Ticino Management Donna: Primavera 2023

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La stagione ideale per LIBRARSI

Sinonimo di libertà, la primavera. Un respiro profondo che si apre al rinnovamento e a orizzonti lontani. Al movimento. Vado dove, quando, come e con chi voglio. Sinonimo, questa primavera, di un’epoca in cui il tema della e delle libertà è più che mai un caleidoscopio di accadimenti e argomenti.

Guidati dai nostri interlocutori, ne abbiamo esplorato vari territori. Senza definire confini, solo spazi di movimento. Liberamente.

Abbiamo curiosato nel mondo della moda, della bellezza, dell’alta gamma, dove Parigi e Milano, Lugano e Ginevra hanno anticipato le nuove tendenze. E ribadito la libertà, per ognuno, d’esprimere la propria unicità.

Ci siamo soffermati su tematiche di più ampio respiro, per considerare che la libertà si confronta con i confini che la limitano, ma al tempo stesso ha bisogno di perimetri per essere salvaguardata.

Anche nel migliore dei mondi possibili, infatti, condizionamenti esterni e interiori, scelti o subiti, influenzano ogni nostra decisione. Il libero arbitrio rimane un’illusione, ma vivere una condizione che permetta di esercitare la propria capacità di ragionamento e autonomia di giudizio - ossia qualcosa di molto diverso dal seguire pulsioni e capricci - dovrebbe essere la garanzia per ogni individuo.

Una delle grandi domande è fino a che punto possa spingersi un diritto pur fondamentale quale, ad esempio, la libertà di espressione. L’impatto dei social da una parte e, dall’altra, la cancel culture o le proteste degli ambientalisti che bersagliano le opere d’arte, fanno riflettere. In queste pagine si citano le opportunità, come quelle di un’indipendenza finanziaria femminile, seppur ancora timida nello smarcarsi da gerarchie cristallizzate.

E si citano anche alcuni rischi. Con la genetica e la tecnologia, le frontiere e le incognite dell’umano e del digitale pongono a loro volta stringenti interrogativi su quanto siamo artefici del nostro destino e quanto invece siamo vincolati o indotti. Capita che, impigriti dalle comodità, sostituiamo con gli automatismi il tratto distintivo umano e la manifestazione della nostra personale libertà. Che non sia la precisione di un navigatore a privarci, sì, del rischio di sbagliare strada, ma anche del piacere di esperienze ed emozioni inaspettate! Usiamola, dunque, la nostra libertà di scegliere. E di lanciarci in nuove avventure. Per congedarci, cara Lettrice, ci siamo dati la libertà di volare...

Simona Manzione
EDITORIALE
Omaggio ai Fratelli Grimm edizione limitata a otto pezzi Montblanc

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Perché anch’io conto

Indipendenza finanziaria femminile, non ancora acquisita.

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Le foreste oniriche di Eva Jospin

I mondi immaginari tra natura e architettura dell’artista francese.

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Icona, da 75 anni Serpenti

Fin dai primi orologi-gioiello degli anni ’40, ispira e seduce.

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Un soffio di meraviglia

Il vetro si fa incanto. Un saper fare antico con un’estetica moderna.

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Un veloce viaggio

Capolavori del passato e creatività contemporanea, al polso.

FOCUS

Il diritto di esprimersi

Dove porre il limite di un diritto fondamentale, ma non assoluto?

18 Dipendenza artificiale

Tra entusiasmi e timori, le incognite sollevate dall’ambivalenza dell’Ia.

Ereditare il destino

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Tutto è già scritto nei geni? Dna, meno segreti ma pressanti interrogativi.

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Oltre la cornice

La libertà dell’artista, dal Rinascimento all’età contemporanea.

OPINIONI

Parità sine qua non

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Un’equa rappresentanza in politica, non un lusso ma una necessità.

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Moglie e imprenditrice

Quale regime patrimoniale per tutelarsi in caso di divorzio o successione?

Bisogno senza gerarchie

Aspettando il prossimo Forum ginevrino, l’appello dell’Onu.

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C’è ancora tanta strada

Sensibilizzare sull’importanza della prevenzione degli infortuni.

Nel segno di Picasso

A 50 anni dalla morte, omaggio a un'eredità più viva che mai.

Trasversali sempre più centrali

Il saper essere, per adattarsi alle continue evoluzioni del lavoro.

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Tecnologia e solidarietà

Innovazione inclusiva, al servizio delle persone più fragili

Il museo come live experience

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Parte integrante della società, il museo è coinvolto dalle sue trasformazioni.

PROTAGONISTI
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STILI E TENDENZE

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Le passerelle come un prisma

Da Milano e Parigi le tendenze più accattivanti per l’autunno-inverno 2023.

Stile libero

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A ognuna la sua poetica, valorizzando la propria unicità per essere sé stesse.

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Una stagione di esperienze poliglotte

Studiare le lingue d’estate nei grandi collegi internazionali in Svizzera.

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Ben-essere su misura

Con l’approccio olistico della ‘Medicina delle 4 P’ si fa un balzo in avanti.

Non fermarsi alla superficie

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I sintomi dell'ansia potrebbero essere spia di una patologia cardiologica.

Colori complici di beauté

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Cucine di moda

Funzionalità e stile di arredi e set di stoviglie artigianali dall'anima fashion.

Un gusto versatile

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Dalle tinte vitaminiche e brillanti al rosa effetto 'trucco non trucco'.

CULTURA E DESIGN

91 Osmosi museale

I musei si ridefiniscono: accessibili, inclusivi, partecipativi e sostenibili.

Volumi d’arte

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Arredo d’autore nelle prospettive ad arco di una dimora scenografica.

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Qualità dei materiali, ergonomia e sostenibilità sono i trend del 2023.

PERCORSI

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Un tuffo nel cielo

Lo skydiving regala emozioni uniche. Per tutti, grazie al lancio in tandem.

FENDI BVLGARI
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VICTORIA BECKHAM
SALUTE

Libertà uguale assenza di costrizioni? Sembrerebbe la più evidente delle equazioni ma, in realtà, nella sua linearità annienta il principio stesso che vorrebbe definire.

La libertà ha bisogno di confini. Per proteggere il diritto di quello che si pone come un valore irrinunciabile occorre infatti delimitarlo.

Se assoluta - il paradosso del ‘vietato vietare’ - la libertà è destinata a tradursi nella prevaricazione del più forte. Dunque un ideale che non può che concretizzarsi nel compromesso? Forse sarebbe più corretto vederlo come l’equilibrio che scaturisce dalla tensione dialettica tra l’io e l’altro, individuo e collettività. Ancor prima di essere tutelata da leggi, convenzioni e sanzioni con effetto deterrente, la libertà dovrebbe scaturire dalla naturale empatia e dall’etica della responsabilità. Liberi di o liberi da… già solo la scelta della preposizione rivela due concezioni opposte: la possibilità

di esercitare un diritto contro quella di sottrarsi a un dovere. Nel Focus di questa edizione, Ticino Management Donna ha provato ad affrontare almeno alcuni aspetti di un tema che sa quantomai vasto e complesso. Dalla classica libertà di espressione alla più concreta indipendenza finanziaria femminile, ma anche le criticità insite di un uso passivo dell’intelligenza artificiale e, ancor prima dei dettami del codice binario, quello organico del nostro Dna, che porta a domandarsi se tutto non sia già scritto nei propri geni. Nella consapevolezza che, nonostante si cerchino di abbattere i confini del microscopicamente piccolo e del cosmicamente grande, di perimetri abbiamo bisogno: da quando abbiamo tracciato quelli di un luogo domestico che potessimo chiamare casa e di uno spazio sacro che diventasse tempio. La scintilla del fuoco nasce in fondo da una frizione, così come quella della creatività si accende nel confronto con il limite per trovare la sua originalità.

FOCUS PERIMETRI DI LIBERTÀ 8

Vogliamo dare il 100% per arrivare a ZERO

Vogliamo raggiungere entro il 2050 la neutralità delle emissioni nette di gas serra dei patrimoni gestiti. Un obiettivo confermato nel Piano Industriale 2022 - 2025 del Gruppo e con la pubblicazione dei target richiesti dall’adesione alla Net Zero Asset Managers Initiative

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Società del gruppo

IL DIRITTO DI ESPRIMERSI

Grazie

al suo potenziale critico, la libertà di espressione è uno dei fondamenti di una società democratica e pluralista. Ma dietro la sua bandiera ci si può anche nascondere. Dove porre il limite di un diritto fondamentale, ma non assoluto?

Diffamazione, discorsi d’odio, palesi provocazioni o subdole fake news. La propaganda e il bavaglio della censura, il rifugio del politicamente corretto o la orwelliana scure della cancel culture. Sono tanti i terreni su cui si combatte la battaglia per la libertà di espressione. E il virtuale li ha moltiplicati, perché se da un lato garantisce uno spazio vitale anche alle opinioni minoritarie, alle voci dissenzienti o emarginate, dall’altro paradossalmente offre lo scudo dell’anonimato a chi vuole colpire senza farsi vedere e permette di creare camere d’eco che nel rimbombo dei loro bias alimentano una visione distorta e settaria della realtà. L’esempio dei social è

tra i più efficaci per comprendere quanto sia difficile regolamentare la libertà di espressione. Perché se normalmente vale l’adagio: ‘La mia libertà finisce dove comincia la tua’, quando si parla di quella di espressione non si può relativizzare. Ogni individuo ha il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere. La libertà di espressione è pietra angolare di una società democratica e pluralista. Riconosciuta per la prima volta con la Costituzione statunitense del 1787 e sancita oltre un secolo e mezzo dopo, nel 1948, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, articolo 19, è oggi tutelata dalle più importanti convenzioni internazionali. In Svizzera è inscritta nella Costituzione

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FOCUS PERIMETRI DI LIBERTÀ DI AURÉLIE CARRÉ

La censura preventiva rappresenta una violazione molto grave della libertà di espressione e dovrebbe rimanere una misura eccezionale. In linea di principio, anche opinioni o espressioni artistiche che possono essere considerate estreme e offensive devono poter essere presentate, salvo restrizioni previste dalla legge

Maya Hertig Randall, professoressa di Diritto costituzionale all’Università di Ginevra

federale e in quelle cantonali. «Tuttavia, per quanto si tratti di un diritto fondamentale, non è assoluto, come invece quello di non essere sottoposti a tortura. Diversi sono i fattori da soppesare. In primo luogo, lo scopo principale è quello di proteggere i discorsi rivolti a un pubblico indeterminato, non le comunicazioni nel privato. Pensiamo all’importanza della possibilità di critica nel dibattito politico o in campo scientifico, dove è necessario poter mettere in discussione idee e teorie acquisite per avanzare verso nuovi orizzonti», sottolinea Maya Hertig Randall, professoressa alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Ginevra, specializzata in Diritto costituzionale svizzero, europeo e comparato e nel settore della protezione dei diritti umani.

La Convenzione europea dei diritti dell’uomo specifica - cosa che potrebbe sorprendere - che la libertà di espressione è valida non solo per le idee accolte con favore o considerate inoffensive, ma anche per “quelle che urtano, impressionano o inquietano lo Stato o un qualunque settore della popolazione”.

«In linea di principio, anche opinioni o espressioni artistiche che possono essere considerate estreme e offensive devono

poter essere presentate, salvo restrizioni che devono essere previste dalla legge. Deve infatti trattarsi di limitazioni finalizzate alla tutela dell’interesse pubblico - sicurezza nazionale, salute pubblica, difesa dell’ordine,... - o di un diritto fondamentale di un’altra persona, come la sua reputazione o la dignità umana. Inoltre, e questa è la condizione più difficile da applicare, la restrizione non deve andare oltre il necessario, secondo il ‘principio della proporzionalità’. Significa che occorre sia analizzare la gravità dell’impatto, sia valutare il contesto. Per fare un esempio: un discorso ammissibile nel contesto di una festa di carnevale può non esserlo se pubblicato su un quotidiano nazionale. Allo stesso modo, un’affermazione accettabile in un contesto sociale pacifico può rivelarsi problematica in una situazione conflittuale. Da ultimo, i tribunali consentono di proteggere alcuni

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© Jacques Erard/Unige

discorsi, non perché lo meritino in sé, ma per evitare il chilling effect che potrebbe avere un intervento giudiziario», illustra la costituzionalista. Si vede dunque come rimanga un margine di interpretazione importante. In caso di dubbio, è preferibile dare alla persona la possibilità di esprimersi e semmai intervenire a posteriori con sanzioni penali (nei casi più gravi), civili o amministrative. «La censura preventiva infatti rappresenta una violazione molto grave della libertà di espressione e dovrebbe rimanere una misura eccezionale. E poi c’è il peso delle convenzioni sociali, che disciplinano molto più strettamente di quanto non pensiamo le nostre relazioni stabilendo implicitamente cosa sia tollerabile o meno dire», ricorda Maya Hertig Randall. Nell’era digitale, tuttavia, la distinzione tra misure preventive e repressive è diventata piuttosto labile: la cancellazione quasi istantanea di materiale pubblicato è difficilmente distinguibile da una misura preventiva. «Il caso dei social network solleva una difficoltà dal punto di vista del diritto costituzionale spesso dimenticata: come detto, la libertà di espressione è nata per garantire la libertà dallo Stato. Non si applica direttamente alle relazioni tra soggetti privati. In teoria dunque Twitter & Co. non sarebbero vincolati, ma data l’importanza di questi attori si presume oggi che siano chiamati in causa. La regolamentazione è però complessa e frammentata: il diritto è generalmente territoriale, mentre le reti sociali sono un fenomeno transnazionale. Da una parte assistiamo a processi di costituzionalizzazione di alcune aziende, ad esempio Meta si è dotata di una commissione di vigilanza indipendente sui contenuti di Facebook e Instagram. Dall’altra, il rifiuto di regolamentazione di un Musk comporta il rischio che alcune persone abbandonino la piattaforma divenendo bersagli, ad esempio è il caso delle donne, meno numerose su Twitter», illustra Maya Hertig Randall, che è anche membro della Commissione federale contro il razzismo e del Comitato internazionale della Croce Rossa.

Oggi si assiste poi a un crescendo di ipercorrettismo legato alla cosiddetta ‘cultura della cancellazione’. In questo caso è la libertà di pensiero e parola di scrittori, artisti e intellettuali del passato a venire compromessa. Hanno aperto le danze, qualche settimana fa, le opere di Roald Dahl, epurate dalla sua stessa casa editrice da qualsiasi potenziale termine discriminatorio, ignorando completamente il peso delle scelte stilistiche.

Dall’altra parte che dire dell’interpretazione della libertà di manifestare la propria opinione di cui stanno dando saggio gli ambientalisti che bersagliano opere d’arte e monumenti? «In un mondo saturo di informazioni, infrangere la legge e finire a processo diventa un modo per garantirsi una piattaforma mediatica da cui diffondere il proprio messaggio. Quella del clima è una nobile causa, ma bisogna fare attenzione a non arrivare al punto in cui il fine giustifica tutti i mezzi. Chi giudica questi casi deve in primo luogo valutare il danno arrecato. Resta valido il principio di proporzionalità: ad esempio, se voglio manifestare a favore dei diritti degli animali e blocco l’attività di un macello può esserci un’attinenza, che non vedo nell’imbrattare un quadro per sensibilizzare sul clima», commenta la costituzionalista. Non occorreva l’invasione dell’Ucraina per ricordare come in guerra la libertà di espressione diventi una delle principali armi, di repressione o di attacco, attraverso censura e propaganda. I media sono i primi a essere messi a tacere o arruolati come megafono del governo. A vivere in regimi autocratici è oggi ancora il 68% della popolazione mondiale, secondo i dati dell’Istituto Varieties of Democracy di Göteborg. L’anno scorso, secondo Reporter senza frontiere la Svizzera è scivolata in 14esima posizione per libertà di stampa, piazzamento non malvagio su 180 Paesi, ma condizionato da una legislazione ancora lacunosa, che il no all’iniziativa alle sovvenzioni ai media non ha aiutato. Il diritto alla libera espressione è stato inserito nella Costituzione soltanto nel 1999, anche se era riconosciuto come diritto fondamentale non scritto già dal 1959. A ben guardare però già di per sé il modello della democrazia diretta ne è garanzia. Nei 175 anni della Costituzione federale, solo due volte si è votato per definire dei ‘limiti’ alla libertà d’espressione, entrambe a protezione delle minoranze: nel 1994 è stata approvata la norma penale contro chi incita pubblicamente all’odio o alla discriminazione razziale, etnica o religiosa, estesa nel 2020 al divieto della discriminazione basata sull’orientamento sessuale.

QUALI I LIMITI DELLA LIBERTÀ DI MANIFESTARE LA PROPRIA OPINIONE DI CUI STANNO DANDO SAGGIO GLI AMBIENTALISTI? NEL MIRINO
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ANCHE LE MURA DI PALAZZO VECCHIO
SHOW-ROOM CORSO VENEZIA 59 - MILANO NUMEROOTTO.COM

PERCHÉ ANCH’IO CONTO

Non per essere venali, parlando di un alto valore come quello della libertà, ma l’indipendenza finanziaria ne è sicuramente un requisito imprescindibile. Che non significa unicamente parità salariale e di chance professionali - tuttora da raggiungere, anche nei Paesi più avanzati, per chiudere un gender gap sempre troppo ampio - ma ancor prima è un processo culturale, l’abitudine a gestire direttamente la propria situazione patrimoniale. «Se già stupisce che in Svizzera il suffragio femminile sia storia di soli 50 anni, ancor più sorprendente è che ne siano passati soltanto 35 da quando, con la revisione del diritto matrimoniale e successorio del 1988, è stato riconosciuto alle donne sposate il diritto di aprire un conto bancario e di svolgere un’attività lavorativa senza

In Svizzera soltanto 35 anni fa è stato riconosciuto alle donne sposate il diritto di aprire un conto corrente. Molto è migliorato, ma l’emancipazione finanziaria non è ancora acquista. Avere un ‘money mindset’ è infatti prima di tutto una questione culturale

il consenso del marito. A titolo di paragone, in Francia era arrivato nel 1965, negli Stati Uniti dal 1974. Ora la situazione sta finalmente cambiando, ma ci vuole tempo per modificare le abitudini, soprattutto nelle due generazioni successive», evidenzia Anne-Sophie Tourrette. Proprio per aiutare le donne ad avvicinarsi al mondo della finanza, nel 2018 ha creato a Ginevra WomenInvest. Mette così a frutto trent’anni di esperienza nel settore, dapprima presso alcuni dei maggiori gruppi bancari svizzeri e internazionali, poi come indipendente alla testa della sua azienda di gestione patrimoniale, AdvisorOne. Se oggi a livello globale, come rileva l’Investor Watch

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Report di Ubs, oltre l’80% delle donne risulta molto coinvolto nella gestione delle finanze a breve termine, quali le spese quotidiane, il budget e il flusso di cassa, il 60% ancora non si occupa di investimenti, assicurazioni, pensione e altre pianificazioni a lungo termine. Il 58% preferisce affidarsi al partner, a dispetto dell’uguaglianza perseguita in tanti altri ambiti. Percentuali che peggiorano addirittura in Svizzera. «Eppure avere un money mindset non significa possedere specifiche conoscenze tecniche. Sono convinta che si tratti innanzitutto di uno stato mentale. Come primo passo, è importante avere un rapporto sereno con il denaro, liberandosi dell’idea che sia poco distinto occuparsene o che si tratti di materia riservata a chi possiede una fortuna cospicua. Successivamente bisogna stabilire quale sia il proprio budget e fare un bilancio del patrimonio. Una volta compiuti questi tre passaggi, potrete iniziare ad approfondire gli strumenti finanziari e a capire come funzionino i mercati. Infine, mettete in atto la vostra strategia finanziaria, e intendo proprio la vostra perché siete le sole a sapere di cosa avete bisogno», consiglia Anne-Sophie Tourrette, nel 2007 nominata “Citywealth Platinium Advisor”, tra i migliori cento specialisti europei in finanza, consulenza e gestione patrimoniale. Il fatto che le donne, pur detenendo circa metà della ricchezza mondiale, gestiscano solo nel 20% dei casi il proprio patrimonio è eloquente. In realtà, gli ostacoli più comuni all’investimento - la percezione di non avere abbastanza denaro, di non sapere da dove iniziare a investire e la mancanza di fiducia nel settore - sono ampiamente allineati tra i generi, anche se l’esito è diverso e, nel caso delle donne, va a sommarsi a una condizione storica che le ha viste per secoli escluse dalla gestione

Gli strumenti per far sì che le donne si sentano a proprio agio negli investimenti sono alla portata di tutte, e soprattutto si basano sul semplice buon senso

Anne-Sophie Tourrette, “stilista patrimoniale”, Fondatrice e Ceo di AdvisorOne e WomenInvest, a Ginevra

dell’economia, se non quella domestica. «Ancora oggi il rapporto con il denaro ereditato inconsciamente da genitori, nonni o dal partner, finisce per orientare le nostre decisioni finanziarie, nel bene e nel male. Vi siete mai chieste perché non riuscite a risparmiare? O perché accumulate denaro sul conto corrente ma non lo investite mai? Gli strumenti per far sì che le donne si sentano a proprio agio negli investimenti sono alla portata di tutte, e soprattutto si basano sul semplice buon senso. Non è mai troppo tardi per attuare una buona strategia finanziaria, anche se siete alle soglie della pensione, considerato che con l’attuale aspettativa di vita può durare dai 30 ai 40 anni. Un corso di formazione può facilmente colmare le lacune in campo finanziario ed è un investimento molto economico rispetto a quanto permetterà di risparmiare in termini di costi di ogni genere», sottolinea Anne-Sophie Tourrette, che per sé ha coniato da definizione di “stilista patrimoniale”.La formazione di donne e under 30 è diventata una sua missione di vita, con un coinvolgimento ben diverso dai grandi istituti bancari che ultimamente si sono lanciati nella creazione programmi per donne, con corsi personalizzati e strategie individuali, per non parlare della moltiplicazione dei blog dedicati. A ispirarla i suoi stessi errori e il desiderio di poter essere un modello per le sue due figlie oggi ventenni.

«L’indipendenza finanziaria è la chiave per una vita appagata e serena, permette di fare scelte in base alle proprie convinzioni e non a compromessi influenzati dalla mancanza di denaro. Ma io stessa, malgrado i miei 17 anni in banca, prima di diventare una libera professionista in seguito a un burnout, devo confessare di aver commesso molti errori nella gestione delle mie finanze personali. Ho attraversato diverse fasi: il

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FOCUS PERIMETRI DI LIBERTÀ DI AURÉLIE CARRÉ

lavoro non sempre entusiasmante, il matrimonio, le nascite, il divorzio, lo stress professionale, l’avventura imprenditoriale prima con la mia azienda di consulenza finanziaria e ora in parallelo con WomenInvest... Pertanto, posso condividere le mie esperienze con le donne che incontro e, soprattutto, sono in grado di capirle», afferma. Come spiega, una buona strategia finanziaria dovrebbe iniziare dalla creazione del cosiddetto ‘cuscinetto precauzionale’ di risparmio, che si misura in termini di numero di mesi di spese vitali, da 6 a 12 per i più prudenti. «Poste le fondamenta, si costruiscono i piani: ogni livello corrisponde a un obiettivo che va dal breve al lungo termine, passando per il medio. È inoltre essenziale rivedere la situazione regolarmente,

condizionate da un’overconfidence che caratterizza il sesso maschile, ma anche, a dispetto di quanto si potrebbe pensare, meno impulsive, dunque capaci di mantenere i nervi saldi e seguire con coerenza il loro piano di investimento a lungo termine senza farsi condizionare dal cardiopalma dei mercati nei momenti di volatilità, come nota un’indagine dell’anno scorso della società internazionale di investimento Moneyfarm. Interpretazione confermata, per citare uno dei tanti esempi, da una ricerca della Warwick Business School che ha paragonato le performance di investitori donne e uomini su un periodo di tre anni, rilevando come le prime abbiano ottenuto rendimenti superiori dell’1,8%, sovraperformando anche il mercato (il benchmark era il Ftse 100). Sebbene operassero in media solo 9 volte all’anno, contro le 13 degli uomini, la differenza più incisiva è da ricollegare alla preferenza accordata ad azioni con un buon track record, contro la tipica aggressività speculativa maschile.

