Conosci te stesso È la forza di ogni brand Conosci te stesso È la forza di ogni brand
Aziende
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Da Glarona, la sublime arte del cioccolato
Analisi
Orologiero svizzero?
Lancette al futuro
Outlook
L’inflazione è davvero arrivata per restare?
Festività Regalarsi il Natale Festività
Finanza
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La Terra è solo un timido inizio
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Il banchiere mecenate ha fatto la storia
Estero: Ume 10 Euro, Anno XXXIV n. 12 • Dicembre 2022 Regno Unito: Gbp 9,00; Us: Usd 10,00 Svizzera: Fr. 12.-
DEEPLY INSPIRED
Immergetevi nell’affascinante mondo interiore della tormalina paraiba e scoprite le spettacolari strutture che hanno ispirato a Gübelin Jewellery la creazione dell’anello da cocktail «Grace of the Sea Anemone». Le gemme di colore creano bagliori sfavillanti, diffondendo intorno a sé gioia e leggerezza.
Gübelin – un’azienda di famiglia svizzera dal 1854
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Redazione di Lugano
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Eleonora Valli evalli@eidosmedia.ch
Hanno collaborato a questo numero
Ettore Accenti, Domagoj Arapovic, Edoardo Barbieri, Achille Barni, Ignazio Bonoli, Luca Cattaneo, Carlo Hildenbrand, David Mülchi, Stelio Pesciallo, Petra Peter, Ermenegildo Peverelli, Letizia Tedeschi, Dirk Schmelzer, Pier Marco Tacca
Progetto e coordinamento grafico
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ISSN 1664-3798
Editoriale
Anche l’ultimo numero dell’anno, in mesi decisamente complessi, sotto molteplici punti di vista, è infine stato dato alle stampe, in tempi sorprendentemente rapidi.
stato dedicato, come tradizione, in larga misura a quanto le migliori realtà svizzere ma non solo prevedono, o forse semplicemente fantasticano, su cosa ne sarà finanziariamente ed economicamente del prossimo anno. Al pari di qualunque Outlook deve essere letto con cautela, la sua valenza rimane infatti quella di valutare possibili scenari, e le relative contromisure, ‘nel caso che’.
Al centro dell’analisi si è invece affacciato il misterico e opaco mondo del branding. Un qualcosa, il brand, che nel corso dell’ultimo secolo ha visto la propria importanza crescere esponenzialmente, pur rimanendo per sua natura più o meno lo stesso: un brand di successo dovrà sempre muovere dalla consapevolezza di sé, dunque un ritorno alle origini, a Delfi. Del resto, ed è qui il punto, il brand, da non confondersi con il marchio, vive del rapporto con gli altri, è a uso e consumo degli altri, se le imprese e i loro Ceo possono spendersi anima e corpo per costruirlo e tutelarlo, vera e definitiva voce in capitolo non saranno mai loro ad averla.
Al pari, quale bussola e ossequio alla tradizione, un occhio di riguardo è stato riservato alle imminenti festività e ai luoghi che queste pagine hanno saputo consacrare nel corso di così tanti anni, scandendone il tempo in sincrono con i protagonisti delle migliori eccellenze del manifatturiero elvetico, le Maison orologiere.
Se dunque si chiude un anno, già vanno delineandosi i contorni del successivo, all’insegna di un deciso cambio di passo. La vera domanda è del resto: quanto carta e tecnologia potranno mai compenetrarsi, convivendo serenamente?
Federico Introzzi
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L’alchimia del brand
Cosa sta alla base di un brand di successo? Non esiste una formula unica, e valida per tutti i casi, ma alcuni elementi comuni sopravvivono, e sono trasversali a tutti i settori. Confermata è però la sua importanza in un mondo globalizzato, ancora.
Opinioni
16 Ettore Accenti . Il caro energia sta spingendo il calo dei consumi, ma apre anche a diversi problemi.
18 Stelio Pesciallo. Il mercato finanziario italiano continua a rimanere chiuso.
20 Ignazio Bonoli. L’inflazione in Europa e negli Stati Uniti? Due storie e due nature molto diverse.
22 Edoardo Barbieri. Si preannuncia un 2023 irto di difficoltà, ma quindi anche di sostanziali opportunità.
24 Luca Cattaneo. Disdire un contratto di lavoro sulla base di un sospetto? È possibile, a patto di dimostrarlo.
26 Carlo Hildenbrand (in foto). La moda imperante del ‘sostenibile’ a ogni costo è motivata dalle richieste del mercato: investitori, fornitori e consumatori.
Economia
44 Testimonianze. Nei mesi della tempesta Cripto la tecnologia si riscopre anche nei settori della tradizione. Anche nell’enologia!
