tedesca. Pinot nero, Chasselas, Gamay e Merlot costituiscono il 70% dei vini prodotti.
Nel 2021 il consumo totale di vino in Svizzera è aumentato leggermente (+4,9 milioni di litri) raggiungendo quota 255 milioni di litri, principalmente grazie al maggiore consumo di bianco (+4 milioni di litri), mentre il consumo di rosso è rimasto pressoché stabile (+0,8 milioni di. litri).
Poiché la produzione indigena non copre che un terzo del fabbisogno, si importano grandi quantità, prevalentemente da Francia, Italia e Spagna. Tuttavia, grande è l’interesse per la produzione locale. Anzi, crescente.
Sebbene il mercato sia sempre più internazionalizzato, l’esercizio è non cedere all’appiattimento della globalizzazione, quando è proprio la territorialità a garantire il prestigio e il bouquet inconfondibile di un’etichetta.
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speciale vino
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Uno, due, tanti… Merlot
Il primo impianto del nobile vitigno Merlot in Ticino è del 1906. Nel tempo si è rivelato a queste latitudini una varietà di uva molto versatile, dando origine a prodotti estremamente diversi fra loro, in funzione dei vari terroir di produzione e delle filosofia aziendali.
La Svizzera è la culla della produzione vitivinicola integrata, che si basa sull’idea di dare la precedenza ai meccanismi di autoregolazione naturali, utilizzando i prodotti di trattamento sintetici solo quando è necessario, applicandoli con precisione, per ridurre significativamente l’impatto ambientale. Un approccio per sperimentare il quale un territorio piccolo come il Ticino è l’ideale. Fra i più importanti per produzione, con circa tremila viticoltori, il Cantone si è at-
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speciale vino/ territorio
Creato alla fine degli anni ‘40, il ‘Marchio Viti’ nasce con lo scopo di valorizzare e promuovere la qualità del Merlot del Ticino.
tivato precocemente, incentivato dalla ricostruzione del patrimonio devastato dalla filossera. Nel 1906 si è così arrivati a impiantare il primo vitigno Merlot. Originario della Gironde (Bordeaux), è un’uva a bacca rossa ed è il secondo vitigno per importanza a livello mondiale dopo il Cabernet Sauvignon. È coltivato in tutti i continenti, anche se i migliori risultati organolettici si ottengono nei Paesi con climi miti che danno origine a vini eleganti.
Il suo nome deriva dal merlo, che a quanto pare ne apprezza la ricchezza zuccherina degli acini, dovuta alla sua maturazione precoce.
Tra le zone di produzione più prestigiose c’è il Pomerol e, quale patria adottiva, il Ticino. Quarto Cantone svizzero per estensione e luogo fertile, la vite è presente un po’ ovunque, da Chiasso alle prime rampe che conducono ai passi del San Gottardo. Gli oltre mille ettari di vigneti coltivati in Ticino sono attualmente coperti per oltre l’80% dal Merlot, assurto col passare del tempo a vero simbolo della vitivinicoltura cantonale. Negli anni ’80 si è iniziato a vinificare vini più strutturati e adatti all’invecchiamento, mentre nel 1982 ha avuto luogo la prima vinificazione in bianco del Merlot. Il successo è stato rapido e questo vino ancora oggi resta un’unicità a livello mondiale. Vitigno versatile, il Merlot è stato anche spumantizzato.
Il rimanente 20% di superficie vitivivicola è occupato da una ventina di varietà, fra le quali spiccano il Gamaret nelle uve a bacca rossa e lo Chardonnay in quelle a bacca bianca. «I terreni e il clima che caratterizzano le varie zone del Ticino, in gergo definite ‘terroir’, sono decisamente diversi fra loro», esordisce Andrea Conconi, direttore di Ticinowine, l’ufficio di promozione della vitivinicoltura ticinese. «A meridione, nell’area situata fra il lago di Lugano e Chiasso, i terreni sono contraddistinti dalla presenza di molta argilla, ricchi e profondi che, grazie al clima più caldo tipico di questa zona, danno origine a vini di grande eleganza e morbidezza. Le regioni situate a nord del Monte Ceneri sono invece caratterizzate dall’attività dei ghiacciai e dai torrenti che hanno plasmato il territorio lasciando depositi morenici e coni di deiezione, piuttosto pietrosi e ricchi di sabbia e limo. Queste caratteristiche di terreno, unitamente al clima fortemente influenzato dalla vicina
«Un unicum è l’ormai tradizionale bianco di Merlot, prodotto con uve Merlot, a bacca nera, vino bianco di grande piacevolezza da gustare nella sua giovinezza»
Ripartizione
catena alpina, permettono la produzione di vini austeri, destinati anche a lungo invecchiamento», precisa il direttore di Ticinowine.
«Quella della vitivinicoltura ticinese è una realtà molto particolare», evidenzia Andrea Conconi, «Gestita da oltre 2700 viticoltori che coltivano piccoli appezzamenti sovente molto scoscesi. Una viticol-
In Svizzera sono censiti circa 240 differenti vitigni. Di questi, solo 75 compaiono nelle statistiche ufficiali dell’Ufficio Federale di Statistica. Le quattro uve più diffuse sono il Pinot Noir, lo Chasselas (autoctono), il Gamay e il Merlot (pari al 72% dell’intera coltivazione).
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Andrea
VD 26% GE 9% TI 8% AG 3% SH 3% TG 2% BE 1% BL 1% VS 32% Altri 25% ZH 4% Restanti 2% NE 4% GR 3% SG 1% FR 1%
Conconi, Direttore di Ticinowine
Fonte: Ufag Altri 27% Altri 24% Rossi e bianchi della Svizzera Gamay 14% Merlot 15% Pinot Noir 47% Chasselas 55% Müller-Thurgau 7% Chardonnay 6% Sylvaner 5%
Produzione svizzera: il primato di Vallese e Vaud
delle superfici viticole per cantone, 2021
Fonte:
Ufag, 2021
Gli oltre 1000 ettari di vigneti coltivati in Ticino sono attualmente coperti per oltre l’80% da Merlot, vitigno assurto col passare del tempo a vero simbolo della vitivinicoltura cantonale.
tura quasi eroica, tipica delle zone alpine e prealpine nelle quali antiche popolazioni sono riuscite con grande fatica a strappare terra coltivabile alla montagna. La metà dei terreni coltivati a vite è costituita da degli appezzamenti che non superano i 2mila metri».
«Il Ticino rappresenta appena l’8% della superficie viticola svizzera, ma ha la prerogativa di essere l’unico cantone a sud delle Alpi, e beneficia per questo di un clima unico, diverso dal resto della Svizzera», sintetizza Andrea Conconi. Il Merlot ne è sovrano, ma il Ticino vanta anche un vitigno autoctono, la bondola, caratterizzato da tannini rustici e acidità pronunciata, «oggi viene coltivato solo nel Ticino, in particolare nel Sopraceneri. Per questo vitigno è stata presentata la candidatura come Presidio Slow Food», aggiunge Conconi.
Un cospicuo numero di produttoriuna quarantina, tutti con una produzione non inferiore alle cinquemila bottiglie all’anno - è rappresentato nella Corte del Vino, una realtà creata nel 2017, per far conoscere i vini ticinesi.
Una sorta di vetrina di tante produzioni locali raccontate attraverso circa 250 etichette.
Il mondo vitivinicolo locale è denso di elementi, la tradizione e il sudore, il gusto e la perseveranza, il sole e la geologia, le incertezze climatiche… le certezze: su tutte, la passione di chi vi lavora, spesso da generazioni.
«È un mondo che Ticinowine promuove, anche con diversi eventi: dalle Cantine aperte (che registrano fino a 30mila presenze) agli eventi tematici, come ‘Cinema nel vigneto’ o ‘Giallo nel bicchiere’. E, a breve, a dicembre, sarà la volta di ‘Vino in Villa’ a Lugano, a Villa Ciani», conclude Andrea Conconi.
Simona Manzione
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L’aristocrazia dei vini
Su tutti la lezione di Bordeaux, punto di riferimento per le classificazioni bordolesi e una ristretta selezione delle etichette più prestigiose. Poi la Champagne, la Borgogna, le Langhe e la Toscana, con la loro incomparabile tradizione, principali mercati dei vini rari e da collezione. Un settore che richiede importatori che sappiano garantirne la qualità e comunicarne il prestigio.
Un meccanismo perfetto ne fa la rete commerciale più antica e autorevole del vino: sin dalle sue origini, oltre due secoli e mezzo fa, la Place de Bordeaux orchestra la distribuzione delle etichette bordolesi garantendo un’esclusività che non teme svalutazioni e garantisce la qualità del prodotto e la magia di uno dei più apprezzati brand mondiali. «La genialità e la lungimiranza dei produttori e dei commercianti bordolesi sta nel complesso sistema distributivo che non avviene con
l’usuale vendita diretta dal produttore al consumatore o dal produttore al supplier, ma attraverso i négociant, che fungono da intermediari tra gli châteaux e i rivenditori di ogni parte del mondo, contrattando le allocazioni di ogni singolo vino bordolese: per ciascuno viene ssata una fascia di prezzo di riferimento in base alle caratteristiche dell’annata, il che esclude la concorrenza sleale e sostiene il prestigio del prodotto, comunicato anche grazie al supporto del marketing», spiega Alessandro Pagani, wine buyer di Arvi, società
specializzata nel segmento dei vini pregiati e da collezione, con sede centrale a Melano. Dei vini di Bordeaux è uno dei principali importatori: costituiscono il 50-60% del suo stock di oltre 800mila bottiglie.
Centrale per la distribuzione dei vini bordolesi è poi il meccanismo delle vendite en primeur: nell’aprile successivo alla vendemmia viene data la possibilità a sommelier ed esperti di degustare in anteprima i vini ancora nelle botti, per capire la struttura, la fattura, le qualità organolettiche dell’annata. A seguire, giornalmente, avvengono i rilasci dei vari vini sul mercato, i quali, avvalendosi di questa splendida rete di distribuzione, riescono a raggiungere i mercati più lontani e diversi in maniera pressoché simultanea. Il cliente ha la libertà di scegliere il formato essendo ancora in botte, sapendo che lo
L’eccellenza assoluta sono i cinque Premier Cru Classé stabiliti nel 1855, sotto Napoleone III, con la prima classificazione dei vini di Bordeaux. Arvi ne è tra i pricipali importatori. Tra bordolesi e selezionati nomi internazionali, nel suo stock conta oltre 10mila etichette in pronta consegna.
