Ticino Management, Speciale Vino: Settembre 2023

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Speciale Vino

Mentre si fa il bilancio di un’annata difficile, con una primavera e un’estate caratterizzate da piogge frequenti ed eventi anche

estremi che hanno messo a dura prova i viticoltori favorendo le problematiche fitosanitarie, in Ticino ci si interroga anche più a lungo termine sul futuro del vino, guardando in direzione della produzione integrata e del biologico, non evidente però da applicare al suo Merlot, e sperimentando varietà intraspecifiche e più resistenti alle malattie.

Ma il futuro del vino passa anche dalla diffusione e della condivisione della sua cultura: una passione e un’arte da trasmettere sicuramente da parte di chi il vino lo produce, ma anche da chi lo

comunica. Sommelier ed enoturismo diventano due risorse per promuovere le tante eccellenze ma anche le proposte più originali del settore.

A interpretare lo spirito dell’arte della vinificazione scendono in campo anche grandi architetti, chiamati a disegnare le cantine dove, con una ritualità ancora primigenia malgrado l’apporto delle più avanzate tecnologie, si celebra la trasformazione dell’uva nel suo nettare. Costruzioni che sanno lasciare un segno ma al contempo inserirsi nel paesaggio con il rispetto profondo di un prodotto che alla sua terra resta radicato, antesignano di sostenibilità, in un ambito in cui da tempi immemori tutto si regge sull’equilibrio fra uomo e territorio.

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© Foto Enrico Cano
Cantina Château Faugères, Saint Emilion, Francia, Mario Botta Architetti Mendrisio.

Obiettivo: enoturismo

Gustare un’esperienza unica legata al territorio: visite alle cantine, degustazioni, vendemmia, tour in bicicletta tra i vigneti, escape game fra i filari, crociere al bicchiere, pernottamenti in tenuta, laboratori per creare il proprio assemblaggio… La nuova piattaforma Swiss Wine Tour fa finalmente incontrare un’offerta di alta qualità e la domanda internazionale.

promotion du Goût, con sede a Losanna, e sostenuto dal programma Innotour della Confederazione, mira sia a offrire una visione di insieme delle attività enoturistiche svizzere di qualità, sia a facilitarne l’acquisto ai visitatori, facendoli incontrare su una piattaforma comune, con il valore aggiunto della collaborazione intersettoriale e interregionale su scala nazionale in sinergia con numerosi fornitori di servizi e partner istituzionali e privati in tutta la Svizzera.

Sei regioni vinicole, ciascuna con un carattere specifico, definito dal suo rilievo, dalla sua geologia e dal suo clima: la Svizzera si conferma per la sua pluralità anche nell’offerta enologica. Il Vallese, protagonista assoluto nel cuore delle Alpi, dove i vigneti arrivano anche a mille metri di altitudine; il territorio vodese fra il Lemano al Lago di Neuchâtel, dove si contano sei Aoc e due Aoc Grand Cru; Ginevra alla confluenza tra Giura e Alpi; la Svizzera tedesca, costituita da una piccola miriade di zone più disperse nei suoi sedici cantoni; la Regione dei Tre Laghi sui pendii del Giura; infine il Ticino, affacciato a sud, con i migliori Merlot al mondo. Chasselas, Pinot Noir, Gamay, Müller-Thurgau, Chardonnay, Petite Arvine, Syrah, Sauvignon, Cornalin (e naturalmente il Merlot)… sono alcuni dei nomi di questa geografia vitivinicola. Tutta da scoprire.

Proprio con l’obiettivo di fare della Svizzera una destinazione enoturistica riconosciuta sul mercato nazionale e internazionale nasce Swiss Wine Tour. Un segmento innovativo per il turismo

svizzero, finora non sistematicamente sfruttato, che incontra le tendenze attuali del mercato: offerta locale ed esperienza globale per il visitatore, itinerari brevi e sviluppo sostenibile, natura e piacere della condivisione.

I viticoltori hanno ormai imparato ad aprire le loro cantine ai visitatori, a raccontare la storia e la qualità dei loro prodotti, trasmettendone la passione con iniziative dai formati sempre più originali. E anche albergatori e ristoratori sanno come valorizzare il prodotto, unitamente alle tante realtà del territorio che collaborano con il mondo del vino, creando interessanti sinergie.