46 Studi. Nonostante una situazione congiunturale e geostrategica complessa, l’orologiero svizzero respira aria di timido ottimismo, anche guardando al 2023.
Da sinistra, Luca Ronchetti, Marketing Director di Veco Group, Alexander Haldemann, Ceo di Publicis Groupe Switzerland, Anna Tramontini, Attorney Ip dello studio Fabiano Franke, e Michele Terraneo, Director di Sri Consulting.
Outlook 2023
75 Sfama. I risultati dell’industria svizzera dei fondi.
80 Ubs (in foto, Matteo Ramenghi). Distratti dalla pandemia, ci si è persi diversi cambiamenti.
84 Pictet Am. Sarà l’anno del reddito fisso, dopo anni di disinteresse eccolo tornare.
92 B. Migros Nell’incertezza, le opportunità si sprecano, sarà però necessario agire con molta accortezza
94 Pkb. Diversamente da quanto si attende il mercato, non è detto che i prossimi dati saranno rose e fiori.
96 B. Cornèr. Il venir meno del sostegno delle Banche Centrali sta riportando valutazioni normali.
100 Eurizon. Un segmento interessante, ma spesso snobbato, è quello dei leveraged loan, ma con focus Europa.
54 Energia. Combattere i rincari è possibile, già anche soltanto con piccole misure, a patto di rivolgersi agli operatori di settore giusti.
60 Formazione. Passare da desiderata molto romantico, a realtà concreta non è cosa facile, specie se si tratta di sostenibilità.
66 Territorio Dinamica nell’eterogeneità, è questa la forza del tessuto economico romando.
Finanza
70 Analisi. Qual è il polso delle Pmi del Cantone? Sono le più importanti, ma difficili da sentire.
76 Investimenti. Il mercato delle riassicurazioni è tonico, e non teme nuove probabili catastrofi naturali.
88 Rothschild Tor na sulla scena l’inflazione, ma anche i titoli di stato degli Sviluppati rialzano la testa.
6 · TM Dicembre 2022
30
Cover Story p.
sommario dicembre 2022 /gennaio 2023
Se il tempo è eterno p. 50
È una delle più complesse e ambite complicazioni, ed è anche il fiore all’occhiello dell’orologiero: è il calendario perpetuo. A lato, Christoph Grainger-Herr, Ceo di Iwc Schaffhausen.
Qualità, senza compromessi
Si tratta di una frazione infinitesimale del totale del cacao lavorato, ma pur concentrando la sua intera attività in Svizzera, ha raggiunto il mondo. A lato, Johannes Läderach, Ceo dell’azienda.
p. 56
L’universo è l’investimento
È nato a Lugano uno dei primissimi fondi che investe nella Space economy, limitandosi al quotato. A lato, Juan Mallo, Partner di BlueStar Investment Managers.
p. 72
90 BancaStato. Sono le migliori alleate di un banchiere centrali, ma basteranno le sole parole nel 2023?
95 B. Cic. I mercati privati sono destinati a rimanere una certezza.
98 Lemanik. Quanto accadrà il prossimo anno è il semplice proseguo di questo, basta ammettere gli errori.
101 BlueStar Quale sarà il nuovo
‘2%’ delle Banche Centrali? Non è un dettaglio, farà la differenza.
Outlook 2023
L’anno che verrà sarà segnato da un inedito, almeno degli ultimi anni: l’inflazione. Dunque, cautela ma con ottimismo. A lato, Roberto Cerratti, responsabile Investment Consulting di Credit Suisse.
p. 82
La perfetta sintonia
Non è stato l’incontro dell’ultima ora, ma il culminare di una relazione di qualche anno fa. A lato, Krzysztof Urbański, nuovo Direttore ospite principale dell’Osi.
p. 118
Regalarsi il Natale, a Lugano
In Via Nassa, crocevia di cultura, architettura e storia, dicembre è il periodo ideale per immergersi nelle atmosfere eleganti e cogliere le tante suggestioni del nuovo ‘Swiss District Luxury’
p. 104
Arte e Cultura
112 Mostre. Il ruolo dei banchieri nel sostenere l’arte di ogni tempo si è sempre dimostrato fondamentale, non solo nel Rinascimento, ma anche nei secoli successivi.
116 Mostre. Protagonista della nuova mostra della Pinacoteca Züst, il cinquecentesco architetto melidese Domenico Fontana.
122 Enologia. Il 2021 è stato l’anno dei record, anche per il mercato delle bollicine, con oltre 320 milioni di bottiglie vendute.
Rubriche
12 Appuntamenti
124 Auto
126 Business
Dicembre 2022 TM · 7
Firenze Escher
Inquieto, riservato, indubbiamente geniale, nelle sue celebri incisioni e litografie Maurits Cornelius Escher (1898-1972) ha creato un mondo unico, immaginifico, fondendo scienza e natura, matematica e magia, rigore analitico e capacità contemplativa. Usava quasi esclusivamente sei diverse tecniche di incisione: su linoleum (o linoleografia), xilografie, xilografie di testa, acqueforti, mezzetinte e litografie.