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speciale vino/ Arvi
Foto Marco Reggi
Foto Marco Reggi
riceverà due anni dopo, al termine del processo di af namento. «Il che è molto interessante sotto il pro lo dell’investimento: a dipendenza delle annate e della caratura dei singoli prodotti, certi vini vedono il proprio valore aumentare anche in tempi brevi dopo il primo rilascio sul mercato», spiega il wine buyer di Arvi, che del suo giro di affari sui bordolesi vede un buon 50% incentrato proprio sulle vendite en primeur.
La Place de Bordeaux è diventata cruciale anche per la distribuzione di una selezionatissima scelta di altre produzioni internazionali - vini australiani, sudafricani, sudamericani, italiani, spagnoli, …ritenute meritevoli di essere qui commercializzate, indicativamente nel mese di settembre (i bordolesi a maggio-giugno).
Altre tre sono le principali aree mondiali attorno alle quali si concentra il mercato dei vini rari e da collezione. Nella regione della Champagne, da sempre protagonista con grandi nomi, negli ultimi dieci anni anche Maison di piccole dimensioni hanno vissuto una forte crescita, vedendo aumentare in maniera esponenziale i prezzi: una fetta di mercato fondamentale per chi vuole investire, ma fortemente speculativa.
«La Borgogna e le Langhe seguono logiche simili fra loro: con una grande tradizione, sono esplose dagli anni 2000 a livello di spinta commerciale e comunicazione del prodotto, raggiungendo prezzi elevatissimi a causa delle allocazioni sempre più risicate. La Toscana ha un prestigio accomunabile a Bordeaux, per i suoi ever green: Testamatta, Trinoro, Sassicaia, Ornellaia, Masseto, Tignanello, … primo traino dell’enologia italiana a livello internazionale», commenta Alessandro Pagani.
La novità è invece il pro larsi fra la clientela dei giovanissimi: in Europa, già nella fascia dei 18 e 25 anni si registra un boom sia di acquirenti attratti dal prestigio del bene di lusso, sia di chi si interessa, gira, visita cantine e si iscrive a corsi. Un enorme potenziale lo ha il bacino asiatico. Di nuovo, i commercianti bordolesi si stanno mostrando dinamici e intelligenti, ad esempio ammiccando a questi destinatari con un packaging apposito, si pensi agli ideogrammi disegnati dall’artista cinese Xu Bing per l’annata 2018 del Mouton Rothschild.
Durante la pandemia, Arvi è stata tra i primi importatori a offrire ai produttori
«Il sistema di vendite en primeur dei vini di Bordeaux, nella primavera successiva alla vendemmia, è molto interessante sotto il profilo dell’investimento: a dipendenza delle annate e della caratura dei singoli prodotti, certi vini vedono il proprio valore aumentare anche in tempi brevi dopo il primo rilascio sul mercato»
la possibilità di snellire la comunicazione e farsi conoscere a distanza, organizzando degustazioni online con la ricezione delle bottiglie a casa del cliente e la possibilità di dialogare con produttore e sommelier. Fa parte dei servizi alla clientela che sono il punto di forza di Arvi, insieme all’ampiezza dello stock, con una vasta ma attenta selezione di etichette internazionali (Borgogna, Rodano, Champagne e i maggiori produttori italiani, spagnoli, australiani, statunitensi e sudamericani) che va af ancarsi alle prestigiose classi cazioni bordolesi, per un totale di oltre 10mila etichette in pronta consegna. Sono pochi i wine merchant a disporre di una tale profondità di stock, considerando anche gli importanti costi ssi di assicurazione e stoccaggio. E detiene anche un’impressio-
nante collezione di grandi formati, dalla Magnum da 150 cl ai 27 litri.
Oltre a mettere a disposizione di chi acquista il proprio caveau per conservare in condizioni ideali i vini pregiati - temperatura, umidità, luminosità -, offre anche il supporto per quanto riguarda tutti gli accessori necessari alla degustazione, come i Brass Decanter per il servizio dei grandissimi formati. Centrale è l’impegno nella divulgazione della cultura del vino, portando in Ticino e in Svizzera produttori da tutto il mondo a raccontare le loro etichette e con eventi come l’esclusiva degustazione dei grandi vini di Bordeaux presentati direttamente dall’Union des Grands Crus de Bordeaux, il prossimo 8 novembre a Zurigo, ed Explore Italy Tasting, che si terrà il 26 novembre: tutte le importazioni dirette italiane di Arvi esposte in assoluta esclusiva all’interno del caveau di Melano.
Susanna Cattaneo
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Alessandro Pagani, wine buyer di Arvi
La sala degustazione di Arvi, a Melano, cornice ideale per eventi privati o aziendali.
Foto Marco Reggi
I vini delle due montagne
Una corte di giullari, cantastorie, saltimbanchi… Sulle pendici del Generoso e del San Giorgio, dai vigneti coltivati scrupolosamente da due amici, nascono le otto etichette di una cantina del Mendrisiotto, che di questo terroir sa esaltare l’unicità. Con carattere e grande equilibrio.
Né una tradizione familiare di viticoltura né sponsor su cui contare: nel mondo del vino si entra anche così. Per passione e con ostinazione, spirito imprenditoriale e desiderio di autenticità. In Claudio Widmer si è fatto sentire all’improvviso: dopo cinque anni di lavoro in banca, si fa strada il desiderio di creare un prodotto con le sue mani, a contatto con la natura. Un primo stage in un vigneto del Mendrisiotto conferma la sua vocazione, portandolo a frequentare l’Alta scuola di viticoltura ed enologia di Changins, nel Canton Vaud, dove incrocia Simone Favini, che conosceva solo di vista, entrambi cresciuti nel Mendrisiotto. Appassionato n da piccolo, ha già vini cato il suo primo vino con uve provenienti dal comune di Salorino. Si incontrano nuovamente pochi anni più tardi, nel 2012: nel frattempo Claudio ha fatto esperienza a Bordeaux e in Cile; Simone è riuscito ad acquisire da un anziano del paese alcuni vigneti in un
territorio che ne concede ben pochi. L’af nità di spirito e visione li convince a unire le forze e i loro nomi, da cui nasce la Cantina Fa’wino.
«Questi primi dieci anni sono stati un ‘crescendo’ continuo grazie alla nostra ottima collaborazione e complementarietà. Da 5.000 bottiglie siamo passati a una produzione annuale di oltre 35mila; da poco più di un ettaro di vigna siamo arrivati a quattro che coltiviamo ancora personalmente. I nostri vini sono oggi interamente prodotti con uve di nostra produzione e lavoriamo personalmente i nostri vigneti in modo scru-
Da sinistra, il vigneto di Meride e quello di Salorino, rispettivamente sulle pendici del Monte San Giorgio e del Generoso, dove si trova la tenuta di Fa’wino. Qui nascono i Merlot Meride e Musa e le altre sei etichette dell’azienda, che ha appena compiuto 10 anni.
poloso e attento. Un lavoro minuzioso svolto ancora a mano, data la morfologia dei terreni. Ma il buon vino si fa con una materia prima impeccabile», raccontano.
L’unicità della natura del suolo, l’altitudine e il clima conferiscono ai loro “vini delle due montagne” - come amano denirli perché la tenuta è distribuita sulle pendici del San Giorgio e del Generoso - mineralità, eleganza e finezza. Sono
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speciale vino/ Fa’wino
«Non siamo amanti degli estremi: secondo noi i vini devono avere carattere e, soprattutto, equilibrio. Conduciamo delle vinificazioni che non stravolgono la natura dell’uva e che permettono di mantenere le caratteristiche del terroir: mineralità, eleganza e finezza»
otto: due bianchi, quattro rossi e due spumanti. La coltivazione ri spetta le norme della produ zione integrata, garantendo il più possibile la biodiver sità. Oltre al merlot, i prin cipali vitigni coltivati sono il cabernet franc, la syrah, il gamaret e l’ancellotta per i rossi, il sauvignon bianco, il chardonnay, il sémillon e il viognier per i bianchi.
«Non siamo amanti degli estremi: secondo noi i vini devono avere carattere e, soprattutto, equilibrio. Conduciamo delle vinificazioni che non stravolgono la natura dell’uva e che permettono di mantenere le caratteristiche del terroir. Controlliamo e gestiamo personalmente l’intero processo di pro duzione in vigneto e di trasforma zione della materia prima in cantina, dalla macerazione all’imbottigliamento. In primo luogo, cerchiamo di ottenere una qualità impeccabile dell’uva e, in seguito, di trasfor
marla attraverso dei processi enologici delicati per garantirne l’integrità ed esaltarne la qualità. Inoltre, i nostri interventi sul prodotto sono ridotti al minimo in modo tale da ritrovare in bottiglia la peculiarità dell’annata e la tipicità del terroir», spiegano i due colleghi.
Le loro etichette, con cui si sono già aggiudicati ripetuti riconoscimenti, portano freschezza affabulatoria anche nei loro nomi: Giullare, Cantastorie, Saltimbanco, Musa o Elsbeth, detto anche “il vino delle nonne”, perché casualmente era il nome delle nonne di entrambi, scelto per un assemblaggio di tre vitigni
bianchi aromatici, sauvignon bianco, sémillon e chardonnay.
Lo scorso 17 marzo, per festeggiare il simbolico traguardo del decennio di attività, i due fondatori hanno potuto organizzare la prima degustazione verticale invitando amici e colleghi a mettere a confronto le diverse annate. «Il nostro obiettivo è ora quello di consolidare l’azienda. Non vogliamo aumentare ancora molto il numero di bottiglie, per continuare ad avere ancora la possibilità di gestire personalmente le nostre vigne», dichiarano.