Ma tornando ai fondamentali, come partire con il piede giusto? «Se dovessi dare un consiglio ai giovani, sarebbe di iniziare a risparmiare circa il 10-20% del proprio reddito ogni mese. Uno strumento perfetto è il 3° pilastro, io preferisco fortemente quello bancario. Esorto poi le donne che si prendono una pausa o lavorano part time, a pensare al loro patrimonio Lpp, colmando le lacune previdenziali. Inseritelo in un contratto di libero passaggio e scegliete un buon strumento di investimento e una buona fondazione. Non è complicato e farà sicuramente la differenza per la vostra pensione.

quando si compilano le tasse, ma soprattutto quando si verifica un evento importante come un matrimonio, una nascita, un licenziamento, un divorzio o una vedovanza», ricorda. Naturalmente, il rapporto con il proprio patrimonio cambia molto a seconda che lo si abbia ereditato o si sia costruito con la propria attività. «Come lavoratrice indipendente da 15 anni, ne so qualcosa. Soprattutto se si è madre di due figli cresciuti da sola da quando avevano 4 e 5 anni. Mi sembra che un’imprenditrice sappia meglio di chiunque altro cosa significhi la parola ‘compromesso’ e quale sia il prezzo da pagare per il successo», sottolinea. Non è uno stereotipo sostenere che, quando ci si mettono, le donne investano in maniera diversa dagli uomini. Tendenzialmente più avverse al rischio, meno

Per individuare quello giusto, basta essere curiose e prendersi il tempo di leggere e capire tutte le commissioni applicate dalla fondazione, quelle di gestione o per la creazione dei contratti. Se superano l’1,5%, attenzione», avverte. «Infine, condivido con un ‘piccolo consiglio’: se incontrate un consulente finanziario (banchiere, assicuratore, gestore patrimoniale, ecc.) che parla per più del 70% del tempo durante il colloquio: andatevene!», conclude Anne-Sophie Tourrette.

Se è vero che i soldi non fanno la felicità, aiutano a vivere meglio nella misura in cui non significano semplicemente benessere materiale, ma garantiscono quell’indipendenza che è tanto economica quanto sociale e mentale. Come sosteneva Virginia Woolf, “Una donna deve avere soldi e una stanza tutta per sé, se vuole scrivere romanzi”: un’immagine tanto efficace da esser diventata universale per l’emancipazione femminile.

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FOCUS PERIMETRI DI LIBERTÀ
Chi viene da noi resta da noi. Di solito, per sempre. Wealth Management Materiale di marketing Il vostro patrimonio, i vostri obiettivi, la nostra competenza. Vi aspettiamo nelle nostre sedi di Lugano e di Locarno. vontobel.com/wealthmanagement La presente pubblicazione rientra nella classificazione di materiale di marketing ai sensi dell’art. 68 LSerFi svizzera e svolge una funzione esclusivamente informativa.

DIPENDENZA ARTIFICIALE

Dagli slanci entusiastici ai comprensibili timori, molte sono le incognite sollevate dall’ambivalenza dell’IA, che da una parte sembra esaltare la libertà dell’uomo, dall’altra minaccia di renderlo sempre più dipendente dai suoi ‘servigi’

Algocrazia: un termine da poco entrato nel dizionario per indicare la ‘dittatura degli algoritmi’. O meglio, il potere economico, politico e sociale esercitato da chi li sviluppa e li controlla, influenzando scelte, preferenze e comportamenti individuali e di massa. Anche senza scadere nel complottismo o indulgere in scenari distopici, di fronte all’opacità che connota in particolare i più recenti sistemi di Intelligenza artificiale (Ia), simili a black-box di cui risulta impossibile se non ai programmatori capire il funzionamento, è comprensibile una certa diffidenza. «In effetti, negli ultimi anni machine e deep learning hanno portato a un cambiamento di paradigma,

18 FOCUS PERIMETRI DI LIBERTÀ DI SUSANNA CATTANEO

rendendo possibile lo sviluppo di modelli di una complessità che sarebbe stato impensabile raggiungere con un approccio fondato esclusivamente sulla codifica di regole esplicite basate sulla conoscenza degli esperti. Questo anche grazie all’aumentata potenza di calcolo, che ha permesso di applicarli a set di dati molto grandi, congiuntamente al numero crescente di dispositivi attraverso cui queste enormi banche dati hanno potuto essere raccolte», spiega Francesca Mangili, ricercatrice senior presso l’Istituto Dalle Molle di Studi sull’Intelligenza artificiale (Idsia) Usi-Supsi. Un’eccellenza internazionale che il Ticino può vantare sul proprio territorio e che ha il merito di contare anche diversi profili femminili. Quella odierna è però ancora ‘narrow’ Ia, in quanto si limita a svolgere un compito specifico e ha una visione molto ristretta del contesto, ben lontana dalle capacità umane. «È comunque impressionante conversare con una macchina come si può fare con ChatGpt, e questo può portarci a giudicarla intelligente. Sostenere un discorso, argomentare e fornire spiegazioni sono attività complesse considerate espressione di intelligenza. Dobbiamo però considerare che noi non abbiamo letto

NONOSTANTE GLI ESPONENZIALI ULTIMI SVILUPPI, QUELLA ODIERNA È PERÒ ANCORA UNA NARROW IA, IN QUANTO SI LIMITA A SVOLGERE UN COMPITO SPECIFICO E HA UNA VISIONE MOLTO RISTRETTA DEL CONTESTO, ANCORA BEN LONTANA DALLE CAPACITÀ UMANE

tanti testi quanti quelli messi a disposizione di ChatGpt, eppure sappiamo esprimerci meglio: sfruttiamo infatti altre forme di intelligenza più potenti dell’imitazione, alla base del suo processo di apprendimento, come la capacità di ragionamento, astrazione, generalizzazione, spirito critico e intuizione. Non è detto che l’Ia non arrivi a codificare (alcune di) queste forme di intelligenza in futuro, ma penso che la nostra libertà di ragionamento e creatività passi anche attraverso le nostre caratteristiche individuali, gusti, passioni, sentimenti e valori che sono ancora appannaggio esclusivo dell’essere umano e forse lo resteranno sempre», osserva la ricercatrice.

Vero è che ormai l’intelligenza artificiale entra nei più svariati ambiti, anche a supporto dei settori più sensibili, dalla medicina (in laboratorio e in sala operatoria) a mobilità e sicurezza. Proprio in questi casi incontra

La voce algoritmo deriva dalla latinizzazione di al-Xwārizmī, ovvero ‘(uomo) della Corasmia’, una regione dell’Asia centrale, da cui proveniva il famoso matematico arabo del IX secolo Muhammad ibn Mūsā. Nel Medioevo il termine faceva riferimento a un sistema di calcolo fondato su cifre arabe. Oggi si usa per indicare una sequenza di istruzioni ben definite e strutturate che, eseguite da un agente, portano un sistema da uno stato iniziale a uno finale. Banalmente, anche una ricetta di cucina può essere considerata un algoritmo, salvo che quest’ultimo avrà istruzioni più standardizzate, tali da poter essere interpretate ed eseguite da un computer, uno smartphone, un robot, ecc. Alcuni algoritmi, in particolare quelli che rientrano nel campo dell’intelligenza artificiale, hanno effettivamente aperto nuove opportunità e, in un certo senso, spazi di libertà - più o meno virtuali - da esplorare sia per gli utilizzatori che per gli sviluppatori. Ciò che li distingue è il fatto che le loro decisioni si adattano al sistema in cui essi agiscono. Uno dei meccanismi attraverso cui ciò avviene è l’apprendimento messo in atto dagli algoritmi di machine learning, alla base di tecnologie oggi molto popolari come il riconoscimento vocale, la visione artificiale, le chatbot o i sistemi di raccomandazione. In pratica, invece di programmare esplicitamente un algoritmo che richiederebbe un numero enorme di istruzioni per agire in modo efficace in contesti molto complessi, ne viene creato uno più ‘semplice’, che si limita a spiegare alla macchina come imparare autonomamente da grandi quantità di dati a risolvere un particolare problema e a migliorare le proprie prestazioni nel tempo.

le maggiori resistenze - la cosiddetta ‘avversione algoritmica’, cioè la tendenza a fidarsi più delle decisioni umane e a giudicare molto più severamente gli errori commessi della macchina. «In realtà, uomo e macchina dovrebbero operare insieme e le decisioni discendere dalla loro interazione. Eventualmente siamo noi a scegliere di delegare, quando riteniamo vada a nostro vantaggio. Ovviamente determinarlo non

è sempre così semplice. Noi ricercatori e sviluppatori cerchiamo di capirlo attraverso degli esperimenti, proprio come in campo medico si usano gli studi clinici, nel nostro caso mettendo a confronto i risultati di esperto e macchina in alcune situazioni reali. È inoltre necessario considerare come la decisione venga percepita da chi la ‘subisce’ se a farla è una macchina piuttosto che un umano. Ad esempio, per alcuni risulta più difficile accettare di essere scartati da un algoritmo di selezione del personale piuttosto che da un impiegato delle risorse umane. Lo stesso in ambiti come quello medico dove la serenità del paziente può avere un peso notevole nel successo di una terapia», illustra Francesca Mangili.

Al contempo, il rischio è quello di delegare all’apparente imparzialità della tecnologia scelte che inevitabilmente implicano un giudizio qualitativo. L’eventualità che modelli di machine learning codifichino stereotipi o discriminazioni è reale e non a caso si pronuncia

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La ricetta dell’algoritmo

in merito l’Europa con l’ AI Act , la prima legge che tenta di proporre una regolamentazione strutturale e completa in materia. «Queste distorsioni solitamente sono conseguenza di dati di addestramento sbilanciati o che riflettono disuguaglianze presenti nel contesto in cui sono stati raccolti. Un caso famoso è stato quello di Compas, un algoritmo sviluppato negli Usa per stimare il rischio di fuga o recidiva degli imputati, che è risultato discriminare, ad esempio, le persone di colore. Altri casi riguardano gli algoritmi per la selezione del personale che, a volte, tendevano a preferire gli uomini solo perché allenati su dataset con una prevalenza di personale maschile. Mi sembra però che ci sia una sempre maggior consapevolezza tra gli sviluppatori e si sta lavorando per la codifica di procedure di audit dei modelli che riducano al minimo questi rischi», rassicura la ricercatrice dell’Idsia. Oltre alle discriminazioni involontarie, affinché davvero l’Ia possa contribuire a migliorare la qualità della vita, bisogna prestare attenzione alla protezione dei dati personali. Casi come quello di TikTok, recentemente vietato ai funzionari pubblici in vari Paesi per mancanza di controllo e conoscenza su quali dati raccolga e comi li usi, o Cambridge Analytica ricordano quale potere possano avere i dati personali opportunamente elaborati da questi algoritmi e quanto difficile possa essere proteggerli. Anche i sistemi di raccomandazione, come quelli che suggeriscono contenuti in rete o sui social in base alle caratteristiche dell’utente, hanno l’obiettivo commerciale

di massimizzare acquisti, clic e durata di visualizzazione di contenuti multimediali, in sintesi, l’engagement. Si corre però così il rischio di alimentare bolle che limitano la ricchezza di opinioni e contenuti, presentando solo quelli condivisi da una piccola cerchia di profili affini o quelli che fanno maggior leva su certe debolezze. «Ciò introduce un inganno che può distorcere la libertà di informazione favorendo contenuti falsi o tendenziosi che hanno una maggior presa sul pubblico, anche quando non viene fatto in modo deliberato, ma dipende indirettamente dalle tecniche di addestramento scelte. Al di là dei rischi, se usati con intelligenza e selezionando in modo critico cosa leggere, cosa guardare, e possibilmente interagendo con il sistema per segnalare le proprie preferenze o il grado di soddisfazione, questi sistemi sono davvero utili per orientarsi in un’offerta smisurata di contenuti», osserva Francesca Mangili. Un’ambivalenza di fondo che si ripropone in tutti i campi di applicazione dell’Iariconoscimento facciale, deepfake, guida autonoma, applicazioni mediche, smart cities… - e ricorda come alla fine dipenda dall’umano fare delle tecnologie uno strumento di libertà. A partire dal tempo risparmiato demandandogli le mansioni più macchinali e macchinose, da dedicare invece ad attività creative e stimolanti. Questo dovrebbe essere l’obiettivo, non chiedere a ChatGpt di svolgere i compiti assegnati a scuola.

«Certo, è possibile che grazie alla comodità delle applicazioni che le tecnologie mettono a nostra disposizione si cada nella pigrizia e che alcune capacità umane subiscano un ridimensionamento, rendendoci più dipendenti dalle macchine. Effettivamente, già oggi, senza una calcolatrice rinunciamo a fare conti che, un tempo sarebbe stato naturale (e forse addirittura più comodo) fare a mente. O chiediamo a Google la stessa informazione ripetutamente quando sarebbe più semplice memorizzarla, o non sappiamo ritornare a casa di un amico perché ci siamo sempre fatti guidare dal navigatore. Ma non per tutti è così. La tecnologia ci lascia sempre la libertà di scegliere se e quando usarla», conclude la ricercatrice dell’Istituto Dalle Molle. Anche se non è poi sempre facile esercitare una tale libertà. Ma questo è un problema tutto umano.

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SOTTO, FRANCESCA MANGILI, RICERCATRICE SENIOR PRESSO L’ISTITUTO DALLE MOLLE DI STUDI SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE (IDSIA) USI-SUPSI

EREDITARE IL DESTINO

Tutto è già scritto nei geni? Forse il Dna con i suoi oltre 3 miliardi di coppie di basi ha sempre meno segreti, ma solleva però pressanti interrogativi. A partire dalla rapidissima evoluzione dei test genetici, sempre più diffusi anche al di fuori della pratica medica

Nell’ultimo decennio le possibilità di analisi del Dna hanno fatto passi da gigante, soprattutto grazie a una nuova tecnica di sequenziamento, chiamata Next Generation Sequencing (Ngs) che ha permesso di abbattere i costi e i tempi in modo straordinario, aprendo la strada a una nuova era della genetica medica. Ulteriori opportunità per la diagnostica e la medicina personalizzata le prospetta il completamento della mappatura del genoma umano annunciato lo scorso anno, che ha permesso di decifrare anche quell’8% che ancora sfuggiva agli scienziati.

Niente più segreti, dunque? Altrimenti detto: quanto spazio resta per la casualità e per l’autodeterminazione?

«Da sempre il miglior modello per soppesare l’influsso del patrimonio genetico è stato quello dei gemelli monozigoti, ‘identici’ per Dna. Da tempo sappiamo che se esposti ad ambienti ed esperienze diverse possono avere percorsi di vita, personalità e anche malattie molto differenti. Negli ultimi anni, l’evoluzione delle conoscenze ha permesso di dare una risposta scientifica parziale attraverso l’epigenetica, che studia la regolazione dell’espressione dei geni contribuendo a stabilire se, quando e quanto un gene deve essere attivo, dando origine alla proteina corrispondente, oppure inattivo. Questa fine regolazione non è immutabile, ma permette al nostro patrimonio genetico di interagire e reagire in modo dinamico all’ambiente che ci circonda e alle esperienze che viviamo», spiega la Dr.ssa Silvia Maitz, responsabile del Servizio di Genetica Medica dell’Ente ospedaliero cantonale (Eoc).

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FOCUS - PERIMETRI DI LIBERTÀ DI SUSANNA CATTANEO

Se non tutto è scritto nel Dna, oggi disponiamo di un’ampia gamma di test che permettono di diagnosticare, curare o prevenire una patologia genetica. La maggior parte è richiesta dal medico curante o da uno specialista in presenza di sintomi, per definire meglio la prognosi, impostare la cura più adeguata, poter accedere a terapie sperimentali e conoscere l’eventuale ereditarietà della patologia e quindi i familiari a rischio. Altri esami vengono proposti in soggetti asintomatici quando c’è una familiarità nota per una specifica patologia genetica.

«Il test a scopo predittivo è un argomento molto delicato che richiede una consulenza mirata, un congruo tempo di riflessione da parte del paziente e, idealmente, anche un supporto psicologico. Nell’ambito della consulenza genetica il ‘diritto di non sapere’ rimane fondamentale. La scelta è assolutamente soggettiva e deve essere rispettata dai medici coinvolti», precisa la dottoressa. Casi come quello di Angelina Jolie o della modella Bianca Balti, che si sono sottoposte a mastectomia dopo aver scoperto di essere affette da una mutazione del gene Brca che aumenta i rischi di un tumore al seno o alle ovaie, hanno acceso i riflettori sull’argomento e oggi l’intervento chirurgico viene proposto anche in Europa per donne in situazioni analoghe.

«Credo fermamente che l’informazione, anche quella genetica, aumenti la libertà di fare una scelta consapevole. Un medico, compreso il genetista, non deve però mai prendere decisioni al posto del paziente. Mio compito è spiegare in modo semplice quello che è stato trovato nel loro Dna, le possibili conseguenze e opzioni, perché le informazioni genetiche

bisogna saperle leggere, interpretare e gestire», osserva Silvia Maitz.

Malgrado i progressi compiuti, a volte capita che le conoscenze scientifiche non siano sufficienti per categorizzare una variante. Lo studio del genoma umano ha infatti mostrato che il Dna è molto più variabile da una persona all’altra di quanto non si pensasse. Quando non si riesce a distinguere tra un’alterazione benigna (ad esempio una caratteristica familiare) o patogenetica (causativa di una malattia genetica), la si classifica come “di significato incerto” (Vus, dall’inglese Variant of Uncertain Significance), in attesa che l’evoluzione della scienza ne permetta una decifrazione definitiva.

La consulenza prima e dopo un test genetico rappresenta il momento fondamentale del percorso. «Ad esempio, il nostro Servizio offre la possibilità di eseguire un primo colloquio in cui raccogliamo la storia familiare e personale del paziente e valutiamo l’esecuzione di eventuali test genetici. In caso di reale utilità procediamo alla richiesta della copertura dei costi alla cassa malati. Successivamente eseguiamo una consulenza pre-test in cui spieghiamo vantaggi e limiti dell’esame proposto, i possibili risultati, le implicazioni pratiche e i tempi di risposta. Il risultato viene poi discusso nell’ambito di un’esaustiva consulenza post-test, con le indicazioni per eventuali futuri accertamenti medici», spiega la responsabile del Servizio di genetica medica dell’Eoc, che offre le sue consulenze in ambito oncologico, riproduttivo (preconcezionale o prenatale) e per sospette patologie genetiche in età pediatrica e adulta.

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LA DRASTICA SCELTA CHIRURGICA DI ANGELINA JOLIE DOPO AVER SCOPERTO DI AVER EREDITATO UNA MUTAZIONE DEL GENE BRCA1 CHE AUMENTAVA LE POSSIBILITÀ DI UN TUMORE AL SENO O ALLE OVAIE, L’HA VISTA FINIRE SULLA COPERTINA DI TIME PER L’ECO GENERATA

Uno degli argomenti eticamente più complessi della genetica medica è sicuramente l’esecuzione dei test genetici in età prenatale. «Nel corso degli anni ho maturato la convinzione che non esista una scelta giusta o sbagliata a priori, ma soltanto la scelta giusta o sbagliata per quella specifica coppia in quella determinata situazione. Ognuno ha il proprio carattere, il proprio vissuto, le proprie convinzioni, credenze, paure e speranze: tutto entra a fare parte delle decisioni e proprio per questo non bisognerebbe mai giudicare, tanto più in temi così delicati come la salute e le scelte riproduttive», osserva la dottoressa. La maggiore facilità nello studio del patrimonio genetico ha permesso negli ultimi anni di espandere l’utilizzo dei test genetici a moltissimi ambiti, anche al di fuori di quello medico: alimentazione, attività fisica, genealogia familiare, ... Contro il rischio di speculazioni commerciali, abuso delle informazioni e gestione di dati genetici da parte di personale non formato in modo specifico, è intervenuta anche la Confederazione con la revisione della Legge sugli

NON TUTTO È SCRITTO NEL DNA: IDENTICO NEI GEMELLI MONOZIGOTI, CHE PERÒ SE ESPOSTI AD AMBIENTI ED ESPERIENZE DIVERSE POSSONO SVILUPPARE PERSONALITÀ E MALATTIE DIFFERENTI

esami genetici sull’essere umano (Legu) entrata in vigore lo scorso 1 dicembre, che in particolare definisce chi può prescrivere test genetici, quali requisiti devono avere i laboratori che svolgono le analisi e le norme per la sicurezza dei dati. Tuttavia proliferano i test direct to consumer proposti online direttamente al cliente. Si fa leva sull’illusione di poter decidere per sé, senza coinvolgere un medico, né condividere i risultati con la propria assicurazione sanitaria. La raccolta del materiale genetico è semplice, i prezzi non sono proibitivi, i tempi sono rapidi e si possono soddisfare anche curiosità che non trovano una chiara risposta medica. «Attenzione però, un test inaccurato, incompleto o mal interpretato può indurre ansia, stress e decisioni errate per la propria salute. Suggerisco di valutare sempre bene l’azienda a cui si affida il proprio Dna, leggere nel dettaglio l’informativa e, nel dubbio, richiedere il parere di un esperto» avverte la dottoressa. Importante è poi ricordare che le informazioni genetiche personali sono dati estremamente sensibili. I concetti di autonomia, confidenzialità ed equità sono fondamentali. «I risvolti etici sono legati al tipo di test utilizzato - vado a cercare solo il minimo di informazioni genetiche necessarie o dovrei studiare per ogni persona l’intero genoma? -, all’utilizzo che faccio dei risultati, in ambito pubblico e privato, alla libertà delle persone di decidere per loro stesse e a non sottoporsi a un test genetico consigliato, al diritto dei genitori di decidere per i figli minorenni, quello del paziente di conoscere i risultati delle proprie analisi genetiche, all’eventuale rilascio delle informazioni genetiche a datori di lavoro o assicurazioni, alla protezione dalla discriminazione legata alle proprie caratteristiche genetiche», conclude la responsabile del Servizio di Genetica Medica dell’Eoc.

Se sin dai tempi più remoti la pratica della divinazione è stato un aspetto integrante delle più svariate civiltà, dalla Mesopotamia all’antica Grecia, dalla Cina alle popolazioni indigene delle Americhe, cadere oggi nella presunta oggettività di un determinismo che cerca nel Dna il nostro destino, esprime una visione riduttiva dell’essere umano e ignora l’incidenza dei tanti altri fattori che vanno a influire su quanto codificato. E non meno semplicistico è cedere alle lusinghe di un gioco che suggerisce la dieta ideale o rivela lontane parentele e antenati insospettabili.