Ognuna ha le sue particolari sfumature che la differenziano dalle altre, sia in termini di complessità sia per quanto riguarda l’aspetto finale dell’opera d’arte. Complessivamente circa 450 stampe diverse, alcune delle quali sono state tirate in centinaia di copie, mentre di altre non ne esistono che pochi esemplari.
Il visionario artista olandese, figura sui generis del panorama della storia dell’arte, è protagonista di una grande antologica
A sinistra, Escher, Vincolo d’unione, 1956, litografia, 25,3 x 33,9 cm, Collezione Maurits, Bolzano.
al Museo degli Innocenti di Firenze, all’interno dello splendido complesso disegnato dal Brunelleschi.
Un’antologica che ne racconta il genio, con oltre 200 opere, dai primi lavori che prendono ispirazione dall’Art Nouveau alle grafiche più iconiche quali Mano con sfera riflettente (1935), Vincolo d’unione (1956), Metamorfosi II (1939), Giorno e notte (1938) e la serie degli Emblemata, che appartengono all’immaginario comune riferibile al grande artista. Include anche una sezione dedicata ai suoi rapporti con l’Italia dove, dopo una prima visita insieme genitori, tornò finiti gli studi, per stabilirsi poi definitivamente a Roma nel 1923: qui lo studio dei paesaggi e della natura rigogliosa lo portò a concentrarsi sulle strutture geometriche alla base di panorami ed elementi della natura.
Interessante anche la sezione conclusiva che mostra come la “Eschermania” abbia contagiato tutti i settori creativi: dai fumetti alle pubblicità, dalla musica alla moda, ai film e alle opere d’arte contemporanea.
Museo degli Innocenti
Lu-Do, 9-19
Fino al 26 marzo 2023
Basilea
Ave Caesar!
È il Reno a fungere da via di navigazione per ripercorrere la storia dei rapporti fra Romani, Galli e tribù germaniche nella mostra dell’Antikenmuseum Basel und Sammlung Ludwig, scandita in sezioni che illustrano i diversi periodi storici. Si parte da un focus sull’élite celtica e i suoi contatti con il sud intorno al 500 a.C., in particolare i vivaci scambi commerciali, ma anche culturali con Greci ed Etruschi: vino e beni di lusso dal Mediterraneo contro metalli, sale, pellicce e schiavi.
In esposizione a Basilea, lapide raffigurante una coppia di sposi, 210/220 d.C., pietra arenaria, Römerstadt Augusta Raurica. L’uomo, in costume militare, è un ufficiale dell’esercito romano.
12 · TM Dicembre 2022
© Römerstadt Augusta Raurica, Susanne Schenker
All M.C. Escher works © 2022 The M.C. Escher Company. All rights reserved
appuntamenti di
Mirta Francesconi
A partire dall’80 a.C. si assiste a forti tensioni tra le popolazioni locali, che Cesare sfruttò per estendere il dominio romano fino al Reno. La terza sezione, “Accampamento romano” è dedicata alla vita dei legionari: i Romani realizzarono numerose basi militari sulla riva sinistra per proteggere i territori conquistati e, al tempo stesso, per nuove campagne contro le tribù germaniche sulla riva destra del fiume. Le decine di migliaia di ufficiali e soldati romani stanziati lungo il fiume, stimolarono l’economia e il commercio locali e modernizzarono le infrastrutture della regione. A partire dall’85 d.C. circa, le aree conquistate divennero regolari province romane, con il nome Germania Inferiore e Superiore. La sponda destra diventò così il principale asse di comunicazione. L’ultima parte dell’esposizione, evidenzia come la cultura romana si sia affermata nei territori conquistati con la crescente urbanizzazione in città basate sul modello mediterraneo e una moneta unica per tutto l’impero a favorire lo sviluppo delle attività produttive locali, fino al deteriorarsi della situazione economica e politica dalla fine del II secolo con le invasioni germaniche e le epidemie, che portarono nel 401 d.C. al definitivo abbandono delle ultime legioni romane.
Allestita come un’enorme scacchiera, la mostra invita i visitatori a scoprire un paesaggio fittizio per entrare in contatto con la popolazione locale e romana del Reno. Antikenmuseum Basel und Sammlung Ludwig
Ma-Me, 11-17; Gi-Ve, 11-22; Sa-Do, 10-16 Fino al 30 aprile 2023
Losanna
Koudelka. Ikonar
Costellazioni di archivi
Cos’è più importante per un fotografo?