Il vino che a oggi più li rappresenta? «È sicuramente il Merlot Meride. Un 100% Merlot prodotto con uve dei nostri vigneti che si trovano nell’omonimo paese situato sul monte San Giorgio. Racchiude la mineralità dei suoi fossili: lo af niamo esclusivamente in botti di rovere svizzero, per mantenere la sua identità», spiegano i due fondatori di Fa’wino. Già nel 2008 si aggiudicava il premio come secondo miglior Merlot svizzero al GranPrix du vin Suisse. Colore rosso rubino intenso, sentori di mora matura e ciliegia nera accompagnati da note vanigliate e tabacco da pipa, denso e sapido, termina con un nale all’insegna dell’ispirazione. Ideale da gustare nei mesi autunnali, con stufati accompagnati anche da sughi speziati, carni rosse e formaggi stagionati.
Mirta Francesconi
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Claudio Widmer e Simone Favini, enologi e fondatori di Fa’wino
Sapori di stagione
Con i primi freddi e le atmosfere velate dell’autunno, pietanze succulenti accompagnate da vini giusti sono una delizia per il palato e un’occasione di convivialità.
Le tavole autunnali sembrano rievocare fasti del passato. Ricche, gustose, profumate di aromi intensi. Selvaggina, funghi, formaggi e salse sono protagonisti. «Il tartufo è uno dei funghi più pregiati e aromatici e si sposa in modo eccellente con vini intensi e profumati come Merlot, Pinot Noir, Nebbiolo e Syrah tradizionale», esordisce Jan Schwarzenbach, Master of Wine per Mondovino, Coop. «Con la pasta al tartufo si servono i migliori vini da uve di Nebbiolo, ovvero il Barolo e il Barbaresco».
I vini che accompagnano la selvaggina devono essere meno aromatici, «poiché questa carne viene spesso utilizzata come componente di pietanze corpose, con contorno di cavolo rosso e spätzli. È bene quindi abbinarla a vini giovani, succosi e meno ricercati. Tra i vitigni svizzeri sono prefetti il Cornalin e l’Humagne Rouge.
Ben si prestano anche vini rossi di media intensità, ricchi di corpo come il Sangiovese e il Cabernet Sauvignon. Quali vini metterei su questa tavola?
Toscana Igt Rosso Villa Antinori (Italia, 2019): rosso granata carico e denso, interessante bouquet di bacche mature con note di catrame e aromi di prugna e confettura, al palato con un attacco in bocca ampio e fruttato, con bella complessità di bacche mature. In alternativa, Ticino Doc Merlot Selezione d’Ottobre (Svizzera, 2019) : rosso rubino carico, aromi di bacche mature, con una piacevole aromaticità, di medio corpo e rotondo, con una nota delicatamente astringente nel nale», consiglia l’esperto.
Dal sapore caratteristico, più intenso rispetto alla maggior parte di altre carni, la selvaggina riceve dal metodo di preparazione la componente aromatica decisiva al piatto. «Anche la salsa e i contorni vei-
colano le caratteristiche del sapore, di cui occorre assolutamente tener conto per la scelta del vino. Ogni vino cambia a seconda della ricetta a cui viene abbinato e anche della percezione della persona che lo assaggia, per la quale sono determinanti il proprio gusto e le proprie preferenze.
Quali vini abbinerei a questa particolare carne? Valais Aoc Dôle des Monts Maison Gilliard (Svizzera, 2019): rosso rubino scarico, invitante bouquet fruttato di bacche rosse, note discrete di lievito, attacco in bocca rotondo ed equilibrato, intensi aromi fruttati di Pinot al palato,
In apertura, alcune specialità tipiche della stagione: selvaggina e tartufo. Accanto, cioccolato amaro, che ben si sposa con un bicchiere di Porto. A destra, fondue, da accompagnare ad un bianco discreto e delicato.
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speciale vino / Coop
gustoso e pieno, nale lungo e fruttato. In alternativa, Ticino
Doc Merlot Sirio Barri-
que Matasci Vini (Svizzera, 2019): colore rosso scuro. Al naso, note legnose pronunciate che promettono un piacevole fruttato.
Un vino dalla struttura solida, con buoni tannini e un lungo finale», prosegue l’esperto di vini, in una ideale carrellata eno-gastronomica dal sentore autunnale.
Invitanti (quasi) tutto l’anno, le pietanze a base di formaggio vivono in questo periodo dell’anno un momento di grande successo.
«Il formaggio si presenta in un numero enorme di varianti, il che non sempli ca la scelta del vino, ma la rende ancora più
«Il tartufo si sposa in modo eccellente con vini intensi e profumati come Merlot, Pinot Noir, Nebbiolo e Syrah tradizionale. Mentre per la selvaggina devono essere meno aromatici, quindi vini giovani, succosi e meno ricercati. Tra i vitigni svizzeri sono perfetti il Cornalin e l’Humagne Rouge»
Jan Schwarzenbach, Master of Wine, Coop
interessante.
Un Camembert fre sco, dal sentore discreto e poco salato si accom pagna bene a vini diversi rispetto a uno Sbrinz stagionato dall’aroma intenso. Ogni for maggio ha un vino giusto. Tuttavia, in generale i formaggi si accompagnano meglio con i vini bianchi, poiché i tannini del vino rosso spesso entrano in con itto con le proteine e con la percentuale di sale talvolta elevata del formaggio», spiega Jan Schwarzenbach.
Le pietanze a base di formaggio possono essere servite calde o fredde. Autunno e inverno celebrano le varianti calde della fonduta e della raclette. Anche il Camembert, il Tomme e lo Chèvre al forno o il formaggio alla griglia sono sempre più amati. Le pietanze calde a base di formaggio sono estremamente aromatiche e contengono una quantità di grassi relativamente elevata, caratteristiche che in effetti richiederebbero vini molto aromatici e ricchi di acidità. Tuttavia, «dato che la combinazione di un vino molto aromatico come il Gewürztraminer e il formaggio caldo sarebbe davvero troppo e un’acidità elevata stonerebbe con il forte contenuto di sale, risultano più adatti i
vini bianchi discreti e delicati. Questi vini passano in secondo piano rispetto alla pietanza, a cui resta il ruolo di protagonista.
Che cosa metto in tavola stasera con i formaggi?
Dézaley Aoc Grand Cru B. Bovy (Svizzera, 2019): bouquet intenso di profumi oreali, delicato al primo sorso, buona complessità, leggermente minerale con gusto di pietra focaia, risulta corposo, di carattere e pastoso, nale morbido e lungo. Vigoroso e ricco di struttura. In alternativa: Valais Aoc Fendant Pierrafeu Provins (Svizzera, 2021) : giallo chiaro, bouquet profumato, note minerali e aromi oreali; al palato si presenta piacevolmente fruttato, corposo, ricco d’aromi, equilibrato nel nale», segnala il Master of Wine.
E per concludere… Le atmosfere autunnali invogliano a trattenersi dopo cena, chiacchierando. Cioccolato amaro o dolci al cacao si completano con un bicchiere di Porto. «Magari della varietà Twany o bianco: Porto Osborne 10y, Porto Sandeman Fine Tawny, Fabelhaft Porto Tawny o Porto Sandeman Fine White certamente non deluderanno le aspettative», conclude l’esperto di Mondovino, Coop.
Eleonora Valli
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Qui dove anche il dormire è di-vino
Un unicum in Ticino. Appena insignito di un importante premio, il Wine Hotel di Vacallo propone un concetto originale di accoglienza in un’atmosfera raffinata e conviviale.
alizzare il nuovo progetto. La vendita di 235 pacchetti, generando una raccolta di 112.270 franchi, è stata determinante per portare a termine l’oneroso investimento. Oggi le camere e gli spazi comuni si presentano interamente rinnovati, con un design che declina il tema del vino in tutte le sue sfaccettature. Dalla palette dei colori, che si ispira a quella dei vini e degli elementi presenti nei vitigni, come il paglierino, il granato, l’ambrato, il chiaretto, no ai tanti oggetti e strumenti della tradizione enologica ripensati, qui, al servizio di una raf nata ed originale ospitalità alberghiera. Interessante il tema dei materiali utilizzati per le diciassette camere, che sono frutto di scelte sostenibili: il sughero (presente in ognuna di esse, è utilizzato come boiserie retro-scrittoio), i legni massello di noce e rovere, ma anche i tessuti naturali e le carte da parati rappresentanti temi/gra che ispirati al vino. In quest’atmosfera disegnata abilmente, sono stati inseriti elementi d’arredo e di rivestimento in linea con le scelte cromatiche della singola camera. All’interno delle camere, sono disponibili dei calici per servirsi il vino, che può essere consumato in degustazione utilizzando gli speciali distributori collocati negli spazi comuni e che al momento risultano essere gli unici presenti in strutture alberghiere ticinesi, all’insegna dell’accoglienza e della promozione del territorio. La Lounge dell’Hotel è stata arredata con tavolini alti ed un grande tavolo convi-
Il Conca Bella Boutique Hotel & Wine Experience, gestito dalla famiglia Montereale da quasi quarant’anni, è il primo ‘Wine Hotel’ in Ticino. È stato oggetto di una importante ristrutturazione, iniziata nel 2021, che ne ha ride nito anche il ‘concept’.
La decisione di rinnovarsi, cercando nelle proprie radici e nella storia di famiglia la giusta leva, è stata accompagnata da un’interessante e innovativa proposta di crowdfunding: decidendo di acquistare pacchetti di diverso genere e importo, molti sostenitori hanno contribuito a re-
A sinistra, una delle diciassette camere del Conca Bella Boutique Hotel & Wine Experience, a Vacallo. Tutte recentemente rinnovate, le camere si ispirano al mondo del vino. Colori, materiali, arredi e accessori creano un’atmosfera accogliente ed originale.
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speciale vino/ Conca Bella Boutique Hotel&Wine Experience
viale, per uno spazio fresco, aperto e che ben si presta alla degustazione ed alla condivisione. La grande parete di fronte alla lounge ha dato forma al nuovo shop dove sono esposti prodotti del territorio. Non da ultimo, la reception, visibile da tutti gli angoli dell’albergo, è stata rinnovata nei materiali ed ha un nuovo corner dedicato alle attività della regione.
«Proponiamo ai nostri ospiti una esperienza ‘Wine a 360 gradi’», nota Michele Montereale che, con la madre Ruth, gestisce la proprietà, «tutto è pensato perché sia un’offerta enogastronomica autentica, con possibilità di visitare le più famose cantine del territorio».
