Ticino Management: Luglio 2022

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Swiss Money Management N. 7 Luglio 2022 www.ticinomanagement.ch Estero: Ume 8 euro, Anno XXXIV n. 7 • Luglio 2022 Gran Bretagna Lgs. 5,00, Usa $ 5,50 Svizzera Fr. 9.Aziende Premiare il binomio: tradizione e innovazione Economia Festival, se i consumi si fanno mediatici Finanza La soluzione è anche nei Privati Design speciale nuove collezioni Lilas Mosaïque (Studio Dainelli, 2022) Demografia Una vita in vacanza Demografia Una vita in vacanza Arredo Le novità del Salone Turismo L’energia è centrale Arte Nel segno di Basilea Arte Nel segno di Basilea Turismo L’energia è centrale Arredo Le novità del Salone Economia Aziende Finanza
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Eleonora Valli evalli@eidosmedia.ch

Hanno collaborato a questo numero

Ettore Accenti, Achille Barni, Ignazio Bonoli, Yves De Giorgi, Stefano Gagliardi, Carlo Hildenbrand, Angela Mollisi, David Mülchi, Stelio Pesciallo, Gianluigi Piazzini, Luca Trisconi

Progetto e coordinamento grafico grafica@eidosmedia.ch

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Chiusura redazionale: 5 luglio 2022

Fondato nel 1989 da Valerio De Giorgi

ISSN 1664-3798

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sommario luglio 2022

Cover Story p. 28

Una vita... in vacanza

Nonostante i modelli previdenziali siano spesso sensibilmente diversi di Paese in Paese, condividono quasi tutti i medesimi nodi ancora tutti da sciogliere: demografia e speranza di vita in costante aumento. Come uscire dallo stallo?

Opinioni

16 Ettore Accenti (in foto). Risposte alla crisi energetica potrebbero arrivare, si tratta di aspettare il 2035!

18 Stelio Pesciallo. Le misure adottate da Berna mettono in discussione l’identità stessa della Svizzera?

20 Ignazio Bonoli. A livello elettrico la situazione appare ancora sotto controllo, diversamente dai mercati di gas e petrolio.

22 Gianluigi Piazzini. L’inventario federale degli insediamenti svizzeri a cosa potrebbe portare?

24 Luca Trisconi. Le zone d’ombra nella tutela del segreto professionale di un avvocato continuano a rimanere.

26 Carlo Hildenbrand. Il settore delle telecomunicazioni sta cambiando, a spingere le nuove tecnologie.

Economia

42 Testimonianze. Arco a Madrid e la Biennale a Venezia sono un’occasione per riflettere su nuove tendenze del mercato dell’arte.

44 Digital. L’emergere e l’evolversi delle nuove tecnologie sta cambiando il modo di vivere di tutte le società avanzate, e non solo. Ma sono davvero tutti progressi?

Da sinistra, Fabrizio Ammirati, Vicedirettore di Banca del Ceresio, Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management, Thomas Bamert, Wealth Planner di Julius Baer, e Sergio Rossi, Professore dell’Università di Friburgo.

Osservatorio

77 Sfama. I risultati dell’industria svizzera dei fondi

78 Derivati. Monetizzare la volatilità è ancora possibile.

80 Commodity . I metalli rari svolgeranno un ruolo chiave nei prossimi anni.

84 Tematici (Victoria Leggett, in foto). Le molte opportunità del settore agroalimentare non devono essere perse di vista, il valore c’è, bisogna solo saperlo cogliere.

87 Strategie. A patto di saper scegliere l’azionario resta la strada maestra, nonostante un contesto difficile.

90 Asia. Il Giappone rimane un caso di studio, e presto qualcosa potrebbe infine venire allo scoperto

92 Strategie. Generare reddito ma con un approccio prudente? Certo, strumenti derivati liquidi.

52 Management. Anche il mondo del lavoro, pubblico e privato, inizia a interessarsi a un approccio integrato, articolato e sistematico per gestire salute e benessere in azienda.

58 Premi. Nell’arco di un ventennio lo Swiss Venture Club è diventato un punto di riferimento nazionale per le Pmi, favorendone lo sviluppo e promuovendone il dialogo con la società e le istituzioni.

Finanza

68 Analisi. Le Pmi del Vallese stanno uscendo dall’emergenza pandemica con nuova voglia di dar buona prova di sé. All’orizzonte molte incognite, ma nuove opportunità.

86 Obbligazionario. Le convertibili restano il canale privilegiato e consigliabile per il finanziamento delle imprese medio-piccole.

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75 anni, e non sentirli? p. 48

Il Festival si interroga su quale possa essere il suo futuro nell’era delle piattaforme. Quali saranno le nuove opportunità della rete?

Raphäel Brunschwig, Managing Director del Festival di Locarno.

Premiare la tradizione

Sei storie imprenditoriali in cui la tradizione è stata declinata con successo anche in innovazione.

James Mossi, Ceo di Tecnomec e vincitore del Prix Svc Svizzera italiana 2022.

p. 60

Privati ma accessibili p. 70

Una FinTech statunitense sta conquistando l’Europa; alla base del suo successo tecnologia e istruzione. Ma cosa vogliono gli investitori?

Marco Bizzozero, Head of International di iCapital.

88 Obbligazionario. Quali saranno i nuovi equilibri del mercato del credito nell’attuale fase di cambiamento non è chiaro. Cosa fare?

89 Commento. Prosegue il conflitto in Europa orientale, ma i mal di pancia non mancano a Washington. Cosa ne sarà del dollaro?

94 Tematici . Le sette fatiche di Pechino per soddisfare il proprio fabbisogno energetico.

Arredo d’Arte

Le novità del Salone del Mobile.Milano tra forme organiche e materiali originali. Il design apre la via a nuovi stili di vita e si fa sostenibile.

Maria Porro, Presidente del Salone del Mobile.Milano.

p. 99

Nel segno di Basilea p. 118

La grande Arte dispiega le proprie ali sulla capitale del farmaco. Tornata in presenza, la più influente fiera del mercato internazionale ha battezzato un’estate di grandi mostre. Un celebre ritratto di El Greco.

Turismo p. 130

Le centrali idroelettriche sono uno degli atout della Svizzera, monumenti che sfidano ingegneria e tecnica. L’imponente Grande Dixence, nel Vallese.

Cultura e Società

96 Comunicazione. Le radici delle storie imprenditoriali di maggior successo, che ancora stupiscono, affondano nella grande tradizione. Qual è l’ingrediente magico?

124 Mostre. Riscoprire Renato Ballerini: artista poliedrico ravennate di nascita, ma luganese di adozione, ha saputo ritagliarsi un suo spazio.

138 Territorio. I primi 50 anni di Ticino Turismo come occasione per raccontare una lunga storia di viaggi e ospitalità.

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Appuntamenti
Lac 144 Auto 146 Business
Rubriche 12
126
© Beat Schweizer © Photo by Sfelab © Grande Dixence SA – Photos : Michel Martinez

Milano I Marmi Torlonia Collezionare Capolavori

Novantasei marmi della Collezione Torlonia, la più importante raccolta privata di statuaria classica, in una grande esposizione che, con cinque nuove opere restaurate, inaugura il programma espositivo mondiale della Collezione, dopo il successo dell’inaugurazione romana, di un tour ospitato da importanti musei internazionali.

Ad accogliere i visitatori di questa prima tappa, presso le Gallerie d’Italia in Piazza Scala a Milano, museo di Intesa

Sanpaolo, il maestoso sarcofago consolare dalla via Ardeatina, con un gruppo di togati romani, insieme al colossale Dace prigioniero simile agli esemplari del Foro di Traiano, accanto ai ritratti di Domiziano e di Antinoo, recentemente restaurati, parte della celebre galleria dei 122 busti della Collezione. Il percorso della mostra termina con una sezione interamente dedicata ai restauri dove l’Ercole composto da 112 pezzi, già esposto a Roma, dialoga con la scultura della Leda con il cigno: in entrambe le opere sono individuabili diverse fasi dell’intervento di pulitura, per

A sinistra, un dettaglio del Nilo Torlonia, già Barberini-Albani, una delle sculture in marmo colorato della splendida Collezione Torlonia, la più importante raccolta privata di statuaria classica. Il tour mondiale fa tappa quest’estate a Milano.

raccontare le sfide che deve affrontare il restauro contemporaneo.

Il progetto scientifico a cura di Salvatore Settis e Carlo Gasparri si dispiega in un percorso espositivo che mantenendo il fil rouge di una cronologia a ritroso sulla storia del collezionismo, mette in luce l’eccezionale rilevanza della storia del Museo Torlonia alla Lungara, fondato dal principe Alessandro Torlonia nel 1875. Le opere - busti, rilievi, statue, sarcofagi ed elementi decorativi - più di 620 pezzi descritti nel catalogo del Museo Torlonia di sculture antiche (188485) curato da Carlo Ludovico Visconti, il primo integralmente illustrato in fototipia - non sono solo insigni esempi di scultura antica, ma testimoni di uno spaccato altamente rappresentativo della storia del collezionismo di antichità in Roma dal XV al XIX secolo.

Collezione di collezioni, questa raccolta è l’esito di una lunga serie di acquisizioni e di alcuni significativi spostamenti di sculture fra le varie residenze della Famiglia rappresentando un processo culturale di fondamentale importanza in cui l’Italia e Roma hanno avuto un primato incontestabile.

Gallerie d’Italia - Milano

Ma-Do, 9.30-19.30; Gi 9.30-22.30

Fino al 18 settembre

Martigny

Henri Cartier-Bresson e la Fondation Pierre Gianadda Sono trascorsi cinquant’anni da quando l’indiscusso maestro della fotografia in bianco e nero Henri Cartier-Bresson incontrò l’allora giovane pittore Sam Szafran, che sarebbe divenuto famoso per i suoi acquerelli e pastelli dall’incredibile ricchezza cromatica. Mentre stava gradualmente abbandonando la sua Leica a favore delle matite, Henri gli chiese di diventare il suo mentore nello studio del disegno. Seguirono frequenti scambi e incontri tra loro e le loro famiglie. Henri

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appuntamenti
di Mirta Francesconi
© Fondazione Torlonia Foto Lorenzo De Masi.

Il celeberrimo scatto di Henri CartierBresson immortala Giacometti mentre colloca le sue sculture presso la Galerie Maeght a Parigi, nel 1961. Fa parte della straordinaria collezione che il pittore Sam Szafran costruì grazie ai regali del suo amico fotografo, donata alla Fondazione Gianadda.

Cartier-Bresson era solito regalare al suo ‘ami intense’ stampe accuratamente selezionate, per la maggior parte recanti anche una dedica a testimonianza dell’affetto e dell’ammirazione reciproci. Una collezione straordinaria che è divenuta la più importante in mani private.

Dopo la morte di Cartier-Bresson, avvenuta nel 2004, la famiglia Szafran ha deciso di offrirla a Léonard e alla Fondazione Pierre Gianadda, in segno di un’altra amicizia di lunga data: 225 foto alle quali il 26 febbraio 2020, poco dopo la morte di Sam, la moglie Lilette ne ha aggiunta un’altra, Bruxelles, 1932, che il marito aveva sempre voluto tenere per sé, sulle scale di casa sua.

Oggi, a sua volta, la Fondazione Gianadda condivide questa preziosa collezione con il pubblico grazie a un’importante mostra in collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson, che ne propone una selezione di opere rappresentative del lavoro di colui che rimane fra i più grandi fotografi del XX secolo, scelte tra i numerosi scatti di viaggio e i ritratti di artisti: peregrinazioni negli anni Trenta, vedute della Francia, viaggi in India e in Messico, incontri a tu per tu con Pierre Bonnard, Henri Matisse, Alberto Giacometti e molti altri.

La mostra prosegue nella Galerie du Foyer con ritratti fotografici più intimi che raccontano l’amicizia condivisa da Henri Cartier-Bresson e Sam Szafran. Fondation Pierre Gianadda

Lu-Do, 9-18

Fino al 20 novembre

Losanna

Achille Laugé

La Fondation de l’Hermitage di Losanna dedica una grande retrospettiva al pittore francese Achille Laugé (1861-1944), una prima assoluta in Svizzera. Artista profondamente legato alla sua terra natale, l’Occitania, Laugé affascina per il suo singolare percorso all’interno del mo-

vimento neoimpressionista. Riunendo quasi 80 opere che ne coprono l’intera carriera, l’esposizione mette in evidenza la profonda originalità di questo pittore della vita quotidiana, animato da una sensibilità unica.

Nato da una famiglia di contadini, Laugé abbandonò gli studi di farmacia a favore della Scuola di Belle Arti di Tolosa, prima di continuare il suo apprendistato a Parigi. Nel 1886, al Salon des Indépendants, il quadro manifesto di Georges Seurat, Un dimanche après-midi à l’île de la Grande Jatte, fu per lui una vera rivelazione. Raffinato e semplice allo stesso

tempo, prende come soggetto l’ambiente circostante: i dintorni della sua casa di Cailhau, i fiori del suo giardino, i ritratti dei suoi parenti. Con una tecnica pura, caratterizzata dai tre colori primari accostati in piccoli punti o in un reticolo, si appropriò del metodo divisionista in modo molto personale. Nel 1892, tornato a Carcassonne, nella luce abbagliante del sud, realizza sontuose nature morte mostrando un carattere profondamente originale che denota la sua intuizione del colore.

Come Monet davanti alle sue cattedrali, Laugé lavorava in serie, rappresentando

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© Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum PhotosCollection Szafran, Fondation Pierre Gianadda

A confronto, a sinistra, lo stile intenso e visionario di Marianne Werefkin (La città dolente, 1930 ca, tempera su carta, 89 x 72,5 cm, Fondazione Marianne Werefkin Ascona) e, sopra, quello più realista del suo grande amico zurighese Willy Fries (Case di Ascona, 1921, olio su cartone, 20 x 27 cm, Stiftung Righini-Fries Zürich). Sotto, Achille Laugé, L’orto a Cailhau, 1902, olio su tela, 52 x 79 cm, Collezione privata.

instancabilmente le strade di Cailhau. In questi paesaggi rigorosamente costruiti, si sforza di rendere le sfumature della luce, il passaggio delle stagioni nelle loro variazioni più minute. Intorno al 19051910 ammorbidisce il suo tocco, pur continuando a utilizzare una tavolozza ridotta con colori puri. Muore nel 1944, senza aver mai smesso di lavorare, coltivando la particolarità della sua tavolozza e la libertà del suo tocco decisamente vibrante.

Fondation de l’Hermitage

Ma-Do, 10-18, Gi 10-21

Fino al 30 ottobre

Ascona

Marianne Werefkin e Willy Fries. Due visioni a confronto

Il Museo Comunale d’Ascona festeggia il suo primo secolo di storia con una mostra che celebra due protagonisti della vita culturale europea d’inizio secolo scorso: Marianne Werefkin (1860-1938), artista russa tra le promotrici dell’Espressionismo e anima del futuro museo, e il pittore Willy Fries (1881-1965), tra gli esponenti della vita culturale zurighese dell’epoca. Cento dipinti dei due artisti permettono di stabilire affinità e differenze del loro

percorso creativo, molto diverso: lei, la levatrice del Blaue Reiter, intensa e visionaria; lui, legato alla tradizione accademica di Monaco, ironico ed essenzialmente realista. Entrambi hanno cercato per tutta la vita di esprimere la propria personalità, per quanto differente, non allineata o fragile, rispetto ai pregiudizi del mondo dell’arte o della società.

La mostra si sviluppa intorno alle lettere che Werefkin scrisse a Fries tra 1921 e 1925, durante gli anni in cui era impegnata a fondare il Museo di Ascona, inaugurato nel 1922 grazie alla donazione da parte degli artisti residenti e dei loro colleghi e amici svizzeri e internazionali di loro opere al Comune, ottenendo in cambio uno spazio dove promuoversi. Un’idea di ‘autogestione’ artistica rivoluzionaria, promossa in gran parte dalla Werefkin.

Nel giovane Willy Fries trovò un amico e un sensibile confidente delle sue sofferenze e delle sue preoccupazioni economiche alla fine della relazione quasi trentennale con Alexej Jawlensky. Fondamentali furono gli aiuti che giunsero da amici influenti come Willy, la solidarietà del popolo di Ascona e la comunità di Monte Verità.

Museo Comunale d’Arte

Moderna di Ascona

Ma-Sa, 10-12 / 14-17;Do, 10.30-12.30 Fino al 15 agosto

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Energia da fusione

Le speranze dell’umanità sono riposte in un progetto, risalente al 1985. Le difficoltà sono molte e crescenti, ma nel 2035 dovrebbero arrivare finalmente le prime risposte.

Ettore Accenti, esperto di tecnologia. Blog: http://bit.ly/1qZ9SeK

A lato, Ginevra, 19 novembre 1985. Gorbaciov e Reagan si incontravano con l’intenzione di chiudere la Guerra Fredda. È lì che si mossero i primi passi verso l’attuale progetto Iter. Sotto, l’interno del Tokamak. Un potentissimo campo magnetico dovrebbe riuscire a trattenere il plasma di deuterio e trizio, spingendoli a fondersi rilasciando energia.

To(roial’naya) Ka(meras) Ma(gnitnymi) Ka(tushami). È questo l’acronimo della macchina russa che in italiano può essere tradotta con “camera toroidale con spire magnetiche”, macchina su cui l’umanità tutta ha posto le sue speranze per un futuro di energia pulita e illimitata.

Il Tokamak lo pensò negli anni Cinquanta lo scienziato russo Andrej Sacharov, padre della bomba termonucleare sovietica che, sviluppando le sue analisi per produrre quell’immane esplosione, ne estese i concetti di fisica per arrivare a dominarne la potenza al fine di produrre energia come fanno le stelle e il Sole.

Progetto rimasto segreto a lungo, fu poi alla base di un accordo nel 1985 a Ginevra tra il presidente americano Ronald Reagan e il segretario generale sovietico Michail Gorbaciov allo scopo di sviluppare un progetto internazionale e con trascurabili scorie radioattive. Quello che diventò presto Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor), aveva al suo cuore proprio il Tokamak per realizzare centrali atomiche a fusione con grandi vantaggi rispetto a quelle a fissione. Oggi il reattore si trova a Cadarache, in Francia, e a questo consorzio partecipano Unione Europea, Russia, Cina, Giappone, Stati Uniti, India e Corea del Sud. È la più grande impresa tentata dall’umanità e ci lavorano da trent’anni 35 nazioni per raggiungere ben specificati traguardi. Il principale consiste nel disporre per la seconda metà del secolo in corso di centrali elettriche industrialmente riproducibili per produrre energia elettrica pulita fondendo atomi di isotopi di idrogeno (deuterio e trizio).

Spesso si parla di ‘imprigionare’ il Sole riproducendone il processo che, al suo centro sviluppa enormi quantità di ener-

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opinioni / l’esperto di tecnologia

A lato, Cadarache, Francia. La gigantesca struttura di Iter. Sotto, entro il 2035 Iter prevede che il Tokamak verifichi la possibilità di generare una fusione atomica che si autosostiene. Il plasma dal processo di fusione dei due elementi produce un neutrone veloce che colpisce le pareti interne cedendo la sua energia dinamica. Alcuni neutroni si fondono col litio originando il trizio. Parte dell’energia radiante del plasma raggiunge le pareti interne aggiungendovi altro calore. La vaporizzazione dell’acqua delle pareti esterne genera vapore e dunque energia elettrica.

gia fondendo quattro atomi di idrogeno in un atomo di elio con un’emissione di una grande quantità di energia. I quattro atomi di idrogeno pesano infatti molto più di un atomo di elio e la massa persa diventa energia secondo la famosa formula di Einstein: E=MxC2.

In realtà la geniale idea di Sacharov fu di trovare un metodo per realizzare tale principio senza le stesse condizioni del Sole, condizioni non riproducibili sulla Terra. Nel Sole il processo avviene con pressioni immani e a una temperatura di 14 milioni di gradi. Col Tokamak, Sacharov provò come fosse sì possibile creare una fusione atomica sulla Terra a pressione ambiente, ma alzando la temperatura a oltre i 100 milioni di gradi.

Inoltre, per motivi di fisica atomica, quel processo di fusione si sarebbe potuto realizzare sulla Terra fondendo atomi di un isotopo dell’idrogeno, il deuterio, di cui si trovano negli oceani 30 grammi ogni metro cubo d’acqua. Il processo del Tokamak con un chilogrammo di deuterio produrrebbe ben cento gigawattora, equivalenti a diecimila tonnellate di petrolio.

Come ovvio, nessun contenitore fisico potrebbe contenere un qualcosa a milioni di gradi, per cui l’idea base fu di realizzare un campo magnetico sufficientemente potente da trattenere e comprimere gli atomi di deuterio ionizzati, cioè senza

l’elettrone e quindi con carica positiva. In pratica si trattava di creare una pentola virtuale magnetica all’interno della quale far bollire, a milioni di gradi, la sostanza i cui atomi devono fondersi in atomi più

nel 1985 Gorbaciov e Reagan firmarono un accordo per realizzare assieme un Tokamak capace di fornire all’umanità un’illimitata energia pulita. Da quel sogno nacque a Cadarache in Francia Iter, un progetto in cui a oggi 35 nazioni hanno investito 22 miliardi di dollari.

grandi, elio appunto, e produrre un’immensa energia termica sfruttabile per produrre elettricità.

I primi esperimenti segreti, compiuti nell’Unione Sovietica già negli anni Cinquanta e Sessanta, dimostrarono come quella via fosse percorribile, ma che enorme fosse l’energia necessaria per innescare il processo di fusione e sostenere il plasma supercaldo. I calcoli dimostravano già a quei tempi che per realizzare qualcosa di utile, che producesse più energia di quanta il sistema ne consumasse, occorresse costruire un Tokamak di dimensioni gigantesche e con enormi costi.

Fu così che, in un raro momento di barlume di intelligenza tra Paesi avversari,

La strada per giungere alla soluzione definitiva per soddisfare il fabbisogno energetico è quindi tracciata e con questo anche gli avanzamenti tecnologici e industriali da compiersi. Non ci si può però illudere sulle tempistiche: numerose voci si rincorrono, sia quelle ottimistiche, che prevedono la disponibilità di questa energia fra due o tre decine di anni, sia altre che la danno per il prossimo secolo.

La semplice verità è che quanto si sta realizzando poggia su basi scientifiche certe, ma che le difficoltà da superare sono note ed enormi. Infine, ci si arriverà e Tokamak dovrà produrre almeno 10 volte i 50 megawatt necessari per sostenere il processo di fusione atomica affinché l’intero sistema sia produttivo in termini di efficienza elettrica. Ma raggiungere questo traguardo è tutt’altro che semplice.

Il punto critico si verificherà nell’anno 2035, anno in cui si prevede di poter sperimentare se l’intero processo di fusione atomica come teorizzato sarà in grado di autosostenersi e autoalimentarsi con il trizio autoprodotto all’interno del Tokamak.

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Neutralità a repentaglio

Paul Widmer, già ambasciatore svizzero e ora pubblicista, nella sua opera intitolata Die Schweiz als Sondernfall (‘La Svizzera come caso unico’), mette in rilievo come la neutralità, unitamente all’istituto della democrazia diretta, abbia costituito uno dei due pilastri che hanno contraddistinto il sistema svizzero, e come la stessa sia stata per secoli un elemento fondante della sua politica estera.

Il cammino che ha portato al riconoscimento di questo principio da parte del diritto internazionale è stato lungo. I primi accenni normativi si trovano nella decisione della Dieta del Cantoni del 1674 (molto prima della formazione dello Stato federale) con cui si è espressa l’intenzione di mantenere la neutralità a fronte dei conflitti che si erano manifestati all’epoca della Guerra dei Trent’anni. Ma già con la sconfitta di Marignano del 1515 i confederati avevano deciso di ritirarsi entro i propri confini facendo tesoro dei precetti espressi da Nicolao della Flüe, Santo protettore della Confederazione, che già nel XV secolo li aveva esortati a non immischiarsi nelle vicende altrui e a non allargare i propri confini.

Il primo riconoscimento giuridico da parte della comunità internazionale si ha con il Congresso di Vienna del 1815 con il quale viene affermato che la neutralità svizzera è nell’interesse di tutta l’Europa. Riconfermato successivamente in più istanze: nelle Convenzioni dell’Aia del 1907, con l’adesione svizzera alla Società delle Nazioni nel 1920, nelle Convenzioni di Ginevra sul diritto umanitario del 1949, nell’Atto finale di Helsinki della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa nel 1975 e infine con l’adesione svizzera all’Onu nel 2002.

La neutralità così internazionalmente riconosciuta deve rispettare i seguenti principi: non partecipare a conflitti armati all’estero, non aderire ad alcun patto militare, non favorire una parte in guerra, non parteggiare per una parte contro l’altra, non adottare misure contro un belligerante, non fornire armi a un belligerante e deve essere continuamente perseguita e sempre attuata in ogni circostanza.

Il maggior capitale di cui dispone la neutralità è quindi l’affidabilità: per essere credibile verso l’estero, la Svizzera deve praticare la neutralità, nei modi sopra elencati, in ogni situazione e con una politica costante e prevedibile. Non è il caso dell’attuale conflitto in Ucraina. Ma già in precedenza, dopo la fine della Guerra fredda, e con la formazione di una costellazione geopolitica unipolare, impostata sulla prevalenza della potenza americana, la Confederazione non si è attenuta fedelmente ai principi di neutralità. Basti ricordare l’adesione nel 1996 al Partenariato per la Pace creato dalla Nato (sistema di difesa militare occidentale e quindi patto militare), o la comprensione espressa nel 1998 dal governo elvetico a fronte dell’offensiva armata (non approvata dall’Onu e quindi carente della legittimazione del diritto internazionale) della Nato nei confronti della Serbia.

A partire dal 2006, con la crisi mediorientale, è stata messa in discussione la definizione stessa di neutralità, se dovesse essere ‘attiva’ o ‘passiva’, intendendo con ‘attiva’ un maggior coinvolgimento in tutte le istanze internazionali, sia di presenza negli organismi internazionali (un recente esempio è la nomina nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite), sia con prese di posizione pubbliche su avvenimenti nello scacchiere internazionale. Per essere

veramente credibile e costante la neutralità deve però essere giocoforza ‘passiva’ in quanto qualsiasi coinvolgimento pregiudicherebbe la nostra affidabilità e la possibilità quindi di offrire in nostri buoni servizi e l’assistenza umanitaria in caso di conflitti armati, soprattutto tramite il Comitato internazionale della Croce Rossa e sulla base del diritto umanitario sviluppato con le citate convenzioni di Ginevra.

L’attentato più grave alla nostra neutralità è stato portato dal governo con la condanna dell’intervento russo in Ucraina (mentre gli attacchi del governo di Kiev alle due Repubbliche separatiste russofone del Donbass è stato passato sotto silenzi), con l’adesione integrale alle sanzioni decretate dall’Unione europea contro la Russia e suoi cittadini ritenuti vicini al governo russo e, più recentemente, con l’organizzazione della “Conferenza di Lugano sulla ricostruzione dell’Ucraina” , aperta a una sola parte del conflitto. In tal modo ila Confederazione ha derogato ai principi che stanno alla base della neutralità come ci era stata sempre riconosciuta a livello internazionale, e di questo è stato pubblicamente preso atto con sorpresa da molti esponenti della stessa comunità internazionale mentre la Russia ci ha classificato tra gli Stati ostili. È quindi francamente incomprensibile come i rappresentanti del nostro governo nonostante ciò assicurino che la Svizzera è ancora neutrale: la migliore definizione della neutralità è come dall’estero si sia percepiti e giudicati e in questo frangente si è persa la nostra affidabilità, il capitale maggiore di cui disponevamo.

Le misure adottate dal Consiglio federale nell’attuale conflitto ucraino hanno inferto un duro colpo al principio della neutralità, per secoli un fattore distintivo della politica estera svizzera.
Stelio Pesciallo, avvocato e notaio presso lo Studio 1896, Lugano.
opinioni / il consulente legale 18 · TM Luglio 2022
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NX

Energia: choc atteso

Il rincaro è già in atto per quanto riguarda gas e petrolio. Migliore, invece, la situazione relativa alle forniture di elettricità: è merito delle produzioni locali e dei contratti a termine.

Non ha sorpreso più di quel tanto, ma ha sicuramente preoccupato, la dichiarazione rilasciata a metà aprile da Simonetta Sommaruga, la consigliera federale responsabile anche del settore energetico. La ministra elvetica ha in sostanza detto che se i prezzi dell’energia resteranno a questi livelli, o peggio aumenteranno, potrebbero sorgere grossi problemi anche per le economie domestiche e le piccole e medie imprese svizzere. Per questo il Consiglio federale ha creato un gruppo di lavoro, incaricato di valutare se un eventuale intervento dello Stato possa essere necessario per calmierare i prezzi troppo alti. Si pone, infatti, la questione di sapere quali conseguenze le famiglie dovranno sopportare nei prossimi mesi o anni e quale sarà lo choc sui prezzi dell’energia per i consumatori finali.

La popolazione svizzera è stata finora ben protetta per ciò che riguarda la corrente elettrica, anche perché le tariffe delle forniture di base hanno durata annuale, e vengono fissate a fine agosto. Quando, lo scorso autunno, si è verificato un improvviso aumento dei prezzi di mercato, le tariffe per il 2022 erano già state bloccate: pertanto, non c’è stata alcuna possibilità di modificarle in un periodo successivo.

È quindi soltanto a partire dal prossimo anno che lo choc energetico si ripercuoterà sui consumatori di energia elettrica. Una gran parte degli approvvigionamenti dei fornitori presenti sul mercato è più cara, e il prezzo medio della corrente acquistata per il prossimo anno è oggi quasi il doppio rispetto a quello dello scorso agosto, utilizzato per fissare le tariffe. Questo prezzo si ripercuoterà sulle forniture del 2023. Al momento non si possono ancora valutare quantitativamente le ripercussio-

ni sui prezzi al consumatore finale. Alcuni distributori valutano però un aumento di circa il 20%. Per un’economia domestica tipica, con un consumo di elettricità di 4.500 kilowattora all’anno, vi sarà un aumento di 200 franchi.

Se però i prezzi rimangono a livelli elevati, si possono prevedere altri aumenti negli anni seguenti. Ma non tutti i consumatori dovranno subire questi rincari. Coloro che vengono riforniti con energia prodotta in Svizzera saranno al riparo dagli choc prodotti sui mercati internazionali dell’energia. In molti casi, quindi, i prezzi finali resteranno piuttosto stabili, eccetto forse un leggero aumento, secondo le previsioni dei grandi produttori nazionali.

Diversa sarà la situazione per coloro che si approvvigionano sui mercati internazionali. In questo caso, gli aumenti delle tariffe potrebbero essere importanti. Aumenti che potrebbero verificarsi anche presso coloro che si riforniscono presso produttori che usano gas o petrolio per la produzione di energia elettrica.

In generale i prezzi dipenderanno da come si comporteranno i grandi distributori che, di norma, acquistano a termine l’energia necessaria con un anticipo fino a tre anni. Coloro che hanno concluso questi contratti prima dello choc di fine 2021 saranno favoriti.

In caso contrario, alcuni esperti del settore valutano che i prezzi al consumatore finale potrebbero essere da due a tre volte più alti rispetto a quelli attuali. Si stima però che questi casi saranno piuttosto rari.

Ben diverse sono le considerazioni per ciò che riguarda altre forme di energia. Per le circa 300mila economie domestiche che usano il gas in Svizzera, gli aumenti di tariffe sono stati tangibili sin da

subito. Rincari che, secondo gli esperti, dovrebbero durare nel tempo e potrebbero perfino crescere a seguito di un boicottaggio del gas russo. Il costo per una famiglia standard potrebbe salire, secondo le prime valutazioni, dai 1.850 franchi del periodo 2020/2021 a circa 3mila franchi un anno dopo, cioè un aumento di circa il 60%. Da qui la spinta, che si sta già verificando, a sostituire i riscaldamenti a gas con soluzioni basate su energie rinnovabili.

Per il momento, alcuni fornitori hanno potuto attingere alle riserve e frenare in parte l’aumento dei prezzi, ma l’azione avrà una durata limitata. Anche in questo caso l’aumento dei prezzi dipende, in parte, dalla strategia d’acquisto dei grandi compratori. La liberalizzazione del mercato del gas ha però indotto molti compratori a concludere contratti a breve termine, che oggi non possono frenare l’aumento del prezzo fino al consumatore.

Le prospettive per chi ancora utilizza il riscaldamento a olio combustibile non sono diverse. I prezzi del petrolio negli ultimi 12 mesi sono aumentati del 50%: per una famiglia media, la scorta di olio per la propria casa viene a costare circa mille franchi di più.

Nella situazione odierna è difficile, come in passato, aspettare l’acquisto in estate per scontare un prezzo migliore. Tutto dipende da come evolverà la situazione politica nei prossimi mesi, con effetti importanti sui prezzi, sia della guerra in Ucraina, sia delle sanzioni applicate nei confronti della Russia. L’esperienza insegna però anche che l’incertezza rende praticamente impossibile fare previsioni.

Ignazio Bonoli, economista.
opinioni / l’economista 20 · TM Luglio 2022
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Territorio da salvaguardare

Mosso da nobili intenzioni, nondimeno l’inventario federale degli insediamenti svizzeri da proteggere d’importanza nazionale solleva qualche legittima perplessità.

Gianluigi Piazzini, Presidente della Camera ticinese dell’economia fondiaria (Catef). A lato, il villaggio di Campora, tra i 140 insediamenti ticinesi da proteggere secondo l’inventario federale Isos.

L’ acronimo non è dei più felici: Isos. Ma quando, a inizio anni Settanta, si cominciò a parlare di allestire un inventario federale degli insediamenti svizzeri da proteggere d’importanza nazionale, e si scelse il nome, erano ancora da venire le rivendicazioni del sedicente Stato islamico. Dunque un termine di natura tutta nostrana, peraltro strumento che sorregge il compito attribuito alla Confederazione di curare e conservare il suo patrimonio culturale, vedi Costituzione art. 78, e che trova il suo supporto mirato nella Legge federale sulla protezione della natura e del paesaggio che prevede ben tre inventari, tra cui appunto quello federale degli insediamenti svizzeri da tutelare: sostanzialmente vi rientrano i nuclei originali o parte di essi, non invece la fascia della cintura urbana. Semplificando, quanto costruito prima del dopoguerra. A taluni la definizione suonerà a dir poco temeraria, ma siccome si parla di interi villaggi, di nuclei originali e di comparti di pregio, ci si può concedere questa libertà.

Del resto basta entrare nel sito Isos e consultare l’elenco cantone per cantone. In Ticino sarebbero circa 140 gli insediamenti che meritano di essere conservati,

anche in questo caso la prevalenza non si indirizza alla cintura urbana ma si concentra nei nuclei veri e propri, quelli fra l’altro già protetti dalla legge edilizia e dai piani regolatori che di solito ne prevedono la conservazione volumetrica. Vedi norme per la zona ‘nucleo’.

Va fatto inoltre presente che si tratta di una tutela rafforzata se consideriamo anche l’elenco cantonale e comunale degli oggetti da conservare. Dalla chiesetta al muro a secco, dalla villa padronale di fine secolo alla casa comunale.

Per farla breve, i ‘recinti’ Isos con i citati inserimenti rendono piuttosto arduo il percorso di riqualifica e di duttile conservazione. Percorso ovviamente esposto ai franchi tiratori, abilitati o meno.

Si potrà a questo punto pensare che ci si stia fasciando la testa per niente, ma se si considerano gli innumerevoli atti parlamentari pilotati dall’Altopiano pendenti a livello nazionale, che denunciano la rigidità dell’Inventario, qualche timore si legittima. Si legittima anche per il fatto che da noi lo strumento è ancora nel cassetto, in attesa che l’ingarbugliata gestione del territorio si dispieghi fra visioni e tempi lunghi per le loro concretizzazioni: per render l’idea a Piano Regolatore appro-

vato, per i profani alle calende greche. Un’esagerazione? Forse. Anche se il messaggio della Confederazione è molto chiaro. Cantoni e comuni sono tenuti a considerare l’inventario nelle rispettive pianificazioni territoriali.

L’iscrizione all’Isos di un insediamento, è bene ricordarlo, indica che esso merita specialmente di essere conservato intatto ma, in ogni caso, di essere salvaguardato in quanto possibile.

E ora veniamo al dunque. Intanto dividiamo i nuclei originali in due categorie, i villaggi discosti e i nuclei cittadini, pomposamente definiti ‘nuclei storici’ per anagrafe. I primi, sebbene alle prese con un certo degrado, sono intatti e magari recuperabili. La domanda li ha dimenticati e lo spopolamento ha fatto il resto, ma sono insediamenti completi, quindi consegnabili magari a studenti di architettura sotto la sapiente guida di un professore illuminato. Non si tratta di costruire castelli in aria, ma di provare ad accomodare l’insediamento. E magari spunta il fattibile e il condivisibile. Del resto, la domanda si sta ricomponendo.

Per i nuclei tradizionali cittadini il discorso è molto più complesso. Non mummificarli e renderli attrattivi. Per la qualità di vita, per albergarvi lavoro e commercio, per il loro aggancio all’urbano immediato, per la sostanza aggiornata, e via dicendo. Un esercizio difficile e oneroso, per di più sul crinale del grande cambiamento.

22 · TM Luglio 2022
opinioni / l’esperto di immobiliare
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Il segreto dell’avvocato

La tutela del segreto professionale dell’avvocato presenta ancora zone d’ombra. Brevi riflessioni per un non giurista su una recente sentenza del Tribunale federale.

Lo scorso 24 giugno 2021 il Tribunale federale ha emanato una sentenza molto interessante nell’ambito dell’uso procedurale di mezzi di prova ottenuti in modo apparentemente illecito. In sostanza, l’Alta Corte federale ha ritenuto che nel corso di un procedimento civile il datore di lavoro abbia la facoltà di produrre agli atti una mail ritrovata nella casella di posta professionale di un proprio dipendente, anche senza il consenso di quest’ultimo. A meno che sia chiaramente indicata come privata, il datore di lavoro ha infatti il diritto di accedere alla corrispondenza elettronica professionale dei propri impiegati, anche dopo la conclusione del rapporto di lavoro. Questo anche qualora, come è stato nel caso in esame, la casella mail del dipendente richiedesse una password. Un’eventuale protezione mediante codice ha infatti l’unico obiettivo di impedirne l’accesso a persone non autorizzate. Non però al datore di lavoro, che nell’ambito del rapporto di fiducia che deve stare alla base di ogni contratto d’impiego, ha sempre la facoltà di verificare l’operato dei propri collaboratori.

Se non che la corrispondenza in questione, reperita casualmente fra la posta elettronica dell’ufficio e poi usata in causa dal datore di lavoro contro il proprio dipendente, era tra quest’ultimo e il suo avvocato. Conteneva quindi informazioni riservate, confidenziali, in cui il dipendente, in sostanza, ammetteva di essere nel torto. È fuori dubbio che scambi di corrispondenza fra un legale e il proprio cliente nel contesto di una consulenza professionale devono poter beneficiare della tutela data del segreto professionale ai sensi della legge sull’avvocatura e del codice penale. Ma in questo caso, la mail

incriminata ha potuto essere utilizzata a danno del dipendente, senza che nessuno sollevasse la questione.

In effetti, la sentenza evita di addentrarsi sul tema del segreto professionale dell’avvocato e della sua tutela, limitandosi ad analizzare la fattispecie nell’ottica della protezione della sfera privata del dipendente e del concetto d’illiceità dell’assunzione della prova.

Se non che sarebbe stato di certo ancor più interessante sapere dal Tribunale federale se il suo giudizio del giugno 2021 riferito all’utilizzo, in una procedura giudiziaria di natura civile, di corrispondenza digitale ritrovata nella casella di posta elet-

«Scambi di corrispondenza fra un legale e il proprio cliente nel contesto di una consulenza professionale devono poter beneficiare della tutela data del segreto professionale»

tronica di un dipendente avrebbe potuto essere diverso, qualora quest’ultimo avesse sollevato la questione dell’inviolabilità del segreto professionale dell’avvocato. Ricordiamo a questo proposito, come il codice di procedura civile abbia ripreso in alcuni suoi articoli i principi cardine che ruotano attorno al segreto professionale di alcune figure professionali. In particolare, all’art. 160 cpv. lett. b Codice di procedura civile (CPC), laddove, se da un lato si sottolinea come le parti siano tenute a cooperare nell’assunzione delle prove, dall’altro si dispensano le stesse, così come terze persone, dal produrre documenti inerenti ai contatti con un avvocato autorizzato alla rappresentanza

professionale in giudizio. Al successivo art. 163 cpv. 1 lett. b CPC si autorizzano poi le parti a rifiutare ogni collaborazione con la giustizia civile qualora si rendessero con ciò colpevoli di una violazione del segreto professionale dell’avvocato. Infine, all’art. 166 cpv. 1 lett. b CPC, si autorizzano gli avvocati (e gli ecclesiastici) a non cooperare nell’accertamento della verità, anche se fossero stati liberati dal segreto dal proprio mandante.

Sorge quindi spontanea la domanda se possano allora essere utilizzati in giudizio scritti, corrispondenza elettronica o altro genere di conversazione fra un cliente e il proprio avvocato senza l’accordo di quest’ultimo. E ciò indipendentemente dal fatto che questa documentazione si trovi o venga reperita casualmente presso le parti o presso un terzo. Infatti, se non si può esigere da una persona che essa produca agli atti di causa un documento coperto dal segreto professionale dell’avvocato, parimenti dovrebbe essere vietato per una parte in causa produrre agli atti corrispondenza fra un terzo e il di lui avvocato senza il consenso del terzo e, cumulativamente, dell’avvocato medesimo. Ciò per il fatto che è il professionista, e non il mandante, a essere il titolare del segreto. Come testé menzionato infatti, l’avvocato può rifiutarsi di deporre in giudizio e di produrre documentazione agli atti, anche se avesse ottenuto preventivamente l’accordo del proprio cliente.

Ad oggi, salvo errore, non risulta essere mai stata pronunciata una sentenza su questo delicato tema.

24 · TM Luglio 2022
Luca Trisconi, avvocato e notaio, studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini, Lugano.
opinioni / lo studio legale
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Grande è il potenziale

Tra opportunità e qualche rischio, il futuro prossimo del settore assume nuove connotazioni, sull’onda dei rapidi cambiamenti che hanno caratterizzato l’ultimo biennio. Con un occhio al Metaverso, forti di previsioni e pronti alle sorprese.

Vero e proprio spartiacque, gli ultimi due anni hanno determinato o accelerato cambiamenti di proporzioni eccezionali. Basti pensare al telelavoro, alla maggiore importanza rivestita oggi dalla connettività, a tutto quello che è online push e ai progressi nei pagamenti senza contatto.

Che cosa ci aspetta? In relazione alle aziende di telecomunicazioni, i trend per l’immediato futuro si evidenziano in tre ambiti: le esigenze della clientela, i possibili cambiamenti dei mercati e della concorrenza, il contesto normativo. Quanto a megatrend e focus trend, mentre i primi dispiegano i loro effetti sul lungo periodo, i focus trend hanno un impatto immediato sul business. Negli ultimi due anni, i cambiamenti nei focus trend si sono fatti ancora più rapidi. In gran parte come conseguenza della pandemia, che ha dato una spinta enorme alla digitalizzazione.

Due i nuovi focus trend. Sostenibilità e Brand & Values. Aspetti la cui importanza è nettamente aumentata anche agli occhi degli investitori, e non solo nell’ambito delle telecomunicazioni. La Sostenibilità in senso lato è destinata ad avere un ruolo di maggior rilievo nelle imprese. Il trend della sostenibilità offre loro anche occasioni per posizionarsi e per accedere a nuove opportunità di business da esplorare. Il focus trend ‘Brand & Values’ ben si collega a quel generale cambiamento in atto che riguarda i valori e le preferenze dei clienti. Alle imprese viene chiesto sempre più di prendere una posizione chiara su un ampio ventaglio di tematiche. I consumatori sono attenti al modo in cui le aziende fornitrici di prodotti o servizi si rapportano alla produzione etica ed equa.

Questi consumatori scelgono i marchi e le imprese che agiscono nel rispetto di questi valori, dopo averli fatti propri. La fiducia è un fattore chiave. Dal punto di vista dell’azienda, si deve tener presente che non tutti i clienti hanno gli stessi valori. Per un’impresa, quindi, posizionarsi nasconde taluni rischi. Per valorizzare le opportunità di questo focus trend, circoscrivendo il rischio, l’azienda deve tener debitamente conto della comunicazione e anche dell’employer branding.

Quanto alle opportunità, esse si basano principalmente sull’attitudine di

«I consumatori sono attenti al modo in cui le aziende fornitrici di prodotti o servizi si rapportano alla produzione etica ed equa. La fiducia è un fattore chiave»

un’azienda a soddisfare esigenze che sono assolutamente fondamentali per i clienti, destinate peraltro a divenire ancora più importanti in futuro: come, per esempio, la connettività e un portafoglio per la Security. Importante è anche lo sviluppo legato ai certificati digitali. Si tratta di identità digitali che permettono all’utente di riprendere il controllo sui propri dati. I certificati si basano su standard aperti, sono decentrati e non dipendenti da un emittente. Per Swisscom questo ha un’implicazione sulla crescita nei trust services (attività esistenti); ulteriori opportunità di crescita si delineano nell’ambito della partnership strategica siglata con Orell Füssli, volta ad incentivare lo sviluppo, la gestione e l’utilizzo di certificati digitali vincolanti, che possano essere integrati in maniera verificabile nei

processi aziendali digitali.

Ad impattare particolarmente il business di una azienda di telecomunicazione sono in generale i cambiamenti nei mercati core della telecomunicazione e delle soluzioni. Per esempio, un cambiamento radicale della situazione concorrenziale, magari con l’arrivo di un nuovo player. Individuare tempestivamente i cambiamenti ed analizzarli unitamente al loro impatto permette di non subirne le conseguenze ma di coglierne le prerogative, se occorre anche con un cambiamento di strategia aziendale.

Un esempio? Il metaverso, un vero hype. Molti aspetti del metaverso sono ancora incerti, ed è richiesta una visione a lungo termine. Dal punto di vista di Swisscom, il potenziale dirompente è relativamente basso. Il metaverso rafforzerà la domanda di larghezze di banda elevate e bassa latenza. Offre sicuramente opportunità per attività esplorative, finalizzate a imparare e posizionarci. Inoltre, può influenzare il modo in cui collaboreremo: le postazioni di lavoro virtuali immersive o l’utilizzo di avatar da parte dei collaboratori sono solo due esempi. Facebook Workrooms e Microsoft Mesh sono i primi esempi, e sembrano già tracciare la rotta lungo la quale si avanzerà.

Impossibile prevedere tutti gli sviluppi. Tuttavia, qualche previsione si può fare. Nessuno avrebbe potuto prevedere la diffusione del Covid su scala mondiale, ma molti dei cambiamenti indotti dalla pandemia erano stati ampiamente previsti, come l’online shift o il telelavoro. Era solo questione di tempo.

26 · TM Luglio 2022
opinioni / l’esperto di telecomunicazioni
Carlo Hildenbrand, Direttore Swisscom Business Ticino.

State pensando alle scarpe da ginnastica. Perché no?

Gli imprenditori guardano lontano. Ad esempio alla possibilità di produrre scarpe da ginnastica utilizzando rifiuti di plastica. E noi siamo la banca che li sostiene. credit-suisse.com/imprenditori

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Vivere... in vacanza

L’incapacità degli stati democratici di riformare i propri sistemi previdenziali, nati e sviluppatisi in contesti non più attuali, pone sfide sempre più formidabili che inevitabilmente dovranno essere raccolte. Aspettare significa solo aumentare l’entità delle misure che dovranno essere infine varate, lasciandone gli oneri alle generazioni più giovani. In molti casi, Svizzera inclusa, già solo la trasparenza potrebbe però essere un primo passo, verso un nuovo patto sociale.

Terminologia ed etimologia tradiscono molto spesso le origini di una nazione più di quanto non possano fare ad esempio cultura e tradizione, del resto al pari della morale, sono tutti elementi destinati nel corso del tempo a evolvere e cambiare, ma probabilmente comunque meno della lingua. È il caso del latino ‘pecunia’, istintivamente associato a Vespasiano e al suo ‘pecunia non olet’, ‘il denaro è privo di odore’, quando nel tentativo di risanare le disastrate casse pubbliche iniziò a tassare le latrine gestite da privati.

Abbastanza curiosamente, però, se nella tradizione un odore l’aveva sempre avuto, etimologicamente ancora lo conservava. Il pecus, da cui pecunia, era infatti il gregge, la vera ricchezza di una società alle origini di semplici pastori, e che di economia monetaria certamente non ne aveva ancora sentito parlare. Nel corso del tempo la natura della pecunia era davvero cambiata, ma conservando intatta la sua radice.

Che un certo pragmatismo, quello di Vespasiano, fosse attecchito a Roma molto tempo prima non è un mistero. I romani delle origini, in qualità di orgogliosi pastori, erano soliti prendere le armi in autunno, sbrigando tali affari in tempo per tornare ai campi in primavera. In difetto di legionari per buona parte dell’anno, l’idea di un esercito regolare era quanto di più remoto dalla realtà repubblicana. Di conseguenza, il tributum, un’imposta fondiaria ad hoc per finanziare le esigenze, spesso belliche, dello Stato era saltuario. L’idea altrettanto ambiziosa era che campagne militari della durata di massimo qualche mese si sarebbero continuate ad autofinanziare.

Il rapido allontanarsi dei confini della Repubblica dal suolo laziale iniziò a sollevare non pochi problemi: dalla natura dei legionari, come potevano dei contadini stare lontani da casa interi anni; alla loro provenienza, Roma non aveva più cittadini del ceto medio da arruolare se

non ricorrendo anche a indigenti e popoli amici; al loro finanziamento, la necessità di armare e mantenere sul campo più legioni per più tempo. Con qualche ulteriore grattacapo anche in occasione della smobilitazione di tali forze, soprattutto in termini di ordine pubblico.

Dopo secoli di soluzioni funamboliche e fantasiose, e al termine di un secolo particolarmente effervescente che sfocerà nella nascita dell’Impero, Augusto fu il primo a occuparsi organicamente del problema, risolvendolo almeno concettualmente in maniera definitiva. Come? Istituendo l’Aerarium militare, un istituto previdenziale che garantisse ai legionari una vecchiaia serena al termine di vent’anni di servizio militare, una liquidazione in contanti pari a 12 anni di stipendio, e un articolato sistema di welfare per tutta la durata della ferma. Del resto, e non era di poco conto, c’erano 300mila buone ragioni per sciogliere il nodo: gli uomini in armi al termine della guerra civile.

28 · TM Luglio 2022
cover/ previdenza a cura di
Federico Introzzi

Al centro dell’attenzione, ovviamente, la sostenibilità finanziaria dell’intera operazione. Il suo artefice provvide personalmente a capitalizzare l’istituto, con un capitale iniziale di ben 170 milioni di sesterzi, assicurandogli al contempo entrate stabili nel tempo, derivanti da: un’imposta sul valore aggiunto dell’1%, e un’imposta di successione del 5% sulle eredità, tra non consanguinei e se superiori a una certa soglia, in aggiunta agli eventuali bottini di guerra, difficilmente però prevedibili. Quale ulteriore garanzia una clausola stop loss, un prolungamento temporaneo della ferma obbligatoria di massimo quattro anni, qualora la patrimonializzazione dell’istituto fosse scesa al di sotto di un grado di copertura minimo Questione di ritardi. A distanza di duemila anni, seppur estesa all’intera popolazione occidentale, non molto sembra essere cambiato, se non da un punto di vista finanziario, con stime sulle sostenibilità dei sistemi previdenziali moderni molto più incerte dell’epoca. In tale ambito la Svizzera certamente non si segnala in positivo, nonostante i buoni propositi.

«Rispetto a molti sistemi monolitici, quello svizzero è il risultato di diversi elementi che lo rendono particolarmente complesso, ma per questo storicamente anche più flessibile alle molte sfide che il comparto si è trovato ad affrontare. Si fonda sul principio dei ‘tre pilastri’, in cui la sostenibilità finanziaria è garantita dall’interazione tra: Stato, l’Assicurazione vecchiaia e superstiti (Avs), il primo; aziende e lavoratori, la Previdenza professionale (Lpp), il secondo; e il risparmio privato vincolato, fiscalmente agevolato (3a), il terzo», esordisce così Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management.

Tre pilastri, concorrenti a un unico intuibile scopo, con funzioni tra loro diverse ma complementari. «Il primo garantisce l’indipendenza finanziaria ai suoi assicurati, dunque un minimo vitale, il secondo consente il mantenimento di un adeguato tenore di vita, il terzo vuole integrare i primi due migliorandone il tasso di sostituzione. Rispetto alla panoramica internazionale il modello svizzero coniuga dunque elementi redistributivi, solidaristici, e di capitalizzazione dei contributi individuali», sottolinea Fabrizio Ammirati, Vicedirettore di Banca del Ceresio.

Se da un lato le funzioni specifiche dei singoli pilastri sono dunque diverse, allo stesso tempo anche i relativi metodi

di finanziamento divergono significativamente. «L’Avs è un tipico modello a ripartizione, le attuali rendite sono direttamente pagate con i premi raccolti; deve dunque fare i conti con la demografia, ossia il calo della popolazione attiva. La Lpp, è un modello a capitalizzazione, i contributi sono investiti e il capitale ottenuto finanzierà le rendite future del singolo assicurato; deve dunque misurarsi con il costante calo dei tassi d’interesse. Entrambi però non possono ignorare l’allungamento della speranza di vita, nell’ordine di un anno ogni dieci dal Dopoguerra. Nel 1985, quando è stato introdotto, a 65 anni un uomo aveva un’aspettativa di vita di circa 15 anni, una donna di 19, oggi siamo arrivati a 19 e 22 anni», nota Daniele Rotanzi, Direttore dell’Istituto di previdenza del Cantone Ticino.