“Un buon paio di scarpe” rispose Josef Kudelka in una celebre intervista. Considerato uno dei grandi maestri della disciplina, la sua è sempre stata una vita nomade, sulle tracce delle foto che scattava, mai per commissione. Nato 1938 a Boskovice, in Cecoslovacchia, diventò famoso per gli scatti della primavera di Praga, pubblicati sul Sunday Times in forma anonima, solo con la sigla P.P. (photographer of Prague) per paura di possibili ripercussioni.
Fedele al suo bianco e nero, ha continuato a testimoniare la fragilità dello
spirito umano sullo sfondo di paesaggi malinconici, aiutato dalle vendite dei suoi libri a viaggiare. Sebbene fosse un “creatore di immagini” rispettato a livello internazionale, Koudelka si considerava più un “collezionista delle proprie immagini” che un fotografo.
Quella proposta dal Musée Elyseé di Losanna è la prima retrospettiva dedicata alla sua opera in Svizzera dal 1977. Per catturarne l’essenza, è strutturata intorno a lavori chiave delle sue serie più importanti, tra cui Theatre, Gypsies, Invasion 68: Prague ed Exiles. Ripercorrendone evoluzione, metodi di lavoro e paradossi: una vita nomade che contrasta con la meticolosa attività di raccolta e archiviazione; una costante revisione e rielaborazione
delle sue opere iconiche che convive con un programma filosofico ‘massimalista’; e nell’ultima metà della carriera, un’autoproclamata ossessione nel continuare a esporre e catturare immagini - a volte a spese della loro analisi e produzione materiale. L’esposizione comprende anche un’installazione interamente dedicata ai suoi archivi, nonché una selezione dei suoi libri più emblematici.
Photo Elysée
Me, Ve-Lu, 10-18; Gi, 10-20 Fino al 29 genniao 2023
Dicembre 2022 TM · 13
Sopra, un’intensa fotografia di Josef Koudelka, Kladno, Cecoslovacchia, 1966, al Photo Elysée di Losanna.
© Josef Koudelka / Magnum
Photos, courtesy of the Josef Koudelka Foundation
Chiasso
Materia, gesto, impronta, segno
Il m.a.x. museo di Chiasso propone un excursus sulla ricerca grafica di cinque personalità di spicco nella cultura del Novecento: Burri, Vedova, Kounellis, Paolucci e Benedetti. Seppur nella loro diversità, tutti hanno segnato nuovi e fondamentali sentieri di ricerca visiva per l’arte internazionale. Conosciuti per la loro opera pittorica, hanno però sempre considerato la grafica come atto artistico di ricerca introspettiva che si esprime attraverso una pluralità di tecniche, dall’acquaforte all’acquatinta, dalla ceramolle alla puntasecca, dalla litografia alla serigrafia, per passare poi alle diverse intersezioni del collage e materiali singolari come il carborundum. A ciascun autore è dedicata una sala, al cui interno si trovano oltre una ventina di grafiche, affiancata a una matrice e a un’opera particolarmente rappresentativa della loro ricerca. Sono quindi la materia, il gesto, l’impronta e il segno che caratterizzano le loro esperienze espressive e al tempo stesso rendono visibili le tracce di un itinerario artistico.
m.a.x. museo
Ma-Do, 10-12 / 14-18
Fino al 19 febbraio 2023
Locarno
Rosalda Gilardi Bernocco
Nel centenario della nascita
Descrivere il percorso artistico e umano di Rosalda Gilardi Bernocco è inoltrarsi su un sentiero tanto affascinante quanto tormentato, proprio come la sua vita: prima il mare di una Liguria che la vede nascere a inizio anni Venti, poi le dolci colline delle Langhe, quindi gli eleganti viali di Torino fino al paesaggio lacustre e vallerano Locarnese. Nel mezzo una moltitudine di esperienze, incontri, scambi e conoscenze: il fertile terreno sul quale Rosalda Gilardi si è formata umanamente e professionalmente, plasmando e intrecciando un’arte dolce e raffinata - quella della giovinezza - con le forme più nette, marcate dell’età adulta. Nel suo continuo dialogo con l’osservatore, l’artista dà vita a forme scavate, quasi tormentate, dominate da un senso di atemporalità che finisce per accentuare il valore espressivo della materia, in questo caso del bronzo, strumento prediletto del passaggio dall’arte figurativa a un’espressione puramente astratta. Una necessità, per Rosalda Gilardi, che è anzitutto riflesso del suo bisogno quasi fisico di essenzialità, cioè ricerca di forme e materiali nuovi, un percorso di conoscenza e forse anche di ritrovata libertà. Ecco allora che primitivo e arcaico si
Sopra, Rosalda Gilardi Bernocco, Torso, 1959, bronzo, 90,5 x 40 x 22 cm. A sinistra, Emilio Vedova, Triangoli crocifissi ’82, 1982, pittura acrilica, pastello, carboncino e carta su tela, 182 x 201 cm.
intrecciano e sovrappongono, portando l’artista a dare vita nei primi anni Sessanta a uno stile severo, scarno, liberato da sovrastrutture.