SOPRA, LA DR.SSA SILVIA MAITZ, RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI GENETICA MEDICA DELL’ENTE OSPEDALIERO CANTONALE
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Oltre LA CORNICE

Fin dal Rinascimento gli artisti hanno cercato di esprimere in molteplici modi la propria libertà. Si potrebbe anzi raccontare la storia dell’arte e dell’architettura moderna come la storia di una ricerca incessante svolta sul filo sottile di un confine: il rispetto di modelli imprescindibili, l’antico e la natura in primis, e la necessità di trovare un’autonomia da quegli stessi modelli che consenta di definire una nuova originalità. “Perché nella novità di sì belle cornici, capitegli e base, porte tabernacoli e sepolture fece assai diverso da quello che di misura, ordine e regola facevano gli uomini secondo il comune uso (…) La quale licentia ha dato grande animo a quelli che hanno veduto il far suo, di mettersi a imitarlo (…) onde gli artefici gli hanno infinito e perpetuo obligo, avendo egli rotto i lacci e le catene delle cose che per via di una strada comune eglino di continuo operavano”. Così definisce Giorgio Vasari la libertà espressa da Michelangelo nella Sacrestia Nuova di San Lorenzo a Firenze: è una libertà generatrice di nuove fantasie, non esenti dal ‘pericolo’ dell’errore. Ma è questo il rischio dell’invenzione. Se ne ricorderà Francesco Borromini

Il presente articolo si ricollega all’intervista rilasciata il 2 maggio scorso nell’ambito della serie 'La libertà nella prospettiva delle scienze umane'- Università della Svizzera italiana, dall’autrice Carla Mazzarelli, Professoressa titolare dell’Accademia di architettura e docente all'Istituto di studi italiani della Facoltà di comunicazione, cultura e società dell’Usi, che qui ne approfondisce i contenuti.

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La libertà dell’artista, come necessità dell’opera dal Rinascimento all’età contemporanea, tra ricerca dell'originalità e fedeltà a committenza e canoni accademici

FOCUS PERIMETRI DI LIBERTÀ DI CARLA MAZZARELLI

IN QUESTE PAGINE, TRE OPERE SIMBOLO DI LIBERTÀ. IN APERTURA, BORRELL DEL CASO, SFUGGENDO ALLA CRITICA, 1874; SOPRA, LA CELEBERRIMA LIBERTÀ CHE GUIDA IL POPOLO DI EUGÈNE DELACROIX, 1830.

A SINISTRA, UNO DEI RECENTI GRAFFITI SUGLI EDIFICI IN ROVINA IN UCRAINA RIVENDICATO DA BANKSY

che si rifarà esplicitamente alla libertà espressa a suo tempo da Michelangelo quando, in pieno Seicento, dichiarerà ai suoi committenti, che “io al certo non mi sarei posto a questa professione col fine di esser solo copista (...)”.

Se non c’è dubbio che il sistema delle arti nel corso dell’età moderna si fondi sul sodalizio artista-mecenate, è altrettanto vero che dalla storia dell’arte del Rinascimento ci sono giunti importanti tasselli utili a ricostruire quell’esigenza, sempre più ribadita dagli artisti, della propria libertà creativa rispetto alle richieste pressanti e spesso invasive dei loro committenti. Uno dei più influenti storici dell’arte del secondo Novecento, Michael Baxandall, ricordava come fosse il segno

di una nuova conquistata posizione sociale e culturale dell’artista, la scarsa considerazione che Piero della Francesca mostra di avere nei confronti del contratto firmato con la confraternita della Misericordia per il Polittico oggi a Borgo San Sepolcro. L’artista si prende quasi vent’anni per consegnare l’opera, nonostante il contratto ne prevedesse il compimento in tre e la completa autografia. Evidentemente Piero, a metà del XV secolo, può già permettersi ‘licenze’ ad altri certamente non concesse in quegli stessi anni. Non furono da meno alcuni degli artisti chiamati da Isabella d’Este a decorare il suo studiolo a Mantova, dove la colta mecenate si dedicava ai suoi passatempi, a lettura, studio e corrispondenza. Le condizioni vincolanti e dettagliate imposte ai suoi artisti, fra i quali Leonardo, Mantegna, Giovanni Bellini, generarono risposte tutt’altro che univoche. Bellini, ad esempio, finì con il declinare la committenza, rivelando il suo disappunto a rispondere a richieste che poco spazio lasciavano all’autonomia del pittore.

Già nel Cinquecento sono molte le fonti che testimoniano come la libertà espressa dall’artista rispetto alle richieste e alle imposizioni della committenza

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possano diventare emblematiche di una scelta: sono momenti in cui l’opera d’arte si esprime anche in quanto dichiarazione d’intenti, tramite un dipinto, una scultura l’artista prende una posizione anche rispetto al mondo, alla società che lo circonda. Tornando a Michelangelo, celebre è il caso del Giudizio della cappella Sistina, che suscitò da subito aspre critiche, scandali e addirittura invettive, sia sul piano morale che formale e fu poi sottoposto alla censura dei noti ‘braghettoni’ ma non senza una rivincita concepita dal Buonarroti all’interno dell’opera stessa: a pagarne le conseguenze, e per sempre, quel Biagio da Cesena maestro di cerimonie del Papa che aveva criticato l’opera per i “i tanti ignudi che sì disonestamente mostrano le lor vergogne”, aggiungendo “che non era opera da cappella di papa, ma da stufe e d’osterie”: ed eccolo lì ancora oggi, quel Biagio, immortalato per sempre come Minosse tra i diavoli dell’inferno, con le orecchie d’asino a segno inequivocabile della sua stupidità e con una serpe che lo morde proprio lì, su quelle ‘vergogne’ così criticate. Meno noto ma emblematico in tal senso è il caso della scultura del Bruto, eseguita dall’artista proprio nel momento in cui la Repubblica fiorentina, cui Michelangelo aveva pienamente aderito, era minacciata da un nuovo despota: Cosimo I de’ Medici. Nel ritrarre il volto fiero di quello che, molti secoli prima, era stato il parricida di un altro tiranno, Cesare, Michelangelo nasconde una chiara idea: a favore della libertà, a

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IN QUESTA PAGINA, DETTAGLI DI TRE INTERPRETAZIONI DELLA GIOCONDA, DI JEAN-MICHEL BASQUIAT, FERNAND LÉGER E MARCEL DUCHAMP, CHE HA APERTO LA STRADA ALLE MOLTE RIVISITAZIONI DELLA MONA LISA, CHE OGGI PROSEGUONO NEL METAVERSO

A DESTRA, IL PARNASO DEL MANTEGNA, 1497 SOTTO, LOTTA TRA AMORE E CASTITÀ DEL PERUGINO, 1503, TRA GLI ARTISTI CHIAMATI DA ISABELLA D’ESTE A DECORARE IL SUO STUDIOLO A MANTOVA, SECONDO LE SUE VINCOLANTI E DETTAGLIATE DIRETTIVE, NON DA TUTTI PARIMENTI GRADITE

qualunque costo. D’altra parte per la difesa della Repubblica Michelangelo progettò nuove mura a Firenze e, una volta che la partita sembrò irrimediabilmente persa, non volle più tornare in quella città posta di nuovo sotto il giogo dei Medici.

Durante la Rivoluzione francese il nesso arte e politica, arte e libertà costituisce l’argomento infuocato non solo dei dibattiti pubblici ma anche delle scelte iconografiche degli stessi artisti: mentre i monumenti e le opere d’arte simbolo dell’Antico regime da abbattere vanno ‘liberati’ e così si legittimano anche le requisizioni del patrimonio artistico di chiese, palazzi e città europee conquistate, i pittori della Rivoluzione, come Jean-Louis David immortalano con il pennello i ‘martiri della libertà’ . È il caso del celebre dipinto della Morte di Marat. Ma la libertà come soggetto, oggetto e al contempo ragione dell’opera d’arte è il tema ricorrente delle arti che rompono con la cultura accademica nel corso del XIX secolo: e se per Delacroix la libertà è una donna, fiera, simbolo della Francia stessa che guida il popolo di tutte le età e classi sociali contro l’oppressore (La libertà guida il popolo), per l’artista spagnolo Borrell del Caso, nel dipinto Fuggendo dalla critica, è il soggetto stesso del dipinto che cerca la sua libertà oltre la cornice.

Nel tempo gli artisti hanno ribadito la libertà dell’opera anche con gesti contro l’opera. L’esempio forse più emblematico di liberazione nell’arte è un atto beffardo, sovversivo verso un’opera stessa: quando Marcel Duchamp ‘mette i baffi’ a Mona Lisa si libera, sì, da un modello per eccellenza della tradizione artistica ma si libera soprattutto da ciò che, già all’epoca (1919)

l’opera d’arte stava rischiando di diventare: un feticcio senza identità. A evidenziarlo, nell’era del digitale e del metaverso, non sono solo le metamorfosi continue a cui la Gioconda è sottoposta, ma anche il ruolo tuttora affidato all’enigmatico sorriso di Mona Lisa, assunto a veicolo di un messaggio al centro del dibattito contemporaneo. È infatti, ancora, The Gioconda laughing a parlarci dell’incerto futuro del diritto d’autore con l’avvento dell’intelligenza artificiale e il sempre più frequente uso di software in grado di generare immagini nuove sfruttando opere di artisti del passato e contemporanei.

Se la libertà delle immagini è oggi tale da mettere in discussione la nozione stessa di creatività, esse hanno ancora, al contempo, un forte potere persuasivo: sono immediate e pur essendo ‘mute’ possono urlare contro e imprimersi così nell’immaginario dello spettatore.

Le ‘forme’ sono portatrici di valori (o disvalori) identitari e non è un caso che la distruzione, il vandalismo, la riappropriazione del patrimonio artistico e architettonico abbiano spesso accompagnato le rivoluzioni o le guerre di conquista. È storia, purtroppo, anche di oggi.

Ma di fronte a ogni guerra, a ogni sopruso resta spesso solo l’arte che denuncia, l’arte che resiste.

Ha espresso la sua libertà, certo, ma soprattutto la necessità della libertà dell’arte, in quanto patrimonio universale, il custode di Palmira, l’archeologo siriano, trucidato dall’Isis nell’agosto del 2015, dopo che si era rifiutato di lasciare la città e i monumenti di quell’antica civiltà, poi distrutti dai jihadisti.

Di fronte al trionfo della disumanità, ‘agire’ è la nostra ‘arte’ , ricordava Hannah Arendt. La libertà diventa così necessità dell’opera, che siano i graffiti di un anonimo street artist in una periferia degradata, o quelli di recente rivendicati da Bansky comparsi sugli edifici in rovina dell’Ucraina bombardata o, ancora, l’implacabile obiettivo di una fotografia che, come ha scritto Susan Sontag, ci impone di non distogliere lo sguardo davanti “al dolore degli altri”.

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PASSERELLE come un

Vale ancora la regola delle grandi tendenze che funzionano per tutta la stagione?

Quali capi e accessori dobbiamo indossare per essere stilose? Per essere alla moda...

Dalle passerelle di Milano e Parigi le tendenze più accattivanti per l’autunno-inverno 2023.

Stile ma anche cultura

PRISMA 30
SPECIALE MILANO . PARIS FASHION WEEK FW 23-24
DI JOLIE ZOCCHI Creative Director . Photographer
LE
MAX MARA

Solo apparentemente banali, una serie domande si affastellano nella mia mente, all’indomani delle Fashion week di Milano e Parigi. Settimane trascorse tra sfilate e presentazioni: 165 gli appuntamenti nel capoluogo meneghino e almeno 120 quelli nella Ville Lumière. Una vera e propria maratona: linee, tessuti, abbinamenti, stili, un arcobaleno gioioso e di altissima qualità sartoriale.

Finisco per chiedermi: che cos’è di moda?

Trendy non significa più solo ‘tendenza’ ma ‘insieme di tendenze’.

Una dopo l’altra, a svelarle, queste tendenze, sono stati i big del fashion, gli stilisti che con il

31 MIU MIU PRADA BALLY BOTTEGA VENETA BOTTEGA VENETA PRADA BALLY
MIU MIU

HERMÈS

loro gusto e la loro creatività realizzano collezioni apprezzate in tutto il mondo. Sulle passerelle milanesi hanno sfilato i capi di Prada, che i co-direttori creativi Miuccia Prada e Raf Simons hanno forgiato in uniformi rivisitate, gonne midi di ogni genere e giacche, che i due designer suggeriscono di indossare direttamente sulla pelle nuda. Ho avuto forte l’impressione che finalmente ‘in casa’ Prada si sia raggiunto il tanto atteso equilibrio.

Sulle orme di Miuccia Prada ci siamo trasferite a Parigi per contemplare, divertite, le ultime novità di Miu Miu, la rappresentazione più libera della creatività di Miuccia Prada. Volutamente lontano dall’immaginario estetico tradizionale, il marchio esprime il bello di una femminilità contemporanea. Nella città della Senna lo fa con una splendida collezione ispirata agli anni Novanta (che meraviglia quel decennio!). La sfilata parigina di Miu Miu si è aperta e si è chiusa con un sensuale look déshabillé, uno svestito che affidava al completo intimo il protagonismo assoluto. Le gonne di Miuccia Prada, in questa collezione sono di lunghezza midi, sono trasparenti, maliziosamente ‘vedo non vedo’, sensualità espressa a testa alta. È uno stile che ispira le giovani della generazione Z a prendere dall’armadio della mamma qualche capo da adattare con minimi accorgimenti per diventare supertrendy. La donna di Miu Miu non ha tempo da perdere; gli abiti del suo guardaroba sono alleati di un quotidiano tutto di corsa, dall’ufficio alla palestra, dall’aperitivo allo spettacolo teatrale o alla cena stellata. La collezione Miu Miu è dichiaratamente sensuale ma molto sofisticata. I giorni milanesi avevano soddisfatto i fashionisti di tutto il mondo accorsi nella città del Duomo svelando collezioni come quella messa a punto per Bottega Veneta da Matthieu Blazy, alla sua terza sfilata per il Marchio, e i suoi 81 capi praticamente perfetti. Una collezione spettacolare che narra una storia milanese e fa sognare. L’ho provato in prima persona! Anche se - non ce ne vogliano dunque gli appassionati dello stile di Matthieu Blazy - noi tifiamo per Rhuigi (Villaseñor!), magari perché ci sentiamo vicine a Bally, e non solo geograficamente, o perché il direttore creativo da poco in forze alla Maison svizzera ne sta plasmando la nuova identità con grande successo. Insomma, è un Marchio che adoriamo. Questa volta Bally fa sfilare donna e uomo assieme. La nuova donna di Bally è non solo elegante e raffinata, ma anche più forte. E la collezione è più completa, da mini a midi,

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con giacche in pelle stile Safari o lunghe, con pellicce sintetiche oversize, vestiti in pizzo glamour che

perato dagli archivi della Mai son: l’insieme è un irresistibile lusso contemporaneo. E se dico cappotto? Molte non avreb

SAINT LAURENT

SAINT LAURENT
CHANEL
SAINT LAURENT HERMÈS STELLA McCARTNEY

STREET STYLE

bero dubbi: il cappotto è il cappotto cammello! Il cappotto per antonomasia, of course.

Max Mara restituisce colore alla sfilata e torna alle sue origini, con i suoi celebri cappotti di nuovo in passerella; capo iconico ma al passo con i dettami contemporanei. Le puffer skirt, gonne a tulipano, i cappotti lunghi in cashmere abbinati a biker boots: una collezione inaspettata e moderna, un’ode alla donna di ieri e di oggi strizzando l’occhio a quelle di domani. Uno stile classico ma con un tocco di originalità, romanticisimo e istintiva eleganza.

Siamo piacevolmente abituate: Saint Laurent con Anthony Vaccarello sorprende sempre più. Questa collezione è stupenda. La sfilata davanti alla Tour Eiffel, questa volta un po’ più intima del solito, ma altrettanto meravigliosa. Le modelle avanzavano indossando giacche dalle spalle esagerate, dal classico taglio maschile o smoking. Giacche accompagnate da delicate gonne lunghe appena sopra il ginocchio e, a completare il look occhiali, da sole ‘aviator’; nell’insieme uno stile molto ‘Helmut Newton’.

Tra tante sfilate e collezioni sorprendenti, quella che mi è apparsa la più spettacolare è quella di Stella McCartney. I suoi capi, realizzati quasi completamente con materiali sostenibili, sono impressionanti. Esco

sempre piacevolmente colpita, per la collezione, e questa volta anche per la location: ci trovavamo all’École militaire dove le modelle sfilavano assieme a eleganti cavalli. Come ha evidenziato la designer, tutta la collezione parla di amore per la natura, di sorellanza e libertà. Messaggi che la designer trasmette usando con maestria un impareggiabile linguaggio sartoriale e scenografico.

Anche se a essere sotto i riflettori sono le collezioni autunno-inverno, Chanel stupisce facendo fiorire la sua camelia sul tweed classico. L’intera collezione è elegantissima, come da manuale, con il distintivo tocco di femminilità.

Altra Maison sinonimo del lusso di tradizione francese, Hermès si prepara al prossimo inverno con una collezione dai colori sobri, rossi intensi, giallo oro, ispirati alla natura, e dai tagli dei capi molto precisi, realizzati con materiali dalla seta alle pregiatissime lane. Raffinato è l’aggettivo che racchiude tutti gli altri.

La leggerezza di sete e plissé contraddistingue i capi di Victoria Beckham, che per la seconda volta sfila a Parigi. E Parigi la ama. Il com -

più volte nelle righe precedenti è ‘col lezione stupenda’, sembra un’etichetta da copia-incolla, in realtà è, ogni volta, l’unica possibile recensione. Si sono viste, tra Milano e Parigi, moltissime collezioni stupende, ognuna a modo suo. Anche quella di Philosophy Di Lorenzo Serafini non ha deluso le aspettative. Una donna, la sua, seducente e allo stesso tempo romantica. Dopo le modelle che richiamavano il mondo della danza, altre hanno sfilato, con abiti di pelle glossy e sexy, pro ponevano un modello di femminilità meno etereo: diversi registri caratterizzano infatti la proposta di questo diret tore creativo. Appuntamento da non mancare per farsi in curiosire dalle nuove ispirazioni è certa mente Bvlgari. Da una parte la collezione ‘accessories’ con nuovi co lori e la più recente forma ‘Serpenti Baia shoulder bag’, dall’altra le diver se preziose variazioni di ‘Top Handle Bag’. La Maison italiana fe steggia 75 anni di Serpenti e a Parigi ha proposto una spettacolare edi zione limitata in collaborazione con la desi gner Mary Katrantzau. Borse come gioielli pre ziosi, ispira te dai giar dini floreali; ogni pezzo esclusiva mente rea lizzato a mano. Come si può sintetiz

zare tanta creatività e tanta eccellenza? È un’operazione ardua. Un fil rouge tra tutti questi eventi da Milano a Parigi però si è potuto cogliere: il capo è tagliato alla perfezione, i colori si ispirano alla natura, i materiali sono destinati a durare e anche le linee sono senza tempo. Il capo è versatile, perfetto dal mattino fino alla sera. La moda è più essenziale, ma anche più preziosa.

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11 14 MAI 23

PALEXPO GENÈVE

INTERNATIONAL GEM & JEWELLERY SHOW

Pour les amateurs et les passionnés de joaillerie et de pierres précieuses

gemgeneve.com

Icona, da 75 anni SERPENTI

Simbolo universale di rinascita, trasformazione e rinnovamento, il serpente ispira e seduce, declinato in preziosi e desiderabili oggetti, fin dai primi orologi-gioiello degli anni Quaranta

STILI E TENDENZE DI SIMONA MANZIONE 37

design avvolgente

Esteticamente innovativi, gli orologi Serpenti avvolgono il polso con una forte identità...

P er decenni sono stati segnatempo di alta gioielleria, orologi segreti con smalti e altre lavorazioni. La creazione del Serpenti Tubogas, nel 2010, ha segnato una svolta, anche con l’abbandono dello stile zoomorfo. Una grande evoluzione dell’iconico stile Serpenti, proseguita con l’introduzione, nel 2019, degli orologi da polso Serpenti Seduttori da donna su un bracciale di metallo che riproduce il motivo delle squame esagonali e, nel 2022, con il nuovo movimento meccanico Piccolissimo, il calibro meccanico rotondo più piccolo oggi disponibile sul mercato. Il serpente è un animale che si rinnova costantemente cambiando pelle: per questo portiamo qualcosa di nuovo a ogni iterazione del modello Serpenti. Non si tratta solo di cambiare il colore del quadrante, lo smalto o l’incastonatura delle gemme, ma di proporre un modo nuovo di indossare il serpente al polso. Il Serpenti è uno degli assi più importanti del marchio e stiamo già lavorando al Serpenti del futuro. La donna che indossa il nostro orologio Serpenti è audace e sicura di sé, una persona che prende il comando. Ha un gusto esigente per la bellezza, lo stile italiano e gli oggetti che osano. Bulgari è un marchio eclettico con molti contrasti sul piano estetico e noi continuiamo ad abbracciare questo spirito.

SOTTO, FABRIZIO BUONAMASSA STIGLIANI, BULGARI PRODUCT CREATION EXECUTIVE DIRECTOR
38 STILI E TENDENZE

Che cosa rappresenta per Bulgari la collezione di orologi, gioielli e accessori Serpenti?

Il serpente è un’icona per Bulgari perché ne ispira e ne esprime l’attitudine alla contemporaneità, mantenendo sempre salde le proprie radici. Da 75 anni la Maison svela con audace creatività e ingegnosa abilità artigianale il suo spirito moderno, attraverso le emblematiche creazioni Serpenti ispirate ai gioielli di Cleopatra, nella Roma di oltre duemila anni fa. I simboli, le tecniche e gli archivi della Maison continuano ad

una storia infinita

esercitare la loro influenza sulla collezione Serpenti di gioielli, orologi e accessori. Anno celebrativo, il 2023 scrive un nuovo capitolo di una storia di continui cambiamenti, in cui l’ispirazione si trasforma in arte e l’eredità in futuro. Artisti contemporanei di fama internazionale reinterpretano il Serpenti Bulgari con opere che saranno esposte in tutto il mondo, durante tutto l’anno. Questa è la storia infinita di Serpenti.

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SOPRA, JEAN-CHRISTOPHE BABIN, AMMINISTRATORE DELEGATO DI BULGARI

L’animale totemico della Maison, declinato in tutti i tipi di gioielli, indossato da celebrità di ogni epoca, ricercato da donne ‘comuni’ che amano sentirsi speciali. Che cosa rappresenta la collezione di gioielli, come è evoluta nel tempo?

Il serpente ha una simbologia molto ampia e forte. Serpenti è simbolo di forza e determinazione, unite a fascino ed eleganza innati. Tutti questi sono i valori infusi nelle nostre collezioni: ci impegniamo per superare i nostri confini, rinnovarci e osare attraverso nuove proposte in termini di creatività, innovazione e squisita artigianalità, pur rimanendo fedeli all’essenza originale e al Dna di Serpenti. Credo che il serpente sia un simbolo profondamente intrecciato con l’universo femminile: con le sue infinite metamorfosi rappresenta l’evoluzione della donna e la sua autodeterminazione

nel tempo. I 75 anni di Serpenti sono anche l’evoluzione delle donne che, attraverso otto decenni hanno affermato il diritto di essere indipendenti, di coltivare i propri talenti, di inseguire i propri sogni e di vivere una vita in linea con i propri desideri. Trovo meraviglioso come questo simbolo sia evoluto di pari passo con queste esigenze, rinnovandosi sempre per accompagnare e sostenere il percorso di una donna moderna e affermata.

STILI E TENDENZE
SOPRA, LUCIA SILVESTRI, DIRETTRICE CREATIVA GIOIELLI
preziosaemancipazione

Nelle ultime collezioni di accessori si assiste a una nuova e accattivante metamorfosi ...

La sua attrattiva rimane invariata attraverso ogni reinterpretazione creativa. Quest’anno, la borsa Serpenti, dopo il successo della Serpentine, si concede una nuova forma e una nuova portabilità, rivelando il suo fascino senza tempo. Serpenti Baia si distingue per la modularità che permette alle donne di indossarla tutto il giorno e in ogni occasione, a mano, a spalla o

cross-body. Questa caratteristica di convertibilità prosegue la lunga tradizione di Bulgari in fatto di gioielli trasformabili. Non smetto di amare Serpentine, il cui manico sinuoso riflette l’eleganza che cerco nei miei accessori. Una borsa che mi incoraggia ad affrontare con dinamismo le prossime sfide.

