Piramidi tutte da scalare

IMMOBILIARE
Sterzata al valore, la resa dei conti è giunta
ECONOMIA
Strategie di bilancio: una cultura più sostenibile
POLITICA
Una grande Svizzera nella capitale meneghina
FINANZA
La natura del progresso? Avanti, a piccoli passi
AZIENDE
Se l’industria è di precisione, si moltiplica la perfezione
OROLOGI
La tradizione elvetica omaggia l’astronomia cinese





























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Redazione
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Emanuele Pizzatti epizzatti@eidosmedia.ch
Maria Antonietta Potsios - mapotsios@eidosmedia.ch
Eleonora Valli evalli@eidosmedia.ch
Hanno collaborato a questo numero
Ettore Accenti, Alessandro Beggio, Marco Betocchi, Ignazio Bonoli, Simona Galli, David Mülchi, Frank Pagano, Stelio Pesciallo,Rocco Rigozzi, Marco Robbiani, Alessandra Surano, Stephan Tobler, Andrea Ziswiler
Progetto e coordinamento grafico
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Coordinamento Produzione
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Chiusura redazionale: 30 gennaio 2025

La vista delle piramidi

Caran d’Ache
Penna stilografica
YEAR OF THE SNAKE
l’industria della finanza negli ultimi anni si è trovata ad affrontare sfide che sino a poco tempo fa si sarebbero ritenute improbabili, e sotto molti aspetti inconcepibili, che hanno rimesso in discussione equilibri stratificatisi nel corso di decadi, se non secoli. La caduta del segreto bancario è stato solo l’inizio.
Comunicare nell’era digitale, e dunque sempre ‘hic et nunc’, detto altrimenti ‘live’, offre sì incredibili opportunità, a partire dal raggiungere a un costo contenuto un pubblico vastissimo seppur indefinito, ma anche rischi immani, come mai prima nella storia. Se la cifra della comunicazione è diventata l’immediatezza e la velocità, al tempo stesso si deve riuscire a essere esaustivi e precisi, anche in materie complesse e delicate, con il rischio che il termine sbagliato finisca all’orecchio dell’utente sbagliato, che riportandolo storpiato, inneschi... una crisi di panico finanziario, digitalizzato?
Il bene fondamentale delle economie moderne è e rimarrà sempre la fiducia, nei confronti delle istituzioni, delle leggi, delle aziende... delle banche, che sino a prova contraria in ultima istanza saranno sempre persone. Inseguire le mode del momento, in ambiti così delicati, per cercare di scimmiottare una comunicazione più giovane rischia solo di sortire l’effetto opposto. Se anche la comunicazione finanziaria è diventata sempre meno svizzera nei toni, è forse tempo che diventi almeno un po’ più professionale, gestita un po’ meglio da persone un po’ più serie. Senza cadere nella tentazione di supplire aggiungendo qualche ulteriore regola.
Comunicare è l’unico modo per creare fiducia, a patto di farlo correttamente, rivolgendosi nella maniera appropriata, a un pubblico che un minimo conosca. Ci si trova alla base di (almeno) una piramide molto (troppo?) alta da scalare, eppure arrivare in vetta dovrebbe essere il più ambito degli obiettivi. Sarà possibile?
InEdizione Limitata a 88 pezzi
L’edizione ha però anche voluto indagare l’anatomia finanziaria delle istituzioni culturali - ed è solo l’inizio di un percorso -, oltre all’evoluzione che, dopo decenni di tentativi, potrebbe infine archiviare il valore locativo.
Federico Introzzi

*Termini e Condizioni applicabili. Maggiori informaioni su www.alpian.com/it/campaign-terms-of-use/
Linguaggi nuovi


Comunicare in ambito finanziario non è mai stato così difficile, ma al tempo stesso mai più necessario. L’industria è chiamata a raccogliere una sfida inedita nella sua storia, ma se ha molto da guadagnare, i rischi sono altrettanto importanti.
Opinioni
12 Ettore Accenti. La singolarità tecnologica potrebbe essere più vicina del previsto, dunque che fare?
14 Stelio Pesciallo (in foto). Le ombre dei Bilaterali III.

16 Richard Albrecht. A dipendenza di cosa potrebbe accadere durante l’anno le strategie da mettere in campo potrebbero variare molto.
18 Ignazio Bonoli. Il ruolo che le fasce più benestanti della popolazione svolgono all’interno delle economie avanzate non dovrebbe essere sottovalutato.
20 Marco Robbiani. Il sovraindebitamento privato? Una piaga da sanare, parola del Consiglio Federale.
22 Andrea Ziswiler. Lotta ai fallimenti fraudolenti.
24 Stephan Tobler. Aumenta il numero dei pazienti, ma la qualità della riabilitazione stazionaria regge.
Economia
38 Testimonianze. In Spagna scarseggiano le abitazioni, ma gli investitori hanno aumentato gli acquisti.
48 Aziende. Il business dei viaggi d’affari: come renderli privi di rischi e utili per dipendenti e aziende.
54 Immobiliare. Il retail continua a fare i conti con l’onda del digitale. Come regolare la convivenza?


Da sinistra, Christian Pickel, Head of Continental European Pr di Vanguard, Oliver Buomberger, Coo e Deputy Ceo di Saxo Bank Switzerland, Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wm, Laurent Ashenden, Founding Partner di Voxia.
Osservatorio
83 Sfama. Le nuove dell’industria svizzera dei fondi.
84 Obbligazionario. Fondi flessibili per opportunità sostanziali. La via è questa.
86 Macro. Quanto farà davvero Trump di quanto ha millantato di voler fare?

88 Azionario. Titoli di qualità sono una certezza in qualunque fase di mercato, per quanto cari finiscono con il regalare soddisfazioni.
90 Azionario. L’esplosione del caso DeepSeek sta alimentando una fase di incertezza a livello di mercati azionari, con diverse perplessità sollevate dagli investitori. Ma è davvero rivoluzione, o solo una passeggera correzione?
91 Scenari. Passato che è stato il testimone, finalmente un po’ di chiarezza anche da Washington, dove il nuovo presidente qualche segnale lo sta dando.
58 Immobiliare. Viaggio nell’architettura industriale che ha plasmato il territorio ticinese.
Eureka
66 L’imprenditore. La luce dell’innovazione dovrebbe essere la stella polare di chiunque faccia impresa.
68 Start up Una MedTech transalpina lavoraa un approccio rivoluzionario per patologie complesse.
70 Digitale. Dieci comandamenti per i leader di domani, su come affrontare le nuove sfide e avere un approccio proattivo ai potenziali problemi sempre in agguato.
72 Universitari. Stop alle domande di asilo da parte dei rifugiati siriani? È rivoluzione in Europa.
74 Innovazione. BioTech e Intelligenza Artificiale, il cambio di paradigma è già iniziato.
Diplomatici per natura p. 40
Il Consolato generale di Svizzera a Milano è un importante luogo d’incontro e scambio tra economia italiana e svizzera, oltre che di cittadini svizzeri nel Bel Paese. A lato, Stefano Lazzarotto, il Console Generale.

Addio al valore ! p.

50
Il vituperato valore locativo, croce e delizia dell’immobiliare svizzero, potrebbe essere infine giunto al capolinea. Ma quali le conseguenze?
A lato, Paolo Pamini, Senior Manager dei servizi fiscali di PwC a Lugano.
Verso nuovi mondi
A Lugano anche l’arte ha incontrato la finanza, e si sono date appuntamento in maniera innovativa in un palazzo del lungolago. Che sia l’inizio di qualcosa di più o ci si fermerà qui?
A lato, la sede luganese di Credinvest Bank
Finanza
Ripetere la perfezione p. 44
Soluzioni complete e capacità d’innovazione fanno di una realtà locale un leader di settore dell’industria di precisione. Il segreto? Qualità e ripetibilità impeccabili.
A lato, Matteo Castiglioni, Coo di Mikron Machining.

Sfide tutte culturali

p. 98

76 Commiati. È venuta a mancare una figura importante della Piazza ticinese: Bernardino Bulla.
80 Analisi. La congiuntura particolarmente anemica dell’Eurozona inizia a scaricarsi anche sulle Pmi svizzere.
92 Commento. Musk e Trump ok, che bello! Ma quali sono i potenziali rischi dietro l’angolo?
p. 62
Le istituzioni culturali svizzere sono importanti poli, ma altrettanto epicentri di sfide che negli anni stanno diventando molto importanti.
A lato, Ilona Schmiel, direttrice artistica della Tonhalle-Zürich Gesellschaft.
Compagni di viaggio p. 78
Ogni giorno vengono compiuti passi in avanti silenziosi ma sostanziali lungo la strada del progresso, di ogni genere e in ogni ambito. Tutte opportunità per gli investitori più accorti. A lato, Stuart Dunbar, Partner di Baillie Gifford.
Cultura&Lifestyle
94 Orologi . È iniziato l’anno del serpente, e la tradizione orologiera svizzera decide di omaggiarlo in più di un modello.
102 Arte Viaggio alle origini dell’arte italiana, da cui sarebbe nato il Rinascimento. Due capolavori appena restaurati di Cimabue al centro della nuova mostra al Louvre di Parigi.

104 Fotografia. Immortalare l’anima di ciò che di più inanimato e inanimabile circonda le persone.
108 Auto. L’Alfa Romeo 2000 berlina, che ha fatto storia.
Rubriche
10 Appuntamenti
112 Motori
Cover story
Negli ultimi vent’anni la comunicazione finanziaria ha vissuto una profonda trasformazione, ma...
Eureka
La sezione dedicata all’innovazione, alla tecnologia e al Venture Capital.
Cultura
I protagonisti del grande mondo dell’arte, della cultura e del lifestyle.
Opinionisti
Le voci degli esperti che accompagnano i lettori con costanza.
Finanza
Riflettori accesi su indipendenti, banche e asset management.
Eventi
La sezione web-only dedicata a pre e post eventi.
Economia
Tutti gli articoli dedicati all’analisi di temi economici dalle aziende alla consulenza.
Osservatorio
La rubrica di approfondimento finanziario si amplia.
Speciali
La sezione dedicata a tutti gli Speciali degli ultimi mesi.

OMEGA
Speedmaster Moonphase Meteorite
Lo Speedmaster è uno dei segnatempo più iconici di Omega, avendo partecipato a tutte e sei le missioni lunari. Ad ampliare la collezione è ora il nuovo Speedmaster Moonphase Meteorite, disponibile in due versioni con cassa da 43 mm in acciaio inossidabile e indicazione delle fasi lunari per entrambi gli emisferi.
La perfetta guida dell’internauta. Un vivace dialogo è iniziato, da un lato Ticino Management cartaceo dall’altro suo fratello minore digitale, l’obiettivo? Che siano sempre più connessi. Tra l’uscita di un’edizione e la successiva tutti gli articoli del cartaceo saranno pubblicati a cadenza regolare, insieme a contenuti studiati appositamente per essere nativamente digitali.
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Mirta Francesconi

Potsdam
Kandinsky’s Universe
Ispirati dalle tecnologie e dalle teorie avanzate del loro tempo, come il concetto di quarta dimensione, a inizio Novecento gli artisti, aspirando a spingersi oltre la rappresentazione del visibile hanno sviluppato un nuovo linguaggio di astrazione composto di colori, linee e forme. Con immagini di forme geometriche che fluttuano nello spazio indefinito, hanno cercato di rappresentare temi cosmici e livelli spirituali superiori. Figura centrale di questo movimento artistico fu Wassily Kandinsky, che gettò le basi teoriche con la sua opera Punto, linea, superficie. È lui il perno della mostra con 125 opere di oltre 70 artisti in corso al Museum Barberini di Potsdam, museo privato di Hasso Plattner, il cofondatore di Sap (da cui, ottantenne, si è appena ritirato), un visionario che ha reinventato più volte l’azienda di software tedesca, a oggi l’unico campione digitale europeo di livello mondiale e peso massimo del Dax.
Museum Barberini Fino al 18 maggio 2025
Sulla destra, Outspan, 2008, 190 x 200 x 124 cm, bronzo, 860 kg, fra le diciotto sculture di Tony Cragg in dialogo con gli spazi delle Terme di Diocleziano.
Roma Tony Cragg
Infinite forme e bellissime
La ricerca artistica di Tony Cragg è da sempre concentrata sulle infinite possibilità del disegno e della scultura, in un confronto inarrestabile con la natura, con i suoi processi creativi e le sue strutture evolutive. Infinite forme e bellissime - titolo della mostra che porta diciotto sue creazioni negli ambienti carichi di storia delle Terme di Diocleziano - riprendendo una frase topica di Charles Darwin, evoca
Wassily Kandinsky, Croce bianca, 1922, olio su tela, 100,5 × 110,6 cm Peggy Guggenheim Collection, Venezia (Solomon R. Guggenheim Foundation, New York).
l’inarrestabile entusiasmo dell’artista di fronte alla ricchezza delle architetture della vita, dal microcosmo al macrocosmo, da una parte, e alla meraviglia che suscita il pensiero stesso. Una ricchezza cui corrisponde il fare dell’artista, che può ‘pensare’ e realizzare nuove forme senza porsi limiti nell’utilizzo di mezzi e materiali.
Seducenti, perturbanti e misteriose, le diciotto sculture, in bronzo, legno, travertino, fibra di vetro e acciaio, realizzate da Tony Cragg negli ultimi due decenni, ora rinviando al mondo minerale e vegetale, ora alla geologia e alla biologia, o al mutevole moto delle onde, entrano in sintonia con gli spazi archeologici del complesso monumentale, dimostrando come la sua ispirazione, pur ben radicata nel presente, venga da lontano e con torsioni di tempo sappia collegare il passato più remoto al futuro più distante.
Una straordinaria esperienza estetica che sfida le aspettative tradizionali e acquista nuovi significati, grazie al dialogo tra classicità e contemporaneo, facendo della scultura uno strumento di indagine e non un semplice ornamento.
Museo Nazionale Romano Terme di Diocleziano
Fino al 4 maggio 2025

Lawren S. Harris, Lake Superior, 1923 ca, olio su tela, 111,8 x 126,9 cm, The Thomson Collection dans Art Gallery of Ontario, fra la settantina di paesaggi dipinti da artisti scandinavi e canadesi tra 1880 e 1930, alla Fondation Beyeler.
Berna
Marisa Merz
Ascoltare lo spazio
Dall’alluminio all’argilla, dal rame al nylon, dalla cera al tessuto, le opere di Marisa Merz sono caratterizzate dai materiali quotidiani dell’Arte Povera. Unica donna fra i principali esponenti del movimento sviluppatosi nella tormentata Italia post-industriale di fine anni Sessanta raggruppato intorno agli artisti italiani Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Pino Pascali, Giulio Paolini, Emilio Prini e suo marito Mario Merz, Marisa Merz (1926-2019) condivide con i suoi colleghi l’interesse per le materie prime, il rapporto tra la scultura - nel suo caso il corpo, e in particolare femminile - e lo spazio, e tra arte e vita. Il suo lavoro abbaglia con il silenzio, la poesia e la ricerca della fragilità dell’arte e della vita. Per oltre cinquant’anni ha sviluppato un’opera aperta e personale, come dimostra la retrospettiva che le dedica il Kunstmuseum di Berna, la più ampia in Svizzera dell’ultimo trentennio. La mostra riunisce circa 80 opere, insieme a testimonianze dei primi lavori dell’artista. Ne risulta come Marisa Merz abbia lavorato tornando più volte sugli stessi motivi, materiali e tecniche per avvicinarsi il più possibile alla loro essenza, attraverso sottili e costanti variazioni di scala, forma, materiale, colore ed effetti di superficie. I numerosi volti che ha modellato in cera, argilla o gesso, ricoperto di pigmenti, foglia d’oro o filo di rame, e instancabilmente disegnato e dipinto su ogni tipo di supporto possiedono grande forza dinamica e magnetica. La sua arte ha così portato alla ribalta il potere immaginativo dei materiali ‘poveri’.
Kunstmuseum Bern
Fino al 1 giugno 2025
Merz,

Riehen (Basilea)
Luci del Nord
Le foreste che si estendono a perdita d’occhio, la luce radiosa delle interminabili giornate estive, le lunghe notti invernali e i fenomeni naturali come l’aurora boreale hanno dato vita a uno stile di pittura moderna specificamente nordico di particolare fascino. La mostra con cui la Fondation Beyeler inaugura il 2025 riunisce circa 70 dipinti di paesaggi di artisti scandinavi e canadesi tra il 1880 e il 1930, tra cui capolavori di Hilma af Klint e Ed-
vard Munch. È la prima volta che un’esposizione viene dedicata a questo tema in Europa. Sebbene molti di questi artisti siano celebrati in patria, è probabile che siano una scoperta per la maggior parte dei visitatori.
Protagoniste le fitte foreste di conifere della taiga che si estendono a sud e a nord del Circolo Polare Artico, coprendo gran parte di Scandinavia, Finlandia, Russia e Canada, ma anche gli innumerevoli laghi e fiordi che fanno spesso da contrappeso alla verticalità degli alberi e la luce: le mistiche aurore polari, le infinite giornate estive e, in inverno, l’oscurità delle notti perenni. Nelle loro opere, questi artisti non cercano semplicemente di catturare i paesaggi, ma di dare forma alle loro esperienze emotive, invitando a riflettere sul rapporto tra esseri umani e natura. Organizzata con il Buffalo Akg Art Museum (New York), la mostra si inscrive nella serie dedicata alla pittura di paesaggio moderna dalla Fondation Beyeler, che per l’occasione ha anche commissionato all’artista danese Jakob Kudsk Steensen (*1987) un’installazione che esamina gli effetti della crisi climatica sulla zona boreale creando paesaggi virtuali. Fondation Beyeler Fino al 25 maggio 2025

opinioni / l’esperto di tecnologia
Fantascienza? No, ci siamo
Lo sviluppo tecnologico, il raggiungimento della singolarità tecnologica, e l’ibridazione tra uomo e tecnologia potrebbero presto fornire all’umanità nuovi potenti strumenti... ma?
Potenza di calcolo acquistabile con un dollaro
Evoluzione rapporto prezzi/prestazioni nella computazione al secondo (usd 2023)

Ettore Accenti, esperto di tecnologia. Blog: http://bit.ly/1qZ9SeK
A lato, questo grafico di Ray Kurzweil mostra uno dei fenomeni più emblematici della crescita esponenziale della tecnologia umana. Dal 1935 al 2024 l’aumento della capacità media di acquistare potenza di calcolo è aumentata di 10^19 (ossia di dieci miliardi di miliardi) di volte e continuerà con una crescita annua composita (Cagr) pari al 63,5%.
Computazione/secondo/dollaro costante
Fonte: Ray Kurzweil 24
Ray Kurzweil

È uno dei principali sviluppatori in ambito di Ia. È stato insignito della National Medal of Technology e altre onorificenze. Director of Engineering di Google ne ha sviluppato tecnologie legate al machine learning, al processamento del linguaggio naturale e sistemi avanzati di Ia capaci di comprendere, interpretare e generare linguaggio umano. Google deve a lui lo sviluppo dello strumento per trasformare l’interazione tra uomini e macchine accessibile e utile per milioni di persone. Nel suo ultimo best seller Singularity is near sviluppa la previsione che con l’anno 2029. raggiunta la singolarità, inizierà una nuova era per l’estensione della nostra mente con un collegamento diretto al mondo informatico.
L’intelligenza artificiale è ormai una forza trainante che sta trasformando il mondo. L’integrazione di algoritmi avanzati sta aprendo nuove frontiere, consentendo di affrontare sfide complesse con maggiore efficienza, precisione e sostenibilità.
La sua crescente pervasività solleva interrogativi più ampi sul futuro della società nel suo complesso, soprattutto alla luce delle teorie avanzate dal rinomato scienziato Ray Kurzweil.
Questo anziano visionario, che le ha indovinate tutte nel passato, oggi prevede
che entro il 2029 si raggiungerà la cosiddetta singolarità tecnologica, un momento in cui l’intelligenza artificiale supererà la capacità cognitiva umana collegandosi direttamente al cervello.
Questa prospettiva suggerisce che l’Ia potrà, non solo assistere nel prendere decisioni, ma diventare essa stessa una forza di incomparabile potenza, in grado di consentire di elaborare agli uomini soluzioni innovative e affrontare problemi complessi o irrisolti sino ad ora.
Il mondo, che si definisce civilizzato, è caratterizzato da complessità geopolitiche, sfide esistenziali e rischi operativi significativi che hanno trovato nell’Ia un alleato potente per affrontare problemi in modo più efficace, sicuro e sostenibile e continuerà a farlo in modo esponenziale. Gli algoritmi di Ia, in particolare quelli di apprendimento automatico, vengono utilizzati per analizzare grandi quantità di dati che consentono di prevedere gli effetti di diverse decisioni. Software avanzati sono in grado di generare modelli parametrici che ottimizzano le decisioni stesse e lo faranno sempre più.
Già oggi le grandi quantità di dati generate dalle attività delle persone vengono analizzate utilizzando strumenti di Ia per supportare decisioni strategiche in ogni ambito e alla luce delle prospettive offerte dalla singolarità prevista da Ray Kurzweil, il futuro apre scenari straordinari. Le capacità verranno amplificate oltre ogni immaginazione, grazie alla convergenza tra Ia avanzata e il potenziamento delle capacità cognitive umane interconnesse.
Nell’immediato l’Ia continuerà a evolvere come un supporto indispensabile migliorando la progettazione del futuro grazie a sistemi basati su machine learning e intelligenza predittiva, per poi impennarsi con modalità esponenziale.
Secondo Kurzweil, il 2029 rappresenterà un punto di svolta in cui l’intelligenza artificiale supererà le capacità cognitive umane, dando origine a quella che chiama ‘singolarità tecnologica’. Questo passaggio rivoluzionario non si limiterà a rendere le macchine più intelligenti, ma cambierà la natura stessa del lavoro umano, offrendo una connessione diretta e fisica con il cloud, attraverso interfacce neurali avanzate e già in fase di sviluppo.
Potenziati da questa connessione, gli uomini saranno in grado di accedere in tempo reale a immense risorse elaborative e a banche dati globali. Questo potenziamento permetterà di creare soluzioni innovative: il cervello umano, connesso al cloud, potrà analizzare simultaneamente miliardi di variabili e di scenari, concependo soluzioni impensabili prima.
Si genereranno progetti ‘viventi’: le opere diventeranno strutture dinamiche, progettate per evolversi e adattarsi autonomamente a condizioni ambientali mutevoli. L’intelligenza artificiale diventerà non solo uno strumento, ma un partner creativo. I decisori potranno dialogare direttamente con l’Ia che proporrà soluzioni e le eseguirà istantaneamente.
La connessione tra mente umana e cloud consentirà di sfruttare capacità cognitive amplificate, immaginazione multidimensionale, visualizzazione e manipolazione di ambienti complessi e virtuali immersivi. Sarà possibile un accesso istantaneo a competenze specialistiche potendo attingere direttamente alla conoscenza globale, consultando esperti virtuali o accedendo a librerie di soluzioni già collaudate in una miriade di attività.
L’automazione delle attività ripetitive e l’assistenza dell’Ia, consentiranno di con-
La via del Nanorobot

Con il raggiungimento della singolarità tecnologica, attesa entro il 2029, si prevede sarà possibile stabilire connessioni dirette e wireless tra il cervello umano e il cloud i cui esperimenti sono da tempo iniziati con successo dalla Neurolink di Elon Musk. Tali connessioni consentiranno l’integrazione tra biotecnologia e nanotecnologia, con l’uso di nanobot cerebrali inseriti nel flusso sanguigno che, una volta raggiunto il cervello, si collegheranno a reti cloud avanzate potenziando immensamente le capacità del cervello.
Neurolink, by Elon Musk

Nel 2024 la Neurolink di Elon Musk ha dimostrato nella pratica i possibili risultati della fusione tra il cervello umano e l’ambiente informatico esterno. Si è solo all’inizio di questa simbiosi tra biologia e corpo umano, permettendo ad un tetraplegico tramite un dispositivo e cavi sottilissimi, immersi nella sua parte motoria del cervello, di muovere col pensiero il cursore del computer e governare uno smartphone con una velocità e una precisione superiori a quelle di una persona normalmente dotata. Dedicando fino a 69 ore settimanali di interazione con l’interfaccia cervello computer per istruirla, alla fine il paraplegico è stato in grado di giocare a scacchi con quella che si potrebbe definire sola ‘forza del pensiero’.
centrarsi su compiti strategici, creativi e decisionali. Il nostro ruolo si evolverà in quello di visionari e orchestratori, guidando progetti su scala globale con una inedita consapevolezza ambientale.
In conclusione, in questo futuro potenziato dall’intelligenza artificiale connessa
e dalla singolarità tecnologica, non ci si limiterà a risolvere problemi noti, ma in un modo completamente nuovo. Sarà una rivoluzione che ridefinirà il concetto stesso di progresso, creando non solo cose che risponderanno ai bisogni umani, ma guideranno l’evoluzione della stessa società.
Un accordo che trae in inganno
L’accordo impropriamente denominato ‘Bilaterali III’ instaurerebbe, dietro la facciata del Tribunale Arbitrale, la tutela dell’Unione europea sulla Svizzera, riducendola a una colonia.
Il Prof. Carl Baudenbacher è un riconosciuto esperto di diritto svizzero, europeo e internazionale, già docente all’Università di San Gallo e Presidente della Corte di giustizia dell’Aels. Quando si esprime sui rapporti tra Svizzera e Ue lo fa quindi con cognizione di causa e autorevolezza. Sull’accordo recentemente raggiunto tra la Commissione dell’Ue e il nostro Consiglio federale il suo giudizio è tranciante: questo pacchetto di accordi è fondato su una serie di menzogne.
Già nel 2013, l’allora Segretario di Stato Yves Rossier aveva voluto far credere che la suprema Corte di Giustizia dell’Ue, nell’ambito del sistema studiato per comporre eventuali divergenze tra le due parti, si sarebbe limitata a emettere “pareri non vincolanti”. Questa menzogna è stata ripetuta anche in seguito nonostante che gli stessi Presidenti di questa Corte succedutisi negli anni abbiano più volte affermato il contrario.
Per cercare di correggere la mal parata l’Ue ha escogitato la figura intermedia del Tribunale Arbitrale, che in caso di disaccordo tra le parti nelle fattispecie importanti richiede il parere “vincolante” della Corte europea. È il sistema previsto negli Accordi di associazione tra l’Ue e alcune ex Repubbliche sovietiche o nei rapporti dell’Ue con le ex colonie europee del Nord Africa.
Anche in seguito, con il duo Cassis-Balzaretti, si è proseguito sulla strada tracciata da Rossier, facendo credere che le decisioni verrebbero adottate dal Tribunale Arbitrale, mentre Corte europea si limiterebbe a emettere solo “pareri”.
Dopo il 2020 le fonti dei negoziatori svizzeri non accennano più esclusivamente alla versione dei “pareri” della Corte
europea ma si vuole fare credere che al Tribunale Arbitrale venga assegnato il ruolo principale e alla Corte europea un ruolo secondario. A tal fine ci si serve di un trick semantico: non viene detto che il Tribunale Arbitrale è obbligato ad adire la Corte europea ma che, a seconda dei casi, ci si “rivolgerebbe” a quest’ultima oppure in aggiunta ad altri elementi si “chiederebbe” il suo parere. Non viene in tal modo menzionato che la Corte europea deve essere adita nella maggior parte dei casi e che il Tribunale Arbitrale deve applicare la sua decisione senza se e senza ma.
Non dovrebbe meravigliare quindi che nell’opinione pubblica si sia fatta strada l’idea che il proposto Tribunale Arbitrale assumerebbe una posizione alla pari con quella della Corte europea. E dalla circostanza che al Tribunale Arbitrale verrebbe assegnata l’ultima parola viene tratta la conclusione che la sua posizione sarebbe quella definitiva.
Questa interpretazione è però insostenibile. Sarebbe come dire che il Tribunale cantonale, la cui decisione è stata respinta dal Tribunale federale (Tf) con l’invito di emettere una nuova decisione ai sensi dei “considerandi”, avrebbe l’ultima parola in merito. Ma a nessuno passa per la mente di dire che sarebbe libero di decidere ancora una volta sul merito.
Anche sulla vigilanza che verrebbe instaurata sulla Svizzera viene detto il falso.
In tutti i documenti ufficiali svizzeri si fa riferimento al “modello dei due pilastri”, con il quale la Svizzera continuerebbe a esercitare la vigilanza su sé stessa. A tutti gli effetti, invece, sarebbe la Commissione europea la sorvegliante della Svizzera in quanto la stessa può citare la Svizzera unilateralmente, ossia anche senza il suo

Stelio Pesciallo, avvocato e notaio presso lo Studio 1896, Lugano.
accordo, davanti alla Corte europea. Si vuole inoltre fare credere che quale conseguenza del “modello dei due pilastri” il nostro Tribunale federale rimarrebbe competente sull’interpretazione del diritto svizzero e la Corte europea competente per quello interno all’Unione. Vero è invece che quest’ultima deterrebbe il monopolio interpretativo sui contratti bilaterali divenendo pertanto il tribunale extraterritoriale della Svizzera.
Falso è pure affermare che le competenze del nostro Tf rimarrebbero intatte. In effetti la Commissione dell’Ue può in ogni tempo portare davanti alla Corte europea una decisione in merito del nostro Tribunale Federale, che così diverrebbe un tribunale di seconda classe, il che violerebbe la nostra Costituzione federale.
È ormai notorio che l’Ue vuole imporci l’adesione a questo accordo con discriminazioni e minacce contravvenendo platealmente ai valori di cui si fa vanto, in particolare al principio dell’indipendenza della giustizia.
Se questo accordo dovesse passare, la Svizzera si vedrebbe trattata alla stessa stregua di un paese in via di sviluppo con la sola differenza che mentre questi ultimi percepiscono copiosi aiuti finanziari dall’Ue, la Confederazione si vedrebbe obbligata a versare all’Ue annualmente centinali di milioni a fondo perso.
Dobbiamo concludere per il momento (il seguito alla prossima puntata), che il Consiglio federale con una serie di bugie vuole trasformarci in una colonia dell’Ue sfruttando il buon nome che i Tribunali Arbitrali si sono fatti nel nostro paese.









Un mondo che svolta
Quali sono le principali tendenze che segneranno i prossimi mesi, e dunque quali sono le risorse strategiche da mettere in campo per garantirsi una serena navigazione?
Il 2025, designato dalle Nazioni
Unite come Anno della Scienza e della Tecnologia Quantistica, segna un momento cruciale nell’evoluzione delle dinamiche globali. Sospeso tra molteplici futuri potenziali, il mondo sta navigando in un panorama di incertezze economiche, politiche e tecnologiche.
Gli Stati Uniti, dopo il risultato delle elezioni dello scorso novembre, hanno preso una brusca svolta verso il protezionismo. La priorità della politica estera transazionale, unita all’instabilità geopolitica e ai trasformativi progressi nel campo dell’intelligenza artificiale, segnalano un anno di cambiamenti significativi. Ma quali sono le tendenze del 2025? Cambiano le dinamiche globali. Un imminente cambiamento della politica statunitense potrebbe frammentare i sistemi commerciali, indebolire le relazioni transatlantiche e ridurre la vigilanza geopolitica. Per gli attori globali, la necessità di adattare le strategie a questo nuovo paradigma è più urgente che mai.
I grandi sconvolgimenti politici del 2024 riflettono i livelli di insoddisfazione degli elettori in tutto il mondo. Globalmente, i cittadini hanno votato per il cambiamento e i Governi devono ora mantenere i loro impegni. A ciò si aggiungono le importanti elezioni in Germania e l’incertezza politica in Francia: l’Europa non può permettersi una tale debolezza nelle sue due maggiori economie.
Nel 2025, il panorama politico globale rimarrà un delicato gioco di equilibri, che richiederà un attento monitoraggio delle mutevoli dinamiche regionali, soprattutto se i punti caldi geopolitici in Europa orientale, Medio Oriente e Asia orientale continueranno a ribollire.
Un approccio più transazionale da parte degli Stati Uniti potrebbe incoraggiare le potenze rivali a intraprendere azioni più audaci. Le ricadute sul commercio, sulla sicurezza e sugli investimenti potrebbero mettere in discussione la resilienza globale e spingere a prepararsi a un ordine mondiale sempre più volatile.
Ia e Green. Nel 2025, la competizione tra Stati Uniti e Cina per la leadership nell’Ia si intensificherà. La deregulation di Trump potrebbe giocare un ruolo chiave nel determinare la capacità dell’America di mantenere il suo vantaggio tecnologico. Tuttavia, questa spinta deve bilanciare l’innovazione con le preoccupazioni sociali, come l’uso etico dell’Ia e il suo potenziale di sconvolgere il mercato del lavoro. L’espansione della leadership statunitense nell’Ia non solo stimolerebbe la crescita economica, ma rafforzerebbe anche le capacità militari in un ambiente globale sempre più competitivo.
La leadership cinese nella tecnologia pulita continua a guidare il panorama energetico globale. I rapidi progressi nel solare, della capacità delle batterie e dei veicoli elettrici non solo affrontano le sfide climatiche, ma diventano anche fondamentali per l’influenza geopolitica.
L’approccio americano alle tecnologie verdi sotto la nuova amministrazione Trump potrebbe concentrarsi meno sulla sostenibilità e più sulla deregolamentazione per accelerare l’innovazione. Se attuate in modo efficace, le riforme in settori quali l’energia, le biotecnologie e l’Ia potrebbero migliorare la competitività americana. Dilemmi post-inflazione. Mentre l’inflazione si è attenuata in gran parte del mondo sviluppato, le sfide fiscali rimangono, soprattutto negli Stati Uniti, dove

l’inflazione di fondo si è rivelata appiccicosa. Le ambiziose proposte di taglio delle tasse di Trump, insieme alle sue promesse di tagliare la spesa federale e aumentare le tariffe commerciali, metteranno alla prova i limiti della politica economica e potenzialmente influenzeranno la politica di taglio dei tassi della Fed nel 2025. Allo stesso tempo, l’ampia spinta della nuova amministrazione verso la deregolamentazione di qualsiasi cosa, dai processi di approvazione dei farmaci alle forniture militari, cercherà di snellire il settore pubblico e di accelerare l’adozione della nuova tecnologia. La capacità di queste riforme di stimolare una crescita sostenibile o di portare a un’esacerbazione degli squilibri fiscali dipenderà interamente, o quasi, dalla loro attuazione. Resilienza tra molti cambiamenti. Il 2025 si preannuncia come un anno di profondi cambiamenti. Una delle lezioni chiave degli ultimi anni è che l’imprevedibilità è una forza costante nelle dinamiche globali. Che si tratti di scoperte tecnologiche, cambiamenti geopolitici o sconvolgimenti climatici, l’agilità sarà una risorsa essenziale per affrontare queste sfide.
In questa era di incertezza, la resilienza e l’anticipazione saranno le chiavi per trasformare il rischio in opportunità e prosperare in un ambiente globale in costante evoluzione. Chi abbraccia questi principi non solo resisterà alle tempeste che ci attendono, ma ne uscirà rafforzato e meglio posizionato per continuare ad avere successo nel lungo termine.
Centri Porsche Ticino Cambio di Management
Il 2025 si è aperto con grandi novità! Da gennaio, Luca Rifuggio, già Direttore del Centro Porsche Locarno, ha assunto la Direzione dei Centri Porsche Ticino, ereditando il ruolo di Ivan Jacoma, impegnato in una nuova sfida professionale. Alla Direzione del Centro Porsche Locarno è subentrata Francesca Sgroi, precedentemente Responsabile Vendita e Marketing del Centro luganese. Il nuovo Responsabile Vendita è Claudio
Capodaglio, già Responsabile delle vetture d’occasione presso il Centro Porsche Lugano.

Luca Rifuggio – Ivan ha fatto tanto per i nostri Centri in questi anni e la stima reciproca e l’ottima collaborazione che intercorrono tra noi hanno posto le basi per un passaggio di consegne entusiasmante. Ora per me è iniziata una sfida stimolante, una bella opportunità in questo periodo di grandi cambiamenti nel settore automobilistico. Mi sono posto come obiettivo quello di implementare nuove strategie di innovazione e sostenibilità, temi su cui Porsche sta investendo molto. Intendo proseguire l’esemplare lavoro svolto da Ivan, cercando di espandere ulteriormente la nostra presenza sul mercato ticinese, ma anche consolidando la soddisfazione dei Clienti grazie ai nostri standard sempre elevati.
Francesca Sgroi – Il nuovo assetto manageriale, risultato di una solida collaborazione e rispetto reciproci, porterà sicuramente ancora più valore e benefici ad entrambi

i Centri. Dopo il grande esempio di Ivan, con Luca continueremo a lavorare insieme per consolidare i risultati raggiunti e costruire nuove opportunità. Essere la prima donna a ricoprire la Direzione di uno dei Centri Porsche Ticinesi è per me un traguardo significativo, non solo per il nostro territorio, ma anche per il nostro settore di riferimento. Spero che la mia passione ed il mio approccio possano ispirare molte altre a considerare questo settore. Mi sento fortunata a lavorare per un’azienda che crede nel valore delle donne.
Claudio Capodaglio – Sono molto fiero di lavorare per questo Marchio, che rappresenta un punto di riferimento nel mondo dell’automobile. Diventare anche Responsabile Vendita è un bellissimo traguardo personale, che mi motiva a dare il massimo per il Centro Porsche Lugano. Questo nuovo ruolo mi offre la possibilità di avere una visione più ampia su tutto il reparto
vendita, e mi impegnerò al massimo per garantire che ogni aspetto del nostro lavoro rispecchi gli elevati standard che i nostri Clienti si aspettano.
Luca, Francesca e Claudio vi aspettano presso i Centri Porsche di Lugano e Locarno per supportarvi con competenza e passione nella scelta del vostro ‘sogno su quattro ruote’!
Per informazioni:
Centro Porsche Lugano
6915 Pambio-Noranco dealer.porsche.com/ch/lugano
Centro Porsche Locarno
6596 Gordola dealer.porsche.com/ch/locarno
Il ruolo dei ricchi
La Svizzera si distingue per una distribuzione della ricchezza meno radicale che altrove, e anche il contributo che i più benestanti offrono al benessere della società è significativo.
Il sorpasso di Elon Musk (428 miliardi) su Benard Arnault (233 miliardi) nella classifica delle persone più ricche al mondo aveva suscitato le solite discussioni sulla pessima distribuzione delle ricchezze. Se ne era del resto occupato il G-20 in Brasile, proponendo una speciale tassazione progressiva, contro la povertà. Secondo un recente studio, una tassa del 5% sui patrimoni maggiori dei 20 Paesi più industrializzati frutterebbe 1,5 trilioni di dollari l’anno.
Cifre che non possono non suscitare più di un motivo per approfittare di queste ricchezze, soprattutto in Paesi molto indebitati e magari anche male amministrati. Non c’è l’intenzione di entrare qui in annose discussioni al riguardo.
Limitandosi al caso svizzero, dalla statistica di Bilanz si nota che la media delle 300 persone più ricche possiede meno di 2,8 miliardi a testa, ben lontana dalle cifre altrui, americane, cinesi, europee...
Anche in Svizzera però i tentativi di aggredire fiscalmente le grandi proprietà non mancano. Per citare i più recenti ricordiamo l’iniziativa detta ‘99%’ che vuole tassare l’1% dei proprietari del 40% del patrimonio totale. Iniziativa già respinta dal Nazionale, tra l’altro, a motivo del fatto che già oggi l’1% dei contribuenti versa al fisco svizzero il 40% del gettito totale. Più incisiva appare però l’iniziativa che propone una tassazione del 50% per le successioni (eredità) che superano i 50 milioni di franchi. Molte aziende temono pesanti conseguenze sul capitale degli eredi che volessero continuarne l’attività. L’idea di trovare così i mezzi , magari per lodevoli iniziative a livello nazionale (o anche mondiale), risulta però di difficile applicazione e potrebbe essere gravida di conseguenze. Si premetta intanto che la
progressività dell’imposta tiene già conto delle differenze di reddito e di capitale, a sua volta già colpito da altre tasse.
In questa “caccia al ricco” si tendono però spesso a dimenticare gli aspetti positivi. Il domenicale della Nzz del 1 dicembre ne offre una rapida sintesi, partendo dalla constatazione che questa tendenza non è nuova. Anzi, già nel medioevo si considerava la ricchezza un peccato. La riforma protestante ha cambiato completamente direzione, attribuendole una ‘predestinazione’. La rivoluzione industriale le offrì un ruolo più profano, ma
«La Svizzera dispone già oggi di un’imposta unica al mondo sul patrimonio (sostanza) che, a livello cantonale e comunale, frutta 9 miliardi di franchi. Qui l’1% dei soggetti paga circa il 51% dell’imposta, mentre il 5% ben l’87»
Marx auspicò la distruzione dei ricchi (cioè del capitale). Più tardi rinacquero tesi di lotta di classe, che però chiedevano di distribuire diversamente le ricchezze e aiutare lo Stato. Tesi di questo tipo vengono utilizzate anche oggi e sollevano il tema di fondo: a cosa servono i ricchi? Le risposte sono molto complesse, ma possono essere così riassunte. Sono in generale buoni pagatori di tasse e imposte e questo grazie anche alla progressività della fiscalità. Quasi ovunque è la fonte principale delle entrate pubbliche. In Svizzera l’imposta sul reddito, ai tre livelli statali, genera un gettito di 66 miliardi di franchi (di cui il 42% circa pagato dal

5% dei soggetti fiscali). Inoltre la Svizzera dispone già di un’imposta unica al mondo sul patrimonio (sostanza) che, a livello cantonale e comunale, frutta 9 miliardi di franchi. Qui l’1% dei soggetti paga circa il 51% dell’imposta, mentre il 5% ben l’87. Infine, un’altra imposta nascosta è quella pagata sui contributi sociali. Per esempio l’Avs prevede un livello massimo per le rendite, ma non per i contributi.
La ricchezza è anche creatrice di posti di lavoro. Le 300 persone più ricche in Svizzera dispongono globalmente di 833,5 miliardi di franchi. La statistica di Bilanz non dice però quanti di questi sono investiti in aziende, che pagano salari, investono in nuove tecnologie, fanno lavorare altre aziende, sostengono ricerca...
Spesso lo fanno anche attraverso fondazioni private, tradizionalmente attive in Svizzera. Si calcola che queste fondazioni gestiscano circa 140 miliardi di franchi e distribuiscano circa 3 miliardi ogni anno. Spesso le eredità dei miliardari vanno a finire in queste fondazioni. Così molto denaro finisce anche nel sociale, nella cultura e nello sport. Sul piano politico, di solito i ricchi non si interessano direttamente della politica (un’eccezione Christoph Blocher), ma sostengono un ambiente liberale e di concorrenza che favorisca la crescita economica. Spesso il loro reddito serve a investimenti, ma il fisco ne favorisce la distribuzione.
La pace sociale, di cui gode la Svizzera, è anche frutto di una mentalità aperta di coloro che detengono il capitale. Da notare infine che questo capitale è spesso composto da azioni e partecipazioni, con i relativi rischi, e non di pure speculazioni.
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Debiti e rinascita
Nel delicato e complesso ambito del sovraindebitamento privato, il Consiglio federale propone delle nuove e interessanti misure di risanamento per le persone fisiche toccate.
Il 15 gennaio 2025, il Consiglio federale ha adottato all’attenzione del Parlamento - con un messaggio governativo propedeutico alla modifica della Legge federale sulla esecuzione e sul fallimento - un’importante proposta legislativa volta a contrastare il problema del sovraindebitamento privato e a offrire, a ben precise condizioni, una seconda opportunità alle persone fisiche gravate da debiti. La proposta introduce strumenti legali che mirano a ristrutturare la posizione dei debitori e dei creditori, con l’obiettivo di ridurre gli effetti negativi del sovraindebitamento sia a livello individuale che sociale.
L’ambito è sicuramente complesso e caratterizzato da sensibilità contrapposte. Da una parte vi è una giusta esigenza di legalità volta alla tutela del diritto all’effettiva tacitazione di un proprio comprovato credito, dall’altra l’impatto (a 360 gradi) di una procedura oltremodo forzata all’incasso dello stesso. Le ramificazioni sono legali, economiche e sociali. Nel suo compendio, il Governo descrive, a giusta ragione, una situazione che deve necessariamente essere considerata con la giusta sensibilità, e meglio: “Contrariamente alla maggior parte degli altri sistemi giuridici occidentali, il diritto svizzero non offre ai privati fortemente indebitati o indigenti la possibilità di risanare durevolmente le loro finanze. Gli interessati non hanno prospettive concrete di condurre nuovamente una vita senza debiti o di disporre di più del minimo vitale previsto dal diritto dell’esecuzione. Questo può ostacolare la motivazione a guadagnare un reddito (più alto) e indurre i debitori a rimanere nella loro situazione precaria, spesso anche nella dipendenza dall’aiuto sociale. La mancanza di prospettive ha un impatto negativo sulla
salute degli interessati e grava anche sulle loro famiglie”.
Da qui, la proposta messa sul tavolo del legislativo non vuole e non può essere confinata all’eccessivo buonismo, ma deve piuttosto essere vista come un agire opportuno e lungimirante, pensato a migliorare - infine - sia la posizione del debitore che quella del creditore.
Fra le principali novità che verranno valutate dal Parlamento, figura l’istituto della procedura concordataria semplificata, pensata per coloro che dispongono di un reddito regolare. Questo strumento consente di ridurre una parte dei debiti previa approvazione della maggioranza dei creditori e omologazione di un giu-
«La proposta del legislativo ricorda come il sovraindebitamento non sia un problema limitato al singolo individuo, ma rappresenti piuttosto una sfida collettiva»
dice, il quale deve valutare la procedura (della durata di sei mesi) come proporzionata. Una volta approvato, il concordato risulta vincolante anche per eventuali creditori contrari. L’obiettivo è garantire un percorso più rapido e strutturato per il risanamento delle finanze personali, con il condono di una parte dei debiti (come in qualsiasi procedura concordataria) senza che sia necessaria la copertura della totalità dei creditori privilegiati.
Una seconda importante misura è la procedura di fallimento risanatorio, destinata a chi si trova in una situazione di insolvenza senza prospettive finanziarie e possibilità di concludere un concordato. In questo caso, il debitore è obbligato a