Il Museo Casorella espone per la prima volta una selezione significativa di opere appartenenti al generoso lascito di Rosalda alla Città di Locarno: sculture, disegni, dipinti e grafiche, e il fondo archivistico che testimoniano la qualità di un’artista considerata una delle grandi figure della scultura negli anni Sessanta e Settanta, e una delle poche ad aver ricevuto riconoscimenti a livello internazionale. La mostra ne racconta il cammino di ricerca dal 1955 agli anni ’80 e, attraverso l’enucleazione di alcuni importanti temi caratterizzanti la sua produzione, consente di svelare il suo percorso dal figurativo all’astratto verso forme monumentali, rigorose ed essenziali.
Museo Casorella
Ma-Ve, 10-12 / 14-17; Sa-Do, 10-17 Fino al 5 febbraio 2023
14 · TM Dicembre 2022
Courtesy Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, Venezia; Fotografia di Paolo Mussat Sartor, Torino © Stefania Beretta
LEASING. VIAGGIARE. SCOPRIRE.
Fig.
Instyle+
elettrico 24.2 kWh/100 km,
a
2.0 l / 100 km;
totali di CO₂ 46 g/km; categoria di efficienza energetica A. Fino a 55 km di autonomia in modalità esclusivamente elettrica (City).
Eclipse Cross PHEV
, consumo
consumo normalizzato
benzina
emissioni
Atomo di salvataggio
Nonostante il caro energia sia il miglior alleato per una riduzione delle emissioni evidentemente qualche problema lo solleva. Ma se le rinnovabili non sono la soluzione, allora...
Ettore Accenti, esperto di tecnologia. Blog: http://bit.ly/1qZ9SeK
Funzionamento classico di una centrale atomica a fissione. Nel nocciolo si trovano barre di uranio arricchito con interposte barre di grafite; le barre d’uranio innescano il processo di fissione mentre la grafite regola il processo. Gli elementi fissili utilizzabili, oltre all’uranio 235, sono il plutonio 239 e il torio 232. Centrali di quinta generazione prevedono di utilizzare vecchie scorie opportunamente trattate, riducendo i costi di esercizio e le scorie.
Irecenti aumenti dell’energia hanno reso di dominio pubblico la grande incidenza di come il loro costo pervada ogni attività creando inflazione e, soprattutto, i rischi nel non disporne.
Come non bastasse, da decenni si discute amabilmente in ambito di cambiamenti climatici, vedi le varie Cop, sull’opportunità di ottenere entro l’anno 2050 un azzeramento delle emissioni di Co2, passo essenziale per limitare l’aumento della temperatura media dell’atmosfera ad 1,5 °C nell’anno 2100 rispetto al periodo preindustriale e questo richiederebbe di rinunciare all’impiego delle energie fossili che oggi coprono ben l’84% del consumo energetico: un bel problema!
Si è compreso, conti alla mano, che per ottenere l’ambizioso risultato di zero Co2 in pochi decenni occorra prendere in considerazione anche le tanto vituperate energie di origine atomica, per loro
natura prive di emissioni da effetto serra ma, con altri problemi, tra cui i costi e le scorie radioattive da conservarsi a lungo.
Ma qual è lo stato dell’arte dell’opzione atomica di cui l’umanità dispone, opzione che sostanzialmente consiste nel riuscire a strappare dal mondo atomico quell’enorme energia che le varie particelle subatomiche trattengono per stare insieme e dare quella materia di cui è fatto l’uomo?
Per sfruttare quell’enorme energia, che tiene insieme protoni e neutroni al centro degli atomi, si sono scoperti due soli modi: ‘spaccarli’ (energia da fissione), o ‘fonderli’ fra loro (energia da fusione).
Prendendo l’atomo più pesante in natura, cioè l’uranio, e dividendolo, trasformandolo dunque in componenti più leggeri, da quell’atomo escono varie forme di energia che si possono sfruttare per riscaldare l’acqua e far girare una turbina per generare elettricità.
In modo analogo, se si prendono gli atomi più leggeri in natura, cioè l’idrogeno, e li si costringe a unirsi per formare un atomo più pesante, anche in questo caso viene emessa una grande quantità di energia che può essere sfruttata.
La prima di queste energie, la fissione, è quella che tiene caldo il nucleo terrestre e che i geologi ben conoscono. La seconda, la fusione, è l’energia che il Sole e tutte le stelle, sfruttano per rimanere accese per miliardi di anni.