Seppur con altre cifre, la demografia non rappresenta certo un alleato per la tenuta dei conti dei sistemi pensionistici di molti altri stati avanzati, da qui la ne-

Basi legionarie all’apice della sua

Lo sprone alla nascita del primo istituto previdenziale, al pari di molte altre cose, è stato di natura squisitamente militare: evitare rivolte da parte degli ex legionari.

cessità ampiamente diffusa di correttivi e riforme. «Se per molto tempo l’invecchiamento della popolazione è stata una minaccia incombente, è ormai una realtà per la maggior parte dei Paesi industrializzati con cui è necessario misurarsi. In questo senso la Svizzera è un po’ un’eccezione, pur essendosi mossa con ampio vantaggio, ad esempio rispetto a tutti i Paesi confinanti, oggi lo ha perso. L’ultima vera riforma risale infatti al 1997. Se la riforma fiscale passata a referendum nel 2019 ha solo posticipato gli inevitabili problemi di liquidità che comunque avrà l’Avs, il secondo pilastro continua a garantire tassi di conversione troppo elevati se confrontati con l’aspettativa di vita»,

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Roma Neapolis
Area dell’Impero Limes Capitale Imperiale Base Navale Campo legionario Alexandria Caesarea Byzantium Durocortorum Octodurus Colonia Agrippa Corduba Carthago Athenae Londinium Stati Clienti Gli eserciti della Roma repubblicana e imperiale N. di e ettivi inquadrati nelle legioni, ausiliari inclusi 750.000 650.000 550.000 450.000 350.000 250.000 150.000 50.000 0 600 600 500 500 400 400 300 300 200 200 100 100 0 700 Stima media destagionalizzata di Repubblica e Impero d’Occidente Stima media destagionalizzata dell’Impero d’Oriente Stima media destagionalizzata di entrambi gli imperi N. e ettivi accertati dalle fonti storiche N. e ettivi accertati dei due Imperi Impero
Impero romano nel 125 d.C.
espansione
Oriente Occidente
Divisione dell’Impero Caduta dell’Impero Romano d’Occidente

La popolazione di tutti i Paesi avanzati, chi più chi meno, sta molto velocemente invecchiando. Se un problema esiste a livello di mercato del lavoro, come sostituire gli ora inattivi non è scontato, allo stesso tempo sta diventando molto complicato continuare a finanziare un welfare particolarmente oneroso, con entrate in calo. La pandemia da sola non è bastata a limitarne i costi.

«La sussidiarietà tra lavoratori e pensionati non è di per sé negativa; implicitamente è ammessa fissando la remunerazione degli averi di vecchiaia. Il problema si pone se per troppo tempo la direzione rimane la stessa, come sta avvenendo, per finanziare eccessivamente i pensionati»

evidenzia Fabrizio Mazzonna, Professore di economia pubblica dell’Usi.

La difficoltà di riformare tali sistemi, specie nel caso degli stati democratici, è particolarmente nota, ma questo solo in limitati casi è finito con il coincidere con l’immobilismo. Tra questi la Svizzera. «Nonostante il Consiglio federale continui ad ammonire sull’urgenza di riformare il sistema, sono ormai decenni che rimane un cantiere aperto, non de-

stinato a chiudersi nel breve, e proprio le pensioni si sono saldamente radicate tra le maggiori, se non la prima, delle preoccupazioni della popolazione. Uno dei punti più anacronistici del dibattito è ad esempio la differenza di un anno tra età di pensionamento di uomini e donne, un ‘privilegio’ tutto svizzero anche guardando alla vicina Europa o agli altri Paesi Ocse, dove tale divario va da tempo riducendosi», prosegue il Cio di Ubs. Il I pilastro. Se per molti versi lo Stato rimane l’attore più preparato a fronteggiare le sfide dei prossimi anni, almeno da un punto di vista strettamente finanziario, è anche vero sia proprio il I pilastro quello con le prospettive peggiori, a bocce ferme. «Il finanziamento a ripartizione è tipico di quasi tutti i sistemi previdenziali pubblici, e la ragione è semplice: le pensioni dovevano poter essere finanziate ed erogate sin dal primo giorno della loro introduzione. La storia dell’Avs inizia nel 1948, anno in cui a fronte di 6,5 lavoratori attivi avevamo un solo pensionato. Nel 2015 il rapporto era già sceso a 3,4 ed entro il 2040 si dovrebbe toccare il 2,1. Da qui l’urgenza di correttivi», nota Thomas Bamert, Wealth Planner di Julius Baer. Anche limitandosi ai semplici dati di ‘bilancio’ la situazione si segnala immediatamente quale particolarmente complessa. «Il problema sta tutto nei parametri tecnici fissati per legge dal legislatore, e dalla totale assenza di flessibilità nel sistema, che non prevede adeguamenti periodici automatici. Se si guarda ad esempio agli attuali equilibri dell’Avs la differenza tra contributi ed esborsi è già in negativo di oltre 10 miliardi di franchi, ossia il 20% delle prestazioni erogate. Tale deficit è al momento coperto dalla Confederazione, e da una quota dell’imposta sul valore aggiunto, elementi non certo risolutivi», precisa l’esperto di Banca del Ceresio. Sempre stando nell’alveo pubblico le peculiarità ovviamente non mancano, e se anche non la si può definire ‘finanza allegra’, i suoi contorni sono certo molto particolari. «L’Avs è stata esonerata sin dalla sua fondazione dal presentare un bilancio ufficiale, si limita dunque a pubblicare un semplice resoconto tra entrate e uscite. Considerate le circostanze potrebbe però essere tempo di allestirne uno. Al momento le promesse di prestazioni ai beneficiari di rendite eccedono i crediti o le entrate future di circa 900 miliardi di franchi, ossia il 126% del Pil, se dunque

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Fabrizio Ammirati, Vicedirettore di Banca del Ceresio Un eccesso di mortalità Dati fra gennaio 2020 e agosto 2021 Svizzera Italia Germania Francia SpagnaStatiUniti RegnoUnito 0% 5% 10% 15% 20% 25% ■ Ogni età 65+ Fonte: Ocse Sempre più anziani Età media della popolazione per Paese Svizzera Italia Germania Francia StatiUniti Giappone RegnoUnito 0 10 20 30 40 50 60 ■ 2020 1990 2050 Fonte: Ocse Età pensionabile Dati aggiornati al 2020, percorso professionale continuato dall’età di 22 anni FranciaSvizzera StatiUniti Spagna ■ Donne ■ Anni in più per gli uomini Fonte: Ocse 56 58 60 62 64 66 68 RegnoUnito Italia Germania La Svizzera invecchia Popolazione over 55 (in mln) attuale e proiezioni al 2065 per coorte 1,1 1,2 1,4 1,2 1,1 1 0,5 0,1 1,2 1,6 0,4 0 0,8 Popolazione in mln 2015 2025 2045 2065 25-34 45-54 35-44 55-64 65-74 75-84 85-94 >95 Fonte: Ufficio federale di statistica, Credit Suisse

fosse equiparata a un’azienda avrebbe dovuto portare già da tempo i libri in tribunale. Alla radice del problema un semplice dato: entro il 2040 la popolazione over 65 in Svizzera sarà aumentata del 50% a fronte di una popolazione attiva invariata. Già oggi la legislazione vigente riconosce a ogni coorte demografica più prestazioni in vecchiaia dei contributi versati in precedenza», chiosa Guglielmin.

Se dunque la demografia si mette di traverso, cos’è possibile fare per cercare almeno di arginarla? «La diminuzione del numero di contribuenti è particolarmente preoccupante nel caso di un sistema a ripartizione. Purtroppo aumentare il numero dei contribuenti è però possibile solo in misura limitata, trattandosi principalmente di un problema di politica migratoria. Sarebbe importante rendere subito il sistema più flessibile sia dal lato contributivo che da quello dei benefici. Si potrebbe collegare ad esempio l’età pensionabile all’aspettativa di vita, come in Danimarca. Alternativamente incentivare, anche fiscalmente, le persone a rimanere più a lungo nel mondo del lavoro. Tutto ciò contribuirebbe a una maggior sostenibilità del sistema da un punto di vista finanziario e allevierebbe anche la forte carenza di personale qualificato», afferma l’esperto di Julius Baer.

Tempo di riforme? Nonostante le difficoltà da affrontare, specie in uno stato democratico, e a maggior ragione in presenza della democrazia diretta, è tempo di agire, andando a incidere in profondità. Com’è altrettanto improbabile accada. Ma come? «Compensare i forti ritardi accumulati, in decenni di totale inazione, renderà necessario penalizzare fortemente i più giovani. Nel caso del I pilastro i margini di manovra sono limitati, le rendite sono già ora troppo basse, l’unico intervento percorribile sta dunque nell’aumentare l’età pensionabile, contestualmente alle entrate. La riforma Avs 21 va in questa direzione, ma oltre a dover essere ancora approvata dal popolo, arriva probabilmente troppo tardi», sottolinea il professore dell’Usi.

Una riforma inevitabilmente annacquata, la cui approvazione popolare non è nemmeno scontata, tardiva nelle tempistiche, ma che comunque costituirebbe un primo passo di quelli che inevitabilmente bisognerà percorrere. «L’obiettivo del Parlamento, che l’ha licenziata in dicembre, è porre un freno

«In termini di strategia d’investimento la sola demografia spingerà gli istituti ad avere un orientamento più difensivo e un grado di rischio potenzialmente più contenuto, a fronte da un lato di un orizzonte temporale molto più breve, dall’altro di pensionati sempre più numerosi»

Marzio Grassi, Responsabile Ticino di Credit Suisse

In % della popolazione inattiva per Paese

Aspettativa di vita

Per differenza di genere, alla nascita e al pensionamento (in anni)

Dopo i 65 anni (dx): Alla nascita (sx):

■ Donne (2015-’20)

■ Donne (2060-’65)

(2015-’20)

■ Uomini (2060-’65) Coorte dem. 2060-’65

dem. 2060-’65

alla crescita del deficit, le leve proposte sono un aumento di 0,4 punti percentuali dell’Iva, e un’unica età pensionabile a 65 anni. Molto probabilmente non sarà sufficiente a porre il sistema in equilibrio, e sarà necessario entro il decennio intervenire almeno sugli altri parametri tecnici, alternativamente bisognerebbe sperare in un nuovo eccezionale boom demografico e importanti flussi migratori, o rassegnarsi a un costante aumento del contributo di

Un numero crescente di pensionati è destinato a restarvi per un periodo sempre più lungo, e questo allarga la questione della sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale di molti Paesi, il cui risanamento non sarà certo a costo zero. Allo stesso tempo non è raro che gli assegni pensionistici in molti casi non siano sufficienti, e che quote crescenti di pensionati rischino l’indigenza.

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■ Uomini ■ Donne Fonte: Ocse 50 60 70 80 90 0 5 10 15 20 25 30 35 Giappone Svizzera Usa Germania
Uk Francia Spagna Italia Cina
Uomini
Coorte
Ue 28 Germania Irlanda Grecia Spagna Francia Italia Svizzera 30 40 50 60 70 80 90 0 10 20 30 40 50 60 Aggregate replacement rate A rischio povertà (65+) Tasso di sostituzione medio
Inattivi e poveri?
Fonte: Eurostat Investimenti in capitale fisso Spesa previdenziale Welfare o investimenti? In % del
(dati
Fonte: Eurostat 30 18 21 27 24 15 5 7 9 11 15 13 Grecia Spagna Germania Italia Regno Unito Irlanda Francia
Pil
2000 - 2018)

le esigenze, cosa che però non avviene»

Confederazione e Iva, dunque nuove imposte», riflette Ammirati.

Allo stesso tempo l’iniziativa si propone di introdurre elementi di flessibilità per andare incontro ai cittadini, altra leva da non sottovalutare. «Il cosiddetto ‘pensionamento flessibile’ tra i 63 e i 70 anni è da accogliere con favore, e dovrebbe essere incentivato dal legislatore. La standardizzazione dell’età pensionabile è una misura controversa, e sta alla base della richiesta di referendum. Nonostante molti compromessi, e sebbene vada nella direzione giusta, sono da notarsi i limiti oggettivi che si pone il piano: garantire un miglior finanziamento all’Avs, ma solo fino al 2030, dopo tale data restano le incognite», chiarisce Bamert.

Se dunque la situazione dovrebbe quanto meno tornare sotto controllo per l’attuale decennio, i numeri in gioco restano dei più notevoli, e senza eccezionali scostamenti. «A patto che venga approvata il deficit finanziario si ridurrebbe di

Nel corso dei prossimi anni, in Svizzera, il saldo tra nuovi entranti e uscite dal mondo del lavoro andrà solo allargandosi, assorbendo l’uscita della generazione dei Baby boomer.

Valide alternative

Indipendentemente dal come nei prossimi anni sarà sempre più fondamentale avere a disposizione un capitale di vecchiaia generoso e abbondante, conciliando da un lato l’esigenza di non affossare famiglie e imprese, dall’altro garantendo la sostenibilità finanziaria delle Casse. Ma come farlo? «Andrebbe sin da subito aumentata la pressione sui singoli istituti perché investano di più nell’economia domestica, entrando ad esempio nel capitale di rischio delle Pmi, ridando fiato a sane rivendicazioni salariali da tempo sparite. Gli investimenti produttivi hanno il vantaggio di scaricarsi immediatamente sui livelli occupazionali, a beneficio anche dei più giovani, e di avere un potenziale rendimento maggiore», riflette Rossi. In tale direzione qualche passo è stato mosso a Berna, nel gennaio di quest’anno. «Accogliendo la mozione Graber è stata modificata la Opp 2, che oggi permette esplicitamente alle Casse di investire sino al 5% del loro patrimonio in Private Equity o Debt. Si tratta di una mossa comunque importante, specie considerando che attualmente gli istituti hanno in gestione oltre 1000 miliardi di franchi di averi, e che dunque sono potenzialmente 50 i miliardi investibili, seppur in tempi non immediati», nota il direttore dell’Ipct. Una mossa significativa, certo, ma comunque non rivoluzionaria. «È comunque importante non aspettarsi troppo, sino

a pochi mesi fa le Casse potevano allocare sino al 15% del portafoglio in alternativi, e tra questi c’erano già i mercati privati. Averli scorporati, e confinati in una categoria precisa è un chiaro segnale della volontà del legislatore, ma starà comunque alle Casse raccogliere la sfida», chiosa Ammirati. Con ovviamente un ragionevole limite. «Non bisogna esagerare. La stagnazione dei salari svizzeri nel tempo è stata più che compensata dagli ottimi rendimenti sui mercati finanziari, globali. Specie nell’ottica di un’economia che rischia comunque di rallentare per le pressioni demografiche, tra diverse altre, è bene non vincolare eccessivamente le Casse a investimenti locali, onde evitare di concentrare ulteriormente i rischi», conclude il professore dell’Usi.

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«La solidarietà tra generazioni non dovrebbe avvenire in seno a un fondo pensione, o se questa è necessaria dovrebbe essere quanto più trasparente e misurabile possibile. Destinatari e contribuenti dovrebbero essere identificati e resi attenti, valutandone
100 80 60 40 20 0 -20 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 Fonte: Ufficio federale di statistica, Credit Suisse Saldo Uscite per pensionamento ■ Entrate di 20-25enni
Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management
Crescenti
uscite,
decrescenti entrate Flussi del mercato del lavoro in Svizzera (in mia di unità)
Gli alternativi (in % del tot.) ‘20Q2 ‘21Q2 ‘22Q1 Hedge Fund 2,02 1,89 1,62 Private Equity 1,45 1,74 2,01 Materie prime 0,66 0,75 0,80 Insurance linked 0,89 0,73 0,67 Infrastrutture 0,92 0,96 1,06 Senior loans 0,58 0,64 0,67 Senior loans 0,92 0,96 1,06 Totale 6,52 6,71 6,83 Fonte: Credit Suisse

circa un terzo, passando da 900 miliardi stimati a circa 640, dunque il 90% del Pil. Se è importante colmare questa lacuna, è altrettanto rilevante decidere chi debba farlo. L’attuale riforma scarica l’onere quasi interamente sui più giovani, l’aumento Iva colpisce infatti i ceti più bassi, dunque le giovani generazioni, che lo pagheranno anche più a lungo. A fronte però della struttura demografica dell’elettorato, ogni riforma seppur necessaria è tutto fuorché scontata, e questo continuo rimandare aumenta l’entità dei tagli necessari», evidenzia il Cio di Ubs.

Il II pilastro. Se dunque lo stato di salute dell’Avs non è dei più brillanti, pur avendo comunque ‘le spalle’ ampiamente coperte, la seconda componente del modello, alimentata da imprese e collaboratori, in che acque naviga? «Sicuramente migliori, non fosse altro che per la professionalità degli addetti ai lavori, oltre alla flessibilità implicita concessa dal legislatore tipica del regime sovra obbligatorio. È stato possibile adottare i necessari adeguamenti tecnici per tempo, senza ridursi all’ultimo, e agendo in anni particolarmente generosi a livello di rendimenti finanziari, il che ha permesso di mantenere livelli elevati e superiori al 100% dei tassi di copertura, aiutando molti istituti a migliorare tale tasso. È innegabile però che anche in questo caso gli assicurati attivi abbiano rinunciato a una parte del rendimento dei loro capitali a beneficio dei pensionati», precisa l’esperto di Banca del Ceresio. Se la flessibilità di alcune variabili, e il non dover passare in sede referendaria, ha certo giocato a favore delle Casse pensione, è anche vero che dal 1985, anno in cui è stata introdotta la Previdenza professionale, molto sia cambiato. A partire dall’aspettativa di vita. «L’età pensionabile è rimasta immutata, la speranza di vita si è allungata. Anche nel caso del II pilastro, contestualmente al calo dei tassi d’interesse, questo non è privo di effetti: il rendimento dei capitali della popolazione attiva viene forzosamente ridotto per garantire le troppo generose prestazioni promesse agli attuali pensionati. Non si può ovviamente sapere come evolveranno rendimenti e interessi in futuro, ma la tendenza è manifesta, e questo solleva diversi interrogativi su quanto sia sostenibile la politica attuale», nota Guglielmin.

Del resto l’idea alla base del II pilastro è efficace nella sua semplicità: nell’arco della vita attiva lavoratore e impresa con-

«Il finanziamento a ripartizione è tipico dei sistemi previdenziali pubblici, e la ragione è semplice: le pensioni dovevano poter essere erogate da subito. La storia dell’Avs inizia nel 1948, anno in cui a fronte di 6,5 lavoratori attivi c’era un solo pensionato. Entro il 2040 si sarà scesi a 2,1»

Tasso di sostituzione

Per ceto e Paese, assegno pensionistico in % dell’ultimo stipendio

La discesa dei tassi sostitutivi svizzeri

Rendita pensionistica totale media per ceto nel tempo (in % ultimo stipendio)

corrono all’accumulo degli averi di vecchiaia, che vengono investiti sul mercato dalle Casse. Al momento del pensionamento l’aliquota di conversione stabilisce la quota di capitale erogato quale rendita annua all’assicurato. Da qui la sua centralità. «A livello di legislazione federale quella minima per la parte obbligatoria del reddito è stata fissata al 6,8%, un parametro che si sta dimostrando complesso modificare. Tutte le Casse che of-

Il tasso di sostituzione, ossia la percentuale dell’ultimo stipendio quale assegno pensionistico, è particolarmente basso in Paesi come la Svizzera e il Giappone, specie nel caso dei redditi più alti. Nel medio periodo questo potrebbe sollevare sfide macroeconomiche delle più notevoli, in primis sulla tenuta dei consumi interni, che restano gli alfieri della crescita del Pil quasi ovunque.

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■ Ceto medio (netto) ■ Ceto basso (netto) Fonte: Ocse 2021 Italia 0 25 50 75 100 125 Ceto medio (lordo) Ceto alto (netto) Svizzera Usa Uk Germania
Giappone Spagna 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Tasso sostitutivo ■ Rendita Avs ■ Lacuna previdenziale (obiettivo 80%) ■ Rendita Lpp 1970 2010 1985 2025 2000 2040 2021 2061 1970 2010 1985 2025 2000 2040 2021 2061 1970 2010 1985 2025 2000 2040 2021 2061 51% 53% 57% 46% 45% 45% 51% 37% 35% 34% 50% 58% Ceto basso (addetti alle vendite) Ceto medio (insegnanti) Ceto alto (avvocati) Fonte: Credit Suisse
Francia Cina

«Immaginando il capitale di vecchiaia come una torta, l’aliquota di conversione determina la dimensione di una fetta. A contare però dovrebbe essere la torta, un patrimonio maggiore potrebbe dar luogo a un calo delle rendite meno marcato, se non a una loro crescita»

e soprattutto come debbano essere divisi i costi tra aziende e lavoratori», evidenzia il direttore dell’Ipct.

La suddivisione degli ulteriori costi tra i due diversi contribuenti potrebbe infatti avere riflessi non troppo indiretti anche sugli equilibri del mercato del lavoro, già oggi significativamente impattati. «I contributi Lpp sono diversi in base all’età del lavoratore assicurato e variano dal 7%, per coloro che hanno un’età compresa tra i 25 e i 34 anni, al 18% per quelli tra i 55 e i 65 anni. Considerando che i salari siano generalmente proporzionali al numero di anni di servizio, è facile comprendere quale maggiore onere gravi sulle persone più anziane e le difficoltà che queste devono affrontare. Molte imprese potrebbero infatti essere tentate di ridurre i costi del lavoro licenziando il personale più anziano», sottolinea l’esperto di Julius Baer.

La flessibilità del sistema svizzero Disponibilità alle prestazioni di vecchiaia per età e sesso, con possibile differimento

Ma quanto è vero che sia indispensabile raccogliere maggiori averi di vecchiaia, ricorrendo quindi anche a contributi supplementari? «Il problema della Lpp sono sostanzialmente le promesse di interessi formulate anni fa che non sono più corrispondenti alla realtà. Un’aliquota di conversione del 6% presuppone infatti un tasso d’interesse tecnico del 3,5% che se non viene raggiunto dà luogo a una ridistribuzione tra assicurati attivi e beneficiari della rendita. Oltre a questo, a contare è la scarsissima attenzione che molte Pmi riservano agli investimenti della previdenza professionale, il cui rendimento potrebbe beneficiare enormemente di una strategia calibrata sulla singola azienda, il che va a detrimento invece di chi questo lo fa già, versando contributi più elevati, che finisce con il cofinanziare le imprese meno attente, che si limitano al minimo», riflette Samuele Donnini, responsabile Ticino di Zurigo Assicurazioni.

L’invecchiamento della popolazione e il calo del numero degli attivi è una sfida notevole per tutti i sistemi a ripartizione, tipicamente di natura pubblica. Nel caso della Svizzera già ora è presente una discreta dose di flessibilità nel sistema che permette ai singoli di meglio gestire bisogni e desideri, allo stesso tempo una soluzione andrebbe trovata in termini di finanziamento.

frano però prestazioni superiori a quelle minime lo hanno già abbassato da tempo intorno al 5% in media a 65 anni di età. Tale riduzione deve essere però accompagnata da misure di compensazione che ne attutiscano gli effetti, di cui la principale potrebbe essere l’aumento dei contributi durante la vita attiva, per accrescere gli averi di vecchiaia. Una domanda non scontata dovrebbe essere: quanto si voglia compensare, almeno idealmente il 100%,

I nodi da sciogliere: Tassi. Nel caso del II pilastro il ruolo giocato dal terzo contribuente, ossia il rendimento degli averi di vecchiaia investiti, ha sempre giocato un ruolo determinante. Specie in prospettiva qualche perplessità potrebbe essere però utile sollevarla. «Tra il 1987 e il 2000 i mercati hanno apportato mediamente il 46% del patrimonio totale di un assicurato, lasciando l’onere dell’altra metà ai contributi di imprese e lavoratori; tra il 2000 e il 2017 tale quota è crollata di venti punti percentuali, al 26%, in larga misura per lo scarso rendimento dell’azionario, svizzero (-0,8% annuo) e

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Le grane dell’Avs Evoluzione del fondo Avs in % delle uscite, al 2030 Fonte: Avs 2021 120% 110% 100% 90% 80% 70% 60% 50% 2020 2021 2022 2023 2024 2025 2026 2027 2028 2029 2030 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 69 70 Avs Cassa pensione Libero passaggio Pilastro 3a Avs Cassa pensione Libero passaggio Pilastro 3a Uomini
Età
Zurigo Assicurazioni
Donne
di pensionamento Avs ordinaria Fonte: Credit Suisse

globale (1,2%) tra 2000 e 2010, una marcata differenza con le medie dei sette anni successivi, rispettivamente del 6,5 e 7,6% annuo. Ciononostante le maggiori preoccupazioni vengono dai beni nominali, ossia monetario e obbligazionario, con rendimenti che sono stati a lungo a livelli minimi», nota Marzio Grassi, responsabile regione Ticino di Credit Suisse.

Al netto di possibili perturbazioni, fenomeni inflativi sporadici e temporanei, la direzione della maggior parte dei rendimenti obbligazionari sembra infatti essere stata tracciata, con plausibili ritocchi verso l’alto contenuti. «Sono ormai decenni che in Svizzera, e non solo, i tassi d’interesse vanno riducendosi, convergendo verso lo zero, e nel 2015 la Bns ha portato quelli di riferimento addirittura in territorio negativo. Non si tratta di un problema di poco conto, ma pari all’aumento dell’aspettativa di vita, il reddito fisso è infatti sempre stato il pilastro portante della strategia d’investimento delle Casse. Conseguentemente anche i tassi tecnici, con cui vengono calcolati i passivi di un istituto previdenziale e che rappresentano l’aspettativa di rendimento atteso di medio periodo, sono scesi dal 4 al 2% attuale», precisa Rotanzi.

Il problema infatti è soprattutto prospettico, andando a incidere sulle aspettative degli erogatori stessi dell’assegno pensionistico, che si trovano costretti ad agire per mitigarne l’impatto. «Rendimenti più bassi fanno rima con tassi tecnici inferiori, influendo quindi sia sull’accumulo degli averi, sia sulla loro progressiva erosione. Il tasso tecnico è infatti alla base dell’aliquota di conversione. Nel caso delle Casse prive di garanzie statale tra il 2014 e il 2018 è sceso mediamente dal 2,91% all’1,86. Ma il rendimento dei patrimoni di assicurati mediamente sempre più anziani, se non inattivi, è destinato comunque a scendere, indipendentemente dalle condizioni di mercato», prosegue Grassi.

È altrettanto vero però che tassi d’interesse bassi o molto bassi, non precludano a priori rendimenti interessanti sul totale dei capitali investiti, ma sino a che punto?

«Le condizioni normative e le elevate garanzie previste dalla Lpp rendono il compito molto arduo, ma i margini di manovra si potrebbero trovare. Ad esempio, nel 2019 gli attivi hanno ricevuto appena il 20% del rendimento totale dei loro beni, il restante è andato a riserva, a copertura delle perdite derivanti dalle liquidazioni

«La riduzione dell’aliquota di conversione dovrebbe essere accompagnata da misure di compensazione che ne attutiscano gli effetti, come ad esempio l’aumento dei contributi. Ma la vera domanda dovrebbe essere di quanto si voglia davvero compensare, e chi debba contribuirvi»

Daniele Rotanzi, Direttore dell’Istituto di previdenza del Cantone Ticino

Ritirarsi in Europa

dei pensionati, o a ridistribuzione tra attivi e inattivi. Tale mancato accredito limita doppiamente la crescita degli averi, anche in termini di interesse composto», sottolinea il responsabile di Zurich.

E i Baby boomer? Probabilmente però la vera battaglia che nessuno può permettersi di perdere è quella delle conseguenze dell’uscita disordinata dal mondo del lavoro della attualmente più rilevante coorte demografica, quella dei nati tra il

L’età pensionabile in Svizzera è rimasta la stessa sin dal varo del sistema nel primo Dopoguerra, diversamente dai Paesi limitrofi che nel corso degli anni hanno comunque implementato riforme notevoli per controbilanciare l’andamento demografico avverso. È però anche vero che se la maggioranza chiede il prepensionamento non ha nemmeno senso focalizzarsi su tale questione.

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Uomini Donne Livello secondario I Livello terziario Svizzera tedesca Svizzera occidentale Svizzera italiana Celibe/Nubile Coniugato/a Divorziato/a Vedovo/a 1° quintile 5° quintile Livello di istruzione Regione linguistica Stato civile Reddito del nucleo familiare Fonte: Rifos, Credit Suisse 0% 20% 40% 60% 80% 100% 44.5% 53.2% 56.2% 46.1% 49.3% 44.7% 58.2% 40.4% 52.5% 46.8% 56.9% 40.0% 57.9% ■ Pensionamento anticipato ■ Normale età di pension. 55.5% 46.8% 43.8% 53.9% 50.7% 55.3% 41.8% 59.6% 47.5% 53.2% 43.1% 42.1% 60.0%
L’età della grande fretta Nonostante le normative, l’età pensionabile in Svizzera resta un optional (dati 2019)
Età pensionabile dei Paesi del Vecchio Continente 65 68 72 68 68 65 65 65 65 67.8 67.3 67 67 70.8 67 65 67 65 67.6 65 67 67 71 67 67 68.8 65 65 67 65 65 65 65-66 66-67 67-68 68-69 70-71 71-72 Fonte: Credit Suisse

«Ridurre subito l’aliquota di conversione aiuterebbe a contenere la spesa pensionistica, ma a livello aggregato il sistema ne risulterebbe indebolito.

La popolazione finirebbe con l’aumentare il risparmio privato, a detrimento dei consumi che restano la prima voce del Pil»

Sergio Rossi, Professore di macroeconomia dell’Università di Friburgo

Chi contribuisce al II pilastro?

Quota per contribuente (in %, e mld chf per anno)

pone se per troppo tempo la direzione rimane la stessa, come sta avvenendo, il che porta inevitabilmente al depauperamento strutturale dei rendimenti destinati ai lavoratori, per finanziare eccessivamente i pensionati», sottolinea Ammirati.

Nonostante le iniziative prese da molte Casse le rigidità normative rendono però ancora complesso tenere in equilibrio il sistema, nonostante la buona volontà di molti. «L’aliquota di conversione con prestazioni integrate, ossia la media ponderata tra parte obbligatoria e sovraobbligatoria, sta scendendo rapidamente; se nel 2014 era al 6,05% nel 2020 era già in area 5,5 ma comunque non basta. In termini assoluti nel 2016 erano 8,4 i miliardi di franchi versati dagli attivi ai pensionati, e nonostante tutto nel 2018 erano ancora 5,1. Tali dati potrebbero essere però completamente stravolti dall’ondata di pensionamenti previsti, il che rende più urgente intervenire anche sulla parte obbligatoria», precisa Grassi.

Quanto rendono gli Averi di vecchiaia?

Remunerazione effettiva (1,95%) e rendimento dell’indice delle Casse pensioni (4,54%)

Un ruolo determinante nel finanziare il II pilastro l’ha sempre giocato il mercato, prim’ancora che non i contributi di imprese e lavoratori. Ma a cosa sono destinate tali entrate? Buona parte del loro rendimento viene messo a riserva, o per coprire gli esborsi dovuti alla liquidazione dei lavoratori in uscita. Il fenomeno contribuisce nel frenare la crescita degli averi di vecchiaia.

1946 e il 1964. Quali che siano le riforme sarebbe opportuno intervenire il prima possibile. «La sussidiarietà tra lavoratori e pensionati in seno al II pilastro non è di per sé negativa; implicitamente è ammessa nel momento stesso in cui viene fissata la remunerazione degli averi di vecchiaia, ossia l’aliquota di conversione. Sto di fatto accettando che vi sia un naturale travaso di risorse a dipendenza dei rendimenti di tal anno, tra attivi e inattivi. Il problema si

Che il problema sia normativo, e che il legislatore certo non aiuti a uscire dall’angolo è del resto evidente. «Gli istituti che possono permetterselo, ossia con un tasso di copertura superiore al 100%, possono attingere alle riserve per tamponare il problema, tutti gli altri devono invece toccare la remunerazione dei capitali degli attivi. Il problema nasce infatti per quelli che in giurisprudenza vengono definiti ‘diritti acquisiti’, le rendite dei pensionati una volta stabilite non possono più essere toccate, il che sposta gli eventuali oneri di risanamento delle Casse sulle spalle dei soli lavoratori», nota il direttore dell’Ipct. Fermo restando che da intenzioni del legislatore tale ridistribuzione non dovrebbe comunque avvenire, o almeno non esplicitamente e non in maniera strutturale. «La solidarietà tra generazioni è già prevista dal I pilastro, e non dovrebbe avvenire in seno a un fondo pensione, o se questa è necessaria dovrebbe essere quanto più trasparente e misurabile possibile. Destinatari e contribuenti dovrebbero essere identificati e resi attenti, anche sulla base di esigenze comprovate. Tutto questo non avviene, tanto da essere difficile anche quantificare il fenomeno, che si stima però sia costantemente tra i 4 e i 7 miliardi di franchi annui da diverso tempo», nota il Cio di Ubs.

Anche in questo caso la pratica è piuttosto diffusa, e la Svizzera non si trova in ‘cattiva compagnia’, per quanto que-

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■ Contributi assicurati e datori di lavoro (accrediti di vecchiaia)
Fonte:
federale di statistica, Credit Suisse 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 -100 100 -50 50 0 17,6 10,2 -26,8 49,7 -30,1 32,4 54,5 -74,5 46,7 43,9 2,1 35,2
■ Contributo del mercato dei capitali (reddito e variazione di valore)
Ufficio
12% 10% 8% 6% 4% 2% 0% -2% -4% 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 Rendimento di mercato Remunerazione effettiva
Fonte: Credit Suisse

sto non risolva il problema. «Si tratta di un nodo tutto politico, tipico dei Paesi sviluppati e democratici: quella dei Baby boomer è la generazione più benestante e influente, che rappresenta la maggioranza relativa dell’elettorato, e naturalmente si oppone ai tentativi di riforma. Nonostante abbia cavalcato anni di crescita economica sostenuta e accumulato molto, risulta la maggior beneficiaria di tutti i sistemi previdenziali, la cui sostenibilità finanziaria di lungo periodo, laddove già assicurata, è stata ottenuta a scapito di tensioni sociali e conflitti intergenerazionali», riflette il professore dell’Usi.

Sciogliere i nodi. A fronte dunque di molte e significative fragilità, appare ancora più necessario e urgente agire, in modo strutturale, evitando inutili ‘pezze’. Ma cosa si potrebbe realisticamente fare?

«Si guarda spesso all’aliquota di conversione, e a un suo taglio, quale soluzione a molti dei problemi attuali. Inevitabilmente questo avrebbe effetti positivi solo sulla sostenibilità finanziaria delle Casse, che ridurrebbero il ruolo ricoperto oggi dagli accantonamenti, limitando quindi anche la redistribuzione tra attivi e pensionati, ma creerebbe altre sfide per lavoratori e imprese», evidenzia Bamert.

Eppure, anche in questo, è meglio evitare di trarre conclusioni affrettate. Gli automatismi in questa materia non sono mai immediati. «Immaginando il capitale di vecchiaia come una torta, l’aliquota determina ovviamente la dimensione di una fetta, da qui la sua importanza. A contare però dovrebbero essere innanzi tutto le dimensioni della torta, un patrimonio maggiore, anche grazie all’interesse composto, potrebbe dar luogo a un calo delle rendite meno marcato, se non addirittura a una loro crescita», prospetta Donnini.

Un possibile problema che è pur vero potrebbe colpire solo una piccola parte della popolazione attiva. «Si stima che oltre l’85% degli attuali lavoratori siano assicurati presso Casse che vanno oltre i requisiti minimi, e dunque hanno già attuato in parte questa riforma adottando parametri più attuarialmente corretti, dunque la maggioranza della popolazione non sperimenterebbe alcun cambiamento. Una minoranza prossima al pensionamento potrebbe trovarsi in una situazione difficile, ed è qui che va trovato un compromesso, prevedendo ad esempio misure compensative temporanee e trasparenti», riflette il Cio di Ubs.

«Quella dei Baby boomer è la generazione che rappresenta la maggioranza relativa dell’elettorato, e si oppone ai tentativi di riforma. Nonostante abbia accumulato molto, è la maggior beneficiaria di tutti i sistemi previdenziali, la cui sostenibilità è stata ottenuta a scapito di tensioni sociali»

Fabrizio Mazzonna, Professore di economia pubblica dell’Università della Svizzera italiana

Il cash flow delle Casse pensione

Rendimento Obbligazioni svizzere a 10 anni Tasso tecnico di riferimento secondo Dta 4 Csep

Tra questi, soprattutto gli istituti pubblici, non ne verrebbero influenzati, essendosi mossi spesso con larghissimo anticipo. «In generale le Casse che offrono una copertura più estesa del minimo Lpp sono libere anche di fissare diversamente la progressione dei contributi. Nello specifico alcuni istituti pubblici prevedono un contributo unico indipendente dall’età, come la nostra, mentre altre prevedono una progressività ancora più marcata. È

Il progressivo calo delle entrate delle Casse pensioni ha innescato una prima reazione: l’aliquota di conversione è stata progressivamente ridotta nel tempo, almeno il dato medio tra regime obbligatorio e sovraobbligatorio. Del resto sarebbero necessari ben altri rendimenti di mercato per soddisfare i desiderata del legislatore, che ancora la prevedono al 6,8%.

Luglio 2022 TM · 37
Fonte: Csep, Dta 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 5,0% 4,0% 3,0% 2,0% 1,0% 0,0% -1,0%
Remunerare il II pilastro Evoluzione tassi obbligazionari e tassi tecnici delle Casse
Proiezioni al 2065 (in mld chf) per coorte demografica (in anni) -80 -60 -40 -20 0 20 40 60 2015 37,3 17,3 -30,7 2025 2045 2065 42,2 18,2 -37,9 44,9 16,3 -49,7 -14,0 41,5 18,1 -52,1 -16,6 Fonte: Ufficio federale di statistica, Credit Suisse ■ Entrate attivi (25-44) ■ Entrate attivi (45-64) ■ Uscite inattivi (65-84) Cash-flow netto ■ Uscite inattivi (>84) 160 140 120 100 180 200 240 220 2021 2001 2017 2013 2009 2005 Le performance delle Casse Per dimensione del fondo (2000: 1) Remunerazione Lpp Indice Credit Suisse 150 – 500 mln. 500 mln. – 1 mld. < 150 mln. > 1 mld. Fonte: Credit Suisse

Interesse crescente per la previdenza privata Versamento regolare o irregolare di contributi pilastro 3a (in % della popolazione)

Avs: possibili scorciatoie

Ipotizzare una riforma significativa del I pilastro, per fronteggiare le sfide immediate, e presupporre di trovare un supporto politico sufficientemente ampio appare quanto meno irrealistico, specie guardando agli ultimi vent’anni. Dunque, cosa si potrebbe fare almeno per cercare di tamponare l’emergenza? «Si tende spesso a dimenticare, forse più per questioni ideologiche, che all’interno del perimetro pubblico si trovi un’istituzione che potrebbe risanare completamente l’Avs, senza aumentare imposte, e senza fare debiti. Si tratta della Bns, e degli oltre mille miliardi di franchi di attivi a bilancio, in larga misura investiti sui mercati. Se poi proprio non le fosse ‘politicamente’ possibile potrebbe investirne almeno una parte in Svizzera, nel tessuto economico», nota il professore di Friburgo. Del resto, se almeno inizialmente pur nella tragedia si era sperato che un ‘aiuto’ inaspettato potesse venire anche dall’emergenza pandemica, il tutto è stato man mano ridimensionato. «Nonostante la crisi sanitaria colpisca le fasce meno giovani della società, i ‘numeri’ si sono dimostrati ampiamente insufficienti per frenare davvero l’esplosione dei costi previdenziali. Anzi, l’economia svizzera sta uscendo indebolita dall’emergenza, con consumi e livelli occupazionali più bassi, il che va a minarne le entrate. La cassa di compensazione Avs, il veicolo che va a colmare le lacune di finanziamento ciclico, nel 2019 stimava di coprire le attuali carenze entro il 2035, ma le ingenti perdite finanziarie riportate sui mercati hanno già ora spostato in avanti tale data», precisa il Cio di Ubs.

dunque difficile generalizzare sulle potenziali conseguenze», nota Rotanzi.

Eppure, si pone anche come questione fondamentale e indifferibile la tempistica di tali azioni. «Penso sia auspicabile assistere a una riduzione delle aliquote il prima possibile, onde evitare di doverle ridurre ancora di più in futuro. L’uscita dei Baby boomer, in presenza delle aliquote attuali, rischia infatti di avere un impatto eccessivo sulla tenuta dei conti delle Casse per i prossimi anni, e inevitabilmente porterebbe a un aumento dell’imposizione sui più giovani, ancora attivi o pronti per esserlo, con chiari effetti depressivi sull’economia», commenta Mazzonna.

Se in Svizzera parte della soluzione potrebbe essere infatti ritoccare più o meno

sensibilmente tale aliquota, nel caso degli altri Stati europei si è guardato altrove, seppur con minor originalità. «In questi casi la strada maestra è l’innalzamento, o l’adeguamento automatico rispetto alla speranza di vita, dell’età pensionabile, specie a fronte delle sfide demografiche del nostro Paese. Elemento che al momento è alieno a qualunque tentativo di riforma, Avs 21 in primis. Alzare l’età di due soli anni avrebbe ad esempio un impatto ben maggiore che non l’anticipo di cinque dell’inizio del II pilastro, a 20, ma sarebbe altrettanto utile farlo subito, parallelamente a intervenire sui rendimenti degli averi. Qualora migliorino le prospettive di mercato per i prossimi anni da lì potrebbe giungere un aiuto significativo, nel caso

Tassi di sostituzione in calo, e assegni insufficienti a garantire un tenore di vita soddisfacente spingono parti crescenti della popolazione a investire in soluzioni di III pilastro.

di un loro peggioramento, avvicinandoci dunque a uno scenario ‘giapponese’ tutto sarebbe molto più complesso», evidenzia il responsabile di Credit Suisse. Allerta Giappone. Del resto se il dibattito rimane fossilizzato sull’aliquota, da un lato si rischia di perdere la visione d’insieme del problema, dall’altro verrebbe quasi certamente meno una riforma organica del sistema. «Ridurre subito l’aliquota aiuterebbe a contenere la spesa pensionistica, e da un punto di vista contabile le Casse ne uscirebbero rinfrancate, ma a livello aggregato il sistema ne risulterebbe fortemente indebolito. La popolazione finirebbe con l’aumentare il risparmio privato, depositandolo ad esempio nel III pilastro, per l’intera vita attiva, a detrimento dei consumi interni che restano la prima voce del Pil, il che porterebbe strutturalmente a livelli inferiori di attività economica, e minori investimenti delle imprese», precisa Sergio Rossi, Professore di macroeconomia dell’Università di Friburgo.

Sempre a patto di poterselo davvero permettere. «Una riduzione delle prestazioni pensionistiche non fornisce necessariamente un ulteriore incentivo al risparmio privato. Piuttosto, è probabile che molte più persone rischieranno di non essere in grado di mantenere il proprio tenore di vita in età avanzata, il che potrebbe portare a prendere in considerazione un trasferimento all’estero. Tuttavia, l’ipotesi della riduzione delle attuali prestazioni non è attualmente in discussione ed è improbabile che possa ottenere anche in futuro un sufficiente sostegno politico», chiosa l’esperto di Julius Baer.

Se dunque prendere tempo per ridelineare l’intero sistema può essere certo una prima idea, che presto o tardi una qualche soluzione definitiva vada individuata risulta imprescindibile. «Nell’immediato lo Stato può farsi carico degli ulteriori costi, e la fiscalità generale assorbirli, ma bisognerà comunque fare scelte coraggiose per evitare uno scenario giapponese: popolazione più povera e anziana, che può permettersi meno figli, il che aggraverebbe il problema

38 · TM Luglio 2022
Fonte:
53% 56% 50% 40% 57% 61% 59% 53% 55% 28% 48% 63% 55% 48% 42% 6% 6% 6% 6% 6% 6% 6% 6% 8% 6% 6% 6% 6% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% Totale Uomini Donne <35 anni 35–44 anni 45–54 anni >54 anni Dipendenti Autonomi Secondario I Secondario II Terziario Svizzera tedesca Svizzera occidentale Svizzera italiana Regolare Irregolare Età Lavoro Formazione Regione
Rifos, Credit Suisse

demografico. Per uscire dall’angolo la via principale dovrebbe essere un forte aumento dell’occupazione giovanile, con salari più alti e contributi pensionistici più uniformi lungo l’intera vita attiva», nota Rossi, che prosegue: «Non si tratta ovviamente di aumenti indiscriminati, ma se la produttività sono anni che cresce, di pressioni salariali non se ne sono più viste. A far testo dovrebbero essere i salari reali, non quelli nominali, e quelli non sono cresciuti. A parità di prezzo e potere d’acquisto se la produttività aumenta, una quota sempre più ampia della produzione non può essere venduta, il che rallenta la crescita economica, del resto non è nemmeno ipotizzabile l’intera popolazione possa specializzarsi in terziario avanzato».

Senza trascurare i possibili aggiustamenti indolori sul fronte degli averi di vecchiaia, e sui loro rendimenti, che qualche ulteriore aiuto potrebbero fornirlo. «Investendo il patrimonio degli assicurati in modo più idoneo, e facendoli beneficiare del suo rendimento anche dopo il pensionamento si potrebbe ipotizzare una rendita base garantita, a cui aggiungere un ‘dividendo finanziario’ variabile. Sarebbe un modo semplice perché i lavoratori beneficino maggiormente dei rendimenti dei loro capitali, e per gli inattivi di continuare a risparmiare, controbilanciando in parte l’inevitabile erosione del capitale», sottolinea il responsabile di Zurich.

Ma se è difficile fare ipotesi su quali saranno i rendimenti finanziari a distanza di anni se non decenni, allo stesso tempo è molto meno incerta la curva demografica della popolazione svizzera, con tutte le conseguenze sulle Casse. «In termini di strategia d’investimento la sola demografia spingerà automaticamente gli istituti ad avere un orientamento più difensivo e un grado di rischio potenzialmente più contenuto, a fronte da un lato di un orizzonte temporale molto più breve, dall’altro di pensionati sempre più numerosi.

Gli averi dei pensionati sino a 75 anni sono investiti in valori nominali al 50%, oltre i 75 anni al 100. Conseguenze però anche in termini di cash flow, che si azzererà dopo il 2040, se infatti la popolazione attiva entro tale data dovrebbe aumentare di 300mila unità, i beneficiari di rendita dagli attuali 1,5 diventeranno oltre 2,7 milioni», conclude Marzio Grassi.

L’acclarata incapacità della maggior parte degli stati avanzati di raggiungere nuovi equilibri previdenziali sostenibili

La crescita esponenziale del III pilastro

Capitali presso banche in soluzioni in titoli (dx)

banche in conti interesse (dx)

Largo ai titoli

Penetrazione soluzioni in titoli per fasce d’età

Numero polizze assicurative (sx)

Numero conti bancari (sx)

Totale capitali presso banche e assicurazioni (dx)

ma anche accettabili per la popolazione ha nel corso degli anni dato una forte spinta alle soluzioni private; nel caso della Svizzera il III pilastro, risparmio privato fiscalmente agevolato, ne è stata la principale.

Tali soluzioni, seppur microeconomicamente efficienti, a livello aggregato hanno effetti ampiamente depressivi, e che specie se in prospettiva potrebbero portare a più danni che benefici, al pari dell’eventuale taglio degli assegni pensionistici.

Come il caso Giappone dimostra la soluzione non sta nel ‘lasciar fare’ ai privati nella speranza che un nuovo equilibrio maturi, ma è lo Stato che dovrebbe farsi carico di decisioni coraggiose, impopolari se necessario, ma eque, che tengano conto delle esigenze non del solo corpo elettorale. Al pari di qualunque decisione di natura squisitamente tecnica la democraticità non dovrebbe essere l’unica variabile determinante, anzi.

A patto che vi sia l’esplicito consenso di chi sia chiamato a contribuirvi finanziariamente, ossia la popolazione attiva e non tutta allo stesso modo, la soluzione più efficiente resta scaricare sulla fiscalità

Se a crescere è in generale l’intero comparto, sono le soluzioni in titoli a fare particolarmente bene, guardando soprattutto al pubblico più giovane, il cui orizzonte d’investimento non teme la volatilità degli azionari.

generale gli oneri, o almeno una parte di essi, della ‘seconda vita’ di quanti escano dal mondo del lavoro. Una vita in vacanza, i cui costi ne superino ampiamente il prezzo calmierato ma pattuito, ossia i contributi previdenziali dovuti ex lege, pone però tutta una serie di interrogativi che si è ben lungi dall’aver sciolto, non avendo mai davvero domandato a quanti saranno chiamati a sopportarli cosa ne pensassero, e soprattutto se fossero disposti a farlo.

Il rischio è che a un certo punto questo quarto contribuente, ancor più tacito del terzo, possa decidere di smettere di finanziare tale vacanza. E allora? Un’eventualità che specie in Paesi ad alta immigrazione, e con inattivi sempre più costretti all’estero, non dovrebbe essere troppo avventatamente

Luglio 2022 TM · 39
scartata.
N. di conti bancari e polizze assicurative (dati parziali, in mln chf) 3.0 2.5 2.0 1.5 1.0 0.5 0.0 150 125 100 75 50 25 0 Fonte: Credit Suisse, dati al 2020 2020 2015 2010 2005 2000 1995 1990 1985 Capitali presso assicurazioni (dx) Capitali presso
80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Fonte: Credit Suisse 2020 2019 2016 Tutti Donne Uomini Soluzioni solo digitali Tutti 18 –24 anni 25 –34 anni 35 –44 anni 45 –54 anni 55 –65 anni 66 –70 anni Tutti 18 –24 anni 25 –34 anni 35 –44 anni 45 –54 anni 55 –65 anni 66 –70 anni Tutti 18 –24 anni 25 –34 anni 35 –44 anni 45 –54 anni 55 –65 anni 66 –70 anni Tutti 18 –24 anni 25 –34 anni 35 –44 anni 45 –54 anni 55 –65 anni 66 –70 anni
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Da Arco alla Biennale

Eventi di ampio respiro come Arco a Madrid e la Biennale a Venezia offrono lo spunto per alcune rilessioni sul fenomeno del mercato della criptoarte e degli Nft.

Il fenomeno della criptoarte, a base di Nft, è in ascesa esponenziale e comincia a far breccia anche in case d’aste, gallerie e fiere internazionali. Solo curiosità? E quali opportunità si prospettano nel Metaverso?

Fiera di arte contemporanea internazionale, nata nella capitale spagnola nel 1982, ArcoMadrid l’anno scorso ha registrato un primato. Per la prima volta in una fiera d’arte, in piena pandemia e con un mercato dell’arte sofferente, è stata realizzata la vendita di un’opera Nft con la contestuale e interessante polemica tra artisti ‘tecnologici’. Infatti se la galleria Baró presentava l’opera Nft Tree hash di Solimán Lopez (venduta per 14.500 euro), composta da una riproduzione 3D di un olivo tipo bonsai dotata dell’informazione ‘tokenizzata’ sul luogo dove l’albero in questione è stato trapiantato, la galleria Max Estella presentava l’opera dell’artista visuale Daniel Canogar Shred (in vendita a 32mila euro) che ‘tritura’ opere Nft. L’opera consiste in un algoritmo che recupera dal web in tempo reale Nft appena vendute, le decostruisce e le ricostruisce in continuazione. L’artista ha dichiarato alla stampa: “È il mio commento sulle Nft. Come artista che lavora con la tecnologia mi concerne direttamente: mi irrita che oggi si guardi il nostro lavoro con più

interesse per questo, quando, invece, ha più a che fare con la speculazione e con la criptomoneta che con l’arte”. Oggi Daniel Canogar ha già nel suo catalogo Nft e Solimán Lopez ha presentato nell’ultima edizione di Arco, sempre con la galleria Baró, la sua ultima opera Nft, nifty, che forma parte del progetto ‘Olea’, una criptomoneta introdotta nel Dna di olio d’oliva (sí, è così, rimando gli increduli a: https://valenciaplaza.com/nace-primer-aceite-oliva-contienen-adn-criptomoneda-artista-soliman-lopez). In ottobre 2021 una di queste opere Nft - di gusto prettamente mediterraneo - è stata venduta da Durán all’asta per 6.500 euro.

A livello mondiale il fenomeno degli Nft in generale, e della criptoarte in particolare, è decisamente in ascesa esponenziale (con un mercato stimato nel 2021 di 2.500 milioni di dollari) e con orizzonti ancora difficili da prevedere.

Quando l’anno scorso a Madrid in una fiera dell’arte moderna si vendeva per la prima volta nella storia una Nft per 14.500 euro, la casa d’aste Christie’s aggiudicava l’opera The first 5000 Days

(2021), che partiva da una base di 100 dollari, per l’incredibile somma di 69,3 milioni di dollari! Come segnalato da Art Price, l’autore, Beeple (alias Mike Winkelmann) non era mai stato, fino ad allora, sul mercato: nessuna galleria, nessuna esposizione, nessun’asta. Aveva invece vari milioni di follower su Instagram così come, naturalmente, l’appoggio di Christie’s, una delle più antiche e prestigiose case d’asta del mondo. Secondo la stessa casa d’aste, 6 dei 33 offerenti erano asiatici. L’aggiudicatario è stato il fondatore del fondo crypto ‘Metapurse’, Vignesh Sundaresan, di Singapore, che ha superato il secondo offerente, Justin Sun, cripto-investitore cinese. Beeple è oggi uno dei tre artisti vivi con più successo (dopo Jeff Koons e David Hockney).