Robbiani, avvocato e notaio, studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini, Lugano.
cedere tutti i beni disponibili ai creditori per tre anni, dimostrando al contempo il proprio impegno a generare un reddito regolare. Al termine della procedura, se tutti i requisiti sono stati rispettati, i debiti residui vengono estinti, offrendo al debitore la possibilità di ricominciare senza oneri economici.
Successivamente, per un periodo di dieci anni, il debitore non può però avviare alcun nuovo fallimento risanatorio. Rispettivamente, se nei successivi cinque anni dovesse tornare a miglior fortuna, ad esempio grazie a un’eredità o a una donazione, anche tali beni saranno da ridistribuire fra i creditori.
Il Consiglio federale, con l’introduzione del messaggio in questione, ha quindi giustamente rimarcato come il sovraindebitamento non sia un problema limitato al singolo individuo, ma rappresenti piuttosto una sfida collettiva. Questo fenomeno comporta infatti conseguenze che vanno dal peggioramento della salute e del benessere personale a un incremento per lo Stato dei costi sociali e sanitari, rispettivamente una contrazione del gettito fiscale. Questi nuovi strumenti mirano pertanto a ridurre tali impatti negativi attraverso un sistema che favorisca la responsabilità individuale e l’equità, quindi una maggiore sostenibilità sociale ed economica, promuovendo - anche con le misure già introdotte a partire dal 1. gennaio 2025 contro i fallimenti abusivi - un sistema più equilibrato, in grado di tutelare tanto gli individui quanto il tessuto economico del nostro Paese.
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Freno all’abuso del fallimento
Per lottare più efficacemente contro la piaga dei fallimenti fraudolenti, a inizio anno sono state introdotte svariate misure, volte a facilitarne l’identificazione e il perseguimento penale.
La Legge federale sulla lotta contro gli abusi in ambito fallimentare, approvata dal Parlamento nel marzo 2022, è entrata in vigore il 1 gennaio 2025. Scopo del Consiglio federale è stato rafforzare le già esistenti misure in ambito di diritto penale e di diritto fallimentare, volte a prevenire e punire gli abusi che si verificano quando la procedura fallimentare viene sfruttata al fine di falsare la concorrenza e danneggiare i creditori, permettendo all’imprenditore di turno di eludere i propri obblighi, spesso addossando una parte dei costi alle assicurazioni sociali, per poi costituire immediatamente nuove società sotto il proprio controllo, operanti nello stesso settore della precedente società fallita e spesso con le medesime persone e/o attivi coinvolti, protraendo quindi gli illeciti. Fra le svariate misure introdotte a partire dall’inizio di quest’anno, si segnala il miglioramento dell’applicazione di quelle volte a interdire l’esercizio di determinate attività iscritte nel casellario giudiziale (ad esempio, in caso di bancarotta fraudolenta o frode), ora comunicate all’Autorità federale di alta vigilanza sul registro di commercio, al Dipartimento federale di giustizia e polizia e all’Ufficio federale del registro di commercio. Quest’ultimo qualora ritenesse il divieto di esercitare una data attività incompatibile con le iscrizioni esistenti nel registro di commercio dovrà informare il registro di commercio competente, che fra i vari provvedimenti ordinerà la cancellazione della persona interessata. Le autorità fiscali cantonali sono altresì tenute a comunicare ai vari uffici del registro di commercio se una società entro 3 mesi dalla scadenza dei rispettivi termini non ha fornito il conto annuale richiesto in base alla Legge federale
sull’imposta federale diretta. Lo scopo è evidentemente di evitare che le società possano esercitare la propria attività per un periodo prolungato senza tenere la contabilità richiesta, celando un’eventuale situazione finanziaria precaria.
Un’altra misura volta ad aumentare la trasparenza è l’introduzione della possibilità di ricercare nell’indice centrale delle ditte (www.zefix.ch) le persone fisiche iscritte nel registro di commercio, permettendo di comprendere in quali entità giuridiche e in quale funzione esse siano state o siano tuttora coinvolte.
Tra le novità rilevanti in tema di diritto societario, è stata inoltre vietata la possibilità di esercitare una rinuncia (opting-out) alla revisione limitata dei conti retroattiva. Modifica che dovrebbe, tra le altre cose, impedire di escludere la revisione limitata dei conti immediatamente prima di una prevista distribuzione degli utili societari.
Da segnalare come sia stata codificata nel Codice delle obbligazioni la giurisprudenza del Tribunale federale riguardante la nullità del trasferimento di azioni rispettivamente di quote di cosiddette “società mantello”, ovvero società che non esercitano più alcuna attività commerciale, non dispongono più di attivi realizzabili e sono oberate di debiti, in pratica società già liquidate ma che mantengono la loro esistenza formale nel registro di commercio (ovvero il loro “mantello” rispettivamente quadro giuridico). Gli azionisti o gli amministratori cercano di ritardarne il fallimento mediante cambi di sede e modifiche degli scopi sociali, e di trarne ulteriori profitti cedendo le azioni a terzi per un nuovo reimpiego. Con la nuova modifica di legge, viene confermato che tali trasferimenti nell’ambito di operazioni elusive sono nulli e gli organi

Andrea Ziswiler, avvocato, LL.M., partner dello Studio Bär & Karrer (Lugano), autore del presente contributo insieme all’Avv. Rocco Rigozzi, LL.M., notaio, partner dello Studio Bär & Karrer (Zurigo e Lugano).
societari coinvolti rischiano altresì perseguimenti civili per violazione dell’obbligo di fedeltà e diligenza e anche perseguimenti di natura penale. Qualora l’ufficio del registro di commercio riceva una notifica di trasferimento e abbia un sospetto fondato di un trasferimento nullo, può intimare alla società coinvolta di fornire l’ultimo conto annuale firmato e, se la società è soggetta a revisione, revisionato. Se non viene dato seguito alla richiesta o se il conto annuale conferma il sospetto, l’ufficio del registro di commercio rifiuta l’iscrizione. Secondo l’Ordinanza sul registro di commercio, vi può essere un sospetto fondato in particolare se (i) diversi fatti iscritti, segnalatamente scopo, sede, ragione sociale o amministratori sono stati modificati simultaneamente o successivamente; (ii) la società ha lo stesso domicilio legale di una società alla quale è stata rifiutata un’iscrizione nell’ambito dei trasferimenti nulli, o (iii) le persone che trasferiscono o ricevono azioni o quote erano già coinvolte in un trasferimento che ha portato al rifiuto di un’iscrizione nell’ambito dei trasferimenti nulli.
La speranza è che tali misure contribuiscano alla lotta contro l’abuso in ambito fallimentare, tutelando così la piazza finanziaria e i suoi attori. La loro portata dovrebbe però nella pratica essere piuttosto limitata, considerando come questi fenomeni rimarranno difficili da identificare e perseguire.


L’efficacia della riabilitazione
Nonostante l’aumento del numero di pazienti, la qualità delle terapie di riabilitazione stazionaria in Svizzera rimane elevata, come confermano le misurazioni effettuate a livello nazionale.
Riabilitazione muscolo-scheletrica
Misurazione ANQ 2023
Numero di pazienti: 30.789
Malattie più frequenti:
Al di là della volontà di puntare il più possibile su cure ambulatoriali per alleggerire la pressione sul sistema sanitario svizzero, ci sono casi in cui le misure diagnostiche e terapeutiche necessarie a un percorso di riabilitazione richiedono un periodo di degenza per evitare o ridurre le conseguenze di patologie o eventi traumatici sulle capacità funzionali individuali e sulla partecipazione sociale, culturale e professionale.
La misurazione della qualità delle cure offerte, puntualmente monitorata dalle rilevazioni dell’Anq (Associazione nazionale per lo sviluppo della qualità in ospedali e cliniche), conferma come anche nel 2023 le terapie abbiano portato grandi benefici. Tutti i reparti e le cliniche di riabilitazione svizzeri sono chiamati a fornire, rispettando criteri uniformi a livello nazionale, i dati per tutti i pazienti a livello stazionario e dimessi nell’anno.
Analizzati per ogni istituto e posti a confronto con la rispettiva media nazionale, i risultati mostrano come, nonostante l’aumento del numero di pazienti, la
qualità delle cure offerta dalle strutture specializzate svizzere sia rimasta elevata. In tutti i nove settori di riabilitazione presi in considerazione - riabilitazioni geriatrica, internistica, cardiologica, muscolo-scheletrica, neurologica, oncologica, paraplegiologica, psicosomatica e pneumologica - dalle misurazioni che rilevano il cambiamento dello stato di salute dei pazienti durante le cure stazionarie emergono i grandi progressi compiuti tra ammissione e dimissione.
Complessivamente, sono stati documentati 95.632 casi, oltre duemila più del 2022, ma nonostante l’incremento le cliniche sono riuscite a garantire una qualità costantemente elevata. I miglioramenti in termini di capacità funzionale, prestazione fisica, partecipazione, disturbi somatici, ansia e depressione, nonché qualità di vita dal punto di vista della salute sono analoghi a quelli registrati nel 2022. Si può portare l’esempio della riabilitazione muscolo-scheletrica, il settore che conta il maggior numero di casi di cura, 30.789, quasi mille più dell’anno precedente. I gruppi di pazienti più rappresen-

Stephan Tobler, responsabile settore Riabilitazione per le misurazioni dell’Anq. A lato, l’esempio dell’efficacia della riabilitazione muscolo-scheletrica.
Misurare la qualità
Conformemente alla LaMal, su mandato delle organizzazioni aderenti l’Anq coordina ed effettua a livello nazionale misurazioni uniformi della qualità nei settori della medicina somatica acuta, della riabilitazione e della psichiatria, i cui risultati resi noti pubblicamente (anq.ch) consentono a ospedali e cliniche di indagare l’efficacia dei trattamenti e migliorare ulteriormente la loro qualità. I suoi membri sono H+, gli Ospedali Svizzeri, santésuisse, prio.swiss, gli assicuratori sociali federali, i Cantoni e la Conferenza svizzera delle direttrici e dei direttori cantonali della sanità.
tati sono persone con artrosi all’articolazione del ginocchio (gonartrosi, 23,5%) o alle prese con i postumi di un infortunio (malattie traumatiche, 21,4%). L’87,5% è stato curato in un ospedale acuto prima di essere trasferito in una clinica di riabilitazione. Come rivela l’analisi del cosiddetto score Avq (attività della vita quotidiana), le terapie di riabilitazione hanno migliorato notevolmente la capacità funzionale dei pazienti: se al momento dell’ammissione lo score in media era di 43,6 punti su un massimo di 60, alla dimissione era di 52,6 punti. Grazie a questo miglioramento, il 94,5% dei pazienti è potuto tornare a casa direttamente dopo la riabilitazione.

Comunicare? Una piramide da scalare

Nel corso di pochi anni l’industria finanziaria è stata chiamata a reinventarsi, in termini di posizionamento, ma soprattutto comunicativi, nei confronti di una clientela che parla molto spesso già oggi un’altra lingua. Sono molte le sfide che comunicare nell’era digitale solleva, sottovalutarle può portare a disastri, considerando che il bene fondamentale dell’intero settore, il sale stesso dell’economia capitalistica, continua a essere la fiducia.
Tempi duri, anni complessi, crisi multiple e continue, in un poco intellegibile intreccio di finanza, economia, tecnologia, demografia, politica, geopolitica, natura… sono innumerevoli le incognite di cui è necessario tener conto, anche nelle più improbabili delle circostanze, e al tempo stesso sempre meno certe le costanti di questo complesso sistema di equazioni. La sintesi? Un gran casino, moderno. Al pari di qualunque altra fase storica si ha evidentemente la scientifica certezza di trovarsi innanzi a cambiamenti epocali, rivoluzioni inedite nella storia umana per portata e impatto, da qui la preoccupazione del come, quando e cosa fare per gestire la situazione, e soprattutto il chi dovrebbe farsi carico di tutto questo. Laddove ciò fosse davvero possibile, organizzando una tavola rotonda ideale e
invitando a parteciparvi i personaggi più rappresentativi di ognuno dei passati 40 secoli, le risposte certo non cambierebbero, con curiose e reiterate analogie.
Pur nella diversità, ogni secolo è uguale all’altro. Ecco dunque che le più che autorevoli preoccupazioni circa il 2000, e del suo Millenium bug, non erano molto distanti da quelle che nell’anno 1000 accompagnavano il Vecchio Continente, e che per semplice comprensibile fortuna non erano state nemmeno ipotizzate nell’anno 0. Ecco invece che la recente emergenza pandemica avrebbe trovato un clima particolarmente fertile nel 1350, gli anni della Peste nera in Asia ed Europa, o nel 170 con la Peste antonina a zonzo per l’impero romano. O anche in positivo, se si pensa agli sviluppi tecnici e tecnologici che accompagnano da millenni l’umanità, con evoluzioni che hanno sì rivoluzionato
il mondo, ma potenziando qualcosa che nella maggior parte dei casi già esisteva, ma che evidentemente quasi nessuno sospettava potesse avvenire.
Guardando all’oggi, internet è certo il sale dell’era dell’informazione, e lo sviluppo tecnologico il suo alfiere, generoso nell’elargire costantemente doni insperati, a sempre più beneficiari, in primis grazie all’esponenziale efficientamento dei processi produttivi. Ma al netto dei dettagli, cosa è davvero cambiato? Pur mutandone le modalità, e in misura importante, forse meno di quanto si pensi. Certo, è tutto più immediato rispetto anche solo a pochi decenni fa, la velocità che la televisione per prima aveva portato è diventata la cifra stessa della notizia, ma è il mondo a essersi globalizzato, l’informazione ha soltanto seguito. Si può dunque parlare di rivoluzione? Forse no.
Pioniere del settore, e di molte delle svolte che nel corso dei secoli successivi ha poi intrapreso, è sicuramente stato Gaio Giulio Cesare, celeberrimo generale e politico (oltre che scrittore) della Roma repubblicana, che per primo si pose una serie di spinosi problemi, e che proprio nello sviluppo di una nuova forma di informazione risolse brillantemente. Come? In primis grazie alla sua opera più celebre, il De Bello Gallico. Primo reportage di guerra, scritto di suo pugno, quale diario della campagna gallica, una guerra durata 9 anni e combattuta tra le attuali Italia, Francia, Svizzera, Germania, Paesi Bassi, Inghilterra... Ma quale ne era il fine, o alternativamente, quali le ragioni?
All’alba della partenza di quella che tutti sapevano sarebbe stata una campagna lunga e complessa, nel 58 a.C. la principale preoccupazione di Cesare era garantirsi appoggio politico (dunque anche finanziario), e popolare per tutta la durata della sua assenza da Roma, che in quanto repubblica ogni anno teneva regolari elezioni per la scelta di magistrati che avrebbero anche potuto ridire del suo operato all’estero, autonomo e parecchio costoso (mantenimento e salario per 60mila legionari). Avendo a disposizione cinque secoli di esperienze pregresse delle difficoltà che una guerra poteva generare, la scelta rivoluzionaria fu sì di inviare resoconti dettagliati e frequenti al Senato, ma renderli anche divulgabili e comprensibili per la popolazione, cui venivano letti per le strade di Roma da una ben organizzata rete di attori. Da qui l’utilizzo della terza persona, che ha fatto storia, e un racconto che per quanto oggettivizzato tendeva a mettere in luce tutte le caratteristiche, tipicamente romane, del generale.
L’intera operazione, di marketing, per quanto coadiuvata da diverse altre, riscontrò un successo straordinario, tanto da consentirgli totale autonomia per nove anni di scontri, e garantirgli al suo ritorno in patria, a Gallia conquistata, una notorietà e benevolenza presso la cittadinanza esponenzialmente accresciuta, e sopravvissuta a venti secoli di storia.
Cesare è stato dunque sì uno dei generali più importanti di ogni tempo, sì un politico accorto e lungimirante, che ha posto le basi per la nascita dell’Impero, ma anche uno straordinario comunicatore che ha per primo rivoluzionato il mondo dell’informazione, come nessuno in precedenza, e ben pochi successivamente.
«L’alfabetizzazione finanziaria nella maggior parte dei casi, indipendentemente dal segmento, può essere migliorata, ed è questo l’obiettivo che dovrebbe avere qualunque vero comunicatore: educare, per accompagnare ogni investitore al raggiungimento del risultato sperato»
Christian Pickel, Head of Continental European Pr di Vanguard
L’espansione di Roma in tre secoli


Thracia
Sicilia
Cyrenaica Creta
Galatia
Cilicia Lycia Syria
Cyprus
Aegyptus
La cavalcata delle App Download di App finanziarie per Paese, raffronto ‘19 - ’22 e per regione
Fonte: Digital progress and trends report 23
La finanza. Se Cesare è stato tra i primi a porsi il problema di come sviluppare una comunicazione efficace con Roma, pur essendo stabilmente a diverse centinaia di Km di distanza, e garantirsi dunque l’appoggio anche finanziario per completare il suo Bello gallico, così nel corso degli ultimi decenni l’industria finanziaria ha
Il primo a porsi il problema di come finanziare stabilmente nel tempo una guerra è stato Giulio Cesare, pioniere della comunicazione finanziaria, che oggi si trova confrontata con un nuovo salto. Le App e-banking sollevano del resto inedite forme di panico... tutte da gestire.

«La comunicazione finanziaria vede tra le sue protagoniste la trasparenza, e la fiducia, da qui la necessità dell’essere efficace. Specialmente le aziende quotate fornendo informazioni puntuali e tempestive possono migliorare la propria credibilità nei confronti del mercato, e di tutti gli stakeholder»
Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management
Il rapido diffondersi delle App digitali anche in ambito bancario apre le porte a una nuova tipologia di istituti, al momento confinati in una nicchia di mercato, ma che in pochi anni si sono ritagliati quote importanti, puntando soprattutto sui Paesi emergenti, e sulla clientela più giovane, meno interessata a quanto gli istituti tradizionali offrono, e che soprattutto comunicano.
vissuto una fase di profonda trasformazione, ben lungi dall’essere conclusa. «Si può dividere l’evoluzione della comunicazione dell’industria in tre distinte fasi, in ordine cronologico. Il primo importante cambiamento si è verificato negli anni Ottanta e Novanta, con la diffusione del computer e delle prime piattaforme per connetterli, mi riferisco a Quick, Reuters e successivamente Bloomberg, che hanno reso accessibili le informazioni in tempo
reale agli operatori di mercato, seppur ancora rudimentalmente. Dal 2000 con la diffusione di internet è caduto questo ‘monopolio’, e le informazioni sono state messe a disposizione del grande pubblico, il che ha stravolto tutti gli equilibri precedenti tra operatore, intermediario e cliente. Siamo oggi agli arbori della terza fase, l’introduzione dell’intelligenza artificiale che probabilmente sarà un altro fondamentale spartiacque», esordisce così Fabio Poma, Vice Presidente dell’Associazione Svizzera dei Gestori (Asg) e Managing Director di Wullschleger Martinenghi Manzini Group di Lugano. Se dunque da un punto di vista più tecnico ci si trova nell’imminenza di un nuovo importante sviluppo, cambiamenti significativi si sono verificati anche in ambiti più sottili. «Sino ai primi Duemila, ad esempio la Crisi del 2008, la matrice della comunicazione della finanza globale era tipicamente elvetica, con discrezione e riservatezza al suo centro. L’evoluzione del quadro normativo, dunque maggiore trasparenza, e l’ascesa delle piattaforme digitali ha invece democratizzato il settore, dando accesso alle informazioni a quasi chiunque. Informazioni, oltre che prodotti, dunque dalle semplici azioni e obbligazioni, a prodotti più complessi. Per fare un esempio, oggi le nostre piattaforme mettono a disposizione della clientela oltre 71mila prodotti in tutte le asset class», rileva Oliver Buomberger, Coo & Deputy Ceo di Saxo Bank Switzerland. Democratizzare il mercato ha del resto anche avuto altri effetti, in primis la nascita di nuovi operatori, bancari e non, molto meno legati alla tradizione di quanto non fossero gli istituti più storici. «È sicuramente aumentata la concorrenza interna ed esterna al settore, a livello nazionale e internazionale, con l’affacciarsi sul mercato di nuove categorie di operatori, provenienti anche da altre industrie. Parallelamente è cambiata una parte della clientela, i valori cui si ispira, con il tramonto della tradizionale discrezione svizzera, a vantaggio di un’attenzione estrema alla performance. La possibilità di raggiungere direttamente il cliente finale con i propri prodotti, senza intermediazione, ha spinto a un forte cambiamento della comunicazione di molti operatori. Prodotti passivi e finanza sostenibile hanno introdotto nel sistema elementi e forme di comunicazione inedite, più educative e specifiche, destinate a una generazione
di investitori più giovani e diversi, sensibili ad altri mezzi e canali informativi», riflette Laurent Ashenden, Founding Partner di Voxia, e Ceo di Ashenden Finance. Questa situazione con tutti i suoi connessi è però altrettanto inedita per l’intera industria, che in poco tempo si è trovata a dover gestire problemi complessi. «Vista da fuori si potrebbe affermare che le problematiche comunicative tipiche di ogni altro settore stiano infine arrivando anche in finanza, che come sempre in passato sta ora ‘rincorrendo’. Il bisogno di comunicare nell’industria si è sempre originato a seguito di un fatto spiacevole, come dimostrano due esempi. Il primo, in Italia, è stato il crack del Banco Ambrosiano a Milano, a fine anni Ottanta. L’esigenza di allora era garantire la sopravvivenza dell’istituto, poi divenuto Ambrosiano Veneto e infine Intesa, alimentando la fiducia presso clienti, investitori e politici. Un secondo caso analogo, in Svizzera, è invece il più recente Credit Suisse, dove una cattiva gestione della comunicazione ha certamente avuto un ruolo, riaccendendo i riflettori sulla tematica», precisa Luca Ronchetti, esperto di marketing e comunicazione finanziaria, già responsabile marketing di Veco Group. Esistono infatti più tipologie di pubblico cui destinare informazioni tra loro diverse, seppur complementari, e secondo linguaggi altrettanto diversificati. «Non si deve pensare sia un problema esclusivo e interno all’industria, comunicare informazioni finanziarie è una questione che tocca da vicino la vita di moltissime aziende, nel loro rapporto con gli stakeholder, e in misura direttamente proporzionale alle loro dimensioni. Un’azienda quotata deve sempre rivolgersi a investitori, azionisti, collaboratori e clienti, e farlo in maniera chiara e concisa, così da alimentare l’indispensabile fiducia che in essa devono avere tutte le sue controparti. A dipendenza delle dimensioni dell’azienda e dello stakeholder i contenuti e i criteri da rispettare possono variare in misura sostanziale, pur restando il principio: trasmettere efficacemente informazioni complesse che rassicurino i destinatari», sintetizza Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management.
La svolta. Nel corso dei secoli la finanza aveva maturato una serie di caratteristiche distintive che l’avevano resa grande, e che in particolar modo avevano trovato nella Svizzera la sua incarnazione, dunque
«Gli istituti più blasonati solitamente godono di una fiducia già consolidata, che devono gestire, presentando spesso problemi di agilità, quelli più giovani, sono sì molto più reattivi, ma mancano di credibilità nei confronti del mercato e della clientela, dunque se la devono guadagnare, sul campo»
Oliver Buomberger, Coo & Deputy Ceo di Saxo Bank Switzerland
Cosa racconta l’anagrafe? Tipologia di istituti cui ci si rivolge (per età)

Cosa racconta l’anagrafe? N. di relazioni bancarie per età (% tot.)
Ma quanto sono soddisfatti?
Grado di soddisfazione del servizio offerto dalla banca principale (Nps. 0-100)
riservatezza e discrezione, ben riassunte da quello che è poi diventato noto quale ‘segreto’. «Erano principi imprescindibili per chiunque, su cui si fondava la forza dell’intera industria, e che inevitabilmente si riflettevano anche nel suo linguaggio comunicativo, dunque essenzialità, assenza di eccessi, con i nudi numeri quali protagonisti, lasciando che fossero loro a parlare. La globalizzazione, la concorrenza, e nuovi attori hanno però rotto
Lo sviluppo tecnologico, e i potenti strumenti comunicativi messi a disposizione degli istituti, specie più giovani e innovativi, ne sta ampliando la clientela potenziale, ma soprattutto (e questo un po’ sorprende) i clienti sono anche mediamente molto soddisfatti del servizio ricevuto, in alcuni casi anche più di quanto non sia con gli istituti più storici e blasonati.

Requisiti di capitale europei
Minimi ed effettivi delle banche europee
«Nella maggior parte dei casi gli indipendenti si trovano alla base della piramide, con una pagina bianca tutta da scrivere, e con una scelta: il minimo indispensabile, la peggiore delle alternative, o attrezzarsi scansando i possibili errori in cui erano incappate le banche un decennio fa»
Luca Ronchetti, Esperto di marketing e comunicazione finanziaria
Evoluzione del Cet1
Contributo per tipologia di elemento
questi equilibri, trasformando il settore, e imponendo nuovi registri linguistici, più trasparenti e soprattutto dinamici», evidenzia Alessandro Brunetti, Vice Direttore e Client Investment Advisor di Banca del Sempione.
■ Pillar 1 Cet1 ■ Pillar 2 req. Cet1
■ At1-At2 ■ Buffer agg.
Fonte: Fsr XI-2024
Fiducia, come?
Variazione dal Q4 2021
■ Rev. ponderazione rischio
■ Totale attivi
■ Cet1 eligible instruments
■ Ricavi non distribuiti
■ Altro Cet1
Fonte: Fsr XI-2024
Come spesso accade, perché un problema venga davvero preso in seria considerazione è necessario si verifichi un disastro, o una qualche crisi particolarmente grave, e mediaticamente consistente. «Per l’industria finanziaria la sveglia è sicuramente stata la Crisi del 2008, che sta avendo ancora oggi riflessi diretti e indiretti sotto un profilo normativo su tutto il settore. Basti pensare a Basilea III, e al dibattito tuttora in corso. Il perimetro della comunicazione finanziaria è stato completamente rivisto, nuovi paletti posti, e requisiti da assolvere al fine di rafforzare la fiducia degli investitori. I contatti con gli investitori si sono intensificati, al pari di quelli con le autorità di regolamentazione, e la reportistica si è arricchita di nuovi supporti per il pubblico più generalista. Tutte cose che prima del 2008 non sarebbero nemmeno state concepibili», chiarisce Guglielmin. Se il susseguirsi di crisi qualche perplessità sulla consistenza, oltre che sull’utilità, dell’impianto normativo certo lo solleva, è indiscutibile che passi in avanti sostanziali siano comunque stati percorsi in quasi vent’anni. «Il caposaldo di queste normative è l’alter ego della fiducia, ossia il rischio. Una comunicazione corretta aiuta a gestirlo, fornendo alle controparti interessate tutti i dettagli sulle strategie di mitigazione elaborate, e nei casi più critici poi effettivamente implementate. Le crisi successive al 2008 hanno contribuito a ulteriormente sviscerare le dinamiche di queste fasi convulse di mercato, affinandone le soluzioni. In questo anche il ruolo dei revisori indipendenti e degli Audit esterni ha preso piede, e ricopre oggi una funzione di garanzia importante per l’intero sistema, al pari dell’occhio attento delle autorità di regolamentazione, nel caso degli Stati Uniti la Sec», conclude il Cio di Ubs.
A maggior ragione, e qui l’aggravante, quando l’intanto divenuto elemento fondante del vantaggio competitivo svizzero rispetto alla concorrenza estera è venuto precipitosamente meno. «Abbandonare il segreto bancario per tutti i residenti esteri è stato un momento epocale della nostra storia, oltre che la dimostrazione dell’inadeguatezza dei negoziatori. Pur riconoscendo l’enorme pressione internazionale che si era coagulata, il minimo sindacale sarebbe stato pretendere tempi più lunghi, e soprattutto reciprocità nell’accesso ai rispettivi mercati. Come noto questo non è avvenuto, anzi, e l’intera industria si è ritrovata dall’oggi al domani a doversi ripensare e mettere in gioco per salvaguardare quanto era stato costruito nei decenni. Il riposizionamento in tempi sorprendentemente celeri, e solo grazie alla professionalità e serietà di alcuni, ci ha permesso di contenere il danno, limando le perdite», riflette l’esperto di Asg. Un cambio di rotta rispetto al passato sostanziale, e che ha dunque avuto riflessi in più d’un ambito, a partire dal rapporto con la clientela, o potenziale tale. «La stagione del ‘meno se ne parla meglio è’ è definitivamente tramontata. Il sistema stesso è cambiato, le sue regole, oltre che i bisogni dei clienti. Oggi nello scegliere il gestore a contare è la reputazione che si è costruito, chiedo dunque in primis a un amico, poi però interpello google, da qui la necessità di lavorare anche su questi canali. Altrettanto fondamentale è stata del resto l’evoluzione della normativa imposta da Finma, che ha obbligato tutti gli operatori a raccogliere una seconda sfida, altrettanto complessa, quella della comunicazione regolamentare. Le liste degli operatori autorizzati sono online, e questo dovrebbe costituire un punto di partenza, l’opportunità per iniziare a costruire un posizionamento in un ambiente complesso e competitivo, che se
Il 2008 ha avuto il grosso merito di porre problematiche corrette, e che erano state sottovalute. Discutibile se le soluzioni adottate siano davvero così utili come si dice e scrive.
non presidiato può portare a danni sostanziali oltre che mancate opportunità», mette in evidenza Ronchetti.
Come in tutte le cose, non sono mancati i danni collaterali. Evidentemente non voluti, ma nemmeno pensati, anche da chi invece avrebbe dovuto. «Non tutti i beneficiari del segreto erano evasori, anzi, ma di loro non se ne parla. Molte persone, imprenditori di successo in Paesi lontani, detenevano una parte dei loro patrimoni nelle nostre banche per evitare ingerenze o pressioni da parte di regimi totalitari, o ben poco liberali, e come è noto nel mondo vi sono più dittature che democrazie compiute. Inoltre, non è nemmeno stato vagamente sciolto il nodo dei ‘paradisi fiscali’, con gli Stati Uniti che ne sono diventati il principale protagonista. Altra ipocrisia. È dunque evoluta la comunicazione dell’industria, ed è oggi improntata principalmente nel fornire trasparenza, e non più protezione concreta, corredando il tutto di infinite pagine di ‘disclaimer’ che come noto certo non tutelano il cliente», evidenzia Poma.
Anni sfidanti. Pur al netto degli eventi traumatici dell’ultimo decennio, la situazione si mostra molto frastagliata, all’interno di un’industria che anche restando entro i confini svizzeri è particolarmente sfaccettata e ricca di differenze. «Il rischio è sempre quello di fare di tutta l’erba un fascio, cadendo in generalizzazioni. All’interno della Piazza elvetica vi sono profonde distanze tra istituti e indipendenti, e all’interno degli stessi ulteriori considerevoli gap comunicativi. La principale sfida per gli istituti bancari, che bene o male hanno comunque già maturato una certa esperienza nell’ambito, è quella di sviluppare un modello di comunicazione integrato e multicanale vero ed efficiente, e molti istituti già ora sono a un livello più che soddisfacente. Nella maggior parte dei casi gli indipendenti si trovano invece alla base della piramide, con una pagina bianca tutta da scrivere, e con una scelta: il minimo indispensabile, la peggiore delle alternative, o attrezzarsi scansando i possibili errori in cui erano incappate le banche un decennio fa», riflette Ronchetti. Comunicare è del resto un rischio, e si può finire con lo scottarsi nel tentativo, dunque è sempre bene prestare una certa prudenza, e soprattutto non lasciarsi prendere dall’entusiasmo di voler fare, o esagerare. «Nel caso delle banche è fondamentale dimostrarsi sempre coerenti,
«Sino a ieri la comunicazione era di tipo ‘push’, gli istituti determinato un target spingevano informazioni e prodotti per raggiungerlo. Oggi la concorrenza è molto più forte, e gli istituti sono diventati proattivi rispetto alle esigenze del pubblico, è dunque diventata ‘pull’, ribaltando il paradigma»
Laurent Ashenden, Founding Partner di Voxia

La situazione in Svizzera
Distribuzione dei requisiti patrimoniali ponderati per il rischio (Cet 1)
Fonte: Bns 2024 (dati fine 23)
Requisiti a confronto
Coefficienti patrimoniali delle banche critiche (G-Sib) nei diversi Paesi Ubs
Cina
Giappone
Bns 2024 (dati fine 23)
mettendo le persone, al centro. Deve esserci corrispondenza tra la comunicazione più istituzionale, con quella più informale e quotidiana, che può essere raggiunta solo attraverso una culturale aziendale molto forte. È altrettanto importante evitare però brutte scivolate, offrendo una comunicazione autentica, e basata su fatti concreti, garantendo alla clientela informazioni chiare, veritiere e coerenti», nota l’esperto del Sempione.
Il rafforzamento patrimoniale degli istituti europei, un trend che prosegue ormai da tempo, ha sicuramente messo l’industria in una posizione di forza rispetto all’emergere di nuove crisi bancarie o finanziarie più in generale. Per quanto resti la piena consapevolezza (si spera) che non vi sia alcuna certezza se a venir meno è la fiducia di clienti e investitori. Dunque come e cosa comunicare?

«Gli istituti storici si trovano a dover elaborare una formula che modernizzi la loro immagine, pur preservandone la tradizione, che è una parte fondamentale del loro patrimonio. Le banche più moderne possono invece puntare sin da subito su forme comunicative più dirette e innovative»
Alessandro Brunetti, Vice
Direttore
di Banca del Sempione
breve periodo risulteranno avvantaggiate le banche con solide strategie digitali, mentre nel lungo si segnaleranno quegli istituti in grado di integrare efficacemente l’Ia con l’analisi dei dati. Il nostro istituto, ad esempio, impiega già oggi l’Ia generativa per migliorare produttività e processo decisionale, facilitare la comunicazione, e fornire supporto ai clienti in maniera personalizzata per consentirgli di raggiungere gli obiettivi predefiniti», rileva Buomberger.
Alfabetizzazione finanziaria in Svizzera
Voto sufficiente a un test di conoscenze fin. elementari (% tot. intervistati)
Alfabetizzazione finanziaria in Svizzera
Proporzione tra risposte corrette al test e livello di reddito (in franchi)
La conoscenza delle materie più finanziarie nel caso di quote molto ampie della popolazione rimane un’utopia. La maggior parte delle persone vanta un grado di alfabetizzazione finanziaria prossimo allo zero, o comunque molto scadente. Il reddito e un’istruzione media superiore possono aiutare, come mostra un recente sondaggio in Svizzera.
Se dunque l’approccio e la filosofia possono svolgere un certo ruolo a livello strategico, anche la tattica e come vengono scaricate a terra potrebbero non essere ininfluenti. «Accanto alle esigenze di una nuova clientela, tutta da capire, e il rispetto di un impianto normativo sempre più complesso, la sfida tecnologica ricopre una posizione chiave. L’obiettivo condiviso da tutti è migliorare il coinvolgimento e la fiducia della clientela. Nel
E poi, alla base della piramide, la lunga scalata che spetta ancora alla galassia degli indipendenti. «Le banche stanno portando avanti ormai da tempo un importante lavoro per migliorare la loro immagine, e per adeguarsi costantemente agli obblighi normativi che le autorità non lesinano. Gli indipendenti in primo luogo devono ancora sfatare un vecchio pregiudizio che li vorrebbe erroneamente meno stabili, mal traducendo il semplice fatto che siano sì meno strutturati. Siamo complementari all’industria bancaria, non per forza dei competitor, e nel corso degli anni abbiamo maturato un importante tesoro: la flessibilità. Sapersi adattare alle mutate condizioni di mercato, mantenendo un solido rapporto con la clientela, consente di affrontare con maggiore serenità le traversie. Noi indipendenti copriamo una nicchia di mercato che le banche non sono più interessate a coprire, per una questione di costi, e questo non cambierà», sintetizza il vicepresidente di Asg.
Lo stato dell’arte. Se in prospettiva le sfide appaiono dunque significative, già nell’immediatezza il panorama presenta casistiche tra loro molto diverse, che dunque richiedono anche approcci tra loro altrettanto diversificati. «Gli indipendenti si confermano essere una galassia complessa, con il 90% delle società svizzere formate da due o tre collaboratori, le cui uniche ma fondamentali esigenze comunicative sono nei confronti delle autorità, Finma in testa. Su tutti gli altri fronti il passaparola rimane il mantra di tali società, ma è altrettanto evidente a tutti non possa più bastare. Le società più grandi si stanno invece già muovendo, fiutando importanti opportunità di crescita e di sviluppo della base clientela, integrando i canali tradizionali con altri, più moderni. Nonostante le dimensioni, a pesare è l’inesperienza, dunque il rischio di pensare sia sufficiente aggiornare il website della
società è alto, ma sarebbe opportuno maturasse alla svelta la consapevolezza che serva ben altro», rileva Ronchetti. Capitolo a parte, invece, il comparto bancario. Altrettanto ricco di differenze e retaggi con cui confrontarsi. «Gli istituti storici si trovano a dover elaborare una formula che modernizzi la loro immagine, pur preservandone la tradizione, che è una parte fondamentale del loro patrimonio. Le banche più moderne, ad esempio digitali, possono invece puntare sin da subito su forme comunicative più dirette e innovative. Senza dimenticare le Banche Centrali, a loro volta tenute a dettare le linee guida per una comunicazione più trasparente e responsabile a livello di sistema. Stando così le cose, risulta evidente che oggi una comunicazione efficace sia un asset strategico essenziale, in qualunque segmento o istituto, ma che debba tenere conto delle specificità di ognuno, con un unico obiettivo chiaro: costruire e mantenere la fiducia», evidenza Brunetti. A cambiare possono però essere molte variabili, andando anche molto oltre rispetto a forma e sostanza. «Negli anni Ottanta era veramente raro che un rappresentante di un istituto centrale parlasse in pubblico, erano eventi eccezionali e ogni dichiarazione era vivisezionata scrupolosamente in cerca di qualche indizio, con le borse che reagivano di conseguenza. Oggi l’allure di un tempo è stato certo sacrificata, a vantaggio della voglia di molti di apparire e comunicare molto di frequente, laddove non troppo. Il mondo bancario nel suo insieme è però ormai sommerso di regole, normative e regolamenti che ne limitano fortemente l’innovatività a livello di nuovi possibili business model, e dunque nella sostanza anche la comunicazione si è fortemente uniformata, con gli istituti più grandi a dettare il trend. Per compensare c’è molta più fantasia nella forma, con uno spettro che va velocemente ampliandosi», chiarisce Poma.
Sfide diverse, per istituti tra loro differenti, in primis per dimensioni, che spesso (ma non sempre) coincidono anche con la storicità del brand. «Alcuni istituti bancari, specie quelli più grandi, questo genere di sfide lo hanno già affrontato, e vinto, per quanto il caso Credit Suisse deve essere comunque sempre tenuto a mente. Quelli di medie dimensioni si trovano in una fase già piuttosto avanzata in questo genere di progetti, e hanno già imparato molto dagli inevitabili errori commessi, mentre
«Negli anni Ottanta era veramente raro che un banchiere centrale parlasse in pubblico, erano eventi eccezionali e ogni dichiarazione era vivisezionata scrupolosamente in cerca di qualche indizio. Oggi l’allure di un tempo è stata certo sacrificata, a vantaggio della voglia di molti di apparire» Fabio Poma, Vice Presidente della Associazione Svizzera dei Gestori (Asg)
Ma gli altri Paesi? Tasso di risposte corrette per Paese