SOPRA, MIREIA LOPEZ MONTOYA, LEATHER GOODS AND ACCESSORY MANAGING
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dettagli sinuosi

Mondi immaginari tra natura e architettura. L’artista francese plasma con gesto certosino gli strati di un materiale che, povero nella sua essenza, si trasforma in capolavori densi di mistero, magia e spiritualità

LE FORESTE ONIRICHE di Eva Jospin

Da vanti alle opere di Eva Jospin si prova attrazione, e smarrimento al tempo stesso. Fitte foreste, vestigia di palazzi e chiese in cui la natura si riappropria del suo arcaico primato. Costruzioni di dimensioni a volte imponenti che definiscono con una puntualità millimetrica affascinanti non luoghi, per spazio e tempo. Sopra o sotto terra? Liane, radici o stalagmiti? «Le mie opere sono scenari. In essi la presenza dell’uomo non è contemplata. Gli esseri umani si stanno sempre più allontanando dalla natura. Cresciuta in città, rispondo al bisogno di natura anche lasciandomi trasportare dalla forza di questa espressione artistica», esordisce Eva Jospin, incontrata a Parigi per la presentazione

del progetto artistico di Ruinart Carte Blanche. Una collaborazione, quella tra l’artista e la più antica Maison di champagne, dalla quale è scaturito un corpus di opere che saranno esposte in una trentina di fiere d’arte in tutto il mondo (tra cui Art Basel), svelando il sottile legame esistente tra champagne e arte. Molti elementi accomunano la sensibilità creativa di Eva Jospin con la tradizione pluricentenaria della Maison: natura, dedizione, tempo, architettura. Le sue opere filtrano, attraverso il codice stilistico peculiare dell’artista, il vortice di impressioni lasciate dal tempo trascorso fra le vigne e le Crayères - le antiche e suggestive cantine di gesso in cui vengono affinate le

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@ Eva Jospin x Ruinart. Foto Flavien Prioreau

NELLA PAGINA ACCANTO, EVA JOSPIN, NEL SUO ATELIER PARIGINO. VISIBILE, ALLA SINISTRA DELL’ARTISTA UNA PORZIONE DI UNA DELLE SUE CELEBRI FORESTE REALIZZATE IN CARTONE IN QUESTA PAGINA, DISEGNO PREPARATORIO

bottiglie di champagne - della Maison, dallo sbilanciamento verso l’architettura gotica della vicina cattedrale di Reims. I garbugli di tralci e filari di viti mescolati con la solennità architetturale del celebre edificio. «L’uva, come il cartone, è un elemento semplice, da cui partire per realizzare opere d’arte, che sia una bottiglia di champagne o una scultura», sottolinea l’artista. Con cartone alveolato, fresa e scalpello, Eva Jospin lavora sul profilo a strati del materiale che, un po’ alla volta, mette a nudo la sua essenza. E realizza così sculture dallo spirito neoromantico, in cui l’opera della natura si intreccia con quella dell’uomo, rappresentata da rovine in miniatura. Echi della pittura romantica, con una predilezione per Caspar David Friedrich, e dell’architettura, non solo gotica: anche il barocco vi esercita le sue pulsioni. Chiara l’impressione lasciata, nell’arte di Eva Jospin, dalle maquette, le minuziose riproduzioni pluridimensionali di città e paesaggi, usati nei secoli passati: non è un caso che tra i luoghi del cuore dell’artista vi sia

STILI E TENDENZE DI SIMONA MANZIONE
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@ Eva Jospin x Ruinart. Foto Joseph Jabbour

SOPRA, LE OPERE IN CARTONE DELL’ARTISTA FRANCESE CREANO SCENARI IN CUI NATURA E VESTIGIA DI ARCHITETTURE DEL PASSATO SI MESCOLANO NELLA TOTALE ASSENZA DI INDIVIDUI A SINISTRA, LE CRAYÈRES, LE ANTICHE E SUGGESTIVE CANTINE DI GESSO DELLA MAISON RUINART, CLASSIFICATE PATRIMONIO UNESCO, DA CUI L’ARTISTA HA TRATTO ISPIRAZIONE

il Musée des Plan Reliefs di Parigi, la cui frequentazione ha sviluppato in lei un’accesa sensibilità per i materiali, carta e cartone su tutti, e per i più piccoli dettagli. Dal lavoro paziente di Eva rampollano paesaggi decontestualizzati che, mediante il virtuosismo creativo dell’artista, manuale e idealistico al tempo stesso, pongono degli interrogativi. «Le opere che mi colpiscono racchiudono delle contraddizioni e sempre qualcosa di non detto. Non spetta all’artista il compito di rivelare. In quanto artista, si muove invece in quello che va considerato come uno dei pochi spazi di totale libertà: l’arte». Si congeda, Eva Jospin.

STILI E TENDENZE
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@ Eva Jospin x Ruinart. Foto Flavien Prioreau

FILIPPO BOLDINI

nelle collezioni pubbliche luganesi con bozzetti inediti da una collezione privata

1900 -1989

2 aprile – 3 settembre 2023

2 aprile – 3 settembre 2023

Filippo Boldini, Fiori, 1957, Comune di Paradiso, in deposi presso Museo Villa dei Ced i, Bellinzon
In collaborazione con:

Dense tracce di colore e la luce che vi gioca attraverso. Il vetro si fa incanto. L’esperienza percettiva è esaltata dal connubio di un saper fare antico con un’avvolgente estetica moderna

UN

soffio di meraviglia STILI E TENDENZE DI SIMONA MANZIONE

el corso di oltre cento anni, Venini ha costruito un patrimonio artistico unico al mondo, che affonda le sue radici nella cultura veneziana del tredicesimo secolo. Benché presente nella storia dell’arte vetraria, l’universo Venini è uscito dal tempo, fissandosi come una tregua dall’incessante suo scorrere. Possiede memoria della tradizione, ma ha ridefinito il proprio Dna e si rivolge al futuro con innocente invenzione. Sostenuto, in tale evoluzione, dalla creatività dei più grandi maestri, designer, architetti e artisti del ventesimo secolo e di questi anni, ancora.

La sperimentazione sulle forme va di pari passo con il recupero delle antiche formule necessarie alla realizzazione dei colori: Venini può vantare una palette unica al mondo, definita in 125 raffinate tonalità, fra nuove sfumature e colorazioni derivate dalla storia di Murano

Ogni oggetto esprime così un prezioso passato salvato dall’oblìo e custodisce una eredità fatta di continue suggestioni e sperimentazioni, secondo la trasformazione del gusto dominante e l’estro dei diversi direttori creativi che si sono avvicendati nella storica azienda. «Le collaborazioni sono state e sono tante, tutte importanti», racconta Silvia Grassi Damiani, presidente di Venini, «Da quelle con Fulvio Bianconi, Carlo Scarpa, Gio Ponti, Gae Aulenti, Ettore Sottsass, Alessandro Mendini, alle più recenti con Emmanuel Babled, Tadao Ando, Ron Arad e Peter Marino, fino

IN APERTURA, ‘FAZZOLETTO’, UN GRANDE CLASSICO DI VENINI, QUI IN VERSIONE MAGENTA, IL COLORE PANTONE DEL 2023.

DISEGNATO DA FULVIO BIANCONI NEL 1948, NASCE DALLA SUGGESTIVA RIELABORAZIONE DI OPALINI, UNA TECNICA DEL XV SECOLO, CHE LO RENDE UNICO NEL COLORE. LA SUA CARATTERISTICA FORMA, INIMITABILE, RICORDA LE GONNE MOSSE DAL VENTO

a Marco Piva, nominato quest’anno direttore artistico di Venini. Designer scelti perché ritenuti, di volta in volta, all’avanguardia per la loro epoca e interessanti da un punto di vista artistico-creativo», prosegue Silvia Grassi Damiani, «personalità che hanno creato o rivisitato oggetti dalla bellezza atemporale, capaci di dare sempre un’emozione. Mi piace a tal proposito usare la frase di John Keats “Una cosa bella è una gioia per sempre”: descrive perfettamente lo spirito delle collezioni Venini, che nascono dalla passione di chi le elabora e le realizza, ma anche dalla volontà di rispondere al desiderio, insito in ogni essere umano, di circondarsi di cose belle, in grado di regalare un sogno o un’emozione. E l’uno e l’altra sono sempre senza tempo».

A Murano, nella storica fornace Venini in Fondamenta Vetrai, le collezioni di vasi e di lampade vengono realizzate dall’abilità di maestri soffiatori, molatori, intagliatori, in un processo produttivo che coinvolge designer e artisti.«Nella fornace prendono forma opere che mescolano con assoluta naturalezza il sa-

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A DESTRA, DECO (NAPOLEONE MARTINUZZI) IN BASSO, BALLOTON. DUE VASI ICONICI DI VENINI

pere e i valori della tra dizione con il fascino dell’estetica contem poranea. Cerchiamo di creare equilibrio fra gli oggetti che hanno fatto la sto ria del marchio e le proposte dall’im pronta moderna, con l’obiettivo di of frire una collezione multiespressiva che sia per questo capace di rac contare in maniera esausti va il Dna di Venini. Oggi la sfida è proprio quella di riuscire a dare un futuro consistente al mar chio, preservandone l’identità», nota la presidente di Venini, azienda che fa parte del Gruppo Damiani, con il quale condivide la filosofia di fondo: «Salvaguardare il mestiere, il fatto a mano, l’artigianalità; in tal senso, non c’è differenza tra il lavoro dei maestri vetrai a Murano e quello dei maestri orafi a Valenza», nota Grassi Damiani, evidenziando: «Quello del maestro vetraio è un mestiere che si apprende tanto con l’esperienza, viene trasmesso da una generazione all’altra di artigiani, che dedicano all’arte del vetro gran parte della loro vita, perfezionando le abili tà e le competenze. Un altro importante strumento di trasmissione di valore e di ispirazione per i designer è il Museo Venini di Mu rano, in cui sono raccolti più di 45mila disegni originali, 10mila foto d’epoca raffiguranti installazioni archi tettoniche, esposizioni e personaggi che hanno collaborato con la Fornace, oltre 5mila opere fra cui anche prove d’autore molto rare. Di grande importan za, inoltre, è il nostro preziosissimo archivio

storico, attualmente oggetto di un’importante attività di digitalizzazione, proprio per salvaguardare e trasmettere la sua ricchezza».

Molti pezzi Venini sono entrati a far parte di collezioni museali, dal Metropolitan Museum e MoMa di New York, alla Fondazione Cartier e al Centre Georges Pompidou di Parigi, dal Victoria and Albert Museum di Londra al Musée des Beaux Arts di Montréal, dall’Eretz Museum di Tel Aviv al Watari Museum of Contemporary Art di Tokyo e allo Shanghai Museum of Glass e, naturalmente, fanno parte del Museo del Vetro di Murano. In virtù di una complessità di elementi storico-artistici, il valore delle opere Venini è destinato ad accrescersi nel tempo, come dimostrano i risultati delle importanti aste internazionali che negli ultimi anni hanno battuto i vetri della celebre fornace veneziana. Appartiene a Venini, per esempio, l’opera in vetro di Murano fra le più pagate della storia, si tratta de La Senti, firmata dall’artista statunitense Thomas Stearns nel 1962, che ha raggiunto la cifra record di 737mila dollari.

«Un incoraggiamento ulteriore», conclude Silvia Grassi Damiani, «ad arricchire le collezioni, il savoir faire e la storia di Venini con nuovi affascinanti capitoli, nel segno della bellezza, dell’armonia, dell’emozione. Basta un soffio!».

petrapeter.com MODELS FASHION & PROMOTIONAL EVENTS

UN VELOCE VIAGGIO NELLA STORIA DELL’ARTE

Dal Rinascimento al Surrealismo, alla Pop Art.

Capolavori del passato e creatività contemporanea, da portare a spasso

Arte e tempo. Un binomio dalle infinite sfaccettature. Che si preferisca parlare di anima artistica del tempo o del tempo dell’arte, il marchio orologiero Swatch declina l’incontro tra i due mondi in collezioni che «portano celebri

capolavori nella sfera intima delle persone e per le strade del pianeta», come anticipa Carlo Giordanetti, Ceo dello Swatch Art Peace Hotel, presentando a Lisbona la nuova collezione Swatch Art Journey, che definisce «un veloce viaggio nella storia dell’arte». Un viaggio che è innanzitutto tra le epoche artistiche, dal Rinascimento al Surrealismo alla Pop Art, attraverso opere di Sandro Botticelli, René Magritte e Roy Lichtenstein,

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STILI E TENDENZE DI MARIA ANTONIETTA POTSIOS

NELLA PAGINA ACCANTO, I DUE SEGNATEMPO DELLA COLLEZIONE 'ART JOURNEY DEDICATI A NASCITA DI VENERE E ALLEGORIA DELLA PRIMAVERA (OPERE OSPITATE NELLA STESSA SALA DEGLI UFFIZI)

SOTTO, DA SINISTRA, I DUE OROLOGI DEDICATI A ROY LICHTENSTEIN E I DUE A RENÉ MAGRITTE; IL SEGNATEMPO NATO DALLA COLLABORAZIONE

CON IL LOUVRE ABU DHABI, ISPIRATO A ‘LA GRANDE

ONDA DI KANAGAWA’ DI HOKUSAI E ALL’ASTROLABIO

DI MUHAMMAD IBN AHMAD AL-BATTÛTÎ E LE DUE

RIVISITAZIONI BOTTICELLIANE

ma è anche geografico: «Da anni, Swatch collabora strettamente con i principali musei internazionali. A cominciare dal Rijksmuseum di Amsterdam (2018), per passare (ancora nel 2018) al Thyssen-Bornemisza di Madrid, poi al Louvre di Parigi (2019), al MoMA di New York (2021), quindi al Centre Pompidou di Parigi (2022)», racconta Carlo Giordanetti: «E ora con questo nuovo ‘viaggio’, sempre creativo, provocatorio e divertente, Swatch ha introdotto nuovi modelli, nati da diverse collaborazioni con il MoMa di New York, e poi il Louvre di Abu Dhabi, la Fondazione Magritte di Bruxelles e le Gallerie degli Uffizi di Firenze».

A pochi giorni dal lancio del nuovo MoonSwatch

SOPRA, CARLO GIORDANETTI, CEO DELLO SWATCH ART PEACE HOTEL

Moonshine Gold, con i modelli della collezione artistica sono state svelate nuove acrobazie della creatività frizzante che connota da sempre il marchio svizzero e che conducono in alcuni tra i più iconici luoghi dell’arte, alla scoperta di celebri opere. «Nell’ambito della collaborazione con gli Uffizi ho apprezzato la possibilità di avere accesso a due capolavori della storia dell’arte che sono veramente senza tempo, ancora attualissimi pur avendo seicento anni. La raffigurazione del mito della bellezza, della natura, della dea dell’amore: c’è dentro di tutto e c’è dentro anche - e la abbiamo individuato nella ‘Nascita di Venere’ - quella piccola irriverenza nelle facce dei venti che sono quasi caricaturali. L’aver catturato il dettaglio più inatteso rispetto a quello che chiunque si sarebbe aspettato, è tipico di Swatch. Ed è stato per me, un piccolo piacere!», nota Giordanetti, che prosegue: «Cerchiamo di restare coerenti con il nostro Dna, il che significa non escludere a priori nessuna possibilità. L’idea di innovare e sperimentare si manifesta in tanti modi diversi: c’è l’innovazione industriale (dei materiali), l’innovazione verso alcuni comportamenti sostenibili, ma l’innovazione è anche creatività di superficie, ossia la capacità di avere un orologio - che in fondo è un oggetto di pochi centi-

metri quadrati - sul quale riuscire a raccontare una storia. E questa è la sfida; una sfida che raccogliamo riuscendo a rimanere aperti a qualsiasi linguaggio. Il nostro team creativo, ad esempio, è da sempre un team multiculturale composto da persone di generazioni, stili, linguaggi e background diversi.

C’è una parola che a me piace molto, e che forse definisce Swatch anche rispetto a quello che diceva il suo fondatore, il Signor Hayek: è ‘innocenza’; come quella di un bambino che guarda tutto con la stessa voglia di imparare, meravigliarsi, scoprire e immaginare. Ritengo sia questa la parte di Swatch che arriva a sviluppare la creatività».

A questa creatività i tanti musei hanno lasciato carta bianca nel reinterpretare dei capolavori della storia dell’arte. Capolavori che diventano ‘democratici’. «Swatch ha un pubblico vastissimo; inoltre, c’è chi compra per sé stesso e chi per regalare ad altri», prosegue Carlo Giordanetti. «Non è azzardato definire queste collezioni ‘des objets d’art’. Oggetti scelti da persone che li trovano belli e che magari non li associano subito all’opera d’arte, per poi scoprire cosa rappresentano le immagini che vi sono impresse. Altri, invece, conoscono le opere e trovano divertente l’idea di poter portare al polso un Botticelli, un Magritte o un Lichtenstein. Non da ultimo, ci sono i collezionisti (sempre più giovani) i quali, attraverso le collezioni nate da queste collaborazioni, hanno trovato uno spunto per iniziare a collezionare orologi del marchio. È interessante notare che, adesso, proprio questi giovani collezionisti sono alla ricerca di modelli che abbiamo realizzato in passato. Anche grazie all’arte, il gioco del tempo continua!».

L’amore di Swatch per l’arte non è una novità di questi anni, ma risale al 1985 quando fu realizzato il primo di molti orologi Art Special. Da allora il suo impegno in quest’ambito non ha smesso di crescere. Swatch è partner della Biennale d’Arte di Venezia, e da quest’anno sarà main sponsor del Locarno Film Festival. Considerato, infine, che l’arte è opera ma è anche chi la realizza, da oltre dieci anni l’azienda orologiera sostiene artisti emergenti attraverso lo Swatch Art Peace Hotel, inaugurato nel 2011 a Shanghai e che - a oggi - ha accolto oltre quattrocento artisti provenienti da ogni parte del mondo.

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SOPRA, DA SINISTRA, I DUE OROLOGI DEDICATI A ROY LICHTENSTEIN

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STILE LIBERO

Bella è la donna che trova il proprio registro espressivo, consapevole e autentico, affermando uno stile che non ha eguali.

Il registro non è una noiosa divisa, ma un personale caleidoscopio di colori, forme, abbinamenti.

Per ognuna dunque la sua poetica, libera dai dettami e dai cliché.

Per scrivere da sola le regole del gioco. E trovare, valorizzandola, la propria unicità. La moda è libertà. Di essere sé stesse

Completo Philippe Plein, by Boutique King Scarpe Décolleté in vernice Musette by Irina Schrotter
STILI E TENDENZE
SERVIZIO PETRA PETER FOTO GIORGIA GHEZZI PANZERA Caftano by Boutique King Jeans Même Road, Collana Radà Cintura Guanabana e t shirt Jijil by Groovy
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Concept, Sandali Hermès Abito Antonino Valenti Borsa ‘secchiello’ Gatti Stola Mixik tutto by AIMO ROOM Blusa in seta e Pantaloni Alberta Ferretti by Nassadonna, Borsa The Goal Digger by Groovy Concept Abito Antonino Valenti by Aimo Room, Sandali platform Casadei by Boutique King, Bracciale Radà by Groovy Concept

Hermès BOUTIQUE HERMÈS

PRODUZIONE PETRAPETER.COM

FOTOGRAFO

GIORGIA GHEZZI PANZERA GIORGIAPANZERA.CH

MODELLA

MELANIE MANCASTROPPA

AGENZIA PETRA PETER’S EVENTS

STYLING

MARGHERITA SULMONI

MAKE UP NICHA MAKE UP NICHAMAKEUPARTIST.COM

HAIRSTYLE ALBERTO SABA SALONE RAINBOW

LOCATION

PALAZZO RIVA DI CIOCCARO

BOUTIQUES, LUGANO:

AIMO ROOM

CONTRADA DI SASSELLO AIMOROOM.COM

GROOVY CONCEPT

VIA VEGEZZI 5

WWW.GROOVYCONCEPT.COM

HERMES

PIAZZATTE MARAINI, VIA NASSA 2 WWW.HERMES.COM

KING BOUTIQUE

VIA NASSA 64 • BOUTIQUEKING.CH

NASSADONNA PIAZZA LUINI • NASSADONNA.COM

Tuta e Carré vintage

26 marzo — 25 giugno

2023

Ma – Ve

10.00 – 12.00 / 14.00 – 17.00

Sa – Do / Festivi

10.00 – 18.00

www.mendrisio.ch/museo

Le elezioni 2023 hanno segnato un record di partecipazione femminile: 40% delle candidature per la corsa al Gran Consiglio (contro il 35% del 2019), 37% per il Consiglio di Stato (contro il precedente 31%). Dispiace però constatare che questo aumento non si rispecchi in modo trasversale nelle liste di tutti i partiti e movimenti. Infatti sono proprio i partiti maggioritari e più votati a marciare quasi sul posto rispetto a quattro anni fa. Ma perché insistere - ancora oggi! - su un’equa rappresentanza delle donne in politica?

I cambiamenti climatici e la guerra in Europa, la necessità di una rapida svolta energetica, gli aumenti dei prezzi per le materie prime e per l’energia e le conseguenti difficoltà economiche per ampie fette della popolazione, ma anche la crescente radicalizzazione, la divisione di molti popoli e l’aumento di conflitti toccano anche noi da vicino, mettono a rischio la nostra pace sociale e coesione, e, infine, il nostro benessere.

Per trovare le soluzioni più appropriate, più condivise e, per cui, più efficaci, è necessario avere dei consessi decisionali capaci di far fronte a queste importanti sfide. Ora

parità

sine qua non

più che mai abbiamo bisogno di donne e uomini di tutte le età, di diverse provenienze e culture e di tutte le estrazioni sociali, che analizzino e studino, che ascoltino, discutano, valutino e decidano. Ognuno e ognuna mettendo in campo il proprio vissuto, la propria sensibilità, intelligenza ed esperienza. La sottorappresentanza nei consessi politici di metà della popolazione significa partire con un deficit di democrazia. È difficile invogliare le donne a mettersi in gioco per la politica? Certo, bisogna convincerle. La promozione delle donne nel proprio partito o movimento non inizia nel momento di cercare nomi da mettere in lista. È un lungo processo, un impegno non indifferente da rinnovare continuamente. A iniziare dall’abolizione degli stereotipi di genere, per proseguire con dei modelli di ruolo diversificati per le future generazioni. È necessaria la consapevolezza che per convincere le donne bisogna offrire loro reali opportunità e un sostegno mirato alle loro necessità, considerando in particolare il ‘carico mentale’ a cui molte di loro sono sottoposte - sia in ambito lavorativo che in ambito familiare.

Ma farlo vale la pena: un’equa rappresentanza dei generi in politica non è un lusso né tantomeno un capriccio, ma un passo indispensabile per una politica efficace.