Inserito nel tipico villaggio di Vacallo, grazie alla prossimità della Valle di Mug-
Best of Wine Tourism 2022
Il progetto ‘The First Wine Hotel Ticino’ è stato insignito del Best of Wine Tourism 2022 per la Svizzera, in occasione della 5a edizione degli Incontri svizzeri dell’enoturismo, lo scorso 2 settembre presso lo Château d’Aigle, nel Canton Vaud. Il premio è stato assegnato a sette esperienze enoturistiche svizzere. Di questi, la giuria ha attribuito il podio al Conca Bella, che ha vinto il premio Terre & Natura.
gio, del Monte Generoso e della regione del Mendrisiotto, il Conca Bella favorisce l’esperienza dei suoi ospiti all’interno di una regione che, di forte tradizione enologica, è ricca di diverse altre possibilità. Tappa amata dai buongustai, il ristorante dell’Hotel, recentemente rinnovato, ha oggi una nuova anima: «Stessa passione per la buona cucina e per l’ospitalità e stesso occhio di riguardo ai prodotti tipici locali, alla qualità e alla stagionalità, come è sempre stato, ma adesso con un concetto di accoglienza e di cucina più contemporaneo», sintetizza Michele Montereale, che spiega: «Dopo anni di ristorante stellato, i nostri ospiti sono accolti da un
Sopra, Ruth e Michele Montereale. La famiglia Montereale gestisce il Conca Bella Boutique Hotel & Wine
Experience dal 1984. A sinistra, sopra, l’Enoteca dell’Hotel propone 1.100 etichette, per un totale di quattromila bottiglie. A sinistra, sotto, il ristorante dell’Hotel, nella sua nuova versione. In basso, una delle pietanze proposte.
nuovo staff di cucina, un nuovo modo di fare ristorazione, un rinnovato ristorante più informale e semplice, anche quando si tratta di un menu degustazione».
Nella propria Enoteca, una delle più fornite del Canton Ticino, il Conca Bella ha selezionato 1.100 diverse etichette afdate a quattromila bottiglie. Mentre, gustare un buon bicchiere nell’accogliente Wine Lounge è l’occasione per assaporare tapas e Flammkuchen particolari. Non da ultimo, il Conca Bella ha ricevuto da poco il ‘Label Swisstainable’ del programma nazionale di Svizzera Turismo.
Simona Manzione
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Itinerari da assaporare
Che aspetto avrebbero le pendici del Lavaux senza i vigneti terrazzati che hanno valso alla regione vodese l’iscrizione nel Patrimonio mondiale dell’Unesco, o quelle del Vallese senza i loro muri a secco? La vite e il vino fanno parte dell’identità svizzera da millenni. Del suo paesaggio, della sua cultura. E dell’offerta turistica: dalle terrazze vignate alle cantine, destinazioni da visitare e assaporare.
Chasselas, Pinot Noir, Gamay, Merlot, Müller-Thurgau, Chardonnay, Arvine, Syrah, Sauvignon… nomi di vitigni che evocano una geografia enologica, coltivati in una o più delle sei regioni in cui si suddivide per convenzione la carta geogra ca della Svizzera del vino: il Vallese, nel cuore delle Alpi, dove i vigneti arrivano anche a mille metri di altitudine, il territorio vodese lungo le rive del Lemano, Ginevra alla con uenza tra Giura e Alpi, la Svizzera tedesca, costituita da una piccola miriade di zone più disperse, la regione dei Tre Laghi sui pendii del Giura, in ne il Ticino, affacciato a sud. Ciascuna con le sue tradizioni e predilezioni, l’inventiva, la qualità e l’ostinazione che richiede questa passione. Chi portando all’eccellenza i grandi classici, chi incrociando e trovando nuove varianti.
L’eterogeneità di microclimi e suoli che caratterizzano il territorio si traduce nella varietà delle produzioni, caratteriz-
zata dalla propria speci ca identità. Un bouquet anche di possibili destinazioni per il viaggio di un weekend, abbinando escursioni nella natura, degustazioni nelle cantine e offerta gastronomica. La Svizzera del vino si concede anche un paio di record: il vigneto più alto d’Europa, sotto il villaggio di Visperterminen, tra i 650 e i 1150 metri sopra il livello del mare, e quello più piccolo al mondo, Vigne à Farinet a Saillon, in Vallese: composto da tre soli vitigni, dedicati all’eroe popolare Joseph Samuel Farinet (1845-1880), un falsario che imitava solo pezzi da 20 centesimi e li distribuiva senza destare sospetti fra la popolazione. Misura 1,6 metri quadrati e dal 1999 è di proprietà del Dalai Lama, donatogli dall’Abbé Pierre. Il Vallese. Dei 15mila ettari coltivati a vite in Svizzera, circa un terzo si trova nel Vallese. Da Martigny e Fully no a Briga nella valle del Rodano e Visperterminen in alto lungo la Visp, conta appezzamenti a volte estremamente ridotti, in parte per
la topogra a, in parte per questioni successorie, che grazie a una formidabile commistione di suoli, esposizioni e climi - e al prezioso lavoro dei vigneron - producono un’enorme varietà di vitigni: circa 40, alcuni dei quali storici come il Petite Arvine, l’Amigne, l’Heida o l’Humagne Rouge. La città di Leuk ospita il vitigno più antico della Svizzera, un Cornalin, piantato più di 200 anni fa davanti all’antica Allet-Haus, dove l’imponente albero cresce in un’aiuola rialzata.
Lo Chasselas, tra le varietà più coltivate della regione, prende qui il nome di Fendant, con cui questo vitigno autoctono del Canton Vaud veniva nominato
Sopra, il treno dei vigneti conduce da Vevey a Chexbres, punto di partenza per le escursioni tra pendii e terrazzamenti che rendono questa regione unica al mondo. Non solo per appassionati di vino.
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© Switzerland Tourism
Bafu /
turismo / destinazioni da riscoprire
Photo Marcus Gyger
nel Cinquecento dal botanico basilese Johann Bauhin. Se il Dôle, tagliato con Pinot Noir e Gamay (altre delle due principali varietà, insieme al Sylvaner), è il tipico vino da tutti i giorni, una rarità assoluta è il bianco Vin du Glacier della Val d’Anniviers: nella botte più antica sono assemblate 130 annate.
Per un weekend dedicato alla scoperta dei vitigni vallesani, basta salire il sabato a bordo del Vinabus, partenza dalla stazione di Martigny. A Fully, Anne Carron-Bender, guida del patrimonio, racconta la Petite Arvine, vitigno emblematico di questa località, di cui quasi certamente è una varietà autoctona, menzionato per la prima volta a Sion nel 1602 con il nome di Arvena, che signi ca ‘arrivato’. Le analisi del Dna non hanno rintracciato alcun antenato: sembra una specie orfana e anche i tentativi di insediarla al di fuori del Vallese non hanno avuto successo malgrado la
richiesta elevata. Il viaggio prosegue con un pranzo a base di prodotti regionali nel ristorante Le Chavalard de l’Alliance, poi visita ai viticoltori Slow Wine per scoprire l’Humagne Rouge della cantina Le Bosset a Leytron, con il suo carattere ben temprato, dalle note di foglie di vite essiccate, di violetta, con un lato selvatico, e lo Johannisberg di Comby Vins a Chamoson, mentre allo Château di Vaas si assapora il Cornalin. Cena e notte al ristorante A Table dell’albergo Ibis Style di Sierre, poi la domenica tappa a Salgesch, per terminare alla tavola dello Château de Villa di Sierre, con cinque diverse raclette del Vallese e vini in abbinamento: in carta, più di 800 etichette del territorio.
Per chi preferisse spostarsi a piedi, tra Martigny e Leuk corre il Chemin du Vignoble, 74 km tra cantine e villaggi vitivinicoli tipici. Può essere suddiviso in quattro tappe. Nella valle del Rodano,
Spetta al Vallese il primato della superficie vinicola svizzera, un terzo dei 15mila ettari totali.
Sopra, il Domaine di Mont d’Or, vicino a Sion, caratterizzato dai tablars, i vigneti coltivati su terrazzamenti, tenuti in piedi da miracolosi muri a secco tipici della regione.
A sinistra, il Vigneto più piccolo del mondo, a Saillon: dedicato a un falsario idealista, è stato donato al Dalai Lama nel 1997.
nel Canton Vallese, i vigneti si estendono ininterrotti sui ripidi versanti; da Visp al lago Lemano, altri 100 chilometri su una super cie di 5200 ettari.
Vaud. Che la viticoltura sia fortemente radicata nel Canton Vaud,lo testimonia la tradizione della Fête des Vignerons di Vevey, che si svolge una volta per generazione, circa ogni vent’anni. La prima venne organizzata nel 1797 dalla Confrérie des Vignerons di Vevey come cerimonia uf ciale per premiare i contadini che si erano distinti nella coltivazione delle vigne, essenziale per la regione vodese, dove nel Medioevo la pratica della viticolura portata dai Romani si diffuse in prevalenza attraverso i monasteri per poi passare, alla loro secolarizzazione, ai Bernesi che presero il controllo dell’area, oppure ai Comuni, in ne in mani private dopo la rivoluzione del 1798. Per la prima edizione della Fête venne montato per la
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Swiss Wine
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Switzerland Tourism / Photo Stephan Engler
prima volta il palco in Place du Marché, tuttora location della manifestazione. Se allora erano 2mila i posti , l’Arena progettata per la recente edizione del 2019, curata dalla Compagnia Finzi Pasca, ne ha contati dieci volte tanti per oltre 400mila spettatori nel corso delle venti ripetizioni
Con quasi 4000 ettari, il territorio vodese ha uno dei più importanti settori vinicoli della Svizzera, secondo solo al Vallese. Si suddivide in quattro grandi zone di coltivazione, che costituiscono altrettante mete di degustazione. La Côte si trova sul lato occidentale del Lago Lemano, da Morges a Nyon. La regione del Lavaux situata tra Losanna e Vevey-Montreux, è entrata nel 2007 nel Patrimonio Unesco e già da prima nell’immaginario collettivo con il suo musaico di terrazzamenti. Con i vigneti di Villeneuve, sul lato orientale del lago, inizia lo Chablais, che raggiunge Yvorne e Aigle e si estende no ai vigneti attorno a Bex. In ne, sulle rive del Lago di Murten, a nord del Canton Vaud, si trovano le denominazioni Bonvillars, Côtes de l’Orbe e Vully.