finanziaria
Chi comunica in Svizzera?
Coinvolgimento dei C-Suite verso l’esterno
Conferenza di investitori o analisti Conferenza stampa
Interviste (media) Call di analisti o investitori Roadshow
quelle più piccole hanno accumulato del ritardo. Nel caso delle banche quotate la sfida si è ulteriormente sofisticata, in virtù delle nuove normative, ma generalmente rimane comunque gestibile, e gestita in modo integrato e univoco in chiave degli obiettivi prefissati», prosegue Ronchetti. Comunicare, come? Come spesso accade è molto ambiguo dire chi si trovi nella situazione peggiore: se chi una cosa non la possiede, o chi invece rischia di
Sondaggio di tematiche elementari
Bce, Eurostat 2020
Chi se ne dovrebbe occupare?
Coinvolgimento per tema (% totale), probabilità secondo quanto osservato
Digitalizzazione
Sostenibilità
Operazioni e deal
Fatti azionario Principali Kpi Risultati finanziari
Fonte: UniZurich rilevazione 2024
La situazione fuori Svizzera è anche più preoccupante, il che dovrebbe mettere in guardia chi tali materie dovrebbe comunicarle, o il come debba farlo, per evitare rischiose bucce di banana. Ma chi si occupa solitamente di intrattenere i rapporti con l’esterno circa queste materie? Per quanto il Cfo dovrebbe ricoprire una certa funzione, è molto spesso il Ceo a essere interpellato.
come parli?
Evoluzione dell’indice di Flesch-Kincald* dei report di stabilità finanziaria
d’Inghilterra
Brevi e concisi?
Evoluzione del n. di pagine dei report di stabilità finanziaria per istituto (anno)
perderla. Parimenti in questo ambito, e in una materia estremamente sensibile per l’intera industria. «Comunicare efficacemente è ormai un elemento fondamentale del vantaggio competitivo di qualunque istituto, e che dunque richiede attenzioni e risorse. Gli istituti più blasonati e con una lunga storia alle spalle solitamente godono di una fiducia ben consolidata, che dunque devono gestire, presentando spesso problemi di ‘equilibrio’ o agilità, mentre quelli più giovani, sono sì molto più reattivi e scattanti, ma mancano di credibilità nei confronti del mercato e della clientela, dunque se la devono guadagnare, sul campo. Il nostro modello di business che si fonda su Ia e avanzati strumenti digitali dovrebbe rispondere a tali esigenze, ben posizionandoci nell’arena», riflette il Coo di Saxo.
La natura dell’istituto, e dunque la sua strategia, possono quindi giustificare approcci alla materia estremamente diversi-
Negli anni la reportistica e le comunicazioni finanziarie più istituzionali si sono semplificate per abbracciare un pubblico più ampio e meno specializzato. Ma quali sono i risultati concreti di tali sforzi?
Comunicare, cosa?
Il punto determinante è sempre capire cosa si stia comunicando, e soprattutto chi sia il destinatario di tale comunicazione, che è chiaramente sempre più ambiguo da determinare. «Le sfide che comunicare oggi pone sono diverse, al pari degli obiettivi che il comunicatore vorrebbe perseguire. Essenzialmente si tratta di creare fiducia, coinvolgere un pubblico sempre più ampio, impiegando la tecnologia per personalizzare l’offerta, fornendo al cliente approfondimenti personalizzati sui prodotti attenzionati. Se guardiamo alle nostre piattaforme sono oltre 71mila i prodotti messi a disposizione, la tecnologia ci consente però di informare il pubblico, così che possa ‘navigare’ informato», rileva il Coo di Saxo. Ogni segmento e ogni prodotto ha però le sue specificità, che bisogna essere in grado di declinare per avere successo. «Negli ultimi anni abbiamo assistito a molta innovazione anche in termini di prodotto, con un successo a tratti sorprendente, che pochi grandi operatori sono stati in grado di intercettare, sviluppando nuove forme di marketing e comunicazione. Se si considerano i prodotti passivi, dunque gli Etf, la sfida principale è stata ‘educare’ il pubblico, facendo passare il messaggio rivoluzionario dell’inutilità di pagare commissioni per una gestione attiva, laddove questa non riesce a performare. E guardando a Blackrock, Vanguard, o StateStreet… Parimenti
corsa dei passivi
Statista
si trovano oggi in una situazione analoga le crypto, e la finanza Esg», prosegue il fondatore di Voxia. Nel caso degli indipendenti, invece, la situazione è ancora diversa, finendo con il prevalere altre specificità, ‘sartoriali’. «È inutile nascondere che i prodotti finanziari ormai si somiglino un po’ tutti, fatte salve alcune nicchie di mercato. Uniformata che si è l’offerta, ogni Family Office propone lo stesso, l’attenzione non può che tornare sulle persone, ed è lì che è indispensabile investire. Sono le persone a fare la differenza, ma diversamente da ieri devono riuscire ad affiancare a solide hard skill, anche quelle più soft, laddove necessario sviluppandole. Anche in un futuro completamente digitalizzato la differenza continueranno a farla gli uomini», conclude Ronchetti.
ficati, ricorrendo a un linguaggio diverso in termini di forma, sino ad allora impensabile nell’industria. «Le banche digitali hanno introdotto un modello nuovo di fare comunicazione, ad ampio raggio e moderno. Occupano spazi pubblicitari in tutti quei luoghi pubblici dove il via vai è intenso, e sono dunque facilmente visibili, cercano clienti retail con requisiti minimi di capitale iniziale, e presidiano saldamente i social network, l’ambiente naturale della clientela più giovane. Per attirarla la comunicazione è più appariscente e aggressiva delle loro controparti tradizionali, il cui messaggio è invece rimasto stabile nel tempo: la ricchezza deve essere conservata, accresciuta, e quindi trasmessa alla generazione successiva», commenta il fondatore di Voxia. Lo scatto in avanti, e la distanza con il passato, è sempre più percepibile. Del resto a essere cambiato è il target che si vuole raggiungere, e molto spesso anche l’obiettivo con cui ci si muove. «In vent’anni abbiamo assistito a una trasformazione molto profonda dei canali che vengono utilizzati per comunicare con tutte le tipologie di pubblico, se ai tempi era disponibile la sola stampa, oggi il paradigma è una multipresenza in un ambiente multicanale. È un metodo ‘always on’ per molti attori del mercato, ed è diventata uno strumento potente di vendita senza alcuna differenziazione del target prefissato: esperto, professionista, principiante... Sembra che l’unica cosa che conti sia vendere, e conquistare quote di mercato, il che è molto triste», nota Christian Pickel, Head of Continental European Pr di Vanguard.
La differenza sostanziale sta proprio nella metodologia applicata per risolvere i problemi. «Avendo a disposizione nuovi modelli, strumenti più potenti, in un ambiente diverso, come sono cambiate le scintille che danno il là alla comunicazione? Sino a ieri si era in presenza di una comunicazione di tipo ‘push’, gli istituti determinato un target spingevano informazioni e prodotti per raggiungerlo. Oggi la concorrenza è molto più forte, e gli istituti sono diventati proattivi rispetto alle esigenze del pubblico, modellano quindi l’offerta sulla base delle informazioni raccolte, cercano di raggiungerlo e dunque attirarlo. Sotto molti aspetti è dunque diventata di tipo ‘pull’, un’inversione netta dei ruoli», prosegue Ashenden. Il mondo finanziario presenta però
Ranking banche americane Per livello di complessità dei siti web (Top50)
Complessità
Umpqua
diverse tipologie più sostanziali anche all’interno del grande calderone che può definirsi genericamente clientela, con la comunicazione chiamata a posizionarsi su più fronti. «Se pensiamo agli investitori l’obiettivo è fornire loro tutte le informazioni necessarie a valutare la salute dell’azienda, e le sue prestazioni, consentendo di prendere decisioni strategiche fondate e supportate da dati affidabili, e verificabili. Gli azionisti hanno altre esigenze, devono essere tenuti aggiornati sul buon andamento degli affari e delle iniziative dell’azienda, di cui sono proprietari, giustificando il mantenimento della posizione. Una comunicazione chiara e trasparente è strumentale a mantenere rapporti distesi con i proprietari, al pari che con i dipendenti, ai quali devono essere comunicati obiettivi, finanziari e organizzativi, chiari da raggiungere, favorendo un senso di appartenenza. Da ultimo, la comunicazione con le autorità di controllo, altrettanto fondamentale per evitare conseguenze legali, o reputazionali che all’interno del settore possono rivelarsi fatali», riflette il Cio di Ubs.
Fonte: Edelman Trust B. 22
I cittadini americani, non certo noti per essere dei più istruiti, nella maggior parte dei casi non capiscono nemmeno le più elementari nozioni offerte a livello di website dai principali istituti bancari.
Il balzo tecnologico. A essere cambiate sono dunque certamente molte cose, tra cui nell’ultimo quindicennio la mole normativa, ma su tutte anche in questa industria una posizione di rilievo la ricopre la tecnologia, che ha profondamente mutato l’arena competitiva. «Quanto richiesto dalle nuove normative, dunque maggiore trasparenza e apertura, crea non poche sfide, il cui rischio principale in termini comunicativi è un appiattimento generalizzato dell’offerta, da qui un forte sprone a innovare per differenziarsi, in termini di competenze e strumenti, rimanendo sulla cresta dell’onda, adottando per primi i più recenti ritrovati tecnologici, e impiegandoli proattivamente. Marketing digitale e analisi dei dati richiedono però nuove competenze, e dunque nuovi profili pro-
Bce, ma come parli?
Indice di Flesch Kincald* di tutte le conferenze stampa ufficiali dei presidenti
*Nr. di anni di istruzione necessari per comprendere il significato di un testo/dichiarazione
Ma quanto parli?
Frequenza dei discorsi ufficiali dei singoli membri del board per anno (e carica)
Elderson Schnabel Panetta Lagarde (P) Lane (CE) Guindos (VP) Lautenschaläger
Mersch
Asmussen Coeuré
Draghi (P) Praet (CE) Constâcio (VP) Stark (CE)
Smaghi Gonzalez-Páramo
Trichet (P)
Tumpel-Gugerell Papademos (VP)
Solans Noyer (VP)
Hämäläinen
Padoa-Schioppa
Duisenberg Trichet Draghi Lagarde
Issing Duisenberg(CE) (P) 2000 2005 2010 2015 2020
Fonte: L. Bjerkander, A. Glas 2024
fessionali, o per il tramite di alleanze con le FinTech. Se dunque è sì più semplice e immediato comunicare, oggi farlo è diventato molto più delicato e complesso», rileva Buomberger.
Sviluppo tecnologico può del resto avere molte accezioni, tra loro diverse e con attinenze ad ambiti molto lontani. «Social media, Ia, robo-advisory, internet, mail… sono ormai moltissime le modalità d’interazione con il cliente, il che aumenta però anche esponenzialmente la necessità di essere chiari, e regolamentati, nel tentativo di conciliare compliance e personalizzazione, senza perdere di vista il cliente, e l’elemento fondante della relazione: la fiducia. Coerenza, trasparenza e fiducia non devono però limitarsi a essere principi di marketing da applicare meticolosamente, ma valori essenziali di ogni istituzione che voglia muoversi con successo in questa nuova era», precisa l’esperto del Sempione.
Immediatezza e velocità che abbraccia potenzialmente ogni tipologia di interlocutore di un istituto. «Il tempo della semplice relazione trimestrale, semestrale
e annuale è passato. Aziende, analisti, consulenti e clienti utilizzano sempre più spesso le piattaforme social per condividere analisi, report, opinioni e confrontarsi su un dato argomento, raggiungendo un pubblico sempre più ampio, e dunque anche in molti casi meno edotto della materia. I chatbot rispondono a domande di clienti e investitori, mentre gli strumenti di analisi predittiva vengono impiegati abitualmente dagli analisti. La comunicazione finanziaria non sorprende dunque sia diventata molto più visiva, ricorrendo a infografiche, video e grafici interattivi per semplificare concetti complessi al pubblico meno esperto. Se però è fondamentale comunicare in maniera veloce e trasparente, con l’immediatezza che ne è divenuta la cifra, al tempo stesso si deve essere esaustivi e affidabili, avendo un’influenza immediata sull’andamento dei mercati finanziari», nota Guglielmin.
Avere a disposizione molte leve, specie nel caso di realtà più piccole e meno attrezzate, non deve però tradursi nell’impiegarle tutte. «La mappa dei canali a disposizione è diventata vastissima, è dun-
Guardando alla vicina Europa gli sforzi di semplificazione della comunicazione della Bce sono stati importanti, e la frequenza dei discorsi in forte aumento. Comunicare molto è davvero un vantaggio?
que ancora più importante scegliere quelli giusti per raggiungere il target prefissato, avendo cognizione di se stessi, specie nel caso delle strutture più piccole, banche o indipendenti che siano. Prim’ancora di avere in casa esperti e profili specializzati, quello che è fondamentale è avere un regista, un professionista vero che sappia dove si vuole arrivare, e come farlo, rivolgendosi all’occorrenza anche a strutture terze, dunque agenzie di branding, agenzie di comunicazione, specialisti di un dato canale o una tecnologia, e che sappia integrare il lavoro di tutti per raggiungere gli obiettivi», evidenzia Ronchetti. Fiducia novella. L’obiettivo primo e ultimo della comunicazione, in un ambito così fondamentale come quello finanziario, è sempre lo stesso dalla notte dei tempi, e in questo nulla è cambiato, al netto degli strumenti impiegati per raggiungerlo. «La comunicazione è il ponte della fiducia, che la si costruisce con messaggi chiari, onesti, trasparenti e senza alimentare aspettative fuorvianti. Molto spesso si cede alla tentazione di pensare che al costo di qualche ulteriore regola, di per sé altrimenti perfettamente inutile, la fiducia nel sistema possa uscirne rafforzata, quando invece è chiaro a qualunque operatore che questo sia un non senso in termini. Ad arrivare al regolatore dovrebbe essere un semplice messaggio, e qui la necessità di comunicare bene, che di regole si può anche morire, che dunque domini di più i suoi ‘animal spirits’», riflette l’esperto di Asg.
Fiducia che va a interessare un vasto network di controparti, più o meno importanti, ma tutte altrettanto significative. «La comunicazione finanziaria vede tra le sue protagoniste la trasparenza, e la fiducia, da qui la necessità dell’essere efficace. Specialmente le aziende quotate fornendo informazioni puntuali e tempestive possono migliorare la propria credibilità nei confronti del mercato, e di tutti gli stakeholder, nel rispetto delle molte normative che il 2008 ha generato. I bilanci comunicano lo stato di salute della società, i cash flow sulle immediate prospettive e
Si amplia il pubblico di riferimento anche per la Bce, aumenta il numero dei discorsi rivolti a un pubblico più inesperto, si abbassa la complessità della comunicazione. Una tendenza in atto ormai da tempo.
sulla capacità di gestire eventuali tempeste improvvise», chiosa il Cio di Ubs. Il pubblico di riferimento per l’industria finanziaria sta cambiando, un processo che richiederà ancora del tempo, ma che è ormai iniziato, nella maggior parte dei casi per sopraggiunti limiti anagrafici. E questo sta cambiando tutto. «Il passaggio generazionale sta mano mano evidenziando uno scollamento di valori e aspettative tra industria e clienti. I più giovani spesso non si fidano delle banche tradizionali per le crisi anche del recente passato, oltre a preferire già istintivamente soluzioni più digitali e meno analogiche, da qui la necessità per il settore di cambiare registro per invertire la direzione. Nel nostro piccolo, ad esempio, ci stiamo concentrando nell’offrire piattaforme versatili e diversificate per tipologia di pubblico, con strategie d’investimento variate, a basso o alto rendimento, nonché prevedendo diversi livelli di competenza del target», nota il Coo di Saxo. Innovare può avere diverse declinazioni, alcune più sottili, ma altrettanto esplicative di un sostanziale cambio di passo. «Le giovani generazioni mostrano indubbiamente una minore affinità con i modelli bancari tradizionali, che spingono l’industria a sollevare non pochi interrogativi a livello di strategia. Preferiscono modelli più digitali, e personalizzati, da qui una sfida molto ampia che passa anche ma non solo da una comunicazione più inclusiva, e strumenti più interattivi. Il messaggio deve però essere chiaro e lineare, il che ci ha ad esempio spinto ad aggiornare il nostro logo, un elemento comunicativo di rilevanza strategica nella sua essenzialità, e per i valori che deve comunicare a colpo d’occhio», rileva Brunetti. Eppure, seppur novella, la fiducia molto spesso necessita anche di altro, da qui parte dei problemi della Piazza svizzera. «Già soltanto 35 anni fa la priorità della clientela era il rapporto di fiducia con il consulente, e il servizio prestato. Per i loro eredi diretti al centro del rapporto e di qualunque incontro c’è invece la performance ottenuta, pur dando una certa
Complessità in evoluzione
Regressione lineare dell’indice di Flesh-Kincald della Bce per presidenza
Duisenberg Trichet Draghi Lagarde
Bce, quanto parli ogni anno?
N. totale delle conferenze stampa
enfasi anche alla qualità del servizio ricevuto. Gli eredi degli eredi hanno invece portato l’attenzione ancora più sui risultati finanziari raggiunti, pur riservando una nota di simpatia per la componente più tecnologica della relazione. La disaffezione di questa generazione verso l’industria finanziaria è un fenomeno fisiologico, e poco può essere fatto a patto di non rivoluzionare buona parte degli attuali equilibri, una necessità per molti. La fiducia ha però sempre avuto al suo centro la relazione umana, il rapporto cliente – gestore, che date le attuali condizioni in cui la nostra Piazza è chiamata a operare non possono che complicare ulteriormente l’opera», chiarisce Poma. Disaffezione verso l’industria che per quanto inevitabile, date le molte variabili ambientali, sociali, culturali in cui il mondo è immerso quotidianamente, potrebbe anche essere molto spesso frutto di una semplice istintiva ignoranza. Dunque che fare? «Un ritorno alle origini dovrebbe essere un’alternativa presa in considerazione molto seriamente da tutti gli operatori del settore, ossia l’educazione.
Complessità in calo Media dell’indice di ogni comunicazione
■ Oscillazione annua di Flesh-Kincald (Bce)
Fonte: L. Bjerkander, A. Glas 2024
L’alfabetizzazione finanziaria nella maggior parte dei casi, indipendentemente dal segmento, può essere migliorata, ed è questo l’obiettivo che dovrebbe avere qualunque vero comunicatore: educare, per accompagnare ogni investitore al raggiungimento del risultato sperato. Con gli strumenti potentissimi che abbiamo oggi a disposizione bisognerebbe trovare il giusto bilanciamento tra vendere, inutile nasconderlo, e fare del bene», conclude il responsabile di Vanguard.
Comunicare nell’era digitale non è più una semplice possibilità, ma un’esigenza anche per l’industria finanziaria, che in molti casi sta evidentemente sottovalutando la sfida, e molto spesso si vedono anche gli ottimi risultati, i cui effetti sono molto più ampi di quanto non sembri e difficili da rimediare, come la disaffezione delle più giovani generazioni testimonia quotidianamente. Se è però una faccenda complessa, avendo a che fare con il bene più importante di tutti, la fiducia, sarebbe forse tempo di raccogliere la sfida con un minimo di serietà, ed educando un pubblico sempre più ampio e ignorante. ❏
Casa, addio? Ma no!
Da una parte la carenza di abitazioni per gli Spagnoli, dall’altra il numero crescente di acquisti di immobili da parte di stranieri, come seconde case o come investimenti. Ci prova, il premier spagnolo Pedro Sanchez, a trovare una quadra, con una trovata ... discutibile.

Una notizia che di recente si è diffusa con la velocità di una tempesta invernale, è stata l’annuncio da parte del premier spagnolo socialista Pedro Sanchez di una particolare misura atta, secondo lui, a contribuire alla soluzione del problematico accesso degli spagnoli all’abitazione: l’aumento del 100% delle imposte in caso di acquisto di immobili da parte di cittadini non residenti in Spagna e non dell’Unione Europea. Sanchez ha assicurato che, nel 2023, i non residenti extra-Ue hanno acquistato 27mila case e appartamenti in Spagna, precisando: “Non tanto per viverci, quanto per speculare e far soldi. Una cosa che, nel contesto di carenza che stiamo vivendo, non possiamo permetterci”. Purtroppo, in chi ci vive o conosce bene la situazione politica spagnola, questo annuncio non ha suscitato grande scalpore, accompagnato
‘more solito’, dalle recite del corifèo dei vari soci dell’estrema sinistra (però, ahimè per loro e per gli spettatori, mai all’unisono) mentre il resto dei cittadini l’ha accolto e dimenticato come un’ulteriore trovata del ‘presi’. Invece, all’estero, si è scatenata la bufera. Pensate ai cittadini britannici (auto-ostracizzati dall’Ue), a quelli degli Stati Uniti e a noi svizzeri, aspiranti a godere del meraviglioso contesto e dei servizi offerti dalla Spagna, per le ferie ma anche per la vita da pensionati. Sarò condannato a pagare delle imposte esorbitanti per investire in un appartamento o una casa vicino alla spiaggia o al campo di golf? E per chi - non residente in Spagna - è già proprietario di un immobile: come inciderà il fatto di avere più difficoltà a vendere, in caso di bisogno, il proprio immobile col venir meno, verosimilmente, della domanda da parte dei tipici innamorati della Spagna?
Queste ed altre domande, dopo l’ampia eco dell’annuncio sulla stampa internazionale, sono poste alle agenzie immobiliari e agli studi legali e fiduciari locali. C’è chi ha pure previsto un’imminente ondata di acquisti di immobili da parte di chi non vuole prendere il rischio di vedere applicata la norma annunciata con l’effetto collaterale di un aumento dei prezzi. Dato che noi svizzeri siamo tra quelli che in Spagna si trovano bene (senza bisogno di arrivare al mio livello naturalmente), ho ritenuto utile trattare questo tema ed esporrò di seguito gli argomenti che sostengono la mia ipotesi: quest’imposta del 100% non si farà.
Partiamo da una prima questione: in Spagna, le difficoltà di accesso alle abitazioni sono dovute proprio agli investimenti immobiliari da parte di cittadini non Ue non residenti? Le cifre citate dal signor Sanchez sembrano non corrispondere a quelle reali. Per esempio, quanto alle 27mila unità citate, stando al ‘Consejo General del Notariado’ (che attinge le informazioni statistiche direttamente dai notai coinvolti nelle compravendite) nel 2023 gli immobili acquistati dai non residenti e non residenti Ue sono stati 17mila. Ma anche se la differenza sulle cifre citate è rilevante (63%), provate ad inserirle nel contesto dell’attuale situazione critica dell’accesso agli alloggi in Spagna. Secondo un articolo di Ana P. Alarcos, pubblicato dal portale Idealista: “Da quando è scoppiata la bolla immobiliare, il numero di nuove case in Spagna è cresciuto più del volume di abitazioni esistenti. Di conseguenza, il mercato residenziale nazionale si trova in una situazione di deficit immobiliare da quasi tre lustri che, a sua volta, sta facendo salire i prezzi. Dall’estate del 2010 all’estate del 2024, il mismatch supera le 740mila abitazioni”. Secondo i dati dell’Indagine sulla Forza Lavoro dell’Istituto Nazionale
di Statistica (Ine) e del Ministero dell’Edilizia Abitativa e dell’Agenda Urbana (Mivau), analizzati dall’Associazione degli Sviluppatori Immobiliari di Madrid, in questo periodo di 14 anni sono state create nel Paese 1.936.681 nuove abitazioni in termini netti, mentre il numero di abitazioni finite (quelle con il certificato ufficiale di fine costruzione) si è attestato a 1.195.051, per cui il divario tra le due cifre raggiunge le 741.630 unità. È effettivamente così: mancano almeno più di 741mila abitazioni e per risolvere il problema si annunciano misure per dissuadere gli investitori non residenti, e non residenti nella Ue, ad arrivare ad acquistare 17mila abitazioni. Inoltre, il solo senso comune ci porta ad immaginare che la giovane coppia che ‘volens nolens’ deve lavorare per sostenere la propria economia domestica (con un salario minimo di 1.134 euro/mese e un salario medio netto di 1.924,92 euro/mese nel 2024), non sarà alla disperata ricerca proprio dell’appartamento sognato dai pensionati britannici con spiaggia, sole e golf.
Seconda questione: questa iniziativa ha solide basi legali? Premesso che l’annuncio del premier è stato generico e che, per il momento, non esiste un progetto di legge specifico, sorgono molti dubbi. Per esempio: in Spagna le imposte che gravano le trasmissioni degli immobili sono di competenza delle regioni autonomiche (la maggior parte governata dal centrodestra, ovviamente contrario a queste trovate e comunque a favore degli investimenti esteri in Spagna). L’introduzione di un’imposta statale in quest’ambito potrebbe essere considerata contraria alla Costituzione (rischio in realtà mitigato dal fatto che per il momento il Tribunale Costituzionale spagnolo - composto non solo da giuristi -, è di fatto controllato dal partito socialista e prende decisioni sempre più polemiche a favore del Governo). Forse più chiaro è il problema della compatibilità con la normativa europea, soprattutto a seguito di una sentenza del Tribunale Superiore di Giustizia Europeo del 2014, che confermava che le norme delle regioni autonome in materia d’imposta di successione e donazione (pure loro trasferite) e che discriminavano i residenti dai non residenti, rappresentavano una restrizione della libera circolazione di capitali, dunque contrarie al diritto dell’Ue.
In due sentenze, del 19 e del 30 novembre 2020, il Tribunale Supremo spagnolo
si è pronunciato su queste norme regionali concludendo che dovevano essere applicate a prescindere dal luogo di residenza del soggetto d’imposta, sia esso uno Stato dell’Ue o dello See o di uno Stato terzo.
E infine, una terza questione: è prevedibile che il rispettivo disegno di legge venga approvato dal parlamento spagnolo? A chi non segue le vicende politiche in Spagna, da una parte tale questione può sembrare superflua (di norma un Governo governa con l’appoggio e la fiducia del Parlamento, altrimenti convoca elezioni), dall’altra quanto sto per descrivere risulterà quanto meno pittoresco. In primo luogo va ricordato che il partito socialista di Sanchez non ha vinto le elezioni del 2023, avendo ottenuto 120 seggi contro i 137 del partito popolare di Feijó. Se oggi Sanchez è premier è dovuto a una situazione, più che pittoresca, che ha visto unire i voti dei partiti di estrema sinistra, nazionali e nazionalisti (catalani e baschi, tra questi ultimi anche gli eredi della banda terrorista Eta) e dei partiti di estrema destra nazionalisti (catalani e baschi). Per quanto riguarda i partiti catalani, Sanchez, per ottenere il loro appoggio aveva promesso una legge di amnistia per i condannati (quasi tutti) per il tentativo di colpo di stato del 2017 con la dichiarazione unilaterale di indipendenza della regione. Il problema è che, pur se la legge è stata promulgata, a oggi non ha avuto effetto (per vari motivi) nei confronti del principale interessato, Carles Puigdemont, scappato alla giustizia e latitante a Waterloo (Belgio) da dove dirige comunque il partito nazionalista di destra Junts para Cataluña con sette voti in parlamento. Problema notevole perché proprio quei sette voti sono essenziali per formare la maggioranza parlamentare che ha eletto Sanchez alla presidenza e Puidgemont, frustrato dall’inadempimento delle sue aspettative e in continua lotta con il suo rivale indipendentista in Cataluña, Esquerra Republicana (di sinistra), ha promesso di “far sudare sangue” a Sanchez (tradotto: chiedere controprestazioni in cambio dei voti) per ogni votazione. A questo si aggiungono le continue rivalità e divergenze fra gli altri partiti di estrema sinistra che si esprimono addirittura nel Consiglio dei ministri (22 i ministri nel 2024…). Risultato: solo nel corso del 2024 il Governo di Sanchez ha perso 75 votazioni in par-

David Mülchi, Avvocato e Socio dello Studio Legale Mülchi & Asociados, Madrid e Lugano.
lamento, con un record storico, raggiunto il 19 dicembre, quando ne ha perse in un solo giorno 20. Gli ultimi preventivi dello Stato sono stati i primi approvati nel 2023, prorogati per il 2024 e lo saranno molto probabilmente anche per il 2025 dato che quelli presentati dal Governo sembra non troveranno l’appoggio della maggioranza parlamentare. Tale situazione atipica (di norma ci si dovrebbe attendere la convocazione di elezioni generali) è condita da una situazione personale del premier Sanchez rocambolesca. Attualmente sono sotto inchiesta giudiziaria (‘imputati’): sua moglie Begoña Gomez per quattro reati e suo fratello David per cinque; lo sono già, o comunque in procinto di esserlo, il braccio destro di Sanchez, José Luis Abalos, e una miriade di ministri e funzionari del partito socialista per casi di corruzione legati al traffico di mascherine durante la pandemia, e soprattutto a un enorme traffico di idrocarburi con una frode al fisco stimata in 231 milioni di euro.
La ciliegina: losca trama internazionale tra il Venezuela di Maduro e movimenti finanziari in Repubblica Domenicana.
Risultato: come titolava El Español giorni fa: “Popolarità di Sánchez ai minimi storici: ha solo il 26% dei consensi e gli elettori del Psoe lo declassano al 6,2”.
Insomma: le risposte alle questioni sopra esposte portano a sostenere con una certa serenità la convinzione che, chi desidera investire in un appartamento in Spagna, lo potrà fare senza lo spauracchio dell’ascia fiscale annunciata da Sanchez e godendosi finalmente sole, spiaggia e il golf: Q.E.D.
Dall’altra parte, con diplomazia
Il Consolato generale di Svizzera a Milano è un punto di contatto per circa trentacinquemila cittadini svizzeri, ed inoltre per chi voglia approfondire i valori, le competenze e la neutralità della Confederazione in un contesto culturale, economico e geopolitico sempre più ricco e anche più complesso. Una conversazione con il Console Generale, Stefano Lazzarotto.

Circa il dieci percento della popolazione svizzera vive al di fuori dei confini nazionali. Una ‘Quinta Svizzera’ che ingloba pressappoco ottocentomila cittadini. Di questi, cinquantamila sono in Italia, con una concentrazione nelle regioni del Nord, per le quali il Consolato generale di Svizzera a Milano è la rappresentanza di riferimento.
Questo consolato è una delle quasi duecento rappresentanze (tra cui si annoverano ambasciate, missioni permanenti presso le organizzazioni internazionali, consolati e uffici di cooperazione), di cui dispone il Dipartimento federale degli affari esteri, che coordina e definisce, su mandato del Consiglio federale, la politica estera della Svizzera, persegue gli obiettivi di politica estera, tutela gli interessi del Paese e promuove i valori
svizzeri. La missione del Consolato generale di Svizzera a Milano è quella di promuovere gli interessi politici, economici e culturali della Svizzera nella circoscrizione nel Nord Italia e di favorire le relazioni transfrontaliere svizzero-italiane. Il Consolato generale facilita le relazioni commerciali, sostiene le imprese italiane e svizzere e mira a rafforzare la cooperazione in tutti i settori dell’educazione, della scienza e delle arti.
Attraverso il suo lavoro di pubbliche relazioni rappresenta l’immagine della Svizzera come un Paese innovativo, competitivo e sostenibile nel cuore dell’Europa. Allo stesso tempo, il Consolato generale è anche punto di riferimento non solo per la grande comunità svizzera residente nel Nord Italia, ma anche per i viaggiatori d’affari e i turisti svizzeri che hanno bisogno di assistenza consolare.
Signor Console Generale, nel mese di agosto del 2023 ha assunto la sua nuova carica presso il Consolato generale di Svizzera a Milano. Come si inserisce questo mandato nel solco della sua carriera che, iniziata nel 1988, l’ha portata in Iran, Libia, Macedonia del Nord, Oman, Armenia, oltre che a Roma e Berna?
Mentirei se dicessi che questa svolta professionale fa parte di un disegno ad ampio respiro sul lungo termine. Lavorare per il Dipartimento federale degli affari esteri come diplomatico, implica un alto grado di flessibilità, ma offre altresì delle splendide opportunità. Ho colto quella di Milano quando questa si è presentata. Avendo trascorso gran parte del mio percorso lavorativo nel sud e nell’est del mondo, trovarmi a Milano in fine di carriera è un po’ un ritorno alle origini. Una quadratura del cerchio insomma.
Più di 50mila cittadini svizzeri risiedono in Italia. Quanti di questi, distribuiti nelle varie regioni di sua competenza, fanno capo al Consolato svizzero di Milano?
In apertura, il Cervino, con la sua caratteristica cima piramidale, che culmina a 4478 m e sovrasta la località italiana di Breuil-Cervinia e quella elvetica di Zermatt. La fusione dei ghiacciai, come effetto dei cambiamenti climatici, ha determinato la necessità di rivedere, proprio ai piedi del Cervino, la linea di confine tra Svizzera e Italia. I due Paesi hanno in comune circa settecento chilometri di confine.
Poco più di 35mila delle nostre concittadine e dei nostri concittadini residenti in Italia sono registrati da noi a Milano. Quasi 20mila nella sola Lombardia. Seguono Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Liguria, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta. Sono però senz’altro di più: non tutti i nostri compatrioti si annunciano infatti presso la rappresentanza diplomatico/consolare competente.
Quali sono le principali aree di attività, atte a rispondere alle esigenze dei cittadini svizzeri in Italia, svolte dal Consolato da lei presidiato?
Tra i principali servizi offerti ai nostri connazionali si annoverano il rilascio di documenti d’identità, la gestione del Registro degli Svizzeri all’estero, il trattamento di cambiamento di stato civile (matrimonio, nascita, adozione, riconoscimento di figli, divorzio, decesso, ecc.) e la protezione consolare, ad esempio in caso di infortunio, malattia, decesso, detenzione, catastrofi naturali, oppure, ancora, il sostegno alle vittime di crimini. Una prestazione molto apprezzata dalle Svizzere e dagli Svizzeri che vivono in regioni al di fuori della Lombardia è quella della biometria mobile, ossia la raccolta di dati biometrici necessari all’emissione di documenti di identità. Grazie a questa iniziativa siamo noi ad andare incontro ai loro bisogni e non viceversa. Negli ultimi due anni siamo stati a Torino, Genova, Bologna e Verona. Si tratta di contatti importanti per conoscere ed interagire con la comunità svizzera più distante da Milano. Organizziamo inoltre eventi e attività di vario genere, che favoriscono gli scambi e che promuoviamo attraverso i nostri canali social.
Ad affiancarla, è il Console Generale Aggiunto Nicola Felder che, come lei, ha origini ticinesi. La particolare circostanza – probabilmente un unicum –della provenienza da uno stesso Cantone, e per di più, un cantone di confine con il Paese in cui si esercita il mandato, ha un’importanza pratica e/o simbolica o risulta irrilevante? Irrilevante non lo è di sicuro. Sembra quasi scontato sottolinearlo, ma l’affinità con la realtà italiana, che in Ticino si coltiva già in tenera età e a vari livelli (giornalistico/televisivo, culturale, turistico, sportivo, ecc.) ci facilita il lavoro sia sul
«La collaborazione, ma anche la competizione, avviene spesso a livello macroregionale. È legittimo pensare che il primato della Svizzera nell’innovazione dipenda anche dal fatto che le nostre regioni sono interconnesse in modo ottimale. E questo non solo con l’Italia ma anche con altri Paesi confinanti»
Stefano Lazzarotto, Console Generale di Svizzera a Milano
piano concettuale che in quello pratico di tutti i giorni. Provenire da regioni di confine può anche facilitare la comprensione delle dinamiche transfrontaliere. Una realtà che è importante integrare nel nostro lavoro, visto che ben tre Cantoni - Ticino, Grigioni e Vallese - confinano con l’Italia. Nella nostra squadra ci sono poi collaboratrici e collaboratori provenienti da altre regioni linguistiche della Svizzera che si esprimono quotidianamente in italiano. È un bell’esempio del plurilinguismo che contraddistingue il nostro Paese e della promozione dell’italianità.
Milano è, con Parigi, il posto a carattere permanente più antico della rete diplomatico-consolare svizzera. Dalla creazione del consolato a Milano nel 1798 diversi eventi, nazionali e internazionali, hanno segnato l’attività consolare svizzera nella penisola e in modo particolare nel Nord Italia. Qual è oggi la realtà con cui deve interfacciarsi, nello svolgimento delle sue funzioni, sia reattivamente che proattivamente?
Proattivamente una delle sfide più stimolanti è quella di ancorare le nostre attività al contesto e alle varie realtà territoriali di nostra competenza, al fine di interagire maggiormente. Nel fare ciò i contatti con i principali attori presenti (autorità, organizzazioni svizzere, settore informale, diaspora svizzera, ecc.) sono imprescindibili. Il Consolato ha moltiplicato delle iniziative in collaborazione per esempio con il Comune di Milano e gli attori del Centro Svizzero e le Scuole svizzere. Sul piano diplomatico, le relazioni bilaterali fra i due Paesi sono molto buone e negli ultimi anni sono progredite in modo molto positivo. Da questo contesto traiamo benefici anche sul piano regionale,

dove gli scambi sono intensi e proficui. Penso alle visite e ai tavoli di lavoro esistenti, ed in modo particolare a quelle tra le autorità esecutive e legislative del Canton Ticino e la Lombardia e altre regioni italiane.
Vicinanza geografica e la condivisione di oltre 700 chilometri di confine rendono il legame tra Svizzera e Italia piuttosto stretto, con implicazioni sul piano economico, sociale, politico e culturale. Le diverse sinergie a più livelli sono favorite da una serie di accordi bilaterali. Tra gli ambiti di spicco, si annoverano innovazione, finanza e fintech, ricerca, formazione, trasporti, energia. Possiamo parlare di alcuni di essi dai quali il Ticino è particolarmente toccato?
Le relazioni tra i due Paesi sono forti e molto variegate. Basti pensare che nel 2024 l’Italia si è confermata terzo partner commerciale della Svizzera a livello mondiale.
Gli ecosistemi delle singole industrie sono transfrontalieri e l’accostamento con l’immagine di una “tecnopoli dei laghi” sull’asse Ticino-Lombardia, coniata in altra sede, mi sembra particolarmente calzante. Oggigiorno la collaborazione, ma anche la competizione, avviene spesso a livello macroregionale. È legittimo pensare che il primato della Svizzera nell’innovazione dipenda anche dal fatto che le nostre regioni sono interconnesse in modo ottimale. E questo non solo con l’I-
Un pezzo di Svizzera nel cuore di Milano
È nel Centro Svizzero di Piazza Cavour che hanno sede le principali istituzioni che rappresentano la Svizzera nel capoluogo lombardo: il Consolato generale di Svizzera, l’Istituto Svizzero di Roma, la Camera di Commercio Svizzera in Italia, Svizzera Turismo, la Società Svizzera, la Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana. Fin dall’inizio del 1900 gli Svizzeri di Milano si adoperarono per dare alla Comunità Svizzera residente in questa città una propria sede. Ve ne furono una in via Disciplini (ma l’edificio fu distrutto durante la Seconda guerra mondiale), una provvisoria in via Gesù e, finalmente in via definitiva, nell’attuale edificio, per costruire il quale furono incaricati gli architetti Armin Meili e Giovanni Romano. Nel 1951 fu inaugurata la cosiddetta “Casa Bassa”, sede della Società Svizzera, del Consolato generale, della Camera di Commercio, dell’Ufficio Nazionale del Turismo e di un gruppo industriale svizzero; nel 1952 seguì l’inaugurazione della “Torre”, avvenimento che suscitò la curiosità della popolazione milanese. I due edifici (con i 4 piani della Casa Bassa e i venti della Torre) hanno una superficie di 15mila metri quadrati.

svizzere in Italia e valorizzare dunque la Svizzera come piazza economica e di investimenti?
I servizi del nostro hub e di Switzerland Global Enterprise sono molto apprezzati dalle aziende esportatrici. Solo a Milano sosteniamo ogni anno oltre centocinquanta aziende di tutti i settori in progetti specifici di esportazione. In questo ruolo aiutano i molti anni di esperienza del team e la vasta rete di contatti che è stata creata.
Nell’ambito della promozione della localizzazione e degli investimenti, identifichiamo progetti imprenditoriali altamente innovativi in Italia in vista di possibili investimenti in Svizzera, e ciò nel rispetto delle indicazioni dei Cantoni. In tale ottica è fondamentale collaborare strettamente con gli Uffici cantonali della promozione economica, in particolare con i nostri referenti a Bellinzona.
In vista di Milano-Cortina 2026, come si profila la Svizzera e quali sono le attività in cui è attivo il Consolato svizzero a Milano?

talia ma anche con altri Paesi confinanti. Un esempio particolarmente promettente di queste sinergie transfrontaliere è quello della digitalizzazione del settore agroalimentare, che fornisce strumenti innovativi per affiancare gli agricoltori e gli stakeholder nella gestione delle loro aziende.
Ne derivano, tra le altre cose, riduzione del dispendio amministrativo, aumento della sicurezza dei dati e un più efficiente utilizzo delle risorse.
Lo Swiss Business Hub Italy rappresenta a Milano l’agenzia ufficiale di promozione degli investimenti e del commercio internazionale Switzerland Global Enterprise (S-GE). Facente parte del Consolato generale svizzero a Milano, ha il compito di implementare le strategie di esportazione svizzere in Italia e di promuovere la piazza economica svizzera. In particolare, è il punto di contatto chiave per le Pmi della Svizzera e del Liechtenstein che desiderano esplorare opportunità di business, nello specifico esportazione, nel mercato italiano. Che cosa viene fatto all’atto concreto dall’Hub per affiancare le aziende
Già nel 2023 il Consiglio federale aveva deciso di cogliere l’occasione di questo evento per promuovere la Svizzera, e tutelarne gli interessi. Lo strumento ben rodato della House of Switzerland permetterà di valorizzare la cultura, l’innovazione e lo spirito sportivo della Svizzera, in stretta collaborazione tra attori del settore pubblico e privato.
Una delle sfide principali sarà quella di riuscire a far vivere la realtà olimpica ad un largo pubblico anche nel centro di Milano, lontano da Cortina dove si svolgerà la maggior parte delle manifestazioni. Le idee però non ci mancano!
In conclusione, qual è il suo bilancio ad un anno e mezzo dal suo insediamento?
E quali i propositi legati al tempo che la separa dalla conclusione del suo mandato?
È molto positivo. E ciò anche grazie al sostegno e alle ottime condizioni quadro offerte dalla Città di Milano e dalla Regione Lombardia, che ci permettono di svolgere al meglio il nostro lavoro.
Ma il bello deve ancora venire.
Fra i progetti più appassionanti, come detto, ci sono le Olimpiadi invernali 2026, che sono ormai quasi alle porte.
Simona Manzione
Rancate (Mendrisio), Cantone Ticino, Svizzera

(1815-1884)
Carlo Bossoli
Pittore giramondo tra le corti reali e il magico Oriente
20 ottobre 2024 - 23 febbraio 2025
Precisione ripetuta alla perfezione
Quando la precisione deve esser ripetibile nell’ordine del micrometro anche a fronte di produzioni in grandi serie, occorrono sistemi di lavorazione ad alte prestazioni impeccabili. Macchine e utensili dalle performance sempre più efficienti, anche per consumi e flessibilità. Grazie alle sue soluzioni complete e alla capacità di innovazione, Mikron si impone - dal Ticino - come leader del settore.