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Un’equa rappresentanza dei generi in politica: non un lusso, ma una necessità per soluzioni più appropriate, condivise ed efficaci
Gran Consiglio, collaboratrice PS svizzero, membra del comitato FaftPlus
Hotel Manin Via Daniele Manin 7. 20121 Milan, Italy . T + 39 02 6596511 info@hotelmanin.it . hotelmanin.it La tua oasi verde nel cuore di Milano

Ticino

IL BISOGNO NON HA GERARCHIE

uanto sta accadendo in Ucraina ha rinvigorito bruscamente l’attualità di un tema umanitario di incommensurabile entità. Quello dei rifugiati. «Il quaranta percento della popolazione ucraina necessita ora di assistenza umanitaria e

protezione. Circa otto milioni di persone sono fuggite dal paese: una crisi umanitaria di dimensioni che l’Europa non vedeva da decenni», spiega Cristina Davies, direttrice esecutiva della Fondazione svizzera per l’Unhcr, partner nazionale dell’Agenzia Onu per i Rifugiati. «Nei Paesi limitrofi, la risposta all’emergenza ucraina è stata notevole, di grande solidarietà da parte delle comunità di accoglienza e della società civile, ma non possiamo basarci su questo. È necessario un continuo sostegno internazionale e solidale, fino a quando i rifugiati non potranno tornare alle loro case in sicurezza e dignità; non solo la loro sopravvivenza, anche questo obiettivo deve rimanere una priorità», prosegue Cristina Davies, che allarga lo spettro di valutazioni: «Nel mondo, più di cento milioni di individui sono stati costretti a fuggire a causa di guerre, violenze e persecuzioni. Fuggono in altre nazioni o rimangono nel proprio Paese come sfollati interni, stabilendosi in aree dove non sono minacciati. Dipendono da altri per la loro sopravvivenza». Sono decine di milioni quelli che l’Unhcr aiuta annualmente. L’Agenzia è dislocata in cinquecento sedi in 137 Paesi. «Circa il 91% del personale assiste sul campo le vittime più vulnerabili dello sfollamento. La nostra è un’incessante ricerca di sostegno da parte di individui, fondazioni e imprese per poter raggiungere milioni di persone con servizi di protezione. Questi includono il sostegno alla salute mentale e il supporto psicosociale, la protezione dei

La solidarietà è di casa

In Ticino dal 2022, Switzerland for Unhcr può già contare sul supporto di istituzioni, filantropi, imprese, fondazioni, università e associazioni di categoria, per massimizzare il suo impatto e garantire interventi di primo soccorso e soluzioni sostenibili per milioni di famiglie nel mondo. «In Ucraina, ma anche in Turchia e Siria, i nostri operatori sul posto stanno distribuendo beni di prima necessità e dai nostri depositi sono spediti continuamente aiuti», esordisce Leandro Sugameli, delegato esecutivo Switzerland for Unhcr in Ticino. «Incoraggiamo donazioni aziendali, mobilitazione degli stakeholder con iniziative di raccolta fondi tra i propri dipendenti e clienti, microdonazioni, come l’arrotondamento del conto alla cassa e le donazioni alla cassa online. Collaborare con l’Unhcr offre alle imprese visibilità grazie al branding e al marketing, nonché opportunità di crescita. Anche la filantropia privata è oggi una forza trainante per l’azione umanitaria e per i molti filantropi che hanno già scelto di sostenere il nostro lavoro, non mancano proposte per massimizzare e

Q
Le emergenze umanitarie più recenti rischiano di offuscare le realtà cristallizzate e cronicamente sottofinanziate che popolano i quattro angoli del pianeta. Aspettando il prossimo Forum ginevrino, l’appello dell’Agenzia Onu per i Rifugiati passa anche dal
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minori, la prevenzione e la risposta alla violenza di genere, il supporto per l’alloggio, le forniture per le necessità di base e l’assistenza in denaro. Ci adoperiamo per mobilitare risorse e attenzione pubblica per le crisi cronicamente sottofinanziate. Di molte non si parla o non si parla più, sebbene siano caratterizzate da un grande numero di sfollati e da vulnerabilità persistenti: il lungo elenco tocca numerosi Paesi tra cui Colombia, Pakistan, Yemen, Afghanistan, Libano, Giordania, Iraq, Banghadesh, Repubblica Centro Africana, Uganda, Etiopia, Burundi, Somalia, Sudan». Il 2022 ha visto un enorme aumento di sfollati in tutto il mondo. «L’accoglienza ricevuta dagli ucraini è quella che dovrebbero ricevere tutte le persone costrette a fuggire: accesso a sicurezza e protezione, libertà di viaggiare, lavorare e studiare, sostenute da uno slancio di solidarietà e finanziamenti adeguati da parte di donatori pubblici e privati. Tuttavia, le condizioni degli sfollati in altre parti del mondo non sono migliorate», puntualizza Davies. «Anzi, le ripercussioni della guerra in Ucraina hanno pesato molto sulle comunità sfollate, soprattutto nelle situazioni più dimenticate del mondo. Le persone che prima erano autosufficienti sono state private delle loro riserve dalla pandemia prima e dalla guerra poi: sono aumentati la loro emarginazione, il rischio di abbandonare la scuola, di

ampliare l’impatto dell’investimento sociale», prosegue Sugameli. Tra tanti, il programma di borse di studio Aiming Higher, promosso da Unhcr, consente agli studenti rifugiati di accedere all’istruzione. Nel periodo compreso tra marzo 2019 e marzo 2020, la percentuale di rifugiati iscritti alla scuola primaria era del 68%, a livello secondario era solo del 34%, mentre per gli iscritti all’università appena del 5%. L’accesso all’istruzione secondaria e all’università è il primo passo per colmare il divario tra apprendimento e guadagno ed è un obiettivo essenziale stabilito dal Patto globale per consolidare l’autonomia dei rifugiati. «In occasione della Giornata mondiale del Rifugiato, il prossimo 20 giugno in Ticino avranno luogo diverse attività. Per molti ticinesi speriamo sia una buona occasione per avvicinarsi al tema, esprimendo la propria vicinanza e generosità», conclude Leandro Sugameli.

costrizione a matrimoni precoci o di subire violenza di genere. La guerra in Ucraina ha causato uno shock economico globale, interrompendo le forniture di cibo e carburante e facendo salire i prezzi. L’insicurezza alimentare è peggiorata in modo significativo, accelerata da eventi climatici sempre più intensi e frequenti, ponendo milioni di persone sull’orlo della carestia. Tutti questi fattori si sono combinati per aggravare la vulnerabilità e aumentare il numero di sfollati forzati e apolidi in tutto il mondo, spingendo per la prima volta il bilancio dell’Unhcr basato sulle necessità a superare i dieci miliardi di dollari». E rimane un divario considerevole, che va urgentemente ridotto, tra i fondi disponibili e quelli necessari per soddisfare i bisogni immediati ed essenziali delle persone costrette a fuggire, soprattutto nelle crisi lontane dai riflettori. «L’Unhcr ha dovuto prendere decisioni difficili. Le persone di cui l’Unhcr si occupa sono già obbligate a fare scelte strazianti, come quella di educare il proprio figlio o comprare le medicine per i genitori anziani. Nessuno dovrebbe essere costretto a scegliere tra priorità ugualmente fondamentali». Il prossimo dicembre, a Ginevra, il Forum mondiale dei rifugiati riunirà la comunità internazionale e la società civile intorno alla causa dei rifugiati. Anche il Segretario generale delle Nazioni Unite è invitato a partecipare: «Un’occasione per convogliare tutte le forze affinché pianifichino azioni a supporto dei milioni di richieste di aiuto che si levano da tutto il mondo, generando un richiamo corale, che non può rimanere inascoltato», conclude Cristina Davies.

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SOPRA, CRISTINA DAVIES, DIRETTRICE ESECUTIVA DELLA FONDAZIONE SVIZZERA PER L’UNHCR, PARTNER NAZIONALE DELL’AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI NELLA PAGINA ACCANTO, LEANDRO SUGAMELI, DELEGATO ESECUTIVO, CANTON TICINO

Il tema non è certo nuovo. Ma continua a essere di grande attualità. L’importanza della prevenzione nei contesti professionali e nelle occasioni del tempo libero per limitare gli infortuni, il cui numero, nonostante tutto, continua a essere alto. Diverse le iniziative della Suva volte a sensibilizzare la popolazione su misure preventive, sicurezza sul lavoro e tutela della salute

C’è

ancora

Le campagne di sensibilizzazione non mancano. Eppure il 2022 è stato un anno da record, di quei record che si vorrebbero evitare. Alla Suva, il più grande assicuratore infortuni in Svizzera, sono stati notificati ben quattrocentonovantamila tra infortuni occorsi sul lavoro e nel tempo libero, oltre alle malattie professionali. Un aumento importante è stato registrato nelle attività di svago all’aria aperta, favorite dal clima caldo e dal bel tempo durante tutto l’anno, in tutto il Paese.

Parte del sistema di assicurazione sociale svizzero, la Suva si adopera nell’ambito della prevenzione, della sicurezza sul lavoro e della tutela della salute, per rendere sicure le attività professionali e del tempo libero, nell’intento di prevenire e ridurre le conseguenze di infortuni e malattie professionali, «Tuttavia, l’importanza della prevenzione resta ancora sottovalutata», esordisce Sabrina Gendotti, avvocato a Lugano e, dal 2017, avvocato esterno alla Suva. La prova è nei numeri: gli infortuni che si sono verificati nel tempo libero, nel

TANTA STRADA SOCIETÀ DI ELEONORA VALLI 66

NELLA PAGINA ACCANTO, LE ATTIVITÀ DEL TEMPO LIBERO, NEL 2022, HANNO REGISTRATO UN NOTEVOLE AUMENTO DEL NUMERO DI INCIDENTI

IN QUESTA PAGINA, SABRINA GENDOTTI, AVVOCATO A LUGANO, E LEGALE ESTERNO ALLA SUVA. ANCHE QUEST’ANNO, IN OCCASIONE DELL’EVENTO ‘UN GIORNO IN TRIBUNALE’, IN PRIMAVERA AL PALAZZO DEI CONGRESSI DI LUGANO, SABRINA GENDOTTI È PRESENTE COME AVVOCATO. L’EVENTO È VOLTO A SENSIBILIZZARE LA COLLETTIVITÀ SULL’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO

2022 hanno raggiunto un livello mai osservato fino ad oggi, con un aumento del 14% rispetto all’anno precedente, mentre gli infortuni e le malattie professionali sono aumentati del 5,2%.

Se nel tempo libero spetta a ognuno prevenire situazioni di pericolo adoperando attenzione, buon senso e prudenza, quanto a diritti e doveri dei datori di lavoro, come pure ai diritti e obblighi dei dipendenti, la legge prevede che «Il datore di lavoro è responsabile in materia di sicurezza sul lavoro e, se non adempie a questo obbligo, in caso di infortunio rischia di essere perseguito penalmente», nota Sabrina Gendotti, che precisa: «Il datore di lavoro adempie il proprio obbligo di tutela individuando i pericoli all’interno della sua azienda, attuando adeguate misure di sicurezza, che sono a suo carico, per tutelare la vita e la salute dei suoi collaboratori. In caso di pericolo anche il personale, e non solo il datore di lavoro, ha il diritto e il dovere di dire ‘stop’. Un’evenienza che impone l’immediata sospensione del lavoro finché il pericolo non sia stato eliminato».

Nonostante la chiara previsione legislativa, ogni giorno più di 800 persone subiscono infortuni sul lavoro, comprese le situazioni che si concludono con il più tragico degli epiloghi o con invalidità permanenti.

«Le regole vitali della Suva sono un vero e proprio salvavita: possono prevenire la maggior parte degli infortuni gravi. A tale scopo, è possibile avvalersi anche della ‘Charta della sicurezza’», spiega l’avvocato. Creata dalla Suva in collaborazione con le associazioni dei datori di lavoro, i progettisti e i sindacati, la Charta della sicurezza è una sorta di alleanza tra i vari partner del mondo professionale in favore di una maggiore sicurezza sul lavoro. Alla Charta possono aderire tutti gli attori dell’economia svizzera. E a oggi sono quasi ventimila le aziende svizzere che l’hanno sottoscritta, manifestando in tal modo la loro intenzione di garantire posti di lavoro sicuri e sani. Sottoscrivere la Charta della sicurezza, il che si sostanzia in un’autodichiarazione, significa «applicare in modo coerente le regole di sicurezza, istruire e formare regolarmente il proprio personale ed essere percepiti come azienda responsabile», spiega Sabrina Gendotti che, come avvocato esterno della Suva, da sei anni ne assume la difesa nell’ambito di procedimenti dinnanzi al Tribunale Cantonale delle Assicurazioni sociali del Canton Ticino e del Canton Grigioni. «Personalmente, ho visto svilupparsi un dizionario di casi - fino a oggi circa 150 - che mi ha indotto a esplorare in lungo e in largo il diritto delle assicurazioni sociali, in particolare il diritto infortunistico. Una letteratura di situazioni da cui emerge chiaramente la necessità di sensibilizzare la popolazione sul tema della prevenzione». In tal senso la Suva, tra le altre attività organizza, ogni quattro anni circa, un evento dal titolo ‘Un giorno in tribunale’ : viene inscenato un processo, con avvocati e giudici veri, affrontando temi di attualità. Nel 2019 era stato trattato il caso di infortunio di un apprendista, quest’anno si mette l’accento sui lavoratori interinali, sempre più spesso impiegati in vari settori. «Un’occasione per immergersi in una fattispecie reale e capirne le conseguenze, dal punto di vista del diritto civile e penale, sia per il dipendente che per il datore di lavoro e l’addetto alla sicurezza. Un infortunio sul lavoro può avere gravi conseguenze, non solo per la persona direttamente interessata. Perciò la sicurezza sul lavoro e la tutela della salute rientrano nella responsabilità dei vertici aziendali e fanno parte degli obblighi dell’impresa. Tuttavia, molti quadri con funzione dirigenziale non ne sono ancora del tutto consapevoli», nota Sabrina Gendotti, che conclude: «La prevenzione resta l’unico vero mezzo per osteggiare l’accadimento di situazioni pericolose, dannose o addirittura tragiche».

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moglie e imprenditrice

Quale regime patrimoniale dovrebbe scegliere una donna coniugata che avvia un’attività per tutelarsi in caso di divorzio o in prospettiva successoria?

È

importante per le donne proprietarie di un’impresa chiedersi quale sia il regime patrimoniale durante il matrimonio che meglio tuteli i loro interessi economici.

Il regime patrimoniale è l’insieme delle regole che disciplinano i rapporti economici tra i coniugi e si esaurisce con la fine del matrimonio (ad esempio per divorzio o morte) oppure perché i coniugi scelgono un regime patrimoniale diverso.

In Svizzera, se i coniugi non fanno una scelta diversa, si applica il regime della partecipazione agli acquisti. Questo regime non tutela in modo adeguato la donna imprenditrice che abbia avviato la propria impresa durante il matrimonio, reinvestendo i ricavi nell’attività per favorirne lo sviluppo, poiché questa impresa entra a far parte degli ‘acquisti’, ovvero dei beni che con la fine del regime patrimoniale devono essere divisi a metà con il coniuge. In caso di divorzio, la moglie, per conservare la propria azienda, dovrà pagare al coniuge il valore della quota attribuitagli per legge, diminuendo le proprie sostanze della liquidità necessaria.

È pertanto preferibile per la donna imprenditrice scegliere il regime della separazione dei beni, nel quale i patrimoni restano totalmente separati, ciascun coniuge è proprietario dei propri beni, non importa se acquistati prima o durante il matrimonio. In caso di divorzio, nulla dovrà essere diviso. La separazione dei beni offre miglior tutela alla donna imprenditrice anche nella prospettiva successoria, evitando un’eccessiva parcellizzazione dell’impresa. Infatti, il regime della partecipazione agli acquisti impone che prima si proceda alla liquidazione dei beni che fanno parte degli acquisti sicché, nell’esempio fatto, soltanto la metà dell’impresa cade nella successione della moglie proprietaria (l’altra metà è ‘acquisto’ del marito).

Invece, con la separazione dei beni l’imprenditrice potrà disporre con testamento o con un contratto successorio dell’intera impresa, con il solo limite delle quote di legittima del marito (un quarto) e dei figli (un quarto complessivo), ma potendo disporre liberamente dell’altra metà dell’impresa (e di tutti i suoi beni) e così favorire chi ritenesse più meritevole e capace di rilevarla.

Nel regime della partecipazione agli acquisti un risultato simile si può raggiungere stipulando una convenzione matrimoniale che escluda dagli acquisti l’impresa e i relativi ricavi, con l’accortezza, però, di escludere anche la partecipazione al plusvalore, altrimenti dovuta al coniuge che, avendo contribuito nell’impresa della moglie, la richieda.

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Maria De Pascale Avvocato Civilista, membro dell’Ordine degli Avvocati del Canton Ticino e della Federazione Svizzera degli Avvocati, Co-Presidente Bpw Ticino

Passione, design e tecnologia su due ruote

ciclidralimilano.it
© Max Veronesi

UNA STAGIONE di esperienze poliglotte

Nel repertorio linguistico dei giovani svizzeri si contano fino a centoventisei idiomi.

L’estate è il periodo migliore per intraprendere o perfezionare le proprie conoscenze. Le proposte formative sono accattivanti e la Svizzera si conferma, per studenti di ogni nazionalità e provenienza, una destinazione particolarmente ambita

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Dedicato al tema delle competenze linguistiche dei giovani svizzeri e ai comportamenti nei confronti delle diversità linguistiche, lo studio ‘La Svizzera - società multiculturale’ analizza i dati raccolti durante la più recente inchiesta federale. Sotto la lente, il livello delle competenze nelle lingue nazionali, lingua madre esclusa, e in inglese. Livello che è stato classificato secondo una scala compresa tra A1(minimo) e C2 (massimo). Le competenze linguistiche dei non madrelingua in tedesco, francese e italiano sono di solito piuttosto basse (livello A2), mentre più elevate per l’inglese. Per dedicarsi al recupero e al potenziamento o all’apprendimento ex novo di una lingua, molti studenti approfittano del periodo estivo. Un periodo dell’anno in cui, grazie a una full immersion, si possono ottimizzare i risultati in un tempo breve. E con formule che abbinano i corsi in aula ad attività del tempo libero. Gli istituti di formazione svizzeri - nelle diverse regioni del Paese - godono di una tradizione rinomata in tutto il mondo, attirando di conseguenza studenti provenienti dai diversi Continenti. E se il contesto paesaggistico, con la sua varietà e la sua bellezza, gioca un ruolo importante, non di meno la stabilità e la sicurezza tipicamente svizzeri sono un aspetto molto apprezzato. In questa cornice ideale, a essere determinante resta tuttavia la qualità dell’istruzione.

Velia Tricoli, dell’Institut Montana Zugerberg di Zugo lo conferma: «L’esperienza ci insegna che se una famiglia sceglie la Svizzera rispetto ad altri Paesi i motivi sono molteplici, ma le basi sono principalmente le stesse: sicurezza, incredibili spazi all’aria aperta e possibilità di interagire in un ambiente veramente internazionale». La neutralità svizzera rassicura i genitori di diversi Paesi del Medio Oriente, tanto che nel corso degli anni hanno mostrato più interesse per la Svizzera che per gli Stati Uniti, nonché i genitori della regione asiatica e della vicina Italia come sottolinea Sarah Frei, della Brillantmont International School: «Quando sono stati attivati i campi estivi, negli anni Novanta, tra i primi iscritti c’erano giovani provenienti

NELLA PAGINA ACCANTO, L’INSTITUT MONTANA ZUGERBERG, A ZUGO IN QUESTA PAGINA, DALL’ALTO, I SOGGIORNI ESTIVI IN ALCUNE DELLE PIÙ NOTE REALTÀ FORMATIVE SVIZZERE, TRA CUI LE ROSEY, A ROLLE (TERZA E QUARTA FOTO DALL’ALTO)

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dall’Italia; siamo molto contenti di poter nuovamente accogliere, quest’estate, studenti giapponesi e cinesi che dal 2020 non erano più potuti venire a causa della pandemia».

I responsabili di diversi campi estivi confermano la presenza, ai loro campus, di una trentina di nazionalità. Un numero, già ragguardevole, che nell’estate del 2022 ha addirittura superato le ottanta nazionalità: è il caso dell’istituto Le Rosey. Felipe Laurent, che ne dirige il dipartimento ‘comunicazione e ammissioni’, aggiunge: «Quello che più di frequente esprimono i genitori è il desiderio che i loro figli acquisiscano indipendenza e autonomia. Ma anche che possano ‘incontrarsi con il mondo’, quindi l’aspetto multiculturale della Svizzera è sicuramente fondamentale. Negli ultimi anni, abbiamo esaudito un desiderio condiviso dalla maggior parte dei genitori, in relazione all’uso dei telefoni cellulari, affinché ne sia ridotto al minimo l’uso da parte dei ragazzi: chiediamo pertanto ai nostri allievi di lasciare i loro telefoni nelle proprie stanze quando sono impegnati in attività di studio o ricreative». Osservando l’evoluzione dei campi estivi negli ultimi dieci anni, si nota un notevole aumento di quelli che si focalizzano su un’attività specifica, che sia sportiva o linguistica; la Svizzera, sia per gli spazi aperti sia per le strutture dedicate, offre diverse opportunità di elevata qualità; l’essere poi un Paese multilingue facilita l’insegnamento, il confronto e lo scambio a livello linguistico e culturale. «Nonostante la globalizzazione e il conseguente primato dell’inglese su scala mondiale, il francese e soprattutto il tedesco sono

sempre più richiesti», conferma Sarah Frei. Mentre per alcuni si tratta di migliorare una lingua, per altri si tratta di impararla da zero, cosa che vari istituti rendono possibile già a partire dai 6 anni di età. Le lingue si possono praticare in maniera intensiva (mattina e pomeriggio) o intercalandone lo studio con altre attività. Non stupisce apprendere che durante i due anni di restrizioni dovute al Covid, a fronte di un calo numerico di studenti stranieri, è aumentata la presenza di studenti svizzeri che desideravano approfondire le proprie conoscenze di tedesco e francese. La maggior parte degli allievi che proviene da Paesi europei opta per periodi relativamente brevi (di due settimane), mentre chi proviene da altri continenti si sofferma per periodi compresi tra quattro e sei settimane.

SOPRA, DUE STUDENTI DEL LYCEUM ALPINUM ZUOZ IN BASSO, IN ALCUNI ISTITUTI VENGONO FORMATI ANCHE ALLIEVI GIOVANISSIMI
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Per alcuni studenti si tratta della prima esperienza fuori casa, una buona occasione di sperimentare come potrebbe essere una scolarità annuale in collegio. «Il 20% dei partecipanti ai nostri Summer Camp entra prima o poi a far parte della comunità scolastica, frequentando da noi l’intero ciclo formativo», indica Tiziana Tuena, coordinatrice dei campi estivi del Lyceum Alpinum Zuoz. Al fine di evitare che troppi ragazzi della stessa nazionalità si ritrovino contemporaneamente nel campus, molti istituti accolgono, per lo stesso periodo, non più del 15%-20% di studenti provenienti dallo stesso Paese, assicurandosi comunque che appartengano a gruppi di età diversi. A meno che i genitori non facciano una espressa richiesta, i ragazzi che condividono la camera hanno nazionalità e lingua madre diverse. Va tuttavia sottolineato che per molti ragazzi si tratta della prima esperienza fuori casa e quindi preferiscono frequentare i corsi con un amico; in questo caso e su richiesta specifica, possono alloggiare assieme. Altrimenti, i campi estivi si distinguono per gruppi di età e per numero di iscrizioni, con alcuni istituti che possono accogliere fino a centinaia di allievi contemporaneamente. La personalizzazione avviene non solo in termini di logistica, ma naturalmente anche in relazione all’offerta, attraverso un focus specifico su alcune attività e /o lingue. Il Lyceum Alpinum, ad esempio, oltre al programma polisportivo e alla Junior Golf Academy, ha aggiunto negli ultimi anni programmi di recitazione cinematografica, sviluppo di competenze digitali e il calcio con la Milan Academy.

Le Rosey propone corsi di leadership, tech, teatro, scienze, arti culinarie e digital creativity a partire da 8 anni, mentre gli studenti che si preparano all’università possono (in collaborazione con l’istituto Le Régent di Crans-Montana) seguire corsi preparatori agli esami Sat (richiesti dalle università statunitensi) nonché di iscriversi alla Finance Academy.