Non mancano dunque entusiasmo, risorse e la materia prima per potersi inserire nella mappa mondiale degli itinerari del vino, accanto a regioni come il Bordeaux, l’Alsazia, la Rioja, il Piemonte o la Toscana. A mancare era invece ancora una piattaforma che permettesse di presentarsi organicamente, in maniera pratica e accattivante. Uno strumento che assicura oggi il progetto Swiss Wine Tour. Gestito dalla Fondation pour la

A oggi sono già più di 140 i partner iscritti e oltre 120 le attività proposte, con il Ticino a fare corsa in testa, con a metà agosto già 69 attività vendute dai suoi 20 partner e raccogliendo a livello regionale il supporto di Ticino Turismo, del Centro di Competenze Agroalimentari e di Ticinowine.

La piattaforma di prenotazione online www.swisswinetour.com è la parte emersa del progetto, qui sono presentate le diverse attività ed è possibile acquistare comodamente la propria esperienza enologica.

Cantine, tenute vinicole, alberghi e ristoranti (previo un numero minimo di vini svizzeri in carta), uffici del turismo, tour operator, attrazioni turistiche/culturali, eventi enoturistici, imprese di trasporto turistico e tutti punti vendita di prodotti del territorio possono iscriversi, a patto di dimostrare di saper rispondere alle aspettative degli ospiti con un’adeguata accoglienza, un servizio personalizzato e un’offerta di alta qualità. Gli attesati di frequenza di una prima giornata di introduzione all’enoturismo svizzero e a una formazione Swiss Wine Campus, unitamente alla preparazione di un report per descrivere il proprio progetto enoturistico, sono i passi richiesti per diventare partner e poter beneficiare di visibilità e networking garantiti dalla rete.

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speciale vino/ territorio
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Ticino TurismoFoto Milo Zanecchia

Viticoltura in fermento

Molte sono le sfide che affronta oggi il viticoltore svizzero, dalla annata corrente agli obiettivi di sostenibilità - ecologica quanto economica - mentre si complica il panorama di certificazioni, metodi di produzione e lavorazione, come i gusti del consumatore.

Negli anni Settanta, le imprese chimiche hanno investito molto nella lotta antiparassitaria in agricoltura. Gli agricoltori, di cui i viticoltori fanno parte, ascoltavano ciecamente quanto i rappresentanti consigliavano, quantità di materia attiva all’ettaro, concentrazioni e intervalli di intervento. Tutto per assicurare un raccolto sano ed esteticamente bello. In quegli anni, i residui su frutta e nel terreno non erano la priorità.

Ma già agli inizi degli anni Ottanta, il settore agricolo ha capito che qualcosa non tornava: le aziende della chimica guadagnavano fior di quattrini, ma ci si è resi conto subito che si poteva ottenere un raccolto con le stesse caratteristiche qualitative effettuando trattamenti fitosanitari unicamente quando le condizioni metereologiche lo richiedevano.

È nata così la produzione integrata. Una presa di coscienza da parte dell’agricoltore è arrivata dunque prima ancora che la politica se ne interessasse e che emergessero i partiti ecologisti.

Oggi si continua a sparare sull’agricoltore come principale inquinatore, dimenticando gli sforzi che il settore ha intrapreso e sta facendo per una viticoltura/ agricoltura più sostenibile. Basti sapere che, in dieci anni, l’utilizzo di quantitativi di prodotti chimici si è dimezzato.

Spesso mi chiedono dove andrà la viticoltura del futuro. Sicuramente, oltre ai cambiamenti climatici e alle mode, quello che impegnerà la viticoltura nell’immediato è l’obiettivo di diventare sempre più sostenibile, sia sull’aspetto ecologico, sia sul piano qualitativo e quello economico, che garantisca una sostenibilità finanziaria aziendale.

Non esiste un unico modus operandi in viticoltura: ci sono pro e contro in tutti i metodi di lavorazione utilizzati e bisogna fare chiarezza. La coltivazione biologica praticata oggi in Svizzera ha diverse filosofie e certificazioni: Bio certificata con la gemma, Bio federale, Demeter e la Bio dinamica - tutte valide, ma nessuna senza macchia.

Dall’altra parte, il maggior numero di produttori, per garantirsi un raccolto sufficiente, segue le direttive della produzione integrata, non necessariamente certificata, ma con risultati ottimi e ottenendo, in alcuni casi, zero residui nei vini. Come si può notare, per raggiungere la sostenibilità ambientale si possono seguire diverse strade.