Quantità e qualità: al di là dell’assonanza, due dimensioni in ogni ambito difficili da coniugare. Non sempre sono possibili compromessi, come ben sa chi quotidianamente si confronta con la sfida di sviluppare e produrre sistemi di automazione e fabbricazione in grado di garantire processi di produzione estremamente efficienti e affidabili per la realizzazione di componenti complessi, ad altissima precisione e di dimensioni spesso infinitesimali, ma in grandi volumi, dunque con la necessità anche di assicurare una perfetta ripetibilità. Un’esigenza che accomuna svariati settori, dall’industria automobilistica e aerospaziale a pharma, medicale, beni di consumo ed elettronica. Il binomio fra le soluzioni di lavorazione ad alte prestazioni di Mikron Machining e gli utensili da taglio di Mikron Tool rappresenta un unicum sul mercato mondiale, dove anche fra player di dimensioni molto maggiori non esistono altre realtà ad avere il vantaggio competitivo di gestire entrambe le competenze in casa. Affiancandosi alla terza e maggiore di-

visione di Mikron Group (Automation, basata a Boudry, nel Canton Neuchâtel, che si occupa di macchine di assemblaggio), queste due eccellenze collocano il Ticino fra i leader del settore, ambedue basate ad Agno - la prima nello storico stabile una volta della Albe, specializzata appunto in macchine utensili transfer ed entrata nell’orbita del Gruppo nel 1986; la seconda nel nuovo edificio che dal 2022 ha permesso di ampliare l’area produttiva a 3500 mq e raggiungere l’indipendenza dai combustibili fossili.
«Ci presentiamo sul mercato come un segmento unico, in grado di offrire una soluzione completa sfruttando le diverse sinergie fra le nostre due divisioni, anche se a livello operativo lavoriamo in modo più o meno indipendente, seguendo specifiche strategie di business. Ad Agno è concentrata la parte di R&D e produzione, complessivamente con 450 collaboratori, due terzi Machining, un terzo Tool. E anche in tutti i mercati strategici condividiamo gli stessi ambienti, a Rottweil in Germania, in Connecticut negli Usa e, quando i nostri agenti sono

dislocati sul territorio, come in Cina, possono collaborare fra loro a livello locale. Nostro punto di forza è quello di combinare un’esperienza di oltre un secolo, se si risale alle origini di Mikron nel 1908 a Bienne, al costante lavoro sull’innovazione insieme ai nostri clienti», sottolinea Matteo Castiglioni, General Manager di Mikron Machining. Dal reparto utensili di questa divisione, 27 anni fa è nata Mikron Tool, che dall’iniziale ventina di collaboratori ne conta oggi 260: 150 ad Agno, 80 per la produzione in Germania, i restanti per l’assistenza e la rivendita suddivisi fra Stati Uniti e Cina: «Rimaniamo un player abbastanza piccolo rispetto al mondo globale, però ci difendiamo bene. Avere nel Dna la competenza tecnica di Mikron e il suo orientamento al cliente, ci ha permesso di crescere velocemente e diventare molto internazionali, inizialmente servendo solo Mikron e poi cominciando a guardare anche ad altre opportunità nel libero mercato», osserva Elio Lupica, alla testa di Mikron Tool dal 2023, dopo aver contribuito a plasmarne la crescita sin dal 2004.
Plus delle due aziende è non limitarsi a vendere le proprie macchine e utensili. «In un’ottica di co-engeneering, affianchiamo i nostri clienti che sempre più si trovano a sviluppare non solo un nuovo prodotto, ma un nuovo processo di fabbricazione. Disponiamo di piattaforme di macchine su cui costruire applicazioni customizzate, a differenza dei nostri competitor che, siano piccoli artigiani o multinazionali, propongono quasi sempre macchine e utensili standard. Negli anni abbiamo maturato anche ottime competenze in tecniche di misurazione per controllare, sposando un concetto

«Le due divisioni Machining e Tool di Mikron Group si presentano sul mercato come un segmento unico, in grado di offrire soluzioni complete sfruttando le diverse sinergie. Nostro punto di forza è combinare un’esperienza di oltre un secolo, al costante lavoro sull’innovazione insieme ai nostri clienti»
Matteo Castiglioni, Coo Mikron Machining

di qualità a 360 gradi, i pezzi prodotti. L’assistenza prosegue nel post-vendita, per tutta la vita della macchina, in media una trentina d’anni», commenta il Coo di Mikron Machining.
Anche chi si presenta da Mikron Tool, di solito è in cerca di una soluzione assente sul mercato. Primo requisito è offrire un’ottima consulenza tecnica. «Ovviamente, la precisione dovrà essere impeccabile al primo come al milionesimo foro, dunque massima qualità dell’utensile e una macchina che mantenga le tolleranze. Inoltre, sono fondamentali i tempi di consegna, 6-7 settimane dall’ordine, ingegnerizzazione compresa. Va sottolineato che anche i nostri utensili da catalogo, metà circa delle vendite, sono definiti così soltanto perché ne abbiamo standardizzato il processo di produzione, ma sono pur sempre molto particolari e destinati a nicchie specifiche. Inoltre, molto apprezzato è il servizio di raffilatura che garantisce la perfetta rigenerazione delle prestazioni fino a tre volte, a vantaggio sia il portafoglio che della sostenibilità», sottolinea Elio Lupica.
Se fino a una decina di anni fa l’automotive la faceva da padrone, con l’accelerazione delle motorizzazioni elettriche si è imposta una strategia di diversificazione. Con il calo dei volumi, Mikron Machining ha chiuso il sito produttivo dedicato in Germania. Oggi il segmento non rappresenta che un 15% del fatturato, mentre ancora nel 2018 ne dipendeva al 60%. «L’elettrico non solo riduce il numero di pezzi da lavorare, ma quei pochi sono di materiali per noi poco interessanti. Di-

Sin dalle sue origini, oltre un secolo fa, Mikron ha saputo guadagnarsi un’ottima reputazione, ben oltre i confini nazionali, in virtù dell’elevata precisione e della facilità d’uso dei suoi prodotti. Questo know-how insieme all’innovazione a
del cliente è la chiave del successo, per fare la differenza anche in nuovi settori strategici come il medtech, mentre tramonta l’automotive, storico partner oggi votato sempre più all’elettrico.
Il valore della precisione
Mikron Group nel mondo
Sedi e numero di dipendenti delle tre
Sono quasi 120 gli anni alle spalle di Mikron. Fondata a Bienne dal produttore di orologi Karl Lüthy nel 1908, grazie alle sue macchine e agli utensili per il taglio degli ingranaggi, già nella prima metà del secolo scorso ha giocato un importante ruolo nella modernizzazione dell’industria orologiera svizzera. A partire dagli anni Sessanta, Mikron ha allargato gradualmente le sue attività a nuovi settori, come fresatrici, componenti in plastica e sistemi di lavorazione. Nel 1986 ha acquisito la Albe di Agno, fondata nel 1953 da Sauro Albertini e Guido Bertoglio, insieme alla sua filiale di vendita a Tokyo, specializzata nello sviluppo e nella produzione di tavole rotanti automatiche per la produzione di punte di penna a sfera e degli utensili speciali adatti per le proprie macchine. Un passo verso la crescita strategica che ha fatto di Mikron il più importante produttore al mondo di sistemi di lavorazione in un’area di applicazione specifica. Nel 1998, è la volta di Mikron Tool, spinoff dell’allora reparto utensili da taglio dell’attuale Mikron Machining: l’anno successivo lancia già la punta di precisione più veloce al mondo, CrazyDrill Steel. Negli ultimi anni, tutte e tre le Divisioni hanno rafforzato la loro posizione, diversificando i mercati e ampliando l’offerta, guidate dalla visione di “creare valore con la passione per la precisione”. Allo stesso tempo, l’impronta globale è stata adeguata per riflettere meglio i potenziali di crescita, base per una maggiore redditività. Mikron Group impiega oggi un totale di circa 1.590 dipendenti ed è quotata alla Six Swiss Exchange.
verse prospettive potrebbero invece venire dai motori a idrogeno per il traffico pesante, ma il discorso non è per domani», evidenzia Matteo Castiglioni.
Cambiano di conseguenza anche gli equilibri geografici: meno Germania e più Stati Uniti, dove si trovano in particolare i principali attori di due segmenti molto promettenti come il medicale e l’aerospaziale. Un mercato non più dominato da un manipolo di player, ma composto da tante piccole industrie e una rete di distribuzione molto più capillare. Mikron Tool è stata la prima divisione del Gruppo a lanciarsi nel medicale, in linea con la sua strategia di specializzazione nella lavorazione dei materiali difficili come titanio, cromocobalto e acciai inossidabili, necessari ad esempio per le placche ossee. «È un settore che attrae sempre più competitor, a fronte dei trend di invecchiamento della popolazione, sovrappeso e aumento di infortuni sportivi. La capacità di innovazione è quindi determinante. ‘Innovazione’ che significa non tanto saper costruire una macchina o fornire un utensile, quanto individuare la soluzione tecnologica migliore per una determinata lavorazione. La possibilità di creare un Technology Center in uno stabile vicino
al nostro, cercando partner strategici per cui sviluppare nuove soluzioni, ci ha permesso di accelerare i tempi di ingresso, pur considerato che in quest’ambito rimane sempre una lunga fase di validazione del processo e del prodotto che non possiamo condizionare», avverte Elio Lupica. Con i primi pionieri del medicale che investono in soluzioni di lavorazione complesse e altamente produttive, anche per Mikron Machining iniziano a profilarsi opportunità molto interessanti.
In patria, un ruolo fondamentale continua a giocarlo l’orologiero, dopo che nella prima metà del secolo scorso Mikron ha contribuito in modo significativo all’industrializzazione del settore. Le manifatture con produzioni artigianali haut de gamme che non raggiungono la massa critica per sfruttare le macchine di Mikron, sono spesso ottimi clienti della divisione Tool, necessitando di utensili di altissima qualità per la lavorazione.
Potrebbe sorprendere, ma un altro settore tuttora strategico è quello degli strumenti di scrittura: «Lo copriamo praticamente sin dalla diffusione negli anni ’50 su ampia scala delle penne a sfera, nate e industrializzate proprio in questa zona: un oggetto comune ma non banale dal
punto di vista meccanico. Il mercato è stabile nel complesso, malgrado le dinamiche interne siano profondamente mutate, spostando il baricentro di domanda e produzione in Asia: pensiamo agli immensi volumi generati dall’aumento del tasso di scolarizzazione in paesi popolosi come Cina e India. Le nostre macchine producono 150 miliardi di punte l’anno nel mondo, 10-20 milioni ciascuna, il che implica massima efficienza e affidabilità per funzionare h24, fermandosi solo 5 giorni all’anno per la revisione, per giunta lavorando spesso a temperature di 40-50 gradi», evidenzia il general manager di Mikron Machining, per cui altri segmenti interessanti sono quello dei contatti elettrici e della mobility, dove si è approfittato del boom delle e-bike (con le macchine per produrre i nipples, i ‘cilindretti’ che servono a tensionare i raggi).
Dopo due anni eccezionali come il 2022 e il 2023, con ricavi saliti del 20% a 370 milioni di franchi, nel 2024 Mikron Group ha registrato una crescita modesta (1% secondo le prime stime diffuse), ma che pur sempre denota la resilienza in un mercato difficile, insieme al promettente portafoglio ordini per quest’anno (+ 6,5%). «A penalizzare, in particolare la forza del franco con rincari che non sempre possono essere trasferiti al cliente né compensati con un aumento di efficienza. E anche il natural hedging praticabile andando ad acquistare componenti in euro ha una portata ridotta per noi dal momento che il valore aggiunto viene realizzato sui componenti fabbricati in interno. Tuttavia ci sostiene il fatto che, per il cliente dimostrare di produrre su macchine svizzere come le nostre, rappresenta sempre un rilevante plus in termini di immagine oltre che di performance», commenta Matteo Castiglioni.
Per Mikron Tool rimane il challenge dell’automotive e l’investimento per entrare nei nuovi settori, inoltre i ritmi di innovazione continuano ad aumentare: «Se prima lanciavamo sul mercato un nuovo prodotto all’anno, oggi sono 3 o 4, con tutto il lavoro per svilupparli, industrializzarli e poi promuoverli e venderli. Tuttavia arrivare primi fa la differenza. Ad esempio, a inizio gennaio sono entrati in funzione due nuovi macchinari per la stratificazione, una competenza finora esternalizzata ma fondamentale per la resistenza al calore durante la lavorazione di materiali difficili come i nostri. Un investimento che ci permetterà nell’immediato di comprimere i tempi di consegna grazie alla catena logistica integrata e, a medio termine, di considerare ulteriori sviluppi», anticipa Elio Lupica.
Per la divisione Machining un altro trend importante è l’efficientamento delle macchine, per garantire ai clienti soluzioni poco energivore, flessibili e modulari, per investimenti scalabili. «Inoltre da qualche anno abbiamo iniziato a sviluppare soluzioni digitali: software, sia per le nostre macchine sia altrui, che consentono la gestione e il controllo dei componenti e l’ottimizzazione dei processi. Un servizio molto richiesto, anche in relazione alle specifiche sfide della cyber security per questa tipologia di macchine industriali. La cifra d’affari generata sta diventando tangibile, con progetti che possono arrivare a un 2-4% del fatturato. Sempre in questo pacchetto di soluzioni digitali, fronte sostenibilità abbiamo lanciato l’applicazione miEnergy che permette al cliente di monitorare e ottimizzare i suoi consumi energetici, per ora solo su macchine Mikron», illustra il Coo di Mikron Machining. Non poteva mancare l’Ai, che si è cominciato a esplorare con l’acquisizione lo scorso novembre della start up friburghese Lysr.
«Il medicale è un settore che attrae sempre più competitor, a fronte dei trend demografici e sanitari. La capacità di innovazione è quindi determinante. ‘Innovazione’ che significa non tanto saper costruire una macchina o fornire un utensile, quanto individuare la soluzione tecnologica migliore per una determinata lavorazione»
Elio Lupica, Coo Mikron Tool
di alzare la mano e proporre di rivedere un processo: è proprio questa la cultura che vogliamo promuovere in azienda. Per trovare nuove soluzioni occorre lasciare la libertà di osare. E, come ricordo sempre, anche dagli errori si impara», osserva Elio Lupica. Una visione cui risponde il basso turnover delle sedi ticinesi. La vera sfida è la formazione. Che si tratti di profili specifici come un rettificatore di utensili o di un ingegnere, sono stati messi a punto


Se Mikron si è imposta come brand di riferimento sul mercato internazionale, a fare la differenza, dunque la qualità, sono più che mai le persone. «Dall’operatore Cnc a chi si dedica allo sviluppo alla rete di consulenti e venditori, ognuno mette il proprio apporto e la passione per il mestiere. Che spesso significa aver il coraggio
Mikron Group continua a investire in Ticino e in sostenibilità: il nuovo stabilimento della divisione Tool ad Agno, inaugurato a fine 2022, ha ampliato la superficie di produzione di 1.000 mq e azzerato l’uso di combustibili fossili grazie alle nuove soluzioni impiantistiche, a cui nel 2023 si è aggiunto il fotovoltaico da oltre 380mila kWh annui.
percorsi interni, in media sull’arco di 18 mesi. «Prendo il caso di un ingegnere fresco di università: per 6 mesi lavora in produzione dove può passare dalla teoria alla pratica, capire cosa significhi attrezzare una macchina, sentire l’odore dell’olio, …
segue un semestre negli uffici tecnici per familiarizzarsi con l’ingegnerizzazione, e altrettanto all’estero, Usa o Cina perché è importante uscire dal guscio della casa madre. Buona parte della trentina che finora abbiamo così formato come Mikron Tool, sono ora nostri manager o hanno un ruolo di rilievo all’interno del Gruppo», racconta Elio Lupica. Analogamente si muove la divisione Machining. Oltre a portare in Ticino un grande valore aggiunto con posti di lavoro altamente qualificati e un radicamento confermato anche dall’importante investimento nella nuova sede di Mikron Tool, al territorio ammicca anche un recente progetto, miManufacturing, con cui le due divisioni di Mikron si propongono in veste di consulenti e partner per la realizzazione di pezzi che piccole aziende non riescono a produrre in casa. L’ambizione sarebbe di espandere l’offerta anche alla Svizzera interna. Un piccolo progetto dal significato particolare, che si inscrive all’interno del più ampio impegno in ambito Esg, a cui Mikron Group riserva particolare attenzione (già nel 1996, Mikron Machining figurava tra le prime aziende ticinesi impegnatesi a ridurre il proprio impatto ambientale). Un altro pregio che non potrà che contribuire alla sua competitività, in un’epoca in cui la sostenibilità assume una rilevanza strategica e si trasmette da fornitore a cliente. Un ulteriore vantaggio di una partnership di qualità e affidabile alla perfezione.
Susanna Cattaneo
Viaggi d’affari, zero sprechi
Sono una combinazione di costi, logistica, sicurezza, benessere dei dipendenti, ma anche un potenziale di business per le aziende, con la necessità di contenere ogni sorta di rischio.
Con un adeguato ‘travel management’, un viaggio di lavoro si trasforma da meccanismo eventualmente costoso e rischioso in un sistema fluido, dove ogni decisione è ponderata, ogni denaro speso è giustificato e ogni dipendente in trasferta può concentrarsi sul proprio lavoro, senza preoccuparsi dei dettagli.
Dell’intera gestione dei viaggi aziendali, bta first travel ha fatto il proprio core business. Fondata nel gennaio del 1985 e rilevata, nel 2010, da Hotelplan, è presente dallo scorso settembre anche a Lugano. Nadine Richiger è Branch Manager di bta first travel Ticino.
Signora Richiger, perché oggi più che mai le aziende si affidano a specialisti del Travel Management?
Il mondo dei viaggi è sempre più complesso ed oggetto di costanti mutamenti. Nella nostra funzione di consulenti, aiutiamo i nostri clienti a gestire i viaggi business in modo decisamente più efficiente ed economico, supportandoli nell’analisi dei rischi e nell’adozione delle necessarie misure di prevenzione del rischio. Grazie a tool estremamente sofisticati, siamo in grado di sapere - in tempo reale - in quali specifici contrattempi possono imbattersi i viaggiatori e di impostare una notifica che, sempre in tempo reale, avvisi sia loro, sia l’azienda di possibili disagi legati al maltempo, a scioperi, a disordini di natura politica ed economica.
Quali benefici derivano al cliente dalla vostra appartenenza ad un grande Gruppo?
Facendo parte del gruppo Hotelplan, possiamo contare su condizioni vantaggiose
con i vari fornitori. Inoltre, offriamo ai nostri clienti un supporto strategico nelle trattative con i fornitori di servizi: compagnie aeree, alberghi, autonoleggi, vettori ferroviari, servizi di transfer e di rilascio di visti e documenti di viaggio. Grazie a contratti quadro personalizzati, esiste infatti un grande potenziale di risparmio sui costi, che spesso resta inutilizzato o trascurato (e del quale alcune aziende non sono nemmeno a conoscenza). Non da ultimo, utilizziamo strumenti che ci consentono di sfruttare i vantaggi di prezzo in altri mercati. Il nostro team ‘Farecheck’ verifica se sono possibili alternative più economiche, senza ovviamente sacrificare il comfort per il viaggiatore.
Eppure, tante aziende continuano ad organizzare i propri viaggi d’affari, anche complessi, facendo leva sul personale interno…
Il mercato è in continua evoluzione ed è comprensibilmente difficile disporre di una visione d’insieme, utilizzare gli strumenti appropriati e mantenere i contatti necessari. Tuttavia, il supporto che può fornirci la persona responsabile che opera all’interno della nostra azienda cliente, è per noi molto importante in quanto contribuisce notevolmente all’elaborazione efficiente delle richieste di viaggio. Molto spesso è proprio questa figura a fornirci tutta una serie di informazioni inerenti la politica aziendale in materia di viaggi business e il profilo del viaggiatore (preferenze), informazioni che ci permettono di orientare da subito le nostre proposte e prestazioni nella direzione auspicata dall’azienda.
A quali tipologie di aziende si rivolgono i vostri servizi?

Nadine, Richiger, Branch Manager di bta first travel Ticino.
Nei nostri sette centri per viaggi d’affari in Svizzera, la clientela è distribuita in modo molto eterogeneo: dalle piccole aziende locali, alle grandi multinazionali. Grazie alla nostra partnership con Atpi (World Leading Travel and Events Solutions), siamo in grado di soddisfare le richieste di aziende in tutto il mondo. Il nostro team di Lugano ha un’esperienza più che trentennale nel settore e conosce molto bene il mercato locale. I nostri clienti ci conoscono tutti personalmente: un aspetto tutt’altro che marginale, perché i viaggi aziendali sono ancora un People’s Business in cui la fiducia costituisce la base per una collaborazione duratura e di successo.
In tempo di crisi, per le aziende diventa cruciale non solo risparmiare ma anche poter beneficiare di una rendicontazione estremamente precisa delle spese …
Assolutamente sì! Proprio in tal senso, disponiamo di uno strumento tecnologico di ultima generazione - accessibile sia a noi, sia al cliente - che consente di estrapolare in tempo reale dei report dettagliati sulle spese sostenute, sui fornitori più utilizzati, sui collaboratori che hanno viaggiato di più. Inoltre è possibile avere note spese integrate, processi di approvazione e soluzioni tecnologiche su misura per prenotazioni online.
Il travel management, insomma, va ben oltre l’acquisto di un biglietto o della prenotazione di un hotel.
Simona
Galli
Per un benessere autentico
Con un approccio integrato, il team di Diamond Medical si occupa di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica, così come di medicina estetica, rigenerativa e anti-aging.
Protocolli e prodotti all’avanguardia permettono di soddisfare le esigenze più elevate, rispettando l’unicità di ogni paziente, per valorizzarne bellezza e benessere.
La sinergia tra innovazione e multidisciplinarietà è il cuore di Diamond Medical, dove il team medico si avvale di tre professionisti: il Dr. med. Martino Meoli, Specialista in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica FMH, il Dr. Stefano Spennato, Specialista in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica FMH e la Dott.ssa Francesca Zuliani, Medico Chirurgo specializzato in Medicina Estetica. Ciascuno di loro apporta un contributo unico, con un approccio combinato che garantisce eccellenza in ogni trattamento. Si ricorre alla chirurgia plastica o alla chirurgia ricostruttiva «per migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti, aiutandoli nel recupero dopo infortuni o malattie e contribuendo anche al loro benessere psicologico», esordisce il dottor Meoli. «In quest’ottica, è fondamentale stabilire una comunicazione chiara e una relazione di fiducia duratura, che richiede empatia, importante tanto quanto la competenza». Quando si ricorre, invece, alla chirurgia estetica, «la parola d’ordine è naturalezza». Mediante interventi destinati non a trasformare, ma ad esaltare le caratteristiche personali del paziente, mantenendo un aspetto autentico


e armonioso. «Presso Diamond Medical, ogni intervento di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica è una creazione su misura, frutto di artigianalità, precisione e innovazione medica, volta a garantire risultati straordinari e una sicurezza assoluta per la salute del paziente», nota il dottor Spennato. Un principio che guida l’intero team nella pratica quotidiana.
Passando dalla chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica alla medicina estetica, «le possibilità praticabili nelle sedi di Diamond Medical includono trattamenti ‘dalla testa ai piedi’: dalla biostimolazione dei capelli a quelli per viso e corpo, finalizzati a correggere con precisione ed efficacia diversi problemi estetici», sintetizza la dr.ssa Zuliani. Vi si ricorre non solo per l’efficacia ma anche per la sensazione di benessere e di fiducia in sé stessi che tali trattamenti restituiscono ai pazienti.
In passato la cura della bellezza sembrava essere una prerogativa femminile, oggi si assiste invece al costante aumento di uomini che desiderano prevenire o curare inestetismi ed effetti dell’invecchiamento. «Con la medicina rigenerativa e anti-aging, l’approccio va oltre l’estetica, portando indietro il tempo grazie a processi di rigenerazione profonda, per un
Sopra, a destra il Dr. med. Martino Meoli e il Dr. Stefano Spennato, Specialisti in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed estetica FMH e, in basso, la Dr.ssa Francesca Zuliani, medico chirurgo specializzato in medicina estetica.
miglioramento autentico e continuativo», evidenzia il dottor Meoli.
Tra le soluzioni più innovative adottate da Diamond Medical, con un approccio olistico e multidisciplinare, vi sono le IV Therapies, trattamenti pionieristici che favoriscono il benessere profondo e sostengono il corpo nel suo equilibrio naturale. «Ogni paziente è unico e merita un approccio su misura, che racchiuda expertise, innovazione e sensibilità, per migliorare l’aspetto e, più in generale, la qualità di vita di chi si affida a noi», concordano i tre medici.
Per informazioni:
Diamond Medical Tel. +41 91 972 10 00
+41 76 628 30 61
+41 76 349 66 62
Lugano - Lucerna - Ascona - Grono info@diamondmedical.ch diamondmedical.ch
È infine giunta l’ora del valore locativo?

Contraddizioni in casa rossocrociata: fra i paesi con il minor tasso di proprietari immobiliari - uno scarso 36,5% - la Svizzera si confronta con uno dei volumi di indebitamento ipotecario fra i più elevati, 1.239 miliardi di franchi nel 2023, causa in gran parte dell’altrettanto sorprendente tasso di indebitamento privato per una nazione che è invece portata a modello per il contenutissimo debito pubblico. Una potenziale minaccia di bolla immobiliare qualora i tassi un giorno tornassero a crescere, sulla quale la Bns non manca di allertare, preoccupata per la vulnerabilità della piazza economica elvetica. Parte della spiegazione risiede nella mancanza dell’obbligo di ammortamento dell’ipoteca primaria, che può tranquillamente veleggiare ai due terzi del valore dell’immobile, unita alla deducibilità degli interessi passivi, il che rende interessante, da un punto di vista fiscale, rimanere indebitati per alleggerire l’imponibile, sia fronte sostanza sia reddito.
Dopo quasi un secolo di strenua resistenza, l’abolizione integrale del valore locativo è dietro l’angolo con lo storico accordo fra Consiglio degli Stati e Nazionale. Ma nella pratica cosa cambierebbe, e per chi, con la soppressione di questo reddito figurativo dalle implicazioni ben tangibili?
Se i proprietari di immobili in Svizzera possono dedurre gli interessi passivi è in contropartita a una particolarità tutta elvetica, spina nel fianco di chi vive fra le proprie quattro mura: il valore locativo. Poiché chi abita nel proprio immobile non versa un canone d’affitto, ecco che ai fini di una presunta parità fiscale con i locatari, i proprietari sono tassati su un valore fittizio per compensare il ‘ricavo’ di cui godono in termini di utilizzo. Calcolato a livello cantonale, secondo le indicazioni del Tribunale federale deve ammontare almeno al 60% di quello che sarebbe il rispettivo affitto di mercato.
Apparso già a fine Ottocento nella legislazione del Canton Basilea, dopo esser stato introdotto a livello nazionale nel 1934 sotto forma di tributo federale di crisi per risanare il bilancio della Confederazione in anni difficili, il valore locativo è stato acquisito nel diritto ordinario nel 1958, sopravvivendo sino a oggi ai ripetuti tentativi di abolirlo avanzati da Consiglio federale, Parlamento o iniziative popolari. Ma perché sarebbe un balzello iniquo? «Pur non essendo un reddito percepito in forma liquida, il valore locativo concorre a determinare l’ammontare del reddito imponibile e dunque a innalzare l’imposta dovuta, anche in ragione della sua progressività», osserva Paolo Pamini, consigliere nazionale per il Canton Ticino e senior manager dei servizi fiscali di presso PwC a Lugano. «Per fare un esempio pratico, secondo la logica del valore locativo, un neolaureato che scegliesse di lavorare al 50% per conciliare vita e lavoro, pur percependo un salario annuo di 50mila franchi dovrebbe venir tassato sul suo potenziale di guadagno di 100mila», il-
Fonte: MoneyPark Evoluzione del volume ipotecario
Tasso di abitazioni a uso proprio
Fonte: UST
In Svizzera, a fronte del basso tasso di proprietari, con una media del 36,5%, stupisce il lievitare del volume dei prestiti ipotecari, alla base del forte indebitamento privato. Una tendenza rischiosa che proprio il cambio di sistema dell’imposizione immobiliare, con l’abolizione del valore locativo, dovrebbe aiutare a invertire.
lustra Paolo Pamini. In qualità di membro della Commissione dell’economia e dei tributi del Nazionale, ha partecipato in prima fila all’intenso dibattito culminato nella Conferenza di conciliazione della sessione invernale 2024 che sul filo di lana, dopo sette anni di discussioni, ha portato al sospirato accordo fra le due Camere sull’abolizione integrale del valore locativo, vale a dire sia per le residenze primarie che di vacanza.
Ma i giochi non sono ancora fatti. Se al momento non sembra essere in vita un referendum, tuttavia l’attuazione della riforma rimane subordinata a una clausola di collegamento: l’approvazione di un’imposta reale (Objektsteuer) sulle abitazioni secondarie a livello cantonale, volta ad attenuare il previsto calo del gettito fiscale per i cantoni a vocazione turistica. Poiché la sua introduzione comporta una modifica costituzionale, è richiesta la doppia approvazione di popolo e cantoni. La votazione, che dovrebbe tenersi in autunno, rischia pertanto di riportare alla casella di partenza. «Inutile nascondersi che se verrà approvata, lo sarà di stretta misura», ammette Paolo Pamini. Al di là delle ipotesi, per potersi esprimere con cognizione di causa, è utile cercare di far chiarezza su cosa concretamente cambierebbe. Stop alle deduzioni, ma… «Innanzitutto, qualsiasi abitazione di proprietà non affittata a terzi non rientrerebbe più nel computo del reddito imponibile, ma soltanto della sostanza, come sottolinea il nome tecnico dell’oggetto, “Cambio di sistema dell’imposizione immobiliare”. Di conseguenza verrebbero abolite gran parte delle deduzioni oggi accordate per alleviare il reddito imponibile a valle», avverte il fiscalista.
Un cambiamento che desta l’allarme del mondo artigianale, le cui fatture per spese di manutenzione e risanamenti non sarebbero più detraibili. «Non si considera però che, a conti fatti, il proprietario immobiliare avrà più soldi in tasca da spendere. Il risparmio sarà netto, in quanto le spese di manutenzione e gli interessi ipotecari sono generalmente inferiori al valore locativo. Mi attendo invece che mentre oggi, nel limite delle necessità dell’abitazione, si tende a fare regolarmente qualche lavoretto di manutenzione ogni anno per contenere uniformemente il reddito imponibile, in futuro si punterà a concentrare un grosso intervento di risanamento ogni decina di
«A conti fatti, con l’abolizione del valore locativo, il proprietario immobiliare avrà più soldi in tasca. Il risparmio sarà netto, in quanto le spese di manutenzione e gli interessi ipotecari - oggi fiscalmente deducibili e dopo l’abrogazione non più per chi abita in una casa a uso proprio - sono generalmente inferiori al valore locativo»
Paolo Pamini, consigliere nazionale e senior manager dei servizi fiscali di PwC a Lugano

L’impatto dell’abolizione integrale sull’imposizione del reddito
Casistiche emblematiche pre e post abolizione integrale del valore locativo
CASISTICA
del ceto medio
Persona del ceto medio che lavora, vive in affitto e possiede un oggetto a reddito affittato e ipotecato
Persona del ceto medio che lavora, vive in casa propria e possiede una casa di famiglia ereditata, affittata a terzi, e con delle ipoteche sparse.
Speculatore finanziario che vive in casa propria e la ipoteca per finanziare un portafoglio di investimento di titoli in borsa
Persona che lavora in Svizzera e vive in affitto, con una casa all’estero di vacanza/da reddito, ipotecata
IMPOSTA SUL REDDITO CON IL VALORE LOCATIVO
Tassazione salario + valore locativo, al netto delle deduzioni per spese di manutenzione e interessi passivi ipotecari
Tassazione salario + affitti incassati, dedotti spese di manutenzione e interessi passivi
Tassazione salario + affitti incassati dagli inquilini + valore locativo, dedotti spese di manutenzione e interessi passivi di entrambi gli immobili
Tassazione salario + valore locativo + reddito del portafoglio, dedotti spese di manutenzione e interessi passivi
Tassazione solo sul salario percepito in Svizzera, eventuali affitti riscossi all'estero non sono tassati in Svizzera e non concorrono a determinare l’aliquota d’imposta. Non può dedurre gli interessi che vengono allocati dove si trova la sua sostanza immobiliare.
anni. Inoltre non bisogna dimenticare che quasi il 70% della popolazione svizzera è costituita da locatari e che per chi possiede un immobile da reddito è salva la possibilità di dedurre le spese di manutenzione e interessi passivi, essendo invece tassato l’affitto percepito», ricorda Paolo Pamini. Se l’abolizione delle detrazioni potrebbe incentivare il lavoro nero - effetto collaterale soppesato anche dal Consiglio
IMPOSTA SUL REDDITO POST ABOLIZIONE VL
Spese di manutenzione e interessi passivi non più deducibili, ma il reddito imponibile diminuisce senza il valore locativo
Invariato
Tassazione salario + affitti incassati, dedotti solo i costi di manutenzione della casa affittata. Interessi passivi deducibili nella proporzione del valore dello stabile da reddito rispetto al proprio patrimonio immobiliare complessivo.
Tassazione salario + entrate portafoglio, non può più dedurre gli interessi
Invariato
federale - difficile ipotizzare che si torni ai livelli degli anni ’80 in un’economia digitalizzata come l’attuale, che rende più difficile sfuggire ai controlli fiscali, anche se l’argomento sarà sicuramente cavalcato dai contrari in campagna di voto. L’annullamento della possibilità di detrarre gli interessi passivi è invece espressamente pensato per indurre chi possiede abitazioni a uso personale ad
Previsioni per il mercato immobiliare

Quali ripercussioni potrebbe avere sul mercato immobiliare l’abolizione del valore locativo? «Dato l’attuale contesto di bassi interessi, i proprietari di abitazioni ne beneficerebbero in modo assai diversificato a seconda del grado di ammortamento della loro ipoteca. Nell’insieme, dovrebbero ottenere sgravi fiscali significativi e l’attrattiva dell’abitazione di proprietà ne uscirebbe dunque rafforzata, determinando un aumento della domanda, anche grazie alla possibilità per gli acquirenti di un primo immobile di continuare a usufruire delle deduzioni fiscali per un periodo di 10 anni», spiega Fredy Hasenmaile, economista capo di Raiffeisen (in foto).
Tuttavia, a fronte della scarsità dell’offerta di alloggi in proprietà, potrebbe rafforzarsi la tendenza al rialzo dei prezzi: «Una buona notizia per gli attuali proprietari di abitazioni, che però alzerebbe ulteriormente l’asticella per i potenziali nuovi proprietari», commenta Fredy Hasenmaile. Per i proprietari di immobili che necessitano di risanamento, un sì alle urne rappresenterebbe un grande incentivo a procedere rapidamente con l’ammodernamento della loro abitazione, prima dell’entrata in vigore della nuova regolamentazione che abolisce la deduzione fiscale dei costi di manutenzione. «Già nel 2012, l’iniziativa sulle abitazioni secondarie aveva scatenato un “boom edilizio dell’ultimo minuto”. La prevedibile rincorsa agli artigiani determinerebbe inoltre un rialzo dei prezzi dei lavori di risanamento. Chi vuole andare sul sicuro dovrebbe perciò non dovrebbe indugiare», avverte l’economista capo di Raiffeisen. A causa dell’abolizione della deduzione dei costi di manutenzione, è inoltre prevedibile che si verifichi una maggiore differenziazione dei prezzi delle proprietà in base allo stato di manutenzione. «Gli edifici più vecchi con un fabbisogno di risanamento accumulato nel tempo perderebbero di colpo il risparmio fiscale latente contenuto nel calcolo dei costi e subirebbero quindi svalutazioni maggiori. I proprietari desiderosi di vendere una vecchia proprietà abitativa dovrebbero quindi anticiparne la vendita», conclude Fredy Hasenmaile.
ammortizzare anche l’ipoteca di primo grado, togliendo pressione dall’indebitamento privato. «Tuttavia, per evitare di scoraggiare ulteriormente l’accesso alla proprietà privata, già inasprito dal calcolo della sostenibilità e dai prezzi di mercato, si applica un’eccezione per i dieci anni iniziali a coloro che acquistano per la prima volta una casa primaria per uso proprio», sottolinea il senior manager di PwC. Vantaggi intergenerazionali. L’abolizione del valore locativo andrebbe a beneficio non solo di chi ha un salario - colpito in misura sproporzionata in ragione della progressione dall’aliquota di imposta sul reddito - ma anche dei tanti pensionati che nel sistema vigente, avendo estinto l’ipoteca magari prelevando il capitale pensionistico e senza ormai particolari spese di manutenzione da dedurre, sono gravati dall’imposizione del valore locativo, spesso elevato per un’abitazione sovradimensionata acquistata quando ci
abitavano i figli, tanto da poter essere costretti ad accendere una nuova ipoteca per sostenere l’onere fiscale generato da quello che di fatto è soltanto un reddito figurativo. In questa direzione, Paolo Pamini era già stato promotore dell’iniziativa parlamentare interpartitica, presentata nel 2018, “Per un freno dell’impatto del valore locativo” (che ricalcava la norma dei Grigioni per cui il reddito imponibile non può superare il 60% di quello in contanti), affossata soltanto in ultima istanza dal ricorso accolto dal Tribunale federale preoccupato che si scendesse sotto la soglia del 60% del valore di mercato su cui si basa il valore locativo.
Prevedibile che gli inquilini non avvalleranno il nuovo sistema (peraltro così implicitamente contraddicendo chi sostiene che a esserne svantaggiati sarebbero i proprietari). Ma attenzione a contrapporre le due categorie come se fossero impermeabili: nell’arco di una vita, anche senza
vincere alla lotteria, non è raro passare da una all’altra, può essere la casa finalmente comprata a mezz’età o quella ereditata dai parenti, oppure c’è chi torna in affitto per un trasferimento provvisorio di lavoro fuori cantone, ...
Un Ticino più attrattivo. Al basso livello attuale dei tassi ipotecari si stima che la riforma genererebbe circa 1,5 miliardi di franchi di minori entrate fiscali su scala nazionale, ma basterebbe salire al 2,8% per raggiungere la neutralità fiscale per Confederazione e cantoni. La clausola di collegamento dell’imposta reale è stata proprio voluta per tutelare le regioni con un elevato numero di residenze secondarie, segnatamente alpine, che più ne soffrirebbero e per strappare il consenso del Consiglio degli Stati, altrimenti contrario all’abolizione integrale. Se l’imposta reale verrà approvata, sarà poi facoltà di ogni singolo cantone introdurla o meno. Il Ticino, dove si calcola un mancato gettito fiscale nell’ordine di circa 30 milioni di franchi all’anno, dovrebbe essere fra i primi ad adottarla, come Grigioni o Vallese. E l’attrattività del territorio potrebbe uscire rafforzata: «Posto che difficilmente un cantone urbano come Zurigo la introdurrà, ecco che il proprietario zurighese con anche una casa di vacanza nel Locarnese o in Collina d’Oro avrebbe l’incentivo a spostare qui il domicilio per evitare di pagare l’imposta reale, mentre la sua casa primaria a Zurigo, che diventerebbe secondaria, non sarebbe tassata. Un assist dunque per attrarre in Ticino contribuenti facoltosi, che va a unirsi ad altre misure favorevoli di recente approvate (riduzione dell’aliquota massima sul reddito e della tassazione del prelievo del capitale pensionistico) o alle quali si sta lavorando (neutralizzazione dell’aumento dei valori delle stime immobiliari e reversibilità del passaggio da residenza secondaria a primaria e viceversa)», chiarisce il fiscalista.
Le potenziali ricadute dell’abolizione del valore locativo andrebbero dunque ben oltre il braccio di ferro fra proprietari e inquilini o fra privati ed edilizia/artigianato, promettendo con la soppressione di un valore fittizio di crearne uno ben più tangibile. Ma in un paese di inquilini e, d’altra parte, con lobby influenti che potrebbero esserne toccate, la battaglia si preannuncia accesa. Non per niente il balzello è sopravvissuto per quasi un secolo. Susanna Cattaneo
ESPERIENZA CHE GUIDA
I TUOI
INVESTIMENTI

STRATEGIE INDIPENDENTI
E DI NICCHIA DAL 1971
Quando il negozio è ancora un affare
Fare i conti con il digitale è inevitabile per il commercio al dettaglio, ma non è detto che strategie intelligenti non possano favorire la complementarietà. Fondamentale la qualità dell’esperienza di acquisto, che significhi velocità e convenienza, come nell’alimentare, o consulenza specialistica e personalizzazione del prodotto, come nel non food. Concetti che il punto di vendita rende tangibili.

Riprendendosi dai postumi degli anni pandemici, l’anno scorso il commercio al dettaglio svizzero è tornato a crescere leggermente, con la domanda alimentata dal calo dell’inflazione e sostenuta dall’andamento positivo di occupazione e immigrazione, sebbene la forza del franco non manchi di incentivare il turismo degli acquisti (in teoria, meno da questo primo gennaio con la riduzione del limite di franchigia a persona a 150 franchi al giorno). Ma al di là delle cifre incoraggianti, il boom dell’e-commerce e, in generale, le nuove tecnologie stanno innegabilmente e rapidamente modificando il comportamento dei consumatori, insieme alla diffusione della crescente sensibilità alle questioni della sostenibilità e della responsabilità sociale.
In particolare, l’anno scorso è stato il segmento alimentare a registrare una crescita sostenuta (+2,5% nominale a lu-
Sopra, la Bahnhofstrasse in una cartolina del 1926. Malgrado la concorrenza dell’e-commerce, un secolo dopo, la presenza fisica rimane strategica nell’alimentare, ma anche i brand del non food continuano a contendersi le posizioni più privilegiate.
Variazione del numero di negozi
Cfr. 2019-2023, in %
Convenience Stores
Rivenditori indipendenti, catene di alimentari (Landi, Spar, Volg ecc.)
Coop e Migros (supermercati)
Negozi specializzati non food
Abbigliamento
Fonte: GFK
glio), mentre le vendite del non food sono aumentate di nuovo solo debolmente (+0,9%, e-commerce incluso, che ristagna nel segmento alimentare ma continua a crescere per il non food).
Il mercato immobiliare delle superfici di vendita sta di conseguenza proseguendo nel suo cambiamento strutturale a lungo termine: «Mentre le superfici di vendita nel segmento alimentare beneficiano della crescita, nel non food ristagnano o diminuiscono a causa della concorrenza dell’online. Una tendenza che si riflette anche nella riduzione del numero di punti vendita specializzati. L’attuale basso livello di attività edilizia per spazi commerciali è in generale una buona notizia per i proprietari, in quanto significa che al momento non si sta accumulando ulteriore eccedenza di offerta. Tuttavia, i volumi di investimento per i permessi di edificazione di nuovi spazi commerciali sono recentemente aumentati leggermente, il che indica una ripresa dell’attività di costruzione», illustra Andrea R. Boschetti, manager di Wüest Partner.
Fatturato vendite al dettaglio Destagionalizzato (gennaio 2014 = 100)
Mentre negli ultimi quattro anni i convenience store, le filiali di rivenditori indipendenti, i discount e i supermercati sono stati in grado di espandersi fortemente, i negozi specializzati e i grandi magazzini sono stati particolarmente colpiti. «I nuovi spazi commerciali vengono creati principalmente in proprietà a uso misto con un’alta percentuale di residenziale e per formati in espansione come convenience store e discount. Nel 2024, l’offerta è stata leggermente superiore all’anno precedente, ma inferiore alla media decennale (-6,7%). Si è osservata una crescita soprattutto nei centri di piccole e medie dimensioni e negli agglomerati dei grandi centri, mentre la liquidità del mercato è in calo nelle aree periferichenon perché il commercio al dettaglio sia in piena espansione, ma perché, a causa della mancanza di domanda, in molti casi viene convertita la destinazione d’uso», prosegue Andrea R. Boschetti.
Tra la metà del 2023 e la metà del 2024 a livello nazionale i canoni di locazione degli spazi commerciali sono diminuiti dell’1,4% in termini nominali (2,7% in termini reali), in linea con il calo medio annuo registrato dallo scoppio della pandemia. A salvarsi, con un leggero aumento, le posizioni privilegiate nelle principali vie dello shopping, contese dai grandi brand.
«Prevediamo che entro la fine del 2025 i canoni diminuiranno in media di un ulteriore 1,5%. Nonostante la solidità dei consumi privati, la crescita demografica e la situazione occupazionale positiva che stabilizzano il mercato degli spazi commerciali, la crescente concorrenza del digitale rimane una sfida fondamentale. La pressione per distinguersi dai competitor è in costante aumento, ma è proprio qui che molti rivenditori si trovano in difficoltà. Invece di posizionarsi in modo chiaro, cercano di coprire tutti i requisiti e le esigenze della clientela, il che rischia di portare a un profilo sfocato», commenta l’esperto di Wüest Partner.
Strategie di differenziazione, creatività e un uso mirato delle nuove tecnologie sono i fattori chiave di riuscita. «Ma non basta, spesso sono necessari anche investimenti significativi per avere successo a lungo termine: occorre infatti trovare il giusto equilibrio tra esperienza e significato da un lato, velocità e vicinanza dall’altro, costi e prezzi interessanti dal terzo», precisa Andrea R. Boschetti.
«Prevediamo che entro la fine del 2025 i canoni di affitto degli spazi commerciali diminuiranno in media di un ulteriore 1,5%. Nonostante la solidità dei consumi privati, la crescita demografica e la situazione occupazionale positiva, la crescente pressione del digitale rimane una sfida fondamentale per il retail»
Andrea R. Boschetti, Manager
di Wüest Partner
Nuove licenze edilizie
spazi commerciali, in mio. Chf

Offerta di spazi commerciali
■ Centri di grandi dimensioni
■ Agglomerazioni grandi centri
■ Piccoli e medi centri
■ Agglomerazioni di piccoli e medi centri
■ Periferia
Fonte: Baublatt, Wüest Partner, Q3 2024
Canoni di locazione richiesti Per spazi commerciali (1Q 2014 = 100)
■ Centri di grandi dimensioni
■ Agglomerazioni grandi centri
■ Piccoli e medi centri
■ Agglomerazioni di piccoli e medi centri
■ Periferia
Fonte:Wüest Partner, Q4 2024
Canoni massimi nei grandi centri Chf/mq
Regione Zurigo Regione Basilea
Ginevra Cantone Ticino
Fonte: Wüest Partner
In particolare, tempo e comodità sono fattori decisivi per necessità quotidiane come il cibo. Vince chi offre distanze ridotte e processi efficienti, che beneficiano anche dell’integrazione del digitale: casse self-service, sistemi di scansione automatica e modelli click-and-collect (ordino a casa, ritiro in negozio) accelerano le operazioni. Lo conferma anche l’esperienza del leader del commercio al dettaglio elvetico Coop, che con i suoi 2.429 ne-
Zurigo Berna Basilea Losanna Ginevra Lugano
Fonte: Wüest Partner
Con le nuove abitudini dei consumatori, sempre più votati al digitale, complice anche il ricambio generazionale, prosegue l’evoluzione strutturale per il mercato immobiliare degli spazi commerciali. A farne le spese, soprattutto i negozi specializzati e grandi magazzini. Leggera crescita di offerta e canoni di locazione solo nei centri di piccole e medie dimensioni o negli agglomerati dei grandi centri.