I grandi laghi creano un microclima particolarmente favorevole. Dall’interazione di ghiacciai, umi e montagne è nata un’enorme varietà di terreni diversi, che si esprime nelle numerose e delicate note dei bouquet, tipiche dei vini bianchi freschi e fruttati prodotti con le uve Chasselas. Dei 35mila ettari di vigneti al mondo coltivati con questa varietà, 2.365 si trovano in questo Cantone, di cui sono una specie autoctona. In Borgogna esiste un paesino chiamato Chasselas, ma le viti omonime si ritrovano solo nei ricordi dei vecchi viticoltori. Un quarto della produzione totale di circa 25 milioni di litri è costituita dai rossi di Gamay e Pinot Noir, ma vengono coltivate sempre più spesso anche specialità tradizionali (Plant Robert, Mondeuse) e nuove (Gamaret, Garanoir, Doral).
Per scoprire il suo patrimonio ‘di-vino’ il Cantone propone 12 passeggiate enologiche, fra cui i vigneti di Morges, Chablais Aoc, Pays-d’Enhaut (con la possibilità di viaggiare sulla ferrovia Mob tra i due poli di Rougemont et Château-d’Oex), Côtes de l’Orbe Aoc (180 ettari e 25 vitigni, consigliata anche una sosta per ammirare i mosaici romani splendidamente conservati di una residenza di campagna), la nordica Vallée de Joux e Bonvillars Aoc. I 150 ettari del Vully Aoc sono a cavallo con il Canton Friburgo.
Incastonati sulla ripida costa soleggiata sospesa tra cielo e lago sulla sponda nord-orientale del Lemano, i vigneti vodesi del Lavaux portano anche l’etichetta Unesco, per la loro valenza culturale, oltre alla bellezza paesaggistica. Da visitare anche a bordo del trenino Lavaux Panoramic.
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© Régis Colombo/www.diapo.ch
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Switzerland Tourism
Bafu
Photo Marcus Gyger
Ma il più battuto è il percorso che porta ai vigneti di Lavaux: incastonati sulla ripida costa soleggiata sospesa tra cielo e lago sulla sponda nord-orientale del Lemano, a una decina di minuti di treno da Losanna, sono tra le zone paesaggisticamente più belle della Svizzera e di grande valenza culturale, come ha confermato la scelta di includerla nei siti del Patrimonio mondiale Unesco, mirabile testimonianza di un’interazione virtuosa e costruttiva tra uomo e ambiente. Per primi i Romani provarono ad addomesticarle quando ancora erano selvatiche e incolte, dovendo però cedere alla impervia morfologia e alle tecniche a loro disposizione. Furono poi benedettini e cistercensi ad avere l’intuizione di costruire delle terrazze sorrette da muretti in pietra per mitigare la pendenza del terreno e rendere più agevole la coltivazione e la raccolta delle
Il Musée de la vigne, du vin, de l’étiquette dello Château d’Aigle è un must per tutti i viaggi enoturistici, situato nel cuore dei vigneti vodesi, in una fortezza del XII secolo costruita dai Savoia per sorvegliare la valle del Rodano e i passi verso Berna. Fondato dalla Confrérie du Guillon, racconta e diffonde la cultura del vino.
uve. Proprio le pareti ripide e rocciose, che ri ettono eccellentemente il calore, sono ideali per ottenere i vini rossi e soprattutto i vini da Pinot-Noir. L’impresa fece la fortuna dei principi-vescovi di Losanna, che ricavavano dalla produzione dei vini di Lavaux un quarto delle entrate dell’intera regione. Nei secoli generazioni di vigneron hanno saputo modellarle, rendendole fertili e produttive, preservandone l’unicità e la produttività anche grazie all’introduzione di nuove tecniche di coltivazione, ma sempre in rapporto simbiotico tra uomo e ambiente.
Da scoprire percorrendo i pittoreschi sentieri che collegano i minuscoli villaggi, arroccati sull’alto delle colline come Aran, Grandvaux, Epesses e Chexbres, con vista mozza ato sulla catena delle Alpi savoiarde, o direttamente sulle sponde del lago come Pully, Lutry, Rivaz e Saint Saphorin. Ad esempio, con la passeggiata di due ore e degustazione. O in bici. O a bordo del Lavaux Express.
Complessivamente, nel Lavaux ci sono nove comuni con denominazione Aoc. Particolarmente noti sono i vigneti di Saint-Saphorin e Dézaley, i cui vini sono considerati tra i migliori in assoluto, molto apprezzati anche all’estero. Uno dei vigneti più antichi della Svizzera è lo Château d’Eclépens, nel distretto di
Morges, ai piedi della collina di Mormont, che domina la pianura di Orbe. In un diploma consegnato al glio di Carlo Magno a Losanna nell’814, si apprende che l’imperatore possedeva delle vigne in quel luogo.
Merita una sosta il Domaine de Autecour, che si affaccia su La Côte dal villaggio di Mont-sur-Rolle. Classi cato come monumento storico, è immerso in oltre 350 anni di storia e ri ette in uenze vodesi e sabaude. La tenuta è situata lungo le rive del lago su vigneti in pendenza che si estendono per oltre sei ettari. Si può degustare una delle quattro annate della tenuta, tra cui la cuvée Chasselas, dal 2011 elevata al rango di Premier Grand Cru. Inoltre dall’inizio degli anni 2000 un appezzamento di terreno è dedicato anche al raro vitigno Plant Robert, riproposta di un’antica varietà di Gamay, minacciata di estinzione negli anni Settanta, che ha subito conquistato gli intenditori.
A Rolle si terrà, il 5 e 6 novembre DiVINes! la era svizzera dedicata alle produttrici di vino: sempre più donne in Svizzera scelgono di lavorare nell’industria del vino - e in Ticino non ne mancano - per amore di questa professione o perché vi sono legate, anche eccellenti per le loro capacità di degustazione.
Ginevra e dintorni. Terzo cantone per produzione vinicola, Ginevra è stata pioniere dell’enologia. La prima a istituire una denominazione di origine controllata (ne conta ben 72) e ad anticipare il concetto di enoturismo ideando le Cantine Aperte da cui si sono ispirate tutte le altre regioni svizzere. I vigneti della regione presentano un suolo molto variato come il terreno morenico, dovuto alle alluvioni sulle rive del Rodano e Arve. Benché lo Chasselas rimanga il vitigno bianco dominante, i viticoltori di Ginevra hanno riportato grandi successi in occasione di concorsi internazionali con prodotti da vitigni classici come lo Chardonnay.
Se in molti offrono esperienze di degustazione, La Cave de Genève propone anche un’esperienza di Escape Game direttamente in mezzo ai suoi vigneti per nire in bellezza con un aperitivo. Sempre La Cave offre la possibilità, in periodo di vendemmia, di calarsi per mezza giornata nella quotidianità di un viticoltore, dalla raccolta grappoli alla pigiatura.
Due possibili itinerari escursionistici consigliati conducono lungo le due coste del Rodano. Sulla destra, partendo da
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© OTV
Raphaelle Vannay
La Svizzera del vino nella sua grande varietà. Dall’alto a sinistra, in senso orario: Ligerz, sulla riva sinistra del lago di Bienne; l’isoletta di Ufenau (Zh), dove si trovano uve dell’Abbazia di Einsiedeln, già coltivate nel Settecento; i vigneti di Neuchâtel, dove si produce anche il famoso Oeil de Perdrix; i 12 battelli attraccati alla Bürkliplatz che nella prima metà di novembre ospiteranno la versione autunnale di Expovina, a Zurigo.
Meyrin, un percorso ad anello di 26 km passa da Dardagny, Satigny (il più grande comune viticolo svizzero), Céligny e Malval per tornare a Meyrin, che è anche la sede del Cern, all’Esplanade des Particules 1 (ogni anno visitato da 120mila persone, soprattutto studenti). Lungo la strada sono presenti informazioni sulle varietà di uva e sulla produzione del vino, ristoranti e le numerose cantine per degustazioni. Sulla sponda sinistra, invece,
un tragitto più breve, di 4 ore, attraversa i villaggi di Hermance, Meinier, Jussy e Choulex.
La regione dei Tre Laghi. Sul Lago di Bienne, di Murten e di Neuchâtel si trovano vigneti che si sposano alle caratteristiche di queste tre regioni, a cavallo di cinque cantoni. I terreni secchi e sassosi sui pendii rivolti a sud-est sopra il lago di Bienne, poveri e molto calcarei, generano vini di grande carattere, ideali per lo Chasselas e per le varietà borgognone, lo Chardonnay e i Pinot. Nella zona attorno a Erlach e sull’Isola di San Pietro dominano i terreni molassici. Complessivamente più di 70 vignaioli coltivano una super cie vitata di oltre 220 ettari.
L’escursione lungo il Chemin des Vignes da Bienne a La Neuveville, sulla sponda settentrionale del lago, offre un’interessante panoramica sul lavoro dei viticoltori della regione.
Nella regione di Neuchâtel quasi 50 cantine perpetuano la tradizione del vino, distinguendosi per inventiva e qualità, con
specialità come Le Non Filtré, a base di Chasselas, creato nel 1974 per ovviare alla penuria di vino bianco e diventato un cult. Il vitigno rosso più coltivato a Neuchâtel e Berna è il Pinot Nero che produce ottimi vini rossi e il famoso Oeil de Perdrix, un vino rosato ne e fruttato creato a Neuchâtel. Per scoprire il fascino dei vigneti di Neuchâtel da Vaumarcus a Le Landeron, si possono seguire le indicazioni stradali ‘Route du Vignoble’.
Svizzera tedesca. L’insieme di 17 cantoni viticoli della Svizzera tedesca suddivide i suoi vigneti in tre regioni: occidentale con Basilea e Argovia, centrale con Zurigo, Sciaffusa e Turgovia, orientale con i Grigioni e San Gallo. Un quarto è piantato a Pinot Nero (localmente chiamato Blauburgunder) che produce stupefacenti vini dalle molte sfaccettature. In generale, sono i rossi a dominare i due terzi della produzione.