L’homo sapiens è passato dal dominio del fuoco 200mila anni fa al controllo di queste due energie il secolo scorso: un bel salto, non c’è che dire! Ma come nel passato, si è subito sfruttato queste scoperte per bruciarci a vicenda: la fissione con le prime bombe atomiche sganciate sul Giappone nel 1945, e la fusione con la prima bomba all’idrogeno, sganciata nel 1952 sull’atollo Enewetak nel Pacifico.
Per quanto riguarda l’energia da fissione si è anche riusciti a imprigionarla per impieghi pacifici e oggi si è giunti alla
16 · TM Dicembre 2022
opinioni / l’esperto di tecnologia
A lato, Tokamak, il cuore della centrale a fusione atomica oggi in costruzione. Ospita il plasma a 150 milioni di gradi attraversato da un potente campo magnetico che comprime i nuclei di isotopi di idrogeno (deuterio e trizio) fondendoli in nuclei di elio con un enorme rilascio di energia. Sotto, Cadarache in Francia. La gigantesca struttura del consorzio internazionale Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor) a cui partecipano Unione Europea, Stati Uniti, Russia, Giappone, Sud Corea, Cina e India. La tappa più importante è per l’anno 2050 quando Iter produrrà più energia di quanta ne necessita. Poi, centrali elettriche a fusione commerciali saranno possibili e sfrutteranno come carburante il deuterio presente nei mari.
quinta generazione di centrali atomiche. In totale ne sono state costruite diverse centinaia, di cui 470 ancora in funzione, e 120 in costruzione e progettazione, che coprono a tutt’oggi il 10% dell’energia primaria che il mondo consuma.
L’energia da fusione per impieghi pacifici procede molto più lentamente per il motivo che creare le condizioni esistenti al centro del Sole qui sulla Terra è un problema un tantino più complesso che imbrigliare in un recipiente sostanze radioattive come si fa per la fissione.
L’unico progetto degno di una qualche speranza di poter portare alla realizzazione di centrali a fusione atomica è Iter a cui collaborano 21 Paesi a Cadarache in Francia. Iter è la macchina più grande in assoluto mai progettata dall’umanità e il cui scopo è proprio di imbrigliare l’energia delle stelle e fornire infinita energia pulita per molte generazioni.
I risultati non saranno immediati; per produrre industrialmente centrali atomiche a fusione nucleare praticamente utilizzabili si dovrà aspettare la seconda metà di questo secolo. L’unica certezza a oggi è che da quelle centrali l’umanità ricaverà l’energia che consuma non prima del prossimo secolo, quando si dovrà fare a meno delle energie fossili volontariamente o perché si saranno esaurite.
Detto tutto questo, appare chiaro che, volendo combinare insieme controllo cli-
matico e crescita del benessere individuale di tutti i terrestri, si debba considerare il mix energie rinnovabili ed energia atomica da fissione, rendendo subito attenti i lettori che attualmente il tipo di sistema mondiale non possa funzionare con le sole energie variabili e che non esista la possibilità di accumulare in modo sufficiente energia per compensarne la variabilità. È una questione di numeri, batterie, idrogeno, invasi idrici non potranno mai accumulare centinaia di migliaia di terawattora per realizzare continuità di fornitura energetica.
Appare evidente quanto complessa e delicata sia la situazione per i decisori politici che si trovano nella scomoda posizione di dover accontentare i loro elettori oggi, che pretendono prezzi più bassi e riduzione dell’inflazione, e nello stesso tempo decidere quanto necessario per ridurre l’inquinamento da Co2: non vorrei proprio essere uno di loro!
Realizzare centrali atomiche di quinta
generazione in quantità sufficiente significa mobilitare immani investimenti sin da subito, considerando però che il tempo medio di realizzazione si aggira ormai sui dieci anni e oltre.
Purtroppo, con impianti di solare e di eolico non si può fare molto, pur richiedendo brevi tempi per le installazioni esistono chiari limiti per gli spazi che occupano e la loro intrinseca variabilità. A oggi grandi centrali solari nel mondo producono mediamente un terawattora/ anno coprendo da venti a trenta kmq e per avere la stessa energia in Europa i kmq raddoppierebbero.
Se, a puro titolo d’esempio, si volesse produrre col solo solare il 50% dei 400mila terawattora/anno previsti quale consumo globale degli 11 miliardi di terrestri per il 2050, si dovrebbero coprire da due a quattro milioni di kmq, quasi tutta l’Europa, e sicuramente non esisterà la possibilità di produrre quella quantità di pannelli né ora né mai.