Velia Tricoli, dell’Institut Montana Zugerberg, evidenzia come, in molti casi, la scelta da parte dei genitori viene determinata da elementi diversi dalla formazione tout court: «A influenzare la decisione sono il luogo in cui si trova l’Istituto, il programma offerto, il numero di studenti iscritti, l’atmosfera che si respira durante la visita o semplicemente il passaparola». I migliori istituti hanno un rapporto di quattro/ sei a uno tra studenti e insegnanti, in modo da poter fornire il livello di cura e attenzione auspicato dai genitori, e alla base dell’imprescindibile rapporto di fiducia tra la scuola e la famiglia. Di un istituto si apprezzano la comprovata esperienza di servizio di qualità, nonché rigorose politiche di assunzione per il proprio personale.

E quando, su queste premesse, la scelta viene operata, la prima importante certezza è quella di offrire al proprio figlio un’esperienza che, oltre la conoscenza linguistica, delinei un orizzonte di possibilità e di multiculturalità imprescindibile per affrontare un futuro da adulto consapevole. Molto più di un idioma.

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FOTO IN ALTO, A LOSANNA, BRILLANTMONT INTERNATIONAL SCHOOL

A ZUOZ, TRADIZIONE, VISIONE E APPROCCIO OLISTICO

Collegio internazionale tra i più tradizionali della Svizzera, il Lyceum Alpinum pone al centro delle proprie attività il successo accademico e lo sviluppo personale degli studenti. In un contesto naturale unico, l’Istituto offre un ambiente di vita e di apprendimento in cui i giovani rispettano e valorizzano altre culture e opinioni. Divertendosi!

I110 studenti locali e i 220 internazionali del Lyceum Alpinum Zuoz ricevono una formazione per la Maturità Svizzera, l’IGCSE, il Diploma Internazionale di Baccalaureato (IBDP) e il certificato International Baccalaureate Career-Related Programme (IBCP). I ragazzi godono di un’educazione olistica che favorisce il loro sviluppo intellettuale, personale, fisico e creativo. Sono incoraggiati a cercare la propria strada nel mondo e a dare il proprio contributo alla società attraverso la comprensione e il rispetto interculturale.

Il team di insegnanti esperti e dedicati, così come i collaboratori all’interno del collegio e il personale amministrativo supportano gli studenti in modo che siano preparati per le sfide del futuro.

Oltre all’impegnativo programma scolastico di questa scuola pubblica svizzera, gli studenti possono scegliere all’interno di un’ampia gamma di attività extrascolastiche: teatro nel ‘Zuoz Globe’, coro, band scolastica, arte, programmi per l’ambiente e lo sviluppo, scambio di studenti e molto altro ancora. Importanti, sport e giochi, con una forte enfasi sugli sport di squadra, secondo la migliore tradizione inglese, per formare alla tolleranza e alla lealtà nel gioco e nella vita; tra essi, hockey su ghiaccio, cricket e Fives, ma anche pallavolo, basket, tennis, e naturalmente sci, snowboard e sci di fondo: le piste sono sulla porta del collegio.

I diplomati del Lyceum Alpinum Zuoz proseguono i loro studi nelle più importanti università del mon-

ADVERTORIAL

do. Un consulente esperto li aiuta nella scelta della sede universitaria, accompagnandoli nel processo di candidatura.

Terminato l’anno scolastico, da tre decenni il collegio accoglie bambini e ragazzi dai 6 ai 16 anni che qui frequentano i corsi estivi. L’International Summer Camp combina lezioni di lingua (inglese, tedesco, francese) con competenze digitali, un programma polisportivo, la Junior Golf Academy sul campo da golf 18 buche di Zuoz-Madulain, il Milan Academy Football Camp oppure quello denominato Film & Performance. L’offerta è studiata accuratamente e adattata alle sempre nuove esigenze degli allievi. I corsi estivi sono cresciuti costantemente: oggi sono quasi 400 i partecipanti che ogni estate raggiungono la scuola per trascorrervi delle settimane spensierate, sotto la sorveglianza, 24 ore su 24, di un team di insegnanti e collaboratori specializzati.

L’atmosfera internazionale, il rispetto reciproco, le attività sportive e le escursioni nella splendida natura engadinese fanno di questi campi un’esperienza unica. Ad arricchirla, la presenza di vari esperti: studenti di master dell’EPFL di Losanna e del Politecnico di Zurigo mostrano ai partecipanti come programmare giochi con Python e Scratch e come costruire robot con Arduino. Mentre Gian Franco Tordi, ex allievo e

attore engadinese di successo a Hollywood, introduce i partecipanti alle arti cinematografiche e gli allenatori del Milan Academy Football Camp si dedicano agli allievi che amano calcio.

Che cosa si aspettano i ragazzi da questa esperienza?

Svago, spensieratezza e nuove amicizie. I loro genitori desiderano sicurezza e affidabilità. Inoltre valutano la possibilità di una frequenza annuale, tanto che il 20% dei partecipanti ai Summer Camp entra prima o poi a far parte della comunità scolastica.

Una proposta di alto livello e i valori che la Scuola continua a praticare da quasi 120 anni garantiscono un ottimo soggiorno al Lyceum Alpinum Zuoz. Chi viene a Zuoz ci ritorna!

Per informazioni:

Lyceum Alpinum Zuoz

Tiziana Tuena

International Summer Camps

lyceum-alpinum.ch

camps@lyceum-alpinum.ch

T. +41 81 851 30 28

Ricordo che q uando iniziai il mio percorso nelle Risorse umane, alcune primavere fa, il mio mentore di allora mi insegnò a fare selezione di personale distinguendo bene due macroaree da analizzare, il saper fare e il saper essere. Il primo riguarda le capacità e le competenze acquisite per una determinata mansione; il secondo i comportamenti, l’atteggiamento, i valori e le attitudini. Per me indagare il saper fare era la priorità.

Negli anni ho imparato sempre più a focalizzarmi sul saper essere: perché ho appreso con l’esperienza che non importa quale sia il lavoro che si stia svolgendo o l’ambiente in cui ci si trova, le competenze trasversali fanno parte di quel bagaglio personale che ognuno porta con sé in qualunque contesto, professionale o non, si possa trovare.

Risulta quindi importante inserire nel proprio curriculum un’area dedicata alle competenze trasversali, non sottovalutando l’impatto che queste possano avere nella valutazione da parte di un selezionatore o di una figura risorse umane in azienda.

Alcune sono innate, sono qualcosa che ognuno ha dentro di sé e che non serve ‘allenare’; pensiamo a una persona diplomatica che per sua natura è in grado di gestire un conflitto o alla capacità di risolvere problemi complessi in tempi rapidi.

In ogni caso, anche davanti a competenze trasversali poco accennate o sommerse è possibile investire del tempo per accrescerne l’efficacia; possiamo puntare sulle numerose esperienze vissute o sul confronto con i colleghi, oppure intraprendere percorsi lavorativi in contesti diversi e sfidanti o, ancora, attraverso un piano di studi all’estero per i giovani. Se dovessi scegliere due competenze trasversali su tutte come priorità, personalmente punterei sulla creatività, fondamentale e non ancora sorpassata da alcun tipo di ausilio artificiale, e sulla flessibilità cognitiva, ovvero un approccio mentale a 360 gradi, l’unico modo per adattarsi ai rapidi cambiamenti della società contemporanea.

trasversali sempre più centrali

Il mondo del lavoro è in continua evoluzione; pensate all’impatto della tecnologia degli ultimi vent’anni o ai cambiamenti post pandemia. Ecco, i migliori candidati o i dipendenti più apprezzati sono quelli che si sono dimostrati nel tempo essere maggiormente flessibili e adattabili a contesti alternativi o a trasformazioni repentine.

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L’OPINIONE
Al di là delle competenze tecniche, acquisisce crescente rilevanza il saper essere, fondamentale per adattarsi alle continue evoluzioni del mondo del lavoro
Elisabetta De Antoni, Specialista in Risorse umane, Responsabile Randstad Ticino

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BEN-ESSERE su misura

L’approccio olistico alla salute è in armonia con la tradizione ippocratica: stare bene è un equilibrio tra le influenze ambientali, gli stili di vita e le diverse componenti della natura umana. Con la ‘Medicina P4’ si fa un balzo in avanti

SALUTE DI ELEONORA VALLI

Se mi chiedono quanti anni ho, rispondo che, dopo i cinquanta, dipende dalla giornata. Solo apparentemente bizzarra, la celebre affermazione di Coco Chanel racchiude invece una granitica verità. Lo stato funzionale di un individuo, infatti, non corrisponde automaticamente all’età anagrafica ma è il riflesso della sua età biologica e fisiologica. A tal proposito, «L’essere umano del XXI secolo è confrontato ad una realtà contraddittoria: ha il potenziale vitale di vivere più a lungo, ma si trova sempre più spesso di fronte a fattori esogeni ed endogeni che disturbano questa crescente capacità di longevità. Fattori tra i quali si annoverano inquinamento di ogni tipo (atmosferico, alimentare, da onde, ecc.), stili di vita stressanti, globalizzazione, perdita di punti di riferimento», esordisce Jean-François Bézot, biologo medico e vice presidente della Società francese di medicina antiaging, «Tuttavia, ogni essere umano è unico, possiede dalla nascita un capitale di salute-benessere che viene utilizzato nel tempo, è in grado di gestire e regolare in piena consapevolezza questo suo capitale. Essere in salute significa essere in sintonia con se stessi fisicamente e mentalmente, ed esserlo anche con il mondo circostante».

Lo stato di malessere appare quindi come conseguenza di uno squilibrio e di una rottura dell’armonia che riguarda la nostra identità biologica, con conseguenti sintomi di natura fisica o psico-fisiologica. «Dobbiamo considerare l’essere umano come un’entità unica composta da sottosistemi in cui ogni squilibrio in uno di essi provoca uno squilibrio nell’insieme, nell’omeostasi, il ‘primum movens’ di ogni malattia», aggiunge Jean-François Bézot.

Fino ad oggi la medicina ha trattato la malattia più che il malato, «anche se lo stesso Ippocrate sosteneva che ‘è più importante sapere che tipo di persona abbia una malattia, che sapere che tipo di malattia abbia una persona’. Adesso è tempo di spostare l’obiettivo del nostro cannocchiale e del nostro microscopio dalle malattie alle persone. E ancor più, l’occhio deve puntare non solo sulle persone malate ma anche e soprattutto su chi non è ancora malato. «La ‘ Medicina P4’ (Personalizzata, Predittiva, Preventiva e soprattutto Partecipativa) è diventata il famoso marchio internazionale della medicina della longevità», spiega il medico, «Essa si basa sulla conoscenza del proprio essere interiore, tenendo conto dei progressi della scienza e della sua apertura a una visione olistica dell’essere umano, della complessità della natura umana e del legame corpo-mente.

SOPRA, JEAN-FRANÇOIS BÉZOT, BIOLOGO MEDICO, VICE PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ FRANCESE DI MEDICINA ANTIAGING

SOTTO, L'ATTIVITÀ FISICA RESTA TRA I MIGLIORI ALLEATI PER INVECCHIARE MEGLIO E PIÙ LENTAMENTE NELLA PAGINA ACCANTO, L’INTEGRAZIONE NELLA

PROPRIA DIETA DI FUNCTIONAL FOOD, O ALIMENTI FUNZIONALI, PORTA MOLTEPLICI BENEFICI A DIVERSE PARTI DEL CORPO, TRA LE QUALI LA PELLE. PARE, INFATTI, CHE NE PREVENGANO E NE RITARDINO L'INVECCHIAMENTO. TRA GLI ALIMENTI FUNZIONALI, PER QUANTO CONCERNE LA FRUTTA, SI ANNOVERANO BACCHE, KIWI, PERE, PESCHE, MELE, ARANCE, BANANE

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SOPRA, SALUTARI SPEZIE. IL TERMINE ‘MEDICINA P4' È STATO CONIATO NEL 2013 DA LEROY HOOD, SCIENZIATO ESPERTO IN BIOTECNOLOGIA, GENOMICA E PROTEOMICA, SOSTENITORE DEL PASSAGGIO CULTURALE DALLA ‘CURA DELLE MALATTIE’ ALLA ‘GESTIONE DEL BENESSERE DEGLI INDIVIDUI’

Tale approccio alla salute consente di creare profili biologici personalizzati, predittivi e preventivi, per ottimizzare la forma fisica, gestire lo stress non salutare ed evitare inutili e deleterie sofferenze fisiologiche e psicologiche».

Il termine ‘Medicina P4’ è stato coniato nel 2013 da Leroy Hood, scienziato esperto in biotecnologia, genomica e proteomica, convinto sostenitore del passaggio culturale dalla ‘cura delle malattie’ alla ‘gestione complessiva del benessere degli individui’. Il 2013 è stato anche l’anno in cui le informazioni digitali rappresentavano il 98% di tutta l’informazione prodotta sul pianeta.

Nella concezione di Hood la nuova medicina è ‘P4’, in quanto ‘preventiva’ perché si riferisce a tutte le informazioni che riguardano il genoma umano e che a breve faranno parte della cartella clinica o del fascicolo elettronico di ciascun individuo.

L’intelligenza artificiale potrà quindi fare screening e individuare all’istante le patologie a rischio per quella specifica persona (‘personalizzata’) e predire (‘predittiva’) e pianificare le misure più adatte per cercare di evitare l’insorgere di malattie.

In tal senso, gli individui sono da considerare geneticamente unici e non dovranno più essere considerati singoli elementi di gruppi di popolazioni standard. Finora la medicina, concentrata più sulle malattie che sulle persone, ha dovuto necessariamente riunire singoli individui in gruppi o popolazioni, finendo per studiare e rivolgersi al cosiddetto paziente medio o standard, che nella realtà tuttavia non esiste, essendo il risultato della media matematico-statistica di quei gruppi e sottogruppi di popolazioni studiate. La nuova medicina personalizzata e mirata al singolo individuo-paziente potrebbe non scalzare quella tradizionale, dominante negli ultimi due millenni, né quella di tipo sperimentale che si è imposta negli ultimi due secoli e neppure quella metodologico-statistica affermatasi negli ultimi due decenni. Potrebbe e dovrebbe invece inglobarle, ampliando il campo di interesse e di applicazione, fino a ricomprendere anche settori nuovi come quelli offerti dal digitale. Proprio il digitale potrebbe favorire una partecipazione del paziente. Supportato dalla tencnologia può svolgere un ruolo ancora più attivo e determinante per il suo stato di salute - presente e futuro - rispetto a quanto ancora succede.

La nuova medicina si basa quindi sulla maggior ‘partecipazione’ (ed ecco dunque la quarta P che la caratterizza) e cooperazione dell’individuo sano o del paziente attraverso le tante informazioni da questi fornite. Un coinvolgimento utile a sé come pure alla costituzione e alla crescita di una coscienza di salute collettiva. Si tratta di una vera e propria prevenzione personalizzata nell’ambito di una medicina che ottimizza la longevità e migliora lo stato di benessere.

«Per prevenire, si parte dall’idea che siamo unici, che ognuno di noi ha una propria specificità organica/fisiologica/energetica/emotiva e che allo stesso tempo siamo in interazione con gli altri e con tutto ciò che costituisce l’universo», sintetizza l'esperto, con un consiglio: «Per stare bene, l’incoraggiamento è quello di essere il più possibile vicini a ciò che siamo, pur andando incontro (e questa è l’audacia di ciascuno) a tutto ciò che è possibile fare per stare bene, per stare meglio e a lungo. Citando Nietzsche: ciò che conta è l’eterna vivacità e non la vita eterna», conclude Jean-François Bézot.

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Tecnologia e solidarietà

Ci sono situazioni che spronano a fare ordine, a mettere al centro le fragilità, che inducono magari a realizzare progetti, in modo del tutto inaspettato. Per me è stato così. La rabbia a lungo ingoiata dopo aver saputo dagli specialisti che il mio bimbo, Alessandro, era autistico, si è pian piano trasformata, in un percorso tortuoso, divenendo consapevolezza. Ho iniziato così a condividere l’esperienza, anche pubblicamente. In questo percorso, l’incontro con le persone giuste, ha fatto maturare l’idea virtuosa di realizzare qualcosa per alleviare i problemi della vita quotidiana delle famiglie con persone autistiche. Da queste premesse è nato il progetto ated4special, che abbiamo lanciato - come associazione ated - all’inizio di quest’anno, con il patrocinio della Città di Lugano e del Dipartimento della sanità e della socialità. Un progetto che evidenzia quanto l’innovazione possa essere davvero inclusiva e al servizio anche delle persone più fragili. Si tratta di un progetto ad ampio spettro, in cui la sfida che stiamo raccogliendo è quella di sostenere, attraverso l’innovazione che ci pervade così profondamente, le famiglie e le persone con di-

sturbi del neurosviluppo. Da informatico pragmatico quale sono, mi sono dedicato alla progettazione di percorsi nel Metaverso e nell’utilizzo di visori per la realtà virtuale.

Si chiama ‘ated4Special in the Metaverse’, è un unicum in Europa e consiste nella creazione di un vero e proprio villaggio virtuale nel Metaverso per aiutare i ragazzi affetti da autismo nell’affrontare situazioni di vita quotidiana. Ad esempio: attraversare una strada e andare a prendere un autobus, lavarsi, andare dal dentista, fare la spesa al supermercato. L’obiettivo è quello di realizzare programmi basati su un insieme di strategie utili per aiutare le persone a comprendere meglio le interazioni sociali, permettendo loro di interagire socialmente con gli altri al meglio delle proprie possibilità.

In parallelo alle esperienze nel Metaverso, stiamo organizzando delle sessioni di formazione per genitori e professionisti, donazioni di dispositivi digitali per associazioni e famiglie, workshop e incontri con professionisti internazionali e locali, che avranno luogo nei prossimi mesi grazie al cuore di singoli e di aziende. Chiunque desideri sostenerci, anche con piccole donazioni, è attiva una raccolta fondi su Eroi Locali di Raiffeisen.

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di Luca Mauriello, Vice-Presidente e Direttore percorsi formativi di ated-associazione ticinese evoluzione digitale; ideatore di ated4special
L’OPINIONE
La vita è fatta di interconnessioni. Persone o relazioni particolari portano a considerare le proprie priorità con uno sguardo diverso. Alcuni progetti nascono così

NON FERMARSI alla superficie

Prima di etichettare una persona come ansiosa, è necessario approfondirne i sintomi, che potrebbero essere la spia di una patologia cardiologica. Un’eventualità nelle donne troppo spesso sottovalutata.

Se una donna avverte senso di affaticamento, respiro corto, costrizione a livello toracico, disturbi gastrici, è facile che venga sommariamente etichettata come ‘ansiosa’. Gli stessi sintomi nel maschio tendono invece a far sospettare una patologia cardiaca. Risultato: la percentuale di donne ricoverate in cardiologia mediamente si ferma al 30%, sebbene la popolazione mondiale sia equamente ripartita fra i due sessi e le malattie cardiovascolari rappresentino su entrambi i fronti la principale causa di morte. E le donne che subiscono un infarto cardiaco muoiono con maggiore frequenza degli uomini.

«Maschi e femmine dovrebbero essere valutati allo stesso modo, occorre una diagnosi differenziale per

capire cosa in effetti ci sia dietro una sintomatologia che troppo spesso porta a categorizzazioni sommarie, a priori, mentre potrebbe nascondere altre patologie, ignorate e dunque non adeguatamente trattate. È necessario sgombrare il campo dai pregiudizi e capire se il disturbo avvertito abbia esclusivamente un’origine psichiatrica o dipenda da una disfunzione cardiaca o un’altra patologia», spiega la Dr.ssa Susanna Grego, specialista in Cardiologia. Da circa un anno ai suoi impegni professionali, in particolare a capo dell’Unità malattie rare del Cardiocentro Ticino, ha unito un’iniziativa che porta avanti a quattro mani con il Dr. Antonio Malgaroli, specialista in Psichiatria e Psicoterapia: un ambulatorio multidisciplinare per i sintomi dell’ansia e dello stress presso la Clinica Sant’Anna di Sorengo che costituisce un unicum, a livello svizzero e non solo. Il successo raccolto lo conferma. In un mondo sanitario e un’industria ancora ostaggio di

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L’innovativo approccio dell’Ambulatorio dell’ansia e dello stress alla Clinica Sant’Anna di Sorengo

logiche conservatrici, il loro approccio olistico e sensibile alle differenze di sesso e genere risulta pionieristico, anche se dovrebbe ormai entrare in conto in ogni diagnosi e procedura terapeutica, così come nella ricerca. «Non tutti reagiscono allo stesso modo alle pressioni della vita - il lavoro, le relazioni sentimentali e familiari, i cambiamenti, un lutto, … Di norma, mente e cervello sono in grado di adattarsi, ma questo processo di compensazione, regolato da innumerevoli elementi tra i quali il sistema ormonale, può non essere sufficiente. Ci sono persone che si paralizzano, altre si arrabbiano e attaccano, altre ancora scappano impaurite, tutte accomunate dal fatto di sentirsi all’angolo», sottolinea lo psichiatra. Di fatti sia stress che ansia sono due termini che etimologicamente si richiamano al concetto di stringere, soffocare, comprimere, dunque indicano una condizione di tensione e allarme, «uno stato di agitazione che può arrivare a scatenare una risposta fisiologica che coinvolge l’intero organismo, dalla mente a cuore, reni, polmoni, intestino, ecc. Quando il malessere diventa cronico va affrontato a livello medico ed è fondamentale che si possa svolgere un lavoro combinato, fra diversi specialisti, per cercare di dipanare queste matasse molto complesse, per capire a cosa sia dovuta la perdita di qualità di vita e poterla trattare adeguatamente», sottolinea il Dr. Malgaroli. In particolare si crea una profonda intersezione tra il lavoro dello psichiatra e del cardiologo. Se la mente soffre anche il cuore ne risente, ma vale pure il contrario e non si può attribuire un sintomo a una causa se prima non si verificano tutte le altre. Ad esempio, una condizione di forte ansia attiva il sistema nervoso autonomo determinando un aumento della quantità di catecolamine liberate, dunque della circolazione e della pressione arteriosa. «L’enorme quantità di adrenalina prodotta finisce per bombardare i nostri organi, cuore compreso. Nelle forme più drammatiche - oggi identificate con il termine giapponese tako-tsubo (cardiomiopatia da stress), familiarmente chiamato crepacuore - subisce un danno delle cellule miocardiche, dunque sostanzialmente va incontro a una disfunzione nella sua capacità di contrarsi, mimando un infarto. Una forma di reazione è molto più frequente nella donna», spiega la cardiologa.

Sgombrare il campo dagli equivoci è fondamentale anche per proporre una corretta terapia farmacologica. «Qualunque medicamento può avere effetti collaterali. Quelli usati per trattare l’ansia, modulando neurotrasmettitori come la serotonina, possono dare origine ad aritmie e addirittura favorire la progressione di insufficienze mitraliche in pazienti che già ne soffrono, come ha dimostrato una recente ricerca pubblicata su Science. Perciò è sempre necessaria una preliminare visita cardiologica completa», evidenzia Antonio Malgaroli. Andando a togliere l’etichetta, si capisce quanto le parole contino e non siano pura semantica. «Ho un mio personale slogan: “It’s a matter of definition, because definitions matter”. Tutti gli ambiti a cui mi dedico me lo insegnano: malattie rare, medicina di genere, ansia e stress… In medicina spes-

LA DR.SSA SUSANNA GREGO, SPECIALISTA IN CARDIOLOGIA, E IL DR. ANTONIO MALGAROLI, SPECIALISTA IN PSICHITRIA

E PSICOTERAPIA

so si strumentalizzano le parole o si traducono in maniera fuorviante, come nel caso del termine gender che non può avere un equivalente nell’italiano genere, che ha tutt’altra storia linguistica e significato. Creare una nuova sensibilità è il nostro obiettivo», conclude Susanna Grego.

È al singolo paziente nella sua individualità che bisogna pensare, con il suo vissuto e le sue caratteristiche biologiche, la sua storia clinica, ma anche le sue specifiche caratteriali e sociali. Perché a permettere di offrire cure personalizzate è, in fondo, l’approccio più basilare: ascoltare e valorizzare le differenze, non appianarle dietro una fuorviante etichetta.