Oltre alle opere d’arte in senso più o meno classiche, anche altre Nft classificabili piuttosto come serie da collezione (o ‘certificati’ di appartenenza a un determinato circolo) hanno raggiunto un successo degno di nota. È il caso, per esempio, di CryptoPunks di Larva Labs e Bored Apes di Yuga Labs che nel 2021 hanno generato più di 75 milioni di dollari, pari a un terzo della cifra d’affari totale di Nft vendute in aste regolate.

Tornando in Spagna, quest’anno ad Arco sono tornate gallerie che presentano opere Nft, oltre appunto a Baró (con opere di Solimán Lopez e Amparo Sard), Fernando Pradilla (älvaro Barrios)

42 · TM Luglio 2022
economia / testimonianze

e Leyendecker (Emily Meringolo), ma trattasi comunque di un’eccezione tra i presenti che in generale hanno dichiarato non solo di non volere lavorare con Nft ma di non averne l’intenzione neppure per un prossimo futuro. Silvia Hernando, ha evidenziato - su ‘El Pais’ - che le loro ragioni sono diverse: per Luis Valverde, direttore di ‘Espacio Mínimo’, la qualità dei creatori che applicano questa tecnologia è povera. Si tratterebbe in sostanza di una bolla speculativa con un effetto di banalizzazione dell’arte. C’è chi intravvede il pericolo di una truffa a schema piramidale. D’altra parte, altri galleristi non escludono la loro apertura al mondo della criptoarte. È il caso della gallerista Sabrina Amrani (francese di origine algerina che ha aperto la sua galleria a Madrid nel 2011 e che ho conosciuto personalmente), la quale simpatizza con la tecnologia della blockchain nell’ambito dell’arte digitale come catalizzatore di pubblico e che vede nella criptoarte un potenziale per la creazione di una comunità di giovani collezionisti con un particolare senso di appartenenza.

Oltre alla realtà della casa d’aste Durán o della fiera di Arco, il mercato delle Nft si sta sviluppando in Spagna anche attraverso altri canali d’investimento.

È il caso di ‘Looking Nft’, una nuova piattaforma di negoziazione di Nft creata, lo scorso mese di marzo, da 15 investitori spagnoli (e che usa un wallet in Ethereum). Il ‘market place’ è partito con la ‘tokenizzazione’ di venti opere di grande formato del riconosciuto artista José Manuel Ciria, del valore di 50mila euro ciascuna, dunque con una stima totale di 1 milione di euro. Queste opere sono state divise in 400 Nft ciascuna.

Attraverso la piattaforma si può acquistare, a partire da un singolo Nft, con un investimento minimo di partenza di 125 euro. Come osserva E. Utrera del giornale ‘Expansión’, in sostanza l’idea è di democratizzare l’accesso, per ogni tipo di investitore, all’universo elitario delle opere di grandi artisti. L’obiettivo di Looking Nft è acquistare nel corso di quest’anno i diritti virtuali di opere di arte moderna di artisti molto riconosciuti sia spagnoli che internazionali ed emettere Nft per un valore iniziale di partenza di 10 milioni di euro.

Dalla Spagna due rinomati artisti, Marina Núñez (Palencia, 1966) e Miguel Soler-Roig (Barcelona, 1961) presentano le loro prime opere Nft nella prima esposizione di criptoarte facente parte del programma ufficiale della 59ma Esposizione Internazionale d’Arte, La Biennale di Venezia. Nella sede di Palazzo Ca’ Bernardo, come segnala Marta Menendez di ‘El Independiente’, citando i commissari Sandro Orlandi Stagl e Paul Emmanuel Loga Mahop, viene offerta “una grande opportunità per conoscere esperti dell’arte digitale e coltivare relazioni con le piattaforme più importanti del settore”. Il tema delle chimere si focalizza, sempre secondo i commissari, nell’ “immaginazione come aspetto chiave della creazione artistica”, come progetto “pensato in risonanza con la tematica generale della Biennale diretta da Cecilia Alemani, Il latte dei sogni, ispirata nell’opera di Leonora Carrington, a partire da tematiche come la metamorfosi dei corpi o la relazione tra gli individui e le tecnologie”.

La Nft di Marina, Sin piel , mostra donne le cui pelli si agitano perché percepite come una costruzione, una frontiera

Sopra, David Mülchi, Avvocato e socio dello Studio Mülchi & Asociados. L’anno scorso, la fiera d’arte ArcoMadrid è stata la prima a realizzare la vendita di un’opera Nft, con la conseguente coda di polemiche. Anche la 59ma Biennale di Venezia, in corso, non resta indietro e accoglie per la prima volta nel programma ufficiale un’esposizione di criptoarte.

e un’armatura che le libera dai loro limiti per essere un’altra cosa: metamorfiche, aperte, multipli che come spiega l’artista stessa: “Proprio il titolo dell’opera trasmette una certa idea di esposizione all’ambiente circostante, di vulnerabilità, che mi sembra preferibile all’ansia di invulnerabilità che tanto caratterizza l’essere umano”.

L’artista di Barcellona presenta l’opera La distorsión de las Quimeras con la quale vuole affrontare i differenti significati del termine “viaggiando dal globale al particolare” attraverso un elemento chiave nel quale “confluiscono tutte le prospettive”: l’immaginazione. Come spiega l’artista: “Una chimera è un sogno, una proposta irraggiungibile che proviene dall’immaginazione. Ciononostante, a volte i sogni si realizzano, per questo non smettiamo di perseguire chimere. La scienza, la tecnologia e l’arte sono alcuni degli strumenti più preziosi per aiutarci nel cammino verso illusioni che cambiano continuamente”.

Blockchain, arte, mercati, investimenti, collezionisti, wallet, schemi Ponzi, influencer, scimmie annoiate, chimere… Da Madrid a Venezia: ma cosa succederà nel Metaverso?

Luglio 2022 TM · 43

Il mondo preso nella rete

Trent’anni fa esisteva un solo sito web. Oggi sono 1,9 miliardi. Le tecnologie stanno cambiando il mondo, a partire dal sistema economico grazie alla globalizzazione. Domanda e offerta di prodotti e servizi segnano una totale rivoluzione delle abitudini e dei modi di consumo e della vita sociale.

Il mondo è nella rete. La crescita delle utenze da una parte, e dei siti dall’altra, è imponente e sembra inarrestabile, come mostrano i dati recentemente pubblicati da Internet World Stats, un sito web internazionale che offre dati aggiornati sugli utenti del web nel mondo, statistiche sulla popolazione, dati su Facebook e ricerche di mercato su Internet, per oltre 250 Paesi e regioni del mondo.

Certo, la pandemia ancora in corso in alcune aree del mondo e che nell’autunno potrebbe rinvigorirsi ha avuto un impatto significativo sul trend in atto, ma è difficile pensare che si possa tornare indietro.

Partiamo dall’utenza. Cinque miliardi

di persone in tutto il mondo oggi usano Internet, cioè il 63% della popolazione totale. Una cifra che continua a crescere, a un tasso annuale di oltre il 4%, come confermano i quasi 200 milioni di nuovi connessi nei dodici mesi fino ad aprile 2022. Le tendenze attuali indicano che due terzi della popolazione mondiale dovrebbe essere online entro metà 2023. Tra l’altro, la difficoltà nella raccolta di dati omogenei in certi Paesi suggerisce che le cifre reali siano molto più elevate.Rimangono, è vero, ancora quasi 3 miliardi di persone ‘non connesse’, la maggior parte in Asia meridionale e orientale e in Africa. I dati parlano chiaro: se quasi tutti i nordamericani sono ormai utenti del web

Il mondo preso nella rete dei ‘grandi’ del digitale: da sinistra, Tim Cook di Apple, Satya Nadella di Microsoft, Sundar Pichai di Google, Jeff Bezos di Amazon, e Mark Zuckeberg di Facebook.

(93,9%), in Africa meno della metà della popolazione (43,2%) vi ha accesso e in Asia il 63,8%, una percentuale però sfalsata da aree superconnesse, come Taiwan, Singapore, le Filippine e la Tailandia.

Tra l’altro, se si considera l’uso quotidiano della rete, a sorpresa si scopre che non sono gli utenti dei Paesi europei o del Nord America quelli che spendono un

44 · TM Luglio 2022
economia / digital
© Stefano Gagliardi

maggior numero davanti a uno schermo, ma, sia attraverso rete fissa sia mobile, sul podio salgono Sudafrica, Brasile, Filippine e Tailandia. Difficile trovare una chiave interpretativa di questi dati, ma è possibile immaginare che un uso giornaliero così massiccio sia dovuto al fatto che la rete risolva problematiche logistiche che diversamente renderebbero l’accesso al lavoro o allo studio più difficoltoso.

Ma a cosa si dedica principalmente questo enorme esercito di utenti? In primo luogo ad attività di ricerca (61%), poi, a pari merito (55%), all’informazione e ai contatti sociali (con amici e parenti), al consumo di video di intrattenimento (film, serie, etc) per il 52%, ma anche alla ricerca di fonti di ispirazione (48%) e all’ascolto di musica. Insomma, quasi tutti gli ambiti della vita quotidiana.

Un capitolo a parte riguardo la tipologia di utenza si può aprire per quanto riguarda l’e-commerce, che durante la pandemia, per ovvie ragioni, è letteralmente esploso. Un trend che non sembra però destinato a un significativo rimbalzo, perché si lega ad abitudini non solo di consumo, ma anche di vita che si vanno via via stabilizzando. Si consolidano infatti fenomeni come, da una parte, lo smart working, che lascia a casa molte persone che prima si spostavano quotidianamente ed effettuavano i loro acquisti approfittando del tragitto, e, dall’altra, i trend salutistici e individualistici che spingono i consumatori a dedicare sempre più tempo libero allo sport e a passioni personali, sottraendo tempo allo shopping fisico. Si può quindi dire che, con una sorta di circolo virtuoso - che alcuni potrebbero considerare vizioso - i cambiamenti degli stili di vita spingono le utenze Internet e, a loro volta, sono spinti dall’uso sempre più massiccio della rete.

Se i dati sul fronte della domanda sono imponenti, non meno significativi sono quelli dell’offerta. Nel 1991 esisteva un’unica pagina web; trent’anni dopo, nel 2022, siamo arrivati a 1,9 miliardi di pagine. Le più visitate sono di gran lunga quelle di Google, con 86,9 miliardi di visualizzazioni al mese, seguito da YouTube (22,8), Facebook (20) e Wikipedia (13,6), mentre le piattaforme più popolari, in termini di utenti registrati, sono Facebook (2,9 miliardi di utenti), YouTube (2,56), WhatsApp (2,0), Instagram (1,45) e WeChat (1,26). Twitter per ora è di gran lunga meno frequentato con

Le aziende digitali di maggior valore al mondo Crollo

436 milioni di utenti e la situazione non promette di migliorare dopo che a inizio luglio Elon Musk si è ritirato dall’accordo per l’acquisto da 44 miliardi di dollari che aveva sottoscritto ad aprile, rimesso in discussione - a quanto dichiarato - dalle preoccupazioni sulla proliferazione di profili falsi. Una mossa che più di canori cinguettii digitali rischia di sollevare una lunga battaglia legale.

Alcuni dati sulla crescita del mondo digitale sul fronte dell’offerta: uno su tutti, nel 1991 esisteva una sola pagina web, oggi sono quasi due miliardi. Le più visitate sono di gran lunga quelle di Google, mentre Facebook guida per numero di utenti. Tuttavia la travagliata prima parte del 2022 ha visto le Big Tech bruciare miliardi di capitalizzazione.

Luglio 2022 TM · 45
523 1.168 1.544 2.006 900 2.353 1.700 1.900 2.500 3.000 0 500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000
■ 1/1/2022 ■ 7/7/2022 Fonte: Bloomberg, al 7-VII-2022 0 10 20 30 40 Italia Svizzera Austria Olanda Germania Spagna Norvegia UE Regno Unito Finlandia Francia Ungheria Svezia Rep. Ceca Irlanda ■ 2020 ■ 2019 ■ 2016 ■ 2011 Fatturato e-commerce aziende Crescita % del fatturato totale Fonti: KOF; Eurostat ‘91 ’95 ‘00 ’05 ‘10 ’15 ‘20 1,9 1,8 1,4 1,0 0,6 0,2 Fonte: Statista 1 Il numero di siti web dall’anno di fondazione a oggi (in mld) 0 20 40 60 80 Google Youtube Facebook Wikipedia Yahoo Japan Le pagine più visitate (dati mensili, in mld di visualizzazioni) 5,2 13,6 20,0 22,8 86,9 Fonte: 2,91 2,56 2,0 1,45 1,26 0 1 2 3 Facebook Youtube Whatsapp Instagram WeChat Le piattaforme più popolari Utenti registrati (in mld) Fonte: Kepios
della capitalizzazione di mercato
dallo scorso gennaio (in mld di $)

Uso quotidiano di internet: i Paesi campioni di screen-time da rete fissa (sopra) e mobile (sotto), in ore e minuti

Cosa facciamo su internet nel mondo

61% 48%

55% 52% 46%

Internet World Stats

Continua l’esponenziale crescita del consumo del digitale: in meno di trent’anni, Internet è passato da 16 milioni di utenti agli attuali oltre 5 miliardi, quasi due terzi della popolazione mondiale. A sorpresa sono Sudafrica, Brasile, Filippine e Tailandia i Paesi dove si trascorre più tempo online: lavoro, studio, servizi altrimenti di difficile accesso potrebbero essere i motivi.

Certo non si può dire che questo sia un mondo in cui le cose restano stabili a lungo: basta poco perché si creino bolle destinate a scoppiare. È il caso del recente crollo di borsa delle principali aziende attive nell’It. Da gennaio a oggi, complice la guerra e le difficoltà economiche mondiali, la capitalizzazione di borsa di Apple è scesa da 3 miliardi di dollari a 2,4, quella di Microsoft da 2,5 a 2,1 e quella di Google da 1,9 a 1,5 miliardi. Stiamo sempre parlando di aziende molto ricche, ma non è tutto oro quello che luccica.

D’altra parte se il mondo in rete ha molti pregi e vantaggi, anche i rischi sono dietro l’angolo. Basti pensare al tema dell’hackeraggio, in crescita almeno quanto la rete stessa. Negli ultimi cinque anni, il cybercrime è il tipo di attacco che cresce di più, al punto che nel 2020 si stima che abbia causato danni per oltre 30mila miliardi di euro. Il 2020 ha anche fatto registrare il record negativo degli attacchi informatici: a livello mondiale sono stati 1.871 quelli di entità grave, con un impatto sistemico in ogni aspetto della società, della politica, dell’economia e della geopolitica.

46 · TM Luglio 2022
Yves De Giorgi 16 361 1.000 3.400 5.100 0 1.000 2.000 3.000 4.000 5.000 1995 2000 2005 2015 2021 Quasi due terzi della popolazione mondiale usa internet dati in mln Fonte: Internet World Stats 93,9 75,6 88,2 43,2 74,9 63,8 69,9 0 20 40 60 80 100 America del Nord America Latina Europa Africa Medio Oriente Asia Oceania In quanti hanno accesso a internet in %, per area geografica Fonte: Internet World Stats 5,37 4,54 4,4 4,11 4,04 4,01 3,55 3,5 3,44 0 1 2 3 4 5 6 Sudafrica Brasile Filippine Russia Israele Emirati Arabi Taiwan Singapore Turchia
> B r E + T 5,47 5,28 5,25 5,09 4,16 4,12 3,41 3,39 3,34 0 1 2 3 4 5 6
rete mobile (in
Fonte:
B
R
Filippine Tailandia Brasile Sudafrica Turchia Taiwan Romania Russia Singapore
da
ore e minuti)
Statista
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r + y
55% Contatti amici e famigliari Ricerche Notizie Video, film, TV Ispirazione Musica
Fonte:

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Comunicazione di marketing. Janus Henderson Capital Funds Plc è un OICVM di diritto irlandese con separazione patrimoniale tra i comparti. Si fa presente che qualsiasi valore - dei titoli del portafoglio, delle classi di azioni e dei costi dovuti o rappresentati - espresso in una valuta diversa da quella di riferimento esporrà al rischio valutario. I costi e i rendimenti possono aumentare o diminuire a causa di fluttuazioni valutarie e dei tassi di cambio. Consultare il prospetto dell’OICVM e il KIID prima di prendere qualsiasi decisione finale di investimento.

Emesso da Janus Henderson Investors (Schweiz) AG (n. reg. CHE-109.853.110 in Dreikonigstrasse 12, CH-8002 Zurigo) e Henderson Management S.A. (n. reg. B22848 al 2 Rue de Bitbourg, L-1273, Lussemburgo e regolamentata dalla Commission de Surveillance du Secteur Financier). L’estratto del prospetto (edizione per la Svizzera), l’atto costitutivo, l’estratto della relazione annuale e semestrale, in lingua tedesca, possono essere richiesti gratuitamente al rappresentante in Svizzera: First Independent Fund Services Ltd (“FIFS”), Klausstrasse 33, CH-8008 Zurigo, Svizzera, tel: +41 44 206 16 40, fax: +41 44 206 16 41, web: www.fifs.ch L’agente pagatore svizzero è: Banque Cantonale de Genève, 17, quai de l’Ile, CH-1204 Ginevra. Gli ultimi prezzi delle azioni sono disponibili sul sito www.fundinfo.com. Copie del prospetto del Fondo, del Documento contenente le informazioni chiave per gli investitori, dello statuto, delle relazioni annuali e semestrali sono disponibili in inglese e in altre lingue locali, a seconda delle necessità, sul sito www.janushenderson.com. Janus Henderson, Janus e Henderson sono marchi di Janus Henderson Group plc o di una delle sue filiali. © Janus Henderson Group plc.

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Il valore aggiunto del Festival

Mentre i modelli di consumo mediatico si spostano dalle sale dei cinema alle piattaforme della rete, il Locarno Film Festival si interroga sulla propria essenza, guardando alle opportunità del digitale per rendere ancor più rilevante la propria presenza e affrontare la sfida della sostenibilità futura. Festeggiando 75 anni, forte del sostegno di politica e partner privati.

Occasione di celebrazioni e bilanci: se gli anniversari invitano a commemorare e soppesare, il Locarno Film Festival, che dal 3 agosto affronterà la sua 75esima edizione - coetaneo di Cannes, entrambi nati nel 1946, fra le prime rassegne cinematografiche delle seimila odierne ad aver visto la luce - pur senza disdegnare i festeggiamenti preferisce cogliere la ricorrenza come stimolo per guardare al futuro. Un’attitudine che caratterizza sin dagli esordi la sua missione: favorire la libertà di espressione, sostenere la cinefilia, promuovere la scoperta di nuovi talenti e difendere il cinema emergente. Quattro obiettivi ai quali oggi, mentre l’era del grande schermo deve fare i conti con il caleidoscopio di opportunità del digitale, se ne aggiunge un quinto, fondamentale: interrogarsi sul futuro dell’audiovisivo, riflettendo su nuovi linguaggi e pubblici sempre più eterogenei.

«Sicuramente siamo stati avvantaggiati dall’avere un presidente ‘felicemente inquieto’ come Marco Solari, che da sempre ci spinge a metterci in discussione, senza accontentarsi di quanto raggiunto», osserva Raphaël Brunschwig, Managing director del Locarno Film Festival (Lff). «Le domande fondamentali del presente sono: cos’è un festival cinematografico oggi? Quali esperienze può offrire nell’era del binge watching sulle piattaforme streaming, nell’economia digitale dove artisti e curatori devono competere con degli algoritmi? Qual è il nostro valore aggiunto e come farlo vivere tutto l’anno, oltre le due settimane della rassegna? Come si può rafforzare l’attuale business model?», elenca Raphaël Brunschwig.

economia / industria dello spettacolo 48 · TM Luglio 2022

Quesiti su cui il Locarno Film Festival si era chinato già prima dello scoppio della pandemia, giungendo attrezzato per avviare, nelle ultime edizioni, le prime sperimentazioni che, non semplicemente finalizzate a dribblare le limitazioni contingenti, rispondono alla logica di una ‘visione 365’, che sfruttando le opportunità della dimensione virtuale si propone di estendere i limiti spaziali e temporali dell’evento fisico per potenziarne e diversificarne l’impatto, raggiungendo una platea potenzialmente globale.

In quest’ottica va letta una notizia come l’ingresso dal 2023 di Swatch fra i main partner della manifestazione, a fianco di la Mobiliare, Swisscom e Ubs. Un partner che apre interessanti prospettive anche per la sua proiezione internazionale: già avvicinatosi al Festival con collaborazioni puntuali, e sempre più orientato alla promozione dell’arte in tutte le sue forme, prospetta interessanti sinergie, subentrando allo storico partner Manor, che rimarrà anche se in formati diversi.

Attirare fra i propri sostenitori principali l’iconico brand svizzero non sarebbe stato possibile senza una struttura e una visione di sviluppo all’altezza. E valori comuni: «Al di là di tutte considerazioni di opportunità, la scelta di un Ceo che decide di sostenere il cinema in una regione comunque periferica come la nostra e di puntare sull’eccellenza per aiutare a rafforzare la posizione del Ticino in Svizzera e della Svizzera nel mondo, non è scontata», sottolinea il Managing director.

Lo shift sul digitale ha investito anche i meccanismi di finanziamento, in parallelo all’evoluzione culturale di istituzioni e aziende sponsor. «Non ci considerano più soltanto un evento a cui invitare i loro stakeholder per godersi un’esperienza memorabile, ma vogliono rappresentare i loro valori attraverso la realizzazione di progetti sempre più ambiziosi e innovativi, creati ad hoc insieme a noi. Il che ci richiede di far fronte a un aumento della complessità nella dimensione dello sponsoring, impiegando più risorse», spiega Raphaël Brunschwig.

Oggi il Locarno Film Festival può contare su un solido equilibrio fra sovvenzioni pubbliche - che sommando i livelli federale, cantonale e comunale assicurano il 45% circa del complessivo budget di 14,43 milioni - e partner privati, che portano il 35%, altri 5 milioni, mentre il ticketing e altri ricavi propri coprono

«Quali esperienze può offrire un Festival cinematografico come quello di Locarno nell’era del binge watching sulle piattaforme streaming, dell’economia digitale dove artisti e curatori competono con degli algoritmi? Qual è il nostro valore aggiunto e come farlo vivere oltre le settimane della rassegna?»

Raphaël Brunschwig Managing

del Locarno Film Festival

un altro 16%, guardando al 2021. «Di nuovo, grande merito va riconosciuto al presidente Solari: quando è arrivato, vent’anni fa, ha capito che per crescere occorreva professionalizzare l’organizzazione dividendo la direzione in artistica e manageriale, e portare l’economia privata. Così il budget che allora ammontava a 6 milioni e 1 di debito, è più che raddoppiato», evidenzia il Managing director.

Per mantenere la collocazione tra i dieci festival più rilevanti e strategici per l’industria dell’audiovisivo occorre ora confrontarsi con gli innegabili cambiamenti che hanno investito produzione, distribuzione e fruizione. «In particolare, sono i giovani a consumare diversamente, vanno meno in sala e frequentano poco i festival, hanno altri riferimenti mediatici. Stiamo quindi aggiungendo delle dimensioni fortemente improntate alle nuove generazioni», puntualizza Raphaël Brunschwig. Nel 2017 è stato lanciato Locarno Kids la Mobiliare, un progetto che si è rapidamente consolidato raccogliendo molti partner e, oltre

finanzia il Festival Tipologia di finanziamento in %, 2021

Sovvenzioni federali Sovvenzioni cantonali Sovvenzioni comunali Enti e diversi Sponsor Mezzi propri (biglietti e altri ricavi)

Fondamentale per il Locarno Film Festival tanto il sostegno delle sovvenzioni pubbliche quanto dei partner privati, che insieme assicurano l’80% del budget di 14,5 milioni di franchi. Sopra, la locomotiva pardata inaugurata per il 75esimo, che porterà il brand della manifestazione in tutta la Svizzera.

Luglio 2022 TM · 49
16,2% 23.9% 4,9% 3,4%
Totale sovvenzioni 14,42 mio Chf 16,2% 23,9% 5,1% 3,4% 35,3% 16,1%
Chi
Fonte: LFF
© Beat Schweizer © Locarno Film Festival / Ti-Press

a una ricca offerta di attività laboratoriali che coinvolgono centinaia di bambini, è diventato anche una sezione del Festival. Sono poi state rafforzate le Accademy e, grazie al BaseCamp, viene offerta una residenza per duecento giovani creativi, mentre lo spazio della Rotonda mira ad avvicinare i giovani locali.

Se è chiaro che il festival fisico, con l’emblema della Piazza Grande, magica e insostituibile, rimarrà al centro, occorre ora dispiegare ulteriormente il potenziale, offrendo un’esperienza diffusa, personalizzata e permanente. «Il pubblico della rassegna può crescere fino a un certo punto ed è sostanzialmente nazionale, tranne un 20-30% di professionisti del settore, ma i potenziali interessati sono molti di più. In una logica di economia

di piattaforma si tratta di capire quali siano i partner a cui legarsi, anche a livello internazionale, per accrescere il valore di quello che facciamo, basato sempre sulla curatela dei contenuti, selezionati tra centinaia di migliaia di possibilità dal direttore artistico con la sua squadra: un lavoro unico che ci caratterizza e ci posiziona come festival di scoperta, rilevante per industria cinematografica, ma aperto sia a un pubblico di cinefili sia generalista come quello di Piazza Grande», sottolinea Raphaël Brunschwig.

In questa direzione, già negli scorsi anni, sono stati lanciati una quindicina di progetti, tutti in fase di sviluppo con ottime premesse, tra cui, nel 2020, la cattedra congiunta all’Usi, assegnata a Kevin B. Lee, che vuole divenire un vero e

Aspettando la 75esima edizione

Se l’obiettivo della squadra di Locarno è ogni anno di realizzare l’edizione migliore di sempre, la numero 75, che si terrà dal 3 al 13 agosto, ha un sapore particolare. In attesa di valutare i film in gara, si può già pregustare la retrospettiva dedicata al grande Douglas Sirk: un regista della Hollywood classica che, dalla Nouvelle Vague in poi, ha ispirato intere generazioni di cineasti con il suo sguardo antiretorico, la raffinatezza estetica e l’inedita sensibilità femminista che culmina nel ciclo dei suoi grandi melodrammi (in foto, una scena dell’indimenticabile Magnifica Ossessione). Nel 1978, al ritorno in Europa, Sirk partecipò al Locarno Film Festival, scegliendo poi Lugano per trascorrere i suoi ultimi anni. Per la prima volta, l’intero corpus delle sue opere potrà essere riletto a partire dai documenti inediti messi a disposizione dalla Douglas Sirk Foundation, custoditi dal 2012 alla Cinémathèque Suisse.

Qualche anticipazione: il Pardo d’onore Manor e il Vision Award Ticinomoda verranno attribuiti a due donne che dell’invenzione e della sperimentazione hanno fatto la cifra del proprio percorso: Kelly Reichardt, tra le voci più originali e indipendenti del cinema americano contemporaneo, e Laurie Anderson, un’artista multimediale e interdisciplinare che con le immagini ha saputo intrecciare un dialogo unico. Jason Blum, figura centrale che ha ridefinito il cinema indipendente contemporaneo e ha prodotto successi come Whiplash e BlacKkKlansman, riceverà il Premio Raimondo Rezzonico 2022, riconoscimento ai protagonisti della produzione internazionale, mentre a Matt Dillon verrà consegnato il Lifetime

proprio luogo di ricerca per riflettere sul futuro del cinema e dei festival. Un altro esempio significativo è la ToolBox online, a supporto dei cineasti emergenti nell’ambito di Open Doors: «Una piattaforma che mette a disposizione informazioni e risorse su come lavorare alla scrittura e come si produce un film, come finanziarlo ed entrare in determinati circuiti, a quali festival presentarsi. Si faceva già fisicamente, ma a un costo relativamente alto, portando a Locarno al massimo una cinquantina di persone. Un anno e mezzo dopo il lancio abbiamo già raccolto una community di 1500 persone, e siamo solo all’inizio», rileva il Managing director. Soltanto uno fra i moltissimi esempi. Ogni iniziativa è rivolta a un suo specifico pubblico, tra i diversi che il Festival

Achievement Award. Il Pardo alla carriera Ascona-Locarno verrà attribuito al regista greco-francese Costa Gravas che ha saputo coniugare l’intrattenimento più emozionante all’impegno civile.

«Nel 2021 siamo stati il primo grande evento organizzato in Svizzera dall’inizio della pandemia, vincendo la sfida di tornare in una forma completa, con la Piazza. Tuttavia abbiamo scontato ancora alcune limitazioni, come quelle sulla capienza delle sale, che hanno dimezzato gli ingressi, mentre i professionisti del settore hanno registrato solo una flessione del 10%. In totale 209 film, di cui otto prime internazionali, 78.600 spettatori. Ottimi i risultati online: 290mila i visitatori unici del sito, il doppio del 2019, da 186 Paesi», ricorda Raphaël Brunschwig.

È stato anche il battesimo per il nuovo direttore artistico, Giona A. Nazzaro, che ha dimostrato di saper giocare molto bene sui diversi registri, con una Piazza attrattiva e proposte di grande spessore. «Quest’anno siamo stati facilitati nella selezione dei titoli dal fatto che Cannes si svolgeva di nuovo nelle date canoniche, dunque non ha scelto in concomitanza con noi. Torneremo anche ad avere il luogo di incontro allo Spazio Cinema e si aggiungerà la sala all’Otello di Ascona», illustra il Managing director. Un Locarno Film Festival uscito addirittura rafforzato da un biennio forse tra i più difficili mai attraversato, pronto ad affrontare un’edizione speciale come quella del 75esimo, ma anche la sfida più grande, quella della sostenibilità e della rilevanza futura della manifestazione.

50 · TM Luglio 2022

coinvolge: da turisti e semplici curiosi ad appassionati, dai professionisti di domani a chi già di cinema vive. Senza escludere le contaminazioni. Una comunità polivalente, inclusiva e sostenibile all’interno della quale le trasformazioni che stanno attraversando l’audiovisivo diventano un terreno fertile per sviluppare e favorire la comunicazione interculturale, i valori che stanno dietro alle opere selezionate. Uno spazio di incontro e dialogo, anche virtuale. «Questo, per tornare a sponsorship e partnership, apre il campo in modo inedito. Se fino a oggi la partita si è giocata in Svizzera, con budget calibrati su scala nazionale - con l’eccezione di qualche nome internazionale molto specifico dell’industria cinematografica - adesso si può operare su uno scacchiere più ampio. Il che, insieme a nuove opportunità, comporta sfide non semplici: di contenuto - cosa si va a fare a livello digitale; finanziarie - come assicurare che i nuovi

progetti generino valore; organizzative - gestire la complessità crescente di un sistema di relazioni che, tra fornitori e partner, già conta oltre 150 attori, laddove ogni tassello deve essere al posto giusto, allineato alla nostra strategia», osserva Raphaël Brunschwig.

Sempre per assicurare un futuro al Festival e comunicare quanto fatto per il territorio, si è deciso di presentare un rapporto di sostenibilità, primo tra i festival cinematografici a cimentarsi. Sul fronte ecologico da oltre dieci anni è stata raggiunta la neutralità climatica, e quest’edizione vede il lancio del Locarno Green Project, per sensibilizzare alle pratiche verdi tramite il cinema e le sue narrazioni. Tra le prime iniziative, il Pardo Verde Wwf, lanciato insieme alla più grande organizzazione ambientale nel mondo, premia l’opera in concorso che meglio riflette una tematica ecologica. Sul fronte economico ogni franco investito ne

Dal 2023 l’iconico brand svizzero Swatch, forte di una proiezione globale, sarà Main partner del Locarno Film Festival, insieme a la Mobiliare, Swisscom e Ubs e al Destination partner Ascona-Locarno.

rende almeno tre. Ma ancor prima per una manifestazione dalle sue origini orientata a una missione culturale e sociale, la sostenibilità è un fattore identitario, inteso come sostegno alle community cinematografiche e alla collettività.

Tutti fattori che hanno concorso al rafforzamento del sostegno sia da parte dell’Ufficio federale della cultura, sia del Gran Consiglio ticinese, che ha approvato un aumento del contributo cantonale da 2,8 a 3,4 milioni di franchi, mentre i comuni raccolgono oltre mezzo milione. Ed è anche in forza di questo riconoscimento pubblico che si può andare dall’economia privata per cercare nuovi sponsor.

Le prospettive, per una squadra giovane, molto motivata e che sa in quale direzione andare, sono ottime; la sfida stimolante. «Questo momento favorevole si inserisce anche in logiche territoriali interessanti, si pensi all’aperura del PalaCinema e al lavoro della Ticino Film Commission, ma anche alle sinergie con Usi, Supsi e scuole come il Cisa, che permettono una costante riflessione sui diversi piani, dalla comunicazione alla struttura all’organizzazione. Così si creano le condizioni ideali per cercare di rispondere a un’altra domanda importantissima, di cui non siamo che un tassello, anche se fondamentale: come trasformare Locarno in una media city e farla diventare un punto di riferimento nell’audiovisivo, per tutto l’anno, con un impatto economico e identitario?», conclude il Managing director del Locarno Film Festival.

Ecco quindi che proprio la rifrazione del digitale potrebbe accrescere la rilevanza dell’evento fisico. Nella consapevolezza che confrontarsi con le trasformazioni tecnologiche, culturali, economiche e sociali del proprio tempo sia inevitabile, addirittura strutturale per un organismo vivente come un festival cinematografico. Evolvere non significa tradire la propria identità ma tramandarla in nuove forme. Entrando a testa alta nel futuro, forti del proprio passato.

Luglio 2022 TM · 51
Susanna Cattaneo © Locarno Film Festival

Benessere, strategia salutare

Non semplice assenza di malattia o infermità, ma uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale: così l’Organizzazione mondiale della sanità definisce la salute e in quest’accezione olistica sembra finalmente recepirla anche il mondo del lavoro, pubblico e privato. Per compiere il salto decisivo occorre sviluppare un approccio integrato, articolato e sistematico.

Se fino a non molti anni fa preoccuparsi di salute al lavoro significava sostanzialmente ottemperare agli obblighi normativi tutelando l’incolumità fisica dei propri collaboratori e conformando postazioni, attrezzature e mansioni a criteri ergonomici - dunque limitandosi a misure pratiche e puntuali, basate sul singolo impiegato - diventa sempre più chiaro come sia essenziale estendere il discorso oltre la pur imprescindibile prevenzione dei rischi per avviare, in un’ottica di responsabilità sociale d’impresa, politiche in grado di promuovere un ambiente di lavoro sereno e stimolante, in cui a partire dai modelli contrattuali proposti, alle occasioni di ascolto, fino alle prospettive di carriera, tutto il sistema concorra a creare quel clima di fiducia e partecipazione che del benessere è il fondamento.

«Un approccio fortemente integrato nella gestione di salute e benessere al lavoro è d’altro canto sollecitato dalle

trasformazioni del mondo professionale, con sfide su più fronti: da una parte l’evoluzione tecnologica guidata dalla digitalizzazione, con l’intensificazione dei ritmi produttivi e di aggiornamento; dall’altra parte l’invecchiamento della popolazione che mette sotto pressione gli organici e richiede di favorire il rapporto fra generazioni e la trasmissione delle competenze, cui si sommano in questo particolare periodo storico le difficoltà nel fronteggiare un mercato caratterizzato da crescenti incertezze e dalla volatilità dei consumi», spiega Danuscia Tschudi, Ricercatrice senior del Centro competenze lavoro, welfare e società del Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale (Deass) della Supsi. «Questo contesto fortemente instabile richiede grande versatilità e induce a rivalutare salute e benessere non più come esternalità secondarie nel processo produttivo, ma in quanto elementi cardine per raggiungere i risultati auspicati. Salute e profitto non sono necessaria-

Sopra, la sede a Biasca di HAS Healthcare Advanced Synthesis, esempio virtuoso a livello svizzero per la sua politica di gestione della salute e del benessere in azienda.

mente antitetici», osserva la ricercatrice. Non si tratta tanto di focalizzarsi sulle stime che quantificano la perdita di produttività causata da problemi di salute, che in Svizzera hanno comunque un peso rilevante, 48 miliardi di franchi nel 2020, di cui 7,6 legati allo stress lavorativo. Occorre fare un ulteriore passo e comprendere come il benessere possa divenire un’eccezionale leva di performance, stimolando il rendimento dei dipendenti che, appagati dalla piacevolezza dell’ambiente lavorativo, dalle agevolazioni loro offerte, dalla maggior responsabilizzazione e dalle prospettive di carriera e sviluppo, sono motivati a dare il meglio. «Idealmente vorremmo che ogni

52 · TM Luglio 2022
economia/ management

collaboratore si sentisse a propria volta imprenditore all’interno dell’azienda», sottolinea Waldo Mossi, Ceo di Has Healthcare Advanced Synthesis (Has) di Biasca, leader a livello internazionale nello sviluppo e nella produzione di principi attivi per conto terzi. Nel suo Dna porta inscritta la filosofia ispiratrice della Famiglia Braglia, che se con Helsinn ha fatto del miglioramento della vita dei pazienti oncologici la sua missione, applica la sensibilità al benessere del prossimo a ogni livello del proprio paradigma aziendale, senza dimenticare le importanti iniziative benefiche sostenute. «La salute e il benessere delle persone in azienda sono pertanto sempre state al centro della nostra attenzione, ma è soprattutto da quando nel 2011 il Gruppo Helsinn, di cui abbiamo fatto parte fino alla fine del 2021, ha deciso con lungimiranza di iniziare a preoccuparsi di responsabilità sociale di impresa e sostenibilità che si è avviato un percorso più strutturato, anche con il supporto di consulenti esterni. A partire da un’analisi più approfondita, abbiamo rafforzato e imparato a meglio strutturare e comunicare iniziative e attività che, in gran parte, già in precedenza proponevamo, affidandoci però soprattutto al buon senso, senza ancora appoggiarci a un’architettura di riferimento che permettesse di sistematizzarle e agire a 360 gradi, creando procedure e policy», prosegue Waldo Mossi.

Non è esagerato affermare che oggi, per la sua politica di gestione della salute e del benessere in azienda (Gsa), Has Healthcare Advanced Synthesis costituisca un esempio virtuoso a livello svizzero, e non solo, in un settore come quello chimico nel quale non sempre è facile proporre o applicare delle azioni come lo sarebbe in altre realtà produttive. Il suo programma “Benessere e qualità della vita” tocca aspetti ‘hardware’, come l’offerta di salari competitivi e in linea con le prescrizioni Equal Pay, un piano annuale bonus e premi speciali, un vantaggioso pacchetto di previdenza professionale e assicurativa, inquadramenti diversificati e work-life balance con modalità di lavoro e orari flessibili, congedi retribuiti sovraobbligatori, fino a 30 giorni di vacanze annui oltre ai 16 di festività. A fianco degli specifici programmi dedicati a benessere e mobilità, con tutta una serie di facilitazioni e la proposta di sempre nuove attività, il terzo pilastro è focalizzato sullo sviluppo della

«Da quando una decina di anni fa, con il Gruppo Helsinn, abbiamo avviato un percorso strutturato per occuparci di Csr, anche con il supporto di consulenti esterni, abbiamo potuto sistematizzare e potenziare quanto già facevamo intuitivamente, creando procedure e policy con una visione a 360 gradi»

Waldo Mossi, Ceo di HAS Healthcare Advanced Synthesis

Perché le aziende trattano questioni legate alla Gsa?

Frequenza dell’opzione di risposta “molto importante”

e benessere del personale

Produttività e qualità delle prestazioni Immagine pubblica e aspettative dei clienti

In quali temi la sua azienda dovrebbe investire di più?

allo stress / alla salute psichica

del movimento / offerte di sport

e promozione del personale

Max. 3 menzioni per azienda, prime otto posizioni Postazioni di lavoro ergonomiche / contesto lavorativo Buona cultura aziendale / cultura di conduzione

di un’aliment. sana

dei compiti favorevole alla salute

Promozione Salute Svizzera, 2020

persona, con un interessante percorso di crescita professionale che ha il proprio perno nella formazione continua.

«Offriamo un contesto di lavoro in cui il collaboratore sa di poter sempre trovare un punto di riferimento e una possibilità di realizzazione, diventando a propria volta parte di un ambiente che genera salute e benessere», sottolinea Annalisa Matta Ghielmetti, Deputy Director of Human Resources di Has. «Se

Il 71% delle imprese svizzere attua strategie di Gsa, secondo Promozione Salute Svizzera. Sensibilizzazione alla salute psichica dei collaboratori, promozione del movimento e conciliazione lavoro-privato sono le principali necessità avvertite, tuttavia la maggior parte nei fatti ricorre a consulenze, formazione e case management senza un vero concetto di sviluppo del benessere in azienda.

Luglio 2022 TM · 53
Soddisfazione
Responsabilità sociale/contributo al
generale Attrattività in quanto datore di lavoro Pressione ispezioni sul lavoro/requisiti pol. e giuridici 46,6 18,4 43,5 67,9 32,6 50,6 56,1 57,8 Riduzione del tasso di assenze Esigenze e aspettative del personale 50 60 30 40 10 20 0 Fonte: Promozione Salute Svizzera, 2020 70
benessere
Sviluppo
Impostazione
Promozione
Conciliazione tra vita privata e professionale 117 123 141 158 123 148 165 324 Sensibilizzazione
Promozione/offerta
250 300 150 200 50 100 0 Fonte:

è necessaria consapevolezza e un forte impegno da parte della dirigenza e del management, tutte le iniziative vanno a mio parere costruite su un’impostazione bottom-up, facendo partecipare i collaboratori per raccogliere i loro pareri e bisogni, in continua evoluzione, proprio come lo è la società. Quando coinvolgo creo commitment: un assunto di base delle relazioni umane, che vale a maggior ragione in azienda», evidenzia la Deputy Director of Human Resources di Has, azienda fra i patrocinatori della neocostituita associazione Forum Gsa

«L’importante è non limitarsi a soluzioni preconfezionate, ma partire dall’analisi delle problematiche della singola azienda, ad esempio di comunicazione o pianificazione dei flussi di lavoro, comprendendo come al centro di un ambiente di lavoro sano sia l’approccio organizzativo»

Ticino, parte dell’omonima rete svizzera coordinata dalla fondazione Promozione Salute Svizzera per diffondere buone pratiche nell’ambito.

Essenziale per rendere partecipativo il percorso è un rapporto di fiducia che permetta di coltivare un dialogo aperto. In questo senso, il lavoro di chi si occupa di Hr ha conosciuto un’evoluzione radicale. Altrettanto cruciale una corretta organizzazione dei flussi di attività, delle responsabilità dei singoli e del modo di lavorare insieme. «Lo abbiamo ad esempio constatato in occasione della riorganizza-

Una visione olistica della sostenibilità

Storia recente, nel gennaio 2022, Helsinn Advanced Synthesis ha annunciato la separazione delle proprie attività dal Gruppo Helsinn, in seno al quale è nata come sito di produzione chimica nel 1984, a Biasca, e la costituzione di Has Healthcare Advanced Synthesis, appartenente alla 3B Future Holding, a sua volta controllata dalla Famiglia Braglia. «Era arrivato il momento di massimizzare entrambe le attività: il Gruppo Helsinn sempre più focalizzato sulla ricerca di molecole altamente selettive nel campo dell’oncologia, noi invece fra i leader mondiali nella produzione di sostanze altamente attive conto terzi con soluzioni esclusive, personalizzate e di alta qualità», commenta il Ceo di Has Waldo Mossi.

Immutata la visione di ampio raggio che promuove la responsabilità sociale di impresa, sostenibilità ambientale ed economica. Nel 2012 il Gruppo Helsinn è stata la prima azienda privata in Ticino a redigere un rapporto di sostenibilità secondo gli standard del Global Reporting Initiative. Dal 2015 viene pubblicato il bilancio di sostenibilità “Quality of life”, che esplicita l’aspirazione a contribuire al miglioramento del benessere di tutti gli stakeholder, dai pazienti ai collaboratori, con attenzione a territorio e comunità locali. «Le nostre prestazioni ambientali sono costantemente migliorate. Abbiamo ridotto di oltre l’80% le emissioni di CO2 utilizzando energia prodotta da una centrale termica a legno in sostituzione al

zione della nostra divisione che si occupa di qualità, che nei processi aziendali ha un’importanza fondamentale perché si interfaccia col cliente esterno. Il forte sviluppo delle attività di terzismo presso Has ha portato un cambiamento in corsa di modelli e modalità di lavoro, sollecitando nuove competenze per interfacciarsi con una clientela prevalentemente internazionale. Una sfida per il nostro personale. Abbiamo dunque avviato un progetto di riorganizzazione di competenze e ruoli, ridisegnando i team grazie a un’esperienza d’un anno e mezzo di business coaching con consulenti esterni che ha permesso, senza licenziare né demansionare nessuno, di riattribuire le responsabilità. Oggi questa divisione è presa a modello dalle altre che, vuoi per gli sconvolgimenti della pandemia, vuoi ora per questioni geopolitiche, sono chiamate ad affrontare a loro volta dei cambiamenti», illustra Annalisa Matta Ghielmetti.

È significativo che anche l’Amministrazione federale abbia fatto proprio il discorso e, in veste di datore di lavoro, abbia istituito un servizio specializzato di Gestione della salute nell’azienda Confederazione. E ancor prima si era chiaramente espressa nella strategia “Sanità2020” sulla

gasolio. L’anno scorso, a livello di Gruppo Helsinn abbiamo raggiunto la neutralità di carbonio attraverso l’investimento in compensazioni di carbonio di alta qualità, Gold Standard Certificates, con l’obiettivo di fornire accesso all’acqua potabile alle comunità rurali. Misure che permettono di estendere il raggio del nostro operato, poiché se non si vede globalmente la sostenibilità è difficile trasformarla in qualcosa di efficace», commenta Waldo Mossi. Lo scorso gennaio Has Healthcare Advanced Synthesis ha ricevuto da EcoVadis, il più grande fornitore al mondo di valutazioni di sostenibilità aziendale che gestisce la prima piattaforma internazionale di rating che permette alle aziende di monitorare la performance di sostenibilità, il rating Gold, che la colloca nel 3% delle migliori nella categoria Manufacture of basic pharmaceutical product and pharmceutical preparations. «Quest’anno installeremo pannelli fotovoltaici a Biasca; abbiamo iniziato una collaborazione con la Supsi per la valutazione di emissioni, consumi ed elettricità; inoltre abbiamo inaugurato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni nell’ambiente: un altro tassello per rafforzare il nostro posizionamento in materia di sostenibilità anche a livello internazionale. E naturalmente cerchiamo di essere attenti nel trasmettere l’esperienza maturata anche ai nostri partner, altrimenti è relativo che dei singoli operino in maniera virtuosa», conclude il Ceo di Has.

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Secondo Promozione Salute Svizzera, tre quarti delle aziende elvetiche con più di 50 effettivi già attua misure Gsa, in testa l’area tedesca, seguita da Romandia e Ticino.

necessità di riservare un’attenzione particolare alla sua promozione.

Il settore pubblico sembrerebbe più predisposto a maturare politiche di gestione della salute in azienda, sia perché favorito dalla logica di servizio alla cittadinanza, sia perché si tratta di amministrazioni con numeri di solito consistenti di dipendenti. Tuttavia il vantaggio sul privato non è così scontato, a fronte delle crescenti attese economiche che condizionano anche gli enti pubblici, con un conseguente aumento dei carichi di lavoro e la diffusione di modelli di new public management che non di rado sono applicati accordando scarsa rilevanza alla dimensione relazionale e sociale.

Le imprese stanno dal canto loro guadagnando terreno, sulla spinta delle strategie Csr, con una convinzione sempre più

«Le trasformazioni del mondo professionale e l’attuale contesto fortemente instabile inducono a rivalutare salute e benessere non più come esternalità del processo produttivo, o persino antitetiche al profitto, ma come elementi cardine per raggiungere i risultati»

Danuscia Tschudi, Ricercatrice senior del Centro competenze lavoro, welfare e società della Supsi

delle condizioni di mercato rischiano di imporre tagli al budget, malgrado mai come adesso si riconosca il contributo del benessere al rendimento e alla qualità del lavoro», commenta la ricercatrice Danuscia Tschudi.

radicata dell’interdipendenza fra profitto, sostenibilità e impatto sulla comunità. È però vero che in un tessuto economico come quello svizzero, essenzialmente composto da Pmi, del quale le microimprese, con meno di dieci impiegati, rappresentano l’89%, applicare politiche di Gsa non è sempre immediato quando a mancare sono le competenze interne, risorse umane e finanziarie da dedicare. «Spesso constatiamo come in queste realtà si incontrino persone - può trattarsi del direttore o di una figura chiave senior - che per loro intima convinzione e valori si impegnano con iniziative anche ottime, ma senza sistematizzarle, il che crea problemi di continuità quando vanno in pensione. Bisognerebbe cercare, a prescindere dal singolo, di favorire flussi di riflessione comuni, di rinforzare le competenze di queste realtà con la formazione e fare in modo che possano appoggiarsi al supporto qualificato di un consulente esterno quando diventa difficile portare avanti autonomamente il discorso, come può esserlo in questo momento in cui l’intensificazione dei ritmi e l’inasprimento

Che i provvedimenti di corporate health ripaghino a lungo termine le aziende, lo conferma anche l’interesse delle compagnie assicurative che ormai arruolano regolarmente esperti per offrire, oltre ai servizi di case management, consulenze mirate di Gsa. «L’importante è che non ci si limiti ad applicare soluzioni preconfezionate, ma che si parta sempre da un’analisi circostanziata della singola azienda nelle sue specificità per rilevare le problematiche che generano malesseread esempio, a livello di comunicazione o di pianificazione dei flussi di lavoro - comprendendo come al centro di un ambiente di lavoro sano sia l’approccio organizzativo», sottolinea la Deputy Director of Human Resources di Has. Un approccio che mette le persone al centro: «Nella nostra economia così terziarizzata, dove anche in ambito industriale è entrata la dimensione del servizio, l’aspetto relazionale, che sia con fornitori, clienti, pazienti o tra diversi team, è quello centrale, con un riscontro diretto anche sulla produttività. Questa è la chiave: focalizzare l’attenzione sulla persona e la sua salute nelle situazioni e nei processi organizzativi. Anche valutare puntualmente l’impatto delle misure introdotte, aspetto spesso trascurato, diventa fondamentale in un’ottica di feedback e progressivo miglioramento», conclude la ricercatrice del Deass.

Una nuova ‘ergonomia’ del lavoro, dunque. Se nell’uso comune questo termine è venuto a indicare la postura corretta che permette di evitare fastidi muscolo-scheletrici e visivi, bene è considerarlo nel suo senso originario, tuttora diffuso nell’accezione francese che conserva l’impronta del greco, per indicare la scienza che, integrando soluzioni offerte da varie discipline, come medicina generale e del lavoro, fisiologia, psicologia, sociologia, fisica, tecnologia, tende a realizzare un adattamento ottimale delle condizioni e delle richieste professionali in relazione alle caratteristiche e alle capacità del lavoratore, per migliorare la produttività e insieme alleggerire lo sforzo psicofisico.

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Grado di attuazione Gsa delle aziende svizzere In base a dimensioni aziendali e alla regione linguistica, 2020 per niente in parte in gran parte pienamente 80% 100 % 60% 40 % 20% 0 % 16,6 2,1 41 40,2 CH italiana 4,8 30,4 20,5 44,2 CH francese 32,6 16,7 48,3 24,6 23,9 49,9 19,2 3,1 34,1 43,6 Piccole imprese 28,5 20,4 49,7 CH tedesca 1,4 Fonte: Promozione Salute Svizzera, 2020 Medie imprese Grandi imprese 1,6 2,4

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Onore al merito

In una ventina di anni, lo Swiss Venture Club è diventato la più grande rete di piccole e medie imprese svizzera, favorendone incontro e coesione, oltre a promuovere il dialogo con la politica e la società. I suoi otto premi regionali sanno puntare i riflettori su eccellenze di valore internazionale, spesso ancora poco note al grande pubblico.

Sessantotto i Prix Svc sinora assegnati nella ventina di anni di attività dello Swiss Venture Club, dando una preziosa vetrina ad aziende di diversi settori che rappresentano la polivalenza dell’imprendotoria elvetica e la sua capacità innovativa.

Sono trascorsi ventun’anni da quando fu fondato il Venture Club of Berne, gettando le basi dello Swiss Venture Club (Svc), costituito nel 2003, con la volontà di superare quella logica a compartimenti stagni che spesso finisce per caratterizzare l’imprenditoria e isolare i diversi settori. Oggi conta oltre tremila membri, il che ne fa la maggiore rete di piccole e medie imprese svizzera. Personalità innovative del mondo finanziario, scientifico, politico, mediatico e culturale che qui trovano uno spazio privilegiato per incontrarsi, confrontarsi e allacciare contatti preziosi.

«Lo Swiss Venture Club si propone di promuovere e ispirare le Pmi svizzere e l’imprenditoria offrendo input stimolanti a imprenditori e imprenditrici di successo e una valida piattaforma di networking», afferma Andreas Gerber, presidente diSvc e Responsabile Corporate Banking Credit Suisse (Svizzera), istituto che dal 2006 sostiene l’associazione. «In particolare grazie ai nostri Prix Svc sosteniamo le migliori Pmi nelle varie regioni, ga-

rantendo la visibilità e il riconoscimento pubblico che si meritano. Nel corso degli anni la cerimonia della finale si è infatti affermata come uno degli eventi economici più importanti e attesi», evidenzia. Quella del prossimo 20 settembre a Zurigo sarà la 69esima della serie.