Le sfide sono molte, il viticoltore deve affrontare l’annata viticola in maniera diversa, adattando il suo lavoro alle condizioni climatiche dell’anno, e questo fa sì che, per rinnovarsi, il cambiamento sia lento e non possa essere eseguito in maniera repentina. Pensiamo solo al 2022, un’annata di siccità soprattutto nel Sottoceneri, o al 2023 con un elevato numero di giorni consecutivi di precipitazioni con grandinate eccezionali.

Riguardo all’evoluzione commerciale, il consumatore oggi predilige bianchi e spumanti. Una cosa è sicura: il consumatore maturo sceglie il vino che più gli aggrada organoletticamente, mettendo invece in seconda posizione il metodo di lavorazione.

Il produttore ha un ruolo molto importante nella scelta del vino da acquistare: saper trasmettere la propria passione e l’empatia è sicuramente un’arma vincente. Dal canto loro, le nuove generazioni di consumatori sono molto più sensibili ai

vini prodotti seguendo le norme di coltivazione rispettose dell’ambiente e alle novità presenti sul mercato.

La curiosità e le mode sono molto più veloci dei cambiamenti climatici nell’influenzare vitigni e metodi di vinificazione. Sono convinto che il Merlot, nel nostro Cantone, sia destinato a restare ancora a lungo il vitigno principe.

Anche nuovi vitigni resistenti chiamati Piwi, acronimo di Pilzwiderstandfähig, che significa ‘resistenti ai funghi’, si stanno affacciando sul mercato. Se tra i vini bianchi prodotti con i Piwi troviamo prodotti interessanti, tra le uve rosse proposte non troviamo ancora quella che qualitativamente, e soprattutto commercialmente, potrà sostituire il nostro Merlot.

Anche sulla metodologia di vinificazione c’è fermento: da alcuni anni sono apparsi sul mercato i vini naturali che interessano maggiormente i giovani consumatori, come detto curiosi delle novità.

Personalmente, mi rendo conto di essere troppo vecchio e indottrinato per prendere posizione su questi vini e, a questo proposito, ho preferito chiedere allora il parere di un viticoltore che si sta cimentando con questa tecnica di produzione: secondo Luca Locatelli, i consumatori vogliono sempre scoprire novità, nuovi sapori e aromi. Bisogna però essere realisti: oggi questi vini rappresentano solo una piccolissima percentuale del mondo vitivinicolo svizzero, già presenti nella gastronomia della Svizzera tedesca, faticano a imporsi sulle carte delle altre regioni viticole.

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Andrea Conconi, Direttore di Ticinowine.
speciale vino/ territorio

Sommelier, servire la cultura del vino

Non solo degustare, ma saper comunicare il vino, trasmettendone la passione e la conoscenza: la professione del sommelier è in costante evoluzione e la curiosità è il primo stimolo per continuare a migliorarsi. La formazione è indispensabile, ma anche l’esperienza che matura nel tempo.

Il mondo del vino racchiude una sfera di conoscenze, competenze ed emozioni ampia e inesauribile. Il sommelier si presenta come prezioso intermediario fra chi il vino lo fa - dove all’interno dell’azienda operano agronomo, viticoltore ed enologo - e il consumatore finale. Un professionista specializzato non solo nel settore del vino ma delle bevande alcoliche e non, depositario di un’ampia conoscenza, in continua evoluzione.

Il termine deriva dal francese soumelier, che designava originariamente il servitore incaricato di assaggiare il vino del padrone di casa per assicurarsi fosse integro, di buona qualità e che non presentasse difetti. Nel tempo, il ruolo è evoluto in una professione specializzata, con una serie di responsabilità e competenze, quali quella di consigliare e servire il vino ai clienti. Ma è solo una parte dell’attività. Il sommelier oggi è chiamato da una parte a facilitare la comunicazione del vino, dall’altra è il professionista che si occupa della gestione delle cantine e dell’istruzione del personale, incrementando i profitti del ristorante o dell’enoteca dove lavora.

La passione per il vino è un ingrediente irrinunciabile che guida i sommelier nella loro carriera e nella loro dedizione a fornire servizi sempre più performanti, li aiuta a distinguersi nel loro lavoro e a creare esperienze di degustazione memorabili. Sempre più importanza assumono le qualità umane e relazionali, oltre alle competenze settoriali: ai sommelier è in-

fatti richiesto di condividere e trasmettere l’entusiasmo per il vino ai clienti in modo empatico, aiutandoli a scoprire nuove etichette, assicurando esperienze sensoriali più ricche e di grande piacere. Contribuiscono pertanto a promuovere la cultura

namenti gastronomici. Un obiettivo che può includere la partecipazione a eventi importanti, pubblici e privati, a fiere di settore, come anche la redazione di articoli e, oggi sempre più, anche la condivisione delle proprie conoscenze attraverso i social media.