Con 608 ettari e circa 600 viticoltori, il Canton Zurigo è la regione vitivinicola più importante. Non si produce solo nel
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© Switzerland Tourism / Photo Roman Burri
Swiss Wine
Weinland (regione vinicola) a nord del cantone, attorno a Winterthur, ma anche sulle sponde del Lago di Zurigo e nel cuore della città, o addirittura sull’Isola di Ufenau, dove si trovano uve dell’Abbazia di Einsiedeln, lavorate nella sua cantina realizzata già nel 1704. Dal 3 al 7 novembre si svolgerà Expovina autunno, era su 12 battelli attraccati alla Bürkliplatz.
Nota per le mele e le fragole, la Turgovia, fra gli ultimi cantoni agricoli, si distingue nella produzione di bianchi: un tempo chiamati Riesling x Sylvaner, ora Müller-Thurgau, dal loro ‘inventore’ Hermann Müller-Thurgau di Tägerwilen, primo direttore dell’istituto agricolo sperimentale di Wädenswil, soprattutto il Sauvignon Blanc e il Grüner Veltliner.
Il sentiero del vino che attraversa la cittadina di Weinfelden, sede di alcuni dei migliori viticoltori della Turgovia, passando per i vigneti e le varie cantine costeggia il versante meridionale dell’Ottenberg con una splendida vista sulla valle della Thur e sulle Alpi.
Il Cantone di Sciaffusa conta circa 480 ettari di vigne, il Pinot Nero ne costituisce circa l’80%. Questo nobile vitigno della Borgogna qui trova le condizioni ideali per svilupparsi e prosperare: un suolo calcare ricco di nutrimenti e un clima secco e temperato. Hallau, il più grande comune viticolo della Svizzera tedesca, ne è la capitale; il Klettgau, che condivide una lunga frontiera con la Germania, ne è la regione di riferimento con quasi 400 ettari vignati. Ne restano invece solo 7 a Sciaffusa, che alla ne del Medioevo,
grazie alla sua posizione strategica vicina alla cascate del Reno, era il centro delle attività viticole della Svizzera orientale.
Al terzo posto per super cie coltivata si colloca il Cantone dei Grigioni, con 400 ettari, pochi rispetto alla grande super cie della regione. Ha la particolarità di coltivare vigneti su entrambi i versanti delle Alpi, nel Rheintal tra Fläsch e Bonaduz e nella Valle della Moesa tra Verdabbio e San Vittore nel Misox, al con ne con il Ticino. Il primo è il regno del Borgogna: il Blauburgunder è sinonimo di vini rurali tradizionali, il Pinot Noir di vini più corposi, che vengono maturati in barrique. Il “Churer Schiller” è un’altra specialità locale, rosso molto chiaro: il Pinot Nero deve essere predominante e provenire dalla stessa parcella delle uve bianche che lo af ancano. A sud, prevale il Merlot. D’altronde siamo vicini al Ticino che ne è la patria svizzera, selezionato a inizio Novecento per rimediare alla devastazione causata dalla llossera. Con pieno successo: oggi i suoi merlot d’eccellenza tengono bene il passo a livello internazionale.
I Musei del Vino . Zurigo, Argovia, Sciaffusa, Coira, … tutti hanno il loro museo del vino. Quello di Bienne è in una delle case più belle in riva al lago; a Ittingen invece si situa nel complesso del monastero della certosa. Il Museo Vallesano della Vigna e del Vino descrive l’evoluzione della viticoltura regionale. A Ermatingen, nel Canton Turgovia, la maestosa casa padronale della famiglia Ammann, viticoltori e commercianti di
La Wein Weg, itinerario cicloturistico di due giorni alla scoperta dei vini della Svizzera orientale, da Sciaffusa attraverso la regione vinicola zurighese fino a San Gallo. Sul percorso, oltre ai numerosi produttori che aprono le loro cantine, anche la Certosa di Ittingen, antico monastero, offre una pausa ‘spirituale’, con eccellenti vini locali.
vino, oggi trasformata in museo, presenta nell’ex scuderia di cavalli la storia della viticoltura dell’Untersee e la movimentata storia della regione.
Il Musée de la vigne, du vin, de l’étiquette dello Château d’Aigle è un must per tutti i viaggi enoturistici, situato nel cuore dei vigneti vodesi, in una fortezza del XII secolo costruita dai Savoia per sorvegliare la valle del Rodano e i passi verso Berna. Fondato dalla Confrérie du Guillon per salvare il patrimonio vitivinicolo in via di estinzione, riunisce strumenti, presse, alambicchi, botti, bottiglie, tappi, cavatappi, bicchieri e caraffe, con oltre mille etichette originali, affronta i temi di paesaggio, biodiversità, educazione al gusto, economia, compresa l’arte della celebrazione dei viticoltori e della vendemmia.
Ma il progetto più particolare è Les Celliers de Sion, un centro unico nel suo genere in Svizzera, insignito nel 2018 del premio svizzero dell’enoturismo. Nato dall’unione fra la Maison de Bonvin, la più antica azienda vinicola del Vallese, del 1858, che mette in evidenza i suoi domini e i suoi terroir, e della Maison Varone, che ha optato per una scoperta più sensoriale del vino. L’ambizione del loro Oenoparc è quella di sviluppare le competenze enoturistiche e di creare le condizioni ideali per un incontro tra consumatori curiosi ed esigenti, con vini di carattere prodotti in un paesaggio eccezionale e unico. Ad esempio, con la degustazione al buio, bendati, si imparano a usare i sensi in un nuovo modo. È ospitata da un’architettura innovativa, con un guscio in acciaio che evoca il tino e si integra alla perfezione nel paesaggio. Come i vigneti hanno sempre fatto e continuano a fare anche in quest’epoca tecnologica dove nessun ambiente arti ciale può replicare l’alchimia tutta concreta e terrestre fra vitigni e terroir.
Mirta Francesconi
122 · TM Ottobre 2022
@Thurgau Bodensee
Belle e dinamiche
Anche se il trend attuale punta sempre più verso l’elettrificato e il segmento Suv, qualche coupé sportiva con un poderoso ma efficiente motore 6 cilindri sopravvive e scalpita…
Bmw M240i xDrive Coupé
La più potente delle Bmw Serie 2 Coupé è la M240i xDrive, che grazie alla trazione integrale e motore 6 cilindri da 374 cavalli offre performance da vera sportiva come ci si può attendere da una coupé ad alte prestazioni, non solo grazie all’esuberanza del motore che brucia lo 0 a 100 km/h in poco più di 4 secondi. L’ottima aerodinamica permette un Cx di soli 0,26. Di serie monta un differenziale di impostazione sportiva mentre è in opzione l’assetto adattivo, disponibile solo sulla M Performance. Offre diverse modalità di utilizzo, ma rimane sempre affidabile soprattutto con i controlli inseriti e la gestione della trazione integrale che favorisce le ruote posteriori. Mettendo fuori gioco l’Esp, si sente la coppia motrice sugli pneumatici posteriori, con sovrasterzi di potenza che non è facile ottenere con auto a trazione integrale. Pur non essendo leggerissima, la M240i è maneggevole anche nel misto stretto, aiutata da pronte risposte dello sterzo, rimanendo
sempre stabile e ben piantata per strada. Sicuramente molti appassionati Bmw si interrogheranno sul perché di quest’ennesimo cambio di direzione nel design. Questa nuova Serie2 è, a tutti gli effetti una nuova generazione - la seconda a essere precisi - ma stilisticamente segue una strada tutta sua, dato che diverge sia da quella tracciata dalla precedente generazione sia da quella dei modelli più recenti con il grande doppio rene frontale. Il design mantiene le stesse proporzioni visive della precedente generazione con linea da coupé, cofano lungo contrapposto alla coda rastremata e sbalzo ridotto. Davanti, la doppia griglia è stata assottigliata e allungata, e le forme in generale sono muscolose e decise, soprattutto nella parte bassa laterale con nuove prese d’aria di forma triangolare. Dietro, un’importante nervatura orizzontale taglia in due il portellone del bagagliaio unendosi ai lati ai fari, con la firma luminosa che, curiosità, riprende nella forma i passaruota bombati. Le misure sono cresciute in tutte
le dimensioni, lunga 4 metri e 53 (+10 cm), larga 1,83 (+6 cm) ma meno alta di 3 cm con 1 metro e 39, anche il passo è cresciuto di 5 cm.
La M240i, inoltre, è più ‘cattiva’, con careggiate allargate di 6,3 cm davanti e di 3,1 dietro. L’impostazione interna è quella delle Bmw di ultima generazione, con strumentazione digitale da 12,3” dietro il volante e lo schermo dell’infotainment da 10,25” al vertice della consolle centrale. Il sistema è integrabile con Apple CarPlay, Android Auto e Amazon Alexa e aggiornabile Over The Air. Prezzo da 69.950.- franchi.
124 · TM Ottobre 2022
società/auto
Bmw M240i xDrive Coupé
Volkswagen Taigo
Con la Taigo, anche la Volkswagen entra nel settore dei Crossover Coupé compatti. Molto slanciata e muscolosa quanto basta, con una filante coda, ha un aspetto davvero sportivo. La collaudata meccanica è condivisa con la Polo. I motori sono solo a benzina con il tre cilindri da 1 litro con 95 o 110 cavalli e il 1.5 da 150 cavalli, quest’ultima solo con cambio robotizzato a doppia frizione Dsg, offerto in opzione anche per il 1.0 da 110 cavalli. La trazione è sempre anteriore.
L’allestimento R-Line della nostra Testcar è più sportivo con paraurti più aggressivi e sedili avvolgenti, cerchi 17’’ e strumentazione virtuale di 10,3 pollici. L’ampio portellone offre un facile accesso al baule con vano a forma regolare ben sfruttabile. Il cambio a doppia frizione Dsg e i 110 cavalli del 1.0 a benzina della nostra
Volkswagen Taigo 1.0 Tsi R-Line sono davvero briosi e si possono inserire i sette rapporti anche manualmente grazie alle levette dietro il volante. La fluidità della trasmissione induce anche ad andature rilassate, dove si apprezza l’efficace insonorizzazione dell’abitacolo. Valido anche l’assetto con un convincente equilibrio fra agilità e assorbimento delle sconnessioni dell’asfalto.Tra le curve con la Volkswagen Taigo ci si può davvero divertire grazie anche alla precisione dello sterzo sportivo ma leggero nelle manovre a bassa velocità.