La scelta di premiare aziende di successo attribuendo un riconoscimento traversale ai diversi settori non è consueta, quando invece oggi si vedono perlopiù premi focalizzati su specifici segmenti e, addirittura, spopolano quelli dedicati alle start up. «Ma non solo loro sono innovative: anche molte aziende consolidate spesso si reinventano. In definitiva sono queste, le cosiddette ‘hidden champion’, la spina dorsale della nostra economia: realtà di piccola e media grandezza, con fatturati non eclatanti ma, al tempo stesso, ai primi posti al mondo nei loro settori, molto specifici. Per questo motivo ci concentriamo su aziende già affermate e diamo invece qualche anno alle start up per consolidarsi», spiega Andreas Gerber.

Allo stesso tempo, proprio la trasver-

salità del premio richiede di affidarsi a parametri di selezione dei finalisti che possano prestarsi a descrivere quella che è un’azienda di successo nei più disparati settori. La ricerca inizia un anno prima: dall’iniziale rosa di 60-80 selezionati si arriva a designare i sei finalisti, visitati uno a uno per approfondirne la conoscenza sul campo, e prevede una commistione di criteri quantitativi e qualitativi: numero di posti lavoro creati, successo commerciale, interessante posizionamento di mercato, performance storica e strategie future, qualità del management e dei collaboratori, immagine dell’azienda, unicità della value proposition, impiego di modelli operativi innovativi o di tecnologie all’avanguardia, contributo regionale e sostenibilità. «Va sottolineato che le aziende non possono candidarsi, ma sono nominate dalle giurie regionali di esperti, composte da membri che conoscono molto bene il tessuto imprenditoriale di quell’area per scovarne le perle nascoste», puntualizza il Presidente di Svc.

Guardando dunque alla visione sottesa ai dodici criteri di valutazione, che intersecano tradizione e innovazione, radicamento locale e apertura internazionale, conciliare gli opposti sembra essere alla base del successo per le Pmi. «Le aziende svizzere sono generalmente molto innovative. Senza un ripensamento continuo del modello di business nonché dei prodotti e della qualità, sarebbe molto difficile competere a livello internazionale. Come associazione di Pmi, il fine

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economia / premi

dichiarato dello scambio di esperienze che intercorre nella nostra rete è ispirare con le storie di successo che vedono protagonisti i vincitori dei Prix Svc», sottolinea Andreas Gerber. A sua volta, la partnership siglata con il Premium Gold Partner Credit Suisse e i quattro Gold Partner Emil Frey, Ey, la Mobiliare e Swisscom - offre agli imprenditori la possibilità di beneficiare del know-how di esperti in settori chiave dell’attività imprenditoriale. «Assistiamo spesso a uno scambio vivace tra i finalisti; i contatti sono mantenuti anche dopo la premiazione. Volendo tentare di sintetizzare una formula di successo, direi che di solito i vincitori sono caratterizzati da un notevole grado di differenziazione, con un prodotto, un servizio o un metodo unici nel loro genere, spesso sui mercati mondiali. Aziende ottimizzate dalla A alla Z, con processi snelli, collaboratori motivati, in grado di mantenere un solido posizionamento di mercato con le loro sole forze e di crescere ancora», nota il Responsabile Corporate Banking Credit Suisse.

Anche se lo sviluppo dell’Associazione è già stato esponenziale, bisogna continuare a evolversi. In quest’ottica va vista ad esempio la prima edizione del Prix Svc Ginevra, svoltasi lo scorso novembre, che ha riscosso molto successo: una regione economica forte che meritava un proprio evento scorporato da quello della Romandia, a cui d’ora in poi si alternerà.

«In futuro vogliamo attirare ancora più persone, tra cui più donne e giovani. Per questo, a partire da maggio abbiamo introdotto una nuova iniziativa. Chiunque abbia un interesse nelle Pmi, che sia un imprenditore o un dipendente, può diventare membro gratuitamente il primo anno. Siamo fiduciosi che avranno buoni motivi per restare», prevede Andreas Gerber.

Se fra gli obiettivi si contano sicuramente lo scambio di esperienze tra le generazioni e il sostegno alla digitalizzazione, l’altro pilastro è la promozione del dialogo tra economia, società e politica. Per esempio, con i podcast proposti nelle diverse regioni linguistiche: nella Svizzera italiana a marzo e aprile è andata in onda su Rete Uno la trasmissione “I sognatori” ,sostenuta dallo Svc.

«Purtroppo ci sono ancora pochi imprenditori attivi in politica. Un esempio positivo è sicuramente Fabio Regazzi che oltre alla sua impresa e al suo ruolo nel Consiglio nazionale, ora è anche presi-

«Come associazione di Pmi, il fine dello scambio di esperienze della nostra rete è ispirare con le storie di successo dei vincitori dei Prix Svc, caratterizzati da un notevole grado di differenziazione, un prodotto, un servizio o un metodo unici nel loro genere, spesso sui mercati mondiali»

Le declinazioni regionali del successo

La rosa dei finalisti delle diverse edizioni svizzere dei Prix Svc è sempre molto variegata. Con uno sguardo di insieme basato su anni di esperienza, si possono individuare alcune specificità regionali: la micromeccanica è storicamente forte nell’Arco giurassiano, la tecnologia medica nella Svizzera settentrionale. Nella Svizzera orientale si trovano molti ‘hidden champion’ nell’industria meccanica, spesso leader a livello mondiale in mercati di nicchia. In Ticino, oltre al turismo, sono molto presenti il settore chimico-farmaceutico, l’industria elettronica e quella della moda. «Tuttavia, molti fattori di successo sono ‘universali’. Questi includono la leadership della direzione aziendale, così come l’ambizione di essere i migliori - e naturalmente il desiderio di innovare e la ‘gioia’ della creatività», precisa il Presidente dello Swiss Venture Club. Qualità che soddisfano anche le sei finaliste della nona edizione del Prix Svc Svizzera italiana, svoltosi lo scorso 18 maggio al Palazzo dei Congressi di Lugano, che ha visto classificarsi al primo posto Tecnomec (meccanica di precisione), seconda Jetpharma (farmaceutica), terza, R. Audemars (microcomponenti), mentre i tre Premi speciali sono andati ad Agriloro (viticoltura), Campofelice (camping) e Fontana Print (settore editoriale e grafico). «Le sei nominate dimostrano chiaramente che in questa regione sono presenti un know-how ampiamente diversificato, grande spirito imprenditoriale e forte capacità innovativa. A ogni Prix Svc nella Svizzera italiana rimango stupito dalla varietà di aziende insediate in questa parte del Paese. Nostro obiettivo è farle conoscere meglio, perché offrono posti di lavoro e di apprendistato, forniscono prestazioni straordinarie anche in situazioni difficili, contribuendo in ultima istanza alla crescita della piazza economica elvetica», dichiara Andreas Gerber.

dente dell’Usam. Inoltre, è un apprezzato membro del Comitato direttivo di Svc», osserva Andreas Gerber. Molteplici rimangono le direzioni in cui progredire: «Nel nostro rapporto con l’Europa, nella formazione - parola chiave: mancanza di lavoratori qualificati nelle professioni Stem - ma anche nella previdenza. Tutte questioni con un impatto indiretto e a lungo termine su ogni singola Pmi. Sono rimasto colpito molto positivamente dalla flessibilità e dall’atteggiamento propositivo con cui in molte hanno affrontato la crisi pandemica. La capacità di cogliere

ogni opportunità e trarre il meglio dalla situazione fa parte della formula che porta al successo anche dopo il coronavirus», conclude Gerber.

Un’altra dimostrazione di come le Pmi svizzere siano in grado di individuare e mettere a frutto le alternative che si offrono con quel pragmatismo, quella perseveranza e quel rigore che le caratterizzano e spesso, anche se sembrano qualità più da conservatori che visionari, sono alla base della svolta inventiva.

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La tradizione di innovare

Ciascuna con la propria storia e la propria strategia di mercato, ognuna delle sei aziende finaliste del Prix Svc della Svizzera italiana dimostra di condividere quello spirito imprenditoriale che, capitalizzando l’eredità del passato, sa sempre trovare lo slancio per interpretare il cambiamento, coniugando dinamismo e radicamento territoriale.

Viticoltura, camping, grafica ed editoria, farmaceutica, micro-componentistica e meccanica di precisione: spaziando dal primario al terziario, sei settori molto diversi nelle loro caratteristiche e dinamiche, più focalizzati sulla clientela nazionale gli uni, aperti ai mercati mondiali gli altri. A immagine e somiglianza del tessuto economico svizzero, che nelle piccole e medie imprese che lo sostanziano ha l’espressione di un territorio per cui l’innovazione è ormai una lunga tradizione. Ne offrono perfetta esemplificazione le sei finaliste del Prix Svc Svizzera italiana 2022 che lo scorso 18 maggio, dopo il rinvio dell’anno precedente causa pandemia, è tornato a ri-

unire quasi mille persone al Palazzo dei Congressi di Lugano per assistere alla cerimonia di premiazione.

Quando in gara sono realtà così diverse, ciascuna da prendere a modello nel proprio ambito, la competizione è sana in quanto diventa un’occasione per presentarsi e comunicare, per incontrarsi e condividere. Questa è la filosofia di una rete come lo Swiss Venture Club, che attraverso l’operato attento e informato delle giurie di esperti che presiedono ai Prix Svc regionali, sa, di volta in volta, rappresentare e valorizzare l’eterogeneità delle tante aziende che ne sostanziano l’identità nazionale e ne decretano il successo internazionale. Comprendendo come l’imprenditore non solo della sua

azienda, ma dell’intero Paese sia l’insostituibile motore.

Proprio nello spirito di un riconoscimento che vuole puntare i riflettori su realtà le quali possano essere fonte di ispirazione, si è scelto di incontrare tutti e sei questi rappresentanti esemplari dell’imprenditoria ticinese, per approfondirne le specificità e, i punti in comune che condivide chi aspira all’eccellenza.Partendo dai tre premi speciali, attribuiti ad Agriloro (Genestrerio), Campofelice (Tenero) e Fontana Print (Lugano), per poi salire i gradini del podio, dalla terza classificata, R. Audemars (Lamone-Cadempino) e, a seguire, Jetpharma (Balerna) al secondo posto e, dulcis in fundo, la vincitrice, Tecnomec di Stabio.

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economia / aziende

Agriloro, qualità radicata nella regione

Visto dall’esterno un ambito come quello enologico appare tra i più conservatori: si coltiva la vite, si vinificano le uve per produrre una bevanda conosciuta da millenni. «Eppure dietro questa tradizione si nascondono enormi investimenti in innovazione: dalla gestione informatizzata del vigneto, sempre più rispettosa dell’ambiente, fino a nuove tecniche di vinificazione per esaltare il gusto del frutto», evidenzia Jacques Peler, Ceo di Agriloro, una realtà nata nel 1981, quando suo padre Meinrad, una carriera nella finanza, ha deciso di tornare alle origini, figlio di agricoltori friburghesi, e cercare un terreno nel Mendrisiotto per lanciarsi nella viticoltura. Fiore all’occhiello dell’azienda, il giardino ampelografico che raccoglie a scopo scientifico ben 400 varietà, facendone l’unica cantina a coltivare 28 uve differenti, il che permette di continuare a soddisfare con nuovi assemblaggi le esigenze di una clientela in cerca di novità.

«Le nostre uve provengono dalle due tenute di Arzo e Genestrerio. La più antica, il Tenimento dell’ör di Arzo, veniva già citata nel Settecento quale luogo ideale per la viticoltura. Oggi abbiamo superato le 100 medaglie nei concorsi svizzeri e internazionali e nel 2010 siamo stati la prima cantina ticinese a ottenere il prestigioso premio di “Viticulteur Suisse de l’année”, che ci ha portato grande visibilità oltre Gottardo. Il nostro successo sta nel controllare tutta la catena del valore, a garanzia della massima qualità e trasparenza nella tracciabilità. Inoltre, la ricerca e sviluppo di nuovi vitigni provenienti dal nostro giardino ampelografico, ci garantisce una nuova etichetta ogni cinque anni», spiega Jacques Perler.

Mercato di riferimento rimane la Svizzera. Ostacolo all’export è la scarsa notorietà delle etichette elvetiche all’estero. «Stiamo sviluppando contatti con gli Stati Uniti, mentre quelli con la Cina, inizialmente promettenti, si sono fermati stanti le difficoltà di quest’anno. Abbiamo già finalizzato interessanti accordi con la Corea del Sud, un mercato dalla valuta forte su cui possiamo proporci. Per contro, il nostro mercato nazionale ha ancora grandi margini di crescita per le produzioni locali. Il 67% del vino venduto in Svizzera è infatti di importazione. La criticità maggiore rimane il prezzo, il vino indigeno è infatti competitivo nella

fascia alta, e meno per le bottiglie sotto i 10 franchi», osserva il Ceo di Agriloro.

In oltre 40 anni di storia l’azienda, che tanto deve al territorio, ha visto evolvere il suo approccio imprenditoriale proprio in direzione della sostenibilità. Grazie a due centrali meteo dedicate a ogni tenuta, si è riusciti a monitorare e limitare al massimo i trattamenti fitosanitari. Da cinque anni è stato eliminato il diserbo introducendo un gregge di pecore al posto dei tosaerba. «Stiamo testando nuovi vitigni interspecifici, detti Piwi, resistenti alle malattie senza alcun trattamento, un passo oltre al disciplinare Bio. A livello energetico, grazie a un impianto fotovoltaico da 100 Kw, siamo autonomi al 90%», illustra il Ceo.

Al contempo entra in gioco la digitalizzazione, a partire dalla moderna cantina edificata nel 2013 nei vigneti della Prella a Genestrerio, per passare alla gestione della vigna, terminando con il marketing, che negli anni ha soppiantato

Sopra, Jacques Perler con suo padre Meinrad, fondatore di Agriloro nel 1981, e la tenuta “La Prella” a Genestrerio che, affiancata dal 2002 allo storico Tenimento dell’ör di Arzo, grazie alle sue peculiarità viticole ha permesso alla produzione enologica di raggiungere un eccellente equilibrio e importanti riconoscimenti.

i tradizionali supporti cartacei tanto che oggi il 90% del budget in comunicazione si concentra sull’online. «Senza la digitalizzazione, e in particolare le moderne tecniche di vinificazione, non saremmo stati in grado di migliorare ulteriormente la qualità dei nostri prodotti. Inoltre, a fronte di una clientela sempre più informata proprio grazie alla rete, è cresciuta la richiesta di visite in azienda. Organizziamo degustazioni nella nostra cantina

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di vinificazione, ma anche eventi in vigna», conclude il direttore di Agriloro, ricordando come in fondo le relazioni interpersonali rimangano determinanti per le vendite di un prodotto che genera emozioni come il vino.

Campofelice, spazio aperto all’ospitalità

Bella stagione, fine della pandemia, attenzione crescente alla natura: voglia di trascorrere le vacanze all’insegna della semplicità e della condivisione, ma con tutti i confort che garantiscano un periodo di svago e riposo. Grazie alla gestione familiare giunta alla terza generazione, l’azienda Campofelice di Tenero-Contra può contare su un’esperienza nel settore che ne fa oggi il leader di mercato nelle vacanze all’aria aperta: il suo Camping Village è il più grande in Svizzera, in estate

può ospitare fino a 2800 persone

In particolare, Gianfranco Patelli, alla guida per oltre 40 anni e oggi Presidente del CdA, ha permesso un forte sviluppo dell’infrastruttura e della soddisfazione dell’ospite. Nel 2020 ha passato il testimone al figlio Simone, attivo in molte realtà turistiche ticinesi (fra le varie cariche, è Presidente di Ticino Turismo e dell’Associazione Campeggi Ticinesi), che ha portato l’innovazione nella tradizione. «Per Campofelice la valorizzazione del territorio, l’accoglienza, l’attenzione all’ecologia e investimenti costanti volti a migliorare l’offerta e mantenerla all’avanguardia - ad esempio, con i progetti per la nuova zona piscina e wellness, i campi da tennis rifatti o il Bistrot-Café con la sua piazza - sono la base per raggiungere gli obiettivi aziendali e la soddisfazione degli ospiti. Il 98% dei dipendenti, fino a 160

in alta stagione, risiede in Ticino, oltre il 55% sono donne e collaboriamo con molte Pmi locali», sottolinea il direttore.

Giocoforza la clientela degli ultimi due anni, condizionata dalla pandemia, è stata prevalentemente composta da svizzeri e più giovane, spesso alla prima esperienza di camping. Intanto si nota un ritorno dei tedeschi. «Prima della pandemia, la percentuale dei clienti stranieri si aggirava sul 25%: a pesare nel confronto con l’estero è soprattutto il costo dell’alloggio, anche se le differenze non sono marcate come in altri ambiti. Il Ticino, e in particolare il Lago Maggiore e Tenero con Campofelice, sono considerati la Goldküste dei campeggi svizzeri, particolarmente rinomati nelle regioni tedescofone. Il passaparola è sicuramente un punto di forza in una nazione piccola come la nostra. D’altro canto, se si perde il livello di qualità o se ci sono punti carenti si è presto sulla bocca di tutti», avverte Simone Patelli.

Per un’azienda fortemente volta al contatto e alla relazione fisica come Campofelice, sarebbe impensabile offrire i propri servizi e garantirne la qualità unicamente ‘a distanza’ o con forme di self-service. D’altro canto, si nota un forte aumento della promozione online, e anche le principali guide del settore si stanno muovendo in tal senso. La tecnologia riveste un ruolo sempre più importante: negli ultimi anni sono state introdotte novità in fatto di software (pagamento cashless, controllo accessi mediante bracciali con tecnologia Rfid, Customer relationship

A Tenero, sulla sponda del Lago Maggiore, con i suoi 15 ettari

Campofelice Camping Village è il più grande della Svizzera nel suo genere, con un’esperienza di oltre 40 anni e soluzioni di qualità che ne fanno il leader dell’ospitalità all’aria aperta.

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«Per Campofelice la valorizzazione del territorio, l’accoglienza, l’attenzione all’ecologia e investimenti costanti volti a migliorare l’offerta e mantenerla all’avanguardia sono la base per raggiungere gli obiettivi aziendali e la soddisfazione degli ospiti»
Simone Patelli, Direttore di Campofelice

Da destra, i fratelli Ruben e Raoul Fontana, condirettori di Fontana Print, fondata nel 1957 dal papà Renato, pioniere delle arti grafiche in Ticino. Un territorio che l’azienda, con sede a Pregassona, continua a valorizzare con la gamma delle sue soluzioni e anche con i titoli pubblicati dalla sua casa editrice.

management) per incrementare la cura e il contatto con la clientela o l’installazione di segnaletica digitale per migliorare la comunicazione all’interno del campeggio.

L’altro grande tema è la sostenibilità ecologica e sociale. «Le nuove tendenze in fatto di vacanze all’aria aperta plasmano anche la nostra azienda, ad esempio con l’installazione di case mobili che permettono a coloro che non dispongono di un mezzo proprio come camper, tenda o roulotte, di vivere un’esperienza diversa e personalizzata. Negli ultimi 10-15 anni abbiamo prestato una crescente attenzione al discorso, collaborando a progetti con partner locali e nazionali, uno fra i tanti nuovi label di Svizzera Turismo “Swisstainable”», esemplifica il direttore.

Se, come da una stima di qualche anno fa del Dipartimento delle finanze e dell’economia, la spesa media giornaliera dei clienti dei campeggi è pari a 72 franchi a persona, questo significa che Campofelice genera per la regione un indotto di 30 milioni di franchi.

Fontana Print, cogliere nel segno

Tradizione e passione con lo sguardo rivolto allo sviluppo e alla tecnologia hanno garantito a Fontana Print la spinta necessaria per rimanere competitiva in un settore sicuramente non facile. «Naturalmente, da tipografi continuiamo a prediligere lo sfogliare al cliccare, siamo però coscienti che oggi il digitale sia diventato basilare, per questo motivo grazie all’ultima nostra creazione, stAR Swiss, un’app per la realtà aumentata sviluppata in collaborazione con Owl Solutions, abbiamo cercato di offrire un’esperienza immersiva unica nel suo genere, individuando il giusto connubio per valorizzare ancor di più attraverso la tecnologia il nostro amato e insostituibile prodotto cartaceo», evidenzia Ruben Fontana, direttore con il fratello Raoul di Fontana Print che, con sede a Pregassona, è l’unica industria grafica in

Ticino con produzione propria nelle tre principali aree del settore: stampati commerciali di qualsiasi genere (campo in cui è leader), stampa in rotativa di formulari per computer e giornali, infine l’editoria con la produzione di libri e riviste.

Determinante nell’affrontare le sfide emerse in oltre 65 anni di attività - da ultimo, l’aumento dei costi energetici e l’impennata della carta - essere un’azienda di famiglia. «Nostro padre Renato diceva sempre: “La tipografia è la nostra casa, i clienti nostri amici e i nostri collaboratori fanno parte della nostra famiglia”. È stato lui, un pioniere del settore delle arti

grafiche, a introdurre per primo la stampa offset in Ticino, contribuendo poi grazie alla creazione della rivista Terra Ticinese e ai tanti altri titoli pubblicati dalla nostra casa editrice Fontana Edizioni, a far conoscere il territorio e le nostre radici, missione questa che pure noi figli teniamo a portare avanti», afferma Ruben Fontana. Il che conferma come capacità innovativa e radicamento regionale già a partire dalla fondazione, nel 1957, fossero caratteristiche intrinseche del credo aziendale. Dalla stampa offset alla fotocomposizione, dalla prima rotativa per la produzione di moduli continui all’introduzione delle

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prime stazioni per il montaggio elettronico, per poi passare nel 2009 al digitale fino all’installazione di una macchina come la Polar Digicut che, con la precisione del laser, è in grado di fustellare, intagliare, perforare, forare, cordonare e incidere senza limiti di forme su un’ampia varietà di materiali: Fontana Print ha continuato a evolversi estendendo la propria produzione anche al campo del packaging dove, riprendendo le tradizioni della storica azienda Saica di Bellinzona, è in grado di produrre i principali articoli utilizzati da panetterie, pasticcerie, confetterie e imballaggi di ogni tipo. Obiettivo: offrire un full-service.

Grande attenzione va anche alla sostenibilità, con l’orgoglio di essere la prima azienda dell’industria grafica ticinese ad avere allestito un rapporto di sostenibilità grazie a una stretta collaborazione con la Camera di commercio e la Supsi.

Pur non essendo direttamente interessata da tutta una serie di problematiche che toccano le aziende votate all’export, a Fontana Print non mancano le sfide per presidiare il mercato nazionale. «La vicina Italia e l’estero prima, internet dopo, sono sempre stati i nostri concorrenti maggiori, benché ora, anche per ‘merito’ della pandemia, i clienti abbiano rivalutato il valore della vicinanza, del contatto

e della consulenza», afferma il direttore. Valori questi che grazie alla precisione svizzera e alla flessibilità italiana che da sempre contraddistinguono l’azienda, la rendono interessante e competitiva a livello nazionale, attrezzandola per soddisfare le esigenze variegate dei suoi oltre 1200 clienti.

R. Audemars, il micro che fa una differenza macro Con 125 anni di storia, R. Audermars offre la perfetta dimostrazione di una crescita costruita dinamicamente sulla tradizione. «Trovo molto appropriata una citazione di Steve Jobs: “La gente pensa che concentrarsi significhi dire di sì a ciò su cui devi concentrarti. Ma non è affatto questo il significato. Significa dire no alle cento altre buone idee che ci sono. Devi scegliere con attenzione. In realtà sono orgoglioso delle cose che non abbiamo fatto quanto delle cose che ho fatto. L’innovazione è dire no a mille cose”. Ecco, credo fermamente che la decisione di selezionare, e l’opportunità di poterlo fare, abbia permesso alla R. Audemars di focalizzarsi sulle attività che possiamo avvalorare con le nostre risorse», commenta il Ceo Mirko Audermars.

L’azienda ha inanellato cinque generazioni, ciascuna confrontata alle sfide del proprio tempo. «Abbiamo iniziato nel 1898 nel settore dell’orologeria con la lavorazione di precisione di rubini utilizzati con la funzione di cuscinetto nei segnatempo meccanici Swiss made. Con l’avvento dell’orologio al quarzo, ab-

In alto, il Ceo Mirko Audemars con diverse generazioni della famiglia, attiva nella micro-componentistica da 125 anni, dagli esordi nell’orologiero al medicale. A fianco, una foto d’epoca della storica fabbrica costruita nel 1953 dall’Arch. Rino Tami a Lugano, in Via Cassarinetta.

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biamo impiegato le stesse tecnologie per i magneti permanenti utilizzati in motori passo-passo: un materiale sinterizzato e ultraduro, per cui occorre una lavorazione più simile a quella di diamanti o rubini che di un metallo come l’acciaio, portandoci a lavorare ceramica per connettori per fibre ottiche», ricorda il Ceo.

Successivamente si è passati alla produzione delle microbobine, l’altra parte fondamentale dell’orologio al quarzo. Questa padronanza ha portato l’azienda, prima in Europa, nel campo delle tecnologie Radio Frequency Identification, basata sulle onde elettromagnetiche. «Dagli anni Duemila, ci siamo trasformati di nuovo, specializzandoci in componenti per dispositivi medici impiantabili, interventistici e indossabili. Se, malgrado tutte le sfide per un’azienda di famiglia ticinese, siamo cresciuti anche negli ultimi anni, è proprio dovuto al fatto che ci siamo focalizzati sul settore medicale e altri di nicchia che, vista la tendenza alla miniaturizzazione, richiedono la nostra specializzazione. Far leva su tutte le nostre competenze, sia locali che estere, ci ha permesso anche durante la pandemia di salvaguardare la continuità e raccogliere la fiducia dai nostri clienti globali, malgrado gli elevati costi svizzeri», evidenzia Mirko Audemars.

Come per tutte le imprese, per continuare a svilupparsi presentando prodotti innovativi è necessario seguire i cambiamenti: della globalizzazione, della geopolitica e del mercato, senza tralasciare l’aspetto della digitalizzazione. «Il vantaggio - enorme - di un’azienda di famiglia è che l’azionariato ha una visione a lungo termine, dunque non modifichiamo sostanzialmente la strategia e l’impegno. Inoltre si tramandano anche i valori personali: siamo molto orgogliosi che ogni prodotto realizzato possa servire a migliorare la vita, in un modo o l’altro: non è per caso ma per scelta. Di conseguenza, rifiutiamo di fare offerte per componenti con

Con grandi nomi del pharma, centri di ricerca e universitari fra la sua clientela, Jetpharma di Balerna è leader internazionale nella micronizzazione dei principi attivi, un processo che richiede competenze altamente qualificate, impianti sofisticati e il rispetto dei più elevati standard di sicurezza.

«Un modello manageriale moderno, attento ai collaboratori, alla loro crescita e ai mutamenti più o meno repentini del mercato, come pure all’ambiente nel quale si opera, è il metodo perseguito in materia di continuità e coerenza gestionale per mantenersi sempre

applicazioni militari», sottolinea il Ceo. Chiave del successo dell’azienda, che oggi ha la sua sede a Lamone-Cadempino, è l’intera squadra: è grazie alle capacità di miniaturizzare degli operatori, affiancati dal team di sviluppo, che si riescono a soddisfare le elevate esigenze dei produttori di dispositivi medici mondiali. L’anzianità è pertanto una misura importante, con una media di impiego di più di 17 anni. «Assumere le persone giuste è un processo fondamentale per noi. I nuovi collaboratori li formiamo internamente per i processi molto specifici della nostra azienda con la piena intenzione di trattenere il personale per la vita», precisa Mirko Audemars. Il che è parte integrante di una strategia per garantire nel tempo la sostenibilità operativa e una resilienza improntata sulla flessibilità e la qualità collettiva, in cui tutte le risorse a disposizione lavorano sinergicamente per affrontare

anche i periodi di crisi, con l’obiettivo di uscirne non solo indenni ma anche migliorati, e di creare nuove possibilità innovative e di sviluppo.

Jetpharma, altamente attiva

Se il polo nazionale della farmaceutica è inequivocabilmente Basilea, nella Svizzera italiana si trova un’industria lungimirante e di lungo corso. Tra i suoi protagonisti, Jetpharma è leader internazionale nella micronizzazione dei principi attivi, un processo che richiede competenze altamente qualificate, impianti sofisticati e il rispetto dei più alti standard di sicurezza. Fondamentale per formulazioni di successo: un’opportuna riduzione della dimensione delle particelle accelera infatti il tasso di solubilità del principio attivo, migliorandone l’assorbimento e l’effetto terapeutico, contenendo anche gli effetti collaterali.

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all’avanguardia»
Stefano Martinoli, Membro del CdA di Jetpharma

Vero valore aggiunto di Tecnomec, vincitrice dell’ottava edizione del Prix Svc Svizzera italiana, l’unione fra macchinari all’avanguardia e le competenze del suo organico. L’azienda di Stabio è tra le poche a livello nazionale a proporre la gamma completa delle lavorazioni meccaniche di precisione.

Tra la sua clientela, grandi nomi del pharma, centri di ricerca e laboratori, start up e università. Un’azienda dunque tipicamente rivolta ai mercati internazionali che si misura con un panorama competitivo di alto profilo oltre che mutevole.

«Jetpharma è nata principalmente per servire mercati globali altamente regolamentati, essenzialmente l’Europa, dove si trova il 60% della nostra clientela, il Nord America (35%), Giappone e Australia (5%). Il nostro impegno è mantenere i vantaggi che ci caratterizzano affrontando le nuove sfide con un approccio scientifico improntato sia all’avanguardia tecnica, sia allo sviluppo delle competenze. Questo modo di pianificare la nostra strategia e poi agire denota la swissness dell’azienda e la sua capacità di offrire un servizio differenziato e distintivo al nostro mercato di riferimento, per cui veniamo scelti e preferiti», osserva Stefano Martinoli, membro del CdA di Jetpharma, che ha sede a Balerna dove impiega 75 collaboratori.

In Ticino dalla sua fondazione nel 1986, qui intende restare. Così come, pur a

fronte di una crescita rilevante del suo business, promette di rimanere un’azienda di famiglia. «Garantisce il contatto con la tradizione, stile e continuità. A fianco, un modello manageriale moderno, attento ai collaboratori, alla loro crescita e ai mutamenti più o meno repentini del mercato, come pure all’ambiente nel quale si opera quotidianamente, è il metodo perseguito in materia di continuità e coerenza gestionale per mantenersi sempre all’avanguardia», osserva Stefano Martinoli.

Inserita nella supply chain di prodotti indispensabili per la battaglia contro il Covid, l’azienda non ha mai chiuso, anzi è stata uno dei fondamentali anelli della catena, sollecitata dai suoi clienti.

Di innovazione si finisce spesso per parlare in chiave generica, immaginandosi la scoperta eclatante, ma è un concetto che Stefano Martinoli invita a circostanziare: «Nel nostro campo si lavora sui processi migliorandoli, facendoli evolvere, anche attraverso studi scientifici o accademici, come in questo periodo collaborando con la Supsi, dopo esserci appoggiati in passato all’Eth di Zurigo e ad altri centri universitari. Le invenzioni invece sono cosa rara, in ogni settore. Per noi un esempio è stata, nel 2001, l’introduzione del primo isolatore per la micronizzazione di principi altamente attivi e di citostatici, essenzialmente prodotti per uso oncologico». Da allora, Jetpharma ha continuato a migliorare i processi d’uso e tecnologici, a sviluppare la capacità d’adeguarsi alle esigenze dei clienti che possono essere

affiancati anche già in fase di R&D. Un costante tendere all’eccellenza che ne fa uno dei pochi global player del settore.

Tecnomec, precisione e visione di insieme

Abituata a concentrarsi nelle lavorazioni di precisione, con minime tolleranze, nondimeno Tecnomec dimostra la capacità di non perdere di vista un più vasto orizzonte e di metabolizzare i cambiamenti di mercato. I numerosi investimenti in macchinari all’avanguardia garantiscono efficienza ed efficacia a un elevato livello tecnologico; il deposito di brevetti, spesso ispirati dalla necessità di migliorare le performance o risolvere un problema concreto, ha contribuito a creare nuove opportunità e realtà in sviluppo. Grazie a una serie di operazioni strategiche, in particolare l’acquisizione di Conveyor nel gennaio 2020, oggi è fra le poche aziende in Svizzera strutturata per proporre la gamma completa delle lavorazioni meccaniche di precisione.

Dal 2008 proprietaria è la famiglia Mossi, che con la sua vision e le sue scelte ha permesso il salto da azienda artigianale a realtà industriale: oggi il pacchetto clienti è per la maggior parte elvetico, ma indirettamente di respiro internazionale siccome a loro volta riforniscono il mercato mondiale.

«L’innovazione è la capacità di generare idee che creano valore e migliorano i processi. Questo è un punto cardine della politica aziendale di Tecnomec», sottolinea il Ceo James Mossi, «significa essere in grado di adattarsi ai cambiamenti inevitabili per non perdere competitività, proprio come abbiamo dimostrato nel corso di questi anni attraverso ingegno, attitudine a risolvere i problemi, pensiero critico, flessibilità, strategia e imprenditorialità. E poi mettersi in gioco, assumendo dei rischi ma in maniera responsabile».

Un’attitudine che insieme alle sue qualità ha portato la giuria del Prix Svc Svizzera italiana a eleggerla vincitrice della nona edizione, come “ottimo esempio di azienda di famiglia, contraddistinta da un forte spirito imprenditoriale e da un orientamento all’innovazione e all’eccellenza. Radicata sul territorio, investe costantemente nella crescita dell’azienda e nei propri collaboratori”. Anche per Tecnomec il vero valore aziendale sono infatti le persone. I reparti a elevato contenuto innovativo e tecnologico non

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bastano: la qualità delle performance si ottiene unendo tecnologie all’avanguardia al know-how acquisito. «Da solo, per quanto estremamente prestazionale, un parco macchine non è sufficiente. Di qui la necessità di investire in giovane forza lavoro per trasmettere la nostra esperienza e sfruttare la dinamicità delle nuove generazioni in un lavoro di squadra. La priorità infatti non è solo realizzare al meglio i nostri pezzi meccanici: è importante che tutto l’organico sia allineato verso obiettivi comuni: serietà e affidabilità», dichiara James Mossi.

Oggi le difficoltà maggiori sono date dall’incertezza degli scenari geopolitici ed economici, dunque la complessità di prevedere in maniera fondata lo sviluppo dei progetti lanciati. «La diversificazione d’impresa è una delle principali strategie cui abbiamo deciso di affidarci per affrontare situazioni critiche come le attuali. Riguarda: fornitori, clienti, settori di mercato, gamma di lavorazioni meccaniche e servizi offerti. Ci ha permesso di prendere coscienza delle opportunità e dei fattori di rischio, di sviluppare business plan e budget accurati, individuando

«Innovazione è generare idee che creano valore e migliorano i processi. Significa adattarsi ai cambiamenti per non perdere competitività attraverso ingegno, attitudine a risolvere i problemi, pensiero critico, flessibilità, strategia e imprenditorialità, assumendosi dei rischi, ma in maniera responsabile»

le tendenze di mercato per investire in nuovi settori», spiega il Ceo di Tecnomec.

Insediata a Stabio, vicina al confine, beneficia sia di stabilità, infrastrutture affidabili e fiscalità svizzere, sia della posizione al centro dell’Europa. Se infatti la digitalizzazione permette di semplificare e velocizzare i processi, migliorando l’efficienza e le performance attraverso la gestione agile di tempi, logistica e risorse economiche, per Tecnomec lavorare continua a significare relazionarsi e comuni-

care con le persone. «Pur essendo un’azienda di stampo innovativo e orientata ai cambiamenti, prediligiamo l’incontro di persona. Toccare con mano, vedere e vivere le attività di business rende le relazioni più umane. E più longeve, sia nel business-to-business sia con i collaboratori», conclude James Mossi. La chiave di una filosofia che si è rivelata, e si promette di continuare a dimostrarsi, vincente.

Siamo imprenditori.

Ecco perché con la nostra gestione aziendale della salute, aiutiamo le altre aziende a risparmiare sui costi generati dalle assenze –promuovendo la salute dei collaboratori a lungo termine. visana.ch/gas

Il contagio dell’innovazione

Le Pmi vallesane hanno saputo dar prova di sé nel periodo pandemico. Nonostante abbiano sofferto, la pandemia ha liberato nuove risorse ed energie che spingono oggi all’ottimismo. Anche se a volte questo significa partire da un livello più basso, per una ripresa migliore.

Buchard Voyages di Leytron, una società emblematica nel panorama delle Pmi del Basso Vallese, difficilmente avrebbe potuto immaginare uno scenario catastrofico peggiore. L’emergenza sanitaria ha infatti pesantemente impattato il suo core business: viaggi in pullman, nel tempo libero. Un crollo verticale della domanda, contratti di leasing ancora da onorare, una flotta di veicoli da mantenere e inutili riserve valutarie a disposizione.

Ricominciare da zero. Raiffeisen è riuscita a dare un aiuto concreto all’azienda, per esempio prolungando i tempi di acquisto di valute estere relativi a contratti a termine che aveva concluso. Buchard Voyages è riuscita a uscire da questa situazione soprattutto grazie alle proprie forze, mettendo in discussione alcuni dei suoi metodi di lavoro con il ridimensionamento delle attività, puntando molto su una maggiore efficienza. Inoltre, la gestione attenta delle liquidità, spesso

elemento distintivo delle imprese a conduzione familiare, si è rivelata preziosa, nel misurarsi con la pandemia.

Più in generale, durante i mesi più difficili le aziende hanno dimostrato un’inventiva che permette di guardare al futuro dell’economia vallesana e delle Pmi con un certo ottimismo. Le cifre confermano le impressioni raccolte sul campo. L’anno scorso il Vallese ha registrato una crescita del Pil reale del 6,9%, rispetto a una media nazionale del 3,6%, secondo Bak Economics. La tendenza dovrebbe proseguire nel 2022 con previsioni di crescita di oltre il 4% a livello cantonale.

Il mercato interno stabile e robusto è un pilastro essenziale del trend. Inoltre, l’industria chimico-farmaceutica dà un contributo importante, così come Lonza e il rapido sviluppo della sede di Visp.

È difficile dire se lo ‘spirito di corpo’ che viene spesso attribuito al Vallese sia un mito o una realtà, o un po’ di entrambi. Ma la solidarietà cantonale gioca indub-

biamente un ruolo nella resilienza del tessuto economico. Gli attori locali tendono a fidarsi l’uno dell’altro, soprattutto nei momenti difficili.

Nicchie promettenti. Un esempio emblematico dell’agilità acquisita dalle Pmi della regione è E-Alps. Questa piccola azienda, creata quattro anni fa, sta esplorando una nicchia che diventa sempre più popolare: le escursioni in mountain bike elettrica su percorsi alpini leggendari, come l’Alta via dei ghiacciai, Chamonix - Zermatt o il giro del Monte Bianco. La clientela proviene principalmente dal Nord America e dai Paesi del Benelux.

Durante la pandemia, E-Alps è riuscita ad adattarsi rivolgendosi maggiormente alla clientela svizzera, con nuovi percorsi, pur mantenendo i legami con i clienti abituali. Come risultato è stata in grado di

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finanza /analisi regionale
© Keystone
Sopra, una veduta del piccolo villaggio vallesano di Leytron.

continuare a crescere (circa il 50% ogni anno) e ora dispone di una gamma più ampia di prodotti, pur rimanendo nella sua nicchia di fascia alta. Il cantone dei Grigioni le ha poi proposto di offrire escursioni per i turisti del suo territorio.

Se però agilità si va cercando, anche un altro noto imprenditore, specializzato in prodotti enogastronomici per la ristorazione, ne ha dimostrata, dopo essere stato pesantemente impattato dalla pandemia.

Con le spalle al muro, ha quindi ampliato l’attività rivolgendosi anche ai privati, con consegne a domicilio che oggi gli offrono nuove importanti prospettive.

L’anno 2021 è stato molto duro per la viticoltura e l’agricoltura a causa delle condizioni climatiche particolarmente sfavorevoli. Ma anche in questo caso, nonostante gli ingenti danni, persiste la voglia di ‘tornare a correre’ sviluppando nuove nicchie, come il turismo del vino, con visite e degustazioni. Alcuni agricoltori hanno avviato un e-commerce di consegna a domicilio di prodotti freschi via internet. Ci sono opportunità, da cogliere. L’arte di distinguersi. Nel 2021 si è assistito a una ripresa significativa dell’edilizia, soprattutto perché i tassi d’interesse sono rimasti molto bassi. C’è un effetto di rimbalzo post-Covid. Il settore rappresenta non meno del 7,2% della creazione di valore aggiunto nell’economia cantonale, rispetto al 4,2% dell’alberghiero e della ristorazione, per esempio. A segnalarsi il ritorno di forte interesse per gli immobili di montagna, per esempio nella località di La Tzoumaz. Il settore è stato stimolato dall’arrivo di residenti da fuori cantone che hanno approfittato delle nuove abitudini create dal telelavoro per venire a stabilirsi per lunghi periodi in un ambiente tranquillo.

Non va del resto dimenticato che il Vallese è una terra di proprietari. Secondo le cifre del 2020 dell’Ufficio federale di statistica, non meno del 54% degli abitanti del cantone possiede una casa di proprietà, rispetto alla media svizzera del 36%. Questo spirito favorisce la dinamica di costruzione, anche se il settore sta attualmente affrontando difficoltà di approvvigionamento per alcuni materiali, dovute in particolare alla forte domanda globale e alle attuali tensioni geopolitiche.

Le società di viaggi in pullman sembrano essere però una specialità del Basso Vallese. Buchard Voyages non è l’unico operatore di questo mercato, che è an-

«L’anno 2021 è stato molto duro per viticoltura e agricoltura a causa di condizioni climatiche particolarmente sfavorevoli. Ma nonostante gli ingenti danni, persiste la voglia di ‘tornare a correre’ sviluppando nuove nicchie, come il turismo del vino, con visite e degustazioni»

Guillaume Carron, Vicedirettore di Banca Raiffeisen Martigny e Regione Buchard Voyages, operatore specializzato in viaggi in pullman, è stato colpito duramente dalla crisi sanitaria. Ma l’azienda a gestione familiare, che compirà 70 anni nel 2023, è riuscita ad adattarsi, e stima di raggiungere un fatturato di ben 25-30 milioni di franchi nel 2022. Interviene il suo direttore, François Buchard (in foto). Nel 2021 si è verificato un delicato passaggio di testimone, all’interno della famiglia, tra lo zio Jean-Albert Buchard, e François oggi alla guida dell’azienda. Ma qual è stato il ruolo giocato dal Covid? «La crisi ha accelerato il processo, ma non è comunque la causa. Mio zio, 61 anni, voleva andare in pensione verso i 62-63. Durante la pandemia, abbiamo subito un calo dell’80% delle entrate. Il lavoro quotidiano era gestito dal team dei quadri. Di conseguenza, Jean-Albert ha deciso di passare definitivamente il testimone al team attuale, dopo oltre 40 anni di attività», nota il direttore. All’atto pratico cos’è cambiato nella quotidianità aziendale? «Oggi le modalità di gestione di un’impresa sono sensibilmente mutate. Dobbiamo offrire costantemente nuove opportunità ai più giovani per attirare i migliori. Il personale è principalmente alla ricerca di un significato e piacere nello svolgimento delle attività. Ci impegniamo quindi a offrire una formazione continua e una varietà di posti di impiego. Contiamo circa 120 posti di lavoro», prosegue Buchard. Il settore esce però da un biennio terribile con crolli di fatturato catastrofici e indiscriminati, del tutto imprevedibili. Com’è stata la vostra esperienza? «La crisi è stata terribile. Ogni volta che tornavamo con nuove offerte, arrivava una nuova ondata che rovinava tutto. Abbiamo dovuto rimborsare centinaia di migliaia di franchi a settimana ai nostri clienti a causa delle cancellazioni. Ma non ci siamo demoralizzati. Abbiamo sviluppato un nuovo sito web e abbiamo venduto il 30% dei veicoli. Questo ci permette di ripartire su basi sane», osserva il direttore. Ma è sul quando sarà davvero possibile a una nuova normalità che si gioca la vera partita. «L’obiettivo non è più quello di tornare al livello precedente, ma di essere in grado di lavorare di nuovo senza vincoli. Spero che sia così già a partire dal 2023. L’obiettivo è avere un tasso di riempimento migliore dei nostri pullman, che raggiunga all’incirca l’85%», conclude François Buchard.

Aspettando il 2023

che occupato, con un’offerta differente, da Lathion Voyages o l’Oiseau Bleu. Tutte sono tradizionalmente e saldamente a gestione familiare. Questa condizione, unita

alla capacità di adattarsi e di distinguersi costantemente, saranno senza dubbio le garanzie di successo delle Pmi vallesane anche per gli anni a venire.

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© Buchard © Raiffeisen

Mercati: privati ma accessibili

Una FinTech statunitense si è ormai insediata stabilmente in Europa, e nelle tradizionali Piazze del Wealth Management, e si prepara ora a conquistare nuovi mercati, Asia in testa, ma come è nata questa storia? Zurigo è stata una tappa importante.

L’inesauribile sete di rendimento degli investitori, andata pericolosamente accrescendosi nel corso degli ultimi anni, ha spinto sempre più spesso a confrontarsi con classi di attivi che sino a poco tempo fa erano considerati mercati di nicchia, riservati a una ristretta élite di investitori, in larga misura istituzionali, proprio per le peculiarità che li accomunano: lungo periodo, e alto rischio. Ad aver cavalcato l’onda del successo, un segmento che in poco più d’un decennio è quintuplicato in valori assoluti, è quello degli alternativi per eccellenza: i mercati privati.

Se da un lato costituiscono l’habitat naturale per il 99% delle imprese, la cui larghissima maggioranza non conoscerà mai gli onori di un’Ipo, dall’altra avventurarsi nel loro capitale presuppone conoscenze e capacità non indifferenti, che tradizionalmente ne hanno precluso l’accesso a quasi tutti gli investitori. Il perdurare però di una fase congiunturale, ormai strutturale, di rendimenti scarsissimi se non negativi delle tradizionali asset class ha contribuito nel mettere in discussione tale assunto.

Ma come sciogliere i nodi che tradizionalmente ne hanno frenato l’accesso?

«Bisogna muovere da un primo dato fondamentale che spiega anche da solo l’interesse al cui centro si trovano sempre più spesso i mercati privati: le imprese decidono di rimanere private più a lungo. Se in passato mediamente a sei anni dalla fondazione le imprese diventavano pubbliche, quotandosi, questo è sempre meno vero. Oggi, oltre a essere ricorrenti i delisting, la media mondiale si è spostata a oltre dieci anni, tempo in cui si forma buona parte del valore che viene quindi distribuito tra i pochi investitori, istituzionali, già nel capitale societario all’atto dell’Ipo. Ne consegue che la creazione di valore avviene prima di andare in borsa e dunque al di fuori dei mercati pubblici. Da qui il forte interesse di Wealth Manager e banche nel facilitare l’acceso ai mercati privati per i loro clienti», esordisce così Marco Bizzozero, Head of International e membro del comitato esecutivo di iCapital, società FinTech basata a New York specializzata nel settore della tecnologia finanziaria applicata agli investimenti al-

ternativi, dal dicembre 2020.

Un’evoluzione certo curiosa, ma ben colta dai dati. Sembra dunque logico interrogarsi sul perché di tale dinamica, che va rapidamente diffondendosi. «La forte crescita che sta ormai connaturando il segmento, da tempo superiore al 20% annuo e in ulteriore accelerazione, non rende più indispensabile per quelle imprese che necessitino di capitali per finanziare il proprio sviluppo rivolgersi ai mercati pubblici. Si può dunque dire che il rapporto costi-benefici della quotazione stia peggiorando. I protagonisti della raccolta restano gli istituzionali, non fosse solo per le forti barriere all’ingresso cui gli investitori privati sono confrontati, ma qualcosa sta cambiando, grazie alla tecnologia e piattaforme come iCapital», prosegue il manager, che può vantare un’esperienza pluridecennale nel settore. Anche in questo caso non tutti gli investitori sono uguali, anche tra istituzionali, e questo non è privo di conseguenze pratiche più o meno importanti. «Il principale limite è quasi sempre a livello culturale. L’asset allocation media degli istituzio-

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finanza / società Mar 2016 Hedge Funds Platform Mar 2019 Private Wealth Feeder Operations Ago 2020 Technology Platform and Operating business Private Equity Access Fund Platform Private Wealth Feeder Operations Technology Development Team in Portugal Gen. 2021 Alternatives Education and Compliance Platform Portfolio Risk and Analytics modeling tool Ott. 2020 Dic. 2017 Mar 2019 Set. 2020 Nov. 2021 Ott. 2020 Alternative Investments Feeder Fund Platform 2016 2017 2019 2020 2022 2018 Structured Products Provider Feb 2022 Private Market Feeder Fund Platform 2021 ● Partner nanziario ● Partner tecnologico

nali, quali fondi pensione, fondi sovrani, assicurazioni e fondazioni vede i mercati privati ricoprire una quota del 15-30%, mentre la clientela privata è al momento sotto allocata», riflette Bizzozero.

Eppure, che sia un settore interessante e dalle enormi potenzialità sembrano essere ormai in molti ad averlo capito, banche e Wealth Manager inclusi, con l’obiettivo dichiarato di aprire questo mondo anche alla clientela retail. «Il mercato svizzero ed europeo hanno sicuramente una ‘capacità di assorbimento’ di capitali importante. È fondamentale, però, rivolgersi alle persone giuste, ai professionisti che meglio conoscono il mercato, a fronte di una dispersione media dei rendimenti molto maggiore che non sui mercati pubblici, pur rimanendo comunque più alti. Guardando agli ultimi dieci anni, il rendimento dello S&P500 è stato di un dignitoso 10,5%, rispetto a una mediana del 13,5 nei mercati privati, dato che però cresce sino al 21,3% nel caso del primo quartile dei migliori gestori», sottolinea il manager, che in precedenza è stato Ceo Group Wealth Management di Unicredit dal marzo 2018, oltre che Ceo di Deutsche Bank Svizzera e responsabile Wealth Management Emea sino al 2017.

Ma cosa frena ancora la crescita nei portafogli della clientela retail di questo segmento? «Tradizionalmente un grosso limite è stato in termini di conoscenza, i gestori specializzati erano poco noti, e accedervi molto complesso con una soglia minima spesso intorno ai 5-10 milioni, il processo d’investimento tortuoso, una gestione amministrativa dell’investimento molto manuale e cartacea, e presupponeva una consapevolezza di cliente e consulente non indifferente. iCapital è riuscita a risolvere tutti questi problemi, e con il supporto della tecnologia crea fondi dedicati in cui banche e Wealth Manager possono investire aggregando singoli piccoli investimenti della loro più ampia clientela privata. Noi gestiamo il veicolo per conto degli istituti, il che consente di limitare i costi degli uni, esternalizzando il servizio, e abbassare le soglie minime per i clienti privati interessati», nota Bizzozero.

Una soluzione che sta certamente riscuotendo un non indifferente successo, come testimoniamo nella massima trasparenza i semplici numeri: fondata nel 2013 a New York, iCapital è una FinTech che opera a livello globale e che gestisce $123 miliardi di dollari di cui circa il 25% da

«L’illiquidità degli investimenti nei mercati privati è forse il loro maggior vantaggio, spesso confuso con un limite. È una delle ragioni alla base della loro sovraperformance rispetto all’azionario, e per sua definizione presuppone un’unica decisione d’investimento, l’iniziale»

una clientela al di fuori dagli Stati Uniti. Conta oltre 760 collaboratori di cui 190 in 6 uffici aperti recentemente a livello internazionale a Zurigo, Londra, Lisbona, Hong Kong, Singapore e Toronto. «Il nostro è un modello B2B2C. In primo luogo offriamo l’accesso a soluzioni d’investimento di qualità nei migliori fondi di Private Market al mondo con soglie d’accesso ragionevoli, fornendo agli istituti

In apertura, le principali tappe della fulminea crescita della FinTech di New York iCapital. Sopra, le attuali sedi della società presidiano tutte le principali Piazze del Wealth Management mondiale, ma già si preparano i passi successivi, sostenuti da una forte crescita dell’AuM intermediato dalla

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Fonte: iCapital ● Toronto ● New York (Quartier generale) ● Londra Zurigo● Lisbona ● Hong Kong ● ● Singapore
Le attuali sedi nel mondo
piattaforma di proprietà. 140 120 100 80 60 40 20 0 900 800 700 600 500 400 300 200 100 0 2017 2019 2018 2020 2021 03/22 2017 2019 2018 2020 2021 03/22 94 762
intermediati
(in mld usd) Fonte:
2022
140 120 100 80 60 40 20 0 900 800 700 600 500 400 300 200 100 0 2017 2019 2018 2020 2021 03/22 2017 2019 2018 2020 2021 03/22 94 762 Il ruolo
tecnologia Attivi intermediati dalla piattaforma proprietaria (in mld usd) Fonte: iCapital 2022
Il ruolo della tecnologia Attivi
dalla piattaforma proprietaria
iCapital
Il ruolo del capitale umano Aumento del numero dei collaboratori (in unità)
della
Il ruolo del capitale umano Attivi Aumento del numero dei collaboratori (in unità)

Dietro alla forte crescita della società si cela l’esplosiva avanzata dei tipici investimenti alternativi, i mercati privati, che stanno segnando l’asset allocation di portafogli sempre meno grandi e sofisticati. Al centro della rivoluzione in atto la tecnologia, che sta cambiando e ingentilendo il tradizionale processo d’investimento che ne impediva la diffusione.

tutta l’assistenza necessaria in termini di expertise. In secondo, la tecnologia. Tutte le operazioni avvengono su una piattaforma proprietaria che facilita l’intero processo d’investimento, e ne consente un facile monitoraggio nella massima sicurezza per consulente e cliente. Da ultimo, la formazione. Investiamo molto in istruzione finanziaria, e sensibilizzazione di Partner e clienti finali, fornendo

analisi periodiche e materiali di approfondimento», nota il manager.