«Con 965 supermercati classici e 1.464 punti vendita nei formati specializzati, Coop attribuisce grande importanza alla vicinanza alla clientela e al contatto personale. Al contempo questa rete, la più fitta nel commercio al dettaglio svizzero, costituisce parte integrante della nostra offerta omnichannel»
Thomas Ditzler, portavoce di Coop Group

Con il nuovo concetto di negozio ‘2025+’ che sta introducendo nei suoi supermercati, Coop vuole offrire un’atmosfera accogliente e piacevole, a partire da design e illuminazione.
gozi dispone della rete di punti vendita più fitta del settore in Svizzera. «Con 965 supermercati classici e 1.464 punti vendita nei formati specializzati, Coop attribuisce grande importanza alla vicinanza con la clientela e al contatto personale, corrisposta dall’aumento netto del numero di contatti con i clienti, circa 25 milioni nel 2023 per i soli supermercati», evidenzia Thomas Ditzler, portavoce di Coop. «Anche le piccole filiali sono centrali per Coop, nata proprio 160 anni fa con i tradizionali negozi di paese e quartiere. Al contempo, questa ampia rete di vendita costituisce parte integrante della nostra offerta omnichannel. Con coop.ch creiamo il collegamento tra dimensione fisica e digitale: i nostri clienti possono ordinare comodamente online e poi ritirare i prodotti presso un punto vendita, quando sono comodi, o farseli recapitare a domicilio, possibilità molto apprezzate», prosegue Thomas Ditzler.
Le nuove tecnologie, in particolare l’intelligenza artificiale, stanno diventando una forza trainante a più livelli. Aiutano a ottimizzare l’assortimento e lo stoccag-
gio, aumentano l’efficienza della catena di approvvigionamento e consentono di ottimizzare il posizionamento dei prodotti e creare offerte personalizzate, con vantaggi sia per i grandi distributori ma anche a portata dei piccoli rivenditori.
Nel non food, chi si reca in negozio si aspetta invece una consulenza specialistica ed esperienze autentiche, che vadano oltre il semplice acquisto. Anche un leader delle telecomunicazioni come Swisscom, dunque con servizi legati soprattutto al digitale, continua a ritenere essenziale investire nei punti di contatto fisici con la clientela. «Entro la fine dello scorso anno, tutti i 120 Swisscom Shop in Svizzera sono stati aggiornati al nuovo concept Retina, sviluppato da un team creato ad hoc per rinnovare il nostro canale fisico principale, che attira circa 7,5 milioni di visita-
tori all’anno (475mila in Ticino), creando un ponte tra il mondo analogico e quello digitale», afferma Massimiliano Bettosini, Head of Sales Region Swisscom per il Ticino, Alto Vallese e Berna. Il concept prevede tre aree: all’ingresso una zona di accoglienza e ispirazione, dove registrarsi e curiosare fra nuovi prodotti e offerte. La zona centrale è destinata all’assistenza per servizi rapidi mentre nella terza area si può ricevere una consulenza personale completa in un’atmosfera intima e accogliente. «Il design è moderno e luminoso, con attenzione alla scelta dei materiali, non a caso Swisscom è l’azienda di telecomunicazioni più sostenibile al mondo. C’è dunque la possibilità di toccare con mano i nuovi prodotti e scoprire gli ecosistemi digitali del futuro, ma soprattutto vogliamo offrire un’esperienza speciale e il plus di una consulenza di alto livello, per cui abbiamo investito molto nei collaboratori presenti nei nostri Shop, circa un migliaio, con skill molto specifiche» sottolinea Massimiliano Bettosini. A conferma, l’anno scorso, per la quarta volta consecutiva, il personale degli Swisscom Shop ha conquistato il primo posto nell’intera area Dach del test connect dei punti vendita. Ogni filiale viene visitata due volte da esaminatori in incognito che valutano arredamento, atmosfera, accoglienza e qualità della consulenza.
A portare all’apice la tendenza di sorprendere con esperienze memorabili, sono i brand del lusso che non esitano a investire in allestimenti di alta qualità per creare un ambiente unico, con materiali pregiati, installazioni luminose, sonore e olfattive per progetti spesso firmati, a cui si aggiunge la personalizzazione di prodotti e servizi, secondo una visione che coniuga l’esclusività alla qualità e ai valori
Cresce soprattutto nel non food la percentuale dell’e-commerce. Per una strategia vincente, occorre trovare il giusto equilibrio tra esperienza, velocità e prezzi interessanti.
aziendali. Misure ad alta intensità di investimento, che creano un valore aggiunto difficilmente replicabile online.
Ma anche nei segmenti più prosaici come l’alimentare, il design dei punti vendita viene costantemente adattato alle mutate esigenze dei clienti e alla loro sensibilità. «Con il nuovo concetto di negozio 2025+ che stiamo introducendo nei nostri supermercati, vogliamo offrire un’esperienza di acquisto accogliente e piacevole. Gli elementi in legno vicino al reparto frutta e verdura, creano un’atmosfera calda, da mercato, fin dall’ingresso», spiega il portavoce di Coop. «L’illuminazione è parte integrante del design, attenta a non utilizzare colori artificiali per assicurare un’impressione il più possibile autentica dei prodotti, e anche l’efficienza energetica gioca un ruolo fondamentale in linea con l’importanza che come Gruppo attribuiamo alla sostenibilità. Inoltre abbiamo inaugurato alcuni concept store, come lo shop Karma a Zugo, per la nostra gamma di prodotti privi di carne, o il concept store Fooby a Losanna, dove tutto ruota attorno all’artigianato gastronomico», sottolinea Thomas Ditzler.
Malgrado l’alleanza ormai irrinunciabile con l’online, il mattone sembra dunque ancora strategico per la grande distribuzione. Coop, in affitto nella maggior parte dei suoi punti vendita, prevede di continuare a inaugurarne di nuovi, aprendo il numero 1000 nel 2026 e decine di altri entro il 2030.
Se il digitale è onnipresente e sempre a portata, quando si tratta di scegliere le ubicazioni dei propri punti vendita, l’attenzione al flusso fisico dei visitatori è determinate. Swisscom, anche lei quasi sempre locataria, le seleziona con cura. «Gli Swisscom Shop sono situati in po-
«Entro la fine dello scorso anno, tutti i 120 Swisscom Shop in Svizzera sono stati aggiornati all’innovativo concept Retina. Non solo c’è la possibilità di toccare con mano i nuovi prodotti, ma soprattutto vogliamo offrire un’esperienza speciale e il plus di una consulenza di alto livello»
Massimiliano Bettosini, Head of Sales Region Swisscom Ticino, Alto Vallese e Berna

Anche per un protagonista del digitale come Swisscom, i punti vendita fisici rimangono essenziali, come conferma l’importante investimento nella sua rete di 120 Shop, tutti rinnovati secondo l’innovativo concept Retina.

sizioni nevralgiche, con elevata densità di passaggio: stazioni e aeroporti, i principali centri urbani e commerciali, oppure location meno centrali ma comode da raggiungere per la clientela, quelli che definisco ‘street shop’. Negli ultimi due anni i flussi pedonali si sono modificati con le abitudini della popolazione o lo sviluppo di nuovi poli di attrazione. Sono evoluzioni che vanno continuamente monitorate per non perdere ‘posizioni’
Qualità, tempo e costi i fattori decisivi
Possibili misure per strategie di diversificazione di successo
Qualità: Esperienza / Valori Test sui prodotti per migliorare l’esperienza di acquisto
Utilizzo IA per il layout dei negozi e il posizionamento dei prodotti per migliorare l'esperienza d'acquisto
Arredi e materiali di alta qualità, concetti di illuminazione, installazioni, suoni o profumi
Consulenza di alta qualità e personalizzazione prodotti
Convenience Stores per brevi distanze e acquisti rapidi Implementazione delle opzioni di self-scanning e self-checkout
Tempo: Velocità / Vicinanza
Workshop o Eventi in-store
Focus su sostenibilità e responsabilità sociale
Prezzi da discount con attenzione alla sostenibilità
Utilizzo di approcci omnichannel e ritiro in negozio
Utilizzo IA nella pianificazione dell'assortimento per migliorare la disponibilità dei prodotti
Costi: prezzi attrattivi
Utilizzo IA nella gestione della supply chain per ridurre i costi
Analisi predittiva per una gestione efficiente dell'inventario
rispetto alla concorrenza, che a sua volta ha una forte presenza. A volte allestiamo piccoli shop temporanei studiando la reazione della clientela per alcuni mesi prima dell’installazione definitiva», precisa l’Head of Sales Region di Swisscom. Da una parte la generazione dei babyboomer che, ormai agli onori della pensione, rimane il grande bacino dell’offline, dall’altra la nuova guardia dei nativi digitali, ampiamente a suo agio sulle piattaforme e molto meno facilmente fidelizzabile, pronta a cambiare bandiera per intercettare le novità o brand più affini alla propria sensibilità. Due target dalle esigenze e abitudini anche diametralmente opposte che per il settore della vendita al dettaglio sarà fondamentale comprendere e soddisfare, senza perdere di vista i più âgés perché, se il futuro è dei giovani - come invece ben evidenzia il Retail Outlook 2025 pubblicato da Ubs,è proprio appena dopo la pensione, nella fascia i 65 e i 74 anni, che i consumi sono superiori alla media.
Susanna Cattaneo
Il patrimonio degli edifici industriali
Dalle piccole manifatture rurali alle officine dell’industria pesante, dai centri logistici globali ai laboratori high-tech del pharma: due secoli di un patrimonio edilizio testimone dello sviluppo non solo paesaggistico del territorio ticinese, ma anche economico, tecnologico e sociale.
Un’architettura in cui il contenitore quanto mai è a servizio del contenuto, per integrarne processi produttivi e apparati tecnici. Oggi sempre più orientata a criteri di sostenibilità e innovazione.

Quando si parla di architettura, quella industriale rischia di esser relegata in secondo piano, penalizzata dalla sua natura funzionale. Eppure si tratta di un patrimonio edilizio e manifatturiero dal valore unico, con la capacità di testimoniare, insieme all’evoluzione economica e infrastrutturale di un territorio, il suo sviluppo sociale, tecnico e tecnologico, in un incrocio fra le linee direttrici della macrostoria e lo spirito imprenditoriale dei singoli. Forse non tanto per l’apparente minor nobiltà della materia, quanto per la complessità del compito, che richiede un approccio interdisciplinare e un lungo lavoro di ricerca fra archivi e sopralluoghi, l’architettura industriale svizzera ha cominciato a essere studiata solo da una ventina di anni, grazie al progetto industriekultur.ch, sostenuto dalla Società svizzera di cultura industriale e
Sopra, la sala del carico e scarico della ex fabbrica di cioccolato Tobler, poi tipografia Veladini, a Lugano, con la copertura sorretta da una splendida carpenteria lignea costruita secondo il raffinato e innovativo sistema Hetzer nel 1919-20.
storia della tecnica con sede a Winterthur. «Per il Ticino, dei 740 oggetti individuati da un preliminare censimento a tappeto, escludendone poi i ruderi o quelli rimaneggiati al punto da aver perso il carattere originario, ne sono stati selezionati 250 ai quali dedicare schede di approfondimento, ora consultabili comodamente nell’inventario online», racconta la storica dell’arte Valeria Frei che, dopo aver seguito fra il 2019 e il 2023 il progetto, sostenuto dall’Ufficio dei beni culturali, ha curato anche l’interessante pubblicazione
Ticino industriale. Una guida architettonica (Edizioni Casagrande, 2024). Focalizzato su un centinaio circa di oggetti fra i più rappresentativi delle varie tipologie degli stabilimenti nella regione, suddivisi in sette sezioni corredate da preziosi testi introduttivi, il volume suggella su carta i risultati della ricerca, anche grazie alle altrettanto fondamentali fotografie di Tonatiuh Ambrosetti.
Alcuni fra questi edifici sono beni architettonici tutelati, come l’impianto idroelettrico del Ritom, protetto a livello nazionale, e non pochi sono stati disegnati da rinomati architetti, come i Magazzini Generali del Punto Franco a Chiasso-Balerna con l’adiacente tettoia, un capolavoro architettonico-ingegneristico di Robert Maillart (1924), o i tanti lavori di Rino Tami, responsabile anche della progettazione unitaria dell’infrastruttura stradale dell’A2 e manufatti annessi; fino a Gio Ponti, autore della fabbrica di impianti zootecnici Safiz a Giubiasco (una recentissima scoperta di Matteo Chiosi), né mancano i grandi studi di ingegneria. «Ma non solo: ci sono molti edifici interessanti non necessariamente per la firma, ma per l’utilizzo di nuovi materiali e tecniche costruttive, basti pensare al complesso dell’ex fabbrica di cioccolato Tobler, poi tipografia Veladini, nel quartiere di Besso, con la bellissima area di carico-scarico sormontata da una copertura in legno lamellare generosamente illuminata, che se all’epoca era innovativa e funzionale, oggi si distingue per la sua qualità ingegneristica ed estetica», esemplifica Valeria Frei, che è anche redattrice responsabile per l’antenna svizzero-italiana della Società di storia dell’arte in Svizzera.
Sotto, a sinistra l’ex fabbrica Cima Norma, già più importante industria della Valle di Blenio e oggi centro polifunzionale, che potrebbe tornare a produrre cioccolato grazie al progetto dell’imprenditore belga-persiano Abouzar Rahmani. Al centro, presso le Officine Ffs di Bellinzona, un bell’esempio di inglesina, finestra tipicamente industriale che mostra l’alleanza fra ferro e vetro.
A destra, un dettaglio della tettoia progettata da Robert Maillard per i Magazzini Generali del Punto Franco a Chiasso-Balerna (1924), capolavoro nel suo genere: una colata di cemento armato senza connessioni, né giunti.

«Alcuni fra gli stabilimenti industriali conservati in Ticino sono beni architettonici tutelati, non pochi sono stati disegnati da rinomati architetti, né mancano i grandi studi di ingegneria. Ma non solo: ci sono molti edifici interessanti non necessariamente per la firma, ma per l’utilizzo di nuovi materiali e tecniche costruttive»
Valeria Frei, storica dell’arte, autrice di “Ticino industriale”
Proprio la coerenza fra contenitore e contenuto è uno degli aspetti più caratteristici e istruttivi degli edifici industriali. Volumi, forme e materiali si adeguano alle attività produttive, all’impiantistica e all’organizzazione del lavoro. «Ad esempio, i caseggiati delle filande, non avendo materiali pesanti da lavorare, potevano salire in altezza, ma con la necessità di locali unici, lunghi e stretti, senza disimpegni centrali, per sfruttare al meglio grazie alle numerose finestre perimetrali la luce naturale necessaria alle operaie quando ancora non c’era l’illuminazione elettrica. Al contrario, le officine dell’industria pesante avevano uno sviluppo monoplanare, appoggiate direttamente sul terreno per reggere la mole e le forti vibrazioni dei macchinari, nonché il peso dei materiali da lavorare e dei manufatti, oltre ad agevolare le operazioni di carico e scarico. Gli spazi, articolati seguendo la logica dei processi della lavorazione - stoccaggio delle materie prime, produzione, controllo, deposito - erano pertanto molto ampi, con aperture verso l’alto per permettere a fumi e calore di fuoriuscire; poveri e funzionali i materiali», illustra Valeria Frei.
La storia che si ripercorre attraverso questi edifici è anche quella di un Ticino che, a lungo con un’industria legata a doppio filo al mondo rurale (coltivazione di tabacco e del gelso per i bachi da seta), solo con gli importanti investimenti nello sviluppo dell’infrastruttura viaria e dei trasporti ha potuto salire a bordo del ‘treno’ industriale, in particolare dopo


l’inaugurazione del Tunnel del San Gottardo nel 1882. Vent’anni più tardi, da 22 fabbriche se ne contavano già 147. Da inizio Novecento la piana di Bodio diventò un magnete per le imprese energivore promosse dai gruppi nordalpini che necessitavano della ferrovia per l’esportazione delle merci e che qui erano servite dalla centrale idroelettrica Vecchia Biaschina, voluta dal lungimirante ingegner Agostino Nizzola. Negli anni precedenti la prima guerra mondiale, l’area dava lavoro a mille operai, fasti poi rinnovati nel secondo dopoguerra dall’insediamento della Monteforno.
Con la diffusione su larga scala dell’energia elettrica e la sostituzione degli ingombranti macchinari in ghisa alimentati a vapore, rimpiazzati da veloci e leggere macchine in acciaio finalmente libere da cinghie e pulegge di trasmissione, i ritmi




Sopra, due riusciti casi di riconversione di spazi industriali: da sinistra, il cementificio Saceba di Morbio Inferiore, attivo dal 1963 al 2003, riqualificato sia dal punto di vista naturalistico che didatticoculturale, e l’ex fabbrica di tabacchi Polus a Balerna, ora centro polifunzionale, che conserva anche il bel ciclo di dipinti di Carlo Basilico. Accanto, l’eleganza dell’ex camiceria Realini, divenuta sede del gruppo Ermenegildo Zegna, e a destra, recentissima scoperta, l’unico progetto del maestro Gio Ponti in Svizzera, l’ex stabilimento Safiz a Giubiasco, caratterizzato dalla copertura a shed.
A sinistra, la copertina del volume Ticino industriale. Una guida architettonica, Edizioni Casagrande, 2024.
Il progetto nazionale industriekultur.ch
Per raccogliere la memoria di un patrimonio architettonico che testimonia quasi due secoli di storia industriale svizzera e per permettere anche alle future generazioni di comprendere come ne abbia plasmato il tenore di vita e lo sviluppo degli insediamenti e dei trasporti, è stato avviato nel 2006 il progetto nazionale industriekultur.ch, un inventario online, accessibile gratuitamente, accompagnato da una serie di pubblicazioni curate dall’esperto Hans-Peter Bärtschi, promotore dell’iniziativa, sostenuta dalla Società svizzera di cultura industriale e storia della tecnica (sgti.ch), con sede a Winterthur. I finanziamenti provengono da Confederazione, cantoni, comuni, fondazioni e sponsor privati. Progredendo a tappe, il repertorio copre oggi circa metà del territorio nazionale, Ticino incluso, per il quale si aggiunge la guida Ticino industriale (Edizioni Casagrande, 2024), protagonista del presente articolo. Attualmente sono disponibili già circa 5.000 oggetti con 7.000 sotto-schede: edifici rilevanti da un punto di vista storico e architettonico, ma anche macchinari, strutture per il trasporto, archivi di fabbriche dei due secoli passati. Entro fine anno si aggiungeranno le pagine dedicate ai Cantoni Argovia e Soletta, successivamente si proseguirà con la Svizzera romanda. L’obiettivo della coordinatrice del progetto, Hanna Gervasi, è concludere entro il 2030, con un totale di 11mila pagine di approfondimento. Ciascun oggetto sarà documentato con almeno un breve testo e un’immagine, approfondendo la descrizione per i più complessi o particolarmente ben conservati. Sarà così possibile offrire una panoramica completa e accurata che, travalicando i confini regionali, permetta di confrontare gli oggetti, identificare quelli rari e unici da preservare e fornire nuovi stimoli per ricerche o interventi di riconversione.
di lavoro e l’intera catena produttiva subirono uno stravolgimento ben visibile nella trasformazione degli stabilimenti dopo il secondo conflitto mondiale, vuoi in direzione di un carattere più rappresentativo, vuoi soprattutto esaltando funzionalismo e razionalità. «A permetterlo anche l’evoluzione delle tecniche di costruzione e dei materiali. In precedenza nascosto, impiegato come elemento strutturale, con l’industrializzazione il ferro viene sempre più esibito. In combinazione con una nuova lavorazione del vetro, consente ad esempio di produrre le ampie finestre a inglesina e le coperture a shed o dente di sega. Armando il calcestruzzo, apre la strada a una nuova sintassi ortogonale, caratterizzata da tetto piano e finestre a nastro, sostenuti dall’ossatura cementizia portante che concentra la statica su piloni e solette. Il concetto di produzione di massa, a basso costo e rapida, prese così piede anche nella costruzione degli stabilimenti, con l’adozione di elementi prefabbricati, modulari, economici e pratici», prosegue la storica dell’arte.
Furono anni, per il Ticino, di forte crescita e differenziazione industriale: tessile, orologiero, alimentare, farmaceutica, meccanica di precisione e metalmeccanica, semilavorati, … Un ricco panorama destinato a un nuovo radicale mutamento con la crisi petrolifera di metà anni Settanta e l’avvio della terziarizzazione che, in linea con il processo di deindustrializzazione trasversale all’intero paese, anche qui ha visto dismettere molti degli edifici protagonisti dell’era del manifatturiero.
Le riconversioni sono una felice possibilità di riportare in vita alcuni di questi spazi che, in virtù del loro valore storico e architettonico o di un’ubicazione interes-

sante, possono ospitare nuove realtà: centri culturali o percorsi didattici, location per eventi, spazi di coworking, ecc. «Uno dei primi esempi è stata l’ex fabbrica di tabacchi Polus a Balerna (1912), trasformata in un centro polifunzionale che può accogliere una trentina di aziende. Nella sala che ospitava il refettorio delle sigaraie, oggi destinata a eventi e seminari, nel 2008 è stato restaurato il bel ciclo pittorico realizzato da Carlo Basilico», racconta Valeria Frei. Un altro fra i più emblematici edifici industriali che si appresta a una riconversione è la ‘Cattedrale’, il monumentale edificio delle Officine cen-
Fra i protagonisti dell’odierna industria ticinese, focalizzata su produzioni ad alto valore aggiunto e innovazione, il pharma. Ibsa, già prima del cantone a munirsi di area sterile, sta sviluppando ora un intero distretto, CorPharma, votato all’R&D e ispirato a criteri di sostenibilità e responsabilità sociale.

trali Ffs di Bellinzona, disegnato nel 1921 da un giovane Mario Chiattone. Oltre un secolo dopo, mentre si stanno costruendo le nuove Officine a Castione, si prepara ad accogliere l’hub dedicato alle scienze della vita dello Swiss Innovation Park Ticino, a immagine e somiglianza del cambiamento che ha toccato il tessuto economico cantonale che, complice la forza del franco, si è riorientato sulle produzioni ad alto valore aggiunto: chimica, pharma e medtech, lusso e metalli preziosi, elettronica e meccanica di precisione. Aziende svizzere e internazionali o start up che in Ticino trovano le condizioni quadro ideali in termini di sicurezza, fiscalità e innovazione, stabilendo qui le loro sedi strategiche, le divisioni di Ricerca e sviluppo o una produzione su misura. Lo si è visto anche nella trasformazione di settori di lunga data come il tessile che, se dopo il crollo dell’industria serica ha ancora conosciuto una stagione felice con le fabbriche di biancheria e le camicerie, oggi di qualche grande nome del fashion

accoglie le sedi amministrative, l’R&D o la logistica (come VF International a Stabio o Hugo Boss a Coldrerio).
«Molte aziende della nuova industria si affidano per i loro edifici alla prefabbricazione, ma non mancano progetti originali e di qualità. In particolare sono interessanti dal profilo architettonico le soluzioni tecnologiche e innovative di industria chimica, pharma e medtech, che necessitano di un’impiantistica complessa, spesso fino a un terzo della loro superficie totale. Alcuni la integrano, altri la sfoggiano, con tubi di acciaio sul tetto o attorno alle facciate, che sono la moderna versione dell’estetica della macchina. Al contempo, grande attenzione viene data alla sostenibilità, spaziando dall’ergonomia delle postazioni di lavoro alla presenza di aree verdi. Un esempio eloquente è sicuramente il distretto CorPharma che Ibsa sta sviluppando nel Pian Scairolo su un’area di ben 68mila metri quadri, coordinato dall’Arch. Christophe Almeida Direito, trasformando l’insediamento industriale all’insegna della cura per l’ambiente e il benessere dei lavoratori», conclude la curatrice di Ticino industriale. Mentre ci si affaccia alla nuova era dell’industria 4.0, resta da vedere se le fabbriche, che si fanno sempre più artificialmente intelligenti, sapranno rendere interessanti e praticabili anche sul costoso suolo elvetico le nuove forme di produzione personalizzata e just in time, dando forma al settore secondario del domani e, con esso, al paesaggio ticinese. A loro volta, sempre più beneficiando dei nuovi strumenti digitali di progettazione e gestione degli edifici, come il Bim.
Susanna Cattaneo
Una strategia ben orchestrata

Le sfide, a partire da quelle finanziarie, non mancano nemmeno per istituzioni culturali del prestigio della più antica formazione sinfonica svizzera, la Tonhalle-Orchester Zürich. Una partitura complessa da comporre fra aspirazioni artistiche e audience development, quando alle classiche note del proprio repertorio bisogna saper unire voci innovative, senza snaturarsi.
Ogni stagione più di 150 concerti. Un centinaio circa vede protagonisti i musicisti dell’orchestra che della sua città porta orgogliosamente il nome: la Tonhalle-Orchester Zürich. Come sin dalle sue origini nel 1868, anche oggi sotto la bacchetta del direttore principale Paavo Järvi, la predilezione della più antica orchestra sinfonica svizzera va alla grande musica classica, senza escludere la volontà di esplorare nuovi orizzonti.
Fondata nel febbraio 2020, la TonhalleGesellschaft Zürich Ag ha raccolto il testimone dell’associazione che dal 1891 era stata lo sponsor dell’orchestra. Accanto alla gestione di quest’ultima e della sala concerti, la società presenta programmi di musica da camera con i musicisti di casa e/o con solisti ed ensemble internazionali; inoltre è impegnata nella creazione di una grande varietà di attività nel campo dell’educazione musicale per gruppi target, dai 4 ai 99 anni.
Direttrice artistica, da un decennio tondo, Ilona Schmiel, con cui abbiamo approfondito le sfide finanziarie e le scelte strategiche necessarie per capitalizzare la propria tradizione e continuare a nutrirla e condividerla.
Ilona Schmiel, nonostante la qualità e il successo raggiunto sul piano artistico dalla sua Orchestra, la Tonhalle-Gesellschaft Zürich si trova ad affrontare una situazione di sottofinanziamento strutturale. Quali i principali fattori di costo? Il nostro modello finanziario si basa su un partenariato pubblico-privato per un volume di vendite di 38 milioni di franchi a stagione: il 53% è sostenuto dalla città di Zurigo, il 47% è suddiviso tra vendita di biglietti, fondi privati e affitto della sala concerti ad altri promotori. Il 79% dei costi del personale per i musicisti dell’Orchestra e per i dipendenti della Direzione è coperto dalla Città di Zurigo. Il restante 21% deve essere finanziato da fondi privati, il che è del tutto irrealistico in Svizzera. Abbiamo quindi bisogno di una percentuale maggiore di sovvenzioni pubbliche per i costi operativi fissi. Tutti gli altri costi artistici, di gestione e di presentazione, anch’essi in aumento, oltre ai due team impiegati, potrebbero invece essere coperti dalle entrate menzionate. In compenso, quale indotto e valore aggiunto portate al vostro territorio?
Fra le più grandi istituzioni culturali di Zurigo, contiamo oggi 160 dipendenti e oltre 100 liberi professionisti che lavorano
Epicentri culturali
Per portare avanti con successo la loro attività di offerta e produzione di contenuti artistici, i centri culturali svizzeri - siano essi a vocazione museale, concertistica, scenica o multidisciplinare - si trovano accomunati dalla necessità di garantire la propria sostenibilità finanziaria individuando i pilastri strategici su cui fondare il futuro sviluppo, a partire dall’urgenza di intercettare nuovi pubblici e sostenitori. Un’esigenza a cui sottostà anche la società che gestisce una delle istituzioni più emblematiche del panorama culturale svizzero, la Tonhalle-Orchester Zürich, con cui Ticino Management inaugura una serie di articoli che intersecano cultura ed economia, nella consapevolezza del valore aggiunto che realtà di questo prestigio e qualità generano per l’intero territorio in cui si radicano, dalle collaborazioni con i fornitori regionali, al sostegno della scena artistica locale alle sinergie con l’industria del turismo.
per noi in diversi settori. La scorsa stagione si sono svolti più di 280 spettacoli (152 nostri concerti e 131 di altri organizzatori) con circa 200mila visitatori. 44mila persone hanno partecipato a progetti di educazione musicale, spesso legati ad aziende e fondazioni che sostengono la Tonhalle. Zurigo è una delle più piccole città metropolitane del mondo con la maggior densità di istituzioni culturali di alta qualità. Insieme costituiscono l’attrazione turistica più importante, accanto a natura e alle opportunità di shopping. Uno dei punti salienti della sua direzione è stata, nel 2021, la riapertura della storica Tonhalle am See dopo quattro anni di ristrutturazione. Perché si è reso necessario un intervento così impegnativo? Tecnicamente la sala da concerto aveva bisogno di un ammodernamento strutturale per raggiungere il giusto livello per i concerti e le produzioni del XXI secolo. Abbiamo rinnovato il palcoscenico e costruito un nuovo organo un po’ più piccolo per avere più spazio e migliori risultati acustici. Per riportare alla luce la bellezza originaria del 1895 sono stati rimossi 2500 kg di vernice beige, apposta nel 1939 quando, in occasione dell’esposizione internazionale, le due sale della Tonhalle vennero integrate nel nuovo complesso congressuale modernista che rimpiazzò il precedente Trocadero, modellato dal celebre duo di architetti viennesi Fellner & Helmersu quello parigino. La Tonhalle Zürich rientra ora tra le migliori sale d’Europa per quanto riguarda acustica e ottica. L’investimento è stato finanziato con fondi pubblici della Città di Zurigo e approvato in votazione popolare nel 2016 con il 75% dei consensi. Quattro anni di lavori che non avete vissuto sotto tono, come si poteva rischiare. La sede provvisoria, denominata Tonhalle Maag, è stata creata in una ex-fabbrica di ingranaggi con un facile accesso per tutti. Questa sala provvisoria e l’ambiente circostante ci hanno proiettato nel Ventunesimo secolo permettendo di offrire un’enorme varietà di allestimenti sperimentali e nuovi formati. L’edificio si trova a soli 3 km dal lago, nella zona di “Zurigo Ovest” che si distingue per il fascino industriale, nuove sedi di grandi aziende, attività commerciali alternative, gallerie, start up, una vivace scena di club e le numerose offerte gastronomiche. Grazie al boom edilizio sono stati costruiti nuovi appartamenti e hotel. Senza dimenticare
«Durante i quattro anni di lavori di ristrutturazione, il trasferimento nella sede provvisoria della Tonhalle Maag, nella dinamica zona di Zurigo Ovest, ci ha permesso di attirare un pubblico nuovo, eterogeneo e più giovane, che abbiamo legato a noi al ritorno nella storica Tonhalle am See nel 2021. Una “cura ringiovanente”»
Ilona Schmiel, direttrice artistica della Tonhalle-Zürich Gesellschaft
Fondi operativi In mio Chf, stagione 2023/24

Spese operative In mio Chf, stagione 2023/24
■ Proventi da concerti ed eventi ■ Contributi di privati ■ Sovvenzioni Città di Zurigo: attività concertistica
■ Contributi Città di Zurigo: costi di sala
■ Fondo Lotteria Canton ZH ■ Altri proventi gestione 18,41
Fonte: Tonhalle-Gesellschaft Zürich
■ Spese per concerti ed eventi ■ Spese per personale ■ Spese per i locali ■ Altre spese di gestione
Fonte: Tonhalle-Gesellschaft Zürich
Frequentazione dei concerti della Tonhalle-Gesellschaft Zürich
Stagione 2023/24
Tipologia evento N. concerti
Fonte: Tonhalle-Gesellschaft Zürich
La città di Zurigo sostiene le sue istituzioni culturali
Sovvenzioni a fondo perso, mio. Chf esclusi ammortamenti e contributi agli investimenti, 2023
Schauspielhaus Zürich 39,24
Tonhalle-Gesellschaft Zürich 20,68
Zürcher Kunstgesellschaft 13,26
Theater Neumarkt 5,32
Rote Fabrik 4,98
Stiftung Zürcher Kunsthaus 4,88
Fonte: Stadt Zürich
Gessnerallee 3,38
Zürcher Kammerorchester 3,32
Tanzhaus Zürich 1,55
Schweizer Kulturstiftung Pro Helvetia 0,7
Musikkorps und Bläserkurse 0,4 14 istituzioni con contributi annuali < 20mila Chf 0,69

che la Zürcher Hochschule der Künste (ZHdK), a soli 400 metri, ha favorito la partecipazione di molti studenti a prove e concerti, tanti per la prima volta. Abbiamo ampliato continuamente la nostra rete e creato eventi speciali insieme alla ZHdK. All’inizio il nostro pubblico tradizionale era scettico, ma si è abituato molto rapidamente a questo quartiere della città e ha iniziato ad amare la nostra sala da concerto in legno con un foyer molto affascinante. Abbiamo attirato un pubblico nuovo, eterogeneo e più giovane, che abbiamo legato a noi dopo il trasferimento nella rinnovata Tonhalle. È stata una “cura ringiovanente”, brutalmente interrotto dalla pandemia. Ma al ritorno alla normalità eravamo pronti a ripartire con un bagaglio di esperienze su come superare le crisi e affrontare le sfide del futuro. Come si è evoluto in questi ultimissimi anni il pubblico che vi frequenta e la strategia per fidelizzarlo? Al momento abbiamo una base costante di circa 4.700-4.800 abbonati a stagione. Naturalmente abbiamo inventato nuove serie di abbonamenti, come quello di prova composto da 4 concerti a stagione diretti dal nostro direttore musicale Paavo Järvi, seguito da un “Starter-Abo” la stagione successiva. Nel primo anno abbiamo così attirato più di 500 nuovi abbonati. Siamo consapevoli però che una certa percentuale del nostro pubblico ami comporsi i propri programmi in maniera indipendente. Secondo gli ultimi sondaggi, l’età media è di 58 anni. La provenienza è prevalen-
Con la ristrutturazione della Tonhalle am See, sono tornati allo splendore originario anche gli affreschi della sala concerti: dal “Paradiso dei compositori” Beethoven, Wagner, Gluck, Haydn, Bach, Mozart e Handel affiancano Brahms (primo a sinistra), che nel 1895 la inaugurò. Sotto il suo segno si è anche aperta la stagione 2024/25, con il pianista islandese Víkingur Ólafsson e l’orchestra di casa guidati dall’undicesimo direttore principale della sua storia, Paavo Järvi (sotto).
di ensemble con i musicisti dell’orchestra nel foyer. Questa sessione, incentrata su un tema speciale come il tango, la samba, la musica popolare svizzera, è legata alle ‘radici’ dei membri dell’orchestra, provenienti da 22 nazioni. Un altro progetto innovativo è “Connect”, creato per persone affette da sclerosi multipla e Parkinson che assistono a sessioni di ballo durante le improvvisazioni dei nostri musicisti. Una proposta resa possibile grazie alla speciale collaborazione tra il Balletto dell’Opernhaus Zürich, la Dance & Creative Wellness Foundation, il gruppo di free performance The Field e noi. Dopo il successo del progetto pilota, stiamo ora consolidando questa offerta inclusiva. Non c’è però il rischio di uno snaturamento della vostra identità?
No, semmai sono sfaccettature che aggiungono aspetti speciali alla nostra identità e raggiungono nuovi gruppi target, con un enorme ritorno in termini di immagine e di rafforzamento della nostra visibilità. Ci impegniamo anche a fare regolarmente tournée in prestigiosi festival e sale da concerto selezionate, con l’obiettivo di possibili residenze in Europa e in Asia. Per le tournée più importanti sono necessarie soprattutto sponsorizzazioni, che devono essere acquisite.

temente dalla nostra città e dal cantone o da quelli limitrofi (compresi i molti espatriati in una città come la nostra con 168 nazionalità) e non più del 3% dall’estero. Negli ultimi anni vi siete aperti a nuovi generi e anche a collaborazioni e offerte artistiche complementari. Formati come “tonhalleLate” esistono con successo da più di 20 anni, mentre “tonhalleCrush” è stato creato 3 anni fa. Questo concetto prevede un grande pezzo sinfonico diretto da Paavo Järvi e introdotto da lui stesso in un breve discorso in sala concerti, seguito da una sessione
Con il rinnovo del contratto suo e di Paavo Järvi fino al 2029, siete ora in grado di guardare lontano. Quali saranno i pilastri del futuro sviluppo?
Abbiamo già iniziato a registrare un Ciclo di Sinfonie di Mahler fino alla fine della stagione 28/29. Sarà presentato anche in tournée in città selezionate. Vogliamo accrescere ulteriormente la nostra qualità ed essere considerati una delle migliori orchestre sinfoniche al mondo. L’obiettivo è diventare “il” centro di competenza per la musica classica a Zurigo. La Tonhalle Zürich deve essere un place to be che eccella per concerti e spettacoli offerti, per la sua accessibilità e la qualità dell’esperienza. E dobbiamo agire in anticipo sui tempi per quanto riguarda formati innovativi, compositori viventi e nuove tendenze, in equilibrio con la nostra storia e tradizione.
Susanna Cattaneo
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Una visione fotonica
L’aurora boreale dovrà ancora attendere: è la luce dell’innovazione per ora a illuminare la visione di Nicoletta Casanova, mossa da un innato spirito imprenditoriale e dall’ambizione di contribuire alla creazione di ecosistemi tecnologici sempre più collaborativi e inclusivi.
Tutto è iniziato con un sogno. Non uno di quelli chiari e definiti, ma un misto di aspirazioni, curiosità e incognite, alimentate dalla voglia di fare ogni giorno qualcosa che in qualche modo rappresenta una sfida. Dopo aver completato gli studi in ingegneria civile al Politecnico di Zurigo, il mio percorso sembrava tracciato: trovare un impiego come ingegnere a Zurigo. Tuttavia, tornata in Ticino per un corso di parapendio, entrai in contatto con un laboratorio di prove sui materiali. Qui mi vennero affidati il ruolo di direttore tecnico e un progetto innovativo in collaborazione con l’Epfl di Losanna: uno dei primi casi di sinergia tra industria e accademia, supportato dalla Confederazione.
Dopo meno di due anni, proprio il risultato di quella collaborazione mi mise davanti a un bivio: lasciare la tecnologia confinata in accademia o portarla nel mondo reale. Così nacque Smartec, la mia prima start up, pioniera nell’applicazione della fibra ottica per il monitoraggio strutturale. Fu anche il mio incontro con la fotonica, che avrebbe plasmato il mio futuro. Dopo essere cresciuta a livello internazionale, Smartec è entrata a far parte di un gruppo canadese quotato in borsa, poi acquisito da una holding americana.
Conclusa questa avventura, decisi che era giunto il momento di rallentare, prendendomi una pausa per esplorare il mondo da viaggiatrice (e non da lavoratrice). Ma la vita aveva altri piani. Dopo una sola settimana, alla fine del 2012, un amico mi contattò: “Abbiamo un progetto europeo che arriva a conclusione. Abbiamo bisogno di te”. Mi venne presentata una tecnologia dirompente: una stampante 3D con laser capace di realizzare microstrutture in vetro senza necessità di una camera bianca. Provenendo da un mondo di materiali tradizionali e grezzi, tutto questo mi sembrava lontanissimo. Fu solo quando vidi il prototipo (e la passione degli stessi ricercatori) a San Francisco che

ne compresi l’incredibile potenziale. Tornata in Svizzera, decisi di mettere a punto un business plan e cercare finanziatori.
Il cammino verso la fondazione della nuova azienda mostrò da subito qualche ostacolo. Nel 2013 mi trovai a competere con altri membri del consorzio europeo per ottenere i diritti esclusivi su questa tecnologia rivoluzionaria. La sfida era importante, ma il supporto della Fondazione Agire e un finanziamento iniziale di 100mila franchi mi permisero di convincere il consorzio europeo della bontà della mia iniziativa. Così, a dicembre dello stesso anno, nacque Femtoprint.
Il nostro primo “ufficio-lab” era minuscolo, con un team di appena tre persone, ma animate da grande entusiasmo e forti ambizioni. Abbiamo iniziato sviluppando dispositivi per l’industria orologiera, presto seguiti da medicale e scienze della vita. Ogni piccola vittoria ci spingeva a puntare più in alto, rendendo la nostra tecnologia sempre più rilevante a livello internazionale. In dieci anni, Femtoprint è passata da un piccolo team locale a una realtà globale con oltre 40 collaboratori tra Lugano, Neuchâtel e la California, nonché una rete di importanti clienti na-
zionali e internazionali. Con 1.500 mq di laboratori e infrastrutture all’avanguardia, oggi possiamo dire con orgoglio di essere tra i leader nella microfabbricazione laser di componenti in quarzo.
Ogni traguardo è stato costruito con impegno e determinazione. Abbiamo affrontato anche momenti difficili e preso decisioni complesse, ma guardando indietro non rimpiango alcun sacrificio. Perché l’imprenditoria è così: perseveranza.
Da sempre, ho lavorato in ambienti dove le donne erano poche, talvolta considerate semplici “quote rosa”. Ma questo non è mai stato un tema per me, venendo da una famiglia di donne imprenditrici da generazioni. Dall’università al laboratorio, dalle start up ai miei ruoli in associazioni e commissioni nazionali e internazionali, ho imparato che le donne devono forse dimostrare di più per ottenere lo stesso riconoscimento, ma questo ci rende incredibilmente tenaci. Negli anni, poi, ho visto segnali di cambiamento: sempre più donne stanno emergendo in settori tecnologici e scientifici. Sono certa che le generazioni future potranno lavorare in un mondo davvero equo.
Il mio viaggio è tutt’altro che concluso. Sogno di vedere Femtoprint crescere ancora, espandersi in nuovi mercati e continuare a innovare. Grazie all’aiuto di giovani appassionati professionisti a cui l’ho affidata, desidero poi vedere svilupparsi la mia ultima piccolina, una terza start up creata un anno fa. E per finire vorrei restituire al territorio parte di ciò che ho ricevuto, contribuendo a costruire ecosistemi tecnologici e innovativi sempre più collaborativi e inclusivi. Essere imprenditrice significa in fondo affrontare sfide quotidiane, ma è proprio così che scopri chi sei davvero e riesci a spostare un po’ più in là i tuoi limiti. Tornassi indietro, prenderei le stesse decisioni davanti agli stessi bivi. Forse mi concederei almeno una sosta per ammirare l’aurora boreale tra una sfida e l’altra, ma solo per una settimana. Giuro.
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La luce che riaccende i neuroni

Vivere a lungo, il più a lungo possibile, è un’aspirazione da tutti condivisa. Tuttavia insieme agli anni aumenta anche il numero di patologie a cui si è esposti: croniche, cardiovascolari, neurodegenerative e l’età è il primo fattore di rischio oncologico. La longevità - che alla durata della vita vuole far corrispondere uno stato di buona salute - sta così diventando anche un settore da capitalizzare, con in prima linea biotech e genomica impegnate nella ricerca su invecchiamento e riprogrammazione cellulare, terapie geniche, medicina rigenerativa e farmaci senolitici.
Fra le principali minacce, le diverse forme di demenza, che se già oggi nel mondo toccano i 55 milioni di casi potrebbero triplicare entro il 2050, quando gli over 60 saranno oltre 2 miliardi, con un costo non solo in termini di qualità della vita, ma anche economico ben rilevante, se si calcola che già nel 2030 si prevedono spese collegate per 2,8 mila miliardi di dollari. Scendendo alla scala
La tecnologia brevettata da RegenLife estende il campo di applicazione della fotobiomodulazione alla neurologia, combinata con i campi magnetici per migliorare la funzione cellulare attivando la catena respiratoria mitocondriale. Il dispositivo non invasivo si compone di un casco e una cintura addominale.