Ma sommelier come lo si diventa? In Ticino, l’Associazione Svizzera dei Sommeliers Professionisti (Assp) della regione della Svizzera Italiana garantisce una formazione professionale, completa e certificata. Un percorso strutturato in tre moduli, suddivisi per ordine e materia, che assicura l’acquisizione di solide basi per questa carriera, aperto a chi svolge l’attività nel mondo della ristorazione, vendita, consulenza, ma anche a chi semplicemente desideri approfondire in modo serio le proprie conoscenze.

del vino nella loro comunità, valorizzando il territorio di appartenenza e i relativi prodotti, laddove diventa fondamentale anche saper consigliare i migliori abbi-

Lo studio, l’impegno e la serietà sono i requisiti minimi per il successo personale, il resto lo farà la curiosità di saperne sempre di più. Un buon sommelier si dedica alla continua ricerca, grazie a studi, viaggi, scambi e tante, tantissime degustazioni. L’Assp infatti accoglie e annovera al suo interno diversi Amis des Sommeliers, organizza incontri ed eventi dedicati e mirati su determinate zone, tipologie di vini e tutto quello che offre questo fantastico mondo. Non resta che alzare il calice e brindare con un buon vino del Ticino, grazie al grande lavoro che noi sommelier siamo fieri venga portato avanti con tanta tenacia e passione dai viticoltori del territorio. Alla vostra salute!

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Anna Valli, Vice-Presidente Nazionale Svizzera Assp e Presidente Assp Regione Svizzera Italiana.
speciale vino/ territorio
© Foto Carlo Reguzzi

Calice e dintorni

Un poker di esperienze per assaporare il nettare di Bacco nelle sue variegate espressioni. In un territorio che concentra tradizione, gusto e ricercata qualità.

GIALDI VINI SA – DA 70 ANNI

Protagonisti del Territorio

“I Settant’anni di un’azienda non sono un traguardo, ma un nuovo punto di partenza”

Feliciano Gialdi

Con le sue trenta etichette, la Gialdi Vini SA è una delle realtà più importanti del Ticino e della Svizzera. La vasta gamma dei suoi prodotti è composta da due linee (Gialdi & Brivio) che si differenziano per le loro caratteristiche organolettiche legate al territorio dal quale provengono le uve.

Tel. 091 640 30 30 – info@gialdi.ch – www.gialdi.ch

La cucina italiana per passione

Il nuovo ristorante italiano sul bel lungolago di Muralto-Locarno.

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• Specialità italiane come la pasta fresca, pizza come a Napoli, la Fiorentina e deliziosi dessert

• Benvenuti tutti i giorni, 11.00-14.30 e 17.30-23.00

Viale Verbano 13, Muralto, 091 759 11 22, www.RistoranteMamaMia.ch

Il primo Wine Hotel del Ticino è un accogliente Boutique Hotel in cui respirare la passione per il vino, dall’arredo alla presenza di un esclusivo Wine Dispenser per la degustazione al bicchiere. Sfiziose proposte gastronomiche, in collaborazione con le aziende vitivinicole del territorio, vi farann vivere un’esperienza unica e autentica

Tel. 091 697 50 40 info@concabella.ch www.concabella.ch

Sapori genuini e piaceri conviviali

Il luogo d’incontro in centro a Locarno.

Cucina mediterranea, pasta fresca fatta in casa e pizza dal forno a legna, da gustare in un ambiente accogliente e trendy, ideale per sfiziosi pranzi e per serate in compagnia. Vi riserviamo volentieri un bel tavolo e ci rallegriamo di accogliervi!

Benvenuti tutti i giorni, 11.00-14.30 e 17.30-23.00

Via G. Cattori 4, Locarno, 091 601 07 99, www.RistorantePerbacco.ch

Sostenibile per natura

Dimostrando una capacità di innovazione della propria offerta turistica in profonda sintonia con le caratteristiche identitarie del suo territorio, il Mendrisiotto non ha avuto bisogno che la sostenibilità diventasse un trend per valorizzare con intelligenza il proprio patrimonio, anche grazie al rinnovato dinamismo delle sue nuove generazioni.