Un’idea sicuramente innovativa che sin dal principio ha avuto un unico ambizioso obiettivo: democratizzare l’accesso a questo mercato, costruendo un vero e proprio network di relazioni, conoscenze e Partner. «Sin dal 2013 i nostri clienti sono anche diventati nostri azionisti, il che costituisce una prima testimonianza di fiducia reciproca. All’inizio le nostre soluzioni erano indirizzate ai gestori indipendenti fuoriusciti dal sistema bancario che necessitavano di mantenere l’accesso ai mercati privati per i loro clienti. A distanza di quasi dieci anni la situazione si è evoluta e, consolidata la posizione di leadership sul mercato americano, abbiamo guardato ai grandi poli del Wealth Management a livello internazionale, ossia Svizzera, Singapore e Hong Kong, e stiamo ora entrando nella terza fase: l’espansione in Europa, America Latina, Canada e stiamo valutando anche Australia e Giappone, la penetrazione del mercato cinese e asiatico», chiosa Bizzozero.

L’innovatività del modello, e la risposta del mercato, contribuiscono certamente a gettare le giuste fondamenta perché il rapido processo di internazionalizzazione porti a interessanti risultati, ma anche in questo caso il percorso che va delineandosi sarà lungo. «Stiamo crescendo, molto e in fretta in partnership con i nostri clienti, abbiamo raggiunto 123 miliardi di asset e nel 2021 abbiamo creato più di 160 fondi di investimento selezionando nuovi gestori, e raddoppiato il capitale umano, il tutto grazie all’estrema scalabilità del modello. Il bello del mio lavoro è proprio questo, sono tornato a una dimensione molto imprenditoriale, dopo anni di ruoli manageriali. Ancora nel 2006 avevo iniziato nel Wealth Management di Deutsche Bank, costruendo un team globale specializzato in veicoli d’investimento per mercati privati destinati ai clienti Hnwi dell’istituto. iCapital ha per altro acquisito nel 2017 quello stesso team che avevo formato anni prima, contribuendo alla crescita della società e ad aprire nuovi mercati», nota il manager.

Alle basi di questo successo un ruolo preminente è stato giocato anche dalla tecnologia, che ha sicuramente contribuito nel facilitare il percorso, sia nel formare l’expertise, raccogliendo dunque i gestori, sia nel raggiungere i clienti finali. «Oltre 200 dei nostri collaboratori sono

72 · TM Luglio 2022
0 1 10 100 1000 ■ Market Cap all’Ipo ■ Market Cap 5 anni dopo 1990 1997 2005 2012 2013 2014 Cisco EbayAmazon Twitter Facebook Alibaba Fonte: iCapital Il valore si crea prima dell’Ipo Capitalizzazione per società (in mld usd) Fonte: iCapital 13,1% 10,5% 21,3% 1 quartile Private Equity Media Private Equity S&P 500 Questione di dispersione Performance a confronto su 10 anni Fonte: iCapital ‘00 ‘05 ‘10 ‘15 ‘21 11.085 539 Stati Uniti Europa Apac Il Private Equity N. di società partecipate per regione 6 anni 11 anni 2000 2021 702 mln 4.319 mln 2000 2021 Privati, e più a lungo Anni prima dell’Ipo, e valutazione Ipo (usd) Fonte: iCapital 0 250 500 750 1.000 2000 2005 2010 2015 2020 Private Equity S&P 500 Fonte: iCapital Questione di risultati Peformance a confronto (al XII-2020) 17.000 11.300 2000 2008 2013 2019 -34% ● ● ● ● Fonte: iCapital Gli anni dei delisting N. di società quotate (2000 - 2019)

informatici o esperti in tecnologia, di cui circa la metà a Lisbona, il nostro hub tecnologico. Dalla sua il Portogallo ha un’ottima reputazione nel settore, un grande pool di talenti, buone infrastrutture, e una cultura internazionale. Al centro della strategia un progetto imperniato sulla Blockchain, condiviso con diversi Partner, tra cui Ubs, Blackrock e Blackstone che potrebbe avere nei prossimi anni un ruolo chiave per la ‘prossima generazione’ per l’ecosistema di investimento alternativo nell’efficientare la condivisione e riconciliazione dei dati tra tutte le parti coinvolte, che in questo settore è fondamentale, ma stiamo anche investendo in cibersicurezza», nota Bizzozero.

Eppure il ruolo giocato dalla tecnologia, la piattaforma, è fondamentale anche in un’altra dimensione: la formazione, l’educazione finanziaria del consulente e del cliente finale. La sua sensibilizzazione alle peculiarità che hanno determinati strumenti d’investimento. «È giusto che piattaforme come la nostra offrano oggi la possibilità a una platea molto più ampia di investitori di accedere a questa asset class, ma è altrettanto indispensabile non ‘bruciare le tappe’, tutti devono essere perfettamente consapevoli della natura di questi prodotti, e il consulente ne è il principale garante. Quelle che vengono definite ‘criticità’, a patto che siano davvero comprese, possono essere armi a doppio taglio, nell’interesse di tutte le parti chiamate in causa», riflette il manager.

Diversamente da molti altri strumenti d’investimento più liquidi, nel caso di questo segmento quelle che a prima vista potrebbero essere considerate limitazioni, specie nel caso di investitori non professionali, potrebbero tradursi infatti nell’esatto contrario. «Un ottimo esempio è la proverbiale illiquidità. La mancanza di liquidita immediata di questi investimenti è forse il vantaggio maggiore che spesso viene confuso con un limite. Se ben gestita è una delle ragioni principali dell’outperformance rispetto al mercato azionario, e di questi tempi non è poca cosa, ma per sua stessa definizione presuppone anche un’unica decisione d’investimento, iniziale e irrevocabile. Allo stesso tempo garantisce un perfetto allineamento d’interessi con il gestore, a cui ho delegato tutta la gestione dell’investimento compresa la vendita», mette in evidenza il manager.

In questo segmento un ruolo centrale come pochi altri lo gioca il gestore, sia nel

determinare il rendimento complessivo dell’investimento, sia nel saper interpretare gli equilibri e le dinamiche di un mercato indiscutibilmente opaco. «Architrave di questo tipo di operazioni è la delega più totale al gestore di tutte le decisioni successive a quella d’investimento. L’investitore si limita a versare al fondo le risorse convenute, il mandato lascia ampia discrezionalità al gestore di agire in un mercato a lui ben noto, con un timing difficile da determinare inizialmente. Si sottolinea spesso la dry powder, i capitali raccolti ma non ancora investiti, stia crescendo rapidamente, al pari però della raccolta complessiva, che annualmente è di circa 8-900 milioni di dollari, e proporzionalmente è aumentata anche la dimensione media di una transazione. Eppure il potenziale del settore rimane importante, e nonostante la forte crescita non si assiste a un declino dei rendimenti», conclude Marco Bizzozero.

Sopra, la sede zurighese della società. Sotto, la crescita attesa del comparto nel prossimo lustro, rispetto al mercato del Wealth Management complessivo.

La crescita dei mercati privati è un fenomeno destinato non certo a fermarsi, e nonostante i chiari di luna in atto su tutte le principali asset class il trend non sembra destinato a cambiare. La caccia al rendimento, e tutte le difficoltà connesse, resterà nel medio periodo il mantra di gestori e investitori, e il democratizzarsi di quest’ultimo non più piccolo mercato ne segnerà una tappa importante. A fare la differenza l’involontaria disciplina che questi investimenti portano in dote, un’unica decisione iniziale irrevocabile, sarà una delle chiavi del loro successo.

Luglio 2022 TM · 73
Federico Introzzi 2010 2020 2025e 6,7 12,6 2,7 Cagr9,5% Cagr13,3% Pe Pb Immob. Infrast. Fonte: iCapital
Volano i Private Market Investimenti per comparto (in trl usd)
2013 2020 2025e Cagr6,3% Cagr7,0% Usa Apac Europa Altri 52 80 112 Fonte: iCapital Cresce
il Wealth Management Patrimoni Hnwi (in trl usd)

Pronti per il futuro qualunque cosa accada

Cambiamento climatico, pandemia da coronavirus, guerra in Ucraina: quando le crisi diventano la normalità, le aziende devono convivere con l’insicurezza latente. Ciò comporta allineare costantemente la propria strategia al mercato, sviluppare scenari e tenere conto dei megatrend. Per raggiungere un elevato livello di agilità e mantenere vivo il proprio valore sul mercato, è consigliabile procedere in modo sistematico e affidarsi a un partner affidabile come Banca Migros, in grado di supportarvi e sostenervi in tutte le nuove sfide.

Il XXI secolo è caratterizzato da rapidi cambiamenti tecnologici, politici e sociali che richiedono un adeguamento e un’ottimizzazione costante delle proprie attività. Ormai le crisi e i conflitti non rappresentano più un’eccezione e, soprattutto per la Svizzera, si tratta di una situazione piuttosto insolita. Per questo motivo

occorre migliorare la propria resilienza e attivare il ‘sistema immunitario imprenditoriale’, attraverso la creazione di un rilevamento precoce e sistematico che, oltre ai rischi evidenti, tenga conto anche delle conseguenze indirette e delle opportunità. I nostri esperti sono in grado, grazie al tool di business plan della Banca Migros, di analizzare la vo-

stra azienda da una prospettiva esterna obiettiva, simulare diversi scenari e realizzare prove di stress in tempo reale. Potrete dunque pianificare con noi i

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Advertorial
La sede centrale di Banca Migros in Ticino, a Lugano in Piazzetta della Posta.

vostri prossimi passi strategici. Particolare attenzione ai megatrend che rappresentano il punto di partenza ideale per strategie orientate al futuro. È la loro complessità a catturare particolare importanza: sono globali, durano diversi decenni, influenzano interi settori economici: dall’economia ai consumi fino al cambiamento dei valori della società.

Infatti, i megatrend come il cambiamento demografico e sociale, la delocalizzazione delle forze economiche globali, l’accelerazione dell’urbanizzazione, i cambiamenti climatici e la crescente scarsità di risorse richiedono soluzioni sempre più rapide ed efficaci.

Crisi acute e necessità d’interventi rapidi

La necessità di reinventare continuamente il modello aziendale e di adattarlo ai continui cambiamenti sta diventando sempre più evidente, un’esigenza irrinunciabile. Le crisi accelerano ulteriormente questo processo e richiedono maggiore agilità da parte delle imprese piccole e grandi. La pandemia, ad esempio, ha messo in luce la necessità di adattarsi improvvisamente a nuove sfide: cambiamenti nelle catene di distribuzione, difficoltà di approvvigionamento di materie prime, semilavorati e prodotti finiti. Ne consegue l’incertezza relativa al comportamento dei consumatori e delle consumatrici e all’ordinazione di beni d’investimento e di consumo.

Ad incrementare l’atmosfera di instabilità che regna sovrana negli ultimi anni, è arrivata la guerra in Ucraina che ha evidenziato ulteriori importanti problematiche sotto ogni punto di vista e obbliga direttamente o indirettamente le imprese a rivedere e/o riflettere sul proprio modello di business. Se fino a poco tempo fa le strategie di crescita delle imprese erano caratterizzate da mercati globali aperti, ampi livelli di libertà e accesso illimitato alle materie prime, ora si delineano nuovi limiti per la crescita complessiva. Occorre tenere conto di molti fattori come ad esempio il saper far fronte al forte rincaro della base dei costi delle materie prime, dei prodotti intermedi, dell’e-

nergia e della logistica. Sarà per voi possibile, grazie al supporto dei nostri esperti, analizzare, valutare e considerare in modo costante e regolare tutti i fattori di influenza, che permettono di agire al di là della crisi, mantenere un atteggiamento positivo nei confronti delle sfide future e garantire il proprio successo.

Il cambiamento è la nuova normalità Innovazione e cambiamento: viviamo in un contesto in cui le previsioni sono difficili e le condizioni quadro cambiano rapidamente per questo i vecchi modi di pensare e di agire non funzionano più, le imprese devono essere in grado di muoversi rapidamente e con agilità. La determinazione, il coraggio e la resilienza sono le parole chiave per far fronte alla volatilità e l’incertezza che attualmente dominano, devono quindi essere in grado di adattarsi alle esigenze macro e microeconomiche e promuovere una cultura aziendale in cui il cambiamento e la trasformazione siano percepiti come un’opportunità. Siamo al vostro fianco e vi sosteniamo nel processo di cambiamento grazie alle nostre competenze e ai nostri strumenti che ci permettono di offrirvi delle analisi precise sugli scenari e sui processi nonché simulare delle prove di stress che vi aiutano a individuare la vulnerabilità, potendo di conseguenza ottimizzare la vostra azienda sotto ogni punto di vista.

L’adeguamento o l’ampliamento del

modello aziendale e un nuovo orientamento strategico sono processi ad alta intensità di capitale: pianificando con noi i vostri prossimi passi, potrete approfittare di un’analisi specifica e osservare in tempo reale gli effetti degli investimenti, dei cambiamenti nell’andamento degli affari e del budget sul valore della vostra azienda.

Lo sguardo dall’esterno che vi offre un valore aggiunto Prendete decisioni ottimizzate, create attivamente il futuro della vostra azienda e ragionate con noi da pari a pari nell’ambito di un’analisi in tempo reale della vostra azienda. Basta scansionare il codice QR, compilare il modulo di contatto e inserire nel campo di messaggio «Analisi aziendale in tempo reale».

Per informazioni: bancamigros.ch

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«I nostri esperti sono in grado di analizzare la vostra azienda da una prospettiva esterna obiettiva, simulare diversi scenari e realizzare prove di stress in tempo reale. Potrete dunque pianificare con noi i vostri prossimi passi strategici»
Amos Bellini, Consulente clientela aziendale di Banca Migros

LAC EN PLEIN AIR

ESTATE 2022

Il volto estivo del LAC Torna per la sua quinta edizione LAC en plein air, rassegna estiva ideata da LAC Lugano Arte e Cultura e realizzata in collaborazione con i suoi partner artistici. Musica, versi, voci e parole sono il cuore di questa edizione che, dal 13 luglio al 6 agosto 2022, ospita nella suggestiva cornice dell’Agorà concerti in formazione da camera dell’Orchestra della Svizzera italiana, incursioni nelle sonorità del mondo offerte da musicisti e gruppi di origine e culture diverse, occasioni di ascolto e visita che rendono omaggio agli artisti protagonisti delle esposizioni del Museo d’arte della Svizzera italiana. Dodici eventi serali gratuiti per trascorrere insieme le calde serate estive.

www.luganolac.ch

Foto: LAC / Studio Pagi
con il sostegno di Fondazione Lugano per il Polo Culturale in collaborazione con Orchestra della Svizzera italiana Museo d’arte della Svizzera italiana partner principale

Senza fiato

Quello appena archiviato verrà a lungo ricordato quale una delle più improvvise e violente correzioni degli ultimi decenni, con forti cali per tutte le asset class. Ma cosa seguirà?

Il primo semestre dell’anno si è da poco concluso, e dopo due anni di performance stellari, in cui sembrava difficile non riuscire a fare bene, il 2022 ha precipitosamente riaffermato la complessità che gli operatori meno specializzati potrebbero dover fronteggiare.

La correzione avvenuta, che sarà certo ricordata molto a lungo, ha visto significativi cali a doppia cifra in tutte le principali asset class, indirettamente evidenziando i limiti di una strategia che si affidi alla sola diversificazione, in assenza di competenze tecniche specifiche adeguate.

L’aprirsi delle ostilità in Europa orientale, o forse più l’implicita risposta che l’Occidente ha voluto opporvi, ha infatti dato il là a una corsa delle materie prime che era oltre un secolo che non si vedeva più, dal 1915 stando a Bank of America, fermo restando che l’anno è solo iniziato, e la seconda metà va delineandosi altrettanto impegnativa e ricca d’incognite.

Se il conflitto, e soprattutto le sue conseguenze di medio termine, hanno alimentato molte incertezze, almeno nell’immediato un effetto molto esplicito l’hanno avuto: il ritorno sulla scena mondiale del fantasma dell’inflazione.

Anche in questo caso la semantica è però protagonista. A dipendenza del come la si voglia calcolare, e soprattutto del cosa si decida di includere nel paniere, i dati possono assumere sfaccettature tutt’altro che scontate, il che potrebbe sia confermare sia sconfessare la risposta che le Banche Centrali hanno voluto darvi.

Se l’inflazione è un fenomeno monetario, e se il balzo che hanno registrato gli indici è riconducibile in larga misura all’aumento del costo delle materie prime, come è certo nel caso dell’Europa, allora non si capisce quale ‘pezza’ possa mettervi la politica monetaria, se non l’unica conseguenza di inaugurare una nuova recessione, che sì effettivamente finirebbe con lo sgonfiare almeno in parte l’inflazione.

Il mercato svizzero dei fondi (Dati Morningstar al 31.V in mld chf)

Quota di mercato per Asset Class (in %)

Raccolta per Asset class (in mln chf)

L’Angolo dell’investitore (Energetici, Automotive, Wall Street; Isin):

▲ Bp Plc (GB 0007980591)

▲ Galp Energia (PT GAL0AM0009)

▲ Repsol (ES 0173516115)

▲ Ferrari (NL 0011585146)

▲ Mercedes Benz (DE 0007100000)

▲ Stellantis (NL 00150001Q9)

▲ Cisco (US 17275R1023)

▲ Intel (US 4581401001)

▲ Visa (US 92826C8394)

Luglio 2022 TM · 77 Osservatorio di Federico Introzzi
V-2022 IV-2022 6 mesi 1 anno Fondi azionari 45,17 45,93 46,53 46,53 Fondi obbligazionari 29,24 28,56 29,58 29,58 Fondi misti 11,77 11,67 10,77 10,69 Fondi mercato monetario 7,12 7,18 7,33 7,45 Fondi immobiliari 3,19 3,12 2,84 2,82 Materie prime 2,63 2,67 2,08 2,26 Investimenti alternativi 0,65 0,64 0,67 0,61 Altri fondi 0,23 0,23 0,21 0,22
AuM V-22 AuM IV-22 Var. New Money Fondi azionari 638,82 664,53 -25,71 -1.419 Fondi obbligazionari 413,46 413,26 -0,20 3.013 Fondi misti 166,45 168,91 -2,46 -0,126 Fondi mercato monetario 100,66 103,89 -3,23 -1.467 Fondi immobiliari 45,16 45,12 0,04 -0,011 Materie prime 37,18 38,68 -1,5 -0,208 Investimenti alternativi 9,21 9,21 0 -0,025 Altri fondi 3,23 3,34 -0,11 -0,116 Totale mercato 1.414,2 1.446.9 -32,7 -0,338
1 mese 3 mesi 6 mesi 1 anno Fondi Azionari -1.419 -4.472 453,5 3.914 Fondi obbligazionari 3.013 982,4 696,8 17.443 Fondi misti -0.126 3.187 5.747 11.905 Fondi mercato monetario -1.467 -285,8 -3.418 -2.509 Fondi immobiliari 0,011 0,059 0,285 0,476 Materie prime -0,208 -0,082 -0,107 -0,361 Investimenti alternativi -0,025 -0,178 -0,739 -0,753 Altri fondi -0,116 -0,156 -0,078 0,020

Monetizzare la volatilità

Anche in fasi di mercato particolarmente contrastate, quale l’attuale, è possibile ottenere rendimenti positivi, ovviamente non senza correre rischi altrettanto significativi.

Il massiccio intervento delle Banche Centrali per fornire condizioni finanziarie accomodanti durante la crisi pandemica ha ridotto drasticamente i rendimenti obbligazionari e compresso gli spread creditizi. Titoli di stato e obbligazioni corporate si sono così trovati in difficoltà quando gli istituti centrali hanno segnalato l’intenzione di rimuovere progressivamente le misure di politica monetaria per combattere l’elevata inflazione. Gli investitori sono così costretti a rivolgersi a classi di investimento non tradizionali per raggiungere i loro obiettivi di reddito.

Nel contesto attuale, il volatility risk premium (Vrp), ossia il premio per il rischio di volatilità, offre un’interessante alternativa di reddito che può integrare o addirittura sostituire fonti di rendimento tradizionali nei portafogli. Lo shock di volatilità sperimentato all’inizio della pandemia ha infatti sensibilmente alzato il potenziale di guadagno del Vrp. Volatilità realizzata e implicita. Come

viene definito il Vrp e da cosa è causato? In generale, la volatilità finanziaria può essere definita come la misura della variabilità dei rendimenti nel tempo. La volatilità realizzata di un titolo può essere calcolata misurando la deviazione standard dei suoi rendimenti effettivi nell’arco di una finestra temporale fissa ed è comunemente utilizzata come un indicatore della rischiosità storica del titolo stesso.

Una misura della volatilità futura, o meglio delle aspettative dei mercati sulla variabilità dei movimenti futuri di un titolo, è la cosiddetta volatilità implicita che può essere estratta dai prezzi delle opzioni. Quando l’incertezza sui rendimenti futuri di un asset cresce, generalmente anche il prezzo delle sue opzioni aumenta e quindi anche la volatilità implicita. Con la vendita e l’acquisto di opzioni si può così esprimere una visione sulla volatilità realizzata futura di un asset rispetto alle aspettative attuali dei mercati.

C’è infatti una differenza tra volatilità implicita e volatilità realizzata, che spesso

tende a favorire la prima. Tale premio di volatilità può essere considerato come il risarcimento che i venditori di opzioni richiedono in cambio della fornitura di un’assicurazione contro movimenti nel prezzo del sottostante. La sua esistenza è stata dimostrata in molteplici asset class, nonché soggetto di numerosi studi accademici. Ad esempio, negli ultimi trent’anni, la volatilità implicita dell’indice S&P 500 per il mercato azionario americano, che può essere approssimata utilizzando l’indice Vix, è stata in media 4 punti più alta rispetto alla volatilità realizzata dall’indice nei seguenti 30 giorni.

Con l’avvento di strumenti derivati vieppiù sofisticati, le possibilità d’investimento per raccogliere il Vrp sono diventate molteplici. La vendita di opzioni, e quindi di volatilità, rimane comunque una delle soluzioni più semplici per garantirsi un’esposizione indiretta.

Qualcosa è cambiato. Nel 2021, il livello medio del Vix è stato di 19,6 mentre la volatilità media realizzata dall’indice S&P 500 si è fermata al 12%. Il Vrp mensile dell’azionario americano è così rimasto sopra la media storica e la correzione delle principali borse a inizio 2022, causata dal brusco aumento dei tassi d’interesse globali, non ne ha ridotto significativamente il livello. Da gennaio, il Vix scambia infatti a un premio medio di circa 2 punti rispetto alla volatilità realizzata.

Il forte calo delle borse nel marzo 2020 ha avuto un impatto significativo nei mercati dei derivati e delle opzioni, modificando l’equilibrio tra domanda e offerta di volatilità. Mentre la richiesta

78 · TM Luglio 2022
osservatorio / derivati
Luca Henzen, Derivatives Analyst Cio UBS Global Wealth Management.

di opzioni, comprese quelle utilizzate per proteggersi contro un calo dei prezzi, è rimasta elevata, molte strategie che vendono volatilità hanno visto i loro asset diminuire a seguito delle forti perdite. È probabile che questo squilibrio continui nel 2022, poiché l’appetito per vendere volatilità è ancora contenuto e la richiesta di strumenti di protezione rimane elevata. Alla ricerca di alternative. Da inizio anno, il continuo aumento dell’inflazione e il tono meno accomodante delle maggiori Banche Centrali hanno causato una caduta dei prezzi nei mercati finanziari. Le obbligazioni statali e societarie hanno subito il forte aumento dei tassi d’interesse. Le azioni e in particolare i titoli legati a quelle aziende con forti aspettative di crescita hanno visto le loro valutazioni ridursi in modo rapido.

A eccezione delle materie prime, spinte dalla ripresa e dalle tensioni geopolitiche, gli investitori si sono ritrovati con poche soluzioni di diversificazione nei portafogli. In questo contesto di estrema difficoltà per le asset class tradizionali, strategie d’investimento basate sulla vendita di volatilità beneficiano degli elevati costi delle opzioni e del Vrp. Data la loro varietà, non è facile farsi un quadro generico sulla loro efficacia.

Tuttavia, alcuni indici pubblicati dalla borsa delle opzioni di Chicago (Cboe) offrono buone indicazioni sull’andamento di soluzioni che vendono volatilità. Os-

Azioni e obbligazioni in calo nel 2022

servando la loro performance da inizio anno, si può notare infatti come la vendita di volatilità sullo S&P 500 effettuata tramite posizioni corte in opzioni abbia generato rendimenti più stabili e in alcuni casi addirittura positivi nei primi mesi del 2022, l’opposto di azioni e obbligazioni.

La vendita allo scoperto di opzioni comporta dei rischi non indifferenti e le perdite possono essere sostanziali quando

la volatilità aumenta bruscamente. Ciononostante, la progressiva rimozione delle politiche monetarie di sostegno e la continua pressione dell’inflazione sui mercati pongono rischi altrettanto importanti per molti portafogli. A questo proposito, materie prime e strategie basate sulla vendita di volatilità potrebbero continuare a offrire rendimenti interessanti, nonché una valida alternativa di diversificazione.

perdite,
anche opportunità. -20 0 20 40 60 1991 1994 1997 2000 2003 2006 2009 2012 2015 2018 2021 S&P 500
S&P 500
Volatility risk premium dell'indice S&P
Differenza tra volatilità implicita (Vix) e volatilità realizzata dall'indice S&P 500 nei 30 giorni seguenti, in % Fonte: Bloomberg 90 95 100 105 110 dic.21 gen.22 feb.22 mar.22 Msci Acwi Bloomberg Global Aggregate Cboe S&P 500 PutWrite Cboe S&P 500 Iron Butterfly
Performance di azioni e obbligazioni globali e strategie Cboe che vendono opzioni Fonte: Bloomberg night &day APERTI OGNI GIORNO ANCHE LA SERA - Per chi cena al ristorante funicolare a soli Fr. 9.PRENOTAZIONI 091 993 26 70
Nel corso degli ultimi mesi la volatilità di obbligazionario e azionario è andata esponenzialmente
accrescendosi, ciò non comporta però solo
ma
volatilità realizzata
volatilità implicita, Vix Vrp, differenza tra volatilità implicita e realizzata Vrp, media storica
500

I metalli del futuro

Se mai come in questo momento sono le materie prime al centro dell’attenzione, sarebbe ingeneroso pensare alla sola energia. Sono anche altri i protagonisti, specie se di domani.

La ricerca di metalli e materiali più economici non è mai stata così forte visto il loro ruolo cruciale nell’implementazione su ampia scala di numerose tecnologie future. Investimenti infrastrutturali, transizione energetica, evoluzione industriale e nuove forme di mobilità richiedono importanti quantità di rame, grafite, litio, nickel e dei metalli del gruppo del platino. Pur non essendo oggetto di sanzioni, la loro catena di approvvigionamento, già in parte segnata dalla pandemia, ha subito le conseguenze del conflitto in Ucraina evidenziandone la fragilità e la vulnerabilità ai rischi geopolitici. Investirvi direttamente non è sempre possibile, ciononostante possono nascere opportunità interessanti nelle società di estrazione e produzione specializzate in questi metalli del futuro.

Alluminio. La situazione tra domanda e offerta di alluminio era già tesa precedentemente allo scoppio del conflitto in Ucraina, in particolare a causa del blocco della produzione in alcune fonderie cinesi imposto l’anno scorso dopo il marcato rialzo dei costi dell’energia e per facilitare il raggiungimento degli obiettivi climatici. La possibile interruzione delle forniture dalla Russia, che nel 2021 rappresentava il 6% della produzione mondiale, e la riduzione della produzione europea aggiungono ulteriori incertezze e potrebbero protrarre a lungo il deficit produttivo. Una riconfigurazione dei flussi commerciali è possibile ma richiede tempo e nel breve non attenuerà la pressione sulle catene di approvvigionamento.

Ci si può dunque aspettare che i prezzi medi dell’alluminio restino elevati al fine di attrarre nuovi investimenti in risposta all’incremento strutturale della domanda dovuto alla maggior adozione

di veicoli elettrici. L’alluminio è in effetti una componente essenziale per la produzione di telai e di alcune componenti interne. Inoltre, gioca un ruolo importante nell’espansione delle reti di trasmissione e distribuzione e ha molteplici usi (dalle batterie alle lattine) con un profilo di domanda molto stabile. Rame. Il mercato globale del rame è caratterizzato da una domanda dominata dalla Cina (52% della domanda globale nel 2021) e da un’offerta ampiamente diversificata. A causa della debolezza della domanda cinese e della riduzione delle scorte, il prezzo del rame ha avuto un mo-

«A lungo termine i fondamentali restano molto solidi, soprattutto per il nickel di qualità più elevata utilizzato nella fabbricazione delle batterie. Ad oggi la quota di domanda di nickel per i veicoli elettrici è relativamente contenuta, 6% del totale, ma dovrebbe raggiungere il 20% in pochi anni»

vimento laterale nei primi mesi dell’anno ed è stato impattato in minima parte dal conflitto. La Russia in effetti rappresenta il 4% dell’offerta globale, di cui la metà destinata all’esportazione.

Non si esclude che nel 2022 possa presentarsi un deficit produttivo che però avrebbe durata limitata grazie alla diversificazione dei produttori e alla fornita pipeline di nuovi progetti minerari lanciati prima della pandemia. A medio-lungo termine, si stima una crescita della domanda del 3% annuo grazie all’avvento della mobilità elettrica e il potenziamento

delle reti di produzione che dovrebbero almeno in parte compensare il calo della domanda cinese. L’incremento potrebbe essere anche più marcato qualora venissero implementare le linee guida della strategia RePowerEu che prevedono che Paesi membri e settore industriale debbano adoperarsi per garantire scorte sufficienti di materie prime critiche come il rame. Grafite. Ha molteplici impieghi che vanno dalle matite ai lubrificanti, pitture e reattori nucleari. Ma soprattutto è un materiale essenziale per le batterie dei veicoli elettrici e lo stoccaggio di energia (una batteria di un veicolo elettrico contiene tra i 50 e 100 chili di grafite). Sebbene si moltiplichino le discussioni su potenziali cambiamenti della chimica delle batterie, la grafite manterrà il suo ruolo dominante almeno per il prossimo decennio. Stime della Banca mondiale ne prevedono una crescita della domanda, rispetto al 2018, nell’ordine del 500% entro il 2050. Litio . L’aumento della produzione di veicoli elettrici è stato il fattore trainante del prezzo del litio degli ultimi due anni. L’aspettativa di un’ulteriore crescita della mobilità elettrica dovrebbe continuare a spingerne i prezzi, oltre all’ampio utilizzo in smartphone, tablet e portatili. A lungo termine il litio giocherà un ruolo cruciale nella transizione verso le rinnovabili al fine di raggiungere gli obiettivi di neutralità carbonica entro il 2050. La forte crescita della domanda, del 32% quest’anno sul precedente, e un deficit produttivo che resterà almeno fino al 2025 dovrebbero continuare a mantenere i prezzi elevati.

80 · TM Luglio 2022
osservatorio / materie prime
Roberto Cerratti, responsabile Investment Consulting, di Credit Suisse (Svizzera).

La rivoluzione sostenibile promossa dal Vecchio Continente, e la diffusione dei veicoli elettrici, poggia in realtà su dei piedi di argilla: la produzione a livello europeo di tutti i minerali rari indispensabili al processo è pressoché nulla, mentre Cina e Russia svolgono un ruolo chiave. Il conflitto in Ucraina non sta certo migliorando la situazione.

Nickel. Sebbene non sia oggetto di sanzioni il nickel è stato tra i metalli più al centro dell’attenzione negli ultimi mesi. I timori di possibili restrizioni all’accesso di quello prodotto in Russia, il 7% della produzione mondiale, hanno portato alla chiusura di posizioni short e la sospensione delle quotazioni sulle borse di Shanghai e Londra. Preoccupazioni che appaiono però eccessive.

Potrebbero esservi delle carenze temporanee dovute al ri-orientamento dei flussi commerciali (in particolare la domanda europea che potrebbe orientarsi verso altri produttori), ma deficit produttivi persistenti potrebbero esserci unicamente se Cina (il 50% della domanda) e il resto del mondo abbandonassero del tutto il nickel russo. Inoltre, è atteso un calo moderato della domanda di acciaio inossidabile che rappresenta il 70% della domanda globale di nickel ed era all’origine del movimento di rialzo dei prezzi già prima del conflitto.

A lungo termine i fondamentali restano molto solidi, soprattutto per il nickel di qualità più elevata utilizzato nella fabbricazione delle batterie. Ad oggi la quota di domanda di nickel per i veicoli elettrici è relativamente contenuta, 6% del totale, ma dovrebbe raggiungere il 20% entro il 2025. Le dinamiche positive di domanda dovrebbero essere accompagnate da un incremento della produzione in Indonesia che già oggi rappresenta il 40% del totale, senza creare eccessive tensioni.

Metalli del gruppo del platino (Pgm).

La Russia è tra i maggiori produttori di palladio e platino, con quote di mercato di rispettivamente del 40 e 14%. Gioca quindi un ruolo cruciale nell’approvvigionamento globale e questo spiega il recente rialzo dei prezzi. La domanda resta però frenata dai colli di bottiglia del settore automobilistico, tra i principali consumatori dei Pgm, in particolare la scarsità di semiconduttori che perdura più a lungo

Aumento della domanda di minerali rari

Al 2040, per scenari diversi (2020: 1)

«L’avvento delle nuove tecnologie, la transizione energetica e il passaggio all’elettrico hanno aperto la corsa all’approvvigionamento di quei metalli considerati oggi critici. Il suggerimento è quindi di focalizzarsi sulle società minerarie che vi hanno una maggior esposizione»

del previsto e che di fatto posticipa al secondo semestre dell’anno o al 2023 l’atteso recupero della produzione di veicoli.

Nel medio termine i prezzi del palladio potrebbero correggere in quanto il mercato resta in surplus e i produttori di auto potrebbero sostituirlo con il platino visto che il differenziale di prezzo tra i due si è ampliato notevolmente. Se questa previsione dovesse rivelarsi corretta l’attuale surplus sul platino potrebbe ridursi notevolmente qualora i produttori non riuscissero ad aumentare l’offerta allo stesso ritmo. Più a lungo termine, la transizio-

ne verso la mobilità elettrica potrebbe portare a una contrazione di domanda e prezzi visto che questi metalli sono principalmente utilizzati nella fabbricazione di marmitte catalitiche. Parte di questa domanda potrebbe però essere compensata dall’avvento delle celle a combustile utilizzate nella generazione di idrogeno mediante elettrolisi.

L’avvento delle nuove tecnologie, la transizione energetica e il passaggio alla mobilità elettrica hanno aperto la corsa all’approvvigionamento di quei metalli considerati critici per le tecnologie future. La pandemia prima e i rischi geopolitici poi hanno evidenziato le fragilità delle catene produttive attuali e porteranno a degli aggiustamenti dei flussi commerciali e possibili carenze produttive. I fondamentali per questi metalli del futuro sono molto solidi, tuttavia per gli investitori non tutti sono direttamente investibili. Il suggerimento è quindi di focalizzarsi sulle società minerarie che hanno maggiori esposizioni su questi metalli e che potranno beneficiare delle dinamiche di crescita a lungo termine.

Luglio 2022 TM · 81
Fonte:
Suisse ■ Rame ■ Litio ■ Nickel Manganese ■ ■ Cobalto ■ Grafite Terre rare ■ ■ Altri Zinco ■ Auto convenzionale Auto elettrica 0 50 100 150 200
Iea, Credit
Fonte:
45 40 35 30 25 20 15 10 5 0
Il fabbisogno dell’elettrico Minerali rari (in kg per veicolo)
Iea, Credit Suisse
Sviluppo accelerato del sostenibile Scenario base Litio Cobalto Grafite Nickel Manganese Terrerare Rame

Tempo di azioni forti

All’inizio dell’anno i mercati hanno toccato massimi storici. Oggi l’umore è cambiato e i primi mesi del nuovo anno sono stati caratterizzati da una volatilità che ha visto le azioni globali in calo del 12%, sullo sfondo del conflitto, dell’impennata dei prezzi dell’energia, dell’inflazione persistente e di una politica monetaria più rigida.

Dal punto di vista degli investimen-

ti, l’impatto della guerra nell’Europa dell’Est resta variabile, con un calo iniziale dei mercati azionari a gennaio e febbraio che ha preceduto un vigoroso rimbalzo a marzo seguito da nuovi ribassi. Tuttavia, dopo una straordinaria vivacità del sentiment nel 2021, anno in cui il Msci World è cresciuto di oltre il 18%, i mercati azionari hanno corretto significativamente. Le azioni. Considerato tale contesto, non si devono dimenticare gli alti rendimenti

Carlos Mejia, Cio di Rothschid & Co Wealth Management. Sotto, guardando alle performance degli ultimi dodici anni l’azionario rimane indiscutibilmente l’asset class che meglio ha fatto in assoluto, e non teme confronti.

conseguiti dalle azioni globali dal 2009. Rispetto ad altre classi di asset, le azioni, soprattutto nel Nord America, hanno sovraperformato con un ampio margine. Dunque, cosa significa tutto ciò per il 2022? Gli investitori responsabili devono monitorare la volatilità a breve termine, investendo per il medio e il lungo periodo.

Le società di buona qualità sono sopravvissute non solo alle pandemie, ma alle guerre. Quindi, investire in tempi di mercati volatili richiede un processo di selezione più attivo, concentrando l’attenzione sulla selezione di società che resistono alla prova del tempo. Nella pratica:

- collocare la volatilità a breve termine su un orizzonte più lungo. Restano cruciali la posizione competitiva di una società, un modello di business superiore e sostenibile e la capacità di capitalizzare i guadagni;

- concentrarsi su team di gestione che stanziano il capitale come se fosse loro;

- preoccuparsi della valutazione pur mantenendo una visione di lungo termine, evitando le aziende eccessivamente valutate senza rifuggire da valutazioni elevate;

- evitare aziende eccessivamente esposte a fattori esogeni, che potrebbero schiacciare i rendimenti interessanti;

- riflettere a lungo sull’eventualità che a un’azienda sia ancora permesso di operare nel lungo termine e sulla presenza di rischi ambientali o sociali eventuali. Meno azioni. Spesso i mercati toccano

82 · TM Luglio 2022
osservatorio / strategie
Preparandosi a rientrare sui mercati, quando la situazione iniziasse a volgere al meglio, in questa fase la liquidità può dimostrarsi una buona alleata, insieme alla diversificazione. 299 474 103 154 105 230 79 229 89 Mondo NordAmericaEurozona Uk Giappone ApacexJapan Emerg.EmeaEmerg.AsiaEmerg.S.America Fonte: Bloomberg Performance azionari Per Paese (2009 - ‘21, in %) 30% 61% 49% 21% Treasury Gilt Titolieurozona Giappone Fonte: Bloomberg Performance titoli di stato Per Paese (2009 - ‘21, in %) Fonte: Bloomberg Performance indici globali Per segmento (2009 - ‘21, in %) 72% 221% 137% 48% Igglobale Hyglobale Emerg.val.fortiEmerg.val.locali Fonte: Bloomberg Performance delle commodity Dal 2009 al 2019, in % 134 124 238 6 Mat.prime Oro Rame Ferro

il livello di massima debolezza quando digeriscono la previsione di cattive notizie, per poi rimontare quando le notizie diventano concrete (ne è un esempio la guerra in Ucraina). I mercati azionari e del credito sono calati ed è il momento di scontare molte cattive notizie.

Tuttavia, questo particolare viaggio è chiaramente ancora in corso e la destinazione potenziale è sconosciuta: è improbabile che le operazioni russe evaporino rapidamente e l’impatto delle sanzioni è solo iniziato. La situazione è molto incerta e l’Occidente resta sulla difensiva. Considerando tali rischi una riduzione della ponderazione azionaria a neutrale, operazione effettuata anche da Banca Rothschild&Co, appare ragionevole.

Più Svizzera. In tempi come questi, la principale considerazione è tutelare il patrimonio dalle ricadute del conflitto. Di solito la maggior parte degli asset è migliore della liquidità, che tuttavia può sovraperformare nel breve e fornire la flessibilità necessaria per entrare nei mercati in momenti strategici. È uno dei motivi per cui ha avuto senso ridurre l’esposizione azionaria in febbraio, aumentando la liquidità a livello di asset allocation tattica.

Le obbligazioni sono ancora troppo costose e il rischio di inflazione a breve termine è troppo alto perché possano fornire il loro tradizionale supporto in termini di diversificazione. Sul piano azionario, si è quindi potuta ridurre l’esposizione ciclica a favore dei difensivi tagliando l’esposizione ai settori finanziari e industriali statunitensi ed europei; incrementando la posizione nei beni di prima necessità, un settore difensivo classico.

In termini di regioni, si sta dimostrando vincente la decisione di aumentare l’esposizione al mercato azionario svizzero a scapito di una nuova sottoponderazione nella restante Europa continentale. Considerando la vicinanza di questa regione al conflitto e l’impatto amplificato che le sanzioni avranno in quest’area, è difficile che le azioni europee superino nel breve periodo la performance delle corrispettive statunitensi. Un piccolo aggiustamento alle posizioni settoriali europee in aprile, riducendo il settore Consumer discretionary a neutrale e aumentando il settore Healthcare ha aiutato in questa fase. La diversificazione è protezione. Oltre ad assumere queste decisioni tattiche, non va dimenticata l’importanza della diversificazione come mezzo per proteggere i

«Potrebbe dimostrarsi oggi utile ‘rispolverare’ la massima del 1810 di Meyer Rothschild: compra quando i cannoni sparano e vendi quando suonano le trombe»

portafogli contro gli inevitabili alti e bassi del mercato. Quando i mercati diventano ribassisti, come è accaduto nel 2022, questo aspetto assume importanza maggiore.

L’analisi e l’interpretazione di dati storici e previsionali permettono di fare stime ragionevoli sull’andamento del mercato e delle sue valutazioni. Su tale base deve essere considerata l’asset allocation dei singoli portafogli, e inserendovi la giusta ponderazione di azioni, titoli di reddito fisso e strategie alternative, che rispettino il quadro previsionale complessivo.

Detto questo, storicamente i mercati hanno spesso reagito in modo eccessivo in tempi di crisi. Potrebbe dunque dimostrarsi utile ‘rispolverare’ la massima di Meyer Rothschild del 1810: compra quando i cannoni sparano e vendi quando suonano le trombe. E che suonino!

Alimentare gli investimenti

Il settore agroalimentare tradizionale non nasconde importanti opportunità d’investimento che vengono molto spesso erroneamente sottovalutate. Ma come posizionarsi?

L’alimentazione è una componente di rilevanza critica per la salute e lo sviluppo. Chi si nutre in modo adeguato raggiunge una maggiore produttività e può creare le premesse per interrompere un giorno i cicli della povertà e della fame. La malnutrizione in ogni sua forma rappresenta una grossa minaccia per la salute dell’umanità. Oggi il mondo sta affrontando due problemi legati alla cattiva alimentazione: denutrizione e sovrappeso. Ne sono colpiti i Paesi a basso e medio reddito, ma non sono immuni nemmeno gli sviluppati.

Quando si affronta il tema dell’alimentazione, risulta evidente che la realtà sociale e ambientale e un sistema di produzione alimentare debole sono intrinsecamente legati, quindi per sostenere i fornitori di una ‘buona’ alimentazione, va valutato non solo il prodotto finale, ma l’intera catena del valore. La riforma del sistema di produzione alimentare è essenziale per affrontare la malnutrizione nei Paesi a basso reddito, ma non solo.

Con l’attuale crescita demografica, fra 30 anni occorrerà il 50% in più di cibo. Se

si pensa poi che il sistema di produzione alimentare è oggi responsabile del 25% delle emissioni globali di gas serra, che il bestiame utilizzi l’80% della superficie agricola globale ma produca soltanto il 20% delle calorie, che un terzo di tutto il cibo prodotto vada sprecato e che il 70% dell’acqua dolce consumata sulla Terra sia impiegato per uso agricolo, è evidente quanto sia essenziale un progresso.

L’alimentazione riguarda quattro obiettivi di sviluppo sostenibili delle Nazioni

Unite: sconfiggere la povertà (Sdg 1), sconfiggere la fame (Sdg 2), istruzione di qualità (Sdg 4) e acqua pulita e igiene (Sdg 6). Il modo più ovvio e diretto per accedere a questo tema sarebbe tramite i produttori e i rivenditori al dettaglio di alimenti, poiché, al livello più basilare, forniscono cibo. Tuttavia, spesso non si tratta degli alimenti con il più alto valore nutritivo e, in molti casi, è riservata scarsa attenzione alle filiere e all’ambiente.

Per combinare l’impatto positivo e la generazione di alpha non basta dunque investire nell’alimentazione tout court, ma in un’alimentazione rispettosa del

clima. Sulla falsariga dell’Oms, bisogna parlare di un ‘triplo fardello della malnutrizione’ (emergenza climatica, cibo insufficiente, cattiva alimentazione) ed effettuare investimenti adatti.

Considerando che il miglioramento dell’alimentazione dipende da fattori complessi, per accedere a questo tema vi sono alcune strade alternative che potrebbero generare un impatto ancora più positivo. Nella tecnologia alimentare gli investitori dovrebbero guardare alle società quotate che operano, per esempio, nel campo degli ingredienti, delle proteine alternative e dei test alimentari. Altre opzioni sono l’agricoltura di precisione o rigenerativa e la coltivazione verticale. In effetti, il contesto sta diventando propizio alle proteine alternative (Ap), con il supporto normativo, un maggiore interesse da parte dei consumatori e una forte pipeline dell’innovazione. Le alternative ai latticini e alla carne hanno il potenziale per modificare in profondità il sistema alimentare dando un apporto positivo alla salute. Al momento, questo segmento è dominato dalle alternative vegetali, ma sembrano promettenti anche i campi della fermentazione e degli alimenti coltivati in laboratorio.

Gli alimenti proteici alternativi sono molto lavorati, il che pone alcune difficoltà, tuttavia i benefici per il clima (producono il 90% di emissioni in meno) e quelli, relativi, per la salute rispetto alla carne rossa sono tali da sostenere la domanda dei consumatori e la crescita del settore. I

84 · TM Luglio 2022
/ tematici
osservatorio
Victoria Leggett, Head Impact Investing, di Union Bancaire Privée. A lato, la sede centrale dell’Oms a Ginevra.

fattori che ne hanno limitato la diffusione sono il costo rispetto alla carne e l’uguaglianza in gusto e consistenza. Inoltre, se il mercato crescesse al ritmo previsto, anche l’approvvigionamento di materie prime grezze sarebbe problematica.

L’ampiezza delle previsioni di crescita del mercato è enorme. Exane e Morgan Stanley parlano di un mercato di circa 50-100 miliardi di dollari entro il 2030; ma Blue Horizon ritiene che si stia fortemente sottovalutando il tasso di adozione una volta che il gusto e i prezzi saranno equiparati ai cibi tradizionali, tanto da valere l’11% del mercato entro il 2035.

Il latte rappresenta un caso di investimento con più track-record e potrebbe fungere da riferimento. Il consumo di latte vegetale è cresciuto dal 4% del 2007 a circa il 10% del 2020. In termini d’investimenti privati metà del capitale totale degli ultimi dieci anni è stato raccolto nel 2020.

Le proteine alternative sono una risposta al ‘triplo fardello’, aiutano ad affrontare la sfida impellente di nutrire una crescente popolazione, sono strettamente correlate ai cambiamenti climatici, si inseriscono positivamente nello schema alimentare e hanno un beneficio sulla salute. Tuttavia, il settore sta emergendo ora e molte delle aziende più interessanti sono tuttora in mani private.

Il settore delle società che producono ingredienti sembra essere il modo più sicuro di entrare nell’universo delle proteine alternative, indipendentemente dal tipo. Infatti, vende anche ai colossi dei beni di largo consumo e della ristorazione collettiva che, in molti casi, sviluppano i propri marchi dell’offerta Beyond Meat. Il settore degli ingredienti beneficia anche di altre componenti del suo portafoglio che puntano a ulteriori aspetti favorevoli alla salute, tra cui la sostituzione degli ingredienti cattivi e l’introduzione di quelli sani, per esempio probiotici e vitamine.

Senza l’acceleratore delle proteine alternative, il settore degli ingredienti registra una crescita attorno al 5%.

Inoltre, la sempre maggiore produzione di cibo aumenta l’esigenza di condurre test. La trasparenza e la sostenibilità hanno ormai assunto ruolo protagonista nella catena alimentare. Il mercato dei test agroalimentari sta godendo di un vento di coda strutturale, e Morgan Stanley stima una crescita del 5-7% tra il 2020 e il 2030 per un volume di mercato di circa 50 miliardi di dollari. I test agroalimentari

Investimenti nelle proteine alternative in mld di $ (2010-2020)

Sviluppo di nuove proteine simili al gusto

rappresentano il 12% del mercato dei test.

L’agricoltura di precisione è la più accessibile e costituisce spesso il primo passo verso l’agricoltura rigenerativa. Il segmento copre ampiamente la tecnologia e i dati utilizzabili per ottimizzare la produttività. Gli strumenti di precisione possono ridurre drasticamente l’uso di fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi, facendo risparmiare denaro e generando un effetto positivo sulla biodiversità.

I principali fornitori di macchine agricole (Deere e Agco) hanno lavorato per garantire che i tempi di ritorno dell’investimento scendessero a circa 12 mesi per le Pmi agricole. Il segmento dell’agricoltura di precisione è accessibile tramite produttori di hardware e software o sistemi di monitoraggio, e si prevede che crescerà ad un tasso composto del 13% nel prossimo decennio partendo da una base di 4,7 miliardi di dollari.

Questo settore ha beneficiato direttamente delle politiche degli Stati Uniti e dell’Unione Europea e ciò, oltre al sostegno derivante dai prezzi delle soft-commodity, potrebbe generare un’accele -

Lo sviluppo di proteine alternative è un processo che muove al momento da costi particolarmente importanti, ma che dovrebbero calare nel corso dei prossimi anni.

razione della crescita e far sembrare addirittura prudenti le stime attuali. Le principali società quotate stanno già operando nel settore e hanno alle spalle enormi investimenti in ricerca e sviluppo. I prezzi elevati delle materie prime e l’età record della flotta (almeno negli Stati Uniti) sono favorevoli al ciclo di acquisto, inoltre l’alta componente tecnologica è di forte aiuto ai margini.

L’agricoltura verticale, quella rigenerativa e le attività che puntano sulle proteine alternative hanno raggiunto uno stadio interessante nei loro cicli di vita, ma al momento sono troppo di nicchia per entrare nel raggio d’azione di molti fondi quotati. La pipeline è forte e tutti questi temi d’investimento dovrebbero avere un ruolo di gran lunga più importante tra cinque anni. Da

Luglio 2022 TM · 85
non perdere di vista!
Categoria Tot. capitale investito Capitale investito Crescita Maggiore round 2010-2020 nel 2020 annua di finanziamento Totale proteine alternative 5,9 Mld 3,1 Mld 3x 500 Mln Impossible Foods s. F Base vegetale 4,4 Mld 2,1 Mld 3x 500 Mln Impossible Foods s. F Fermentazione 1 Mld 590 Mln 2x 300 Mln Perfect Day s. C Carne coltivata 490 Mln 360 Mln 6x 186 Mln Memphis Meats s. B Fonte: gfi/Good Food Institute
Fonte:
Ubp
2020 2023 2025 2030 2032 2035 Tradizionali Da vegetali Da microorgan. Da cellule animali Break-even
Punti di break-even dei singoli trattamenti (costo/tempo)
Costi

Disruption e convertibili

La rivoluzione digitale ha portato a una profonda trasformazione di stili di vita ed economie, come non si vedeva dall’Ottocento. Si manifesta con numerose scosse, che stanno scuotendo interi settori, dalla comunicazione, alla salute al consumo.

Perché si possa definire ‘disruption’ deve soddisfare almeno uno di tre criteri: è un significativo progresso tecnologico, risponde a una nuova domanda, o gode di un significativo supporto normativo.

In primis, un progresso tecnologico significativo non significa solo innovazione. Per essere dirompente, l’innovazione deve offrire una soluzione tecnologica che sia economica anche su larga scala.

Se la svolta deriva da una risposta a una nuova domanda, in secundis, deve portare a un’adozione di massa risolvendo un problema chiave della società o contribuendo a un miglioramento significativo della qualità della vita. Da ultimo, può essere frutto dell’evoluzione del quadro normativo. La comparsa di un nuovo standard o l’implementazione di un supporto normativo significativo può effettivamente

cambiare un intero settore. Guardando all’ultimo decennio, in particolare due si segnalano sugli altri.

Il primo è il sequenziamento del genoma. Nel 2001, mappare il Dna di un individuo costava più di 100 milioni di dollari. Grazie al progresso tecnologico nel 2015 il costo era sceso a 1000, ossia un rapporto di 1 a 100mila. Il suo uso si è così diffuso e oggi contribuisce a rispondere a problemi chiave in campo medico: il trattamento delle malattie rare, la lotta contro il cancro o il contrasto delle pandemie. Questa svolta non è stata raggiunta senza il sostegno del legislatore, che ha agito finanziandone la ricerca.

La seconda è l’ascesa dell’auto elettrica. Tra i molti ostacoli incontrati, il prezzo della batteria. Oggi rappresenta ancora il 30% del costo di ogni veicolo, nonostante un prezzo decimatosi in 10 anni, si può dunque capire quale sia stato l’apporto della ricerca anche in questo ambito.