Pioniera nel trattamento delle malattie neurologiche, la medtech transalpina RegenLife sta sviluppando un approccio rivoluzionario per affrontare patologie complesse come l’Alzheimer e le commozioni cerebrali. Alla base del suo approccio rivoluzionario, una tecnologia all’avanguardia che sfrutta il legame tra il cervello, l’intestino e il suo microbiota, portando a nuovi livelli la fotobiomodulazione.
nazionale, si stima che le 157mila le persone affette in Svizzera oggi da demenze (per un costo di 11,8 miliardi), saranno oltre 315mila nel 2050.
Forma più comune è globalmente il morbo di Alzheimer, obiettivo principale di RegenLife. Ancora in assenza di una cura, soluzioni innovative come quella proposta da questa medtech francese, fondata nel 2016 e basata a Montpellier, stanno suscitando crescente interesse da parte della comunità medica e scientifica. Il cuore dell’innovazione di RegenLife è una tecnologia brevettata basata sulla biofotonica. «Questo approccio non invasivo, noto come fotobiomodulazione (modulazione della biologia con la luce), utilizza emissioni fotoniche nello spettro del vicino infrarosso per diffondersi nei tessuti biologici e stimolare i mitocondri, spesso descritti come la ‘fabbrica’ della cellula. Il dispositivo, che si presenta sotto forma di casco e cintura addominale, agisce contemporaneamente su cervello e intestino, basandosi sulle recenti scoperte sul ruolo cruciale dell’asse
cervello-intestino-microbiota nello sviluppo delle malattie neurodegenerative», spiega Guillaume Blivet, cofondatore e Chief Innovation Officer di RegenLife.
Il dispositivo RGn è attualmente l’unica tecnologia fotomedica che tiene conto delle ipotesi emergenti sull’identificazione dei vari fattori patogeni coinvolti nei disturbi neurologici.
La start up ha avviato diversi studi clinici per valutare l’efficacia della sua tecnologia. Lo studio cardine Light4Life si concentra sull’Alzheimer. Iniziato nel 2023, comprende 108 pazienti e mira a valutare l’impatto cognitivo di questa tecnologia di stimolazione neuro-intestinale.
Allo stesso tempo, l’azienda ha condotto uno studio pilota sulla commozione cerebrale in una coorte di giocatori professionisti di rugby e calcio, i cui risultati saranno presto pubblicati. «Questa ricerca potrebbe aprire nuove prospettive nel trattamento di questa tipologia di traumi spesso banalizzati, i cui sintomi possono protrarsi nel tempo, mentre le commozioni cerebrali reiterate possono essere potenzialmente gravi a lungo termine», precisa Guillaume Bivet. Ogni anno, tra i 50 e i 60 milioni di persone nel mondo subiscono una lesione cerebrale traumatica (il 60-95% delle quali sono commozioni cerebrali) e tra il 5 e il 10% degli atleti ne è toccata durante una stagione sportiva.
Si prevede che la start up riceverà l’autorizzazione all’immissione in commercio in Europa entro la fine dell’anno. Di conseguenza, gli sportivi e le persone che soffrono di commozioni cerebrali potrebbero beneficiare di un trattamento per il quale attualmente non esiste una cura.
Dalla sua creazione, RegenLife ha ottenuto più di 8 milioni di euro per finanziare la ricerca e lo sviluppo clinico. Il nuovo round, previsto per questa primavera, le consentirà di proseguire gli studi clinici e preparare il lancio commerciale.
«Inoltre stiamo valutando nuovi sviluppi clinici in neurologia, in particolare per patologie come la depressione e la sclerosi multipla. Una diversificazione che riflette la potenziale versatilità della nostra tecnologia e l’ambizione di diventare uno
«Stiamo valutando nuovi sviluppi clinici, in particolare per patologie come la depressione e la sclerosi multipla. Una diversificazione che riflette la potenziale versatilità della nostra tecnologia e l’ambizione di diventare uno dei principali attori nel trattamento delle malattie neurologiche»
Guillaume Blivet, cofondatore e Chief Innovation Officer di REGEnLIFE
Demenza e invecchiamento
Prevalenza per fascia di età, UE28 + non UE

Demenza, casi destinati a triplicare Casi per 1.000 abitanti, previsioni 2050 Giappone
dei principali attori nel trattamento delle malattie neurologiche», sottolinea il cofondatore di RegenLife, che combinando un approccio scientifico all’avanguardia con un’ambiziosa visione imprenditoriale, si sta dunque posizionando come un attore promettente nella lotta contro le malattie neurologiche.
Con l’aggravarsi delle sfide legate all’invecchiamento della popolazione,
Alzheimer's Disease International, Who, Oecd
Nel mirino di RegenLife non ‘solo’ le patologie neurodegenerative, che nei prossimi 25 anni minacciano di moltiplicare il loro impatto, anche economico, ma pure i traumi cerebrali, tipici dello sport, che se reiterati possono avere conseguenze allarmanti. E la trifotonica potrebbe anche giocare un ruolo nella lotta alla depressione.

soluzioni come queste potrebbero svolgere un ruolo cruciale nel migliorare la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie, offrendo nuove prospettive nel trattamento di malattie finora considerate incurabili.
La continua espansione degli studi clinici, il successo della raccolta fondi e il crescente interesse della comunità medica ne testimoniano il potenziale.
Emanuele Pizzatti
Confidenze per il leader
Ecco 10 comandamenti per i leader di domani, spunti di riflessione per plasmare un nuovo modello di leadership e mindset, e garantirsi (forse) un duraturo successo.
Il futuro non è più quello di una volta. I vecchi modelli si sono rotti. Non sei più una brava mamma, solo se capisci e usi il mio Dash, come se fosse una concessione. C’è bisogno di qualcosa di diverso dal metodo di business tradizionale, che ha reso così potenti i “Mad Men” della pubblicità, fino all’avvento di internet.
Si pensava di essere al comando o di possedere, appunto, il brand. Purtroppo, si trattava di un’illusione. Il capitalismo è stato celebrato per decenni da reti di distribuzione e di media iper-concentrate, che hanno dato un vantaggio asimmetrico alle aziende e hanno sequestrato i fan.
Per descrivere questo cambio di leadership, attingiamo con orgoglio al lavoro svolto con Pierangelo Soldavini, per Il Sole 24 Ore. Cos’è il Ceo Confidential? È un progetto triennale, composto da oltre 200 interviste a Ceo di tutto il mondo e da due libri sulla leadership.
Qual è l’elevator pitch? Il mondo è preso d’assalto da quattro fenomeni: le tecnologie esponenziali (Ia, blockchain...); l’imperativo della sostenibilità; la macchina di un marketing collaborativo; una catena di comando distribuita.
I Ceo del futuro necessitano di nuovi valori. Ecco i nuovi ‘comandamenti’, o caldi suggerimenti per le nuove sfide: 1. Strategia: Niente di nuovo. È un termine militare, e la strategia è sempre stata ‘la’ battaglia che un brand o un’azienda vuole vincere. Ciò che cambia è che oggi si vive in un mondo di scarsità, ricco di limiti: denaro, persone e tempo. Il primo suggerimento per il leader del futuro è, tuttavia, quello di mantenere la propria ambizione ‘senza limiti’, in modo che la sete di rivoluzionare il mercato, la comunità e il mondo intero non si ridu-
ca. È l’approccio di Leslie Johnston, Ceo della Fondazione Laudes e Presidente di Impact Europe. Il Ceo del futuro punta alla luna. Non si ispirano le truppe con un piano ragionevole. Si vince la battaglia se la squadra ha un sogno, che va oltre le risorse a disposizione. L’imprenditorialità è la capacità di superare il qui e ora, la discontinuità e la speranza, la tensione

verso qualcosa che non c’è, e non si riesce a vedere. Punta alla luna, mio manager. 2. Tecnologia: Il leader deve essere tecnologico. Qual è la novità? Il cambiamento consiste nell’affrontare seriamente le tecnologie esponenziali, come l’Ia e la blockchain. Secondo Rita McGrath, docente di Strategia presso la Columbia University, l’azienda più innovativa al mondo è SaS, la cui C-Room si riunisce ogni martedì per discutere di come testare le nuove tecnologie, che potrebbero scon-

Francesco Pagano, azionista di Tokenance, Senior Partner di Jakala, Contributor de Il Sole 24 Ore. Sotto, la copertina di Ceo Confidential.
volgere il loro business attuale. Questa riunione si tiene ogni settimana, senza eccezioni. È obbligatorio farne un’abitudine, se si vuole essere all’avanguardia nell’innovazione, e questo deve partire dall’alto. Sei un innovatore, o gladiatore? Mostrami cosa fai di martedì.
3. Sostenibilità: Non c’è dubbio. È una scelta obbligata. La grande domanda è come trasformare radicalmente un’azienda, mettendo al centro la sostenibilità, dai dipendenti e dai processi interni al modo in cui va a mercato. Basterebbe guardare a Buhler, il cui Global Cto, Ian Roberts, ha mostrato come ogni flusso di rifiuti sia diretto a stakeholder, che possono riutilizzarli e riciclarli, così che rimangano nel sistema. Qual è il motore? La consapevolezza che è la cosa giusta da fare. Caro manager, cosa faresti se i tuoi figli fossero nella stanza dei bottoni con te? Loro vivranno il mondo che stai plasmando. Lo fai per loro.
4. Marketing: È condivisione. Entro il 2030, secondo gli esperti, la Gen Z e la Gen Alpha rappresenteranno la maggior parte della forza lavoro globale e del potere d’acquisto, e vogliono avere voce in capitolo anche in azienda. Yat Siu, fondatore e Presidente di Animoca Brands, mostra un nuovo modo di gestire la macchina del marketing: ascoltando i super-fan e condividendo con loro i vantaggi di un capitale sociale aumentato, e creato dall’azienda. Il top 5% dei fan di un marchio hanno milioni di idee, e sono felici di aiutare, se glielo permetti! Nike
ha 30mila assatanati del brand, che riescono a muovere mezzo punto di crescita del fatturato annuo a ogni nuovo drop. Tu li conosci i tuoi? È tempo di cooperazione, ma questa dovrebbe essere alimentata da un’equa distribuzione delle ricompense. Sì, hai capito bene, soldi. Paga chi lavora per te, indipendentemente da dove si trovano, dentro e fuori l’azienda.
5. Paura: Sì, è una componente chiave di ogni leader. È difficile per un Ceo mostrare emozioni, ma è necessario che oggi i manager indaghino le loro paure più profonde, perché questa scoperta li costringe a scegliere la migliore linea d’azione, andando oltre il ragionevole o l’abitudine. Questo è ciò che Luca Pannese e Luca Lorenzini, fondatori dell’agenzia creativa indipendente Small, fanno ogni giorno. Essere un outsider è fonte di paura e di coraggio. È così che hanno vinto un Leone a Cannes per il loro lavoro per CoorDown, per esempio. Senatori, dovete immergervi nelle vostre paure, perché è in fondo alla paura che si trova il coraggio.
te? E perché lo faresti così? Si chiama allenamento. Comincia adesso.
7. Cultura: Ne esistono milioni di definizioni. Qui è la capacità di penetrare l’organizzazione con nuovi modi di lavorare, eseguiti in sincronia, in modo che l’esecuzione sia impeccabile e coerente nel tempo. Manager, tu sei l’esecuzione. Pensate a uno staff in cucina che deve servire i piatti più deliziosi, ogni volta. Questo è ciò che Matteo Sivero, il più giovane chef stellato del pianeta, ha imparato a proprie spese. Lavorare su sé stessi non basta. È necessario creare un metodo, per
attenzione! La domanda: ma in fondo, te ne frega qualcosa delle persone? Comincia oggi. Questa è la tua stella polare.

6. Solitudine: Un’altra caratteristica emotiva. Ammettiamolo, siamo soli. Vuoi fare l’imperatore da grande? Sei il capolinea del treno dei desideri e delle decisioni e, di fatto, devi prendere le decisioni più difficili da solo, in un contesto di ambiguità, e assumertene la piena responsabilità. Questo è ciò che fa un manager. Il più delle volte l’analisi di milioni di scenari è inutile. Molto spesso non hai tempo. L’attenuazione di quello che può sembrare un compito scoraggiante è che la vittoria e il fallimento sono dei bugiardi, come ha ricordato Julio Velasco, l’allenatore di pallavolo di maggior successo mai esistito. Bisogna lavorare su sé stessi, con grande disciplina. Non si finisce mai. A ogni vittoria segue un nuovo anno, una nuova competizione, una nuova partita, in cui occorre dimostrare il proprio valore. Arriva preparato. Spara e rialzati, se hai mancato il bersaglio. Non si tratta di decidere senza testa o dati, o di mandare tutto a fuoco. Ti sto dicendo di porti una domanda di responsabilità: ma se fossi tu a decidere? Se tutto dipendesse solo da
Donald Francis Draper, personaggio immaginario e protagonista della serie televisiva statunitense Mad Men, interpretato da John Hamm. Inizialmente Draper è direttore creativo della Sterling Cooper.
l’intera organizzazione, e dare alle persone il tempo di diventare perfette. Caro maestro, sai come si ottiene il successo? Lentamente. La musica della vera cultura è un lento. Scendi in pista. Li devi abbracciare i tuoi, se vuoi cambiare la cultura.
8. Empatia: Ancora emotività? Certo. È una questione di attenzione, ovvero la capacità di dare priorità al ‘noi’ prima dell’‘io’. Lo dice Gino Strada, il fondatore di Emergency, il cui obiettivo è eliminare la guerra dal mondo, oltre a fornire assistenza medica nelle zone dei conflitti. Il ‘noi’ più ampio va ad aggiungersi al singolo fan, consumatore e persona che stai cercando di servire con prodotti e servizi. Caro leader, delizia il singolo, anche grazie alla tecnologia, assicurandoti che tutti gli altri non soffrano per questo. Dunque
9. Donne: Oltre l’aritmetica . Non saremo una società pienamente paritaria finché non progetteremo spazi che potrebbero funzionare perfettamente anche se il 100% del comando fosse in mano loro. Ma non quote, è diverso. Come progettiamo i piani di successione, le agende, i bagni, le riunioni, i tavoli e le sedie? Pensiamo alle donne quando lo facciamo? Diamo loro una possibilità? È la domanda che si pone Chantal Gaemperle, Chro di Lvmh, che sta lavorando per ottenere una ripartizione 50/50 tra donne e uomini in posizioni dirigenziali, con piena responsabilità di P&L. È il punto di partenza per un’azienda che non avrà problemi a prosperare, indipendentemente dal genere dei suoi dirigenti. Caro capo, se non sei ancora una donna, pensa come una donna. È il più grande motore di efficienza e impatto in qualsiasi organizzazione. La questione donna è la prima cosa da smarcare.
10. Essenza: C’è qualcosa che non cambia mai. Anche in questi tempi in continua evoluzione? Sì, il ‘cosa’ si vuole. Si pensi a Coco Chanel e al suo tailleur. Quando fu lanciato, raccolse solo critiche negative. Ma non è il business del liking. Le aziende vendono. Chanel vendeva un credo: la donna non è confinata al binomio camera da letto e cucina, ma è al 100% uguale a qualsiasi uomo, non un centimetro meno, tantomeno nella sua uniforme borghese. Il tailleur libera tutte le donne dal corsetto e dalla loro posizione subordinata e mostra ciò di cui sono capaci. Caro visionario, sai cosa vendi veramente? Torna all’essenza di ciò che fai e agisci di conseguenza. Un prodotto è solo un prodotto, fino a che non lo riempi con un messaggio, un significato, un contributo; con la tua essenza.
Spero che questo sia d’aiuto. Questi principi vi renderanno più tecnologici, sostenibili, cooperativi e aperti di mindset. Il segreto di Ceo Confidential non è più un segreto. E noi non potremmo esserne più felici.
Accoglienza: Ue a un bivio
La sospensione delle domande di asilo per i rifugiati siriani in Europa, a seguito della caduta del regime di Assad, segna un momento cruciale per l’evoluzione delle politiche migratorie.
Cosa accade quando una crisi internazionale come quella siriana incontra le politiche migratorie di un’Europa sempre più sotto pressione? La recente sospensione delle domande di asilo da parte di numerosi Stati europei per i rifugiati siriani, in seguito alla caduta del regime di Bashar al-Assad nel dicembre 2024, segna un momento cruciale per il diritto internazionale e la politica migratoria europea. Il provvedimento, che coinvolge decine di migliaia di rifugiati, solleva molteplici interrogativi su come bilanciare diritti umani, sicurezza e l’obbligo degli Stati di rispettare i principi sanciti dalla Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati del 1951. In un contesto globale in continua evoluzione, l’Europa è chiamata a rispondere a una sfida che va oltre la gestione dei flussi migratori: riuscire a proteggere i diritti fondamentali dei rifugiati senza compromettere la propria stabilità interna.
La Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati del 1951, trattato multilaterale delle Nazioni Unite, prevede all’articolo 1(C) che lo status di rifugiato possa cessare in presenza di un cambiamento significativo e duraturo delle circostanze che avevano originariamente giustificato la protezione. Questa disposizione di cessazione richiede però che la situazione nel paese d’origine garantisca sicurezza e rispetto dei diritti umani. Nel caso della Siria, la fine del regime di Assad non ha portato a una stabilità consolidata. Il governo di transizione, sotto la guida di Hayat Tahrir al-Sham, non è ancora riuscito a dimostrare di assicurare condizioni di sicurezza adeguate. In un simile contesto, rimpatriare i rifugiati o sospendere le loro domande di asilo potrebbe violare il
principio fondamentale di non-refoulement definito dall’art. 33 della Convenzione, che proibisce il ritorno forzato verso luoghi dove potrebbero essere esposti a torture, persecuzioni o trattamenti inumani. Di fronte a questo quadro, le politiche di sospensione delle richieste di asilo, attuate ai sensi dell’art. 31(4) della Direttiva sulle Procedure di Asilo dell’Ue, consentono agli Stati membri di ritardare la valutazione delle richieste in caso di incertezza temporanea sulla situazione nel paese d’origine. Tuttavia, queste misure devono essere applicate con cautela, prevedendo revisioni regolari della situazione e garantendo trasparenza nelle comunicazioni con i richiedenti asilo. L’Unione Europea è inoltre tenuta, secondo l’art. 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, a garantire il diritto alla protezione sussidiaria per coloro che non possono essere rimpatriati senza rischio per la loro incolumità o dignità.
Attualmente la Germania, simbolo di accoglienza durante la crisi migratoria del 2015, si trova in una posizione difficile. Con oltre un milione di rifugiati siriani accolti negli ultimi anni, Berlino sta riconsiderando il proprio approccio, rispecchiando una pressione crescente a livello politico e sociale per contenere i flussi migratori. Tuttavia, qualsiasi decisione di rimpatrio o sospensione delle richieste di asilo dovrà affrontare ostacoli giuridici significativi. L’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani vieta esplicitamente deportazioni verso condizioni di rischio, incluse quelle di miseria estrema. Il quadro normativo europeo e internazionale evidenzia quindi come l’equilibrio tra obblighi umanitari e considerazioni politiche sia estremamente delicato. Mentre alcuni Stati membri richiedono un

Alessandra Surano, membro del Circolo Giovani Giuristi Zurigo.
approccio più rigido per gestire i flussi migratori, altri sottolineano la necessità di mantenere il rispetto dei diritti fondamentali e delle convenzioni internazionali. La posizione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) è chiara: qualsiasi rimpatrio deve avvenire solo su base volontaria e in condizioni di sicurezza e dignità. Un obiettivo che, al momento, sembra lontano dalla realtà siriana. Le conseguenze di una sospensione generalizzata delle richieste di asilo sono significative non solo per i rifugiati, ma anche per la credibilità dell’Europa come pilastro dei diritti umani. Il rischio è che tali misure alimentino sentimenti di esclusione e sfiducia nelle istituzioni, minando il sistema di protezione internazionale.
La strada da percorrere è complessa e richiede non solo un rispetto del diritto internazionale, ma anche un approccio pragmatico per affrontare le sfide politiche e sociali che derivano dalle migrazioni forzate. L’Europa, che si è distinta in passato per solidarietà e accoglienza, si trova ora di fronte a un bivio. Deve dimostrare che è possibile bilanciare le esigenze di sicurezza interna con l’obbligo morale e legale di proteggere chi fugge da guerra e persecuzione. La questione dei rifugiati siriani diventa quindi un momento decisivo per il sistema giuridico e politico dell’Unione, chiamata a conciliare i principi fondanti del suo progetto con le complessità del mondo contemporaneo. Un fallimento in tal senso rischia non solo di compromettere la protezione dei diritti umani, ma anche di incrinare l’identità europea stessa.

Il BioTech incontra l’Ia
Il mondo della ricerca biotecnologica sta per essere rivoluzionato dall’uso sempre più massivo dell’intelligenza artificiale in tutte le fasi del suo sviluppo.
Essenzialmente, “è come il Gpt della biologia, ma invece di generare testo, stiamo simulando la biologia”. Così Jean-Philippe Vert, co-fondatore e Ceo di Bioptimus, start up francese, ha descritto il paradigma della società che, di recente, ha annunciato di aver raggiunto una raccolta di capitali da 76 milioni di dollari.
Si tratta infatti di una start up francese attiva nel settore dell’intelligenza artificiale applicata alla biologia. I fondi raccolti per accelerare lo sviluppo di Bioptimus includono un’iniezione da 41 milioni di dollari guidata da Cathay Innovation, con la partecipazione di investitori di alto profilo, tra cui Sofinnova Partners, Bpifrance tramite il suo Large Venture Fund, Hitachi Ventures e Sunrise. In particolare, i fondi serviranno all’azienda per finire la realizzazione del primo modello di Ia universale per la biologia, mirato a rivoluzionare la ricerca e l’innovazione nei settori medico, biotecnologico, cosmetico e potenzialmente molti altri.
Ad oggi, la start up ha messo insieme un team con elevate competenze, garantendo accesso a fonti di dati uniche, e ha già rilasciato il suo primo modello, H-Optimus-0, che consente di classificare il carcinoma ovarico con una precisione “senza precedenti”. Una tecnologia che ha già superato tutti gli altri modelli di patologia in benchmark indipendenti, tra cui valutazioni condotte dal programma Hest della Harvard Medical School e dall’Università di Leeds, si legge in una nota della società.
La prossima sfida di Bioptimus è ancora più ardua, ossia ridefinire l’approccio alla ricerca biologica affrontando una problematica storica: la natura frammentata della sua comprensione. Generalmente, almeno fino a questo momento, le at -
tività si sono concentrate negli studi su componenti biologici isolati, come Dna, proteine, cellule o tessuti. Anche i modelli di intelligenza artificiale esistenti, tendenzialmente, operano con questo approccio a ‘compartimenti stagni’.
Bioptimus, invece, punta a integrare dati su più scale (molecole, cellule, tessuti, organismi) e modalità (imaging, genetica etc.), consentendo una visione a 360 gradi della biologia. «Ciò che stiamo costruendo non è solo un’innovazione tecnologica, è uno strumento trasformativo per
«Markets and Markets prevede che il mercato globale dell’IA nelle biotecnologie raggiungerà i 7,75 miliardi di dollari entro il 2029 dai 3,23 miliardi del 2024, con un tasso di crescita Cagr del 19,1% durante il periodo di previsione»
comprendere la biologia nella sua piena complessità», ha detto Vert.
Il Ceo ha sottolineato che «imparando come funziona la biologia direttamente dai dati grezzi su più scale, dal livello molecolare fino agli organismi interi, il nostro modello permetterà ai ricercatori nell’industria farmaceutica di simulare biologie complesse, prevedere gli esiti delle malattie e la risposta ai trattamenti, e progettare terapie con una precisione senza precedenti».
In sostanza, ChatGpt di OpenAi ha conquistato il mondo con un’intelligenza artificiale in grado di conversare e gene-

Alessandro Beggio, Ceo e fondatore di Vector Wealth Management.
rare testo, e Bioptimus si sta ispirando a un concetto simile, ma addestrando il proprio modello specificamente per generare analisi e responsi scientifici. Uno dei principali ostacoli riguarda però l’accessibilità alle informazioni, poiché i dati clinici necessari per l’addestramento spesso non sono pubblicamente disponibili o divulgabili.
Se la società dovesse riuscire nella sua mission, l’impatto potenziale potrebbe essere sconfinato, dei più significativi. «Questo modello sbloccherà possibilità illimitate in molte altre industrie, guidando scoperte biologiche in modi che possiamo al momento solo iniziare a immaginare», ha concluso Vert.
Andando sul pragmatico, nel breve termine la start up proverà a costruire nuove partnership con il settore farmaceutico e biotecnologico. Inoltre, Bioptimus si prepara a rilasciare un nuovo modello di base che potrà supportare la ricerca in alcuni ambiti, tra cui healthcare, BioTech e cosmetico.
La visione sul settore di riferimento è positiva. Markets and Markets prevede che il mercato globale dell’Intelligenza Artificiale applicata alle biotecnologie raggiungerà quota 7,75 miliardi di dollari entro il 2029 dai 3,23 miliardi totalizzati nel 2024, prospettando dunque un tasso di crescita Cagr del 19,1% durante il periodo di previsione. La domanda di analisi avanzata dei dati, di medicina di precisione e di sviluppo più rapido dei farmaci rimangono i punti chiave che è sempre più certo guideranno l’esplosiva espansione del settore.

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Il signore dei crediti
Si è spenta una figura di spicco della Piazza finanziaria ticinese, che in mezzo secolo di attività ha conosciuto il funzionamento di una banca a tutto tondo.
Titolava un noto portale d’informazione finanziaria: “È morta una figura centrale del settore bancario ticinese”, e la prematura scomparsa di Bernardino Bulla certamente è stata una perdita importante per la nostra Piazza finanziaria e bancaria. Mi piace innanzitutto ricordare l’uomo. Un collega con cui era un piacere stare e lavorare. Una bella persona, cordiale e pacata, ma anche divertente, sempre pronta alla battuta fulminante. Io l’ho vissuto come un leader silenzioso, che parlava poco ma sempre bene. Poteva sembrare schivo, rifuggiva i riflettori e l’attenzione dei media, ma era sempre pronto a dialogare con clienti, colleghi e collaboratori.
Un banchiere come ce ne sono sempre meno. Un generalista, che conosceva la banca a 360 gradi. Ha lavorato per tre grandi banche ma penso che le esperienze che più l’hanno forgiato siano stati gli anni iniziali in Bsi, e poi quasi un quarto di secolo in BancaStato. Figure come Bernardino sono sempre più rare, perché tutti sono andati via via specializzandosi, e purtroppo sempre meno sono coloro che
oggi capiscono realmente come funziona una banca a tutto tondo.
Ho lavorato con lui in Ubs, lui responsabile della clientela internazionale e trading e io delle piccole e medie aziende e poi siamo passati assieme in Credit Suisse.
Siamo stati assieme due anni, con Giovanni Flury e Gabriele Zanzi, e poi ognuno di noi ha preso la sua strada. Due anni dove ho potuto imparare molto da lui. Bernardino Bulla era un vero ‘signore dei crediti’. Anche in questo ambito, dove quasi tutti si sono specializzati, o al fronte, alla consulenza alla clientela, o nel back office, come credit officer, lui era in grado di giocare entrambe le partite. Capire le esigenze del cliente e trovare l’equilibrio fra quanto l’azienda vorrebbe e quello che la banca è pronta a concedere.
Innanzitutto conosceva il mestiere alla perfezione. Conoscenze teoriche solide tanta esperienza e un enorme buon senso. Il nostro mondo negli ultimi vent’anni ha visto il numero di leggi e direttive interne esplodere, nel tentativo di regolare ogni possibile fattispecie, ma questo corsetto sempre più stretto non ha necessaria-

Nominato Presidente del CdA di Banca Stato il 15 marzo 2017, con entrata in carica il 1 luglio. Svizzero, nato il 7-II-1957, morto il 18-I-2025. Laurea in Scienze economiche e sociali all’Università di Ginevra nel 1983. Inserimento nel 1984 in Bsi a Lugano nel Dipartimento crediti. Trasferimento a inizio 1997 alla Società di Banche Svizzere, Lugano, quale responsabile della clientela privata e commerciale, per poi passare in Ubs, Lugano, con la funzione di responsabile in seno al Dipartimento clientela aziendale della sezione clientela internazionale e trading.

Alberto Petruzzella, Presidente della Associazione Bancaria Ticinese.
mente reso tutto più chiaro e portato a decisioni migliori, perché la realtà non si lascia rinchiudere in regole e modelli. Nel mondo dei crediti, ogni azienda è diversa, ogni caso ha le sue peculiarità, scrivere un manuale di centinaia di pagine che ambisca a dare una risposta ad ogni domanda è tempo perso. Elaborare complessi modelli matematici di rating aiuta ma non sostituisce il giudizio dell’uomo. Bernardino mi ha insegnato che è importante capire il senso della regola, perché se è stata scritta c’è certamente un buon motivo, ma è l’applicazione che conta. Buon senso e grano salis. Infine, un ricordo personale. Abbiamo cominciato a giocare a golf assieme. Andavamo a Lanzo d’Intelvi il sabato o alla domenica alla mattina presto, quando non c’era in giro ancora nessuno. Per evitare il pubblico ludibrio: “giochiamo come capre”, diceva sempre. Lucido e autoironico ed aveva ragione.
A fine 1998 entra in Credit Suisse a Lugano, Corporate Customer Ticino, dove assume la responsabilità della clientela commerciale Ticino. Inizia la sua attività in BancaStato il 1-X-2000 in qualità di membro della Direzione generale e responsabile dell’Area Clientela Aziendale. Dal 16-IV-2007 al 31-XII- 2011 è stato responsabile dell’Area Controllo Rischi per poi assumere la Presidenza della Direzione generale da gennaio 2012 a giugno 2017. Altro: - Membro del CdA di Axion Swiss Bank, Lugano, e Vicepresidente del relativo Comitato di Audit - Presidente del Consiglio di fondazione della Fondazione del Centenario BancaStato, Bellinzona.

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Progressi inesorabili
Nonostante passino sotto silenzio, ogni giorno si compiono passi in avanti sostanziali nello sviluppo di nuovi farmaci, tecnologie, tecniche... tutte opportunità per investitori accorti.
Creare valore grazie all’Ai
Incremento di valore generato scalando l’uso dell’Ai su cinque anni per una biopharma con un fatturato fra 65-75 mld $

Stuart Dunbar, Partner di Baillie Gifford. A lato, investire in Ia seppur costoso può essere la via del successo per un’azienda biofarmaceutica.
base, ecco cinque cambiamenti inevitabili destinati a trasformare il mondo nel prossimo futuro:
Il medico e accademico svedese
Hans Rosling è diventato un fenomeno di YouTube facendo presente al mondo che le cose raramente sono tanto brutte quanto sembrano. La negatività domina i titoli dei giornali, ma il progresso è fortunatamente inesorabile.
Certo, in questa fase storica c’è molto di cui preoccuparsi. La guerra, il cambiamento climatico e le stoccate che riserva la geopolitica sono in cima alla lista delle preoccupazioni di molti, mentre i tassi d’interesse e l’insostenibilità dei debiti pubblici non sono poi così lontani miraggi. Si tratta di questioni importanti. Ma se si guarda un po’ più a fondo, si scopre che, in fin dei conti e a ben vedere, si stanno verificando cambiamenti notevoli nel modo in cui tutti vivono la quotidianità. Il progresso tecnico sta producendo effetti a cascata sul mondo reale a un ritmo che non si vedeva più da decenni, e potrebbe essere solo l’inizio.
Come è possibile che il progresso prenda corpo in un contesto di tale e tanto estesa incertezza? Una prima importante ragione è che molti accademici, im-
prenditori e altre persone con slancio e ambizione rifiutano di farsi distrarre dal flusso costante di cose di cui preoccuparsi: si concentrano su ciò che possono fare, non su ciò che non sono in grado di fare. E per gli investitori orientati al ‘growth’, tale mentalità è particolarmente preziosa. È ben noto, e non da ieri, che le aziende migliori non basino il loro successo sulla semplice crescita del Pil, per quanto questa possa sicuramente aiutare in molte circostanze. Creano ricchezza cambiando il modo in cui le persone vivono e consumano e si prendono dei rischi, in genere misurati, investendo con coraggio per superare i loro concorrenti. Si adattano, plasmano il proprio futuro e tengono lo sguardo sempre fisso all’orizzonte, con idee ben chiare in testa.
Anche se si è tutti quotidianamente oggetti di un bombardamento mediatico su ciò che sta andando storto nel mondo, di tanto in tanto, e ora, potrebbe risultare opportuno prendersi un po’ di tempo, anche solo pochi minuti, per prendere in considerazione ciò che potrebbe andare bene nei prossimi anni? Su questa
- La robotica. In gran parte del mondo, il calo della popolazione attiva sta portando a una carenza di manodopera. Ciò dà un impulso decisivo ai progressi che già si stanno vedendo nella robotica. Le società che invecchiano hanno sistematicamente bisogno di automatizzare tutto ciò che possono, lasciando che un numero sempre più esiguo di persone in età lavorativa si concentri su aree complesse che richiedono tutte quelle caratteristiche che ancora oggi solo una mente umana può offrire.
Si sta già assistendo a una crescente carrellata di aziende che reagiscono e traggono vantaggio da questa situazione. Non solo i produttori di hardware, ma anche coloro che forniscono i sensori, i dati e le capacità di rielaborazione e apprendimento dell’intelligenza artificiale che stanno rivoluzionando alla radice la concezione di soli pochi anni fa di ciò che possa essere automatizzato, e come. I robot stanno passando da compiti ripetitivi e in una postazione di lavoro statica alla capacità di “vedere” e “comprendere” l’ambiente circostante, aprendo concretamente la strada a nuovi scenari sino a ieri impensabili: lavorare in maniera sicura, cooperando con l’uomo, in ambienti non strutturati. Una rivoluzione! Le aziende di e-commerce, tra cui Amazon e Coupang, società con sede in Corea del Sud, utilizzano già i robot per spostare le merci nei loro magazzini. I produttori stanno iniziando a impiegarli
anche nelle linee di produzione. Inoltre, ogni anno decine di migliaia di interventi chirurgici sono assistiti dalle macchine, con il risultato di procedure più brevi e meno invasive e tempi di recupero dei pazienti di molto ridotti; - Trattamenti medici. La creazione di nuovi farmaci si è storicamente tipicamente più basata su tentativi ed errori che non su una vera e propria ‘progettazione intelligente’ degli stessi. I farmaci che ultimamente stanno avendo particolare successo per la perdita di peso sono stati un risultato inaspettato di lunghe ricerche sui trattamenti di cura del diabete. Ora, il sequenziamento genico di massa e i servizi di cloud computing combinati con le magie dell’intelligenza artificiale stanno aiutando aziende come Recursion Pharmaceuticals a comprendere meglio il funzionamento di molti farmaci. I trattamenti per malattie e condizioni croniche precedentemente dichiarati incurabili sono ormai dietro l’angolo. Molte aziende stanno già beneficiando di questa riallocazione della spesa per la ricerca. I potenziali risparmi sui costi per i sistemi sanitari nazionali appaiono già ora sostanziali; - L’energia. Indipendentemente dai cicli politici, la transizione energetica avverrà. L’eolico e il solare sono già ora più economici dei combustibili fossili per la produzione di elettricità, ma non esistono i mezzi per immagazzinare abbastanza energia da poter fare affidamento su fonti intermittenti.
La tecnologia delle batterie si sta evolvendo a ritmi incalzanti, con costi per chilowattora (kWh) che sono scesi del 90% dal 2010. Esistono aziende specializzate nella creazione di batterie da materiali riciclati. Redwood Materials, ad esempio, smonta le batterie a fine vita e utilizza i materiali recuperati per produrre componenti per quelle nuove. Altre stanno invece sperimentando alternative alle batterie agli ioni di litio per ridurre la pressione sulle risorse naturali. I migliori produttori di cavi, come Prysmian, e le aziende minerarie concentrate sul rame sembrano avere un futuro sempre più roseo, considerando il trend in atto da tempo: elettrificare qualunque cosa, sempre e comunque;
- Infrastrutture. La crescita non si limita alle tecnologie più ‘esotiche’. Alcune economie sviluppate hanno infrastrutture tanto fatiscenti da rendere necessario un importante aggiornamento solo per
Problemi di accumulazione
Destinazione d’uso delle batterie agli ioni di litio (per capacità installata, Gwh)
Le
batterie contano
Investimenti globali in batterie agli ioni di litio per uso e Paese (in mld usd)
mantenere gli attuali livelli di produttività, figurarsi nell’eventualità di volerli migliorare. A questo si aggiunge la necessità di migliorare le difese contro gli eventi meteorologici estremi e la creazione di una rete decentralizzata. Il risultato è che tutto, dalle cisterne per le acque piovane di Advanced Drainage Systems alle forniture di ghiaia e altri composti di Martin Marietta Materials, sembra destinato a continuare a lievitare;
- Trasporto autonomo. Zipline è stata indiscussa pioniera nell’utilizzo di droni per la consegna di forniture mediche urgenti, e una combinazione sempre più raffinata di sensori e intelligenza artificiale sta aiutando anche altri a gestire la logistica in modo molto più efficiente. Le auto a guida autonoma sembrano sempre più dietro l’angolo, mentre il trasporto automatizzato su lunghe distanze sembra imminente grazie ad Aurora Innovation, le cui tecnologie autonome sono installate su camion di altri produttori di veicoli. Questo è un elenco tutt’altro che esaustivo di quanto sta accadendo nel mondo. Chi si ferma a rimuginare e riflettere
Il mondo delle rinnovabili continua a dover fare i conti con i cronici problemi di accumulo dell’energia in eccesso per compensare le lunghe fasi di stallo. Le tecnologie fanno passi in avanti, ma...
dell’invisibile rete di Internet, milioni di chilometri di cavi, che consente alle aziende di gestire decine di valute e molteplici forme di pagamento? O alle macchine specializzate e ai complessi sistemi di gestione dell’energia che rendono possibile la produzione di chip per computer e il funzionamento di data center sempre più diffusi ed energivori?
Questo è il progresso, grazie ai passi in avanti, piccoli e grandi, compiuti singolarmente da tutte queste aziende. Non riceve particolare attenzione perché avviene giorno dopo giorno, nella quotidianità di tutti. Non ci sono grandi notizie, e prime pagine dei giornali a parlarne. E qui sta l’opportunità. Le opportunità abbondano grazie all’inevitabilità del progresso, ed è bene non dimenticarlo.
Che delusione?
Il comparto industriale chiude il 2024 con dati sconfortanti, ma ampiamente previsti, sia in Svizzera che nella vicina Eurozona. A pesare sono in particolare le difficoltà tedesche.
Il polso delle Pmi
Andamento congiunturale dell’indice Pmi delle Pmi svizzere (dati ‘18 - ’25)
Raiffeisen Purchasing Manager Index delle Pmi procure.ch Purchasing Manager Index
Fonte: Raiffeisen I-2025
L’indice Pmi delle Pmi elvetiche
Sottocomponenti dell’indice per mese (dati 2024, in punti)
Fonte: Raiffeisen I-2025
In termini finanziari il 2024 sarà certamente ricordato come un anno estremamente positivo, con il comparto bancario tra i principali beneficiari di quella che in termini monetari si è confermata ancora una volta una congiuntura superlativa, laddove non eccezionale. Da un lato il calo dell’inflazione, dall’altro l’ottima raccolta, una scarsa remunerazione offerta ai correntisti, e utili ancora una volta da favola, in linea con un già positivo 2023.
Se si guarda però all’economia reale, e soprattutto al tessuto industriale, i superlativi diminuiscono rapidamente, come del resto è nell’aria già da diversi mesi:
una realtà che i dati hanno fotografato a tinte particolarmente vivide in chiusura d’anno, con l’indice Pmi delle Pmi di Raiffeisen precipitato in zona di netta contrazione, a 45,4 punti, rispetto ai 50,1 di novembre.
Di per sé il dato non stupisce, è in linea con un trend ormai perdurante da un paio d’anni, con l’indice stabilmente in zona contrazione o quasi, per quanto il balzo a 51,9 in ottobre avesse riacceso la speranza almeno in Svizzera.
La vicina Eurozona è caratterizzata ormai da uno scenario profondamente negativo, almeno con riferimento al tessuto manifatturiero e industriale; da di-
L’andamento dell’indice Pmi delle Pmi svizzere, e delle diverse sottocomponenti. L’andamento non è certo dei migliori, come previsto.
verso tempo, la crisi in atto in Germania trascina infatti al ribasso i dati dell’intero comparto e, a dicembre, si è registrato un ulteriore calo, tanto che l’anno si è chiuso in bellezza a 41,8 considerato che 50 rimane la soglia di contrazione delle attività economiche. A essere particolarmente negativo è il sentiment delle imprese che continua a macinare dati al ribasso, senza il supporto di rilevazioni altrettanto catastrofiche in termini di produzione. Tale sentiment, comprensibile nel caso di Francia e Germania, dove l’instabilità politica è particolarmente grave, si sta però estendendo anche alla Svizzera, con gli ordinativi precipitati a dicembre in zona 43,3 rispetto a una produzione fermatasi a 44,5, il che potrebbe lasciare intendere un ulteriore indebolimento dell’indice nell’arco del primo trimestre del 2025. Se dunque l’Europa è in affanno, con la locomotiva tedesca stabilmente ferma da ormai un biennio, la situazione appare decisamente migliore in Cina e Stati Uniti, che dovrebbero poter garantire un’ulteriore crescita dell’economia mondiale, seppur inferiore alla media. Sono del resto molti i problemi domestici che le due super potenze sono chiamate ad affrontare, con Pechino tutt’altro che uscita dai guai degli ultimi anni, con un settore immobiliare ancora pericolante, e con i consumi delle famiglie ancora bassi, in attesa di capire quali saranno le vere decisioni prese da Washington, che ha da poco terminato un delicato passaggio di testimone con la nuova amministrazione. Incertezza globale, e potenti scossoni, sicuramente regaleranno un franco svizzero ancora molto forte.
Giulio De Biase