Il selettore delle modalità di guida permette di personalizzare la risposta dinamica dell’auto tra normale, eco e sport. Bene i freni che, nel test su strade collinari affrontate con una guida sportiva non
hanno mai dato segni di affaticamento. Prezzo da 39.900.- franchi.
Volvo XC60 T8 Recharge eAwd R Design
Cavallo di battaglia del marchio svedese, la XC60 è la Volvo più venduta a livello globale. Abbiamo provato la nuova versione Facelift, con griglia e paraurti rinnovati, carrozzeria più accattivante e grossi cerchi in lega. Le nuove versioni Recharge sono ibride plug-in top di gamma e regalano parecchia verve. La T8 a trazione integrale beneficia di 30 cavalli in più dal sistema elettrificato, grazie a un motore elettrico più prestante da 145 kW, arrivando a quota 350 kW. Ma soprattutto gode di un incremento della capacità della batteria che permette più km in modalità puramente elettrica. In particolare, l’allestimento R Design, come da nostra Testcar, appare molto prestigioso con poderosi cerchi da 21 pollici, sospensioni pneumatiche con telaio a controllo at-
tivo, pacchetto Lounge con spettacolare impianto audio Premium Sound Bowers & Wilkins da 15 altoparlanti. Con oltre 400 cavalli è sempre pronta nello scatto, soprattutto in ripresa esibisce una ripresa quasi da elettrica pura. L’ibrido ricaricabile spinge davvero forte e offre un ottimo assetto, grazie alle sospensioni pneumatiche, impostabili su Comfort, Sport e Advanced. La batteria con un aumento di capacità dell’80% eleva la percorrenza media in elettrico fino a 80 km a zero emissioni. Aiuta molto nei primi 150/200 km, con consumo sotto i 2 litri se si sfrutta la prolusione ibrida. Una volta terminata la batteria, si torna a consumi più consoni a un duemila benzina. Importante è rabboccare di elettricità il più spesso possibile. Solo in tal modo, la XC60 T8 Recharge può essere davvero funzionale e piacevole: il segreto sta proprio nel nome della versione. Prezzo da 79.950.- franchi.
Ottobre 2022 TM · 125
Claus Winterhalter
Volkswagen Taigo R-Line
Volvo XC60 T8 Recharge eAwd
Le news mensili di Ticino Management per creare affari businesstobusiness
Nozze in casa Pini Aziende
Aria nuova in Banca Migros
servizio nonché nella digitalizzazione, ivi compreso l’impiego strategico degli Advanced Analytics».
Il primo ottobre si è insediata in Banca Migros la nuova responsabile Strategy & Innovation, che d’ora in poi riferirà direttamente al Ceo, Manuel Kunzelmann, il quale saluta la notizia: «Sono lieto che Alice Bischoff (in foto) si sia unita alle nostre fila, abbiamo acquisito un giovane talento, ma soprattutto un’esperta, che vanta una pluriennale esperienza nella trasformazione dei processi di vendita, nella progettazione di modelli di
Dalla sua nuova manager ha esperienze importanti, dal 2004 è stata infatti in Ubs, ricoprendo diverse funzioni dirigenziali, dall’Head Sales Management, all’Head Sales Transformation & Digitization, prima di essere incaricata di progettare per il settore Coo l’utilizzo degli Advanced Analytics, per la Svizzera.
«Al centro della nostra strategia restano tre priorità strategiche fondamentali: ampliamento del raggio d’azione, rafforzamento del Core Business, e la creazione di nuovi vantaggi per la clientela», conclude il Ceo.
La nota società svizzera specializzata in ingegneria, e con alle spalle oltre 70 anni di esperienza sul campo, locale e internazionale, ha acquisito l’italiana Geodata, nata a Torino nel 1984 e attiva in oltre venti Paesi, con importanti succursali in Italia, Algeria, Argentina, Australia, Brasile, India, Grecia, Nepal, Turchia... un buon mix tra Paesi avanzati, ed emergenti. . Grazie all’operazione Pini Group supererà la soglia dei 700 collaboratori, rafforzando la propria posizione di leader nei servizi di progettazione, direzione lavori, e consolutenza, piantando solide radici anche nel mercato italiano. Geodata dalle sua poteva infatti già contare su oltre 250 collaboratori, equamente
distribuiti nelle venti sedi, tra cui la storica Torino. Un modo per Pini di riaffermare la sua leadership di settore, conquistata negli ultimi anni a suon di opere: oltre 4mila sono i Km di gallerie, e 3500 i progetti in giro nel mondo, tra metropolitane, ferrovie tradizionali, e ad alta velocità, ma anche strade, autostrade, dighe e impianti idroelettrici.
Per informazioni: www.pini.group
Guess alla conquista della Gen Z
Al via la terza edizione del workshop di approfondimento Guess Gen Z Lab 2022, che vedrà la partecipazione di studenti provenienti dall’Amd di Monaco, dall’Ifa di Parigi, dall’Università Kozminski di Varsavia, dall’Mfi di Manchester, e dalle Ied di Milano e Barcellona.
Per informazioni: www.bancamigros.ch
Obiettivo del progetto rafforzare la relazione del marchio con le più giovani generazioni, con un coinvolgimento diretto e un dialogo costante con studenti che al termine degli studi potrebbero dimostrarsi interessati a restare nel settore. «I precedenti Gen Z
Labs ci hanno permesso di comprendere meglio questa generazione, saldamente ancora al digitale e ai social, e ottenere da questa un prezioso feedback, utile a co-creare prodotti a loro destinati», nota Paul Marciano, Cco di Guess.
Per informazioni: www.guess.eu
126 · TM Ottobre 2022
sommario 126 Aziende 126 Nuove nomine in casa Banca Migros 126 Pini Group si espande, e guarda all’Italia 126 Guess scommette sulla Generazione Z 127 La dinastia Vontobel 128 Società 128 Cambiamenti di successione, ma cosa accade? 130 Ascona saluta un nuovo promettente hotel 130 Nuove alleanze in casa Gübelin.
Aziende
Aziende
Una storia di famiglia, con radici svizzere
Rinomata investment house a livello mondiale, oggi Bank Vontobel Ag è guidata dalla quarta generazione di Vontobel. Duemila i dipendenti e ventisei le sedi, di cui due in Ticino.
Molte delle eccellenze che lo Swiss Made esprime in ogni settore, hanno un tratto in comune: sono aziende familiari, il cui punto di forza risiede appunto nella continuità generazionale. Imprese che competono e vincono sulla scena internazionale, proprio perché fortemente motivate nonché sospinte da valori maturati nel tempo, divenuti sempre più profondi col succedersi delle generazioni. È il caso di Bank Vontobel Ag, un’azienda di investimenti - attiva a livello mondiale ma con solide radici svizzere - specializzata nella gestione patrimoniale, nell’asset management attivo e nelle soluzioni d’investimento.
Si tratta di una realtà familiare, giunta alla quarta generazione, che ha saputo superare le diverse contingenze, anche quelle derivanti da guerre, crisi economiche e stravolgimenti epocali, portando il Gruppo Vontobel a contare duemila dipendenti, un patrimonio gestito di 256 miliardi di franchi e ventisei sedi in tutto il mondo: due di queste sono in Ticino.
Per ripercorrerne la storia e conoscerne le sfide, attuali e future, abbiamo incontrato Stefano Sala, Head Southern Switzerland Bank Vontobel.
In che anno e da chi è stata fondata Bank Vontobel?
La società viene fondata nel 1924 a Zurigo, inizialmente come agenzia di borsa Haeberli & Co.
In seguito, con l’arrivo di Jakob Vontobel nel 1936, la società diventa Bank J. Vontobel & Co. Da allora il nome
di famiglia l’ha sempre connotata.
Oggi, a distanza di quasi un secolo dalla fondazione della banca e di 36 anni dalla sua quotazione in Borsa, i membri della famiglia Vontobel sono ancora presenti nell’azionariato?
La famiglia Vontobel e la fondazione omonima detengono la maggioranza delle azioni e dei diritti di voto. Attualmente, nel consiglio d’amministrazione siedono due membri della famiglia: Maja Baumann e Björn Wettergren.
Il fatto di essere una banca a connotazione familiare, quanto ha inciso sulla cultura aziendale e sul modello organizzativo di Vontobel?
A mio parere ha influito molto. La nostra cultura aziendale si basa sull’attenzione ai bisogni e alla crescita delle persone, sul dialogo e sui valori condivisi. Ownership a tutti i livelli, proprio come in una famiglia in cui ognuno ha le proprie responsabilità.
Veniamo alle sfere di competenza di Vontobel. Se non erro, il vostro core business è da sempre rappresentato dall’Asset Management…
Presenza locale e portata globale sono la chiave per fornire - ai nostri clienti, partner istituzionali e intermediari - un servizio di prima qualità. Le nostre indipendenti boutique d’investimento si distinguono per le loro strategie specializzate, rispettivamente in azioni, reddito fisso e multi-asset.
Nel complesso, gestiamo un patrimonio di 143.6 miliardi di franchi.
Nel corso degli anni, l’attività di Vontobel ha conosciuto una crescente diversificazione, tant’è che oggi siete attivi in ulteriori ambiti della consulenza bancaria… Sì, negli ultimi anni il settore del Wealth Management ha rappresentato per noi un mercato in rapida espansione, sia in Svizzera che all’estero. In Ticino siamo attivi in questo settore dal 2015 con la filiale di Lugano, alla quale nel 2018 si è aggiunta quella di Locarno.
Un altro ambito nel quale abbiamo investito è quello del Digital Investing, che ha visto il lancio di prodotti come Volt: un’app di Private Banking che combina la solidità e l’esperienza di Vontobel, la conoscenza di 300 esperti di investimenti e una consulenza personalizzata.
Nonostante la situazione politico-economica non sia semplice, guardiamo al futuro con grande fiducia, convinti che - per uscire dalle tempeste - servano strategia, impegno e professionalità. Desideriamo dare risalto alla sostenibilità, tema prioritario di Vontobel già da 25 anni, e alla possibilità di accedere ad ulteriori mercati esteri.
Altrettanto progressiva è stata l’espansione di Vontobel al di fuori della Svizzera: possiamo dire che l’istituto ha ormai raggiunto una dimensione globale?