Il progetto pilota per crociere circolari nel Basso Ceresio alla scoperta del lago e dell’enogastronomia locale; la possibilità di trascorrere una romantica notte en plein air in una camera senza pareti; il Bici-Teatro che coniuga letteratura, spettacolo, territorio e mobilità elettrica… sono solo alcune delle più recenti iniziative turistiche di un Mendrisiotto che dimostra di non essere rimasto passivamente ancorato al suo passato, ma al contrario di saper reinterpretare la sua grande tradizione, sviluppando un’offerta turistica coerente

con il suo patrimonio naturale. In particolare, negli ultimi dieci anni, grazie alla sensibilità e alla visionarietà degli stessi imprenditori locali - a partire dai produttori vitivinicoli che con il territorio hanno una relazione simbiotica, a tutta l’industria dell’accoglienza - la regione è stata in grado di cogliere nuove opportunità economiche rispettose del proprio Dna. Ne sono nate realtà ed esperienze che ne attualizzano l’identità, senza stravolgerla per applicare formule alla moda in altre destinazioni o puntare a un modello di business più aggressivo.

Emblematici di questa mentalità sono i progetti di riconversione che hanno consentito di recuperare aree altrimenti dismesse e farne destinazioni non solo turistiche, ma frequentate da tutta la popolazione. È il caso del Parco delle Gole della Breggia, che ha permesso di riqualificare i terreni e le imponenti strutture di un cementificio in disuso, la cui importanza passata per l’industria locale è testimoniata da un apposito itinerario didattico-culturale, mentre il percorso ecologico porta alla scoperta dei 200 milioni di anni custoditi dalle rocce del torrente, che ne fanno uno dei geotopi più importanti in Svizzera. Analogamente un progetto come quello del Parco della Valle della Motta ha ripristinato i valori

Sopra, i vigneti della Val Mara. Con 360 ettari di terreni coltivati a viti, la regione del Mendrisiotto ha un rapporto simbiotico con la natura. Anche sul Monte Generoso si è riusciti a valorizzarla innovando, con il Fiore di pietra, l’impegnativo risanamento della linea ferroviaria e un progetto rispettoso dell’ambiente e intelligente come l’Albergo Diffuso.

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speciale vino/ Mendrisiotto Turismo
© Foto Milo Zanecchia

naturalistici e paesaggistici di un’area penalizzata dall’urbanizzazione e dalla presenza di una discarica, offrendo alla popolazione una nuova area ricreativa e rimettendo in funzione l’ottocentesco Mulino del Daniello, a Coldrerio.

Grazie a un altro intelligente progetto di riqualificazione, le Cave d’Arzo, che dopo essere diventate da fine Trecento polo estrattivo europeo per i loro marmi pregiati, rischiavano l’abbandono, sono diventate con il loro scenario unico tra le location più apprezzate per eventi, dai concerti ai meeting aziendali, workshop e feste private, … e inoltre è stato possibile riprendere anche l’attività estrattiva e creare uno spazio didattico-espositivo che ne racconta la storia.

La tradizione è prima di tutto un’eredità da tramandare e in questi ultimi anni uno speciale dinamismo lo hanno dimostrato le nuove generazioni, che hanno voluto proseguire nell’attività di famiglia e, nel passaggio di consegne, non si sono limitate a raccogliere il testimone, ma hanno portato una rinnovata progettualità. È il caso, per restare sulla viticoltura, dei fratelli Gabriele e Martino Bianchi che hanno rispolverato un’antica bevanda delle nonne a base di fiori di sambuco abbinata a moderne tecniche di produzione per produrre quello che hanno battezzato, come la loro azienda che lo produce, Sambì. Oppure c’è chi ne ha create di nuove, di ricette, come Martino Mombelli, Giona Meyer, Rupen Nacaroglu e Damiano Merzari, cui si è poi aggiunta Carolina Valsangiacomo, che hanno lanciato il primo gin ticinese, quello del Bisbino, prodotto con le erbe aromatiche e i fiori raccolti ai piedi del monte.

D’altronde, ben prima che la sostenibilità diventasse un trend anche in Ticino, la Valle di Muggio vinceva il premio come paesaggio svizzero 2014, complice la capacità del suo Museo etnografico di gestire elementi storici e

rurali legati al passato del territorio, con i comuni di Breggia e Castel San Pietro che hanno saputo tenere sotto controllo lo sviluppo edificatorio.