L’auto elettrica fornisce anche una risposta importante alla lotta contro il riscaldamento globale, se unita a elettricità rinnovabile. Tutto questo è stato però reso

possibile dagli incentivi, che coprono sino al 25% del costo del veicolo, il che lo rende dunque competitivo, e ne facilita la forte penetrazione del mercato. Il ruolo dei convertibili. I due campioni di questi sviluppi sono Illumina per il sequenziamento del genoma e Tesla per il veicolo elettrico, ed entrambe hanno utilizzato obbligazioni convertibili per finanziare i loro progetti. Le obbligazioni convertibili sono in effetti un metodo di finanziamento particolarmente adatto a questo tipo di imprese, e in linea con gli interessi degli investitori. Due i vantaggi:

- Interessi modesti: un’obbligazione convertibile ha una cedola ridotta rispetto a un’obbligazione classica, come compensazione per il diritto di conversione;

- Permette di rinviare l’aumento di capitale nel tempo a un prezzo più alto di quello attuale delle azioni.

Per l’investitore, a condizione che selezioni società con bilanci di buona qualità, la riduzione della cedola rispetto a un’obbligazione classica è un prezzo molto basso da pagare per beneficiare di questo diritto di conversione. In molti casi, l’obbligazione sarà convertita in azioni una volta completata la rivoluzione: l’azienda avrà sperimentato l’adozione di massa dei prodotti o servizi offerti durante la vita dell’obbligazione e il suo prezzo rifletterà questo, offrendo un rendimento interessante. Si stima che in 28 anni (il massimo del Refinitiv Global Convertibles), più della metà della performance sia venuta da questo tipo di emittenti.

86 · TM Luglio 2022
osservatorio / obbligazionario
Nicolas Schrameck, Co-head divisione Convertibles & Credit di Ellipsis Am. A lato, il costo di sequenziamento del genoma umano.
Sequenziamento di un intero genoma umano Costo in dollari americani (2001-2021) 2001 2021 2005 2010 2015 1,000 100 10,000 100,000 1 mln 10 mln 100 mln Fonte: Nhgri Genome Sequencing Program (Gsp) LeggediMoore
Il canale di finanziamento privilegiato da parte di quelle aziende che hanno poi davvero rivoluzionato interi settori sono state le obbligazioni convertibili, per due fondamentali ragioni.

Volatili ma costruttivi

Dopo un ricco 2021, il 2022 è iniziato con un complesso intreccio di temi che hanno monopolizzato l’attenzione e peggiorato il mix crescita-inflazione atteso. Il panorama globale è stato caratterizzato da maggior volatilità e da ritorni negativi azionari e obbligazionari diffusi.

Il secondo trimestre purtroppo sta vedendo il perpetuarsi dell’incertezza energetica dovuta al conflitto in Ucraina. Anche la lenta riapertura dell’economia cinese pesa sulla normalizzazione della logistica mondiale. Pertanto, i dati dell’inflazione continuano a sorprendere al rialzo forzando la mano delle Banche Centrali nel perseguire una politica di rialzo tassi per tentare di rallentarla. Però si rischia di dimenticare che i bilanci aziendali sono molto solidi in questo ciclo, il settore bancario è stato ricapitalizzato, le famiglie non sono indebitate e in genere in Europa si riscontra una bassa inflazione salariale che, a differenza degli Stati Uniti, offre alla Bce maggior spazio di manovra.

Sulla base di queste considerazioni e potenzialmente anche gli aiuti del Reco-

very Plan, l’Europa dovrebbe essere in grado di gestire i costi più elevati delle materie prime senza entrare in recessione.

Le prospettive appaiono differenti tra i singoli stati europei. Se dovesse verificarsi un deterioramento macroeconomico, alcuni potrebbero registrare una maggiore tenuta beneficiando della disponibilità di fonti interne di energia, la Francia, o di una struttura economica meno esposta a settori ‘energivori’, la Svizzera.

Date le basse valutazioni e l’aspettativa che uno shock energetico possa essere evitato, il potenziale per una correzione sui listini europei appare limitato. Tuttavia, la volatilità rimarrà elevata finché lo scenario economico non diventerà più certo.

Le opportunità più interessanti sono probabilmente a livello settoriale, dato il grande divario di performance tra le diverse industrie. Nel portafoglio di Eurizon Fund - Top European Research si è quindi iniziato a ridurre progressivamente l’esposizione alle materie prime, in particolare all’energia, nell’ottica che una soluzione del conflitto potrebbe far scendere i prezzi. È aumentata la ciclicità

attraverso gli industriali per esporsi a un potenziale nuovo ciclo di Capex innescato dalla crisi energetica. Infatti, mentre l’energia e le materie prime hanno beneficiato dell’attuale picco dei prezzi, nel medio termine parte del settore industriale potrebbe trarre benefici significativi da un rinnovato ciclo di investimenti volto a migliorare l’approvvigionamento energetico in Europa così come il re-shoring di parte della catena del valore.

D’altra parte, anche se il settore ha già sottoperformato, serve prudenza sui beni di consumo discrezionali, che potrebbero risentire dell’impatto dei prezzi elevati dell’energia sulla propensione alla spesa delle famiglie. Anche i settori dell’edilizia e dei materiali potrebbero manifestare difficoltà, data l’alta intensità energetica dei rispettivi processi produttivi.

È probabile che la volatilità rimanga elevata nel breve, tuttavia alcune componenti del mercato hanno già iniziato a prezzare un ambiente recessivo, in particolare i ciclici. Può essere il momento di iniziare ad accumulare posizioni con la prospettiva che nei prossimi mesi si potrebbero vedere alcune delle migliori opportunità sia sui mercati in generale che a livello di singoli titoli. Su un orizzonte di lungo periodo l’asset class azionaria presenta buone opportunità d’investimento ma, soprattutto in un contesto di elevata volatilità attesa come quello attuale, un forte valore aggiunto può derivare da un’attenta attività di selezione.

Luglio 2022 TM · 87
osservatorio / strategie
Francesco Sedati, Responsabile Equity Research & Portfolio Management e gestore di Eurizon Fund - Top European Research. A lato, un confronto tra industrial ed energy.
1,5 2,5 3,5 2017 2018 2019 2020 2021 2022
Nonostante un contesto difficile, non tutti i settori sono uguali, e le differenze si stanno ampliando. Le azioni continuano a presentare il maggior potenziale, a patto di saperle scegliere.
Fonte: Msci
Msci Eu Industrial vs. Msci Eu Energy

Fisso... ma diverso

Il ritiro degli stimoli monetari delle Banche Centrali dovrebbe aprire una fase nuova, potenzialmente molto interessante anche per il mercato del Credito. Ma cosa fare?

Dopo oltre un decennio di stimoli, le Banche Centrali stanno facendo un passo indietro. Il loro ritirarsi potrebbe avere implicazioni importanti. Il ritiro della liquidità, insieme ai rialzi dei tassi, arriverà nello stesso momento in cui i Governi ridurranno gli stimoli fiscali.

La confluenza di questi fattori dovrebbe spingere la maggior parte dei rendimenti dei titoli di stato sviluppati più in alto. In risposta, gli investitori potrebbero dover adottare un approccio più flessibile che enfatizzi la gestione attiva della duration. La stretta. Proprio come l’inflazione ha raggiunto livelli inimmaginabili l’anno scorso, così anche i rendimenti delle obbligazioni nel 2022. Un primo indizio di ciò che potrebbe accadere si è verificato lo scorso autunno, quando la Banca Centrale polacca ha risposto alle pressioni inflazionistiche con tre aumenti successivi dei tassi. Il rendimento dell’obbligazione a due anni in valuta locale del Paese è salito di oltre 250 bps, in dicembre al 3,36%.

Il percorso verso l’aumento dei tassi sarà probabilmente volatile, poiché c’è incertezza sulla velocità e su quante Banche si uniranno. Fed e Bce hanno iniziato ad alzarli e un ulteriore inasprimento è garantito. La decisione di ridurre i propri bilanci avrà conseguenze significative per l’economia globale e gli investitori. La domanda chiave è se tali rialzi saranno abbastanza rapidi per rallentare l’inflazione.

Anche se l’ambiente potrebbe essere difficile in futuro, ci sarà probabilmente un punto di flessione in cui le valutazioni diventeranno attraenti ed emergeranno potenziali grandi opportunità.

La gestione attiva della duration sarà fondamentale anche per rispondere tatticamente a diversi ambienti di mercato e

a cambiamenti di regime. Offre flessibilità per trarre vantaggio da eventuali anomalie di prezzo e dislocazioni che potrebbero verificarsi in un ambiente volatile.

Investire in diversi mercati obbligazionari in tutto il mondo può anche essere vantaggioso. Ad esempio, oggi, vi sono opportunità interessanti in alcuni Emergenti dove le Banche Centrali sono più avanti nei loro cicli di rilancio. Anche le obbligazioni locali cinesi sono attraenti, in quanto si prevede che la Pboc continui ad allentare per sostenere la crescita. Credito volatile. È difficile pensare che la volatilità dei mercati obbligazionari possa diminuire a breve, anzi sembra destinata a durare. Nell’attuale contesto, i mercati del rischio, e del credito, sono particolarmente vulnerabili, non avendo ancora scontato del tutto la prospettiva di un inasprimento monetario, anche dopo il recente sell off. È dunque probabile che gli spread si allarghino ancora, per via di minor liquidità, crescita più lenta, e aumento dell’inflazione.

Questo potrebbe essere un problema e rappresenta uno dei rischi principali nel reddito fisso. Tuttavia, a un certo punto è probabile che si verifichi un punto di flessione in cui le valutazioni torneranno a essere interessanti ed emergeranno nuove opportunità.

Il credito contiene anche una componente di duration che lo espone alle variazioni del tasso privo di rischio sottostante - un rischio che non è sempre pienamente compreso dagli investitori. Nell’ultimo decennio, la duration delle obbligazioni societarie è stata estesa, quindi gli investitori potrebbero essere diventati molto più esposti ai rischi dei tassi d’interesse ora rispetto al passato. Il clima è cambiato e la gestione della duration è importante per

proteggere i portafogli degli investitori come non lo è mai stata.

Un approccio difensivo può funzionare in questo contesto, poiché le strategie di copertura sono spesso impiegate per aiutare a gestire la volatilità. Anche la gestione attiva della duration è fondamentale, visti i rischi a cui possono essere esposti i portafogli di credito.

Le correlazioni tra rischio azioni/obbligazioni stanno cambiando. Gli investitori spesso assumono che il reddito fisso sia una classe di attività diversificante che in genere si comporta bene quando i mercati del rischio come le azioni scendono. Ciò ha significato che i titoli di stato sono stati spesso utilizzati come fonte primaria di mitigazione del rischio per mantenere i portafogli equilibrati.

Inoltre, si deve tenere a mente che il rapporto azioni/obbligazioni non è sempre una costante. Per gran parte degli anni Novanta, la correlazione tra i due era positiva, e tale dinamica potrebbe ripresentarsi quest’anno. I mercati sono destinati a subire un cambiamento significativo con il ritiro del Qe, quindi è plausibile che quest’anno sia i tassi che le azioni possano salire contemporaneamente.

Quest’anno viene caratterizzato da rischi di volatilità del mercato, tassi d’interesse più elevati e liquidità più ristretta. Anche se l’ambiente sarà probabilmente difficile, dovrebbero emergere opportunità di acquisto sia nei mercati dei tassi che in quelli del credito. Quindi non si tratta solo lavorare nel previsto aumento della volatilità, ma anche di identificare quando c’è un potenziale punto di inflessione.

88 · TM Luglio 2022
osservatorio / obbligazionario
Arif Husain, Head of International Fixed Income e Cio di T. Rowe Price.

Inedito: Guerra e Pace

L’offensiva occidentale, rappresaglia per l’attuale conflitto, mira a isolare la Russia dal resto dell’economia mondiale, ma le conseguenze che avrà nel lungo periodo sono già ora enormi.

sumatori consumano, il resto del mondo finanzia i deficit pubblici e commerciali americani investendo in titoli garantiti dal tesoro e dal prestigio del dollaro.

Ora, se il mondo non schierato decidesse di regolare le proprie transazioni nella propria valuta non vi sarebbe più tale necessità. Così non esisterebbe più il rischio di poter venire sanzionati, ricattati o vedere le proprie riserve congelate laddove le proprie azioni risultassero sgradite.

Il 24 febbraio ha segnato una svolta definitiva. L’Europa si è ricordata che purtroppo esistono le guerre e si è infranto il sogno di una pace perenne. Le pesanti sanzioni contro la Russia, dettate più dall’emotività che dalla logica pragmatica di chi vuole veramente la pace, avranno delle conseguenze.

La più eclatante? Il congelamento delle riserve della Banca Centrale russa legittimamente depositate all’estero. Come se fosse Ubs, e non un’autorità giudiziaria indipendente, a congelare i conti di un cliente macchiatosi di reati. Stessa sorte è toccata ai beni di diversi cittadini russi. È venuto così meno un atout fondamentale occidentale: lo stato di diritto, la certezza della legge e la separazione dei poteri. Similmente, la fine della neutralità Svizzera.

Il sistema finanziario russo è stato poi escluso da Swift, dando nuova linfa a sistemi alternativi, non controllati dall’occidente, che rappresenteranno ora un Piano B (o addirittura un piano A) per molti.

Si sono inoltre prese una serie di misure che non mancheranno di sortire i loro effetti distorsivi. In primis l’aumento delle

spese militari. Preoccupa in particolare l’aumento degli investimenti in Difesa tedeschi che, se non si inserisce all’interno di un progetto europeo, rischia di ri-armare la Germania con la potenziale rottura dei fragili equilibri interni all’Unione.

Il forte rialzo dei costi energetici è stato in parte mitigato da sovvenzioni pubbliche, che da un lato non risolvono il problema e che se fossero ricorrenti andrebbero ad aggravare l’indebitamento.

In reazione la Russia ha a sua volta preso una serie di contromisure: esigere il pagamento in rubli o in valuta locale per la propria energia e ancorato il rublo all’oro. E la valuta russa è tornata ai livelli pre-conflitto. È paradossale che tali misure, criticate, siano state le medesime adottate dagli Stati Uniti in passato.

Una volta era il dollaro ancorato all’oro, si era creata così la leggenda della valuta di riserva globale. Successivamente al Vietnam e all’esplosione del debito, il dollaro è stato disancorato ma è stato imposto quale valuta di scambio del petrolio in cambio di protezione ai Paesi esportatori. Il tesoro americano emette debito, i con-

Primo candidato è la Cina che, oltre ad avere ingenti riserve valutarie, mira a: sganciarsi dal dollaro, internazionalizzare lo Yuan e renderlo stabile e credibile, controllare l’inflazione, riprendersi Taiwan.

Lo stesso potrebbe valere per i cittadini dei Paesi emergenti che ci penseranno tre volte prima di depositare e investire in Occidente, Svizzera compresa, col rischio di venire spossessati e sanzionati come complici dei propri politici. Le conseguenze di tutto ciò, a lungo termine, sono facili: la fine dell’egemonia del dollaro e della globalizzazione, il rialzo delle materie prime, l’aumento del debito occidentale, la rivalutazione delle valute emergenti e dell’oro, l’aumento dei tassi di interesse e dell’inflazione.

Ecco che la guerra appare per quello che è: un conflitto per procura per difendere il valore della propria valuta, del dominio energetico e militare al fine di prolungare la sostenibilità del proprio debito, quindi la propria prosperità, di conseguenza il consenso politico dell’élite da anni al potere. Guerra o pace a chi importa: quello è solo un romanzo, russo!

Maggio 2022 TM · 89 Luglio 2022
osservatorio / commento
Mario Cribari, responsabile strategia e ricerca di BlueStar Im. A lato, i nervi scoperti del dollaro.
-100 -50 0 50 100 0 5 10 15 20 25 30 dic ‘03 dic ‘06 dic ‘09 dic ‘12 dic ‘15 dic ‘18 dic ‘21 Le molte difficoltà del dollaro Totale debito americano emesso (trl usd, sx) Bilancia commerciale Usa beni e servizi (mld usd, dx) Dollar Index Spot (dx) Fonte: Bloomberg

Nuove dall’Oriente

Am. A lato, l’aumento generalizzato dei rendimenti dei titoli di stato si accompagna alla ripresa dei Pil nella fase post pandemica.

il 3% al di sotto del suo livello pre-pandemia e ha chiaramente sottoperformato la maggior parte degli Sviluppati.

Inoltre, l’inflazione giapponese rimane molto ben contenuta, dato che non ha ancora raggiunto l’1%. Si noti tuttavia che, poiché l’inflazione core giapponese esclude solo i prezzi dei prodotti alimentari (ma non l’energia), sta correndo più o meno allo stesso livello. Considerando ciò, i recenti commenti del Governatore Kuroda sul leggero rialzo dei prezzi al consumo hanno senso: Non c’è bisogno di una stretta della politica monetaria in risposta a una tendenza transitoria, al contrario di una tendenza sostenuta. L’economia ha effettivamente bisogno di una continua politica monetaria allentata per mantenere la rotta della ripresa dalla pandemia

Tuttavia, supponendo che la crescita continui il proprio recupero e che la pressione inflazionistica continui ad aumentare anche se lentamente e gradualmente, una politica monetaria invariata apparirà sempre più accomodante.

Almeno per una volta si lasci da parte l’inflazione statunitense e dunque della Fed. Guardando a Est si trovano grandi economie dove l’inflazione non è un problema e dove le Banche Centrali non hanno fretta di agire, almeno per ora. Una è diventata troppo grande per essere ignorata negli ultimi due decenni, mentre nel frattempo un’altra è scomparsa dai radar come Atlantide. Queste due grandi eco-

nomie sono più rivali che migliori amiche, sono Cina e Giappone. Qualcosa anche nel loro caso potrebbe presto rompersi: il controllo della curva dei rendimenti da parte della politica monetaria giapponese o l’apprezzamento dello Yuan cinese.

Il Sol levante. Per il momento, la Banca del Giappone non ha alcuna fretta di rialzare i tassi, data la debole ripresa e la mancanza di pressioni inflazionistiche. A fine 2021, il Pil reale del Giappone era circa

Mentre è certamente l’effetto desiderato dalla BoJ oggi, potrebbe avere effetti collaterali meno graditi in futuro, attraverso una tendenza al ribasso dello Yen. Inoltre, la BoJ sembra essere oggi soddisfatta dell’attuale debolezza dello yen: Il deprezzamento dello Yen ha un impatto più favorevole che negativo, fino a quando il deprezzamento sia graduale e in linea con i fondamentali economici della nazione. Guardando al futuro, tale punto di vista

90 · TM Luglio 2022
osservatorio / mercati asiatici
Fabrizio Quirighetti, Cio di Decalia
-1 0 1 2 3 2019 2020 2021 2022 Usa Germania Svizzera Giappone Regno Unito Australia Cina Titoli di stato Rendimento del decennale (in %) Fonte: Bloomberg 80 90 100 110 2017 2018 2019 2020 2021 2022 Stati Uniti Regno Unito Germania Italia Svizzera Giappone Fonte: Bloomberg Andamento dei Pil Paesi selezionati, indicizzati (2017: 100)
Nonostante la solita calma apparente nell’estremo est del mondo, qualcosa potrebbe ‘bollire in pentola’ e nei prossimi mesi potrebbero infine palesarsi novità anche in Giappone.

potrebbe cambiare o evolvere: quale sarà la reazione della BoJ se lo Yen a un certo punto dovesse subire un deprezzamento più brusco e brutale? Soprattutto in un contesto in cui l’inflazione giapponese dovesse rompere il tetto del 2% e i prezzi del petrolio continuassero a crescere (e quindi a esercitare pressioni al rialzo sull’inflazione core giapponese)? I grandi cambiamenti nella retorica della Fed o della Bce negli ultimi mesi hanno mostrato che le posizioni di politica monetaria non sono irrevocabili! E come tutte le cose buone, non bisogna abusarne.

Inoltre, poiché nessun mercato è un’isola, vi sono già pressioni al rialzo anche sui tassi giapponesi a lungo termine che non sono sotto lo stretto controllo della BoJ: mentre la curva dei rendimenti giapponesi per i tassi fino a 10 anni non si è mossa significativamente verso l’alto, ultimamente si è verificato un irripidimento più significativo dopo la scadenza dei 10 anni, in linea con quanto sta accadendo nei mercati obbligazionari globali.

Di conseguenza, c’è il rischio che qualcosa stia fermentando sotto l’apparente tranquillità dei tassi giapponesi. Ad un certo punto, la BoJ potrebbe forse diventare meno accomodante come è accaduto nel 2006-2007 quando, dopo diversi rialzi dei tassi della Fed e alcuni della Bce, ha finalmente deciso di seguire gli stessi passi iniziando un timido e breve, ma pur sempre storico e inaspettato, ciclo di stretta.

La storia non si ripete ma fa rima. Per il momento, i tassi reali giapponesi sono appena tornati al livello pre-pandemia (cioè non così accomodante come in Stati Uniti o Eurozona) suggerendo che per la BoJ non c’è motivo di avere fretta. Inoltre, molti dubitano che Kuroda cambierà il corso della politica nel suo ultimo anno di mandato, che terminerà esattamente tra un anno, nonostante la pressione politica per riconoscere che lo Yen debole stia diventando un problema... soprattutto perché il surplus commerciale giapponese si è sciolto come neve al sole.

Difficile dire se Kuroda sia testardo come Trichet, ma sembra probabile che proteggerà la sua eredità evitando di ritoccare una politica monetaria che continua a considerare uno Yen forte come la più grande minaccia. In ogni caso, l’indebolimento dello Yen e l’aumento dei prezzi potrebbero rendere il suo ultimo anno particolarmente impegnativo.

Supponendo che la BoJ rimanga al-

quanto testarda o semplicemente più paziente per buone ragioni, lasciando quindi che lo Yen si deprezzi ulteriormente mentre i tassi reali di Stati Uniti ed Eurozona si spingono più in alto, ciò potrebbe costringere la Cina ad agire per prima sul fronte valutario, soprattutto perché sta considerando di allentare la sua politica monetaria mentre ora c’è anche meno appeal dal differenziale dei tassi per sostenere lo Yuan.

In altre parole, nessuno dovrebbe essere scioccato da un deprezzamento contenuto della valuta cinese in futuro, specialmente quando le politiche economiche interne della Cina sono in modalità di allentamento e quando il suo più vicino rivale economico sta lasciando che la sua valuta si deprezzi quasi volontariamente. Quindi qualcosa si dovrà rompere.

In conclusione, la situazione attuale assomiglia a un remake asiatico di “o la tua politica monetaria (vita) o la tua valuta (borsa)” sapendo che non puoi mangiare la tua torta e averla anche tu! Quali sono le implicazioni pragmatiche all’interno di un portafoglio bilanciato? Ce ne sono

Il Giappone si sta dimostrando un interessante banco di prova per molte delle ipotesi formulate negli ultimi anni, specie se confrontato con una ripresa globale dell’inflazione.

molte, a seconda dell’orizzonte temporale e della tolleranza ai rischi, ma eccone tre:

a) Evitare una grande esposizione allo Yen, preferire piuttosto il franco svizzero come valuta difensiva, dati i suoi fondamentali più solidi e i tassi reali più elevati;

b) Ridurre o tagliare l’esposizione alle obbligazioni sovrane in Yuan;

c) Shortare i future dei titoli giapponesi a 10 anni data l’asimmetria di questo trade. Da un lato, sembra molto improbabile che i tassi a 10 anni scenderanno significativamente nell’attuale contesto di tassi globali più elevati, preoccupazioni per l’inflazione e uno Yen che si indebolisce, mentre a un certo punto, dall’altro lato, potrebbe esserci un brusco recupero dei tassi giapponesi a 10 anni con quelli di altri Sviluppati... La pazienza è una virtù, specie se non comporta costi significativi.

Luglio 2022 TM · 91
-0,2 0,0 0,4 0,8 1,2 3M 1Y 3Y 5Y 7Y 9Y 15Y 25Y 40Y 19/04/2022 - Yield 19/04/2021 - Yield 17/04/2020 - Yield 18/04/2019 - Yield Fonte: Bloomberg Lavorare sulla curva Rendimenti titoli giapponesi per maturità (in %) -4 -2 0 2 4 ‘02 ‘04 ‘06 ‘08 ‘10 ‘12 ‘14 ‘16 ‘18 ‘20 ‘22 Cpi Core Cpi (senza alimentari) Cpi (senza energia e alimentari) Fonte: Bloomberg Caso Giappone I diversi indici di inflazione (in %)

Errare è umano, ma...

L’incertezza è “la condizione perfetta per incitare l’uomo a scoprire le proprie possibilità”, citando Erich Fromm in Febbraio l’intento era stimolare gli investitori a prendere sul serio l’alea che gravava sullo scenario 2022, dando spazio a soluzioni d’investimento creative e differenziate, e riscoprendo strategie di valore relativo ed alternative liquide a discapito della gestione passiva. Dando un’occhiata ai ritorni di molti fondi a ritorno assoluto, o presunti tali, non sembra che lo abbiano fatto in molti, per quanto il succedersi di eventi del tutto imprevedibili non abbia aiutato.

Il bilancio per i mercati del Credito è pesante, più per la crescita dei tassi d’interesse che non gli spread, e quindi più gravoso per il segmento Investment Grade che per l’High Yield, data la duration molto più alta del primo. I ritorni in eccesso sono comunque negativi nel mondo core, più in Europa (-2%) che negli Stati Uniti, con allargamenti degli spread contenuti, pari a 30-35 punti base nell’area Ig e 50-100 nell’area Hy.

Il mercato emergente ha continuato a

sottoperformare brutalmente (-11% in euro contro -5,5% del mercato Hy europeo e -6,5% dell’Hy americano), è sprofondato oltre che per il conflitto anche per il perdurare della crisi dell’Hy cinese che ha perso circa un quarto del proprio valore da inizio anno. Al contrario l’Hy scandinavo, specie norvegese, è in territorio positivo in valuta locale, e marginalmente negativo in termini euro-equivalenti, supportato dalla netta prevalenza di strutture cedolari a tasso variabile e da un’eccezionale tenuta degli spread.

Un andamento così negativo e differenziato del Credito fornisce lo spunto per ribadire alcuni concetti:

a) i mercati del Credito vanno valutati guardando ai ritorni in eccesso e non ai ritorni assoluti; quest’anno, con il 60-80% dei ritorni negativi nel mondo core da addebitare ai tassi d’interesse, fa da contraltare ai passati, quando il calo verticale dei tassi indotto dal Qe aveva generato extra-performance assolute che con il Credito non avevano nulla a che fare;

b) nel 2022 sono state importanti fin qui, e lo saranno ancora, la gestione tattica

delle posizioni, l’allocazione geografica, e la modulazione del rischio di tasso, più della pura direzione degli spread, che hanno fin qui tenuto egregiamente a dispetto di un quadro di riferimento difficile;

c) la volatilità degli spread ha compiuto un salto di regime, e il rapporto tra implicita e realizzata, con la seconda che si mostra a tratti superiore alla prima, indica che gli investitori hanno perso buona parte della loro flemma.

Partendo da questi tre concetti, che erano in background già in febbraio, il conflitto in Ucraina costituisce un fattore dirimente sia tatticamente che strategicamente. Con buona pace di chi ripete il mantra secondo cui “i rischi geopolitici impattano i mercati per poco tempo”, una tale escalation delle tensioni tra l’Occidente da una parte, e l’asse Cina-Russia dall’altra, ha già iniziato ad avere effetti, e avrà implicazioni strutturali per l’economia e per i mercati in futuro.

A livello tattico, pur essendo consci di quanto sia fluida la situazione, e dell’esistenza di scenari residuali corrispondenti a rischi estremi, l’impressione è che la focalizzazione dell’intervento militare russo nel Donbass sia propedeutica a una qualche forma di compromesso, a discapito dell’integrità territoriale ucraina.

Se ciò dovesse avvenire, i mercati del Credito avrebbero spazio per un recupero tattico di breve, innescato da un malinteso senso di sollievo sul tema geopolitico, con

92 · TM Luglio 2022
osservatorio / strategie
Rispetto agli ancora attesi scossoni di mercato sarebbe prudente
a strategie
di generare reddito,
strumenti derivati liquidi quale protezione. -2 0 2 4 6 8 10 ‘95 ‘00 ‘05 ‘10 ‘15 ‘20 ‘25 Economie sviluppate Media mondiale Economie Emergenti Fonte: Imf 2021 Bilancio del settore privato Partite correnti al netto del fabbisogno netto dello Stato (in % Pil) 0 1 2 3 4 5 6 1 3 5 7 9 11 2018 2019 2020 2021 2022 World Container Freight Benchmark (sx) Baltic Dry Index (dx) Fonte: Bloomberg Segni di distensione nell’offerta Indici (in mia) a confronto
Fabrizio Biondo, Senior Portfolio Manager di Lemanik Invest, Innovative and Liquid Alternative Investments Division. A lato, segnali incoraggianti arrivano sia dalle famiglie che dalla logistica.
orientarsi
capaci
impiegando

la possibilità di rivedere, nei 3-4 mesi successivi, ritorni in eccesso positivi. Questo recupero dovrebbe essere supportato da una crescita ancora positiva negli Stati Uniti e in Europa, e dall’avvio di una fase di lenta discesa dell’inflazione da un picco che dovrebbe collocarsi a breve.

A livello strategico, il conflitto e le sue ampie esternalità negative (prezzi delle materie prime, problemi logistici, deglobalizzazione, sanzioni ed embarghi) hanno alzato notevolmente la probabilità di uno scenario stagflazionistico, che la sola pandemia non sarebbe riuscita a realizzare. La buona tenuta degli indici di sorpresa economica e il lento miglioramento dei colli di bottiglia produttivi che era in atto prima dell’invasione, dimostrano che la stagflazione paventata l’anno scorso sarebbe rimasta probabilmente lettera morta, ma si tratta di una fotografia.

Il film in via di svolgimento mostra invece un impatto indiretto della guerra sulla crescita e sull’inflazione molto pesanti, con la funzione di reazione delle Banche Centrali molto più focalizzata sulla seconda, e quindi protesa a un aggiustamento della politica monetaria molto più drastico e repentino che in precedenza. Dato l’effetto ritardato della politica monetaria sulla crescita, e la posizione finanziaria positiva del settore privato nei principali Paesi sviluppati, è probabile che l’economia americana e quella europea non andranno in recessione nel 2022, aprendo una finestra di maggiore stabilità per gli spread di credito. L’inclinazione del 2-10 americano, che resta l’indicatore anticipatore di recessione più affidabile, è ancora leggermente positiva (25 bps circa) e storicamente intercorrono 9-23 mesi tra la sua negativizzazione e l’inizio di una recessione in America.

Tuttavia, l’avvio di una fase di inasprimento molto più massiccio e rapido della politica monetaria americana (con 3 rialzi da 50 bps attesi) porterà il 2-10 in territorio negativo nell’arco dei prossimi mesi, mettendo in cantiere una recessione per la seconda metà del 2023-prima metà del 2024. In quest’ottica occorre considerare lo stato del mercato del lavoro americano, che si trova in pieno impiego e la piattezza esibita dalla curva di Phillips negli ultimi anni: se prima era possibile spingere con la politica monetaria per raggiungere la piena occupazione, adesso con l’inflazione molto sopra gli obiettivi e la Fed dietro la curva sarà necessario incrementare la

disoccupazione per raffreddare le dinamiche di prezzo, sperando che nel frattempo non si verifichi un disancoraggio delle aspettative di medio-lungo periodo.

Mai nella storia la Fed è riuscita a evitare una recessione quando la media trimestrale del tasso di disoccupazione è salita dello 0,3% o più, e oggi tale tasso di trova a 0,4% al di sotto della definizione di pieno impiego (4%). Di conseguenza, per quanto prevedere una recessione sia storicamente un esercizio complesso, la sensazione è che evitare la prossima sarà difficile, e che quindi la direzione strategica del mercato del Credito sia negativa.

Oltre i 3-4 mesi di maggiore stabilità discussi prima, sempre soggetti alla finalizzazione di una tregua cosmetica, lo scenario si farà più complesso, dato che il mercato tenderà a focalizzarsi maggiormente sullo scenario di stagnazione/contrazione dell’anno seguente. I fondamentali societari, che oggi dipingono di tinte pastellate il quadro micro, caratterizzato da buona profittabilità, liquidità e generazione di cassa, dando supporto agli spread, inizieranno a deteriorarsi gradualmente

Osservati speciali in una situazione di mercato molto incerta la volatilità, specie quella realizzata, e l’andamento della curva di rendimento dei Treasury.

dato l’impatto dell’inflazione sui margini, ma i tassi di fallimento quest’anno dovrebbero restare comunque contenuti viste le basse esigenze di rifinanziamento. Dopo il potenziale brodino caldo, gli investitori dovrebbero prepararsi a una fase di maggiore volatilità, che potrebbe iniziare già nel quarto trimestre di quest’anno, o al più tardi nel primo trimestre del prossimo, e che potrebbe avere un impatto molto più rilevante sugli spread di quanto visto fin qui nel 2022. La difesa passerà ancora una volta dall’adozione di strategie capaci di generare reddito, e impiegare strumenti derivati liquidi con finalità di protezione e ottimizzazione del timing, perché la semplice gestione passiva sarà perdente in questo scenario; sarà meglio evitare di perseverare con un approccio non adeguato alla sfida.

Luglio 2022 TM · 93
0 5 10 15 20 01.2021 03.2021 05.2021 07.2021 09.2021 11.2021 01.2022 03.2022 Derivati
Itrax
1m
mid
the run 1m realized Price Vol Fonte: Bloomberg 0 1 -200 0 200 400 1990 1995 2000 2005 2010 2015 2020 Treasury 2y / 10y Treasury 3m / 10y La curva
Fonte: Bloomberg
e volatilità realizzata
Crossover on the run
Vtrac-X
Itrax Crossover on
dei rendimenti americana

L’energia cinese

Il settore energetico cinese è responsabile della seconda economia mondiale, e della vita di oltre 1,4 miliardi di persone; inoltre, il consumo energetico primario del Paese è già 1,6 volte superiore a quello degli Stati Uniti. Questo settore sta attraversando un profondo cambiamento, guidato dalla politica di ‘doppio controllo’ del Governo che mira a raggiungere zero emissioni di carbonio entro il 2060. Tale politica ha portato il settore in una fase di forte cambiamento, che deve oggi sia garantire l’energia sia fornirne di pulita.

Crescita delle rinnovabili. I due campioni nazionali del settore sono la State Grid Corporation of China e la China

Southern Power Grid Co. Sebbene l’energia termica rappresenti ancora la parte preponderante della produzione, le rinnovabili stanno assumendo un ruolo sempre più importante. Ad esempio, nel 2011 il solare ed eolico rappresentavano circa il 2% della produzione totale, oggi sono già al 9%, mentre il termico è in calo.

Con oltre 2.990 centrali a carbone attive in Cina a luglio 2021, il carbone

rappresenta ancora circa il 60% del consumo energetico totale. Tuttavia, questa percentuale potrebbe scendere al 44% entro il 2030, grazie rinnovabili e nucleare. Il maggior importatore. Il settore petrolifero e del gas in Cina è dominato dalle tre società petrolifere nazionali ovvero Sinopec, China National Petroleum Corporation e China National Offshore Oil Corporation. Anche se queste imprese sono grandi e la produzione interna di gas naturale è più che raddoppiata, non è ancora sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico nazionale della Cina, rendendo il Paese il maggiore importatore di petrolio al mondo.

La volontà di ridurre però la dipendenza dall’export apre interessanti opportunità. La produzione di gas di scisto supererà i 50 miliardi di metri cubi entro il 2035 anche se, per raggiungere questo livello di produzione, lo Stato dovrà risolvere varie sfide geografiche e tecnologiche.

La transizione verso le rinnovabili è fondamentale per fare fronte ai rischi del cambiamento climatico, tuttavia, non mancano sfide e rischi significativi

per l’economia cinese. Ad esempio, nell’estate del 2021, il Consiglio nazionale per le riforme e lo sviluppo ha sollecitato le province a implementare limitazioni che hanno causato una diffusa scarsità di energia elettrica, e che ha poi spinto il Governo a concentrarsi sul taglio delle emissioni, e non dei consumi. Fluttuazioni energetiche importanti. Frutto di tensioni geopolitiche o del cambiamento climatico si verificano spesso carenze improvvise, come nel 2021, che hanno costretto Pechino ad accelerare l’estrazione di carbone. Il precedente bando all’import di quello australiano ha poi contribuito a spingere un forte rialzo dei prezzi sul mercato, tali da mettere in difficoltà l’intero comparto.

In sintesi, la transizione del settore energetico cinese si concentrerà sull’esigenza di trovare un equilibrio tra la necessità di garantire il fabbisogno energetico nazionale e la domanda di energia pulita. Sebbene i responsabili della politica cerchino di proteggere l’approvvigionamento di energia elettrica dai rischi geopolitici, questi rischi sono notoriamente difficili da prevedere e probabilmente resteranno. L’energia è un settore ciclico sensibile ai cambiamenti dell’economia nel suo insieme, pertanto gli sforzi della Cina per stabilizzare l’economia nel 2022 saranno cruciali per sostenere la domanda e i consumi energetici. Ciononostante, l’aumento del consumo di elettricità e della domanda di energia dovrebbe continuare a favorire questo settore nei decenni a venire, nonostante i vincoli normativi.

94 · TM Luglio 2022
osservatorio / investimenti tematici
Dillon Jaghory, Research Analyst di Global X Etf. A lato, come copre la Cina il suo fabbisogno energetico?
Produzione
in
78% 67,4% 17% 2% 1,9 0,6 0,6 16% 7,8% 4,8% 4,0 2012 2021 ■ Termica ■ Idroelettrica ■ Eolica ■ Nucleare ■ Solare ■ Altro Fonte: China Electricity Council
Soddisfare il fabbisogno energetico della seconda economia mondiale è particolarmente impegnativo, e si scontra spesso con carenze improvvise e imprevedibili, e ostacoli normativi.
di energia in Cina per fonte
% del totale, confronto 2012-2021, (terawattora)

cultura/ comunicazione

L’essenza dei valori

Ritornare dove tutto è iniziato, riaffermando la propria identità. In un recupero delle radici proprie e del territorio che comunica autenticità. Indimenticabili campagne pubblicitarie come quelle di Patek Philippe o Barilla. Di grande impatto la campagna Nespresso, in cui l’aroma del caffè e le virtù della Confederazione si esaltano a vicenda.

Eloquente è il caso della campagna pubblicitaria ‘Generazioni’ di Patek Philippe, incentrata sui legami senza tempo, e sul concetto che ogni tradizione ha un inizio. Ed eloquente è anche quello della campagna Barilla che, nel 2020, in piena emergenza pandemica, mostrava un’Italia che resiste. Emozionale, nella narrazione di Sophia Loren, l’attrice italiana per antonomasia nella storia del cinema mondiale. In un racconto di voce, immagini e musica, il Marchio si ancorava ad alcuni dei valori più profondi della tradizione italica, racchiudendo in pochi minuti passato, presente e futuro. E riuscendo così a raggiungere, e in un momento difficile, un pubblico vasto ed eterogeneo, che a dispetto della disomogeneità in quel racconto si riconosceva coralmente.

Insomma, valori come àncora, valori come base per l’inizio o la ripartenza.

Soprattutto in un’epoca che vede vacillare molte certezze e diversificare continuamente le possibilità del quotidiano, riagganciarsi ai cardini della tradizione è un’operazione di sicuro successo.

Pare esserne convinta Nespresso che, con la campagna locale ‘Intensamente svizzera’, mette in evidenza le proprie radici svizzere e i principi fondamentali che l’hanno sostenuta giorno dopo giorno, fin dalla sua creazione nel 1986, sulle rive del lago di Ginevra. È proprio qui che ancora oggi vengono sviluppati i suoi caffè, il design delle macchine e tutte le sue tecnologie. Scelte strategiche coraggiose hanno portato dagli iniziali dieci agli oltre duemila collaboratori che attualmente lavorano nei tre centri di produzione di Avenches, Orbe (Vaud) e Romont (Friburgo), nelle due sedi amministrative e nei ventiquattro punti vendita locali che commercializzano un caffè di alta qualità.

Qui avvengono tutti i passaggi, dalla torrefazione al confezionamento, oltre a ricerca e sviluppo.

Insomma se Napoli nel sentire comune resterà sempre la patria dell’espresso, alla multinazionale nata in Svizzera spettano senza dubbio alcuni gustosi primati. In primis, l’invenzione del caffè in capsule. E, altrettanto importanti, le innovazioni in tema di sostenibilità.

La capsula, che ha cambiato profondamente il modo di consumare questa bevanda e ha contribuito al successo planetario dell’azienda, è un’idea del vodese Éric Favre, ingegnere specializzato in aerodinamica. Oltre 40 anni fa, Favre giunse alla conclusione che un buon caffè è una questione di chimica. La formula perfetta include l’acqua bollente, il caffè scaldato ad alte temperature e l’aria. Così, nella capsula che inventò, con la miscela di caffè c’era - sigillata - anche l’aria.

96 · TM Luglio 2022

Per quanto rivoluzionaria, l’innovazione non fu inizialmente sviluppata da Nestlé. Dieci anni più tardi, nel 1986, i tempi furono considerati maturi per fondare l’azienda Nespresso, filiale di Nestlé.

La semplice start up degli esordi è diventata un emblema del know-how svizzero su scala internazionale. E considerato che gli standard elevati e l’eccellenza sono principi radicati nell’identità del Paese, Nespresso ha deciso - con la più recente campagna di comunicazione a livello svizzero - di onorare il suo mercato d’origine: un universo fatto di tradizione, competenze, sostenibilità e innovazione, declinato nelle diverse regioni svizzere e nelle tante singolarità che tutte insieme fanno la bellezza del Paese stesso. A par-

tire da quella vera e propria icona elvetica che è la Jungfraujoch Top of Europe, con i suoi 3.454 metri di altitudine. «Siamo molto felici di essere il simbolo della natura svizzera di Nespresso, che si esprime nelle alte montagne, e di affermare il know-how elvetico. Questa campagna è perfettamente in linea con i valori che difendiamo, come l’innovazione e il rispetto dell’ambiente», sottolinea Urs Kessler, direttore delle Ferrovie della Jungfrau.

Al di là delle sue frontiere, la Confederazione è spesso percepita come un Paese frammentato, composto da lingue, culture e tradizioni diverse. Caotica per alcuni, questa diversità illustra la ricchezza e la capacità di creare unità nelle differenze. Prendendo le mosse dai paradossi e dalle

In alto, da sinistra, Nicolas Bideau, presidente dell’organizzazione Presenza Svizzera, Dario Cologna, fondista svizzero quattro volte medaglia d’oro alle Olimpiadi invernali, e Urs Kessler, direttore delle Ferrovie della Jungfrau. Sopra, le capsule, inventate oltre 40 anni fa, che hanno rivoluzionato il modo di preparare il caffè.

molteplici sfaccettature della Svizzera, Nespresso trasmette un messaggio chiaro: sono proprio i paradossi e la varietà che caratterizza il Paese a ispirare in definitiva quella ‘Swissness’ così apprezzata nel mondo. Di svizzeritudine hanno parlato,

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in occasione del lancio della campagna Nespresso, Nicolas Bideau, presidente dell’organizzazione Presenza Svizzera, l’unità della Confederazione per la promozione dell’immagine della Svizzera all’estero, e Dario Cologna, fondista svizzero con un record di successi e quattro volte medaglia d’oro alle Olimpiadi invernali. Partendo dalle proprie esperienze,

da svizzeri, nell’economia su scala locale e internazionale e nel campo dello sport, hanno evidenziato, da ‘ambasciatori’ svizzeri, le curiosità e i ‘segreti’ che si celano dietro la qualità dei prodotti elvetici, in particolare quelli più ancestrali e autentici del patrimonio alimentare nazionale, come il Vacherin Fribourgeois Dop o il vino dei viticoltori confederati.

Nelle capsule un piacere sostenibile

Nestlé Nespresso è pioniere del caffè in capsula di altissima qualità. Nell’ambito del Programma Nespresso AAA per una Qualità Sostenibile, collabora con più di 120mila coltivatori di caffè in 15 Paesi per introdurre procedimenti sostenibili nelle aziende e nelle campagne circostanti. Lanciato nel 2003 in collaborazione con Rainforest Alliance, il programma contribuisce ad aumentare sia la quantità che la qualità dei raccolti e dunque a garantire un approvvigionamento sostenibile di caffè di qualità, oltre che a migliorare le condizioni di vita dei coltivatori di caffè e delle loro comunità. Nel 1991 Nespresso ha implementato un solido sistema di riciclaggio. In Svizzera, le capsule di alluminio usate Nespresso possono essere restituite. Grazie ad una collaborazione con la Posta Svizzera, inoltre, la raccolta è anche a domicilio. I clienti possono depositare facilmente le capsule Nespresso usate in un sacchetto appositamente realizzato per il riciclaggio e riporlo nella cassetta per i pacchi, dove viene poi prelevato gratuitamente dal postino alla sua consegna successiva. Un servizio particolarmente apprezzato dai consumatori, tanto che oggi più della metà (69% – B2C) delle capsule in alluminio Nespresso viene riciclata.

Nestlé Nespresso, con sede centrale a Vevey, è presente in 81 Paesi, con oltre 13mila collaboratori e una rete di vendita al dettaglio di 802 boutique. Una realtà che rinnova il legame con le proprie origini, consapevole del loro valore.

Swissness è tradizione, e parimenti innovazione. Sono proprio «Una particolare sensibilità all’innovazione come pure allo sviluppo sostenibile che Nespresso vuole mettere in risalto in questa nuova campagna locale», afferma Irène Balascas, direttrice Sustainability per il mercato svizzero dell’Azienda che è stata tra i pionieri della sostenibilità. Il sistema di riciclaggio delle capsule in alluminio, è stato concepito dal marchio più di 30 anni fa, e innovativo è anche il servizio ‘Recycling at Home’. Dal 1991 in Svizzera, le capsule di alluminio usate Nespresso possono infatti essere restituite negli oltre 3.700 punti di raccolta pubblici, nelle boutique Nespresso e presso i partner commerciali Nespresso. Mentre il servizio gratuito ‘Recycling at Home’messo a punto dieci anni orsono - permette ai clienti di depositare il proprio sacchetto per il riciclaggio nella cassetta per i pacchi. Un meccanismo virtuoso, tanto che oggi circa il 69% delle capsule in alluminio viene riciclato.

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Simona Manzione In alto, i tre centri di produzione di Nespresso, ad Avenches, Orbe (Vaud) e Romont (Friburgo).

Design speciale nuove collezioni

di Simona Manzione
Gallotti&Radice Lilas Mosaïque (Dainelli Studio, 2022)
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LE NOVITÀ DI

Una scelta di stile

Innovativo e visionario, il Salone del Mobile.Milano 2022 è stato il trionfo di quelle virtù che hanno trasformato il ‘mobilio’ di un tempo nella più raffinata e desiderabile sintesi di artigianato, arte e bellezza. La tradizione nata nelle botteghe brianzole, e in continua evoluzione, si è rivelata capofila di un’eccellenza mobiliera che non ha eguali nel mondo. E che il mondo apprezza.

L’industria dell’arredo made in Italy negli ultimi due anni ha registrato un aumento del fatturato (+11%), con vendite che, nel primo trimestre di quest’anno, sono aumentate del 20%, in Italia e all’estero (dati di FederlegnoArredo).

GALLOTTI&RADICE GIORGETTI

HERMÈS MAISON ILLULIAN

LEMA

MINOTTI POLIFORM

RUGIANO

TOM DIXON & Ataliashopcomo

SALVIONI LUGANO

MINOTTI

L’anno record 2021 ha registrato un fatturato alla produzione di 49 miliardi, di cui 18 di export, per la filiera nel suo complesso, mentre il comparto arredo-illuminazione ha raggiunto i 26 miliardi di fatturato, con 13,5 miliardi di esportazioni.

Un impulso favorito dall’attualità. Nel processo di cambiamento della società, che la pandemia ha accelerato, le persone hanno infatti riscoperto il valore della casa, nella consapevolezza che può essere vissuta in modo più confortevole, moderno e salubre, con prodotti di qualità e durevoli che rendano migliore l’esistenza degli individui. Con conseguenti benefici per le collettività e i luoghi.

Non si tratta di una tendenza passeggera ma di una trasformazione strutturale che ridisegna anche il futuro dell’abitare.

Un futuro verso il quale si avanza con la versatilità di arredi e complementi, con materiali nuovi e la riscoperta di forme organiche mutuate dalla natura, con colori rassicuranti (i beige, greige, tortora, cognac, bianchi o ambrati), energizzanti come il giallo. Altri, densi di speranza. A cominciare dal verde, che afferma il suo protagonismo in molteplici sfumature cromatiche. Si avanza verso il futuro intrecciando tradizione e innovazione e

Editoriale
Design speciale nuove collezioni
DAIKI Design
Marcio Kogan / Studio MK 27. Famiglia di sedute
B&B ITALIA CHELINI ELIE SAAB FLOU

L’etica del design

Catalizzatore di creatività ed energie, generatore di nuove tendenze e opportunità. Il Salone del Mobile.Milano 2022 è stato ancora una volta il punto di riferimento per la design community mondiale.

Con oltre 262mila visitatori, arrivati da 173 Paesi e 2.175 brand espositori (di cui il 27% esteri), «La 60ma edizione del Salone del Mobile.Milano è stata un successo internazionale ed è grande la soddisfazione per aver superato le attese», dichiara Maria Porro, Presidente di Salone del Mobile.Milano, che prosegue: «Questa edizione ha confermato il respiro internazionale della manifestazione e la coesione della comunità del design».

Da 60 anni il Salone del Mobile crea le tendenze del settore. Quest’anno una grande festa ne ha celebrato anche la capacità di traghettare la tradizione nel futuro

Un risultato importante «che dimostra lo stato di salute e il contenuto valoriale del Salone del Mobile, a riprova di come la capacità di lavorare in squadra di un intero settore e del suo tessuto creativo e produttivo, possano produrre eccellenza, con grandi risultati anche nei momenti più complessi a livello internazionale. Abbiamo investito sulla qualità e dimostrato la voglia di continuare a produrre innovazione e ‘raccontare le storie’ delle nostre aziende e dei nostri prodotti», spiega

l’intervistata. Una conferma, dunque, «di come l’arredamento di qualità trovi nel Salone la sua vetrina più importante a livello globale e quanto esso sia in grado di attrarre talenti, raccontare creatività e progetti, essere un eccezionale luogo di incontro, scambio e condivisione di idee», nota Maria Porro. Quest’anno, l’attenzione alla componente sostenibile ha reso il Salone un palcoscenico internazionale per idee imprenditoriali e soluzioni tecnologiche capaci di contri-

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Courtesy Salone del Mobile.Milano © Diego Ravier

buire alla tutela dell’ambiente, della casa e all’utilizzo più efficiente delle risorse, in linea con i Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite. Non si è trattato solo di parole: il pensiero green si è tradotto in realtà sia a livello di organizzazione e gestione della Manifestazione, sia a livello di ricerca e proposta di valore e di soluzioni concrete e già attuabili presentate da ‘Design with Nature’, dal SaloneSatellite e da moltissimi espositori. L’edizione di quest’anno ha confermato rafforzandoli alcuni temi cardine. «Con il Supersalone, lo scorso anno, avevamo dato inizio ad una evoluzione progettuale incentrata anche su sensibilità ecologica e digitale. Mentre grazie al digitale, che nell’edizione 2022 ha ampliato il proprio raggio di azione, promozione ed esperienza virtuale si sono integrate con l’esperienza fisica. Nuove modalità di interscambio, esperienza e fruizione sono state implementate per supportarsi e valorizzarsi a vicenda. Dal punto di vista dei mercati di sbocco, desidero sottolineare l’imprescindibile ruolo di internazionalizzazione e globalizzazione svolto dal Sa-

lone», sottolinea la Presidente. Il Salone del Mobile.Milano come appuntamento di portata internazionale guarda a tutto il mondo. Ciascun mercato è a modo suo strategico, essendoci una molteplicità di aziende che si rivolgono a Paesi differenti. Grazie alle sue caratteristiche di flessibilità organizzativa e alla sua capacità di cogliere tempestivamente le tendenze e le innovazioni in ogni settore, il Salone è un apripista e proficuo scopritore di nuove opportunità del globo».

Oggi la scarsità o difficile reperibilità delle materie prime è un tema di grande attualità: «La filiera alta del made in Italy ha le capacità di assorbire queste conseguenze perché è in grado di giocare su prodotti diversi mantenendo la qualità intrinseca e un prezzo contenuto», evidenzia Maria Porro.

Innegabile la necessità di proteggere, valorizzare e tramandare il savoir-faire che ha fatto della Brianza il distretto del design più accreditato a livello mondiale. «La miglior protezione è la sua continuazione. Tutti gli imprenditori della Brianza sono consci di questo pa-

trimonio di conoscenze e di abilità artigianale e cercano di tutelarlo al meglio. Ad esempio, l’Artwood/Academy, nata nel 2013 in Brianza, si basa sulla convinzione che il ritorno all’artigianalità sia il punto chiave necessario per garantire il prosieguo delle eccellenze industriali italiane, e sulla necessità di avere nuove figure professionali che sappiano gestire la complessità dell’industria 4.0, operatori cin grado di far fronte ai nuovi processi di automazione e di digitalizzazione della produzione».

Quanto alle tendenze che si sono affermate, in termini di stile: «Più che di stile - dato che ormai tutti gli stili convivono, dal classico al moderno al contemporaneo - si parla di approccio al design. La macro-tendenza principale, ormai una vera e propria necessità, è il concetto di sostenibilità che va di pari passo con i temi del riciclo, del riuso e della circolarità. Il design sostenibile ci spinge ad accogliere la consapevolezza ecologica, sostenendo una nuova era del design che metta la natura al centro», conclude Maria Porro.