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Osservatorio
A vele spiegate
Il gestito dei fondi d’investimento svizzeri ha toccato un nuovo record storico, trainato dalle fantasmagoriche performance dei mercati finanziari, azionari in primis.
Il mercato svizzero dei fondi ha chiuso il quarto trimestre del 2024 incorniciando un risultato record, e portando il totale delle masse amministrate alla vertigginosa cifra di 1,615 trilioni di franchi.
Buona parte di tali masse, ben 747 miliardi, sono concentrate nei fondi d’investimento azionari che rimangono di gran lunga l’asset class preferita dagli investitori, esteri e domestici, in virtù anche dei risultati straordinari inanellati dalle borse nel corso degli ultimi anni, pur al netto di una piccola ma dolorosa battuta d’arresto.
Nell’arco di dodici mesi il gestito è aumentato di oltre 228 miliardi di franchi, con 137 portati proprio dagli azionari, altri 45 dagli obbligazionari, e ben 32 dai monetari che si confermano essere un’asset class interessante, specie rispetto a quanto non fosse nell’ultimo decennio. Sin tanto che la Fed non scenderà a più miti consigli è certo il dato non potrà sgonfiarsi più di quel tanto.
In termini di raccolta, a dodici mesi, ci si è fermati a un più modesto 26,27 miliardi complessivi, equamente ripartiti tra obbligazionari, e monetari. In entrambi i casi a pesare sono stati i tassi ancora alti, specie sul dollaro, e la volontà di bloccare scadenze lunghe con rendimenti ancora interessanti nel caso dell’obbligazionario europeo, a fronte di rischi inflativi ormai ampiamente rientrati.
La situazione per l’industria svizzera dei fondi si conferma dunque positiva, con numeri importanti a riporto di anni, quelli passati, comunque molto produttivi, in larga misura riconducibili sì alle performance spaziali dei mercati, trend iniziato già durante l’emergenza pandemica, ma anche alla fiducia degli investitori, con la raccolta netta che se nell’ultimo anno ha sfondato quota 26,27 miliardi, nell’arco dell’intero lustro si è portata a 130,31 miliardi. Premiante è la forza del franco, e la forte reputazione della Piazza.
Il mercato svizzero dei fondi (Dati Morningstar in mln di franchi)
Categoria fondi
Raccolta
per Asset class (in milioni di franchi)
Osservatorio 4.0
Caro lettore,
L’Osservatorio sta infine sfondando la famosa terza dimensione, l’online, per essere sempre più completo e aderente all’evoluzione vorticosa dei mercati finanziari, tenendo il passo. Una parte dei contributi dei numerosi Partner che da anni contribuiscono alla sua ricchezza, e che molti apprezzano, inizieranno a essere web-only, specie per quelle tematiche molto più ‘liquide’. Buona meta-lettura FI
L’Angolo dell’investitore: (Technology, Automove, Luxury; Isin):
▲ Apple (US0378331005)
▲ Microsoft (US5949181045)
▲ Nvidia (US67066G1040)
▲ Porsche (DE000PAG9113)
▲ Ferrari (NL0011585146)
▲ Mercedes Benz (DE0007100000)
▲ Hermès (FR0000052292)
▲ Lvmh (FR0000121014)
▲ Moncler (IT0004965149)
Meglio senza vincoli
Investire in fondi obbligazionari flessibili e senza paletti troppo stringenti può aprire la strada a opportunità sostanziali e altrimenti irraggiungibili, al costo di un po’ di flessibilità.
Caso di scuola
Sviluppo composizione di un portafoglio obbligazionario flessibile (in % tot)
Riduzione del rischio legato alla preoccupazione per l'inflazione
Passaggio al credito a breve termine in caso di volatilità dei tassi
Integrazione dell'At1 per ottenere rendimenti analoghi a quelli azionari e volatilità analoga a quella obbligazionaria
Riduzione dell'At1 per le preoccupazioni relative alle banche
Passaggio al credito a lungo termine in caso di un picco dei tassi
Nessun At1 all'evento di Cs/Ubs
Previsioni di ripresa dei settori "non apprezzati"
Ampliamento dell'At1
■ Ripresa del Real Estate ■ Ripresa delle banche Usa ■ Us Hy ■ Eur Ig ■ Eur Hy a breve ■ Credito a breve termine ■ Credito dei mercati emergenti ■ Transizione energetica ■ Rising Star ■ Basso prezzo della liquidità a lungo termine ■ Obbl. subordinate ■ Assicurative Carry su obbl. subordinate ■ short call Obbl. ibride societarie ■ At1
Fonte: Pictet Am IX-24
Riusciranno le principali economie mondiali a evitare una recessione? Quanto saranno aggressivi i tagli dei tassi d’interesse? Inoltre, quali saranno le implicazioni a livello globale dopo la vittoria di Donald Trump? Se questo contesto non è già abbastanza impegnativo per gli investitori obbligazionari, a peggiorare le cose molti si troveranno a detenere portafogli non adatti. Da qui il bisogno di ‘flessibilità’, e di strategie creditizie prive di vincoli. Strategie di questo tipo (non vincolate a un particolare indice o in grado di ricorrere senza limitazioni a strumenti, duration e tipologie di posizione) possono offrire rendimenti poco correlati a quelli delle asset class a reddito fisso tradizionali e anche dell’azionario. Sostituendo parte della loro allocazione nel reddito fisso con una strategia di credito flessibile, gli investitori possono ottenere una diversificazione migliore e la possibilità di garantirsi una maggiore protezione dai mercati ribassisti, nonché rendimenti rettificati per il rischio più elevati nel lungo termine. Le strategie non vincolate possono ri-
sultare complesse ma semplici, utilizzando leve specifiche per generare rendimenti aggiuntivi. Ecco sei tattiche principali:
• Rapidi cambi di allocazione, per mantenere il portafoglio molto liquido;
• Allocazione al di fuori del mercato del credito tradizionale, a volte su larga scala;
• Liquidità usata come allocazione attiva, per consentire al portafoglio di superare i periodi di turbolenza del mercato e di agire rapidamente non appena si mostrano segni di inversione di tendenza;
• Evitare o shortare segmenti del credito o emittenti che non offrono valore;
• Modificare la duration del portafoglio e il posizionamento sulla curva per riflettere i mutamenti della politica monetaria;
• Coprire i diversi rischi (come quelli di tasso, di credito o specifici dell’emittente) aumentando l’esposizione lorda. Cambi rapidi. Un portafoglio incentrato su strategie di credito strategico, essendo composto per lo più da strumenti liquidi, può modificare con rapidità la propria asset allocation quando la situazione lo richiede. Può essere il caso della BoE, e dei recenti sviluppi rispetto all’intonazione

Manesh Mistry, Senior Client Portfolio Manager di Pictet Am. Evoluzione della composizione di un portafoglio obbligazionario modello, flessibile e prudente.
della politica monetaria, al pari delle volatili aspettative sulle decisioni della Fed.
La flessibilità di tali strategie consente anche di ricorrere a strumenti molto specifici, laddove si palesi un’interessante opportunità, come avvenuto a fine 2023 rispetto alle obbligazioni AT1. Interessanti ma molto rischiose.
Oltre il mainstream. L’investimento in obbligazioni AT1 attesta la capacità dei portafogli di credito strategici di investire in aree che esulano dalle principali asset class. Attualmente, si vedono diverse opportunità in ambiti più di nicchia, come alcune obbligazioni societarie ibride che offrono un carry interessante.
In alternativa sembrano promettere bene anche alcune obbligazioni societarie emesse da alcuni ‘campioni nazionali’ dei mercati emergenti. Molte offrono rendimenti vantaggiosi e sono emesse da aziende con solidi fondamentali.
Allocazione attiva della liquidità. I portafogli tradizionali sono di norma soggetti a vincoli piuttosto stringenti sulla quantità di liquidità che possono detenere (max 5%, e solo temporaneamente). I portafogli strategici non sono soggetti alle stesse limitazioni, dunque possono utilizzarla come investimento tattico efficace.
Si tratta di una situazione analoga a quanto accaduto nel 2022, da quando a inizio anno i tassi iniziarono a salire per contenere l’inflazione. La rapida stretta fece puntualmente aumentare il rendimento della liquidità, spalancando po -
tenzialmente interessanti opportunità, a patto di saperle (e poterle) cogliere.
Esposizione flessibile al reddito fisso. A causa dei vincoli di tracking error, i fondi benchmark possono talvolta essere obbligati a detenere obbligazioni di emittenti o segmenti dei mercati del credito che non considerano interessanti.
Ne consegue che gli emittenti più rappresentati sono quelli più indebitati, in quanto la maggior parte degli indici obbligazionari è ponderata per la capitalizzazione. Le strategie non vincolate non sono soggette a tali limitazioni e possono evitare o shortare emittenti o segmenti di mercato non interessanti.
Il potere della duration. Ciò che conta, però, non è solo la tipologia di asset in portafoglio, ma anche la duration complessiva, ossia la scadenza media dei flussi di cassa di un’obbligazione (cedola e rimborso capitale); è un indicatore del rischio di mercato, poiché le obbligazioni con scadenze più lunghe tendono a essere più sensibili ai movimenti dei tassi.
I fondi benchmark sono generalmente limitati a una duration di +/- 1 anno rispetto a un indice di riferimento, che a sua volta si aggirerà intorno alla soglia dei 5 anni per tutti i fondi Investment Grade a scadenza. Tutto diverso qualora invece la duration possa variare da -3 a +8 anni. In alcuni momenti le condizioni esigono una duration intorno all’estremità superiore dell’intervallo (come nel 2023 e nel 2024) e, in altri, dovrà essere più vicina all’estremo inferiore e quindi negativa, come nel secondo semestre del 2022.
A fine 2022, ad esempio, una duration negativa, grazie a una posizione short in future su titoli di stato giapponesi ha regalato diverse soddisfazioni, sulla base dell’aspettativa che le obbligazioni giapponesi subissero un’ondata di vendite in risposta a una stretta della politica monetaria. La BoJ fece quanto previsto, ‘mollando’ i rendimenti a lungo, penalizzando tutti gli investitori rimasti long sui titoli di stato nipponici (compreso chi investiva in fondi attivi long-only).
Oggi, invece, i tassi sono in discesa e l’indebitamento pubblico è elevato. Pertanto, vediamo valore nel muovere la duration tra 4 e 8 anni, riducendola quando i rendimenti salgono e prolungandola in caso di forti vendite. Ciò potrebbe incrementare significativamente i rendimenti rispetto alle strategie meno flessibili. Gestione agile. Un portafoglio può
I tassi iniziano a salire
Alla prova dei fatti
Evoluzione della performance per fase di mercato (VIII-22: 100)
essere adeguato alle variazioni dei tassi d’interesse modificandone la duration, ma i tassi sono solo uno dei fattori che influiscono sul reddito fisso. In definitiva, gli Investment Manager si adattano all’ambiente e alle condizioni di mercato per offrire i migliori rendimenti rettificati per il rischio e, anche in questo caso, le strategie non vincolate possono sfruttare la flessibilità, sia attraverso l’adeguamento dell’esposizione lorda, sia sfruttando uno dei numerosi strumenti di copertura. Questo può includere la copertura completa di qualsiasi esposizione valutaria e l’utilizzo di una gamma di strumenti diversi per proteggere il portafoglio dal rischio di spread. Per fare un esempio, i gestori possono assicurarsi contro ogni potenziale debolezza dei bond delle banche europee acquistando credit default swap sull’indice iTraxx Europe Senior Financial. Una strategia di copertura alternativa prevederebbe invece l’acquisto di un’opzione put sull’indice azionario Euro Stoxx Banks.
Un portafoglio obbligazionario strategico può dunque sfruttare come oppor-
Evoluzione della performance del portafoglio tipo a dipendenza della composizione e della duration dei titoli, rispetto a fasi di mercato, e indici paragonabili.
tunità l’intera gamma globale di derivati liquidi e mercati del credito pubblico, ma dovrebbe evitare prodotti strutturati e investimenti illiquidi che non sembrerebbero compatibili con le strategie di negoziazione quotidiane.
Oggi il mondo si trova ad affrontare molte incertezze, che si tratti delle elezioni statunitensi, della salute dell’economia globale, del percorso dei tassi d’interesse, dell’ascesa delle tecnologie e dell’Ia, delle tensioni geopolitiche o delle sfide della transizione verde. Adottando un approccio flessibile anche un portafoglio obbligazionario è in grado di sfruttare in modo agile l’intera gamma di opportunità tra tutte le asset class (sia long che short), gestendo al contempo la duration, riducendo il rischio e offrendo agli investitori forti vantaggi di diversificazione.
Cambio di agenda
Con l’insediarsi del nuovo inquilino della Casa Bianca molti equilibri degli ultimi anni sembrano vacillare, ma quanto delle molte promesse e minacce sarà davvero attuato?
Costi in euforica salita
Spesa netta per interessi del debito federale statunitense (in % del Pil)

Matteo Ramenghi, Cio di Ubs Wealth Management Italia. A lato, al netto dei desiderata di Trump sono molti i limiti con cui doversi confrontare.
te da Trump sembrano sottintendere un approccio fiscale espansivo e il mantenimento di un deficit elevato, le indicazioni di Elon Musk e del suo Doge (Department of Goverment Efficiency) puntano a tagli draconiani della spesa pubblica.
Tra lavoro e immigrazione
Èda poco cominciata la seconda presidenza di Donald Trump. Dalle elezioni presidenziali statunitensi, seppur con maggior volatilità, la borsa è salita, i rendimenti dei Treasury sono aumentati e il dollaro si è rafforzato. Per gli investitori non è facile valutare le implicazioni dei cambiamenti nella politica americana.
Per quanto riguarda i temi economici, nel suo discorso inaugurale Trump
si è concentrato sul protezionismo, sul contenimento dell’immigrazione e le deportazioni, sull’intenzione di ritirare nuovamente gli Stati Uniti dagli accordi di Parigi sul clima e incrementare le trivellazioni di gas e petrolio, nonché sulla necessità di aumentare l’influenza statunitense sul canale di Panama.
Alcune aree restano meno chiare: infatti, mentre le politiche che si definiscono Maga (Make America Great Again) invoca-
Infatti, Musk ha fatto riferimento a tagli per 2mila miliardi di dollari e un sindacato che rappresenta 800 mila dipendenti pubblici, l’American Federation of Government Employees, ha protestato subito dopo la cerimonia inaugurale.
In ogni caso, si tratta di un’agenda fitta di obiettivi di non facile realizzazione ma, tra tutti i cambiamenti promessi, i dazi restano in cima alla lista delle preoccupazioni degli investitori, poiché si tratta dell’area in cui il Presidente ha la maggiore autorità unilaterale.
L’aspettativa condivisa da molti è che l’aliquota effettiva dei dazi contro la Cina salga al 25-30% (dal 10% attuale), molto al di sotto del 60% ventilato in campagna elettorale. Sono inoltre attese misure a protezione degli interessi tecnologici nonché dazi sulle automobili e sui farmaci provenienti dall’Europa. Il Vecchio Continente è destinato a risentire anche dell’effetto indiretto dei dazi nei confronti della Cina, che è sia un mercato di sbocco che un temibile competitor.
Gli scenari più estremi, come dazi universali del 10-20% su tutte le importazioni di qualsiasi provenienza o un dazio più elevato del 60% sui beni cinesi e/o l’attuazione della minaccia di dazi del 25% contro Canada e Messico, sono
La controversa questione dei dazi e dei potenziali effetti positivi e negativi non è una materia troppo nuova, e per certi il calo del commercio globale era già iniziato prima della pandemia.
meno probabili, perché potrebbero venire impugnati in tribunale e richiedere l’approvazione del Congresso.
Tuttavia, non si possono escludere ritorsioni con dazi reciproci sia da parte della Cina che dell’Europa, con un indebolimento dello yuan cinese e restrizioni alle esportazioni di minerali critici per la produzione di batterie.
Qualsiasi restrizione ai commerci e ai flussi di capitale ha un impatto negativo sulla crescita economica e sull’inflazione. Tuttavia, se non si prendono in considerazione gli scenari più estremi, l’impatto sull’economia statunitense potrebbe non essere così significativo, anche perché gli scambi commerciali tra Cina e Stati Uniti sono già diminuiti in misura sostanziale negli ultimi anni.
Naturalmente, non dovrebbe neanche essere esclusa la possibilità di un esito più favorevole per il mercato e l’economia. Ciò potrebbe includere dazi più limitati del previsto, poiché Stati Uniti e Cina potrebbero raggiungere un accordo più ampio che tocchi magari la stabilità del Pacifico o il finanziamento del deficit statunitense, riducendo il rischio geopolitico percepito.
Trump ha anche promesso di impegnarsi per chiudere la guerra in Ucraina: qualora ciò avvenisse potrebbe migliorare la fiducia di imprese e famiglie in Europa, mentre il probabile calo dei prezzi dell’energia e la ricostruzione dell’Ucraina potrebbero compensare l’impatto negativo di maggiori dazi.
Tutto questo va inserito in un quadro di ampia liquidità nei bilanci di aziende e famiglie dopo due anni di elevati tassi d’interesse. Via via che i tassi d’interesse scendono, ci potrebbe essere una migrazione di questa liquidità verso impieghi più remunerativi come obbligazioni, immobiliare e azioni.
Per questo c’è un certo margine per essere ottimisti nei confronti dei mercati azionari. Tassi d’interesse in calo, crescita economica modesta ma positiva e investimenti in conto capitale in intelligenza artificiale rimangono fattori positivi per
Protezionismo a fisarmonica
Indicatore di apertura degli scambi commerciali (exp e imp in % Pil globale)
Cina e Messico
Importazioni americane per Paese (dati in mln usd, media mobile 1y)
«Qualsiasi restrizione ai commerci e ai flussi di capitale ha un impatto negativo sulla crescita economica e sull’inflazione. Tuttavia, se non si prendono in considerazione gli scenari più estremi, l’impatto sull’economia statunitense potrebbe non essere così significativo»
i semiconduttori, le mega cap e le Utility, visto l’aumento atteso dei consumi di elettricità.
Al di fuori degli Stati Uniti, un’esposizione diversificata all’Asia escludendo il Giappone, in particolare all’India, può andare incontro a trend demografici favorevoli, mentre in Europa oltre alle Utility si vedono opportunità nel settore farmaceutico, nelle azioni ad alto dividendo e nelle small e mid cap, le società a piccola capitalizzazione, in considerazione dei tassi in discesa e delle basse valutazioni. Tassi più bassi dovrebbero creare un
contesto favorevole per le obbligazioni, sulle quali si è positivi. In particolare, il Vecchio Continente è in stagnazione da due anni e le due economie principali, Germania e Francia, hanno rispettivamente problemi di crescita e di controllo delle finanze pubbliche.
In questo complesso scenario, la Banca Centrale Europea ha tagliato i tassi d’interesse di un punto percentuale nel 2024 e ci si aspetta che faccia almeno altrettanto quest’anno, portando il tasso sui depositi al 2%. Ma non è chiaro se si fermerà lì. Con una crescita economica vacillante, la Bce potrebbe dover fare di più, anche in considerazione del più evidente protezionismo americano.
Questa fase dovrebbe quindi essere favorevole per le obbligazioni in euro. I titoli Investment Grade presentano ancora rendimenti ampiamente superiori all’inflazione attesa, con potenziale di apprezzamento in caso di un rallentamento economico più marcato. Da questo punto di vista, la correzione di fine anno sembra rappresentare un’opportunità di bloccare rendimenti interessanti a medio termine.
La qualità paga sempre
Investire in aziende di successo, o che potranno averlo, rimane la via maestra per continuare a veleggiare anche nei periodi più turbolenti. Serve tempo, è costoso, ma ne vale la pena.

Quando arrivò il lupo, i due porcellini, uno con una casa di paglia e l’altro con una di legno, capirono quanto fosse stato prezioso il tempo e l’impegno che il terzo porcellino aveva dedicato alla costruzione della sua solida casa in mattoni. Allo stesso modo, solo un investimento di qualità può proteggere il proprio patrimonio da fattori che rischiano di eroderlo nel tempo. In questo scenario, il ‘lupo’ simboleggia un imprevisto: nessuno sa quando potrebbe manifestarsi. Ecco perché è essenziale costruire fondamenta solide, puntando su investimenti di qualità. Ma cosa significa investire in qualità?
Negli investimenti viene spesso associata a parametri come basso indebitamento, utili costanti e alta redditività. Tuttavia, questi dati rappresentano solo il risultato finale, non le cause profonde che determinano il successo di un’azienda. La vera forza di un’azienda risiede nel suo vantaggio competitivo, quello che Warren Buffett definisce il “fossato economico.”
Per questo motivo, è bene concentrarsi
«La lezione fondamentale rimane costruire fondamenta solide, e investire in qualità. Le crisi, per definizione, sono imprevedibili. Nessuno può dunque pretendere di essere in grado di prevederle tutte. Tuttavia, un punto rimane essenziale: avere una base solida, costruendola quando i mercati sono tranquilli, protegge durante i periodi di turbolenza»
su aziende che dimostrano un vantaggio competitivo sostenibile, caratterizzato da alcuni elementi fondamentali, tra cui:
- Proprietà intellettuale . Prodotti o servizi difficili da imitare, protetti da brevetti, che limitano l’ingresso dei concorrenti nel mercato;
- Forte marchio/franchising . Le aziende con una bassa elasticità della domanda rispetto al prezzo godono di una

Benjamin Meier, Portfolio Manager di Rothschild&Co Wealth Management.
clientela fedele, poco influenzata dalle variazioni di prezzo;
- Soluzioni essenziali per i processi aziendali. Prodotti o servizi profondamente integrati nei processi aziendali dei clienti, la cui interruzione causerebbe significativi disagi. Privilegiamo soluzioni a basso costo relativo o basate su modelli di abbonamento;
- Effetti sinergici. Situazioni in cui i vari elementi di un’organizzazione si rafforzano a vicenda, creando nuove opportunità. Questo è particolarmente comune nei business model basati sui dati.
Queste caratteristiche si trovano in aziende i cui prodotti o servizi vanno oltre il semplice concetto di “merce”. Offrono vantaggi competitivi che superano il fattore prezzo, raggiungendo così una redditività eccezionale, con un ritorno sul capitale investito (Roic) significativamente superiore al costo medio ponderato del capitale (Wacc).
L’effetto volano. Le aziende con un forte vantaggio competitivo sono in grado di generare flussi di cassa significativi, che vengono reinvestiti strategicamente in innovazione, gestione del marchio e miglioramento dell’esperienza cliente. Questo circolo virtuoso rafforza la loro posizione sul mercato e alimenta una crescita sostenibile nel tempo.
Tuttavia, per preservare questo effetto positivo, è indispensabile una gestione competente. Una gestione inefficace potrebbe infatti ridurre il rendimento del capitale alla media del mercato o persino al di sotto del Wacc, compromettendo il
Investire in titoli di qualità per quanto possa inizialmente dimostrarsi una scelta ‘cara’, è nel lungo periodo che riserva grandi soddisfazioni. Oltre a essere molto meno volatili anche in periodi di mareggiata, possono essere ceduti più facilmente alla bisogna.
valore dell’azienda. La priorità è assicurarsi che questo rischio venga evitato nel lungo termine.
Nei momenti di crisi. La vera forza della qualità emerge durante le crisi. Proprio come il lupo svela le debolezze, le avversità mettono in luce le aziende costruite su solide fondamenta. Un’analisi del LongRun Global Equity Fund dimostra come la qualità abbia sostenuto il portafoglio durante periodi critici:
- Pandemia Covid-19 (2020). Individuare il momento esatto in cui ha avuto inizio la crisi legata alla pandemia di Covid-19 non è semplice, ma il 24 febbraio 2020 rappresenta un punto di svolta significativo. In questa data, l’indice S&P 500 è sceso da un livello di chiusura di 3337,75 a un’apertura di 3257,61. Bloomberg ha descritto la situazione con il titolo: La diffusione del coronavirus colpisce l’indice S&P 500 all’apertura. Queto evento segna un punto di partenza ideale per un’analisi. Dal 24 febbraio fino al minimo di mercato, il fondo ha ottenuto un alfa dell’8%, una prova concreta della straordinaria resilienza del portafoglio.
Poiché il fondo è stato lanciato solo nel 2015, un confronto diretto con le crisi precedenti risulta complesso. Tuttavia, l’analisi proposta da Bloomberg rappresenta una soluzione efficace: questo approccio valuta il profilo di rischio dei fattori del portafoglio attuale e lo confronta con il comportamento del mercato durante crisi storiche specifiche. In questo modo, è possibile ottenere previsioni teoriche precise e affidabili, rafforzando ancora di più la fiducia nelle capacità di affrontare situazioni avverse;
- Il debito europeo (2010-2012). La crisi del debito europeo è iniziata il 26 aprile 2010 quando le agenzie di rating hanno declassato la Grecia, ed è terminata il 26 luglio 2012 con il famoso discorso del ‘calabrone’ di Mario Draghi. In questo discorso, l’allora Presidente della Banca Centrale Europea manifestò la determinazione della Bce a fare “tutto il neces-
La resa dei conti
Differenziale di performance tra titoli quality e indice di mercato (1980: 100)
Fonte: Gmo 2022
Contano i margini
Differenziale dei margini operativi per titoli (1979 - ‘22, in pp. %)
Differenziale del margine operativo
Margine operativo titoli S&P 500 - quello titoli di alta qualità
Fonte: Gmo 2022
sario” per stabilizzare l’euro.
Secondo il modello Bloomberg, avrebbe ottenuto un alfa del 9,7% durante questo periodo;
- Crisi finanziaria globale (20072009). La crisi finanziaria globale rimane uno dei crolli di mercato più significativi della storia moderna. Stabilire un inizio preciso della crisi è complesso: già all’inizio del 2007 i prezzi degli immobili avevano raggiunto il loro picco, e 25 istituti di credito subprime avevano dichiarato bancarotta. Nell’estate del 2007, Bnp Paribas sospese tre hedge fund a causa di problemi di liquidità, mettendo ulteriormente in evidenza le debolezze del mercato.
Un momento cruciale fu la primavera del 2008, quando Bear Stearns venne acquisita da Jp Morgan, con l’intermediazione della Federal Reserve, al prezzo simbolico di soli 2 dollari per azione. Sebbene il mercato fosse in declino già dall’inizio del 2007, si utilizza questo evento come punto di partenza per l’analisi.
Il minimo di mercato fu raggiunto il 6 marzo 2009, con un minimo intraday di 666 punti. Secondo il modello Bloomberg,
il LongRun Global Equity Fund avrebbe ottenuto un alfa dell’8,5% durante questo periodo, dimostrando ancora una volta la resilienza e la sovraperformance del fondo in condizioni di stress sistemico. Non tutti gli eventi di mercato sono uguali. Sebbene le crisi mettano in evidenza l’importanza della qualità, non tutti gli eventi di mercato rappresentano rischi sistemici. Episodi come il “Taper Tantrum” del 2018 o le recenti misure adottate dalle Banche Centrali per contrastare l’inflazione sono certamente rilevanti, ma non raggiungono l’intensità e l’impatto dei veri rischi sistemici associati a una crisi autentica.
La lezione fondamentale rimane costruire fondamenta solide, e investire in qualità. Le crisi, per definizione, sono imprevedibili. Nessuno può dunque pretendere di essere in grado di prevederle tutte. Tuttavia, un punto rimane essenziale: avere una base solida, costruendola quando i mercati sono tranquilli, protegge durante i periodi di turbolenza. Per questo motivo, investite in qualità e costruite la casa con mattoni, e non con la paglia!
Inciampo intelligente
Il ciclone DeepSeek non dovrebbe allarmare sulle prospettive del settore, che anzi ne potrebbero risultare addirittura migliorate. Perché? Questione di punti di vista.
Èda poco venuta allo scoperto la versione cinese di ChatGpt, chiamata DeepSeek, con interessanti riflessi sui mercati, replicando l’effetto wow che già Chat aveva scatenato due anni fa. Inoltre, evita argomenti sensibili alla Cina spostando il problema su qualcos’altro. Tuttavia, il fatto che l’azienda affermi di aver costruito il suo modello con chip più economici e meno avanzati ha spostato in modo significativo le prospettive di costo e Roi per gli investimenti in Ia e quindi svendita di trilioni di dollari nei mercati azionari statunitensi, amplificata da valutazioni elevate, e dal timore persistente riguardo ai massicci investimenti.
Il 27 gennaio Nvidia ha perso quasi il 17% e ha cancellato da sola più di mezzo trilione di dollari di capitalizzazione di mercato! Apparentemente si è trattato del più grande crollo azionario di tutti i tempi. Ma ehi, nella lista delle dieci più grandi vendite di titoli azionari della storia, Nvidia figura circa 8 volte... AMD è crollata di oltre il 6%, Intel (sperando i suoi chip meno avanzati possano tornare all’attacco) ha finito per perdere più del 2,5%.
Asml è scesa del 7%. Nel complesso, il Nasdaq 100 ha perso quasi il 3%, l’Etf sui semiconduttori di VanEck è crollato di quasi il 10% e l’Etf Global X Uranium ha perso oltre l’11%.
È stata una giornata dura. È interessante notare che i nomi che si dice siano collegati a DeepSeek abbiano guadagnato, anche se limitatamente. Iflytek, ad esempio, ha guadagnato meno del 2%, mentre l’indice Golden Dragon del Nasdaq è aumentato appena dello 0,10%. Di conseguenza, il denaro non si è spostato dalla tecnologia statunitense a quella cinese, ma si è spostato dalla tecnologia statunitense
a un bene rifugio. I rendimenti statunitensi sono scesi, il franco si è rafforzato, ma non l’oro. Il Ftse 100 britannico non ha reagito per l’esposizione molto ridotta delle big cap britanniche alla tecnologia, il che è una buona o cattiva notizia.
Si è trattato di una svendita dell’Ia esagerata, per quanto vi siano rapporti che elogiano le prestazioni di DeepSeek, alcuni esperti dicono che è impressionante, altri dicono che è dirompente e la stessa Nvidia ha affermato che l’azienda ha escogitato qualcosa di “eccellente”, utilizzando molti dei suoi chip meno avanzati. Ma al di là di questo non trascurabile dettaglio, ci sono molte domande senza risposta su DeepSeek, incluso se il suo modello potrebbe essere integrato e utilizzato da altre applicazioni e se l’azienda ha davvero costruito un modello per meno di 6 milioni di dollari, mentre il prezzo dei modelli statunitensi raggiunge diverse centinaia di milioni. E, ultimo ma non meno importante, sembra che DeepSeek abbia creato qualcosa che già esisteva a un prezzo più conveniente. Ma non è arrivato a un prodotto finale che non esisteva.
Se però DeepSeek fa con successo ciò che dice di fare, offrire modelli di Ia con prestazioni uguali a un prezzo più conveniente, aiuterà chiaramente gli operatori locali cinesi e le aziende di tutte le dimensioni in tutto il mondo a integrare i modelli di Ia nella loro vita quotidiana, aumentando la domanda di chip.
In questo contesto, si stava già indicando una crescente finestra di opportunità per i produttori di chip alternativi, come Amd, nel processo di più ampia adozione di modelli di Ia con chip più economici, view che oggi ne esce rafforzata. Pertanto, si potrebbero spostare capitali e avvantaggiare i produttori di chip più economici

Ipek Ozkardeskaya, analista senior di Swissquote.
che potrebbero attrarre una base di clienti più ampia.
E che dire di Nvidia? Vende chip premium alle più grandi aziende tecnologiche del mondo che hanno tutto l’interesse a utilizzare tali chip per proteggere il loro sviluppo e proporre innovazioni dirompenti. Per queste aziende, non si tratta solo di aumentare la produttività, ma anche di innovare. Perciò:
- All’improvviso, l’elevata concentrazione di clienti Big Tech nel portafoglio clienti di Nvidia (tali clienti hanno rappresentato oltre il 50% delle sue entrate nel terzo trimestre) sembra che possa essere un vantaggio per resistere a un potenziale shock della domanda;
- DeepSeek difficilmente riuscirà a interrompere il dominio delle aziende tecnologiche statunitensi nel campo dell’Ia. Il dominio tecnologico richiede innovazioni nell’hardware, nel software e nelle infrastrutture. E non è il caso della cinese;
- L’ambizione delle Big Tech di costruire i propri chip rappresenta una minaccia più grande per le entrate di Nvidia rispetto alla domanda di chip più economici.
Ci si attende che il prossimo grande passo avanti nel settore sarà costituito da agenti Ia in grado di eseguire una serie di compiti in un ordine specifico. La corsa per raggiungere questo traguardo è iniziata e sarà affascinante vedere chi arriverà per primo. Una cosa è chiara: il progresso viene massimizzato con i chip più performanti piuttosto che con quelli nella media. Dopotutto, una Peugeot porterà dal punto A al punto B, ma una Ferrari lo farà molto più velocemente.
Multipli di Trump
Dopo mesi di attesa, finalmente il passaggio di testimone alla Casa Bianca, con un po’ di chiarezza in dote. Cosa succederà nei prossimi mesi? Dipende, ma ci sono analogie con i ’70.
Ecco finalmente il tanto atteso momento dell’insediamento di Trump. Ora sarà davvero possibile capirne le reali intenzioni. Da quando è stato eletto, infatti, non si è fatto altro che assistere a capovolgimenti di umore sul mercato azionario americano, che hanno portato l’indice a muoversi in un trading range tra 5800 e 6100 punti.
Gli operatori del mercato obbligazionario, invece, hanno avuto le idee molto più chiare , portando il rendimento del decennale americano intorno ad area 4,8%, molto vicino al livello del 5% che viene considerato una sorta di ‘Linea Maginot’ e che già nel 2023 aveva saputo respingere gli attacchi dei falchi.
Anche il dollaro ha mostrato i muscoli, andando a scambiare contro l’euro, seppur per poco tempo, sotto 1.02, offrendo un chiaro segnale sulla forza dell’economia americana rispetto a quella del Vecchio Continente.
Ma cos’è che gli investitori si aspettano e temono allo stesso tempo da questo controverso ma sicuramente iconico Presidente?
Partendo dagli aspetti positivi, ovviamente il desiderio che tutti hanno nel proprio intimo è quello di vedere un proseguimento delle politiche economiche (sia fiscali che monetarie) espansive che hanno alimentato i rialzi di Borsa degli ultimi otto anni, seppur intervallati da due bear market di discreta entità.
Il problema è che queste politiche rischiano di far ripartire l’inflazione che la Fed stava praticamente sconfiggendo, ma che ultimamente, complice un mercato del lavoro ancora in salute, sta resistendo neanche fosse un gladiatore nella fossa con i leoni.
Inoltre, il neo eletto presidente non ha
mai nascosto la volontà di inserire dazi all’importazione e di voler rimandare a casa i molti immigrati clandestini, mosse che però potrebbero avere l’effetto indesiderato di far aumentare i prezzi. È probabile invece che la Fed dal canto suo rimarrà molto più cauta e vorrà vedere gli impatti reali delle scelte del Governo sul ciclo economico. Del resto, già nell’ultima riunione di dicembre del Fomc si era detto che, dei quattro tagli previsti soltanto tre mesi prima, la stima per l’anno 2025 si era abbassata a due.
«Nel 1973 la Fed per contrastare la spirale inflazionistica dovette alzare i tassi di interesse e la conseguenza fu il crollo delle Nifty/Fifty che, come sempre accade in certe situazioni, scesero molto di più di quello che era il loro valore intrinseco»
Ci sono dunque parecchi punti interrogativi per questi 12 mesi, che arriva dopo due anni fantastici per lo Standard & Poor’s che per effetto di questi rialzi oggi presenta dei multipli molto importanti, scambiando a circa 23x il livello degli utili attesi, non propriamente a buon mercato. Qual è il rischio che preoccupa di più? Proprio le valutazioni elevate, in particolare di quelle poche società che hanno guidato le performance dell’indice.
Non si contesta che non abbiano dimostrato di essere eccezionali in termini di redditività, ma solamente che a volte pagare un prezzo troppo alto per la qualità potrebbe non essere un affare.
A tale proposito, viene in mente la

Michele De Michelis, Responsabile investimenti di Frame Am.
storia delle cosiddette “Nifty/fifty” che andavano tantissimo di moda negli anni Sessanta e primi anni Settanta.
Un gruppo di cinquanta growth stocks che a quel tempo rappresentavano la crème de la crème delle società statunitensi. La lista annoverava società di eccellenza di ogni settore dell’economia americana come Coca-Cola, Polaroid, P&G e General Electric.
Questi titoli avevano elevati livelli di capitalizzazione ed erano considerati perfetti per i cassettisti perché tendevano a salire costantemente del tempo.
L’estrema redditività di tali titoli in termini di capital gain li rese oggetto di continui e costanti acquisti da parte di investitori istituzionali. Per tale motivo, la consistente domanda spingeva in alto il valore dei titoli, creando quindi un circolo virtuoso che portava i prezzi a salire e più salivano più venivano richiesti.
La conseguenza fu un sensazionale incremento del P/E dei titoli; nel 1972 l’indice Standard & Poor’s 500 scambiava a un P/E di circa 19, mentre il valore medio riferito alle Nifty/Fifty era vicino a 42, con Polaroid a 90.
Nel 1973 la Fed per contrastare la spirale inflazionistica che aveva colpito l’economia reale in seguito alla crisi petrolifera dovette alzare i tassi di interesse e la conseguenza fu il crollo dei corsi delle Nifty/Fifty che, come sempre accade in certe situazioni, scesero molto di più di quello che era il loro valore intrinseco. Benché oggi i mercati siano diversi con maggiori protezioni rispetto al passato, le similitudini con quel periodo ci sono.
Premi di eccessi
I mercati, che si erano infervorati all’inizio di novembre per l’elezione di Donald Musk, iniziano ora a considerare più seriamente i rischi associati a Elon Trump.
Dal 16 dicembre, l’indice azionario statunitense S&P500 ha perso più del 3% (al 2 gennaio 2025). Dopo un’impennata di oltre l’80% tra le elezioni presidenziali e il 16 dicembre, il titolo Tesla arretra del 18%.
Il risveglio dall’euforia, è vero, non va attribuito ai soli timori per la politica economica del futuro Presidente in quanto è altresì originato dall’atteggiamento meno accomodante della Banca Centrale statunitense che ha certamente tagliato il tasso di riferimento di 25 punti base durante la riunione del 18 dicembre, accompagnando però questo suo gesto con un discorso prudente sui futuri tagli dei tassi. Stando alle proiezioni del Consiglio dei governatori, ne rimarrebbero due soltanto da qui alla fine del 2025. Lungi dal fornire la prospettiva di una rapida normalizzazione del tasso di riferimento verso l’obiettivo di lungo termine, la Federal Reserve lo vede attestarsi intorno al 3,9% a fine 2025, anche perché l’inflazione in corso d’anno dovrebbe essere più alta di quanto auspicato nella riunione di settembre. I mercati non potevano non avere una reazione negativa.
l’attuale moderazione, che dovrebbe durare, del prezzo del petrolio.
È quindi lecito supporre che questa revisione sfavorevole delle aspettative di inflazione provenga, in parte almeno, da ipotesi sulla futura politica economica del prossimo Presidente. A capo della Fed, Jerome Powell si difende da ogni speculazione al riguardo anche se il solo fatto che il programma del Presidente contempli un rischio di rialzo dell’inflazione non può non intromettersi nelle aspettative in materia di politica monetaria.

Olivier de Berranger, Ceo & co-Cio, de La Financière de l’Echiquier (Lfde). Sotto, Trump il 20 gennaio.
da Trump ed esplicitamente teleguidato da Musk.

In questo modo, una delle conseguenze preoccupanti del programma di Trump può impensierire il mercato.
Ma perché una proiezione più alta per l’inflazione? A dire il vero, i dati recenti non depongono apertamente a favore di un’inflazione particolarmente penalizzante nel 2025.
Al contrario, sono diversi i fattori che dovrebbero contribuire a moderare l’inflazione, in particolare la tregua dei prezzi nel settore immobiliare, la distensione progressiva del mercato del lavoro oppure
Altri aspetti oscuri del potere del nuovo presidente possono aver contribuito allo svanire dell’euforia sui mercati, tra cui gli screzi profondi e ormai palesi che dividono lo schieramento presidenziale e fanno presagire una grande instabilità politica.
Il primo episodio di forte tensione nel campo repubblicano è stato il rifiuto, il 19 dicembre, da parte della Camera dei Rappresentanti a maggioranza repubblicana, di un progetto di bilancio presentato
Questo rifiuto ha portato il Paese sull’orlo di uno shutdown del Governo federale. Certo, una versione modificata è stata adottata in extremis a costo di importanti concessioni sugli aspetti più “muskiani” del bilancio anche se questo non ha impedito la spaccatura del partito, come è successo, sulla questione dell’immigrazione. Alcuni sostenitori di Trump hanno chiesto di vietare l’uso dei visti H-1B, destinati ad agevolare l’immigrazione di stranieri che vantano rare competenze professionali. Un’iniziativa, questa, che ha scatenato le ire di Elon Musk che si è detto pronto ad andare in guerra per difendere l’uso di questi visti, vitali per l’economia dell’innovazione, mentre Steve Bannon, storico trumpiano appena uscito di prigione, ha esortato Elon Musk a “rimanere in fondo all’aula e a sedersi” fino a quando non avrà correttamente assimilato il trumpismo. Questi dissensi profondi potrebbero protrarsi finché Trump cercherà di destreggiarsi tra gli interessi dei miliardari della Silicon Valley e dei redneck del Midwest. Il voto su misure cruciali, in particolare sul bilancio, potrebbe quindi concludersi con un nulla di fatto, che il mercato non potrà non punire. Attenzione agli scontri parlamentari a bordo della Tesla trumpiana!


Le lancette dello Zodiaco cultura / orologeria
Con edizioni limitate e pezzi unici, la tradizione orologiera svizzera
omaggia la tradizione astrologica cinese, celebrando l’Anno del Serpente. Sono numerosi, infatti, i Marchi che, fondendo simbolismo zodiacale e maestria artigianale, hanno dato vita a sorprendenti capolavori.
Nello Zodiaco Cinese, un intreccio complesso di mitologia, astronomia e tradizione, il 2025 è l’Anno

del Serpente di Legno. Sesto animale nel ciclo zodiacale, il serpente è simbolo di saggezza, trasformazione e rinnovamento. Incarna introspezione, adattabilità e la ricerca del miglioramento personale - qualità che risuonano profondamente in diverse culture. Secondo la tradizione cinese, i nati sotto il segno del serpente sono intelligenti, calmi e particolarmente intuitivi, spesso orientati verso profonde domande filosofiche. L’associazione di quest’anno con l’elemento legno aggiunge strati di significato, sottolineando crescita, resilienza e armonia. Per gli ‘orologiai di lusso’, l’Anno del Serpente rappresenta un’opportunità per unire omaggio culturale e innovazione artistica. Vacheron Constantin guida la celebrazione con la collezione Métiers d’Art: The Legend of the Chinese Zodiac – Year of the Snake, che esemplifica la virtuosità artistica. È un’edizione limitata a soli 25 pezzi in oro rosa e platino; i quadranti degli orologi sono adornati con un cobra posizionato su una roccia strutturata, mostrando la maestria della Maison nell’arte dello smalto Grand Feu e nell’incisione meticolosa. La forma sinuosa del cobra emerge da appliques in oro, le cui scaglie scolpite con precisione evocano un movimento realistico. Questa maestria artistica attinge ai legami storici di Vacheron Constantin
con la Cina, che risalgono al 1845, quando il marchio iniziò a esportare orologi decorati a Guangzhou. Questi “orologi cinesi” spesso includevano complicazioni come i calendari perpetui, un testamento del ruolo pionieristico di Vacheron Constantin nel fondere funzionalità e opulenza. In maniera diametralmente opposta, lo Spirit of Big Bang Year of the Snake di Hublot reinterpreta il tema zodiacale con un audace tocco moderno. La cassa in ceramica nera, incisa con texture a squame di serpente, contrasta nettamente con il serpente placcato in oro che si snoda attraverso il quadrante scheletrato. In un’edizione limitata a 88 pezzi, l’orologio presenta il cronografo scheletrato HUB4700, discendente dell’iconico movimento El Primero, che era stato introdotto nel 1969 come primo cronografo integrato ad alta frequenza.
Questo movimento ha rivoluzionato la precisione della misurazione del tempo, consentendo misurazioni accurate al
A sinistra, l’orologio in platino della collezione Métiers d’Art Year of the Snake di Vacheron Constantin presenta un cobra grigio antracite, inciso a mano e accentuato con smalto Grand Feu, celebrando rinnovamento, arte e patrimonio culturale.
decimo di secondo - una caratteristica distintiva che continua in questo design all’avanguardia. L’incisione laser avanzata dona vita al serpente che si intreccia tra i contatori del cronografo, mentre il cinturino, goffrato con un motivo scintillante a squame di serpente, completa l’interpretazione audace di Hublot, dimostrando la sua filosofia “Essere Primi, Unici e Diversi”.
Nel frattempo, Iwc Schaffhausen affronta lo zodiaco con eleganza sobria attraverso il suo Portofino Automatic Moon Phase 37 Year of the Snake. Il quadrante color bordeaux dell’orologio, completato da un display delle fasi lunari dorato, incarna una sofisticazione senza tempo. Alimentato dal calibro 32800 con una riserva di carica di cinque giorni, l’orologio rivela una sorpresa sul retro: una massa oscillante a forma di serpente in oro.
Questo rotore unico imita la fluidità del serpente, simboleggiando continuità e rinnovamento. Il meccanismo delle fasi lunari è una meraviglia di precisione, con una deviazione di solo un giorno in 122 anni, riflettendo la dedizione di Iwc alla creazione di complicazioni che resistono alla prova del tempo. La stessa collezione Portofino risale al 1984, quando Iwc cercò di catturare il fascino della Riviera italiana, combinando semplicità ed eccellenza meccanica.