Dicembre 2022 TM · 17
Accesso ancora scoraggiato
La recente visita del presidente italiano Mattarella in Svizzera è terminata con il solito comunicato enfatico ed elogiativo sulle relazioni tra i due Paesi, replicando quello che puntualmente accompagna ogni incontro tra reciproci rappresentanti. E questa volta il nostro il presidente ha persino un tantino esagerato nel definire la visita ‘miliare’ nei rapporti tra i due Paesi quando è risaputo che il presidente della Repubblica italiana non ha voce in capitolo nel dare seguito ai dossier ancora aperti.
Le due parti si sono limitate a citare in questo ambito l’accordo sui frontalieri, al quale manca ancora l’approvazione del Parlamento italiano, mentre da parte Svizzera more solito si è menzionata una volta di più l’ingiustificata presenza del nostro Paese nella blacklist italiana degli Stati o territori a fiscalità privilegiata. Un tema che invece i due interlocutori hanno avuto la ‘delicatezza’ di non toccare è quello del libero accesso degli intermediari finanziari svizzeri nel mercato italiano, esemplare del fatto che, nonostante quanto si vuole fare credere, da parte delle istituzioni italiane non esiste disponibilità a concessioni e da parte di quelle svizzere pare non esistere alcun interesse a esercitare più di quel tanto pressione sulla controparte. E questo malgrado i solenni impegni assunti dalle due parti nella cosiddetta ‘roadmap’ del 2015 che ha fatto seguito alle note concessioni da parte svizzera verso il fisco italiano.
Allo stato attuale sono due gli ostacoli posti dalle istituzioni italiane all’intermediario finanziario svizzero, sia esso banca o intermediario finanziario indipendente, per esercitare liberamente su suolo italiano. Dapprima occorre istituire una sede stabile sul territorio, succursale
o filiale. Ma pur adempiuta questa condizione, la Consob, l’autorità italiana di sorveglianza sul mercato finanziario, non concede comunque l’autorizzazione se non adottando la forma della Società di intermediazione immobiliare (Sim), che è un veicolo giuridico italiano.
Sulla prima condizione, la legislazione europea in materia, pur avendo emanato con la MiFid in ambito di intermediazione finanziaria norme comuni applicabili in tutta l’area comunitaria, assegna agli Stati nazionali competenze residue nel trattamento della clientela individuale attiva nel private banking.
La Germania, differentemente dall’Italia e dalla Francia, ha pertanto adottato un sistema più liberale nei confronti dell’intermediario finanziario elvetico in quanto non fa dipendere la sua attività sul territorio dalla istituzione di una sede stabile e questo trattamento nei confronti delle banche è stato siglato con un accordo tra i due Stati. Per contro la politica restrittiva adottata da Italia e Francia si ripercuote sul piccolo e medio intermediario finanziario, per il quale l’istituzione di un veicolo apposito sul loro territorio non è proponibile a causa dei costi, anche se la norma legale italiana sulla ‘libera prestazione di servizi’ per entità extracomunitarie non farebbe dipendere la loro attività dal dovere dotarsi di una stabile sede sul territorio.
Per il grande intermediario finanziario, come la banca di media e grande dimensione, il problema a questo livello non si porrebbe, e in effetti alcune di queste hanno fondato una stabile sede sul territorio italiano sia sotto forma di succursale che di filiale, vale a dire di società a sé stante costituita nelle forme del diritto italiano. Ma anche in questo caso, nella misura in
cui non si tratti di una Sim, si frappone la seconda condizione dettata dalla Consob. In effetti, la banca svizzera che intende esercitare in Italia deve richiedere prioritariamente l’autorizzazione alla Banca d’Italia che, adempiute determinate condizioni, autorizza unicamente a condurre un’attività bancaria, come la raccolta di denaro e del credito, mentre l’attività di intermediazione finanziaria dipende da un’autorizzazione della Consob. Orbene, quest’ultima da anni non la concede con il pretesto, appunto del tutto ‘pretestuoso’, dell’assenza di reciprocità nello scambio di informazioni con la Finma.
Stante questa situazione e in assenza di regime autorizzativo, l’intermediario finanziario elvetico, per non incorrere in sanzioni legali civili, penali o amministrative di vario genere, si vede costretto ad esercitare la sua attività crossborder nei confronti del cliente italiano nell’ambito della cosiddetta ‘reverse inquiry’ che si realizza qualora il cliente italiano, al di fuori di una qualsivoglia attività di sollecitazione da parte dell’intermediario svizzero, contatta sua sponte quest’ultimo di persona, per iscritto o per telefono.
In questo ambito rimane sempre valida la posizione espressa a suo tempo dalla Consob: al fine di stabilire se un soggetto estero presti i propri servizi in Italia, non è rilevante il luogo di svolgimento dei servizi stessi, ma conta dove il soggetto in questione sta ricercando i propri obiettivi, con qualsiasi mezzo lo faccia, e in questo ambito particolare attenzione deve essere prestata all’impiego degli strumenti informatici.