A quasi vent’anni fa risale anche la proposta “Vendemmia con noi” per condividere il momento del raccolto con il pubblico, muniti di stivaletti e cestino.

Se oggi le due ruote entrano sempre più a far parte degli itinerari turistici, anche in questo caso già nel 2017 è nato il Bike&Wine che, oggi gestito da Mendrisiotto Terroir, propone pedalate fra i 360 ettari di vigneti della regione, intervallate da degustazioni di merlot e visite alle cantine. Quanto alla mobilità, la regione è pienamente sostenibile: grazie a sette stazioni ferroviarie, il Mendrisiotto è capillarmente servito dalla rete pubblica, in congiunzione anche con la possibilità, per chi pernotta nelle strutture alberghiere aderenti, di usufruire gratuitamente dei trasporti con il Ticino Ticket. Frattanto è partita la sperimentazione del progetto che permetterà il collegamento via lago con Lugano, fra Brusino e Bissone. Un grande classico è la Ferrovia del Generoso che, forte degli oltre 130 anni in cui da Capolago ha portato milioni di passeggeri in vetta, a propria volta ha dimostrato di guardare al futuro dapprima con il Fiore di pietra di Mario Botta, poi con il rinnovo delle strutture e del binario, unitamente all’impegno nell’ambito della sostenibilità da condividere con tutti i partner - collaboratori, fornitori e ospiti. Proprio per tutelare un paesaggio che si è capito essere il punto forte della regione, si è deciso di non permettere più di costruire né sul Generoso, né sul San Giorgio, limitazione che ha spinto diversi imprenditori a proporre ristrutturazioni di piccole realtà già esistenti, con interventi molto rispettosi della tradizione e attenti ai valori della sostenibilità, ma capaci di un tocco fresco e innovativo, addirittura in anticipo sulla sensibilità emersa nel dopo pandemia, che anche a livello turistico premia chi sa offrire esperienze autentiche, radicate nel loro contesto, creando occasioni di genuina condivisione. Un approccio che il Mendrisiotto ha da sempre nel proprio spirito, che tanto bene sa coltivare, come le sue terre.

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Sopra, la creazione del Parco delle Gole della Breggia ha permesso di valorizzare uno dei geotopi più importanti della Svizzera e un momento fondamentale della storia locale attraverso il Percorso del cemento. Sopra, i pic-nic enogastronomici fra gli ulivi del Giardino della Biodiversità a Rovio, organizzati dall’Azienda Agricola Bianchi con partner locali, puntando su bio e sostenibilità. Sotto, la riqualificazione delle Cave d’Arzo ne ha fatto una location originale per eventi.

Un’arte che vuole anche la sua immagine. Fra le prime forme di coltivazione, la vinificazione è un sapere antichissimo, tramandatosi nei millenni, generazione su generazione, approfondendo a mano a mano che il progresso tecnico e scientifico lo hanno consentito i segreti del complesso procedimento biochimico di trasformazione dell’uva nel suo nettare, per migliorarne i processi di produzione, affinare la qualità e potenziare la sostenibilità. Ma poiché, per quanto il vino sia diventato un business, si tratta per definizione di un prodotto radicato nel

Cantine d’autore

terroir che ne definisce l’identità, ecco che le cantine stesse, nel cuore delle tenute, possono diventare non soltanto luogo di produzione ma, grazie alle loro stesse architetture, l’emblema della cultura enologica e dello spirito imprenditoriale che le anima. Negli ultimi vent’anni, le cantine vitivinicole sono così diventate un vero e proprio landmark e un cimento per le più grandi firme dell’architettura.

«A chiedermi per la prima volta di progettarne una sono stato i fratelli Gallo, big del vino della Napa Valley», ricorda Mario Botta. «Mi contattarono mentre lavoravo al San Francisco Museum of Modern Art:

al posto delle loro immense cantine, simili a raffinerie, desideravano che disegnassi un edificio ‘fuori dalla storia’, talmente arcaico e primitivo da rievocare la lavorazione della terra, ma al contempo che rispecchiasse l’innovazione tecnologica che proprio in quegli anni cominciava a esplodere nella vicina Silicon Valley. Alla fine rifiutarono la mia proposta, peraltro adducendo una motivazione lusinghiera: i visitatori sarebbero stati distratti dalla bellezza del mio edificio. Benché il progetto non si sia concretizzato, proprio quel connubio fra una memoria ancestrale e la proiezione verso un possibile