L’orologio Perpetual Moon 41.5 ‘Year of the Snake’di Arnold & Son trae ispirazione dal regno celeste, fondendo

Sopra, il Portofino Automatic Moon Phase 37 Year of the Snake di IWC Schaffhausen presenta un quadrante bordeaux, un rotore dorato a forma di serpente e due cinturini in pelle di vitello.
A sinistra, il Perpetual Moon 41.5 Red Gold di Arnold & Son onora l’Anno del Serpente con un serpente dorato inciso a mano, una luna luminosa e costellazioni in Super-LumiNova, in un lussuoso design in oro rosso.
maestria tecnica e narrazione culturale. Questa serie limitata di otto orologi in oro rosso presenta un quadrante in vetro avventurina dove un serpente dorato circonda un albero di ginkgo, simbolo di resilienza. Le costellazioni luminose e la luna in madreperla evocano il patrimonio marittimo del marchio, risalente al XVIII secolo, quando John Arnold forniva cronometri marini precisi agli esploratori britannici che navigavano in mari ancora tutti da scoprire. Il calibro A&S1512 assicura una precisione eccezionale, con una deviazione di solo un giorno in 122 anni, simile al calibro 32800 di Iwc. Con una

riserva di carica di 90 ore, questo movimento a carica manuale riflette l’ingegnosità e l’impegno di Arnold & Son per l’innovazione orologiera, compresi i loro apporti agli scappamenti a doppio bilanciere e alle complicazioni astronomiche.
La Maison Harry Winston esalta la celebrazione con il suo Chinese New Year Automatic 36mm, unendo maestria orologiera e alta gioielleria. Ognuno degli otto pezzi in edizione limitata - disponibili in
oro rosa e bianco - è decorato con 153 diamanti e una gemma taglio smeraldo che corona il quadrante.
Il serpente laccato, avvolto tra il fogliame su uno sfondo in madreperla, contrasta splendidamente con smeraldi e gemme arancioni.Questo uso sontuoso di gemme riecheggia l’eredità di Harry Wisnton come ‘Re dei Diamanti’. Lo spirito innovativo di Harry Winston negli orologi risale agli anni ’40, quando introdusse
A sinistra, Swatch onora l’Anno del Serpente con il Blue and Golden Lithe Dancer e l’elegante Golden Red Bamboo, fondendo tradizione e modernità attraverso audaci design serpenti che ispirano adattabilità, trasformazione e fiducia.
Sotto, Longines celebra l’Anno Lunare del Serpente con una creazione della sua linea Conquest Heritage, un orologio caratterizzato da un audace quadrante rosso sfumato e un motivo inciso di serpente.
orologi gioiello che univano affidabilità meccanica e lusso ineguagliabile. Un movimento automatico svizzero garantisce precisione, mentre la cassa tempestata di gemme e la corona adornata di perle aggiungono un’opulenza senza pari.
Longines collega tradizione e modernità con il suo Conquest Heritage Year of the Snake , un design intriso di fascino vintage e patrimonio artistico. Il quadrante rosso sfumato e le lancette dorate evocano l’estetica classica degli anni ’50, mentre il fondello presenta un’incisione simbolica dell’artista cinese Wu Jian’an, che raffigura un serpente che stringe un fungo Lingzhi, simbolo di vitalità e prosperità. La collezione Conquest ha un significato storico in quanto è stata la prima linea di orologi Longines a essere registrata come marchio nel 1954, un periodo in cui il marchio iniziò anche a produrre orologi ad alta precisione per eventi sportivi e l’aviazione. Alimentato dal calibro L888.5, l’orologio combina


Sopra, il Chinese New Year Automatic 36mm di Harry Winston celebra l’Anno del Serpente con un serpente rosso laccato, smeraldi, diamanti e un quadrante blu in madreperla. A destra, lo Spirit of Big Bang Year of the Snake di Hublot presenta un serpente dorato su un quadrante scheletrato e una cassa in ceramica nera con squame incise.
una molla del bilanciere in silicone con un meccanismo automatico per precisione e durabilità, fondendo eleganza e tecnologia all’avanguardia.
L’apporto di Swatch alla corale celebrazione si caratterizza per la creatività giocosa, espressa dal Blue and Golden Lithe Dancer e dal Golden Red Bamboo. Il primo presenta un audace design calligrafico di serpente ispirato alla tradizionale pennellata cinese, mentre il secondo integra motivi di bambù e serpente in una forma ultrapiatta. Entrambi i modelli celebrano la trasformazione con design vivaci e precisione svizzera, rendendoli ideali per un pubblico più giovane che cerca lusso accessibile. L’approccio dirompente di Swatch all’orologeria risale al 1983, quando ha rivoluzionato l’industria con orologi colorati e accessibili che combinavano maestria svizzera e materiali

moderni. Confezionati con motivi abbinati, questi orologi invitano i portatori ad abbracciare adattabilità e crescita, incarnando l’essenza simbolica del serpente.
L’ultimo Anno del Serpente, nel 2013, segnava un mondo diverso, sia socialmente che tecnologicamente. Quell’anno, la società stava ancora scoprendo il potenziale trasformativo della tecnologia indossabile, con il lancio dei primi prototipi di smartwatch che accendevano dibattiti sul futuro dell’orologeria tradizionale. Al contrario, il 2025 riflette un rinnovato apprezzamento per l’artigianato orologiero accanto all’integrazione tecnologica.
Gli stili di vita nel 2013 erano orientati verso le prime fasi della rivoluzione digitale, mentre l’accento di oggi bilancia connettività, consapevolezza ed eredità. Gli orologiai di lusso si sono evoluti, passando dall’offrire principalmente le espressioni estetiche - così era infatti nel 2013 - a incorporare materiali avanzati come le
spirali in silicone e i movimenti ad alta frequenza nel 2025, il tutto preservando l’anima dell’orologeria meccanica. Attraverso queste collezioni, il simbolismo del serpente intreccia un filo unificante, ma ogni marchio infonde la propria identità.
Vacheron Constantin e Arnold & Son enfatizzano l’artigianalità e l’omaggio culturale, mentre Hublot e Swatch si orientano verso modernità e sperimentazione. Iwc e Longines trovano un equilibrio tra eleganza e accessibilità, e Harry Winston eleva la celebrazione zodiacale con opulenza.
Nel 2025, la convergenza tra riverenza culturale e innovazione orologiera stabilisce un nuovo standard, immortalando l’Anno del Serpente in orologi che trascendono il loro scopo funzionale, diventando simboli di arte, patrimonio e trasformazione personale.
Sergio
Galanti

L’arte e la finanza verso nuovi mondi
Un progetto originale e un primato mondiale. Appena inaugurata, Astro Credy è un’opera densa di significati. L’arte è il trait d’union tra l’essere umano, la natura e la tecnologia. La poetica dell’artista e i valori della banca... sulla stessa navicella che punta dritto alle stelle.
Dall’antico Egitto al Rinascimento, e fino ai nostri giorni, abbondano le testimonianze di come arte e cultura siano impiegate da sempre con un esplicito intento generativo, volto a stimolare il benessere e lo sviluppo umano, fuori e dentro i luoghi di lavoro. Quanto più è diffusa questa tipologia di progetti, tanto
maggiore è la crescita del benessere e delle competenze delle risorse riguardate, con ricadute positive sull’attività di core business. «L’arte è influente perché va oltre il semplice aspetto economico e può rappresentare i valori e la cultura di un’azienda in modo profondo e duraturo», esordisce Alex Oberholzer, amministratore delegato di Credinvest Bank.
In foto, la sede luganese di Credinvest Bank. A decorarne le facciate, lungo tutti e sei i piani dell’edificio, è l’opera ‘Astro Credy’, realizzata dall’artista visivo Yuri Catania. Si tratta della prima opera al mondo di street art realizzata su vetro, con una tecnica di mix media che abbina, fotografia a post-fotografia e realtà aumentata.
«In un settore come quello bancario, dove la fiducia e la comunicazione chiara sono cruciali, l’arte può diventare uno strumento per esprimere trasparenza, innovazione e impegno verso la città. Le opere artistiche possono fungere da punto di connessione tra l’azienda, i consulenti e i clienti, suscitando emozioni, stimolando il dialogo e rafforzando il senso di appartenenza. Inoltre, l’arte rappresenta un’opportunità per affermare una visione a lungo termine, un aspetto che è sempre più rilevante in un contesto economico in continua trasformazione. Infine, l’arte contribuisce al benessere e alla motivazione all’interno dell’azienda stessa. Creare un ambiente visivamente stimolante e ricco di significato può migliorare la produttività e il coinvolgimento
Realizzata dall’artista visivo Yuri Catania, «Astro Credy ha preso forma innanzitutto sul piano umano, grazie all’incontro e alla conoscenza delle persone che ogni giorno danno vita ai valori di Credinvest Bank», racconta Yuri Catania che ha voluto in primis «‘esplorare’ queste persone e tradurre la loro realtà in un simbolo che fosse un ponte tra la mia espressione artistica e l’insieme di valori e visione della Banca. Per questo ho scelto la naturarappresentata da fiori accuratamente selezionati nei colori e nelle specie per evocare l’identità di Credinvest Bank - e una ‘astro girl’ in dialogo con la luna: una figura femminile che incarna un eroismo diverso dallo stereotipo maschile, tradizionalmente dominante anche nel mondo finanziario», prosegue Yuri Catania.

Sopra, Alex Oberholzer, Ceo di Credinvest Bank, che ha sede a Lugano e Zurigo.

dei dipendenti, rafforzando il senso di appartenenza e la cultura del lavoro. In conclusione, l’arte consente alla banca di comunicare in modo autentico, creativo e umano, andando oltre la funzione puramente finanziaria e diventando parte della sua responsabilità sociale», prosegue Oberholzer. «Il progetto ‘Astro Credy’ esprime tutto questo e, nel mettere anche in luce il Palazzo Credinvest Bank, di proprietà della banca, dà forma all’arte e alla nostra visione di cultura aziendale».
Sopra, l’artista Yuri Catania, accanto alla sua opera originale - oggi nella collezione d’arte di Credinvest Bank - da cui ha sviluppato il progetto su larga scala che interessa le facciate della sede luganese della banca. A destra: grazie alla realtà aumentata, inquadrando l’opera, si ha accesso ai contenuti visuali creati dall’artista.



La figura dell’astronauta, Astro Credy, è una donna forte e determinata, pronta a esplorare l’ignoto e viaggiare verso la luna, accompagnata da alcune bellezze naturali del Ticino, come le peonie e le farfalle del Monte Generoso. «La mia poetica ruota intorno al dialogo sognante che immagina una nuova armonia tra la natura, di cui l’uomo fa parte, e la tecnologia, da lui stesso creata, che ci proietta verso nuovi mondi e confini», si racconta l’artista. Questo approccio «riflette il nostro spirito innovativo», commenta Oberholzer, «che fa della tecnologia un alleato per aprire nuove possibilità senza mai dimenticare l’importanza dell’essere umano e del suo pensiero.Utilizziamo tecnologie all’avanguardia per supportare il nostro team e migliorare la produttività, sempre nel rispetto e nella valorizzazione del capitale umano. I colori dei fiori nell’opera, che rimandano alla nostra identità aziendale, esprimono i principi
A sinistra, l’artista Yuri Catania, durante la creazione di Astro Credy. L’installazione di street art si sviluppa per oltre cinquecento metri quadrati sull’intero palazzo di vetro, sede di Credinvest Bank. È realizzata con la tecnica del paste-up.
di collaborazione, trasparenza e apertura che contraddistinguono il nostro lavoro quotidiano. Puntiamo molto sui giovani perché crediamo nel loro potenziale e nel loro contributo fondamentale per il futuro della nostra azienda. Per questo motivo, collaboriamo attivamente con le università, promuoviamo stage, incontri e workshop. Anche la scelta di raffigurare una donna nell’opera non è casuale: rappresenta il nostro impegno a valorizzare l’essere umano, indipendentemente dal genere, riconoscendo il valore delle sue potenzialità. Quasi un terzo dei collaboratori è oggi costituito da donne. Parità, diversità, inclusione e valorizzazione del talento sono al centro della nostra cultura aziendale», nota Alex Oberholzer.
«Il messaggio dell’opera», rivela Yuri Catania, «è che il successo e il raggiungimento di obiettivi ambiziosi (rappresentati dalla luna) possono realizzarsi attraverso modalità e competenze diverse. Cambiamento, sensibilità, charme e modernità sono fondamentali per la Banca, sia nell’erogazione dei propri servizi sia nella sua ‘squadra’, composta in gran parte
da giovani talenti femminili».
L’installazione di street art ‘Astro Credy’ si sviluppa per oltre 500 metri quadrati sull’intero palazzo di vetro della Credinvest Bank di Lugano, «costituendo un approccio tecnico e operativo inedito per la mia pratica artistica del paste-up», spiega l’artista. «In questo modo, ho realizzato un primato a livello mondiale, essendo il primo artista a completare un’opera di tali dimensioni su vetro. Questa nuova frontiera, per me e per il mondo dell’arte urbana, è stata resa possibile grazie a un materiale innovativo chiamato NanoTack Technology: un film stampato con colori Uv dotato di nano-ventose che consentono l’adesione a qualsiasi superficie, senza l’uso di colle o adesivi, ma sfruttando un’attrazione meccanica generata dalle nano-ventose stesse. Il tutto è stato realizzato in collaborazione con Tipack Group di Agno, che ha fornito consulenza tecnica, stampa e supporto nell’applicazione, partendo dal mio progetto e sotto la mia supervisione artistica. Questo dimostra come la conoscenza tecnologica permetta di evolvere la propria forma d’arte senza tradirne l’essenza, anzi, offrendole nuove modalità espressive e ampliandone la portata, pur mantenendo intatta la propria personalità e il proprio stile. Inoltre, la grande opportunità offerta dalla ‘tela trasparente’ del palazzo Credinvest Bank - resa possibile da questo materiale innovativo - mi ha permesso di realizzare una doppia opera, sfruttando appieno la trasparenza della superficie. L’opera, infatti, è visibile dall’esterno, ma si può anche ammirare dall’interno degli spazi di lavoro, regalando a chi vi opera o la visita la sensazione di trovarsi ‘dentro’ l’opera stessa e di immergersi completamente nella natura che essa rappresenta», aggiunge Yuri Catania.
In conclusione, «L’opera ‘Astro Credy’», sintetizza il Ceo di Credinvest Bank, «è un’opportunità per valorizzare l’edificio, un luogo che è simbolo della nostra quotidianità e del nostro impegno, in modo innovativo e culturale. Un progetto che non resta tuttavia confinato alla realtà della banca e della sua sede: con questa iniziativa, vogliamo contribuire al panorama artistico e culturale della città, creando un impatto che vada oltre l’estetica, per comunicare un messaggio di speranza e crescita per il futuro».
Simona Manzione

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Il capostipite della pittura italiana
È con Cimabue che l’arte occidentale inizia a distaccarsi dagli stilemi figurativi bizantini calandosi nell’umana quotidianità di una società che entrava nel fermento economico e culturale che sarebbe fiorito nel Rinascimento. Una tesi al centro della mostra costruita dal Louvre attorno a due suoi capolavori del maestro fiorentino che, appena restaurati, hanno rivelato la forza della loro novità.
Dante lo sintetizzò nel guizzo di una terzina: “
Cimabue ne la pittura / tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, / sì che la fama di colui è scura ” (Purgatorio, XI, vv. 94-96). Destino protrattosi fino ai giorni odierni: la fama del maestro è stata eclissata dall’astro del suo allievo, rivoluzionario per la plasticità delle figure, l’umanità dei suoi personaggi, l’uso del chiaroscuro e la resa della terza dimensione. Eppure, proprio lo stesso Vasari che a Giotto riconosce di aver segnato il punto di rottura dell’arte italiana rispetto alla ieraticità dello stile bizantino, è Cimabue che pone a principio della narrazione delle sue Vite, attribuendogli il merito di aver dato “i primi lumi all’Arte della Pittura”. Sul ruolo determinate di Cenni di Pepo, nome all’anagrafe di Cimabue, nella svolta che, aprendo la strada al naturalismo e alla narrativa nella pittura occidentale, ha portato alle conquiste dell’arte rinascimentale, si china la mostra appena inaugurata al Louvre, in programma fino al 12 maggio. Lo fa a partire dalle scoperte consentite dal restauro di due opere molto speciali fra le oltre 480mila delle sue collezioni: l’una monumentale e fra le più celebri del maestro fiorentino, la Maestà (1280 circa), la seconda invece - La derisione di Cristo (1290-95) - frutto di un fortuito

Cimabue, La Vergine col Bambino in maestà circondata da sei angeli (Maestà), 1280-90, tempera fondo oro su tavola. Nelle collezioni del Louvre da inizio Ottocento, grazie al recentissimo restauro, si è rivelata “atto di nascita della pittura occidentale” ancor prima della rivoluzione giottesca, come dimostra l’esposizione in corso al museo parigino fino al 12 maggio.
ritrovamento del 2019 che ha permesso di arricchire la scarsa quindicina di opere che gli è attribuita (una decina di dipinti, un ciclo di affreschi ad Assisi e mosaici a Firenze e Pisa)e poco d’altronde si sa della vita dell’artista, nato attorno al 1240 e morto nel 1301/1302. Freschissimi di restauro, completato a fine 2024, questi due capolavori costituiscono il fulcro della mostra Revoir Cimabue, che riunisce una quarantina di opere per evidenziare la straordinaria novità dello stile di Cimabue che nel secondo Duecento si confrontava ancora a un contesto in cui il valore dell’arte era determinato dalla conformità al canone delle icone orientali, che si riteneva derivassero fedelmente da immagini “ἀχειϱοποίητος”, cioè “non fatte da mano umana”, alle quali si attribuiva un’origine - e un’influenza - miracolosa. Rappresentate su fondali dorati, le figure esprimevano la loro sacralità obbedendo a una rigida stilizzazione.
Rivelando ciò che il nudo occhio non vede, le indagini scientifiche sulla Maestà hanno chiaramente mostrato la volontà di Cimabue di distaccarsi da queste convenzioni. Come spiega Thomas Bohl, curatore del Dipartimento Dipinti italiani dal XIII al XV secolo del Louvre e della mostra, il restauro dell’opera, che Cimabue dipinse per la chiesa di San Francesco a Pisa, giunta al Louvre nel 1813 con le
spoliazioni napoleoniche, ha rivelato la grande ricchezza e varietà dei pigmenti utilizzati, coperti dai numerosi strati di vernice ossidata e ridipinture apposti dopo il precedente ultimo intervento ottocentesco, che ad esempio avevano virato al verdastro la prodigiosa luminosità dei blu, tutti dipinti in lapislazzuli, come nell’ora scintillante mantello della Vergine. Ne sono emersi anche elementi prima nascosti, come il tessuto orientale del trono decorato con aquile e iscrizioni che imitano la scrittura araba, motivi che decorano anche la bordura rossa sulla cornice, ispirati ai preziosi manufatti che circolavano in Italia all’epoca, proprio come numerosi erano gli scambi non solo commerciali, ma anche scientifici e intellettuali fra le due civiltà. Finanziato da Linda e Harry Fath, membri dell’American Friends of the Louvre, il restauro che ha richiesto quasi tre anni - dalla campagna scientifica di imaging condotta con il Centre de recherche et de restauration des musées de France all’intervento vero e proprioporta il Louvre ad affermare che la Maestà possa essere considerata il primo capolavoro della pittura moderna. Nonostante infatti Cimabue adotti ancora alcune modalità rappresentative comuni nelle icone, come il tipo di Vergine che porta il Bambino benedicente, rinnova completamente la rappresentazione delle figure, enfatizzandone l’umanità: sia gli Angeli che la Vergine hanno piccole sopracciglia e mani articolate; il Bambino regge un rotolo delle Scritture che si deforma sotto la pressione della sua mano, e la trasparenza dei tessuti è resa magistralmente, come la tunica bianca che copre la gamba di Gesù pur lasciandola intravvedere. Quanto osservato in quest’opera monumentale, alta 4 metri, si ritrova confermato anche su piccola scala dalla tavola della Derisione di Cristo (25 x 20 cm), in origine parte di un dittico destinato alla devozione privata, composto da otto scene della Passione di Cristo, risalente al 1280 e probabilmente smembrato a inizio Ottocento per renderne più lucrosa la vendita. Ne sono noti solo altri due pannelli: La Flagellazione di Cristo, conservato

Sopra, Cimabue, La Derisione di Cristo, 1290-95, tempera su tavola, Musée du Louvre. Anch’essa appena restaurata, la piccola tavola si è rivelata di capitale importanza dal punto di vista storico ed estetico. Sotto, due opere che esemplificano gli stilemi bizantini: da sinistra, la Croce di San Ranierino di Giunta Pisano, 1240-50, e la Madonna Kahn, 1272-82, considerata una delle icone più intriganti del periodo.
alla Frick Collection di New York dal 1950, e La Vergine con il Bambino , acquistato dalla National Gallery di Londra nel 2000, qui in mostra per la prima volta riuniti. Proprio l’analisi ai raggi x dei frammenti ha dimostrato come appartenessero alla stessa tavola di pioppo, permettendo così di attribuire a Cimabue quella Derisione di Cristo che, fino al 2019, se ne stava appesa nella cucina di un’anziana a Compiègne, che la credeva un’icona russa senza particolare valore. Notata dalla banditrice della casa d’aste Actéon chiamata a inventariare i beni della casa al momento del ricovero della proprietaria, ha subito richiamato l’attenzione degli esperti del Duecento italiano e, dopo l’identificazione, è stata battuta all’asta per 24 milioni di euro nell’ottobre 2019, diventando l’ottavo dipinto antico più costoso al mondo. Si preparava ormai a volare negli Stati Uniti, alla volta della Collezione Alana, nota per i suoi tesori del Rinascimento italiano, quando l’intervento del governo francese, che l’ha classificata come Tesoro nazionale - etichetta che esclude l’autorizzazione a lasciare il territorio francese per 30 mesi - ha dato al Louvre il tempo di raccogliere i fondi necessari per comprarla.



Il Nuovo Rinascimento del Louvre
Non un semplice restauro: quello annunciato da Emmanuel Macron sulle ali del suo successo con Notre-Dame, è un colossale programma di ristrutturazione ed estensione del Louvre. Se le indiscrezioni sulla lettera confidenziale in cui direttrice del museo, Laurence des Cars, chiedeva un aiuto allo Stato per affrontare gravi problemi strutturali e logistici, ha guastato la grandeur dell’annuncio, non si può immaginare che un piano tanto ambizioso sia stato improvvisato in due giorni per smorzare la polemica. E di fatti sembra che abbia richiesto almeno due anni di confronto. Già ampiamente mediatizzata è stata l’idea di spostare la Gioconda dalla Salle des États (dove il Presidente ha tenuto la conferenza stampa) in una sala più isolata, a cui si potrà accedere con biglietto indipendente, decongestionando così gli attuali intasamenti, considerato che l’opera attira l’80% dei visitatori. Ma il fulcro del progetto Nouvelle Renaissance sarà il nuovo ingresso al museo, orizzonte 2030, per evitare il collo di bottiglia della pur splendida Piramide che, inaugurata nel 1989, era però stata pensata per un flusso di 4 milioni di visitatori all’anno, mentre ormai sono oltre il doppio (8,7 nel 2024). Un’occasione anche per ripensare, insieme al Comune, l’Esplanade di fronte alla Colonnade de Perrault e così riplasmare la connessione fra il Louvre e la Città, riprogettando degli spazi intorno all’Île de la Cité fino alla Concorde. Entro fine anno si chiuderà il concorso per assegnare i lavori del nuovo ingresso, il cui costo - ufficiosamente stimato a 400 milioni di euro - sarà interamente coperto dalle risorse proprie del Louvre, assicura Macron, dunque incassi della biglietteria (con costo maggiorato per visitatori extra Ue dal 2026), operazioni di mecenatismo, sponsorizzazioni e gli introiti dalla licenza del Louvre Abu Dhabi. Altrettanto budget dovrebbe esser necessario per gli interventi tecnici miranti adeguare standard infrastrutturali di sicurezza e ambientali dell’intero complesso, il tutto senza periodi di chiusura, a differenza invece della strategia adottata da un’altra istituzione dell’arte parigina come il Centre Pompidou, che da questa fine settembre fino al 2030 chiuderà i battenti per una completa metamorfosi, approfittando dei cinque anni di stop per proiettarsi fuori dalle sue mura, in Francia e all’estero, con il programma Constellation
Con questa mostra per la prima volta viene presentata al pubblico dopo il restauro che permette di apprezzarne tutta la freschezza e vitalità. Lo stato di conservazione era abbastanza buono, se si esclude lo strato di sporcizia che ne aveva spento la luminosità. Cimabue dà prova di una prodigiosa inventiva, ancorando la
composizione alla vita quotidiana del suo tempo, cercando di rendere, anche se in maniera ancora primitiva, la prospettiva e, soprattutto, dando alle figure espressioni individuali e osando vestirle alla moda del XIII secolo. I muscoli tesi sono dipinti con precisione, accentuando l’impressione di violenza e movimento che si sprigiona
dalla scena, raffigurante il momento in cui Cristo bendato (elemento riemerso dal restauro, in un precedente intervento erano stato dipinti due occhi al di sopra della benda), viene colpito dai suoi aggressori. Modalità di rappresentazione che riecheggiano le preoccupazioni dei francescani, promotori di una spiritualità più interiorizzata e immediata.
Una piccola opera ma di importanza capitale dal punto di vista storico ed estetico, per le sue invenzioni formali e iconografiche, che segna una tappa cruciale nella storia dell’arte e permette di comprendere meglio le fonti della rivoluzione pittorica di cui Giotto e Duccio da Buoninsegna furono poi i principali artefici nel Trecento, accentuando la messa in scena del racconto sacro in ambienti sempre più calati nella quotidianità, raffigurando virtuosisticamente le architetture, i tessuti e i mobili del loro tempo, come se la scena si svolgesse davanti agli occhi degli spettatori.
Il percorso proposto dal Louvre, che presenta una quarantina di opere e manufatti per contestualizzare la portata dell’innovazione di Cimabue e illustrare come la generazione successiva ne abbia raccolto il testimone, si conclude con il grande San Francesco d’Assisi che riceve le stimmate di Giotto, destinato allo stesso luogo della Maestà, il tramezzo di San Francesco a Pisa.
Una piccola mostra-dossier, come quelle di estremo interesse che dall’anno scorso il Louvre propone sotto il titolo “Revoir...” (Van Eyck, Watteau), sempre prendendo spunto dal restauro di un’opera prestigiosa delle sue collezioni. In questo particolare caso sono ben due autentici capolavori, per un’esposizione che ben interpreta due assi portanti della strategia del Dipartimento delle Pitture: la politica proattiva d’acquisizione di dipinti anteriori al Quattrocento e la campagna di restauri, in particolare di opere di grande formato, in cui ormai da una decina di anni si è lanciato il museo parigino. A immagine e somiglianza di un’istituzione che, per rimanere la numero uno al mondo, con quasi 9 milioni di visitatori l’anno, non può riposare sui fasti passati e già guarda, ufficialmente annunciato dal Presidente Macron, al colossale programma di ristrutturazione battezzato, non a caso, “Nouvelle Renaissance”.
Mirta Francesconi
LEADER SAPIENS



Oggettività nuova
Una meticolosa cura del dettaglio, mettendo l’anima proprio in ciò che di (apparentemente) più inanimato ed inanimabile ci circonda. Tubi, scale, sequenze di punte e incastri che paiono ripetersi all’infinito, fino ad essere immortalati, trasformandosi in opera d’arte fotografica.
Kurt Tucholsky, scrittore e poeta tedesco, che visse in Ticino tra il 1933 e il 1934, nell’affermare che “ieri erano tutti espressionisti, oggi tutti vogliono appartenere alla Nuova Oggettività”, certo non si riferiva soltanto alla pittura. Questa corrente, infatti, aveva pervaso anche l’architettura, come pure altri ambiti espressivi: dalla fotografia di Albert Renger-Patzsch, W. Petry e August Sander, al cinema, con Georg Wilhelm Pabst, dalla letteratura di Alfred Döblin, alla musica di Paul Hindemith, per citarne alcuni.
«Con Neue Sachlichkeit (‘Nuova Oggettività’) ci si riferisce alla tendenza artistica che si è affermata in Germania negli anni Venti del secolo scorso come reazione all’Espressionismo e all’Astrattismo, promuovendo un ritorno all’oggettività della rappresentazione», esordisce Armando Carlo Adamo, fotografo e appassionato di storia della fotografia. «La corrente si sviluppò alla fine della prima guerra mondiale, inizialmente in relazione alla pittura, per poi espandersi come fenomeno trasversale a varie discipline. Durò fino all’avvento del nazismo, nel 1933. Mentre i pittori espressionisti tedeschi avevano utilizzato il colore per esprimere un’intensa carica emotiva personale, i pittori della Nuova Oggettività tornarono al realismo, all’interpretazione del mondo nei suoi termini più crudi, con un’analisi e un racconto della società tedesca del primo dopoguerra. Gli artisti membri di questo gruppo furono impegnati a rappresentare l’attualità, e l’atteggiamento di rivalutazione del dato oggettivo si concretizzò, per la maggior parte, in visioni realistiche - seppur distorte e cupe - volte a mostrare la realtà degradata di cui erano testimoni. I loro stili furono molto diversi, ma accomunati dalla preferenza per composizioni statiche con soggetti finemente delineati. La consacrazione ufficiale di questa tendenza avvenne con una grande mostra pittorica presso la Kunsthalle di Mannheim, nel 1925».
Nella pagina accanto, Skeleton 1.1. In questa pagina, a destra, Geometric Captures. Due fotografie artistiche di Armando Carlo Adamo, che ben sintetizzano l’approccio del fotografo - che vive in Ticino -, il quale del rigore ha fatto la propria cifra.
«Lo spazio in cui ci muoviamo è pieno di fotografie che non vediamo mai. Il mio lavoro di questi anni è incentrato sull’impegno nel rendere bello con la fotografia ciò che in apparenza sembra brutto e anonimo»
Armando Carlo Adamo, Fotografo e artista, Insegnante Leica Akademie Switzerland con Mastercalss a Ginevra e in Ticino, Personal Teacher in workshop ‘su misura’ a Valencia, Berlino, Bangkok




Nella pagina accanto, in alto Spiderweb e, in basso, Architectural grafts. In questa pagina, l’essenziale che si fa speciale: Geometric Effects.
I pittori come i fotografi mostrarono una nuova attenzione alla riproduzione della realtà con esagerazioni, «Mentre nelle sue ultime fasi evolutive, la corrente andò verso un oggettivismo sempre più
Academy di Milano, si è specializzato in Architetture, Strutture, Street Geometry e Urban Photography. «Nel corso dei miei studi ero attratto da artisti come Alex Webb, Lee Friedlander, Saul Leiter, Joel Meyerowitz, Josef Koudelka: una fotografia differente da quella che realizzo oggi. Quando mi sono reso conto che le mie opere racchiudevano tratti in parte sviluppati quasi un secolo fa dalla Neue
zione ... ed evidenziarne gli aspetti belli, certamente aiuta gli altri a vivere criticamente questa realtà complessa e magari a costruirne un’altra dotata di aspetti pienamente belli. Gli scatti di Armando Carlo Adamo sono la matrice di un lavoro e ricerca meticolsa che lui ha sviluppato nel tempo: siamo attorniati da edifici che sono anche strutture, densi di forme geometriche di ogni sorta, cosi pervasive

preciso e distaccato, destinato a decadere in uno stanco realismo illustrativo che ha creato le premesse del verismo fotografico», prosegue l’artista, che vive a Locarno. Guardando alla fotografia, la tendenza della Nuova Oggettività si concretizzava nel fotografare cose inanimate, prive di un vero valore, in qualcosa di bello, affermando il principio secondo cui tutte le cose possono essere belle. «Il mio genere fotografico si ispira molto a questa corrente di fotografi-artisti o, meglio, ne ricorda i canoni, che tuttavia mi appartenevano fin da quando quella corrente non la conoscevo ancora», nota Armando Carlo Adamo che, dopo il Master in Fotografia Professionale alla John Kaverdash
Sachlichkeit, ho studiato quella corrente e il suo prodotto, ripercorrendone lo spirito - questa volta consapevolmente - nei miei lavori. Negli ultimi anni, infatti, i miei scatti testimoniano della ricerca - nel caos, nella confusione degli elementi - di un ordine», sintetizza il fotografo. «Il lavoro di Armando», spiega il critico d’arte Vito Calabretta, che ne è curatore, «proprio attraverso l’equivoco e la finzione dell’oggettività cerca i valori positivi nella realtà che noi viviamo, quale che essa sia. Il contributo che ci dà Armando esprime il suo valore soprattutto oggi: viviamo in una civiltà che presenta diverse ‘imperfezioni’: l’industrializzazione, l’urbanizzazione, la monetizza-
da diventare trasparenti almeno in apparenza. Rispetto a questo anonimato che però incide sul nostro immaginario, sulla nostra abitudine visiva, Armando compie un esercizio fotografico che mira a condurre le presenze che viviamo, spesso appunto inconsapevolmente, in una rappresentazione dotata di una forma definita di linee e geometrie cioè un’opera fotografica che conferisce ai soggetti architettonici nuovi valori e volumi».
A ben guardare, lo spazio in cui tutti ci muoviamo è pieno di fotografie che non vediamo mai. Gli scatti di Adamo ci restituiscono un orizzonte diverso.
Simona Manzione
Un’allure inconfondibile
Sportiva ed elegante al tempo stesso. Realizzata tra il 1972 e il 1979, rimane una delle auto più belle di quel periodo.

Appassionato tennista, mio padre era invitato, ogni anno nel mese di luglio, dal suo amico Lallo nella bella casa che aveva a Bordighera, per guardare qualche partita del torneo di Wimbledon in tv, una televisione a colori, vera rarità per l’epoca.
Un giorno fui invitato anch’io e fu così che la vidi per la prima volta: l’Alfa Romeo 2000 berlina, il nuovo acquisto di Lallo.
Salii sul sedile posteriore e rimasi folgorato dalla sensazione di lusso e di potenza che quella macchina emanava e soprattutto dal bellissimo cruscotto a cinque strumenti con i quadranti di colore chiaro, una novità assoluta.
Inizia con questo lontano ma nitido ricordo la Rubrica sulle auto più “iconiche” che hanno segnato la nostra memoria e la nostra storia.
La 2000 berlina fu presentata nel 1971 sul Lago di Garda e rimase in produzione dal 1972 al 1977 totalizzando quasi 90mila esemplari realizzati. Nata come evoluzione della 1750 berlina , che era stata presentata tre anni prima, in realtà si discostava notevolmente dalla sorella
minore per una serie di migliorie sia meccaniche che estetiche e di finiture interne che ne cambiarono radicalmente l’immagine, posizionandola nella fascia alta di mercato dedicata alle berline di prestigio.
Partendo dalla base del progetto “Tipo 105”, nato con la Giulia TI berlina del 1962, che fece da piattaforma comune per tutta la grande famiglia di berline, coupé e spider (la celebre Duetto), la casa milanese riuscì nel difficile compito di mettersi in competizione con la concorrenza tedesca, anche di cilindrata superiore. Il poderoso bialbero portato a due litri erogava la notevole potenza di 132 Cv sprigionati con molta grinta (e un sound da brividi) e comandati dal cambio a cinque velocità, che rimase un punto di riferimento mai superato per dolcezza e precisione e tenuti a bada dal differenziale autobloccante posteriore, una vera chicca per gli amanti della guida sportiva.

Nonostante l’impiego in tante pellicole di “giallo all’italiana”, che l’hanno consegnata alla memoria dei meno attenti come l’auto da rapina per eccellenza, la 2000 berlina rimane una delle macchine più belle del periodo, sportiva ed elegante al tempo stesso. Le linee tese disegnate da Bertone le davano infatti un’allure da berlina seria, soprattutto nei bellissimi colori più sofisticati come il blu pervinca utilizzato per i dépliant di presentazione, mentre il muso con i tipici quattro fari e lo scudetto centrale la rendevano immediatamente riconoscibile come Alfa Romeo. Gli interni poi erano molto curati, con finiture in vero legno, sedili comodi e sportivi e un divano posteriore caratterizzato da due vere e proprie poltrone molto profilate, pensate anche per chi l’avrebbe utilizzata con l’autista. Non era raro, infatti, vedere le 2000 berlina parcheggiate in contesti prestigiosi, a disposizione dell’alta dirigenza delle banche o di qualche professionista di spicco, spesso dotate di telefono, accessorio rarissimo ed esclusivo. Fu anche fornita - in versione blindata - al Quirinale, in sostituzione della Fiat 130 più pesante e meno affidabile, ed è diventata celebre una foto dell’epoca, con il Presidente della Repubblica Sandro Pertini che saluta la folla dal tetto apribile. Ma il vero cliente alfista preferiva guidarla personalmente e velocemente, come si usava fare allora, prendendo saldamente tra le mani il famoso volante in legno a calice e guardando quegli splendidi strumenti con fondo bianco che aveva solo “lei” e che segnarono per sempre la mia allora nascente passione. Maturata, nel tempo, proprio grazie ad auto così speciali.
Testo e Foto di Marco Betocchi

Che sia un 2025 più elettrizzante?
I presupposti ci sono tutti, molti modelli si sono sottoposto a un hardware upgrade con motori elettrici più potenti, minori consumi, batterie più potenti con relative autonomie maggiorate e rifornimenti più veloci.

Purtroppo il 2024 non è stato un buon anno per il settore automobilistico, né in Svizzera con 239.535 auto vendute (-5% rispetto al 2023) né in Europa, ma la cosa più grave è che per la prima volta il segmento delle elettriche è diminuito del 12,5 %, Tesla compresa, mentre le ibride plug-in hanno registrato un -10,4 %. Le cause sono diverse, tra cui sicuramente i prezzi assai elevati, l’insicurezza della rivendita, la mancanza di stazioni di ricarica e l’impossibilità di montarle a casa propria per chi è in affitto. Secondo uno studio appena pubblicato dalla società di ricerca britannica Rho Motion, le immatricolazioni di veicoli elettrici e ibridi plug-in quest’anno registreranno un aumento almeno del 17%: oltre 20 milioni di auto, e non la sola Cina, ma anche l’Europa, secondo mercato di veicoli elettrici al mondo, dovrebbe tornare a crescere, anche se più a rilento del 2023, con l’entrata in vigore degli obiettivi sulle emissioni
di CO2 e la disponibilità di modelli più economici, come quelli preannunciati al di sotto dei 20mila franchi. Intanto, scopriamone qualcuno dei più allettanti fra le novità di alta gamma.
Audi Q4 Sportback e-tron 45
Esternamente la nuova Audi Q4 e-tron Suv e Sportback in versione Facelift cambia solo poco, sotto la filante carrozzeria invece sono parecchie le novità tecnologiche, iniziando dal nuovo propulsore elettrico APP550 da 286 cavalli sincrono a magneti permanenti al posteriore con 40% di potenza (+82 cavalli) e 75% di coppia (+235 Nm) in più rispetto al precedente, per un totale di 286 cavalli e 545 Nm , cioè più di di un diesel, pur consumando meno fino a 559 km di autonomia e uno scatto 0-100 km/h che si abbassa di quasi 2 secondi a 6,7 secondi. È quindi giusto parlare piuttosto di “hardware upgrade” più che di facelift. Tutte le versioni montano una batteria da 77 kWh netti
Audi Q4 Sportback e-tron 45
Edition Swiss Ski
che beneficia di una ottimizzazione della chimica delle celle migliorando l’autonomia fino a 559 km, 19 km in più rispetto a prima. Ottimizzata anche la ricarica in corrente continua che dal 10 all’80% impiega 28 minuti mentre ne bastano solo 10 per recuperare 175 km di autonomia. Alla guida si viaggia comodi, a fronte di dimensioni esterne da Audi Q3 con l’abitabilità di un’Audi Q7. Il volante ha un’impugnatura ergonomica ben studiata e risulta leggero nell’utilizzo con servoassistenza e demoltiplicazione variabile. Sin dai primi chilometri si capisce che l’auto ha un comportamento più diretto rispetto al modello precedente grazie a una taratura sospensioni affinata e maggiore precisione di guida. Si apprezza la quasi totale insonorizzazione dell’abitacolo e il rumore di rotolomento degli pneumatici e i fruscii d’aria provenienti dalla zona specchietti retrovisori laterali sono poco percepibili, grazie al coefficiente aerodinamico di soli 0,28
Cx. I sistemi di guida assistita di livello 2 offrono l’aiuto al sorpasso con cruise control adattivo inserito, sorpassando autonomamente azionando l’indicatore di direzione sinistro e rimettendosi nella careggiata di mezzo selezionando l’indicatore di destra. Tramite le leve dietro il volante si possono scegliere tre livelli di recupero d’energia e con quello massimo si può utilizzare molto meno il pedale del freno per ottenere la guida “one-pedal”. L’autonomia dichiarata è di 537 km (559 km per la due ruote motrici). Buona anche la capacità del bagagliaio, da 535 a 1460 litri con i sedili posteriori abbattuti.
Skoda Enyaq RS iV 85X 4x4
Prima auto elettrica del brand ceco, la Skoda Enyaq, diventata in breve tempo una della auto elettriche più vendute in Europa e sempre presente nella Top5 mensile di molti paesi, viene proposta sia in versione Suv che coupé.
Con il nuovo motore più potente di 60 kW, i dati costruttore promettono un’autonomia maggiore grazie alla migliore chimica delle celle e alla gestione più sofisticata della batteria ad alta tensione da 82 kWh. Si ricarica in soli 28 minuti dal 10 al 80%, il 22% più rapida della precedente. La RS offre 340 cavalli e ben 545 Nm favorendo sia la potenza erogata che la dinamica di guida di tutte le versioni Enyaq con batteria da 82 kWh con un’accelerazione da 0 a 100 km/h in appena 6,7 secondi. Anche la RS ha la trazione integrale e una velocità massima di 180 km/h. La guida risulta molto comoda, sia in città che nei lunghi tragitti e grazie agli assistenti di guida, è facile da guidare e da posteggiare, nonostante che ha una certa mole.


VW ID7 Pro
La famiglia delle auto elettriche della Volkswagen continua ad allargarsi e dopo la compatta ID.3 e le crossover ID.4 e ID.5 è arrivato il modello di punta della famiglia ID con l’ID.7, una grande berlina a cinque porte lunga quasi cinque metri, con motore elettrico da ben 286 cavalli e trazione posteriore. Seguiranno altre varianti con una batteria ancora più grande per accrescere la già valida autonomia dichiarata di 620 km), la wagon

Tourer e la Gtx, bimotore a trazione integrale. La Volkswagen ID.7 è una grande berlina a batteria, generosa di spazio per passeggeri e bagagli, molto comoda e assai aerodinamica con coefficiente Cx di 0,23. Sinuose le forme, nel frontale, con mascherina chiusa, il sottile listello orizzontale delle luci diurne si prolunga nei fari a matrice led (funzionano come degli abbaglianti, creando istante per istante dei coni d’ombra in corrispondenza degli altri veicoli, per illuminare al massimo senza disturbare). Il tetto arcuato, di colore nero con modanature in look alluminio, slancia il profilo, mentre la coda corta è dominata da una grande fascia a led che si estende verso i fanali.
L’abitacolo è costruito con cura, presenta plastiche morbide e ben assemblate, rivestimenti in similpelle e luci d’ambiente con 30 tonalità differenti. I sedili anteriori hanno una forma sportiva e fianchetti avvolgenti, ma più di tutto sono comodi, anche perché riscaldabili e con la funzione massaggio. I passeggeri posteriori hanno molto spazio a disposizione per gambe, spalle e testa.



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