83 SALUTE DI SUSANNA CATTANEO
SOPRA, UNA FORMULA INNOVATIVA PER L’AMBULATORIO DELL’ANSIA E DELLO STRESS DELLA CLINICA SANT’ANNA DI SORENGO, NATO DALLA COLLABORAZIONE FRA

SERVIZIO E FOTO DI JOLIE ZOCCHI

MODELLE SILKE OTTEN E AISSATOU DIAGNE MAKE UP & HAIR JOSEPHINE COTTET

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Colori complici di BEAUTÉ

Tinte vitaminiche e brillanti per ombretti che diventano audaci nel trucco bold e rossetti dalle ispirazioni pop, richiamando gli anni Ottanta. In alternativa, il colore femminile per antonomasia, il rosa, in total look effetto ‘trucco non trucco’. Sempre rosa, ma più intenso e giocoso, quello a cui ci ha abituato Barbie.

Per chi vuole osare, il rosa diventa magenta e fucsia, anche in versione metallica.

Pesca per il blush e bronzo per le palpebre fanno il gioco di chi preferisce un look rétro

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Gioielli KURZ

DIOR

DIOR

OSMOSI MUSEALE

I musei si ridefiniscono: accessibili, inclusivi, partecipativi e sostenibili. Per accompagnare una pluralità di pubblici in un nuovo cammino di riflessione, coinvolgente e anche divertente

Anni di dibattito, a volte anche molto acceso, e di un ampio processo di consultazione che ha coinvolto centinaia di professionisti del settore per stabilire una nuova definizione universale di museo, in grado di codificarne il nuovo ruolo nella odierna società. Un cambiamento di paradigma che coinvolge le più svariate tipologie - musei artistici, storici, archeologici, etnologici, di scienze naturali e della tecnica, del design e della comunicazione… - in contesti anche estremamente diversi, quali i Paesi occidentali e quelli orientali,

i più maturi e gli emergenti, metropoli e realtà regionali, istituzioni di grande tradizione e nuovi nati. Discussa dai 126 comitati nazionali appartenenti al Consiglio internazionale dei musei (Icom) e ripresa anche dall’Unesco, la definizione che ne è scaturita riconosce l’importanza di elementi che non erano esplicitamente menzionati nelle precedenti versioni: accessibilità, inclusione, partecipazione e sostenibilità. Nuove istanze che si stanno affacciando anche nella pratica museale in Svizzera.

«Ho avuto il privilegio di assistere alla Conferenza dell’Icom a Praga lo scorso agosto in cui si è finalmente arrivati a concordare la nuova definizione dopo che il discorso si era insabbiato in quella del 2019 a Kyoto.

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CULTURA DI SUSANNA CATTANEO

Si tratta di una pietra miliare che riconosce il ruolo del museo “al servizio della società” e come luogo che offre “esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze”. Funzioni importanti che anche il Museo nazionale svizzero sottoscrive», dichiara la direttrice Denise Tonella, a capo dell’istituzione che oggi comprende il Landesmuseum di Zurigo, città su cui nel 1891 cadde la scelta della giovane Confederazione per ubicare il suo museo nazionale, al quale si sono poi aggiunti il Castello di Prangins, il Forum della

La soddisfazione più grande è poter trasmettere al pubblico, dal più giovane al più anziano, la storia svizzera, osservandola da più angolature e gettando un ponte tra il passato e le sfide attuali, come faremo con la grande mostra sul colonialismo nel 2024

storia svizzera a Svitto e il Centro delle collezioni di Affoltern am Albis. Tutti accomunati dalla missione di valorizzare l’identità svizzera e la varietà storica e culturale del Paese. Con le sfide dell’attualità non poteva non confrontarsi quello che, dopo l’inaugurazione del suo nuovo stabile nell’autunno 2021, è diventato il più grande museo di Svizzera, il Kunsthaus Zürich, con oltre 12mila mq di superfici. Alle sue origini un circolo di artisti e amanti dell’arte che nel 1787 fondarono la Künstlergesellschaft. Tuttora l’istituzione privata, gestita da un’associazione di 25mila membri, ne è proprietaria. «Penso che il museo d’arte contemporanea debba essere entrambe le cose: un ‘palazzo’ dove ammirare l’arte del passato e del presente, ma anche un ‘parlamento’ di idee, un luogo dove si pongono domande (difficili) sulla storia e sul presente», sottolinea Ann Demeester, curatrice belga entrata in carica lo scorso ottobre come direttrice del Kunsthaus Zürich. «Vogliamo essere un luogo dove la tradizione incontra il domani. Intendiamo farlo realizzando mostre in cui l’arte classica si combina con la contemporanea e lanciando una serie, ReCollect!, in cui artisti attuali curano presentazioni della nostra collezione. Le mostre sono accompagnate da un programma di conferenze e dibattiti su temi di attualità. Inoltre vogliamo commissionare opere d’arte per l’atrio centrale e per il giardino del nuovo edificio,

SOPRA, LA SEDE DEL MUSEO NAZIONALE SVIZZERO DI ZURIGO, CON LO STORICO EDIFICIO AFFIANCATO DAL RECENTE AMPLIAMENTO. SOTTO, TRA I TEMI DEL 2022, LA QUESTIONE AMBIENTALE È STATA AFFRONTATA

NELLA MOSTRA NEL BOSCO. QUI L’INSTALLAZIONE ARENA PER UN ALBERO CREATA DA KLAUS LITTMANN

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© Museo nazionale svizzero Foto: Aviaticfilms, Courtesy of the KBH.G Cultural Foundation © Museo nazionale svizzero

per trasformarli in spazi vivaci e facilmente accessibili», prosegue Ann Demeester.

Se due istituzioni di lungo corso come il Museo nazionale svizzero e il Kunsthaus di Zurigo si muovono con la forza ma anche l’attrito della loro storia, con Plateforme 10 Losanna ha sviluppato un modello inedito in Svizzera, dotandosi di un quartiere museale che riunisce in un’innovativa conformazione il Museo Cantonale di Belle Arti, il Photo Elysée, dedicato alla fotografia, e il mudac, specializzato in design e arti applicate. «L’interesse è quello di creare sinergie fra le équipe e i progetti in un nuovo ambiente nel cuore della città, vicino alla stazione, con sguardi incrociati e riecheggiamenti fra le diverse proposte delle tre sedi. Il tutto favorito concretamente anche attraverso una strategia di biglietti combinati. Non è però solo una questione di prezzo: l’intenzione è quella di democratizzare l’accesso all’arte e andare incontro a nuovi pubblici. Dobbiamo pertanto accendere l’interesse e far sì che sempre più visitatori si sentano legittimati a visitare i musei, uscendo da quella visione che ne fa un’istituzione ieratica, frequentata solo da una cerchia di appassionati colti», spiega Patrick Gyger, direttore generale di Plateforme 10. Andare incontro ai diversi pubblici, con le loro sensibilità e aspettative sollecita le attività di mediazione culturale, che vanno ben oltre la canonica visita guidata. «Il museo non è solo la mostra, ma tutto quello che ruota attorno: l’esperienza della

SOPRA, VEDUTA DELLA COLLEZIONE MERZBACHER, INCENTRATA SU FAUVISMO ED ESPRESSIONISMO, FRA

LE QUATTRO INTEGRATE DAL KUNSTHAUS ZÜRICH

NEL 2021, CON L’INAUGURAZIONE DEL NUOVO STABILE PROGETTATO DA CHIPPERFIELD (IN BASSO, A SINISTRA)

SOTTO, DALÍ, FEMME À TÊTE DE ROSES, 1935, DETTAGLIO, TRA LE OPERE PROTAGONISTE DELLA MOSTRA

GIACOMETTI - DALÍ. GIARDINI ONIRICI, DAL 14 APRILE

© Franca Candrian, Kunsthaus Zürich © Salvador Dalí, Fundació Gala-Salvador Dalí / 2022, ProLitteris, Zurich Photo © Franca Candrian, Kunsthaus Zürich © 2023, ProLitteris, Zurich, pour les oeuvres de Maurice de Vlaminck et Georges Braque

Penso che oggi un museo d’arte debba essere sia un ‘palazzo’ dove si può ammirare l’arte del passato e del presente, ma anche un ‘parlamento’ di idee, un luogo dove si pongono domande (difficili) sulla storia e sul presente

visita, conferenze, proiezioni, incontri, … Le stesse pratiche artistiche non si limitano più a un singolo luogo, oggi gli artisti hanno una presenza mediatica, abbinano performance e online, nuove modalità con cui dobbiamo entrare in dialogo. La mediazione culturale è quella che intesse le relazioni fra l’offerta del programma artistico e il pubblico, a volte anche con dei progetti ad hoc come gli atelier rivolti a target specifici, ma anche trasversali, come nel caso di progetti intergenerazionali che mirano a portare insieme al museo le generazioni più anziane con i più giovani Il museo deve essere un luogo di convivialità, scambio e esperienza», spiega Patrick Gyger. Inclusione e partecipazione sono legate a doppio filo alla questione della sostenibilità: ambientale, sociale ed economica. In questa direzione si sta già ampiamente muovendo, ad esempio, il Museo nazionale svizzero che anche nel 2022 ha introdotto numerose nuove misure: dai piccoli passi come l’abolizione del Pet e l’incentivazione del riciclaggio, alla compensazione delle emissioni di gas serra e all’ampliamento dell’impianto fotovoltaico del Centro delle collezioni, che permette di coprire circa il 50% del fabbisogno elettrico. Inoltre, dal 2019 il Landesmuseum e dal 2022 il Castello di Prangins vantano il marchio ‘cultura inclusiva’ e attuano diverse iniziative in quest’ottica. Tutte le offerte di mediazione del Museo nazionale svizzero per le scuole, dall’asilo all’Università, sono gratuite. «Per noi, la soddisfazione più grande è poter trasmettere al pubblico, da quello più giovane a quello più anziano, la storia svizzera, osservandola da più angolature e gettando un ponte tra il passato e le sfide attuali. Sviluppiamo anche visite che focalizzano su tematiche specifiche come la migrazione, la storia delle donne, la Riforma protestante oppure, al Castello di Prangins, dove abbiamo un giardino storico, la biodiversità. Sempre in quest’ottica, nel 125esimo anniversario del Landesmuseum di Zurigo, stiamo preparando un progetto, che verrà presentato fra due mesi, il 10 e 11 giugno durante le festività per il giubileo, intitolato 2148: quattro classi dalle quattro regioni linguistiche sceglieranno degli oggetti che tra 125 anni, nel 2148, saranno a loro avviso importanti

per comprendere la nostra epoca», racconta Denise Tonella.

Ancor prima che intervenisse l’Onu a declinarla nei suoi 17 obiettivi, la questione della sostenibilità era in realtà intrinseca all’attività museale. «A ben guardare il museo infatti è una macchina del tempo, preserva il passato per proiettarlo nel futuro e lo fa ‘a servizio della società’. Aggiungo che per me è essenziale l’aspetto del divertimento: dobbiamo offrire non solo riflessione e condivisione, ma anche piacere, benessere, intrattenimento. Bisogna poter imparare qualcosa, divertendosi, non sentendosi in soggezione e finendo per annoiarsi», avverte Patrick Gyger.

La sostenibilità è però anche una questione finanziaria. Il nuovo edificio progettato da Sir David Chipperfield per il Museo di Belle arti zurighese ha raggiunto un costo complessivo di 206 milioni di franchi. Il progetto di Plateforme 10 ne ha richiesti 180. Ci si potrebbe domandare se non ci sia il rischio che investimenti di tale portata privino di risorse le attività. «Chiaramente è stato un investimento importante, realizzato grazie a un enorme sforzo di raccolta fondi sia da parte pubblica che privata, ma ora credo che sarà un catalizzatore per lo sviluppo di nuovi progetti, mostre e programmi pubblici piuttosto che un’inibizione nel trovare nuove risorse finanziarie», risponde la direttrice del Kunsthaus Zürich. Anche nel caso di Plateforme 10, il 40% dei finanziamenti è venuto da privati e ora altre realtà potranno beneficiare della presenza di questo

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Photo © Franca Candrian, Kunsthaus Zürich Ouvre: © Rebecca Warren

Il museo è come una macchina del tempo, preserva il passato per proiettarlo nel futuro, a servizio della società. Essenziale anche il divertimento: dobbiamo offrire non solo riflessione e condivisione, ma anche piacere, benessere, intrattenimento.

Patrick Gyger, Direttore generale Plateforme 10

importante attrattore. «Già lavoriamo in stretta collaborazione con altre istituzioni e destinazioni, non solo sul territorio. Nei primi sei mesi dall’inaugurazione del quartiere abbiamo contato 200mila ingressi: un successo che dovremo confermare», conclude il Direttore generale di Plateforme 10. Tra le tematiche che più stanno facendo discutere vi è quella della provenienza delle opere. Da una parte vi si richiama il discorso sulle confische naziste, che ha toccato in primis istituzioni come il Kunstmuseum di Berna e il Kunsthaus di Zurigo, rispettivamente confrontati con i lasciti Gurlitt e Bührle, dando nuovo slancio alle attività di ricerca e informazione del pubblico. Altro importante fronte è quello del colonialismo, dove tutti gli occhi sono già alla mostra in preparazione per il settembre 2024 al Museo nazionale di Zurigo. «Si potrebbe quasi parlare di una ‘amnesia coloniale’ collettiva. Benché non avesse possedimenti oltremare, le ricerche degli ultimi 25 anni hanno dimostrato la presenza di importanti intrecci coloniali della Svizzera sin dal XVI secolo, con la partecipazione di soldati mercenari, imprenditori, emigranti o

SOPRA, IL NUOVO STABILE CHE ACCOGLIE IL MUSEO

DEL DESIGN E IL PHOTO ELYSÉE DI LOSANNA, CHE SI

AFFIANCANO AL MUSEO CATONALE DI BELLE ARTI

(MBCA) NELL’INNOVATIVO PROGETTO DI PLATEFORME 10. SOTTO, SILVIE DEFRAOUI,APHRODITE PING-PONG, 2005 (DETTAGLIO) IN MOSTRA FINO AL 21 MAGGIO AL MBCA

esploratori che avevano piantagioni di tabacco in Asia o erano coinvolti nel commercio triangolare o erano missionari in Africa o in Sudamerica. La mostra volgerà lo sguardo a questo passato, ma parlerà anche del presente, dei dibattiti legati alle conseguenze strutturali del colonialismo, all’abbattimento o meno di monumenti o alla ridenominazione di strade o case. La sfida sarà trovare un buon equilibrio per affrontare una questione politicizzata e delicata che scatena molti sentimenti e reazioni», anticipa Denise Tonella. Sembra invece tramontata definitivamente l’epoca delle mostre blockbuster, quelle di grandi artisti e opere prestigiose, economicamente ed ecologicamente ingombranti, logisticamente complesse. «Come programmare oggi blockbuster intelligenti, immergendosi maggiormente nella profondità e nella ricchezza della propria collezione? Come essere globali senza far viaggiare le opere d’arte in tutto il mondo? Sono domande difficili a cui i musei possono rispondere solo collettivamente. Da parte nostra, siamo interessati a leggere il lavoro dei nostri eroi locali e a presentare il patrimonio esistente in modo nuovo, capendo quali posizioni artistiche abbiamo dimenticato in passato e possiamo ora mettere in evidenza utilizzando le nostre collezioni ma anche interventi di artisti contemporanei», evidenzia la direttrice del Kunsthaus Zürich.

Non più arroccati a difendere la loro posizione, i musei sembrano dunque avere aperto le porte al cambiamento per accompagnare la società nelle trasformazioni che la sollecitano interpretando appieno la loro funzione di servizio pubblico, che il canale del digitale può aiutare a soddisfare solo complementarmente. Il museo rimane prima di tutto un luogo, uno spazio, un crocevia: terreno di incontri ed esperienze, in cui i cinque sensi restano protagonisti.

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© Photo Hugues_Siegenthaler © Silvie Defraoui ProLitteris, Zurich © William Gammuto Sàrl

Il museo è parte integrante della società e, in quanto tale, è direttamente coinvolto dalle sue trasformazioni. Così, la diffusione della tecnologia digitale in tutte le attività quotidiane e nell’ambito professionale, la crisi delle istituzioni nel mondo democratico e i cambiamenti climatici lo costringono ad adattarsi e a reinventarsi, a dare risposte alle mutate esigenze del pubblico e a trovare il proprio spazio nel settore del tempo libero, caratterizzato da un traboccante numero di offerte online e in presenza. Oggi il museo è diventato una ‘live experience’. L’esposizione di oggetti e di opere o la semplice offerta di servizi culturali di base non sono più sufficienti per rispondere alla volontà prevalente del visitatore di vivere esperienze personali. Il pubblico desidera consumare piacevolmente, provare emozioni uniche, arricchire la quotidianità con attività culturali. Non si tratta più solamente di conservare e rendere accessibili oggetti del patrimonio culturale: i musei devono rafforzare la diffusione della conoscenza offrendo alla società un ventaglio di opportunità di formazione, intrattenimento e riflessione, mettendo le persone al centro. In questo senso è un’istituzione vivente, che intende affermarsi come ‘terzo luogo’, dove possono nascere legami e scambi sociali e dove si creano nuove relazioni tra il pubblico, il museo e le sue collezioni.

Il museo come

live experience

Il pubblico gioca anche un ruolo nel contratto sociale che lo unisce al museo: le istituzioni devono garantire qualità di accoglienza e accessibilità - che implicano, per esempio, la comunicazione plurilingue, la presa di coscienza degli ostacoli potenziali alla visita per persone con handicap fisici e/o mentali, una politica di prezzi d’entrata accessibile. Da parte sua, il visitatore partecipa attivamente allo sviluppo del museo nella sua capacità di condividere saperi ed esperienze, di aprirsi al dialogo con l’altro, di reagire attivamente alle proposte e ai riscontri tramite social media o attraverso il dialogo con il personale della struttura. I musei non sono istituzioni congelate nel tempo, ma lavorano sul passato, sul presente e sul futuro, e sono quindi in perenne metamorfosi, rispondendo al loro ruolo nella società come luogo di fruizione, informazione, dialogo e sperimentazione.

95 L’OPINIONE
Carole Haensler, Presidente dell’Associazione dei musei svizzeri e Direttrice del Museo civico Villa dei Cedri di Bellinzona
Non più solamente conservare e rendere accessibili oggetti del patrimonio culturale: i musei devono oggi offrire alla società un ventaglio di opportunità di formazione, intrattenimento e riflessione, mettendo le persone al centro

il segno di

Cinquant’anni sono trascorsi dalla sua morte, ma l’eredità di Picasso è più viva che mai. Al Maestro che ha rivoluzionato l’arte moderna saranno dedicate una cinquantina di mostre, con Spagna e Francia a guidare il programma internazionale ‘Picasso Celebration 1973-2023’

Anessuno quanto lui si applica la definizione di rivoluzionario: colui che nel 1907, con Les Demoiselles d’Avignon, inaugurava la stagione del cubismo destinata a scardinare la concezione su cui per secoli l’arte occidentale si era retta, non ha mai smesso di reinventarsi proseguendo, periodo dopo periodo, la sua evoluzione creativa e

tecnica, mosso da un’immutata energia sino alla più tarda maturità. Un incessante dialogo con i maestri del passato, che hanno sempre guidato la sua innovatività, e un’insaziabile curiosità, quella del bambino il cui sguardo genuino invitava a non smarrire. Esattamente 50 anni sono trascorsi dalla sua scomparsa, avvenuta l’8 aprile 1973 nella cittadina francese di Mougins, ed oltre 50 saranno le mostre che gli renderanno omaggio nel 2023. Assolute protagoniste la Spagna, con 16 esposizioni, mentre 12

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© Succession Picasso/2022, ProLitteris, Zurich
SOTTO

ne conta la Francia, dove il Musée national Picasso-Paris, che dell’artista possiede la maggior collezione pubblica al mondo, è stato eletto a coordinatore del programma ‘Célébration Picasso 1973-2023’, che toccherà anche gli Stati Uniti e il resto dell’Europa, Svizzera compresa, dove idealmente questo percorso si è aperto l’anno scorso, con la straordinaria mostra del Kunstmuseum Basel dedicata al rapporto fra Picasso ed El Greco, che quest’anno verrà ripresa dal Prado (13.06-17.09).

«Certamente Picasso è l’artista più famoso del XX secolo. La sua aura rimane forte e la sua opera, molto popolare, è ampiamente diffusa e appartiene, come l’uomo che era,

PICASSO PROTAGONISTA ASSOLUTO DEL 2023:

SOPRA, AUTORITRATTO, 1906 CA., OLIO SU TELA, 65 X 54 CM, MUSÉE

NATIONAL PICASSO - PARIS, DONAZIONE PICASSO 1979

A DESTRA, IN ALTO, RITRATTO DI PICASSO NELL’ATELIER DI NOTRE-DAMEDE-VIE, MOUGINS, APRILE 1965 », FOTOGRAFIA, ANDRÉ GOMÈS, MUSÉE

NATIONAL PICASSO - PARIS

A FIANCO, LA SCULTURA NEL CENTRO DI MALAGA, SUA CITTÀ NATALE

IN APERTURA, TESTA D’UOMO, 1972, OLIO SU TELA, 100 X 81 CM, ANTHAX COLLECTION MARX, PRESTITO PERMANENTE FONDATION BEYELER

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© Succession Picasso / Photo: Mathieu Rabeau/Etablissement public de la Réunion des Musées Nationaux et du Grand Palais Champs-Elysées © André Gomes © Succession Picasso 2022
CULTURA DI MIRTA FRANCESCONI

all’immaginario collettivo. La maggior parte degli artisti è consapevole della forza concettuale e plasmante della sua opera, molto vasta e in continua (re)invenzione. Le mostre e le iniziative associate al programma celebrativo, attraverso una varietà di approcci, metteranno quindi in evidenza l’influenza dell’artista nel corso del XX secolo e il suo continuo riferimento per gli artisti attuali», spiega Cécile Debray, presidente del Musée national Picasso-Paris e coordinatrice di ‘Picasso Celebration 1973-2023’. A conclusione dell’anno, dal 6 all’8 dicembre si terrà presso la sede Unesco della città un atteso convegno che riunirà tutti i partner, invitando storici dell’arte, curatori e commissari di mostre, oltre ad artisti, scrittori e collezionisti a confrontarsi attorno al tema ‘Picasso nel XXI secolo: questioni storiche e culturali’.