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speciale vino/ architettura
Negli ultimi vent’anni le cantine vitivinicole sono diventate un vero e proprio landmark e un cimento per le più grandi firme dell’architettura. Fra Ticino, Italia e Francia, Mario Botta è maestro nell’interpretare lo spirito dell’arte della vinificazione e il suo radicamento nel territorio. © Foto Enrico Cano © Foto Enrico Cano

«Il connubio fra una memoria ancestrale e la proiezione verso un possibile futuro è la cifra alla base delle quattro cantine che ho realizzato»

Sopra, la cantina di Château Faugères (2009), progettata da Mario Botta nel cuore del Bordolese, coniuga razionalità architettonica e organicità del paesaggio, arte e tecnologia, fin nella sala dei tini (in basso, a sinistra).

futuro è diventata la cifra alla base delle quattro cantine che ho successivamente realizzato», sottolinea l’architetto ticinese, che al momento sta lavorando a un quinto progetto nel Chianti, ma i tempi non sono ancora maturi per dirne di più.

La prima, nel cuore Maremma toscana, è stata Cantina Petra: inaugurata esattemante vent’anni fa, ha fatto scuola (si era agli albori delle collaborazioni fra wine- e archistar). Un edificio che ha saputo tradurre in forma architettonica il connubio fra funzionalità ed estetica a cui aspirava il proprietario Vittorio Moretti, noto imprenditore italiano, leader dei produttori

di Franciacorta. Le esigenze di prodotto e processo si integrano perfettamente alla volontà di rispettare le tradizioni e bellezza paesaggistica del luogo.

«Quando Vittorio Moretti mi affidò l’incarico, mi portò uno schizzo con un cerchio da cui si dipartivano due braccia rettangolari, a prima vista sorprendente, ma in cui ho trovato un segno archetipico che ho poi elaborato nel disegno finale. L’edificio che ne risulta si connota come un grande fiore rivestito in pietra rossa di Prun, formato da due lunghi corpi porticati al cui centro si staglia un volume cilindrico, 25 metri di altezza e 42 di diametro, sezionato da un piano inclinato parallelo alla collina. La grande scalinata esterna conduce alla sommità da dove si può ammirare il Tirreno; sulla corona superiore trova posto un giardino circolare,

la cui vegetazione varia con le stagioni, accompagnando il paesaggio circostante. La partitura degli spazi interni risponde alle necessità produttive, come in tutte le altre cantine che ho poi disegnato: al piano terra la barricaia, le zone per l’invecchiamento, la vinificazione, l’imbottigliamento e la confezione; al primo piano, l’area di pigiatura e la centrale tecnologica. Sempre al piano terra è stata scavata una lunga galleria che penetra nella montagna fino alla parete di roccia dove si colloca lo spazio per la degustazione», descrive Mario Botta.

Speciale anche il rapporto creatosi con Silvio Denz, imprenditore svizzero proprietario di Lalique e di prestigiose tenute nel Bordolese. Nel 2005 ha scelto

Seconda cantina realizzata per la tenuta vinicola di Silvio Denz nel Bordolese, l’edificio di Château Péby Faugères (2020-21) si sviluppa come una corona intorno alla vecchia casa del viticoltore e presenta un linguaggio astratto contemporaneo.

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Mario Botta, Architetto © Foto Enrico Cano © Foto Twin Studio © Foto Twin Studio © Foto Flor Garduño

l’architetto ticinese per la nuova cantina Château Faugères, collocata a ridosso della località di Saint-Emilion. Soprannominata “Cattedrale del vino”, sposa arte e tecnologia, con infrastrutture pensate a servizio di una vinificazione avanzata, in particolare la sala tini alimentata a gravità.

«Il progetto stabilisce un confronto fra l’architettura ‘razionale’ costruita dall’uomo e l’andamento ‘organico’ del paesaggio nell’intento di favorire un arricchimento reciproco. Seguendo il principio della lavorazione a gravità del vino, ho immaginato un grande zoccolo in pietra seminterrato con gli spazi necessari alla produzione e al deposito delle barriques per l’invecchiamento. Una sola

Anche in territorio ticinese non poteva mancare una cantina firmata da Mario Botta. Progettata per la Fattoria Moncucchetto (Lugano), è stata inaugurata nel 2010.

emergenza architettonica svetta al centro - una torretta per le attività di incontro con il pubblico, la degustazione - e in alto, aperta sul paesaggio, un’ampia terrazza coperta. Il rivestimento esterno in pietra naturale gialla con una tessitura semplice sottolinea i tracciati geometrici della composizione», spiega Mario Botta.