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«Abbiamo investito sulla qualità e dimostrato la voglia di continuare a produrre innovazione e ‘raccontare le storie’ delle nostre aziende e dei nostri prodotti».
Maria Porro, Presidente Salone del Mobile.Milano © Photo by Sfelab

Eleganza come lifestyle

Un paesaggio domestico dalla forte connotazione architettonica che sollecita i sensi. L’armonia di tonalità neutre e il gusto di abbinamenti ricercati: un rimando costante alla natura, per un benessere senza compromessi.

Le nuove collezioni affermano vividamente i canoni, estetici e valoriali che guidano la storica azienda: eleganza, ricercatezza, progettualità, durabilità, versatilità, per citarne alcuni. Ispirate da una visione rinnovata che definisce un lifestyle coerente e riconoscibile, in grado di dialogare con le tendenze contemporanee. La totale simbiosi fra indoor e outdoor diventa metafora dell’approccio ‘green’ di Poliform, perseguito con la sua filosofia di Human Company, ossia sostenitrice di elevati standard etici e deontologici. Il rispetto per il territorio in cui l’Azienda è nata e l’ambiente che la circonda si traduce in azioni concrete che attingono da innovazione tecnologica e attenzione alle risorse. Virtù che hanno come conseguenza diretta la creazione di

prodotti di massima durabilità, oltre che riparabilità, possibilità di aggiornamento e riciclabilità.

Accanto alla sensibilità green emerge la propensione alla multimatericità dei nuovi prodotti, artefice di un gradevole gioco dei sensi: la nuova selezione di rivestimenti tessili privilegia i tessuti strutturati, dal bouclé d’ispirazione haute couture ai jacquard di lino e viscosa dall’aspetto elegante e contemporaneo, realizzati con fibre naturali certificate o provenienti da materiali rigenerati. Un’armonia di tonalità e abbinamenti che fa eco alla prospettiva sostenibile dell’azienda.

Negli ambienti destinati ad accogliere queste collezioni, l’architettura diventa morbida e leggera: i toni chiari e caldi, nuance panna e beige, legni altrettanto

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POLIFORM, BRERA (design Jean-Marie Massaud) Sistema di divani caratterizzati da un segno orizzontale POLIFORM, KAORI (design Jean-Marie Massaud) Linee morbide e volumi generosi

POLIFORM, CURVE (design Emmanuel Gallina)

La poltrona riprende le linee morbide e la centralitàdella materia legno dell’omonima collezione

POLIFORM, BRERA

Diverse possiiblità per l’elegante divano, da quella lineare classica a quella curva, destinata agli spazi più ampi e alle aree lounge

soavi come il rovere chiaro creano un fil rouge. L’uniformità e la coerenza stilistica fa sì che prodotto e cornice diventino un unicum: librerie e sistemi, giorno e notte, superano la loro funzione per diventare parte stessa della struttura. Demandato ai piccoli elementi d’arredo, il compito di costellare l’ambiente di colore, grazie a finiture e combinazioni materiche che spiccano nella composizione.

POLIFORM, YUME

Eleganza senza tempo e la voluttuosa preziosità dei dettagli couture, come gli inserti in cuoio ispirati al mondo della moda

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Eclettismo senza tempo

Una miscela di materiali pregiati, uno stile inconforndibile, ricercatezza negli abbinamenti, eleborazione delle forme. Le nuove collezioni Rugiano portano la tradizione nel futuro.

La continua ricerca di Rugiano si traduce in collezioni che esaltano la qualità e l’unicità della materia esattamente come la forma, mai ovvia. Il savoir-faire artigianale maturato nel corso di decenni incontra le idee innovative e il gusto istrionico dei designer di fama internazionale che siglano le collezioni. Materiali pregiati sono forgiati in volumi e definiti da linee che ne fanno dei pezzi di arredo avvolti da un’aura artistica. Sono tavoli, sedie, divani, lampade, specchi, librerie o letti e

Design speciale nuove collezioni
RUGIANO, Sedie MARIE, Lampadario BIJOUX
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RUGIANO Divano PIERRE, Poltroncina AMBRA con Tavolino BONSAI, Libreria FRAME BOX, Coffee Table TABLE INCANTO

comodini, come pure arredi destinati agli spazi outdoor. Nella grande versatilità d’uso dei prodotti, il Marchio - definitivamente consacrato nell’Olimpo del più desiderabile Made in Italy - propone un concetto abitativo esclusivo e raffinato.

RUGIANO

Divano NAUTILUS, Specchio OFELIA, Tavolino GLOBO

Poltroncina COCO

RUGIANO

Colori caldi ed eleganti per un relax totale nella sofisticata zona notte

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Si accendono i colori

Gioiose e giocose, le cromie declinate in sfumature anche isolite si accompagnano alle forme arrotondate e accoglienti di sedute pensate per ogni spazio della casa.

Per dare un twist al proprio quotidiano può bastare una nota di colore. Rilassante e accogliente per compensare la frenesia di giornate sempre di corsa. Oppure vitamica per trovare tra le mura domestiche sempre l’energia giusta. O acida e irriverente, per uscire dalle consuetudini, affermando con fierezza la propria personalità. Da attributo, il colore diventa

B&B ITALIA

Le Bambole (design Mario Bellini) Serie di sedute create nel 1972, oggi icone del design

co-protagonista dell’oggetto di design, contribuendo a definirne non solo la qualità estetica ma anche l’identità materica e il ruolo funzionale all’interno del paesaggio domestico. In un’accezione di

volta in volta diversa, dal pop all’esotico, dal vintage al contemporaneo, la tendenza colore è una di quelle viste al Salone del Mobile 2022.

FLOU, NATEVO Poltroncina ARNO (design Matteo Nunziati)

CHELINI

Divano PARIS: grande versatilità di moduli liberamente componibili.

Tavolino EDGAR (design Ufficio Stile Chelini)

Design speciale nuove collezioni
108 · TM Luglio 2022

Nel segno della sostenibilità, Giorgetti arricchisce il proprio universo abitativo con una collezione articolata e sofisticata. Progetti iconici, che raccontano la passione per i dettagli e la continua ricerca dell’eccellenza, attraverso l’elevata qualità dei materiali, lavorazioni sartoriali e un aggiornamento costante su finiture, forme, texture e colori che rendono ogni proposta unica. La collezione 2022 conferma la capacità dell’Azienda di disegnare spazi e progetti architettonici completi e di proporre un vero e proprio lifestyle Giorgetti. Con lo sguardo rivolto in avanti ma ancorato al proprio heritage, Giorgetti mette questo prezioso patrimonio a disposizione del pensiero creativo dei designer di fama internazionale, con cui collabora di anno in anno: Carlo Colombo, Roberto Lazzeroni e Dainelli Studio sono ancora una volta protagonisti delle nuove collezioni Giorgetti, a cui si aggiungono le prestigiose firme di Dante O. Benini con Luca Gonzo e Mauro Lipparini che arricchiscono il percorso dell’Azienda con nuovi approcci e visioni.

Il nuovo classico

Design speciale nuove collezioni
GIORGETTI Tra heritage e creatività, in nome della bellezza

Forme organiche

Anche siglando nuove collaborazioni con designer di calibro internazionale, il Marchio interpreta un gusto trasversale che annulla la linea del tempo e i confini spaziali.

GALLOTTI&RADICE BOLLE VERTICALE (design Massimo Castagna)

Linee pulite ed eleganza raffinata, per uno stile contemporaneo e intramontabile. Tanto nelle nuove proposte di Pietro Russo, Dainelli Studio e Studiopepe che, anche per quest’anno, rinnovano la loro collaborazione con l’Azienda, tanto nelle proposte

che nascono da nuove collaborazioni con Staffan Tollgard + Filippo Castellani e Draga & Aurel. Una gamma di soluzioni straordinariamente versatile grazie alla modularità e alla personalizzazione dei pezzi che la compongono, caratterizzati da uno stile intramontabile.

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GALLOTTI&RADICE SODA (design Draga & Aurel) GALLOTTI&RADICE

Alta sartorialità

Le novità 2022 interpretano il dna stilistico di Lema anche con il contributo di designer diversi per stile e metodo progettuale, a volte minimalista a volte più decorativo.

Flessibilità compositiva, massima personalizzazione e design contemporaneo: sono queste parole chiave a caratterizzare le nuove collezioni Lema che arricchiscono e ampliano il suo catalogo. Progetti che entrano con discrezione in un ambiente domestico leggero, dove gli

arredi dialogano tra loro in un’atmosfera calda ed avvolgente, che invita a condividere i momenti più piacevoli e ritrovare se stessi. Al Salone del Mobile 2022 Lema ha raccontato la propria idea di casa: le diverse scelte cromatiche, materiche e di abbinamento svelano le molteplici sfumature dell’abitare secondo Lema.

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LEMA, GLEE (design Officina del design)
Design speciale nuove collezioni
LEMA, CLAIRE (design Norm Architects) LEMA, DOLMEN (design David Lopez Quincoces)

Inno alla leggerezza

Vibrante di colore e di energia, la nuova collezione Maison di Hermès plasma materiali pregiati in forme e decori accattivanti. Raggi di sole pronti ad illuminare la vita e i gesti quotidiani. Perpetuando lo spirito gioviale della storica Azienda francese.

La ricerca della leggerezza come sfida alla gravità si afferma con la creazione di oggetti per la casa, presentati a Milano in occasione del Salone del Mobile. Oggetti che, disposti in quattro architetture in legno e carta, dai volumi monumentali, si sono rivelati intorno ad un unico filo conduttore: i tessuti. Cinque creazioni

tessili come trama di questo manifesto della leggerezza. Sono tutti realizzati in cashmere, uno dei materiali preferiti da Hermès.

Nella stessa collezione ‘Maison’ le porcellane affermano la loro singolarità: i piatti riflettono i raggi del sole, diffondendo joie de vivre.

La leggerezza delle linee e lo stile possono così resistere alla prova del tempo.

112 · TM Luglio 2022
Design speciale nuove collezioni
Soleil d’Hermès (design Arielle de Brichambaut) H TISSAGE (design Fanette Mellier) HERMÈS MAISON, CONSTRUCTION (design Gianpaolo Pagni) H TARTAN (design Studio Hermès)

Linee seducenti

Teatro dove va in scena un design spettacolare. La casa Elie Saab è un’esperienza plurisensoriale.

Esistono oggetti capaci di generare passione. Quasi un sentimento, vivo, nato nel momento in cui li si osserva per la prima volta. Seducono con le loro linee, le superfici, i riflessi creati dalla luce, le sensazioni trasmesse al tatto. Da qui sono partiti Elie Saab e l’architetto Carlo Colombo,

in un percorso creativo che ha condotto alla realizzazione delle novità proposte quest’anno. Oggetti di arredamento che incantano per le loro proporzioni, per l’alternarsi equilibrato di linee rette e curve, per i materiali di cui sono composti. Oggetti che dialogano tra loro, coinvolgendo tutti coloro che entrano in relazione con

gli spazi in cui essi si trovano. È l’arte della seduzione trasferita nel design e amplificata dalla forza prorompente delle fonti di ispirazione care al designer: dai profumi del Medio Oriente all’Art Deco di Parigi, tra arte, architettura e moda. Tra velluti e lacche va in scena quest’anno una collezione dal fascino unico.

Design speciale nuove collezioni Luglio 2022 TM · 113
ELIE SAAB, IMPERIAL ELIE SAAB, Lampadario SAPPHIRE

Lo stile quotidiano

Una proposta dal gusto raffinato, che contempla prodotti storici e, insieme, nuove tendenze declinate in collezioni di arredo e complementi dalla inimitabile personalità.

Il design d’alta gamma, fonte d’ispirazione e portavoce d’eccellenza dell’arredo Made in Italy e internazionale, è al centro di ogni progettazione e proposta di Salvioni. In occasione della Milano Design Week 2022 lo showroom Salvioni Milano Durini ha acceso i riflettori su due protagonisti d’eccezione, Acerbis e Talenti, fautori di due suggestive installazioni collocate nella vetrina di via Durini e sulle molteplici terrazze dello showroom. Selezionati nel tempo, Poliform, Flexform, Poltrona Frau, Zanotta, Catellani & Smith, o Fiam e Wallpaper sono solo alcuni dei nomi e delle matrici stilistiche che animano la progettualità dell’Azienda, la cui storia si è sviluppata in parallelo con la storia del Salone del Mobile. Sei decenni nel segno del design.

114 · TM Luglio 2022 Design speciale nuove collezioni

I primi venti anni del Marchio inglese

Tom Dixon. Quintessenza di originalità.

Innovativa per vocazione, l’Azienda festeggia quest’anno venti anni di attività. Una mostra dal titolo ‘Twenty’, nei giorni del Salone, ha raccontato al pubblico due decenni di inarrestabile creatività. I prodotti nati dall’estro di Tom Dixon, spesso vere e proprie icone, sono la perfetta sintesi di Design e Arte, con un sapiente uso di materiali particolari. Oggetti fatti per resistere alla prova del tempo. Che non seguono la moda, ma aprono puntualmente nuovi orizzonti. Fanno tendenza. Sono frutto di un pensiero non omologato che ama reinventarsi ogni volta.

A DESTRA, IL DESIGNER TOM DIXON

IN BASSO A DESTRA, ALCUNI OGGETTI ICONICI Showroom del Marchio

SOTTO, ATALIASHOPCOMO (via Diaz, 39 - Como)

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Twenty!
Showroom del Marchio Tom Dixon

Trame artistiche

Fondata nel 1959, la società, guidata ora da Davis e Bendis Ronchetti Illulian, è oggi punto di riferimento esclusivo nel comparto dei tappeti antichi e moderni, con collezioni che, oltre ad essere uniche proposte d’arredo, divengono vere e proprie opere d’arte.

Si chiama FISH il nuovo modello di Illulian la cui anima raffinata e pop nasce dall’incontro tra la meravigliosa tradizione artigianale ed expertise del Brand di Haute Couture e la creatività libera e non convenzionale che appartiene a Paola Navone-Otto Studio. FISH ha la forma universale, schietta e allegra di un pesce nel colore Blu. Può essere sovrapposto ad altri tappeti per un inaspettato tocco decorativo o appeso alla parete come un arazzo pop. Ovunque lo si immagini, racconta la sua natura giocosa, libera e vitale, ispirata all’atmosfera del mare e agli amuleti di paesi lontani. Una una lavorazione che ne fa percepire ogni dettaglio, quasi a renderlo vivo, lo rende protagonista di una nuova poetica dell’abitare contemporaneo. Appartenente alla Limited Edition, come tutti i modelli Illulian è annodato e cardato a mano e incanta per l’appeal cromatico ottenuto dai brillanti colori vegetali utilizzati. Il servizio Custom Made di Illulian, con-

solidato asso nella manica del Brand, permette di dare vita anche per questo tappeto ad un esemplare su misura, per soddisfare ogni tipo di richiesta e personalizzazione: colori, disegni, dimensioni e forme sono appositamente studiati per dar vita a esclusivi pezzi unici. Questi prestigiosi esemplari possono essere scelti per ambienti

residenziali e per realizzazioni contract, come musei, showroom, alberghi, ristoranti e soluzioni per la nautica.

speciale nuove collezioni
ILLULIAN, FISH (Limited Edition by Paola Navone-Otto Studio)
Design
116 · TM Luglio 2022
ILLULIAN FLORALIA YARD, ECLETIC FLOREM (Limited Edition)
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Basilea epicentro della grande arte

È una

densità senza paragoni di proposte

espositive

di

altissima

qualità quella che offre Basilea nel periodo estivo. Dal grande ritorno di Art Basel alle mostre imperdibili del Kunstmuseum che svela inediti parallelismi tra El Greco e Picasso, artista che qui è di casa, alla retrospettiva della Fondazione Beyeler che nel suo 25esimo presenta un Mondrian inedito.

Dopo la quarantena forzata del 2020 e i postumi che l’anno scorso l’hanno vista slittare a settembre, Art Basel sembra finalmente aver smaltito l’influenza pandemica, ritrovando la sua radiosa forma a metà giugno. E i suoi parametri vitali: 289 le gallerie presenti, pari al 2019, con 70mila visitatori, questi ancora forzatamente in affanno sugli oltre 90mila passati. Promettenti le vendite sin dalla giornata inaugurale, dove il colossale Ragno in bronzo di Louise Bourgeois (1996) ha fatto incassare ad Hauser & Wirth 40 milioni di dollari.

Il tutto senza archiviare quanto di buono acquisito negli ultimi due anni: si prosegue nell’ibridazione con l’online che permette di raggiungere i pubblici ancora condizionati negli spostamenti internazionali, asiatici e russi in testa, così come con l’allentamento dei criteri di ammissione delle gallerie che non prescrivono più un minimo di anni di attività né di esposizioni organizzate all’anno. Introdotti per incoraggiare le candidature nel periodo pandemico, sono ormai standard ufficiale, a servizio di un mercato dell’arte

L’imperdibile mostra estiva della Fondazione Beyeler illustra attraverso inediti accostamenti l’evoluzione che portò Mondrian dalla pittura di paesaggio delle scuola olandese alle rivoluzionarie opere astratte diventate iconiche. Qui, il confronto fra i due alberi del 1908-10 e del 1912 rende visibile una prima scomposizione.

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© 2022 Mondrian/Holtzman Trust, Photo: Musée d’Art de La Haye
cultura / arte/ mostre
© 2022 Mondrian/Holtzman Trust, Photo: bpk/Staatsgalerie

che si vuole più aperto, e proprio nella commistione fra grandi nomi e realtà emergenti trova la formula per soddisfare, se non sorprendere, le aspettative dei collezionisti in termini di diversificazione degli investimenti quanto di gusto. Se Art Basel ha saputo confermare il suo storico ruolo di leader assoluta fra le fiere d’arte internazionali, è perché non si accontenta di giocare in difesa ma si lancia all’attacco: a far sensazione lo scorso gennaio è stata la conquista di Parigi. Il Gruppo Mch, proprietario di Art Basel, ha staccato un contratto di sette anni per organizzare la fiera d’arte contemporanea che si tiene a ottobre al Grand Palais, soffiando l’incarico alla storica detentrice, la Fiac. Una spesa complessiva stimata per oltre 10 milioni, esclusi costi tecnici, con un ritorno di immagine, oltre che di cifra di affari, che promette di ripagarla ampiamente. Un terremoto per l’intero settore che, in particolare, ha sollevato timori fra le realtà più piccole e indipendenti del sistema francese che temono di venir tagliate fuori dall’attesa internazionaliz-

zazione dell’evento, malgrado Art Basel se lo sia aggiudicato proprio dichiarando di voler rispettare l’identità parigina e la sua scena culturale, creando legami con le principali fiere e industrie culturali francesi - dalla moda alla musica, dall’architettura al design e al cinema - per sviluppare un evento emblematico con una forte influenza nazionale e internazionale. Il titolo scelto, che si discosta da quelli delle altre due spin-off di Art Basel, dove il nome della città renana figura sempre accanto alla destinazione ospite - Miami Beach e Hong Kong - è Paris+. In attesa che terminino i lavori di rinnovamento del Grand Palais, il primo appuntamento si terrà Grand Palais Éphémère, sullo Champ-de-Mars, nel cuore storico della capitale, dal 20 al 23 ottobre, aggiungendo l’autunno al calendario di Art Basel, ultima stagione finora assente. Sarà interessante capire come questa nuova vetrina che, a differenza delle versioni americana e asiatica, è molto prossima geograficamente all’originaria, si posizionerà senza elidere i rispettivi mercati.

Fra i tanti modelli che Picasso reinventò nel suo personalissimo linguaggio, El Greco fu un richiamo costante lungo tutta la carriera, come dimostra l’esposizione del Kunstmuseum Basel. Da sinistra, El Greco, Cristo si congeda da sua madre, 1595 circa, olio su tela, e Picasso, La coppia, 1967, olio su tela.

Certamente la realizzazione di un evento come Art Basel che attira nel giro di pochi giorni migliaia di visitatori, fra cui un pubblico di addetti ai lavori, ma anche i tanti appassionati e semplici curiosi, non può che avere un impatto sui calendari dei musei della regione, oltre che sull’intera offerta turistica. Tuttavia non sarebbe possibile organizzare mostre che si distinguono nel panorama internazionale per qualità, originalità dei progetti e importanza delle opere esposte senza il lavoro costante e l’indiscutibile prestigio di due istituzioni come la Fondazione Beyeler e il Kunstmuseum Basel che

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© Kunstmuseum Basel, Martin P. Bühler

quest’estate si superano con due proposte di fortissimo interesse. Anche perché si tratta di mostre che alle spalle richiedono anni di preparativi, studi e la collaborazione con altri importanti istituzioni europee e internazionali. In entrambi i casi la scelta vincente, cui la pandemia ha dato un ulteriore impulso, è quella di raffor zare il dialogo fra le collezioni proprie e opere in prestito.

Rivoluzionario Mondrian . In occa sione del 25esimo anniversario, la Fon dazione Beyeler dispiega un calendario eccezionale, che nel periodo estivo, in tercettando il 150esimo dalla morte di Piet Mondrian (1872-1944), presenta una retrospettiva tanto rivoluzionaria quanto il suo protagonista, entrato nell’immaginario collettivo con la sua sintassi solo apparentemente elementare, che articola campi di colore puro - i tre primari, rosso, giallo e blu, e i non-colori bianco e nero - in una griglia

In preparazione dell’attuale mostra, nel 2019 la Fondazione Beyeler ha lanciato il Piet Mondrian Conservation Project per studiare approfonditamente le sette opere in suo possesso, dimostrando la complessità del suo processo lavorativo, che come fine ultimo aveva l’espressione della bellezza universale. Al centro della pagina, la composizione romboidale del 1938, esempio del Mondrian maturo.

di linee ortogonali. Grafica, pubblicità, design e moda se ne sono ampiamente appropriati, dalle operazioni più accorte all’abuso di un merchandising banalmente reiterativo. L’innovatività della mostra, in programma fino al 9 ottobre, risiede nell’ap- proccio

illuminante scoprire i primi passi dell’artista olandese e seguirlo nel processo di delineazione del suo linguaggio, sempre governato da una forte consapevolezza e volontà di raggiungere una tecnica che traducesse in immagine il pensiero che veniva maturando sotto l’influsso dapprima del teosofismo di Rudolf Steiner e poi del simbolismo di Jan Toorop.

che, che aprirono un capitolo fondamentale dell’arte moderna, ripercorrendo l’evoluzione del pittore dal figurativo all’astratto - di fatti la mostra si intitola Mondrian Evolution - mettendone in luce il repertorio sorprendentemente ricco e diversificato, così come lo era l’attività del suo atelier che abbracciava tutte le arti, con una continua tensione creativa lungo oltre cinquant’anni di carriera. È

Se gli esordi avvennero nel segno della pittura di paesaggio tipica della sua terra a fine Ottocento, come esponente della Scuola dell’Aia dove già iniziò a sperimentare gli effetti di luce e colore, spazio, superfici, struttura e riflessi, è soprattutto nel trattamento di soggetti ricorrenti come i mulini a vento, le dune, il mare, le fattorie e gli alberi che si colgono le testimonianze della progressione stilistica in direzione di una semplificazione delle forme e dello stemperamento della tavolozza cromatica che lo avviò verso la trasformazione decisiva, complice l’influsso del cubismo tanto ammirato da spingerlo a trasferirsi a Parigi. Al ritorno in Olanda, allo scoppio della prima guerra mondiale, poté condividere e nutrire con il gruppo De Stjil la sua visione di un’arte orientata all’armonia ideale. Discorso che avrebbe proseguito anche nei successivi spostamenti fra Parigi, Londra e New York. Intensificando il lavoro sulla bidimensionalità della superficie pittorica Mondrian si distaccò definitivamente dalle istanze mi-

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© Mondrian / Holtzman Trust c/o Hcr International Warrenton, VA Usa, Photo: Mark Niedermann
©Mondrian/HoltzmanTrust,Photo:RobertBayer,Bâle

Il Gruppo Mch, proprietario di Art Basel, ha staccato un contratto di sette anni per organizzare la fiera d’arte contemporanea che si tiene a fine ottobre al Grand Palais. Paris+ il suo nome. Intanto, a metà giugno l’appuntamento cult renano ha ritrovato la sua piena forma.

metiche trovando nella geometrizzazione dello spazio quella razionalità estetica e concettuale che è il principio fondante del suo neoplasticismo.

In Svizzera è proprio la Fondazione Beyeler, con sette opere che coprono un ampio arco temporale, tra il 1912 e il 1938, a conservare il maggior numero di lavori di Mondrian. Fu proprio Ernst Beyeler, come gallerista, a vendere molte delle opere passate dalle sue mani al Kunstmuseum Den Haag, che oggi del pittore olandese possiede la collezione più importante al mondo, una fra le ragioni per cui è stato ben lieto di collaborare all’organizzazione di questa mostra. In sua preparazione, la Fondazione Beyeler ha lanciato nel 2019 il Piet Mondrian Conservation Project, destinato a esaminare approfonditamente le opere in suo possesso, non solo per questioni di conservazione e restauro, ma anche per addentrarsi grazie a metodi all’avanguardia come la riflettografia a infrarossi, nello studio di materiali e tecniche utilizzati dal pittore, dando conferma del suo rigoroso e prolungato lavoro sui dipinti. Il che supporta l’impostazione scelta per la mostra confermando, lontano da quanto si potrebbe pensare fermandosi ‘alle superfici’ delle opere di Mondrian, la sfida di una quête durata tutta una vita con l’obiettivo dichiarato di cogliere la bellezza universale e rispecchiarne le leggi attraverso strutture, proporzioni, ritmo ed equilibrio fra linee e colori.

Con la sua limpida architettura disegnata da Renzo Piano, la sede della Fondazione Beyeler, nell’idilliaco paesaggio di Riehen, a pochi chilometri da Basilea, è perfetta per dare il giusto respiro alle opere di Mondrian, anche grazie al sapiente allestimento che lascia a ogni lavoro lo spazio per esprimersi e, viceversa, all’osservatore per immergervisi. Duplice il criterio, cronologico e tematico, per mettere a diretto confronto lavori figurativi e astratti, le opere giovanili e quelle della fase più avanzata (89 in totale, con

importanti prestiti internazionali). Le scoperte sono innumerevoli e sorprendenti, tanto da cambiare anche nel profano la comprensione dell’arte di Mondrian, dando quella profondità di significato che manca a chi semplicemente è abituato a conoscerlo attraverso la riproduzione di massa delle sue opere più iconiche. El Greco, maestro di Picasso. Non è da meno il Kunstmuseum Basel che convoca alla sua corte due fuoriclasse dell’arte di ogni epoca: El Greco e Picasso. Accomunati dall’anticonformismo dei “fou de génie” che nella propria epoca sanno inserirsi per compiere la rivoluzione che la cambia per sempre. Malgrado oltre tre secoli li separassero, sin da adolescente Picasso rimase fortemente affascinato dall’opera di quell’artista eccentrico nel senso più genuino del termine, perme-

ato dalla commistione fra la tradizione greco-bizantina, cui lo orientavano le sue origini - nato a Candia, allora sotto la dominazione della Serenissima -, e la ritrattistica rinascimentale di Tiziano, Veronese e Tintoretto in cui si immerse quando si trasferì a Venezia; infine la scuola spagnola, Paese dove approdò con la promessa di partecipare al cantiere dell’Escorial, per poi installarsi, a seguito dei deludenti rapporti con la corte reale, a Toledo, allora città faro della Spagna. Un mélange di influenze sintetizzato dal plurilinguismo del suo soprannome. Un artista pienamente europeo, primo protagonista del Siglo d’Oro e, in un certo senso, della modernità con il suo spirito libero, tanto che la sua audacia pittorica, con quelle sue figure allungate e fuor di proporzione e prospettiva che indusse

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© Mirco Magliocca
Courtesy Art Basel

persino alcuni a crederlo astigmatico, non trovò accoglienza all’epoca. Addirittura Filippo II fece rimuovere dall’Escorial una pala che gli aveva commissionato, troppo inquietante per raccogliersi in preghiera. Tanto precursore da venire dimenticato nell’immediato dopo la sua morte, fino al ritorno di fiamma del romanticismo francese, stregato dalla sua figura di genio apparentemente maledetto e allucinato.

Fra i maestri rielaborati da Picasso nel suo linguaggio personalissimo, El Greco occupa senza dubbio un posto privilegiato. Gli oltre trenta accostamenti tra loro opere proposti dall’esposizione del Kunstmuseum Basel, fino al 25 settembre, dimostrano come questa influenza non abbia nutrito soltanto le prime fasi del lavoro di Picasso fino al Periodo rosa (1904-06), come sinora sostenuto dagli esperti, ma la sua intera carriera. Un progetto nato una decina di anni fa, da un incontro con la curatrice Carmen Giménez del Guggenheim Museum di New York che ne ha coordinato lo sviluppo.

Se diciannovenne, Pablo annotava dietro uno schizzo eseguito al Prado studiando l’opera del maestro cretese, “Yo, el Greco”, ecco che quasi settant’anni dopo ribadiva quel legame elettivo firmando l’opera tardiva Il Moschettiere (1967)

“Domenico Theotocopulos van Rijn da Silva”, omaggio ai suoi tre indiscussi maestri: appunto El Greco, insieme a Rembrandt e Velázquez. Alcuni dei parallelismi proposti dal Kunstmuseum Basel sono già acclarati, ma impagabile è poterli ammirare di persona, come quello fra l’Adorazione del nome di Gesù di El Greco e La sepoltura di Casagema di Picasso, che per realizzare quest’omaggio intimamente sentito per la tragica scomparsa del suo amico pittore Carles attinse alla composizione di El Greco ponendo la prima pietra del suo Periodo blu. Un’opera come Les Demoiselles d’Avignon,

El Greco, Rembrandt e Velázquez: firmando il suo Moschettiere del 1967 “Domenico Theotocopulos van Rijn da Silva“ Picasso omaggia i tre maestri e si richiama esplicitamente al Ritratto di un uomo della nobile famiglia di Leiva di El Greco, 1580-85.

pietra angolare del cubismo (non presnete in mostra), cita esplicitamente L’apertura di un sigillo dell’apocalisse di El Greco, rovesciando però il misticismo cattolico in fascinazione per le culture tribali. Ancor prima, L’Adorazione era stata di ispirazione per le Grandi bagnanti di Cézanne, confermando come El Greco possa essere posto alle radici del cubismo.

Prestigiose istituzioni di tutto il mondo - dal Museo di Greco a Toledo, il Prado, il Museo di Picasso di Barcellona e quello di Parigi a Met e Guggenheim - hanno acconsentito a prestare capolavori che mai era stato possibile ammirare in Svizzera e che alla Basilea vetrina delle tendenze mondiale con la sua Fiera d’arte internazionale aggiungono la profondità della storia, permettendo di riscoprire un autore ancora poco popolare tra il grande pubblico come El Greco.

Picasso è invece già di casa, basti ricordare lo storico referendum che nel 1967 vide la popolazione accordare un credito di 6 milioni di franchi per assicurare alla città la proprietà dei due magnifici dipinti della collezione Staechelin - I due fratelli (1905) e Arlecchino seduto (1923) - che rischiavano di lasciare per sempre il suo Kunstmuseum. Un gesto che Picasso apprezzò tanto da donare ai basilesi altre sue quattro opere. Oggi tre di queste sono in mostra, insieme ad altri preziosi dipinti della collezione del museo, che ne conta ben trecento. Dunque una ‘storia d’amore’ quella fra la città renana e Pablo, come l’ha definita sua figlia Paloma, presente a consacrare l’inaugurazione. Sicura che suo padre avrebbe immensamente apprezzato lo spirito di questa nuova iniziativa tra le tante che gli sono continuamente dedicate, più o meno a proposito. La più evidente concretizzazione di quel “Yo El Greco” con cui si firmò nel 1899.

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Venerdì 16 settembre

Piemontesi & Friends

Venerdì 02 settembre

Kammerorchester Basel

Maria-João Pires

Lunedì 26 settembre Budapest Festival Orchestra

Ivan Fischer

Martedì 04 ottobre

Le Concert des Nations

Jordi Savall

Mercoledì 28 settembre Beatrice

Recital di Pianoforte

Martedì 06 settembre

Chamber Orchestra of Europe

Francesco Piemontesi

Giovedì 22 settembre

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Renato Ballerini, riscoperta meritata

Pittore, scultore, illustratore e giornalista: la Pinacoteca Züst di Rancate presenta un artista degno di grande attenzione, Renato Ballerini (1877-1954), ravennate di nascita e luganese di adozione. Gli elementi emersi dalle ricerche permettono di presentarne le diverse sfacettature.

producendo pochissimo e rinunciando a esporre, come se avesse avvertito la conclusione di un’epoca senza ritrovarsi nella successiva. Stato d’animo cui contribuì in larga parte la diffusione dell’astrattismo, che non trovava corrispondenza nelle opere di Renato, quanto piuttosto in quelle del figlio Stelio, anch’egli pittore», spiega Simona Ostinelli, curatrice della mostra che vede Ballerini protagonista, fino al prossimo 2 ottobre, alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Rancate.

ALugano Renato Ballerini (1877-1954) si stabilì nel 1910, su invito dell’architetto ticinese Augusto Guidini, per il quale lavorava come architetto tecnico a Milano. Alle spalle una classica formazione accademica - a Ravenna, sua città natale, e successivamente a Roma -, dell’arte sarebbe tornato a fare la propria vita: pittore della borghesia locale, ma anche scultore di poche ma interessanti opere, attività a cui abbinò quelle di giornalista per “Libera Stampa” prima

e “Gazzetta Ticinese” poi, di illustratore di vignette satiriche e grande polemista quando ancora le battaglie si facevano sulle pagine dei giornali.

Una personalità di rilievo nella vita politica e culturale ticinese della prima metà del Novecento, che però, a quasi settant’anni dalla scomparsa, è nota principalmente agli addetti ai lavori.

«Diverse le ragioni che hanno decretato l’oblio di Ballerini, in parte riconducibili alla sua stessa scelta, a fine seconda guerra mondiale, di ritirarsi dalla vita pubblica

L’idea di dedicargli una mostra personale è nata qualche anno fa dall’incontro con Frederik Poort, pronipote e depositario del fondo del pittore. «La rassegna non è unicamente focalizzata sui lavori conservati in famiglia, ma vuole restituire un’immagine completa dell’artista, ricercando altre testimonianze presenti sul territorio. I lavori sono iniziati quattro anni fa, purtroppo ritardati dalla pandemia. La Pinacoteca ha pubblicato un annuncio di ricerca opere che ha permesso di ritrovare un corpus di lavori di qualità nella Svizzera italiana, confermando l’idea iniziale di un artista ricercato dalla borghesia luganese», osserva Simona Ostinelli. Si è annunciata addirittura la direzione del museo di Ravenna fornendo informazioni utili alla ricostruzione della prima formazione dell’artista.

Per il resto si partiva praticamente da zero. Fortunatamente gli eredi avevano conservato gran parte della documentazione relativa all’attività del pittore. «L’Archivio Ballerini Poort custodiva articoli di giornale, lettere, fotografie, cartoline, diplomi, appunti, ma anche le opere dell’artista, da quelle minori, come illustrazioni eseguite per libri e giornali, ai dipinti, all’unica scultura finora rinvenuta. Materiale che è stato inventariato

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cultura / arte/ mostre

Lugano di notte e in una giornata estiva alla Foce del Cassarate negli anni Trenta: due fra le opere che il ravennate Renato Ballerini dedica alla sua città di adozione. Solo uno degli aspetti della sua produzione presentati in mostra della Pinacoteca Züst, fino al 2 ottobre.

e studiato, in un percorso durato quasi due anni, che ha beneficiato anche della conoscenza e della perizia di Mariangela Agliati Ruggia, direttrice della Pinacoteca, e di Alessandra Brambilla, collaboratrice scientifica», illustra la storica dell’arte.

Il risultato si configura nel catalogo, prima monografia scientifica dedicata a Ballerini, e nella mostra, che spazia dai lavori giovanili di gusto Liberty ai primi ritratti, autoritratti e paesaggi eseguiti nel Ticino, sino alla stagione più felice, quella del Realismo magico, con opere che documentano l’interesse di Ballerini per quanto accadeva nella vicina Milano. Presente anche una selezione di manifesti, disegni, una scultura e documenti inediti, dall’archivio privato degli eredi.

«Fra le opere dedicate a Lugano, soprattutto paesaggi e scene cittadine, si distinguono due tipologie. Da un lato una Lugano turistica, con la cattedrale,

il lungolago in un giorno d’estate, Parco Ciani, il bus bianco, i bagnanti che prendono il sole alla Foce del Cassarate, quasi tutti dipinti realizzati negli anni Trenta (in particolare nel 1937): opere fresche, piacevoli, dai timbri squillanti, che devono aver avuto un certo successo fra gli estimatori di Ballerini. A questo nucleo se ne aggiunge un altro, con paesaggi dei dintorni luganesi così tanto cambiati da non riuscire più a riconoscerli, un Cantone Ticino che non esiste più se non in questi brani di pittura realizzati en plein air, senza utilizzo delle fotografie», racconta la curatrice della mostra.

L’allestimento tematico pensato insieme agli architetti Martino Pedroli e Rolando Zuccolo, che già ben conoscevano gli ambienti della Züst, parte dalla sala al primo piano dedicata all’ambito familiare e agli autoritratti. Si prosegue al piano superiore, nella magnifica sala delle Capriate che accoglie diverse sezioni tematiche: paesaggi, nature morte, ritratti di figure illustri legate a storia, politica e cultura del Cantone, ma anche legate alla borghesia luganese e bambini. In particolare, si nota l’abilità di Ballerini nel ritrarre giovani soggetti, colti nella loro spontaneità e vivacità. «A queste opere è legato un aneddoto che tengo a condividere. A pochi giorni dell’inaugurazione,

la direttrice Mariangela Agliati Ruggia ha fatto visita a uno zio, che si è ricordato di avere in casa un ritratto di Ballerini raffigurante il fratello Achille Agliati, scomparso all’età di quattro anni a causa della difterite. L’opera, che il pittore ha dipinto ispirandosi a una fotografia fornita all’epoca dalla famiglia e pure esposta in mostra, è bellissima e anche struggente, e nel confronto fra le due diverse tecniche, fotografica e pittorica, rivela una delle modalità di lavoro dell’artista», racconta Simona Ostinelli, ricordando come Ballerini fosse un eccellente disegnatore e utilizzasse con grande perizia anche il pastello, come attestano diverse opere in mostra, e in particolare La lettura a lume di candela e Il concerto in casa

Al di là dell’eterogeneità di generi e forme espressive esplorate, studiando le carte del suo archivio è emerso il profilo di un artista che trovatosi a lottare nei cosiddetti “anni difficili”, non si scoraggiò mai, dimostrando grande tenacia e un’onestà di fondo in tutti i suoi campi di interesse. «Ha vissuto appieno la sua epoca, con una forma di coerenza e di sincerità che lo hanno portato a volte a crearsi inimicizie che non hanno giovato alla sua carriera di artista», conclude Simona Ostinelli.

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Restituire alla luce

“Libiamo ne’ lieti calici”: con il celebre brindisi de La traviata si aprirà, il prossimo 2 settembre, la nuova stagione artistica del LAC, intitolata La luce dell’ombra, che ne porta ancora più in alto le ambizioni: grandi interpreti che rivisitano il repertorio classico e incursioni sperimentali nel contemporaneo, sedici produzioni proprie, danza e musica, residenze e nuove collaborazioni.

A fare da filo conduttore, il rapporto fra scienza e arti sceniche.

Si è lavorato bene dietro le quinte del LAC. Non sarebbe altrimenti stato possibile concludere la stagione 2021/22, ancora fortemente condizionata dai mesi di totale digiuno pandemico prima, e dalle sale a dieta forzata poi, con risultati eccellenti, addirittura in crescita rispetto alle cifre ante Covid: con oltre 50mila spettatori, si è registrata un sorprendente incremento del 7% del pubblico. Così come non sarebbe stato possibile confezionare per la prossima stagione un cartellone all’altezza dei grandi palcoscenici internazionali, per rilevanza, originalità e varietà delle proposte, con registi, interpreti e compagnie di grande qualità e talento. Malgrado la giovane età - è soltanto l’ottava stagione

che si prepara a inaugurare il 2 settembre con il debutto de La traviata firmata da Carmelo Rifici per la regia e da Markus Poschner per la direzione musicale - il LAC conferma di avere il physique du rôle per attrarre i nomi più interessanti della scena, ma anche per esserne a propria volta protagonista, come dimostra l’alto numero di produzioni proprie e coproduzioni, ben sedici, di cui non poche andranno, insieme a qualche titolo della stagione passata, in tournée nei teatri europei, evidente conferma del loro valore e di un dichiarato intento strategico.

«Negli ultimi due anni, la crisi che abbiamo vissuto ci ha chiamati a riflettere intensamente su quella che sarebbe stata l’avventura teatrale in futuro e non

potevamo che farlo anche attraverso gli strumenti che la pandemia stessa ci ha dato: tecnologia e digitale. Se all’inizio sembravano freddi e ostili, abbiamo imparato a servircene per tornare a porci le domande fondamentali: Che uomini siamo? Come viviamo questo momento storico? Abbiamo fatto le scelte giuste? Quanta responsabilità abbiamo in quello che sta accadendo?», torna a chiedersi Carmelo Rifici, direttore artistico del LAC, ricordando il progetto Lingua Madre. Capsule per il futuro che ha accompagnato i mesi di pausa forzata del 2021. Quella che avrebbero potuto segnare una pericolosa battuta d’arresto per un centro culturale in pieno sviluppo, è invece diventata un’occasione colta con intelligenza per attivarsi

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© David Vinco
a cura di Susanna Cattaneo

con un’iniziativa lungimirante come questa che, senza scendere a compromessi sulla qualità artistica, della tecnologia e del digitale è riuscita a fare un efficace strumento di riflessione e di inedita creatività. «In particolare, grazie ad alcuni partner e collaboratori fra le decine di artisti e intellettuali coinvolti in Lingua Madre, abbiamo aperto un filone che si muove fra filosofia e scienza, entrambe discipline che ci hanno aiutati a trovare un orientamento in questo periodo, che della prossima stagione, come da nostra consuetudine organizzata attorno ad alcuni focus, sarà quello portante», prosegue Carmelo Rifici.

Emblematico di questo approccio un titolo che lui stesso dirigerà, Processo Galileo (in prima assoluta, l’8 e 9 novembre), insieme al regista Andrea De Rosa, come a quattro mani sarà la scrittura, affidata ai drammaturghi Angela Dematté e Fabrizio Sinisi: una sfida artistica e produttiva inedita nel panorama teatrale per confrontarsi con il pensiero del rivoluzionario scienziato fiorentino, spartiacque della modernità occidentale, alla cui luce guardare agli interrogativi del mondo contemporaneo. Una vocazione felicemente sintetizzata dal titolo che si è voluto dare alla stagione 2022/23 del LAC: La luce dell’ombra. «Ovvero, la luminosità che riverbera dall’oscurità, da sempre indagata attraverso l’immaginazione umana, l’arte, la filosofia e, poi a un certo punto, dalla scienza che ha cominciato a puntare con i suoi enormi cannocchiali verso il cielo e con i suoi precisissimi microscopi all’infinitamente piccolo, aiutandoci ad analizzare, vedere e capire ciò che siamo e il mondo che ci circonda e che, di fronte ai continui cambiamenti, ci richiede costantemente di essere ridefinito, di individuare nuove forme di narrazione per raccontarlo. Una direzione lungo la quale proseguiremo anche nelle stagioni successive», spiega il direttore artistico.

Con 70 spettacoli in calendario, un elenco esaustivo delle opere risulterebbe dispersivo. Si è detto del peso specifico raggiunto dalle produzioni proprie che raccolgono una ricca varietà di linguaggi e modalità espressive, non senza proposte pensate per il pubblico più giovane come Le milieu , duetto cantato e danzato della coreografa svizzera Valentina Paley, e 2071 , testo del pluripremiato drammaturgo Duncan Macmillan e

«Repertorio non significa automaticamente classicità: al contrario, i grandi interpreti che vedremo al LAC la prossima stagione danno alle giovani generazioni codici di lettura essenziali per comprendere come portare in scena queste grandi opere rinnovandosi senza sacrificare la bellezza della tradizione»

Dall’alto, due momenti della stagione teatrale del LAC 2022/23: Elio Germano è magistrale interprete di Paradiso XXXIII (15 e 16 ottobre), mentre il talentuoso drammaturgo emiliano Emanuele Aldrovandi esorcizza il presente nel suo L’estinzione della razza umana, in programma il 20 dicembre.

In apertura, un suggestivo momento della coreografia Ce que le jour doit à la nuit di Hervé Koubi, atteso per il 19 novembre.

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Carmelo Rifici, Direttore artistico LAC Lugano Arte e Cultura © Photo Michela di Savino, Nebula Agency per Luminanza © Zani-Casadio

dello scienziato del clima Chris Rapley, una mostra-spettacolo che pone l’accento sul tema del surriscaldamento globale, al centro anche di un’altra regia firmata dal prolifico Carmelo Rifici, Ulisse Artico che si cimenta con un altro grande personaggio catapultandolo dal Mediterraneo omerico al sofferente Mare glaciale odierno. Graditi ritorni sono quello di Anahì Traversi, ideatrice e protagonista del nuovo progetto Amor fugge restando, e della Compagnia Finzi Pasca che, residente al LAC, riproporrà il suo Nuda dopo il successo dell’anno scorso. In tutto sedici proposte, racchiuse in un percorso che muove e torna all’opera: dalla lirica, che dopo il rossiniano Barbiere di Siviglia torna in apertura di stagione con La traviata di Verdi, a quella che si potrebbe definire una grande opera rock, Lazarus, in chiusura il 18-20 maggio: di fatto il primo musical coprodotto dal LAC per un’operazione che porta sui palchi euro-

pei lo spettacolo-testamento musicato da David Bowie.

Guardando alla stagione di prosa nel suo complesso, spicca la presenza di grandi interpreti della scena italiana impegnati nella rivisitazione di alcuni classici: Elio Germano è protagonista di Paradiso XXXIII, Gioele Dix racconta Dino Buzzati, Filippo Dini dirige e interpreta Il crogiuolo, uno dei testi meno affrontati e più crudi del drammaturgo statunitense Arthur Miller. Gabriele Lavia torna a Lugano, protagonista del Berretto a sonagli di Pirandello, testo comico e amaro nell’accezione del suo umorismo, mentre Stefano Accorsi reciterà in Azul, scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca. E ancora: grandi classici come la Maria Stuarda di Schiller, diretto da Davide Livermore, il Riccardo III di Shakespeare (presente anche con La dodicesima notte) interpretato da Paolo Pierobon, all’apice della sua maturità artistica, o il divertentissimo Boston

Marriage di David Mamet. «Sono molto fiero di poter presentare questi nomi sul nostro palcoscenico con continuità nel corso della stagione. Repertorio non significa automaticamente classicità: al contrario, si tratta di interpreti che con il loro lavoro danno alle giovani generazioni codici di lettura essenziali per comprendere come portare in scena queste grandi opere rinnovandosi senza sacrificare la bellezza della tradizione», commenta il direttore artistico del LAC. Spazio anche ai talenti e ai linguaggi del contemporaneo, con appuntamenti che toccheranno anche i palchi della Sala Teatro e del Teatro Foce. Un omaggio doveroso a cento anni dalla nascita a Pasolini, di cui a fine novembre sarà portato in scena un testo complesso nel suo labirintico gioco di incastri e citazioni come Calderón , affrontato da un regista altrettanto visionario come il giovane Fabio Condemi, completato da una giornata di studi in collaborazione

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© Photo Go Daddy Studio © Viviana Cangialosi Compagnia Finzi Pasca

A destra, un’istantanea di Static Shot, una delle coreografie sperimentali presentate dal Ballet de Lorraine il prossimo 21 gennaio al LAC. Nella pagina a fianco, dall’alto a sinistra in senso orario, quattro appuntamenti della stagione 2022/23: Kety Fusco, talento dell’arpa elettrica, l’attesissimo cantautore italo-inglese Jack Savoretti con il suo nuovo album Europiana, Stefano Accorsi con il cast di Azul, scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca, e la cantante israeliana Noa, che si esibirà per la Giornata della Memoria.

con l’Istituto di italianistica dell’Usi e un incontro con Dacia Maraini.

Altro focus tematico, il trittico di spettacoli su disabilità e possibilità del corpo. Tre lavori eterogenei, tra i quali va ricordato almeno Aurora di Alessandro Sciarroni, che finora pochissimi hanno potuto apprezzare dal vivo, malgrado il plauso della critica, per le difficoltà tecniche che pone portare su un palcoscenico questa sorta di coregrafia di una partita di goalball, disciplina paraolimpica praticata da atleti con una disabilità visiva che offre il campo a una poetica riflessione sui codici teatrali.

Alla danza contemporanea il LAC ha deciso di rivolgere particolare attenzione, come ha dimostrato in chiusura della scorsa stagione l’inaugurazione del festival Lugano Dance Project, che dopo il successo raccolto tornerà a cadenza biennale. La programmazione 2022/23 dedicata ai grandi ensemble promette scintille con sei proposte di notevole rilievo: si partirà il 22 ottobre con la Dresden Frankfurt Dance Company, che si affida al linguaggio coreografico spiccatamente moderno e vibrante di Jacopo Godani. Nei mesi seguenti si succederanno il coreografo franco-algerino Hervé Koubi con uno dei suoi cavalli di battaglia, mentre la compagnia del pluripremiato Angelin Preljocaj proporrà un’audace rivisitazione del Lago dei cigni. Altrettanto sperimentale il Ballet de Lorraine, dichiarato Compagnia dell’anno dal sindacato della critica francese. Il pluripremiato bailaor sivigliano Israel Galván giocherà con i canoni del flamenco. Si chiuderà il 2 aprile con la Batsheva Dance Company, per la prima volta a Lugano: fondata da Mar-

tha Graham e dalla Baronessa Batsheva de Rothschild nel 1964, a oggi è la più importante di Israele.

Per la musica, in attesa degli aggiornamenti a settembre, già annunciati i concerti di Angelo Branduardi il 23 ottobre, Jack Savoretti il 16 dicembre, Noa che celebrerà la Giornata della Memoria il 26 gennaio e Massimo Ranieri il 17 marzo.

Novità di quest’anno, l’introduzione di un modello di abbonamento che al prezzo simbolico di 199.- franchi garantisce l’ingresso agli spettacoli di prosa e della scena contemporanea, insieme a un’ampia serie di vantaggi esclusivi anche sul resto della stagione e nei servizi, nel segno della flessibilità e dell’apertura. Una strategia per favorire un nuovo concetto di membership e rendere il centro culturale ancor più accessibile al pubblico, facendolo entrare nella quotidianità della cittadinanza, moltiplicando le opportunità per far scoprire una stagione di al-

tissimo livello e premiare la fedeltà degli spettatori. Con 128 repliche e, oltre agli appuntamenti teatrali, un nutrito calendario di conferenze ed eventi collaterali, le occasioni non dovrebbero mancare. «Ricordandoci che una stagione non è semplicemente un palinsesto di spettacoli, ma un propulsore di idee. Il teatro, con il suo sguardo sulla realtà, ci restituisce qualcosa che altrimenti non riusciremmo a vedere, proprio come, per tornare alla scienza, non riusciremo a esplorare l’universo fuori e dentro di noi se quest’ultima non ci avesse dato gli strumenti per studiare il nostro corpo o quello del cosmo», conclude Carmelo Rifici. E dunque buio in sala e luce alle scene.

Il programma completo e aggiornato è disponibile sul sito luganolac.ch

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© Laurent Philippe

Spettacolare idroelettrico

Cattedrali di cemento che sfidano i limiti di ingegneria e tecnica, le centrali idroelettriche sono un atout per la Svizzera che ha fatto ante litteram delle risorse idriche la propria fonte di energia elettrica principale. Costruzioni spettacolari da ammirare nella loro imponenza e da cui mirare gli imprendibili paesaggi alpini con cui stabiliscono la loro simbiosi. Lo spunto per un viaggio alternativo a partire dal Vallese, loro roccaforte, al Ticino che si distingue con progetti di tutto rilievo.

Con i suoi 285 metri di altezza, a sessant’anni dall’inaugurazione, la Grande Dixence difende intoccato il record di diga a gravità più alta del mondo: un muro da 15 milioni di tonnellate per contenere un bacino di oltre 400mila metri cubi d’acqua, alimentato da 35 ghiacciai. Un capolavoro dell’ingegneria per sfruttare con l’intelligenza e l’audacia del vero progresso quella generosa riserva di energia che la natura mette a disposizione. Il suggello della sagacia svizzera, che sublima i due punti di forza della sua

identità: territorio e innovazione. Il complesso idroelettrico di Grande Dixence, nel Vallese, ne è l’esempio più illustre e monumentale, basti pensare che da solo produce un quinto dell’energia che può essere immagazzinata a livello nazionale, sufficiente per mantenere 400mila economie domestiche. Ogni anno attira oltre 100mila visitatori nei pochi mesi, tra giugno e settembre, in cui è accessibile al pubblico, a un’altitudine di 2365 metri presto avvolta dal gelo. Con la possibilità non solo di percorrere la suggestiva passeggiata a coronamento della diga, ma

anche di farsi condurre da una guida a esplorarne gli interni: la rete di gallerie, i pozzi di ispezione e le immense caverne delle macchine dove le turbine convertono la forza motoria dell’acqua in energia elettrica pronta al consumo.