Sì, la nostra è diventata una investment house di respiro
internazionale ma sempre solidamente radicata in Svizzera. Tra i nostri mercati di riferimento citerei gli Stati Uniti - dove abbiamo da poco completato l’acquisizione di UBS Swiss Financial Advisers, allo scopo di aumentare la nostra attività di gestione patrimoniale per i clienti statunitensi - ma anche la Germania e l’Italia. Nel 2020, in piena pandemia e in controtendenza rispetto alle altre banche svizzere, abbiamo creato la Vontobel Wealth Management Sim, attiva nella gestione patrimoniale sul territorio italiano.
Per informazioni: www.vontobel.com
www.aitiservizi.ch
simona.galli@aitiservizi.ch
Ottobre 2022 TM · 127 Aziende
businesstobusiness
Stefano Sala, Head Southern Switzerland Bank Vontobel Ag.
Revisione del diritto successorio, cosa accadrà ai testamenti attuali?
Il Consiglio federale ha elaborato un nuovo diritto successorio svizzero, per rispecchiare meglio i bisogni della società attuale. Ma cosa accadrà ai testamenti redatti prima? Quali problemi si celano dietro questa revisione?
La revisione del diritto successorio svizzero entrerà in vigore il prossimo 1 gennaio. Uno degli obiettivi principali è aumentare la porzione disponibile del testatore riducendo le porzioni legittime degli eredi, che in seguito a un decesso si suddividono per legge il patrimonio del defunto. La revisione non cambierà le regole secondo le quali la successione viene devoluta nel caso in cui il defunto non abbia redatto una disposizione testamentaria. Quello che verrà modificato sono le porzioni legittime che entrano in considerazione solamente se una persona ha scritto una disposizione a causa di morte. Nessuno, infatti, è completamente libero di disporre sul proprio patrimonio: una frazione di eredità va obbligatoriamente a determinati familiari (porzione legittima). Il testatore può disporre invece liberamente del rimanente, chiamato porzione disponibile (art. 470 CC).
Con la revisione, i discendenti avranno una porzione legittima pari alla metà della loro quota ereditaria legale, invece dei tre quarti attuali (art. 471 CC), mentre quella dei genitori attualmente di un mezzo verrà abolita completamente. Ciò permetterà al testatore di disporre di una parte più ampia del suo patrimonio.
Non mancano però le critiche alla revisione, soprattutto le inesistenti disposizioni transitorie speciali risultano problematiche. Di solito, infatti, nel caso di revisioni, sono previste disposizioni
transitorie per permettere un passaggio dal vecchio al nuovo diritto senza troppe difficoltà. In questo caso però a decidere sull’applicazione del vecchio o nuovo diritto successorio nel singolo caso sarà il momento della morte del defunto: se avviene prima dell’entrata in vigore della nuova legge si applicherà il diritto successorio vecchio, in caso contrario quello nuovo. Questo permette una rapida implementazione delle nuove disposizioni più liberali. Così però si pone il seguente problema: nel caso in cui una persona muoia quando è in vigore il nuovo diritto successorio, cosa succede a un testamento scritto prima? Chiunque abbia già fatto una disposizione testamentaria lo ha fatto basandosi sul diritto successorio applicabile (attuale). Il cambiamento della legge senza disposizioni transitorie speciali porterà prevedibilmente a incertezze e conflitti nell’interpretazione dei testamenti. Di seguito alcuni esempi.
Se una persona nel suo testamento ha scritto che i discendenti riceveranno solamente la porzione legittima, probabilmente pensava agli attuali tre quarti della quota ereditaria legale e non alla metà come previsto dalla nuova legge. Sarà quindi questione di interpretazione se assegnare la metà o i tre quarti della quota ereditaria legale.
Senza disposizioni transitorie speciali viene inoltre violato il principio della certezza del diritto, secondo il quale il
diritto deve avere un’applicazione prevedibile per ogni cittadino.
Infine, i testatori attuali potranno (o meglio dovranno), come dice il Messaggio del Consiglio federale, rivedere i propri testamenti e adeguarli alla nuova legge, affinché rispecchino la loro volontà. Questo però non può essere preteso dai cittadini e, in alcuni casi, non è nemmeno possibile. Il testatore potrebbe infatti non essere più capace di discernimento (requisito necessario per poter disporre) a causa, ad esempio, di una malattia da demenza. Inoltre, il testatore potrebbe non venire a conoscenza della necessità di adeguamento.
È consigliabile quindi cercare di eliminare equivoci attraverso una chiara formulazione nel testamento. Le disposizioni della nuova legge devono essere perciò prese in considerazione e incluse nella pianificazione successoria di
oggi. Ma come? Se un testatore oggi decide di ridurre alla porzione legittima il figlio senza indicare esattamente la quota di tre quarti e poi muore sotto la nuova legge, si applicherà automaticamente la nuova porzione legittima di un mezzo. Se quindi si desidera che la porzione legittima del figlio rimanga tre quarti, allora andrebbe specificato esplicitamente nel testamento, scrivendo che tale quota deve valere anche se la porzione legittima sarà ridotta. Sarebbe inoltre importante scrivere nel testamento cosa si desidera accada al proprio patrimonio se la porzione disponibile aumenterà in seguito all’entrata in vigore del nuovo diritto successorio. In breve, è consigliato assegnare nei testamenti di oggi quote specifiche senza menzionare la parola “porzione legittima” (per evitare equivoci) o scrivere chiaramente che la vecchia legge riguardo la divisione ereditaria deve continuare a essere applicata al proprio testamento.
Se indiscussa è la necessità di una revisione per adattare il nostro diritto successorio alle circostanze moderne; auspicabili sarebbero però state delle disposizioni transitorie speciali. In assenza di esse bisogna chiarire attuali testamenti in merito alla futura legge.
Per informazioni: www.giovanigiuristi.ch
128 · TM Ottobre 2022 Società
businesstobusiness
MLaw Sissy Sciolli, membro del Circolo Giovani Giuristi Zurigo.
PER UN MAGGIORE IMPATTO, PER UN MONDO DEL LAVORO SOSTENIBILE.
Dal 1893, Swiss Leaders (già ASQ Associazione Svizzera dei Quadri) ha per missione quella di salvaguardare gli interessi dei suoi membri e sostenerli nel loro percorso di carriera professionale ll mondo del lavoro sta subendo profondi cambiamenti: flessibilità, digitalizzazione, nuovi modi di prendere decisioni e di operare, crescente diversità e sostenibilità: oggi si tratta di mobilitare tutte le energie, innovare, riunire e far crescere tutte le idee.
Nel segno della tradizione e del continuo cambiamento, per affrontare nuove sfide, Swiss Leaders sostiene e accompagna i leader nel loro sviluppo professionale, dalla formazione continua certificata al sostegno legale a garanzia dei propri diritti.
segretariato@asqticino.ch +41 91 976 02 55
https://swissleaders.ch
Si torna a tagliar nastri ad Ascona
Ad Ascona è tempo di tornare a tagliare nastri, salutando quella che almeno per il momento sembra l’uscita da un biennio irto di difficoltà, legate all’iterata emergenza pandemica.
All’inaugurazione dello Charme Hotel al Torchio, al termine di oltre quattro anni di intense attività di ristrutturazione, non erano in pochi. È il frutto dell’impegno dei fratelli Nessi, Piergiorgio e Claudio, che si sono posti quale nuova sfida il recuperare e dare nuovo lustro a una struttura medievale, perfettamente inserita nel borgo. «Sono nati dal nulla ben 22 nuovi posti di lavoro, e come primo impegno ci siamo posti quello di rimanere aperti tutto l’anno, a eccezione dei mesi di gennaio e febbraio», afferma Piergiorgio Nessi, il titolare.
Gübelin resta a Lucerna
Quella che ha alle spalle la struttura non è una storia banale. Ancora nell’Ottocento tra le stesse mura si era accasata un’importante fabbrica di cappelli, in seguito un pastificio, e dagli anni Trenta del secolo scorso l’Osteria Sasselli, ancora nei ricordi di molti. Ora tra quelle stesse mura ha preso vita un nuovo hotel quattro stelle, che farà di questa storia e del legame con il suo territorio uno dei principali punti di forza. «Il progetto, ideato da Stefano Pelfini, è al momento costato circa 5 milioni di franchi, ma un grosso ringraziamento va al Cantone, che ci è stato vicino, sussidiandoci», conclude Nessi.
Per informazioni: www.torchioascona.ch
Apre a Lucerna la prima boutique TimeVallée svizzera, un flagship store che è frutto della recente collaborazione nata tra i due importanti marchi. Questo costituisce il primo tassello un’innovativa destinazione commerciale che nell’arco dei prossimi anni farà molto parlare di sè. Al centro dell’esperienza del cliente un viaggio emozionante tra le più rinomate e note case di orologi e gioielli. «Questo primo flagship store TimeVallée in Svizzera rappresenta una nuova ed entusiasmante destinazione per gli appassionati del lusso, e più nello specifico gli intenditori di orologi di prestigio nella più famosa zona di Lucerna. E siamo più che lieti di affrontare questa nuova sfida con il supporto della celebre Mai-
son Gübelin», ha affermato Michael Guenoun, Ceo di TimeVallée.
Partnership salutata altrettanto calorosamente dallo stesso omonimo Presidente della Maison orologiera, Raphael Gübelin: «La nostra collaborazione con TimeVallée ampia e diversifica la nostra Maison, offrendo un’ampia gamma di marchi a Lucerna. Siamo convinti che questo approccio internazionale, il concept innovativo, il desing interno di alta qualità e soluzioni digitali siano perfettamente in linea con la nostra immagine e le nostre attività, oltre a riaffermare il nostro affetto verso Lucerna».
Per informazioni: www.gubelin.com
130 · TM Ottobre 2022 Editore Eidos Swiss Media Sagl • Via Lavizzari 4 - 6900 Lugano • info@eidosmedia.ch Redazione Via Lavizzari 4 - 6900 Lugano • Tel. 091 735 70 00 • redazione@eidosmedia.ch Pubblicità Tel. 091 735 70 00 · pubblicita@eidosmedia.ch Abbonamenti Annuo franchi 100.- (9 numeri) • Estero: supplemento postale • Tel. 0041 91 735 70 00 • abbonamenti@eidosmedia.ch www.eidosmedia.ch businesstobusiness
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Vi aspettiamo nelle nostre sedi di Lugano e di Locarno.
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