Secondo capitolo nel 2019, quando è stato nuovamente interpellato per creare uno scrigno degno del Péby Faugères, fiore all’occhiello dei vigneti di Silvio Denz: ogni anno un rigoroso processo di selezione limita la produzione di questo esclusivo Merlot 100% a 18 ettolitri per ettaro. Elementi distintivi del progetto, il muro di cinta in pietra locale, scandito

Sopra e a destra, vent’anni fa Cantina Petra, nella Maremma toscana, è stata la prima disegnata da Mario Botta. L’iconico cilindro in pietra rossa di Prun segue lo sviluppo della collina con l’imponente scalinata, coronata dal giardino con vista su vigneti e mare.

da profonde feritoie, che racchiude all’interno della sua armatura minimalista la casa originale del viticoltore. Un gioiello anche dal punto di vista tecnologico, inaugurato per la vendemmia 2021 con una verticale di Péby-Faugères di 21 annate. Anche il Ticino, con i suoi oltre mille ettari di vigneti, non poteva farsi mancare una cantina di Mario Botta. È arrivata

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© Foto Enrico Cano © Foto Alberto Canepa

non nella sua Mendrisio, ma nel Luganese, su uno dei rari colli a essere stato sottratto all’edificazione proprio grazie all’iniziativa dei proprietari della Fattoria Moncuchetto, Niccolò e Lisetta Lucchini. L’intervento di Botta ha coinciso con un momento chiave nell’evoluzione dell’azienda, nel 2009, a quarant’anni dalla prima vinificazione, con l’arrivo di un’enologa, l’aumento delle superfici coltivate e delle varietà prodotte.

«Il progetto architettonico tende a sottolineare, fuori terra, la parte residenziale con la costruzione di un parallelpipedo allungato svuotato a mo’ di portico che integra in parte la vecchia casa colonica, mentre la cantina si sviluppa su tre livelli in maniera ipogea rispetto al terreno antistante l’abitazione. Un lavoro che ha richiesto un ridisegno dei raccordi con l’orografia esistente», commenta Botta.

Minimo comun denominatore di tutti questi progetti, la sostenibilità che si traduce anche nella scelta dei materiali, pietra e legno in primis. Una vocazione che è connaturata in un ambito in cui da tempi immemori tutto si regge sull’equilibrio fra uomo e territorio. «I terrazzamenti delle nostre colline vallesane o ticinesi risalgono già al Medioevo quando si cominciava a cercare di coltivare una geografia

ostile alla campitura necessaria per addomesticare la vegetazione. Una collina non piantumata non raggiungerà mai la bellezza di una collina coltivata a vigna, dove si vede lo straordinario lavoro realizzato dall’uomo per razionalizzare e geomettrizzare il paesaggio con i filari di vigneti, trasformando uno stato di natura in un andamento di cultura», conclude Mario Botta. Nella primigenia ritualità del mondo del vino ha ritrovato quella dimensione sacrale che sa magistralmente esprimere nei suoi edifici di culto: i tempi della maturazione, la celebrazione del raccolto, la liturgia della lavorazione, l’attesa dell’invecchiamento, l’atmosfera unica delle cantine vinicole, templi isolati dal frastuono della società contemporanea. L’arte della trasformazione di un’essenza organica in un nettare da custodire e gustare offre un’interpretazione terrena della spiritualità.

Da Norman Foster a Jean Nouvel, da Santiago Calatrava a Zaha Hadid, Frank

Gehry, Herzog & de Meuron, … moltissimi i grandi nomi che in questi anni hanno contribuito a dare un’immagine alle grandi Maison del Vino; ciascuno con il proprio stile, ma accomunati dalla capacità di restituire i valori della cultura enologica. Da sedi di produzione e rappresentanza, frequentate soltanto dagli addetti ai lavori o per incontri B2B, le cantine vinicole sono così diventate anche apprezzatissime destinazioni turistiche: ‘opere’ da ammirare di per sé, vengono ulteriormente valorizzate grazie al corredo di visite guidate, degustazioni e iniziative artistiche e culturali proposte a corredo, per assaporare ancora meglio l’esperienza.

Settembre 2023 TM · 101 ©
Foto Pino Musi
© Foto Enrico Cano
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