Un’originale e attualissima meta per un turismo sostenibile nel pieno senso del termine, mentre proprio l’approvvigionamento energetico fa tanto discutere. La Grande Dixence è sicuramente la meta più gettonata, ma molti altri sono gli impianti che si possono visitare in un Paese che ha fatto dell’idroelettrico il

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turismo / destinazioni
riscoprire
da
©
Dixence SA –
:
Grande
Photos
Michel Martinez

In apertura, monumentale con i suoi 285 metri, la Grande Dixence è la più alta diga a gravità del mondo. Racchiude oltre 400 meri cubi d’acqua. Con quattro stazioni di pompaggio e tre impianti di produzione - in foto, sotto a destra, quello di Fionnayproduce circa 2 miliardi di kWh l’anno, ossia il 20% dell’energia di accumulo in Svizzera, pari al fabbisogno di 500mila nuclei familiari, che ne fa la punta di diamante della Svizzera idroelettrica, con il suo epicentro in Vallese. A fianco, una turbina Peyton.

suo punto di forza. Opere monumentali e iconiche, pensate non solo in funzione del loro scopo pratico, ma anche per inserirsi rispettosamente nei paesaggi con cui stabiliscono la loro simbiosi. Se solare, eolico e altre rinnovabili sono oggi alla ribalta dell’energia pulita, è l’idroelettrico a rappresentarne la colonna portante, forte della continuità e delle prestazioni che le altre fonti verdi non possono ancora garantire. In particolare, proprio le centrali di accumulazione permettono di coprire i picchi di consumo che si verificano nei mesi invernali, iniettando nella rete una potenza considerevole in pochi minuti. Oggi, in Svizzera, quasi il 60% della produzione nazionale di energia elettrica viene assicurato proprio dallo sfruttamento della forza idrica (negli anni ’70, prima del nucleare, si raggiungeva addirittura il 90%), quota che la “Strategia energetica 2050” punta a rafforzare ulteriormente, portandola a una media annua di 38600 GWh. Un primato di lunga data, costruito sull’avanguardia delle aziende elettrotecniche svizzere nella trasmissione dell’energia e nell’idromeccanica, tanto che furono due fabbricanti svizzeri, Piccard-Pictet di Ginevra e lo zurighese Escher-Wyss, a battere l’industria americana in casa sua, aggiudicandosi la fornitura delle turbine idroelettriche per l’impianto delle cascate del Niagara a inizio Novecento. D’altronde, la Svizzera è stata fra i Paesi maggiormente elettrificati dagli albori: nel 1902 i suoi impianti elettrici producevano 81,3 kWh pro capite, raddoppiati nel 1907, cifre pari a quelle degli Stati Uniti (81,2 nel 1902, 151,2 nel 1907).

Uno sviluppo inizialmente trainato dalla conversione all’illuminazione elettrica ed esploso attorno a metà del secolo

scorso con la realizzazione degli impianti di grandi dimensioni necessari per sostenere l’impennata dei consumi di elettricità, come è stato il caso delle Ferrovie federali che, scegliendo di abbandonare l’alimentazione a carbone per passare alla trazione elettrica, si sono fatte promotrici

di numerosi progetti, fra cui la realizzazione di impianti idroelettrici propri come quello del Ritom, entrato in funzione già nel 1920 insieme al gemello di Amsteg. Dunque: centrali ad acqua fluente, impianti ad accumulazione e di pompaggio-turbinaggio. Contando quelle con

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© Grande Dixence SA –Photos Heinz Preisig © Grande Dixence SA –Photos : Heinz Preisig

una potenza di almeno 300 kW si arriva a 677 centrali idroelettriche.

E allora perché in quest’epoca di sostenibilità non lasciarsi tentare da una vacanza davvero alternativa, alla scoperta delle più stupefacenti di queste prodezze tecniche e ingegneristiche? Un modo originale per percorrere la Svizzera e ammirarne il paesaggio, in tutta la sua potenza. Grande Dixence. Epicentro il Vallese, che con i suoi 900 chilometri cubi di ghiacci eterni custodisce la riserva d’acqua del Paese. Con 137 dighe fornisce ogni anno più di 10mila miliardi di kWh e ospita alcune fra le più spettacolari centrali idroelettriche. Ad aggiudicarsi tutti gli assoluti, il complesso di Grande Dixence, principale fornitore di energia idroelettrica di Alpiq. Comprende quattro

stazioni di pompaggio - Z’Mutt, Stafel, Ferpècle e Arolla, equivalenti alla potenza di circa 35 locomotive - e tre impianti di produzione - Fionnay, Nendaz e Bieudron, quest’ultimo che già da solo assomma tre record mondali: l’altezza della caduta (1883 m), la potenza per turbina Pelton (3 x 423 MW) e la potenza per polo degli alternatori (35,7 Mva). Altrettanto determinante la parte ‘nascosta’: 100 km di gallerie scavate nella roccia che raccolgono le acque di scioglimento di 35 ghiacciai vallesani grazie a 75 prese d’acqua, dai confini della Valle di Zermatt alla Val d’Hérens, per far girare le turbine ed esser poi restituite al Rodano.

Le origini risalgono agli anni Trenta, quando per rispondere all’aumento di richiesta di energia elettrica venne co-

struita la Prima Dixence. Il sito, nella Val de Dix, offriva le condizioni geologiche e topografiche ideali per diventare un gigantesco serbatoio, senza coinvolgere alcun insediamento né terreni agricoli. Le acque venivano incanalate verso la centrale di Chandoline, a Sion. Successivamente, attorno agli anni Cinquanta, per accrescere la capacità fu il turno della diga di Cleuson, nella parte alta della valle di Nendaz, per lanciarsi subito dopo nella costruzione della Grande Dixence, 350 metri più a valle della diga originaria, andata sommersa in quello che è oggi il bacino artificiale più grande della Svizzera. Nella decina di anni di lavori, il cantiere impiegò tremila operai: al suo apice, nell’ottobre 1954, quasi 1600 uomini - vallesani, confederati e italiani -

L’alleanza fra le rinnovabili è una delle nuove frontiere dell’energia sostenibile per un territorio come quello elvetico. A sinistra, AlpinSolar, il progetto di Axpo e Iwb in via di ultimazione, prevede l’installazione di 5mila pannelli sulle pareti meridionali della diga idroelettrica di Muttsee, nel Canton Glarona, in grado di fornire un plus di energia anche nei mesi invernali grazie alla particolare ubicazione. Sotto, sulle acque del Lac des Toules, il primo impianto solare galleggiante al mondo in ambiente alpino, installato nel dicembre 2019 da Romande Energie.

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© Romande Energie @ Axpo

lavoravano insieme, con turni di 11 ore di giorno e 10 di notte. Eccellenti però le condizioni di impiego a differenza di quanto accadeva di solito: addirittura gli operai omaggiarono lo stabile costruito per ospitarli del soprannome “Le Ritz”, oggi l’hotel-ristorante che accoglie i turisti ai piedi della diga. L’impresa fu titanica, basti pensare che il muro di contenimento assembra 1,3 milioni di tonnellate di cemento: un quantitativo che richiese la produzione a pieno ritmo di nove fabbriche in Svizzera, vagoni speciali per il trasporto e apposite teleferiche in grado di sollevare bidoni da 400 kg per un ritmo di 200 tonnellate all’ora.

Negli anni Novanta la realizzazione del progetto di Cleuson-Dixence, con la centrale di Bieudron, ha permesso di moltiplicare per 2,5 la potenza del complesso. Consigliata la visita guidata che permette di addentrarsi nei suoi segreti. Il coronamento, percorso in cresta alla diga lungo quasi 700 metri a un’altitudine di 2365 metri, accessibile liberamente a piedi o in funivia, offre dal canto suo una vista a 360 gradi sulle Alpi ed è anche il punto di partenza di numerose gite, come il Sentiero degli Stambecchi, itinerario di quattro ore creato dalle società Grande Dixence e Alpiq, in collaborazione con Pro Natura Valais, parte della vasta riserva naturale occupa la Val des Dix.

Mauvoisin. Sempre in Vallese, a soli 5 chilometri di distanza nella Val de Bagnes, Mauvoisin è invece la diga ad arco più alta d’Europa con i suoi 250 metri. Energia, ma anche protezione dalle catastrofi natu-

rali: si iniziò infatti a pensare di costruirla dopo che nel 1818 l’improvviso disgelo del ghiacciaio Giétroz e il cedimento della barriera naturale costruita nel tentativo di contenere l’enorme massa d’acqua creatasi, provocò un’inondazione che fece oltre 40 vittime. Realizzata tra il 1951 e il 1958, nel cuore della seconda riserva naturale più grande della Svizzera, alimenta le quattro centrali idroelettriche gestite dalle Forces Motrices de Mauvoisin, per una produzione di 700 GWh di elettricità all’anno. Può essere visitata in settimana su richiesta, da un minimo di 10 persone.

Dalla vetta, che ospita una mostra fotografica ogni estate, la vista è mozzafiato: il lago turchese, cascate, le imponenti montagne della Val de Bagnes, fra cui il Grand Combin, La Ruinette, il Mont Rogneux, lo Cheilon e valli a perdita d’occhio. Attraverso la riserva naturale si snodano 400

Sopra, due diverse visuali sulla diga del complesso idroelettrico di Emosson, situato sul confine francosvizzero, sulla riva sinistra del Rodano, sopra Martigny, sempre in Vallese, a 1930 metri di altezza, ha la peculiarità di essere sfruttato in comproprietà dai due Paesi (Alpiq ed Edf). È la seconda per capacità di contenimento con 225 miliardi di litri.

km di sentieri escursionistici e 200 km di percorsi per mountain bike. La strada che conduce da Le Chable al Barrage, a 1100 metri, ripida e piena di tornanti è impegnativa ma quando all’improvviso la vista si apre sul lago scintillante, offre un’emozione unica. Suggerito farne il giro: 7 ore per 23 km con la possibilità di pernottare al rifugio Chanrion.

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@ Vallée du Trient Tourisme @ Vallée du Trient Tourisme

Sfruttando il dislivello tra il bacino superiore di Vieux Emosson e quello a valle di Emosson, la centrale di Nant de Drance, appena entrata in funzione dopo 14 anni di lavori, funziona come una colossale batteria. La caverne des machines (sopra) a 600 metri di profondità, ospita sei pompe-turbine ad alte prestazioni, in grado di passare in soli 5 minuti dal pompaggio al turbinaggio a pieno regime. Cerimonia di inaugurazione il weekend del 10 settembre.

di ghiaccio e detriti staccatisi dal ghiacciaio dell’Allalin: la più grave sciagura della Svizzera moderna, lutto che colpì fortemente anche l’Italia da cui erano emigrate la maggior parte delle vittime. Solo mezz’ora più tardi, dopo la fine del turno, nelle baracche sarebbero stati presenti però presenti fino a 700 lavoratori. Una tragedia che sollevò infinite polemiche nel tentativo di attribuire le corrette responsabilità. Nondimeno oggi il luogo merita di essere scoperto e la sua bellezza mai farebbe sospettare l’accaduto. Consigliato il percorso ad anello per mountain bike che parte da Saas-Almagell, tipico villaggio vallesano con i suoi fienili e angoli pittoreschi, e conduce fino al pianoro ai piedi della diga e costeggia le rive del lago per poi ridiscendere.

Un salto in Verzasca. I due terzi dell’energia prodotta in Svizzera dall’idrolettrico proviene, come logico, dai cantoni di montagna: oltre al Vallese, Uri, Grigioni

e Ticino. Non si può dunque non consigliare una visita alle spettacolari dighe di casa. Quella di Contra, in Val Verzasca, è entrata nell’immaginario collettivo - e negli itinerari dei temerari del bungee jumping - con la celebre scena di Golden Eye che vede James Bond (all’occorrenza, Pierce Brosnan), lanciarsi dai suoi 220 metri.

Fu uno dei primi progetti affidato all’allora neocostituito ufficio di ingegneria Lombardi-Gellera di Locarno, permettendo di quadruplicare la produzione di energia e aumentare la potenza addirittura di 12 volte rispetto al vecchio impianto idroelettrico di Tenero. Alla sua messa in funzione nel 1965, con la sua struttura ad arco a doppia curvatura, era una delle più alte e snelle al mondo,

con un volume di calcestruzzo di soli 0,6 milioni di metri cubi, quando le dighe di Mauvoisin e del Luzzone, di altezza paragonabile, ne impiegavano volumi da due a quattro volte superiori.

Quest’inverno, fino allo scorso marzo, si è potuto assistere allo spettacolo dello svuotamento della diga, per la prima volta dopo oltre sessant’anni orfana dei suoi 100 milioni di metri cubi d’acqua per lavori di manutenzione straordinaria. Un’operazione che non ha mancato di attirare molti curiosi anche fuori stagione. Un secolo di Ritom. In Leventina si trova l’altra famosa centrale idroelettrica ticinese, quella del Ritom, che nel 2020 ha festeggiato il secolo di attività: è stata la prima centrale idroelettrica di proprietà

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© Sébastien
Moret
© Sébastien Moret

Anche il Ticino vanta una buona quota di idroelettrico. Sopra, la diga di Contra, in Val Verzasca, passata alla storia per il tuffo dai suoi 220 metri di James Bond in Golden Eye, scatenando la moda del bungee jumping. Sotto, tra un paio di anni entrerà in funzione la nuova centrale del Ritom che sostituirà dopo oltre un secolo quella storica: uno dei più importanti investimenti delle Ferrovie a sud delle Alpi, per circa 250 milioni di franchi.

delle Ffs a entrare in esercizio e si calcola che in cento anni le sue turbine abbiano fatto muovere lungo la linea ferroviaria del San Gottardo alcune decine di milioni di treni, risparmiando quasi 100 milioni di tonnellate di CO2.

Tra un paio di anni la centrale di Piotta

andrà in pensione, sostituita dalla nuova che sta sorgendo al suo fianco e che si qualifica come il principale progetto energetico degli ultimi cinquant’anni in Ticino e uno dei più importanti investimenti delle Ferrovie a sud delle Alpi, per circa 250 milioni di franchi. Prevede due turbine da 60 MW di potenza l’una, rispettivamente per l’approvvigionamento della rete ferroviaria nazionale e di quella cantonale di Aet, oltre a una pompa per collegare il bacino di Airolo con il lago Ritom aumentando la flessibilità produttiva dell’intera catena della Leventina.

All’altro capo del Ticino, le Officine Idroelettriche della Maggia (Ofima), costituite nel 1949, sfruttano le acque tra il bacino del Gries nel Vallese e il Lago Maggiore, producendo in media 1300 GWh annui di energia pulita e rinnovabile, pari al fabbisogno di 250mila eco-

nomie domestiche. Include le centrali di Robiei, Bavona, Peccia, Cavergno e del Verbano. In particolare, la regione del Naret offre svariate possibilità di escursioni, con l’itinerario che dal villaggio di Bignasco conduce attraverso il fitto bosco di abeti che si incontra dopo la diga di Fusio lungo lo stupefacente lago del Sambuco al lago del Narèt e alla capanna del celebre massiccio del Cristallina: costruita ex novo e inaugurata nel 2003, è una pietra miliare dell’architettura moderna d’alta quota, nella zona in cui la Maggia ha le sue sorgenti.

Solare a fior d’acqua. La chiave per il sistema di approvigionamento energetico del futuro è sicuramente l’alleanza fra le rinnovabili e non poteva essere che la Svizzera a offrire l’habitat ideale per una sperimentazione che ibrida idreoettrico e fotovoltaico, sfruttando i muri delle dighe per ospitare i pannelli o, addirittura, gli stessi laghi alpini artificiali per alloggiare parchi solari galleggianti. Questa particolare ubicazione, grazie alle privilegiate condizioni atmosferiche e a pannelli bifacciali che consentono di captare anche la luce riflessa dalla superfice dell’acqua, garantisce un incremento del 50% della produzione di energia rispetto alla pianura e permette di ampliare il potenziale delle dighe, senza i vincoli che imporebbe invece il più complicato connubio con l’eolico. Naturalmente è stato il pionieristico Vallese a realizzare il primo impianto solare al mondo di questo genere in ambiente alpino - altri ne sono stati progettati negli ultimi anni in Giappone, Cina, Francia, Usa, Spagna, ma mai in un bacino idroelettrico in quota - sulle acque del Lac des Toules, a 1810 metri di altitudine, sulla strada che porta al valico alpino del Gran San Bernardo. Installato nel dicembre 2019 da Romande Energie, se oggi è unico nel suo genere potrebbe presto diventare un nuovo standard, senza peraltro ledere al paesaggio (malgrado non manchino le rimostranze della associazioni ambientaliste) considerando come solo il 2% della superficie del lago sia stata occupata da questa sorta di tecnologica zattera di pannelli. Un altro straordinario esempio di simbiosi fra natura e tecnologia, fra territorio e ingegno. E una destinazione da non mancare per un viaggio all’insegna della sostenibilità, in cui ricaricarsi di nuove energie.

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© Schweiz Tourismus/Christof Sonderegger © Ritom SA

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L’accoglienza qui è storia

Da Francesco Borromini al ‘Ticino Camelia Pink’, quello del turismo ticinese è un racconto plurisecolare. Il settore genera oggi il 10% del pil cantonale. Favorirne lo sviluppo significa dare impulso alla crescita economica del Cantone. E il Parlamento ha stanziato infatti un credito quadro di 16 milioni di franchi per quattro anni.

ha registrato un più 24,6%. Il Ticino è stata la regione turistica svizzera con il miglior aumento in percentuale nel 2021. «Interessante è soprattutto il confronto con un anno pre-Covid, il 2019, rispetto al quale il 2021 ha segnato un importante aumento della domanda, pari al 27%. Pur consapevoli della difficoltà di ripetere questi risultati straordinari, i dati già disponiibli sono incoraggianti: da ottobre 2021 a gennaio 2022, con 531mila pernottamenti, abbiamo registrato un incremento del 15% rispetto allo stesso periodo pre-pandemia (2019/2020)», osserva Angelo Trotta.

A fine gennaio 2022 il Ticino beneficiava di una crescita del 71,3% rispetto a gennaio 2021, in linea con la media svizzera (71,4%). «Per il 2022 ci aspettiamo delle cifre tra il +10-15% nel confronto con il 2019 (pre-pandemia)», spiega il direttore di Ticino Turismo.

Èstato fondato nel 1972, con il nome di Ente Ticinese per il Turismo. Divenuto poi Agenzia Turistica Ticinese. I cinquant’anni di Ticino Turismo - nel 2022 - rappresentano una buona occasione per fare bilanci e previsioni del settore. Gli uni e le altre inducono a un certo ottimismo, nono-

stante tutto. «Il 2021 ha fatto registrare al Ticino un record di pernottamenti alberghieri, con un aumento del 51,8% rispetto al 2020, pari a circa 1 milione di pernottamenti in più», esordisce Angelo Trotta, direttore di Ticino Turismo. «Un risultato più che soddisfacente, se si considera che per il 2021 la media svizzera

La crescita dei pernottamenti, nel trimestre invernale, ha riguardato tutte e quattro le Otr-Organizzazioni turistiche regionali, come evidenzia l’Osservatorio del turismo dell’Università della Svizzera italiana (O-Tur); con aumenti maggiori in termini relativi per il Luganese e per il Mendrisiotto e Basso Ceresio, che si sono attestati a un +67,9%, il primo, e +70%, il secondo, rispetto al 2021; a seguire il Locarnese con un +60% e il Bellinzonese con +3,2%.

Quanto agli ospiti, i confederati che hanno soggiornato in Ticino lo scorso anno «sono aumentati del 54,9% rispetto

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turismo/ regioni
L’Hotel Esplanade di Minusio in una immagine d’archivio. © Foto Garbani

all’anno precedente. A partire da giugno 2021, abbiamo constato una ripresa sensibile del turismo straniero, con pernottamenti passati da circa 366mila nel 2020 a oltre 507mila lo scorso anno», commenta Angelo Trotta.

Il 2021 ha segnato un record anche per quanto riguarda l’emissione e l’utilizzo del Ticino Ticket. «Sono stati 766mila i ticket emessi con più di 200mila entrate presso gli attrattori convenzionati. Proprio sulla base del Ticino Ticket (che nel 2022 è diventato digitale) si è constatato che molti turisti arrivati nel 2020 sono ritornati successivamente. Inoltre, degno di nota è l’arrivo di molti giovani e famiglie che hanno soggiornato per periodi più lunghi rispetto agli anni passati».

Dati dell’Ufficio svizzero di statistica (Ust), rivelano che tre città ticinesi si sono posizionate tra le prime quindici località svizzere per numero di pernottamenti. Si tratta di Lugano (8va in classifica), Ascona (10ma) e Locarno (14ma).

Indubbiamente, il coronavirus ha influito e continuerà ad avere una certa influenza sul settore turistico, anche in termini di preferenze espresse dai visitatori, oggi particolarmente sensibili a quattro aspetti: sicurezza, flessibilità, sostenibilità, prossimità. «Tra le altre, si sono delineate alcune tendenze: l’organizzazione di più vacanze brevi nel corso dell’anno, anche in periodi di bassa stagione, e l’incremento della richiesta di tutto quanto ruota attorno al ‘Well-being’, per vacanze all’insegna del benessere, occasione per rigenerarsi a contatto con la natura e per sconnettersi dalla routine quotidiana», spiega Trotta che, per quanto riguarda l’offerta, afferma: «Si continuerà a puntare sulla nuova mobilità ticinese, come pure sugli eventi e sul turismo business, che nell’ultimo biennio hanno sofferto

A destra, testimone di quasi 150 anni di storia ticinese, svizzera e internazionale, il Grand Hotel Locarno è un gioiello architettonico. Icona turistica, fu anche sede, nel 1925, della conferenza di pace nota come il “Patto di Locarno”. Prima sede del Festival internazionale del cinema di Locarno, nel 1946, con il suo parco trasformato per l’occasione nel primo salotto di proiezione all’aperto. In alto, un’immagine d’epoca dell’Hotel Rosa Seegarten a Locarno.

chiusure e limitazioni. Rivestirà un ruolo centrale lo sviluppo di tutta l’offerta escursionistica con un’attenzione particolare al segmento ‘bike’. Focus anche su sostenibilità e digitalizzazione, con l’obiettivo di creare un ecosistema di servizi digitali integrato e all’avanguardia per l’ospite», sintetizza Angelo Trotta.

Quanto al credito quadro di 16 milioni di franchi concesso dal Parlamento cantonale ticinese per la promozione del turismo per i prossimi quattro anni: «Questo credito, esattamente uguale al credito dei quattro anni precedenti, viene riservato in gran parte, come previsto dalla legge sul turismo, alla promozione e al marketing. Ticino Turismo è attivo in Svizzera e su una decina di altri mercati internazionali

con attività promozionali di vario tipo: fiere e eventi, incontri con tour operator, campagne digitali, incontri con i media e viaggi stampa. All’estero Ticino Turismo collabora con Svizzera Turismo. Gli investimenti sui singoli mercati sono proporzionali all’importanza del numero di pernottamenti generati. La clientela nazionale che già in anni pre-Covid generava oltre il 60% dei pernottamenti, continua a essere il perno attorno al quale ruotano i progetti principali. Una parte importante del credito quadriennale viene riservata ai progetti strategici, primo su tutti il Ticino Ticket», nota Angelo Trotta. Nonostante i tanti buoni numeri, è vero che la situazione attuale non permette di abbassare la guardia. Se il Covid

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© Foto Garbani

progetto Interreg DESy (acronimo di Digital Destination Evolution System), saranno introdotte varie iniziative volte a mi-

allenta la presa, gli eventi dell’attualità internazionale preoccupano il settore. Il conflitto russo-ucraino riduce le presenze in Svizzera; e sebbene il turismo proveniente dai due Paesi rappresentasse meno del 2%, non si può trascurare la circostanza che i russi sono dei turisti alto-spendenti», osserva il direttore di Ticino Turismo.

Altri aspetti hanno invece una maggiore incidenza: «Il franco svizzero si sta rafforzando e la propensione ai viaggi in Europa (per esempio dagli Stati Uniti) è scesa. È dunque difficile, oggi, fare delle previsioni. Da un lato il conflitto potrebbe favorire le vacanze a corto raggio, elemento che potrebbe giovare al Ticino come nel periodo della pandemia. Dall’altro lato, però, la situazione genera molte incertezze sui flussi internazionali e su mercati per noi importanti come, appunto, gli Stati Uniti».

Nell’incertezza, non si può rimanere fermi, ad aspettare. «Tutt’altro. Il settore turistico guarda al futuro e, grazie al

Il Ticino è terra di architetti. Che storicamente hanno realizzato le loro opere in patria e anche all’estero. Sono stati proprio loro i primi ambasciatori del Ticino nel mondo. I primi ‘testimonial’. Non è un caso dunque che il primo ticinese illustre a cui sia mai stata dedicata una banconota sia l’architetto Francesco Borromini. Nato a Bissone, fu uno dei maggiori esponenti dell’architettura barocca; operò principalmente a Roma dove, tra l’altro, diresse la costruzione della chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, la sua ‘opus magna’. L’immagine di questa opera campeggia sulla stessa banconota, da 100 franchi, facente parte della serie del 1976, in circolazione fino al 2000.

gliorare l’esperienza degli ospiti, come welcome kit digitali, itinerari sensoriali auditivi e assistenti virtuali. Mettere a disposizione del turista il servizio giusto al momento giusto e, al contempo, permettere alle destinazioni di avere più informazioni sulle abitudini degli ospiti per pianificare investimenti di marketing mirati sono i principali obiettivi del progetto lanciato nel 2019 nell’ambito della finestra Interreg Italia-Svizzera, volta a valorizzare le risorse di cui dispongono le aree di frontiera in una logica di rete», spiega Angelo Trotta.

Nell’ambito del progetto, che si concluderà a febbraio 2023, sono state gettate le basi strutturali che permetteranno, in futuro, un marketing personalizzato, fatto su misura per gli ospiti. Già oggi le destinazioni coinvolte e le strutture d’alloggio aderenti hanno accesso a informazioni in tempo reale sul grado di occupazione delle camere. Possono così mettere in atto azioni di promozione basate sulla fluttuazione delle prenotazioni.

Per i 50 anni dalla sua fondazione, Ticino Turismo festeggia il traguardo con una serie di iniziative sul territorio, «con le quali vogliamo sottolineare la ripartenza del settore dopo un periodo di chiusure e limitazioni, mostrando al contempo come la promozione turistica abbia contribuito a plasmare l’identità di una regione», evidenzia il direttore.

Tra le iniziative, si annoverano il libro Immagine Ticino, curato dal giornalista Michele Fazioli e dal team di Ticino

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Soggiorni turistici in Ticino

Offerta turistica, domanda turistica, secondo la provenienza degli ospiti, e durata media di soggiorno, dal 2015 al 2020

Pernottamenti settore alberghiero secondo la categoria di stelle, in Ticino, nel 2005, 2019 e 2020 (in mia)

Abitazioni di vacanza

Offerta turistica censita, domanda turistica, secondo la provenienza degli ospiti, e durata media di soggiorno, in Ticino, dal 2016

Fonte: HESTA, UST

Un ottimo 2021 ha fatto registrare al Ticino un record di pernottamenti alberghieri, con un aumento del 51,8% rispetto al 2020 (circa 1 milione in più). Nel confronto con un anno pre-covid, il 2019, il 2021 ha segnato un importante aumento della domanda, pari al 27%.

Turismo e la mostra itinerante Saluti dal Ticino. Cinquanta manifesti ritraggono la bellezza del Sud delle Alpi in un dialogo tra passato e presente. A 25 opere realizzate in vari periodi del Novecento, vengono affiancati 25 manifesti firmati da artisti contemporanei. A fine settembre verranno premiati i tre manifesti attuali più votati dal pubblico. Mentre il libro Immagine Ticino ripercorre mezzo secolo di vita ticinese alla lente della politica turistica cantonale fra il 1972, anno di nascita dell’Ente Ticinese per il turismo, e il 2022. Se negli anni Settanta la politica turistica ticinese si è strutturata, proprio con la nascita dell’Ente, in modo organico, la vocazione turistica delle terre ticinesi risale in realtà a secoli addietro. Ai primi viaggi da parte dei visitatori che, nel Settecento, affrontavano il Grand Tour verso il Sud dell’Europa e, scendendo dal San Gottardo, si fermavano anche in Ticino. La vocazione ha avuto il suo exlpoit con l’inaugurazione nel 1882 della galleria ferroviaria del San Gottardo, con il conseguente impulso alla comunicazione NordSud e anche alla vita socio-economica del

Ticino. Molti scoprirono e apprezzarono il Cantone, considerandolo una sorta di anticipo di meridione, con i suoi paesaggi e clima, borghi e tradizioni. Si inaugurò una stagione di aperture di grandi alberghi, si intensificò la navigazione sui laghi Ceresio e Verbano, nacque il concetto di ‘Sonnenstube’, un mix di natura (sole, palme, camelie), scorci (villaggi arroccati, placide rive del lago), gusti (vino, risotto, polenta), di atmosfere e di accoglienza. Proprio per rappresentare il Sud delle Alpi con le sue bellezze, Ticino Turismo e l’azienda americana Pantone Color Institute hanno definito cinque colori: i ‘colori del Ticino’, realizzati tramite un sistema di intelligenza artificiale e con la consulenza dell’architetta ‘multicolore’ Eleonora Castagnetta, che mostrano quanto siano diverse ed eclettiche le regioni del Cantone.

In base alle tonalità più ricorrenti in ogni regione, sono state elaborate le nuove cromie: Ticino Camelia Pink (un dinamico rosa con punte di rosso la cui intensità ricorda le aiuole di camelia nei giardini della regione), Brissago Blue (una tonalità blu brillante che trasporta im-

mediatamente nelle cristalline acque che circondano il magico paradiso delle Isole di Brissago), Bellinzona Fortress Grey (una tonalità di grigio calda tendente al ‘talpa’, caratteristico della roccia naturale e della pietra utilizzati per erigere i tre castelli medievali), Lugano Sunset Orange (un’affascinante tonalità arancione legata alle sensazioni di energia radiosa e alla presenza raggiante del sole estivo sul lago di Lugano) e Valle di Muggio Green (rappresentativo del rigoglioso fogliame e della ricca biodiversità che esistono solo nell’idilliaca Valle di Muggio).

Per concludere. Come ha sintetizzato il presidente della Confedeazione Ignazio Cassis, nella prefazione del libro Immagine Ticino: “Parlare, scrivere o occuparsi di turismo significa riflettere sulla nostra identità, ma anche donarne un pezzetto a chi decide di scoprirci. Il turista ci affida qualcosa di molto prezioso: il suo tempo libero. E noi possiamo riempirlo con le esperienze, gli scorci e le atmosfere che ci contraddistinguono. Chi arriva è in continuo dialogo con chi accoglie, l’uno all’ascolto dell’altro. Questo scambio è anche l’essenza stessa della Svizzera, la cui esistenza si fonda sull’incontro fra culture differenti”.

C M Y CM MY CY CMY K 142 · TM Luglio 2022
Simona Manzione
■ 2005 ■ 2019 ■ 2020 0 250 500 750 1.000     
Offerta turistica Domanda turistica Durata (stabilimenti aperti) media (giorni) Anno Stabilimenti Letti Camere Arrivi Pernottamenti Totale Di cui Totale Di cui dall’estero dall’estero 2015 347 15.993 8.102 1.039.753 411.060 2.180.345 832.493 2,1 2016 336 15.706 7.949 1.090.383 421.232 2.280.339 848.981 2,1 2017 337 15.926 7.995 1.185.118 444.030 2.455.099 889.926 2,1 2018 323 15.582 7.790 1.098.200 442.426 2.270.801 876.206 2,1 2019 327 15.681 7.834 1.110.128 440.602 2.309.518 880.787 2,1 2020 281 14.212 7.041 796.627 159.143 1.933.673 366.758 2,4 Fonte: Ustat
Offerta turistica Domanda turistica Durata censita media (giorni) Anno Abitazioni Letti Arrivi Pernottamenti Totale Di cui Totale Di cui dall’estero dall’estero 2016 2.234 9.563 61.994 15.785 441.095 113.874 7,1 2017 2.219 9.603 67.194 17.126 447.379 115.652 6,7 2018 2.122 9.200 61.117 16.091 406.866 108.253 6,7 2019 2.135 9.389 64.403 18.015 401.807 109.741 6,2 2020 2.140 9.354 73.812 8.605 470.096 60.214 6,4 Fonte: Ustat

Crossover all’avanguardia

Eleganza e comfort, design innovativo, dotazioni tecnologiche avveniristiche e motori elettrici con performance sempre più competitive. Le ultime tre novità del settore crossover.

Bmw

Doppio rene gigante sigillato e privo di aperture e niente scarichi non lasciano dubbi, questo è un Suv elettrico. La nuova Bmw iX anticipa il futuro corso della Casa di Monaco con tecnologie aggiornate e soluzioni di design del futuro. Lunga 4,95 metri, ha dimensioni simili alla Bmw X5, ma non deriva da un’auto a motore termico bensì da una piattaforma appositamente studiata. Due le versioni, xDrive40 oggetto del nostro Testdrive, e xDrive50, entrambe a trazione integrale e limitate a 200 km/h. La xDrive 40 ha 326 cavalli e 425 km di autonomia, attaccata a una presa a corrente continua di 150 kWh recupera l’80% in una trentina di minuti. La iX xDrive50 invece ha 523 Cv e un’autonomia fino a 630 km e brucia lo 0-100 in 4,6 secondi, anche qui basta un pit stop di 35 minuti per recuperare l’80% con presa in corrente continua

veloce. La Bmw iX adotta le tecnologie più avanzate disponibili della casa automobilistica, computer potenti, software più evoluto per l’infotainment, connettività più avanzata con rete 5G e persino la dotazione di sensori più sofisticata di aiuto alla guida.

Lo scudo con il doppio rene, non è un semplice coperchio in plastica, ma un vero concentrato di tecnologia. Al suo interno ci sono serpentine elettriche riscaldanti, come nel lunotto, per eliminare condensa, appannamento ed eventuali accumuli di nevischio. La superficie ha un rivestimento speciale, che rimargina i piccoli graffi quando riscaldata dal sole. La nuova Bmw iX è anche un esercizio di stile, specie per gli interni con arredi minimalisti solo in apparenza. La tecnologia è ovunque, ma gioca a nascondino, dai comandi trasparenti a effetto cristallo per infotainment e regolazione sedili, ai

tasti a sfioramento nascosti nel pannello in legno della console centrale. E che eleganza le sottili bocchette di ventilazione orizzontali! Il tetto panoramico opzionale si oscura elettronicamente, altro che tendine motorizzate! Lusso, esclusività, qualcosa di unico, l’abitacolo della iX è una lounge privata dove compiacersi di ogni minuto passato a bordo. Mai visto niente di simile! Un primo assaggio di come diventeranno le auto nell’era della guida autonoma completa, spazi da vivere più che postazioni per guidare. Pochi i tasti, rimpiazzati da comandi vocali e gestuali o touch sulla plancia digitale. Impianti audio sono da urlo, con la punta di diamante del Bowers & Wilkins Surround Sound System da 1.615 W con 30 altoparlanti. Il bagagliaio va da 500 a 1.750 litri di capacità . A partire da Fr. 105.700.- compreso cavo di ricarica e primo anno di Charging Card.

144 · TM Luglio 2022
Bmw iX xDrive40
società/auto
iX xDrive40

Polestar 2

Il nuovo marchio Polestar, nome finora conosciuto per le versioni particolarmente sportive della gamma Volvo, è frutto dell’unione tra Volvo e Geely. Dopo qualche prototipo esposto al Salone dell’auto di Ginevra gli anni scorsi, ora produce eleganti Coupé e berline sportive, che rispetto alla concorrenza offrono una linea inedita, pura e di magnifico design scandinavo degli interni con finiture pregiate. Meno estrema della Polestar1, ibrida ad alte prestazioni con oltre 6oo Cv, la versione Entry level della seconda auto del marchio sportivo della Volvo, Polestar 2 ha uno o due motori elettrici, regala comunque delle sensazioni forti con i suoi 231 Cv che diventano oltre 400 in versione dual motor a trazione integrale. Concepita in Svezia e prodotta in Cina negli stabilimenti della Geely, questa 5 porte di ispirazione Crossover conquisterà sicuramente nuovi fan del settore elettrificato.

Su strada mostra un comportamento su sovrano in qualsiasi situazione, a suo agio sia nei viaggi a lunga distanza che sulle nostre strette strade di montagna, dove la trazione integrale aiuta parecchio. Oltre al suo stile trendy, vanta un abitacolo degno della tradizione scandinava con forme epurate che avvolgono un universo largamente digitalizzato. Allo stesso tempo elementi e materiali riciclati si armonizzano al meglio con modanature in legno di frassino. Molto particolari anche gli specchietti retrovisori senza contorno visibile. Alta da terra come un crossover, ma con la carrozzeria da berlina a cinque porte con un accenno di coda, non ha forme convenzionali ma un look molto personale, spiccano le linee tese e la carrozzeria levigata. Il sistema di recupero dell’energia, può essere regolato a diversi livelli e permette di fare quasi a meno del pedale del freno, dato che la Polestar va in arresto completo se non si riaccelera. A partire da 46.900.- Chf.

Hyundai Ioniq 5 First Edition 4WD Gravity Gold

La Hyundai Ioniq5 è un crossover elettrico medio-grande dallo stile innovativo: tagli decisi, maniglie a scomparsa e fari protetti da una fascia lucida su tutto il frontale. Originali anche le luci posteriori, a piccoli riquadri. Labitacolo è un vero salotto, con ampio spazio e morbidi sedili; quelli anteriori, con supporto estensibile per le gambe, si possono reclinare come una chaise longue. La plancia è minimalista, con due display di 12,3 pollici affiancati all’interno di un unico supporto. I comandi del ‘clima’, separati nella consolle, sono rapidi e comodi da usare. Più che buona la capienza del baule con secondo piccolo vano sotto il cofano anteriore.

Su strada spicca il comfort della Hyundai Ioniq 5, che supera morbidamente le sconnessioni in totale silenziosità. Quattro le motorizzazioni proposte, 170, 217, 235 e 305 Cv, con scatto assai rapido già nella versione da 170, che diventa fulmineo in quella da 305 a trazione integrale come la versione da 235, poiché entrambe montano due motori elettrici, uno per asse. Già la versione base ha una dotazione di serie più che soddisfacente, mentre la più ricca Vertex con interni in pelle è quasi al top del lusso. La nostra versione in test - la First Edition con equipaggiamento completo, dall’head-up display da 44 a realtà aumentata sul parabrezza, trazione integrale con 305 Cv e funzione di ricarica rapida 100 km in 5 minuti ha un’autonomia di 430 km, numerose funzioni di sicurezza e comfort e il colore Gravity Gold Matt, a 1400 franchi.

La versione con batteria 58 kWh è accreditata per 384 km di autonomia, mentre con batteria di 72,6 kWh promette un ulteriore centinaio di km. Per questa vettura elettrica, Hyundai offre una garanzia di 8 anni o 160mila km per la batteria e 5 anni senza limite di km per l’intera vettura. A partire da 59.500.- per la versione First Edition a trazione integrale.

Luglio 2022 TM · 145
Claus Winterhalter Polestar 2 Hyundai Ioniq 5 First Edition 4WD Gravity Gold

businesstobusiness

La selezione mensile di Ticino Management

Outsourcing: opportunità in tempi di crisi

Nestlé, Ubs e Roche; Swisscom, Lindt e Rolex sono le due triplette di marchi elvetici a dominare, secondo il rapporto annuale appena pubblicato da Brand Finance, società di consulenza indipendente leader mondiale nella valutazione e nell’analisi dei marchi, con sede a Londra. Per quanto riguarda la categoria che analizza il valore monetario, tenendo conto anche degli obiettivi strategici aziendali e dei rapporti di borsa, Nestlé rimane di gran lunga il marchio di maggior valore in Svizzera e anche tre dei suoi forti marchi di prodotto figurano nella classifica dei primi 50: Nescafé (7), Maggi (32) e Nespresso (44). Con 19,2 miliardi di franchi svizzeri, il valore del marchio della multinazionale di Vevey è più del doppio del suo rivale, Ubs, con 8,7 miliardi di franchi. Anche Roche ha incrementato il valore del proprio marchio del 18%, passando dal quinto al terzo posto e scalzando Rolex

dal podio. A registrare invece la crescita più rapida in termini di valore, pari all’88%, il marchio orologiero Iwc, nuovo arrivato in classifica (46).

A piazzarsi invece prima per forza del marchio - seconda categoria analizzata, che si pone in un’ottica non finanziaria valutando invece l’importanza del marchio nei confronti di gruppi di interesse e la sua efficacia in uno specifico contesto competitivo, è stata per la prima volta Swisscom, con 88,8 punti su 100. Roche, vincitrice l’anno scorso, è scivolata in terza posizione, seconda Lindt, in forte crescita.

Per informazioni: www.brandirectory.com

La crisi in corso - frutto dell’emergenza sanitaria di questi anni e del conflitto tra Russia e Ucraina - non risparmia le aziende che si confrontano con criticità concrete, sia sociali che economiche. La necessità di impiegare al meglio le risorse interne e concentrarsi sul proprio core business alla ricerca rapida di soluzioni innovative richiede alle organizzazioni un ripensamento delle proprie modalità di funzionamento. Una sfida in cui la posta in gioco sono sopravvivenza e capacità di rimanere competitivi. L’esternalizzazione delle funzioni non centrali per il core business sembra essere una delle chiavi per fronteggiare le difficoltà. Una pratica che già in tempi ‘normali’ correva in aiuto delle imprese e che oggi rivela appieno i suoi vantaggi: esternalizzare significa migliorare la propria efficienza, avere accesso a una qualità di servizio elevata e responsiva alle esigenze che mutano e, non da ulti-

mo, investire le risorse sulle questioni davvero centrali per il proprio business.

Iss Facility Services, in collaborazione con Aiti, ha proposto il 24 maggio, presso il Suglio Business Center, un evento sul tema rivolto a imprenditori, titolari d’azienda e decision-maker. Sono intevenuti Omar Terzi, economista, docente presso il Dti e il Deass della Supsi e l’Istituto della formazione continua di Camorino; Sergio Morisoli, Direttore regionale Iss Facility Services; Andrea Petoletti, Maintenance Manager, Schindler Group Locarno Branch.

Per informazioni: sofia.alacam@aiti.ch www.aitiservizi.ch

Femsa e Valora alla conquista del mercato europeo Aziende

Femsa, azienda che gestisce la più grande catena di minimarket in Messico e America latina con un fatturato totale di oltre 27 miliardi di dollari

nel 2021, ha annunciato un’offerta all-cash per l’acquisto di tutte le azioni, a 260 franchi ciascuna, dell’azienda svizzera Valora, che di punti vendita ne possiede circa 2.700 punti, di piccole dimensioni, situati in località molto frequentate in Svizzera, Germania, Austria, Lussemburgo e Paesi Bassi, con diversi marchi, tra cui k

Kiosk (in foto), Brezelkönig, BackWerk, Ditsch, Press & Books, ed è uno dei principali produttori mondiali di pretzel. Femsa finanzierà l'acquisto fino a 1,2 miliardi di dollari. Valora continuerà ad avere sede a Muttenz (Bl) e assumerà la responsabilità dello sviluppo dei mercati europei per Femsa, che gestisce la più grande catena di minimarket in Messico e America Latina, oltre a

3.600 farmacie in quattro paesi dell’America latina e controlla il più grande imbottigliatore in franchising di prodotti Coca-Cola al mondo in termini di volume delle vendite. È il secondo maggiore azionista del gruppo Heineken ed è quotata alla Borsa valori messicana e alla Borsa di New York.

Per informazioni: www.valora.com

146 · TM Luglio 2022
ASSOCIAZIONE INDUSTRIE TICINESI
Aziende
I protagonisti assoluti fra i marchi svizzeri Aziende

Due giuristi, tre opinioni

Estensione delle pratiche abusive della LCart alle “imprese con posizione dominante relativa” e introduzione nella LCSl del divieto di massima di geoblocco privato.

Le modifiche della LCart (Legge federale su cartelli e altre limitazioni della concorrenza) e della LCSl (Legge federale contro la concorrenza sleale), approvate dal Parlamento il 19 marzo 2021 ed entrate in vigore il 1 gennaio 2022, sono frutto del controprogetto indiretto del Consiglio federale all’iniziativa popolare “per prezzi equi”. Le suddette modifiche prevedono importanti novità, sia per persone fisiche che per imprese. È bene premettere che il campo di applicazione territoriale della LCart e della LCSl si estende a tutte le fattispecie che hanno un impatto sul mercato svizzero, indipendentemente dal luogo in cui esse vengono compiute. Anche le aziende estere, dal momento in cui intraprendono relazioni commerciali con un partner svizzero, sottostanno a queste leggi.

Modifica LCart

Secondo il nuovo art. 4 cpv. 2bis LCart un’impresa ha una posizione dominante relativa nei confronti di un suo partner commerciale (fornitore o acquirente), se quest’ultimo dipende da essa a tal punto da non avere possibilità oggettivamente sufficienti e ragionevolmente esigibili di ottenere eguali condizioni contrattuali da un’azienda terza. Si tratta quindi, a differenza della “posizione dominante” (cfr. art. 4 cpv. 2 LCart), di un fenomeno bilaterale tra due imprese, basato su relazioni di dipendenza individuali ed indipendente dai dati relativi alla strutture ed alle quote di mercato. Un’impresa con posizione dominante relativa dovrà in futuro atte-

nersi alle stesse regole valide per le imprese con posizione dominante, come per esempio al divieto di rifiutare relazioni commerciali senza validi motivi o all’obbligo di astenersi da ingiustificate discriminazioni dei partner commerciali in materia di condizioni contrattuali o di prezzi (cfr. art. 7 cpv. 2 LCart). Con l’introduzione di questa nuova classificazione il numero di imprese che sottostanno ai divieti dell’art. 7 LCart si è esteso, andando a comprendere anche delle Pmi, che in passato non erano soggette a tali divieti. Alle imprese si consiglia quindi di eseguire una valutazione delle proprie relazioni commerciali, al fine di verificare un’eventuale presenza di partner dipendenti. Se viene riscontrata tale presenza, l’azienda dovrà, per esempio, premurarsi che il suo operato non violi la LCart nel momento in cui decide di rescindere un contratto. Allo stesso tempo, l’azienda potrebbe constatare di essere essa stessa dipendente nei confronti di un’altra impresa, situazione questa che, a determinate condizioni, le permetterebbe di ottenere condizioni più favorevoli.

La modifica di legge va inoltre a introdurre un nuovo divieto (art. 7 cpv. 2 lit. g LCart) che, dal punto di vista di un’impresa svizzera nella posizione di acquirente, si riassume come segue: un’azienda estera con posizione dominante o dominante relativa agisce in modo illecito se si rifiuta di rifornire l’impresa svizzera ai prezzi e alle condizioni praticati all’estero, a condizione che il prodotto richiesto sia offerto non solo all’estero ma anche in

Svizzera. Essa sarà perciò tenuta a garantire una fornitura alle condizioni, spesso più favorevoli, in vigore all’estero. Ciò che a oggi l’impresa svizzera non potrà comunque esigere è una spedizione in Svizzera alle stesse condizioni proposte all’estero. Quanto detto pocanzi si applica viceversa per le aziende svizzere (posizione dominante relativa) nei confronti di aziende estere. È bene sottolineare che la violazione di queste disposizioni non comporta, di principio, alcuna sanzione diretta. Con una multa possono invece essere sanzionati coloro i quali, a fronte di una decisione della Comco in merito all’abusività di una pratica, la ripetono.

Modifica LCSl

Lo scopo di questo articolo è quello di evitare l’escamotage utilizzato da venditori esteri nei confronti di clienti svizzeri, che consiste nel reindirizzare quest’ultimi a siti internet dove le merci e i servizi vengono venduti o erogati a prezzi più elevati o a condizioni peggio-

ri rispetto all’estero. Citando l’articolo, agisce in modo sleale nei confronti di un cliente in Svizzera colui che, nella vendita a distanza, senza motivazione oggettiva, per motivi legati alla sua nazionalità, al suo domicilio, al luogo della sua stabile organizzazione, alla sede del suo fornitore di servizi di pagamento o al luogo di emissione del suo mezzo pagamento (a) applica tariffe o condizioni di pagamento discriminatorie, (b) gli blocca o limita l’accesso a un portale in linea o (c) lo reindirizza, senza il suo consenso, verso una versione diversa del portale alla quale egli voleva accedere inizialmente. Sono previste eccezioni per alcuni tipi di servizi. Una discriminazione è per esempio da ritenersi giustificata, se nella vendita a un cliente svizzero il venditore estero deve sostenere costi di spedizione eccessivi o dazi doganali straordinari. Sebbene questo nuovo articolo miri a evitare la discriminazione di clienti svizzeri, non obbliga di per sé il venditore estero a spedire effettivamente una merce o a erogare un servizio in Svizzera.

Sebbene queste nuove misure risultino essere dei validi strumenti per garantire posizioni più solide sul mercato a consumatori e Pmi, rimane comunque incertezza sulla loro applicazione ed esecuzione. A questo proposito, andranno osservate le future decisioni da parte di tribunali nel merito.

Per informazioni: www.giovanigiuristi.ch

Luglio 2022 TM · 147 businesstobusiness
Società
Samuele Celio, membro del Circolo Giovani Giuristi Zurigo.

Un'iniziativa pionieristica

All’inizio del 2022, l’Associazione industrie ticinesi ha lanciato sul mercato una piattaforma online che ha lo scopo di promuovere il benessere delle persone e delle organizzazioni.

Non dobbiamo mai dimenticare che l’impresa è, innanzitutto, una comunità di persone. Per operare al meglio, i collaboratori di qualsivoglia organizzazione devono sentirsi parte integrante della comunità, vivere il rapporto con i colleghi come occasione di stimolo e arricchimento. Insomma, devono stare bene in azienda e andarci volentieri. D’altro canto, per l’impresa il proprio collaboratore non può e non deve essere percepito come un mero prestatore d’opera, bensì come una persona che ha bisogni, desideri, emozioni e affetti. Ed è proprio con l’obiettivo di far star bene le persone in azienda e con l’azienda, che - all’inizio di quest’anno - è nata AITI4Welfare: un’iniziativa innovativa, coraggiosa e ambiziosa, ideata e promossa dall’Associazione industrie ticinesi. Ma di che cosa si tratta esattamente? Lo abbiamo chiesto a Nicola Giambonini, responsabile del progetto.

AITI4Welfare è una piattaforma online, di semplice utilizzo, attraverso la quale le aziende della Svizzera italiana possono offrire prodotti e servizi alle altre aziende e ai loro collaboratori. L’idea è semplice

ma efficace: creare un vero e proprio catalogo di agevolazioni tra le quali scegliere per poter offrire benefits ai propri collaboratori e migliorare così i luoghi di lavoro.

Sono comprese varie tipologie di servizi?

Certo, su AITI4Welfare l’impresa può trovare un’ampia selezione di interventi da attivare, con offerte riservate ai soci: dall’analisi del clima e dei bisogni dei collaboratori alla promozione della salute e della sicurezza; dalla mobilità alla cura degli ambienti lavorativi, oltre a numerose consulenze nel campo delle risorse umane… Insomma, il campionario è davvero vasto.

Sono disponibili anche servizi destinati alla persona?

Sì, sulla piattaforma vi è la possibilità di scegliere tra una vasta gamma di sconti, offerte speciali e convenzioni rivolte, appunto, alla persona: prodotti e servizi per la casa e la famiglia, per i figli e i genitori anziani, per la previdenza e il tempo libero, per la salute e il benessere psico-fisico.

Perché le nostre imprese dovrebbero investire nel welfare aziendale?

Perché le politiche di welfare

aumentano la fidelizzazione di chi lavora in azienda, consolidano l’immagine dell’impresa verso gli stakeholder e migliorano l’attrattività del datore di lavoro. Intraprendere questo tipo di percorso, consente alle imprese di accrescere la propria forza competitiva. Per questo abbiamo voluto realizzare uno strumento che facilitasse loro il cammino: agile, economico, completamente personalizzabile.

Veniamo da due anni segnati dalla pandemia. Abbiamo sentito gli effetti della crisi economica provocata dalle chiusure. Stiamo vivendo momenti di tensione internazionale e di gelidi venti di guerra. Ora più che mai le persone e le imprese hanno bisogno di poter guardare al presente e al futuro con ottimismo e nuova energia. E cosa c’è di meglio che pensare al benessere nostro, dei nostri cari e delle aziende che assicurano il nostro lavoro e la nostra integrazione sociale? Senza dimenticare il benessere del territorio in cui viviamo, che vorremmo vedere prosperare e crescere rigoglioso. Cosa devono fare le aziende che desiderano aderire alla piattaforma, come fornitore

o come impresa-cliente?

Sul sito www.aiti4welfare.ch potranno trovare tutte le risposte e le nostre informazioni di contatto. Ogni azienda che si associa ad AITI4Welfare potrà personalizzare la piattaforma a piacimento: con il proprio logo e i colori aziendali; scegliendo quali benefits mettere a disposizione dei collaboratori; contribuendo economicamente ai costi dei servizi offerti e, non da ultimo, aggiungendovi i fornitori che già offrono facilitazioni ai suoi dipendenti. Non perdiamo un’occasione irripetibile, costruiamo tutti insieme il welfare di territorio!

Per informazioni: www.aiti4welfare.ch

simona.galli@aitiservizi.ch

148 · TM Luglio 2022 Editore Eidos Swiss Media Sagl • Via Lavizzari 4 - 6900 Lugano • info@eidosmedia.ch Redazione Via Lavizzari 4 - 6900 Lugano • Tel. 091 735 70 00 • redazione@eidosmedia.ch Pubblicità Tel. 091 735 70 00 · pubblicita@eidosmedia.ch Abbonamenti Annuo franchi 80.- (9 numeri) • Estero: supplemento postale • Tel. 0041 91 735 70 00 • abbonamenti@eidosmedia.ch businesstobusiness
Aziende
Nicola Giambonini, responsabile del progetto AITI4Welfare.

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