«Nato nel sud della Spagna, a Malaga il 25 ottobre 1881, e vissuto per la maggior parte della sua vita in Francia, Picasso è stato ovviamente segnato da queste due culture, che hanno influenzato la sua esistenza e la sua opera. La stessa città di Parigi ha una forte dimensione simbolica per la sua vita e il suo lavoro. Era una città cosmopolita e liberale, la capitale artistica del mondo nella prima metà del Novecento, che attirava talenti e intellettuali da ogni latitudine. Dal nostro punto di vista - quello di un museo nazionale francese - Picasso rimane uno dei principali

A SINISTRA, AL GUGGENHEIM DI NEW YORK PER LA MOSTRA

SUL GIOVANE PICASSO (12.05-06.08), LE MOULIN

DE LA GALETTE, 1900, OLIO SU TELA, 89,7 X 116,8 CM. SOLOMON R. GUGGENHEIM

MUSEUM, NEW YORK, THANNHAUSER COLLECTION

SOTTO, COMBATTIMENTO

DI TORI, 1934, OLIO SU TELA, 54 X 73 CM, TRA

LE OPERE DI PICASSO AL THYSSEN-BORNEMISZA

DI MADRID, DOVE SONO IN PROGRAMMA

DUE MOSTRE

attori del nostro patrimonio artistico e culturale. Proprio per incarnare questo forte legame tra l’artista e il suo Paese d’adozione, il nostro museo è stato istituito qui», sottolinea Cécile Debray. A complemento, proprio quest’anno verrà inaugurato il Centro Studi Picasso negli spazi dell’Hôtel de Rohan: come nel caso dello splendido palazzo settecentesco che ospita il Musée national Picasso-Paris, a cui il nuovo istituto fa capo, si è scelta una location di grande rilevanza, assecondando la passione dell’artista per le dimore storiche. Con la sua documentazione fungerà da cornice privilegiata per gli scambi internazionali fra ricercatori e luogo di condivisione con un vasto pubblico. «Quando ho assunto la presidenza del Museo, poco più di un anno fa, mi sono resa conto che l’aura di Picasso si era appannata, soprattutto tra i più giovani che ne criticano la presunta misoginia. Certamente Picasso ha molto dipinto ‘sfruttando’ le sue compagne e ha posto al centro della sua opera figurativa la questione dell’amore, del rapporto con l’altro, con la morte, con la sessualità. Anche

Photo: David Heald, Solomon R. Guggenheim Foundation, New York © 2023 Estate of Pablo Picasso / Artists Rights Society (ARS), New York © Sucesión Pablo Picasso, VEGAP, Madrid

L’aura di Picasso rimane forte e la sua opera, molto popolare, appartiene, come l’immagine dell’uomo che era, alla memoria collettiva. La maggior parte degli artisti è consapevole della forza concettuale e plasmante di questa eredità, molto vasta e in continua (re)invenzione, come sottolineerà il programma celebrativo di quest’anno

Cécile Debray, Presidente Musée national Picasso-Paris e coordinatrice di Picasso Celebration 1973-2023

IN QUESTA PAGINA, LA FACCIATA E IL SALONE JUPITER DEL MUSÉE NATIONAL PICASSO PARIS, APERTO NEL 1985 NEL MAGNIFICO PALAZZO NOBILIARE DELL’HÔTEL SALÉ.

POSSIEDE PIÙ DI 5000 OPERE E UN VASTO ARCHIVIO DELL’ARTISTA, A CUI SI STA PER AGGIUNGERE UN NUOVO CENTRO DI RICERCA, CHE TROVERÀ ACCOGLIENZA IN UN’ALTRA DIMORA STORICA, L’HÔTEL DE ROHAN

se ritengo importante che i musei si confrontino con questo dibattito, personalmente però sarei favorevole a un ritorno a un certo formalismo, o almeno a una maggiore attenzione alle forme dell’opera. La maggior parte dei libri dedicati a Picasso sono costruiti intorno alla sua vita emotiva; la periodizzazione della sua opera si è basata totalmente su di essa», conclude la presidente del Musée national Picasso Paris, che da poco ha inaugurato una delle prime mostre in calendario, Picasso Celebration, la collezione prende colore! Direttore artistico: Paul Smith, accogliendo una serie di artisti contemporanei con opere molto forti selezionate dallo stilista che mostrano come l’eredità di Picasso continui a vivere nel nuovo millennio. Simbolicamente vanno a unirsi alle oltre 5000 opere che oggi il museo possiede (pittura, scultura, incisione, illustrazione, disegni, schizzi, studi, bozze, quaderni, fotografie, libri illustrati e film, …) grazie alle donazioni degli eredi e all’acquisizione della collezione privata dell’artista. Insomma, chi volesse viaggiare sulle tracce di Picasso in questo 2023, da Parigi non potrà non passare: soprattutto attese a fine anno sono la mostra sui disegni al Centre Pompidou (18.10.2023 - 22.01.2024) e Le Paris des modernes 1905 - 1925 al Petit Palais (17.10.2023 - 28.04.2024).

Altrettanto protagoniste saranno Malaga, Barcellona e Madrid. A Parigi guarda anche da oltreoceano il Guggenheim di New York, che omaggerà il giovane Picasso con dieci opere realizzate qui fra la fine del 1900 e il 1901, anno cardine della sua formazione (12.05-06.08). Queste e tante altre ancora le possibilità per riscoprire nella potenza del suo anticonformismo questo fou de génie che con la sua rivoluzione ha impresso il moto a tutta l’arte futura.

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@ PhotoBernard Martinez © Musée national Picasso-Paris, Voyez-Vous, Chloé Vollmer © Musée national Picasso-Paris

VOLUMI d’ARTE

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Un mood intenso definito da pezzi di arredo di forte espressività.

Incastonati nelle prospettive ad arco di una dimora scenografica

u n luogo dove l’arte e il design si mescolano, avvolti dall’architettura imponente, morbidamente mediterranea e perentoria al tempo stesso, che genera volumi in cui i pezzi di arredo puntualizzano - con la loro personalità - le diverse funzioni a cui sono destinati. Arredi design che si declinano in materiali diversi, dal marmo al mohair e alle sete.

Diverse funzioni e diverse sensazioni, visive e tattili, etichettano gli oggetti che sembrano occasionalmente inseriti nelle vedute prospettiche di un edificio che appare come sospeso, tra le linee opulente della sua fisionomia e il tranquillizzate e pigro paesaggio esterno.

È
NELLA PAGINA ACCANTO, TAVOLO ARCHES (ATELIER OI), RICAVATO DA UN UNICO BLOCCO DI MARMO, CON UNA BASE RESA SPETTACOLARE DALL'ELEMENTO GRAFICO DELL'ARCO SOTTO, DAY-BED ROMA (DIMORESTUDIO)
ABITARE DI SIMONA MANZIONE IN COLLABORAZIONE CON FENDI CASA

A SINISTRA E IN ALTO, SEDUTE OUTDOOR SAGANO (PIERO LISSONI). SOTTO A SINISTRA, RIEDIZIONE DEL TAVOLO FORD, CON IL NUOVO PIANO IN LEGNO, DECORATO, SEDIA DOYLE, TAPPETO BOTANICAL DELLA COLLEZIONE TILES, E A DESTRA, SEDUTE GRAND PLIÈ (THIERRY LEMAIRE) E TAVOLINI TARSIA (TOAN NGUYEN) IN MARMI BIANCHI DI CARRARA E NERI DI MARQUINIA

SOPRA, LA POLTRONA E LA CHAISE LONGUE NEW SOHO (TOAN NGUYEN) ABBINATE AL TAVOLINO METROPOLIS (ATELIER OÏ)

A SINISTRA, POLTRONA E POUF GROOVE & GROOVY (TOAN NGUYEN), REALIZZATI IN SHEARLING GIALLO A PELO LUNGO, SUL NUOVO TAPPETO ARRICCHITO CON LE ICONICHE STRISCE PEQUIN DI FENDI E RIFINITO CON IL CARATTERISTICO GIALLO FENDI

Ai verdi e azzurri che questo paesaggio definisicono, fanno da contrappunto, negli interni, le scelte cromatiche classiche, nei toni dei bianchi, beige, sandalo, terra, interposte dai blu, verdi, con inserimenti di rosso, di nero. E di ocra. In una dimensione abitativa sospesa, proprio la vivacità dell’ocra anticipa la presenza dell’abitante, con il suo peculiare vissuto e il vibrante quotidiano che questi oggetti sono pronti ad accogliere.

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Funzionalità e stile di arredi e set di stoviglie artigianali dall'anima lussuosamente

fashion

Per preparare i pasti ed ospitare. Cucine alla moda. Realizzate con metalli nobili come ottone, rame e acciaio. Su misura. Ancora oggi, come da secoli accade nella più raffinata tradizione artigiana fiorentina. Proprio in Toscana, infatti, nel corso del XIX secolo con lo sviluppo dell’industria siderurgica, numerose fonderie d’arte dell’area fiorentina si erano specializzate nella realizzazione di cucine in metallo per le ville padronali, diventando un punto di riferimento per l’alta borghesia di tutta Europa. Oggi la cultura di quelle cucine sartoriali è perpetuata da realtà aziendali che realizzano arredi e accessori nel segno della pregiata tradizione dei cucinieri fiorentini ottocenteschi, lavorando i metalli più nobili quali l’acciaio inossidabile ad alto spessore, il rame brunito, la ghisa e l’ottone, con rivesti-

CUCINE DI MODA

ABITARE

DI SIMONA MANZIONE

SOTTO E IN BASSO A SINISTRA, DI DIOR MAISON, IL NUOVO SET DI STOVIGLIE DISEGNATO DA MARIA GRAZIA CHIURI, ISPIRATO ALLA SFILATA DIOR CRUISE 2023 SOTTO, CUCINA THE ORANGERY DI OFFICINE GULLO

NELLA PAGINA ACCANTO E QUI, SOPRA, CUCINA SARTORIALE, REALIZZATA DA OFFICINE GULLO

SOPRA, THE ORANGERY, NASCE DALLA COLLABORAZIONE DI OFFICINE GULLO CON ALISON ARLEY DESIGN.

A SINISTRA, IL NUOVO SET DI STOVIGLIE FIRMATO

DA MARIA GRAZIA CHIURI PER DIOR MAISON.LA

COLLEZIONE CRUISE È UN'ODE FESTOSA E POETICA

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TO, IL

menti prodotti interamente a mano. Recuperando con cura le forme, i materiali e le tecniche di lavorazione, Officine Gullo ha affiancato a una tradizione quasi dimenticata l’impiego delle più moderne tecnologie per la cottura e la conservazione dei cibi. È il design l’anello di congiunzione di queste due anime così eterogenee, capace di miscelare la tradizione delle fon-

derie d’arte con quella della meccanica di precisione. Le pietanze preparate ai fornelli di cucine così speciali meritano stoviglie all'altezza. A soddisfare l'esigenza di stile ed esclusività, il nuovo set di stoviglie e tovagliette disegnato da Maria Grazia Chiuri per Maison Dior, ispirato alla sfilata Dior Cruise 2023, conferisce una festosa e gustosa pennellata di stile.

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ABITARE

UN GUSTO VERSATILE

Anima della casa, la cucina si adatta alle diverse esigenze del quotidiano. Qualità dei materiali, ergonomia e sostenibilità sono i trend che si confermano anche nel 2023

Mentre nei diversi ambienti, dal living alla zona notte, le collezioni più recenti mostrano una chiara virata verso forme sinuose, la cucina rinnova la sua preferenza per le linee nette, rigorose. Una scelta di stile, sì, ma dettata soprattutto dalla finalità e dalle modalità d’uso.

Le cucine più attuali, pur legate ad imprescindibili tipicità non disdegnano affatto i cambiamenti; una preferenza dichiarata già nella scelta dei materiali: «Nelle finiture, in particolare per il piano di lavoro, il ruolo di protagonista spetta al gres porcellanato»,

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esordisce Ercole Salvioni, titolare del gruppo Salvioni, con showroom (anche) a Lugano. Il gres porcellanato risponde ad ogni aspettativa: una speciale ceramica, a pasta compatta, colorata e non porosa, con un’elevata resistenza alle macchie, alle alte temperature e all’usura quotidiana. Inoltre, resistente all’acqua e alla muffa, il gres porcellanato è il materiale ideale per i piani di lavoro collocati accanto a lavelli e lavandini. È molto apprezzato anche sotto il profilo della qualità intrinseca, nel rispetto della salute e dell’ambiente; in quanto, materiale inerte, infatti, non emette sostanze nocive. Anche la sua poliedrica offerta cromatica ne rafforza il successo: con una vasta gamma di colori e finiture, dalle più classiche alle più moderne, può soddisfare tutti i gusti e le richieste specifiche. Accanto al gres porcellanato, tra i favoriti, il legno continua a essere molto gettonato, «sia per le ante che per il piano di lavoro, per la sua capacità di imprimere all’ambiente un tono più caldo e familiare. Sostenibile ed ecologico, a sua volta, sia nella sua matericità sia per i prodotti e i processi con cui viene trattato», precisa Ercole Salvioni, sottolineando come il legno si presti, al pari dell’acciaio, a creare armiosi ambienti open space, assecondando l'attuale tendenza di coordinare maggiormente il progetto della cucina con quello degli altri ambienti della casa, naturalmente anche in termini di finiture, colori e materiali; generando così atmosfere eleganti e accoglienti. Quanto ai colori, in tutti gli ambienti della zona giorno e della zona notte, le nuance terracotta trovano nel 2023 un grande ritorno, mentre i trend dicono addio all’eternamente-in-auge bianco, che quest’anno risulta, proprio per questo, banale e già visto, peraltro poco complice nel definire mood rilassanti. A tal fine opteremo invece per toni neutri e più caldi. «Marchi come Poliform, Boffi e Cesar soddisfano le aspettative di una clientela che proietta le proprie elevate aspettative nell’alta gamma. A richieste particolari, facciamo seguito con progetti extra-lusso ‘custom’ in materiali pregiati e, ancor più, inusuali». Le collezioni viste raccontano di ambienti cucina sempre più funzionali e versatili, per entrare in perfetta sintonia con ogni esigenza o capriccio del vivere contemporaneo. Cucine integrate nella zona giorno in open space, materiali innovativi e un’attenzione speciale nell'uso del colore.

NELLA PAGINA ACCANTO, ERCOLE SALVIONI, TITOLARE DELL’OMONIMA AZIENDA DI ARREDO DI ALTA GAMMA

IN ALTO, CUCINA BOFFI K14 E, IN BASSO, MIELE.

L’AZIENDA DI ELETTRODOMESTICI, NEL 2022 HA

PRODOTTO PER LA PRIMA VOLTA PIÙ DI UN MILIONE DI LAVASTOVIGLIE IN UN ANNO SOLARE IN QUESTA PAGINA, TRE DETTAGLI DELLA COLLEZIONE

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ABITARE DI ELEONORA VALLI

UN TUFFO nel cielo

Volare. Non solo nei sogni è possibile. Anzi, qui gli occhi vanno spalancati. Lo skydiving regala emozioni uniche. Alla portata di tutti, grazie al lancio in tandem con un istruttore

PERCORSI DI MIRTA FRANCESCONI © Para Centro locarno 110

Un minuto di caduta libera, da quattromila metri, raggiungendo velocità fino a 200 chilometri orari, prima che si apra il paracadute, per poi planare sotto vela fino all’atterraggio. Non è solo un'esperienza per temerari, anzi. Senza necessità di ottenere brevetti né di seguire impegnativi corsi di preparazione, basta scegliere la possibilità del lancio in tandem per vivere questa emozione unica. Attaccati all’istruttore grazie a una speciale imbragatura, si può godere in tutta sicurezza l’esperienza.

«Il lancio in tandem ti regala un’emozione davvero forte. La sensazione di non essere appesi a nulla è difficile da descrivere, direi che è come se si nuotasse nell’aria», spiega Camilla Bianchi del Para Centro Locarno, che da oltre 50 anni offre in Ticino le migliori condizioni per la pratica del paracadutismo sportivo. Unitasi al team per occuparsi del lato organizzativo, Camilla, che mai prima avrebbe pensato di lanciarsi nel vuoto da quattromila metri, non ha potuto resistere alla tentazione. «L’entusiasmo dei clienti all'atterraggio, l’adrenalina che vedevo nei loro occhi e tutto il mondo che circonda questo sport, mi hanno incuriosita. Ho capito di dover vincere la mia paura e provare. E si è rivelata una delle migliori esperienze in assoluto che abbia mai fatto. Durante il primo volo in risalita ogni metro corrispondeva a una tacchetta in più di agitazione, ma fa parte del gioco. Quando, arrivati a 4000 metri, si spalanca il portellone, senti l’aria sulla faccia e stai per lanciarti agganciato all’istruttore, puoi pensare di non aver avuto la più brillante delle idee. Ma al contrario, nei primi tre secondi di caduta libera una scarica di adrenalina sprizza in ogni parte del tuo corpo, fino alla punta delle dita. Sono rimasta estremamente sorpresa di non sentire quel vuoto allo stomaco che si avverte sulle montagne russe, che fatico a sopportare. È il vantaggio di librarsi a corpo libero. E poi il panorama sopra il Lago Maggiore è davvero fantastico. Potersi muovere durante quel minuto in cui precipiti a paracadute ancora chiuso, senza toc-

IN QUESTE PAGINE, TUTTA L'ADRENALINA DI UN LANCIO IN TANDEM SUL LAGO MAGGIORE, GRAZIE ALL'ESPERIENZA UNICA PROPOSTA DAL PARA CENTRO LOCARNO. DA 4000 METRI, SI PRECIPITA PER UN MINUTO IN CADUTA LIBERA AGGANCIATI PERÒ IN TUTTA SICUREZZA ALL'ISTRUTTORE, PER POI PROSEGUIRE A PARACADUTE APERTO FINO AL SUOLO

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© Para Centro locarno
©
Para Centro locarno

SOPRA, TUTTA L'EMOZIONE NEGLI ATTIMI PRIMA DI LANCIARSI IN TANDEM CON UNO DEGLI ESPERTI DI SKYDIVE INTERLAKEN. SOTTO, L’HELICOPTER SKYDIVE EIGER JUMP GRINDELWALD È IL SUO LANCIO PIÙ ICONICO. OFFRE UN VOLO PANORAMICO VERSO LA CIMA DELL'EIGER PRIMA DI LANCIARSI DA 4300 METRI DI FRONTE ALLA PARETE NORD

care nulla, è la parte che mi ha rapito di più - e per questo motivo ho fatto molti altri lanci in tandem», racconta Camilla Bianchi. Ci si può cimentare dai 12 anni in poi (altezza minima di 150 cm e fino alla maggiore età con il consenso dei genitori), basta avere una buona condizione fisica, che viene testata dopo il checkin con 500 metri a corsa in 2,5 minuti. «Segue un momento formativo in cui gli istruttori spiegano esattamente lo svolgimento del lancio e la posizione che devi mantenere in caduta libera. Poi ci si cambia, indossando una tuta, casco e occhiali messi a disposizione e si va in aria! La risalita con il Pilatus porter PC6 dura circa 17 minuti, la caduta libera circa 50 secondi, fino alla quota d'apertura a 1500 m. Dopodiché si vola in tutta tranquillità per altri sei minuti circa assieme all'istruttore, fino ad atterrare dolcemente nel campo davanti al Para Centro. In tutto richiede due o tre ore. Chi vuole conservare delle immagini e riprese ad alta risoluzione - veramente eccezionali - può prenotare anche il pacchetto foto e video. Quest’ultimo comporta un secondo istruttore che seguirà la persona dall’inizio fino all’atterraggio», conclude Camilla.

Ci si può lanciare durante il weekend tutto l’anno e d'estate anche in settimana, sempre a patto che ci sia bel tempo. Chi desidera può successivamente cimentarsi con un lancio Aff (livello 1, Accelerate Free Fall), questa volta munito del

© www.skydiveinterlaken.com 112
© www.skydiveinterlaken.com

LA SVIZZERA È LA META IDEALE PER LO SKYDIVING. TRA LE ASSOLUTE PROTAGONISTE DEL SETTORE:

A SINISTRA, IN ALTO, UN ELICOTTERO DI SKYDIVE INTERLAKEN PRENDE QUOTA PER IL LANCIO;

A SINISTRA, SOTTO, SKYDIVE LUZERN, CHE PRESIDIA IL LAGO DEI QUATTRO CANTONI;

A DESTRA, FUNFLIGHTS, CON BASE DI LANCIO ALL'AEROPORTO DI BERNA, CONIUGA DIVERTIMENTO, VOLI PANORAMICI E PARACADUTISMO

proprio paracadute, con l'assistenza due istruttori a fianco. In questo caso è richiesta però una preparazione intensa, sull'arco di due giorni.

La Svizzera vanta diverse altre apprezzate destinazioni per lo skydiving oltre a Locarno, concentrate nella regione bernese e in quella di Lucerna. Skydive Interlaken, con base di lancio a pochi chilometri dal centro città, propone lanci su diverse località: oltre alla stessa Interlaken, meravigliosa fra i laghi di Thun e Brienz,

anche Lautenbrunnen e Grindelwald, che permette di combinare il brivido di un lancio all’imprendibile vista panoramica sulla traide dell’Eiger, del Mönch e della Jungfrau, inerpicandosi lungo la parete Nord prima di tuffarsi. In questo caso, la stagione più consigliata è invece quella invernale, per godersi le cime innevate da una prospettiva altrimenti impossibile. Su Berna si lancia invece FunFlights, che ha la sua sede presso l’aeroporto cittadino: grazie alla partnership fra Mountainflyers Helicopter e la società locale di paracadutismo Helicopter Skydive FunFlights propone sia voli d'avventura, cinematografici e fotografici, sia esperienze di turismo d'avventura e svago, soprattutto di paracadutismo in tandem. Altamente suggestivo è anche il lancio sul Lago dei Quattro Cantoni proposto da Skydive Luzern. Qualsiasi scenario si scelga, l’emozione è assicurata. Un tuffo nel cielo, con l’ebbrezza di un indimenticabile minuto di pura adrenalina per 2500 metri in caduta libera. Unica controindicazione: genera assuefazione!

© www.skydiveinterlaken.com © Photo Oliver Furrer / FunFlights.ch
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© Skydive Luzern

CHI • COSA • DOVE

MODA E ACCESSORI

Alberta Ferretti, Antonino Valenti, Bally, Bottega Veneta, Bvlgari, Casadei, Chanel, Gatti, Guanabana, Hermès, Jijil, Max Mara, Miu Miu, Mixtik, Philippe Plein, Prada, Radà, Sain Laurent, Stella McCartney, The Goal Digger, Irina Schrotter

OROLOGI & GIOIELLI

Bvlgari, Hermès, Kurz, Swatch

BEAUTY

Chanel, Dior, Hermès, Sisley

ABITARE

Dior Maison, Fendi Casa, Miele, Officine Gullo, Poliform, Tom Dixon, Venini

BOUTIQUE & PUNTI DI VENDITA

Aimo Room, Contrada di Sassello, Lugano • Delcò Mobili, Via Gorelle 1, Sant’Antonino Gold Time, Via Luvini 4, Lugano e Piazza Indipendenza, Chiasso • Groovy Concept, Via Vegezzi 5, 6900 Lugano

Gübelin, Via Nassa 27, Lugano • Hermès, Piazzetta Maraini, Lugano

Irina Schrotter, Via Nassa 64, 6900 Lugano • King Boutique, Via Nassa 54, 6900 Lugano

Kurz, Via Nassa 5, Lugano • Mersmann, Via Nassa 5, Lugano Monn, Chiasso, Lugano, Bellinzona, Locarno • Nassadonna, Piazza Luini, 6900 Lugano Salvioni Lugano, Via Pelli 2 e Via Trevano 15, Lugano

LUOGHI

Brillantmont International School, Lausanne • FunFlights, Airport Bern-Belp • Institut Montana Zugerberg, Zugo Kunsthaus Zürich, Zurigo • Landesmuseum Zürich, Zurigo • Lyceum Alpinum, Zuoz • Institut Le Rosey, Rolle Maison Ruinart, Reims • Musée national Picasso, Paris • Para-Centro, Locarno • Plateforme 10, Losanna Skidive Interlaken • Skidive Luzern

Melanie Mancastroppa

Photography

Giorgia Ghezzi Panzera

Produzione e styling PetraPeter.com Outfit

Tuta e foulard Hermès

Gioielli Bvlgari

Make up Nicha Make Up Nichamakeupartist.com

Hairstyle

Alberto Saba Salone Rainbow

Assistente Styling

Margherita Sulmoni

IMPRESSUM

Editore

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Redazione

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N. 92 • Primavera 2023 Fr. 12 Euro 12 In copertina

TURNER T he Sun is G od

E

Fondation Pierre Gianadda

collaboration avec la Tate 3 mars – 25 juin 2023 Tous les jours de 10 h à 18 h Suisse Martigny Joseph Mallord William Turner, Départ pour le bal (San Martino), exposée en 1846, huile sur toile, 61.6 x 92.4 cm, acceptée par la nation dans le cadre du legs Turner en 1856, photo: Tate
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