18 · TM Dicembre 2022
Nonostante gli impegni assunti nel 2015, niente si è mosso per rendere liberamente accessibile il mercato italiano agli intermediari finanziari svizzeri.
Stelio Pesciallo, avvocato e notaio presso lo Studio 1896, Lugano.
opinioni / il consulente legale
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«Trascorrere
Inflazione: è già passata?
Ai facili ottimismi che si respirano oltreoceano, in Europa si contrappone un quadro inflativo particolarmente complesso, in vista anche di un 2023 sicuramente non facile.
Ci si avvicina, o magari lo si è già superato, il limite massimo del tasso di rincaro di quest’ultima fase di crescente inflazione?
La domanda è forse retorica per l’Europa, ma non per gli Stati Uniti. In Europa, infatti, l’ultimo tasso ufficiale comunicato è in media del 10,6% (con dunque alcuni Paesi sopra, e altri sotto), ma negli Stati Uniti si cominciano a vedere perlomeno i primi sintomi di rallentamento. L’annuncio ufficiale deve ancora arrivare, ma dal mondo economico e politico si prevedono segnali di distensione.
Segnali che accoppiano volentieri il rallentamento dell’inflazione con un possibile miglioramento della congiuntura. Ma anche in questo caso bisogna distinguere nettamente quanto succede in Europa, da quanto sta avvenendo negli Stati Uniti. Qui, infatti, un certo ottimismo è abbastanza diffuso sia a livello politico, sia a livello economico. Lo stesso presidente Joe Biden ha affermato che se ci sarà una recessione, sarà sicuramente molto leggera. Alcuni economisti danno ragione al Presidente, prevedendo che – dopo due trimestri di calo del Pil (tecnicamente in recessione) – la ripresa del terzo e quarto, compenserà in buona parte il calo.
Forse l’ottimismo del mondo finanziario è eccessivo, viste le difficoltà del settore industriale e i licenziamenti in alcuni settori specifici. Tuttavia gli indicatori mostrano una crescita del 2,6% nel terzo trimestre e prevedono una solida ripresa del 4,2% nel quarto. Il discorso in Europa è però ben diverso.
Se in alcuni Paesi (Italia, per esempio) si vedono sintomi di ripresa, in altri (soprattutto la Germania) ci si attende una recessione piuttosto pesante in questo e
anche nel prossimo anno. Recessione che sarà fatalmente accompagnata da tassi di inflazione sostenuti che rendono necessaria una politica monetaria restrittiva, con il previsto annuncio dell’aumento di un altro 0,75% del tasso di sconto.
Politica che deve tener conto non solo del rincaro, ma anche del forte indebitamento pubblico accumulato in questi ultimi anni e - particolarmente - durante la crisi del Covid. Quasi tutti i paesi dell’Unione mostrano un debito al 100% del Pil, mentre l’Italia è già al 150. La stessa Gran Bretagna dovrà operare misure di forte risanamento.
Nel frattempo parecchie analisi a livello universitario cominciano a denunciare la politica monetaria delle Banche Centrali che ha provocato queste situazioni. Tra altri, anche l’economista inglese Franklin Allen, esperto di bolle finanziarie e crisi congiunturali, accusa gli istituti di aver praticato una politica di indebitamento che, con l’attuale crescita inflativa, crea un mix pericoloso. Un primo errore è stato quello di voler considerare l’inflazione un fenomeno temporaneo. Anche negli anni Settanta non si poté praticare a fondo una politica di contrazione dell’offerta di denaro, poiché si temeva una recessione. Gli interventi tardivi degli istituti hanno poi provocato una forte recessione.
Oggi la situazione è analoga, ma la speranza che i tassi d’interesse possano ridiscendere verso il 2-3% non è per niente certa. Nel frattempo però l’inflazione crea disuguaglianze tra la popolazione. I rimedi che si propongono creano a loro volta inflazione e ci si avvia verso un periodo di stagflazione, stile anni Settanta. Chi teme maggiormente questa evoluzione è la Germania, con un tasso di inflazione già
insolitamente alto. Del resto il ministro tedesco delle finanze aveva avvertito, già mesi fa, che in Germania si stava formando la nota “spirale prezzi - salari” che potrebbe prolungare il periodo di alti rincari. Il fenomeno più preoccupante, di cui le autorità monetarie poco si occupano, è però la diminuzione della produttività del lavoro. È invece grazie al suo crescere che le imprese riescono ad assorbire gli aumenti dei prezzi e non trasmetterli al consumo. Ora questa produttività sta diminuendo. Era solo dello 0,6% in Germania e dello 0,8% annuo anche in Svizzera.
Ma l’incerto futuro a breve e medio termine ha prodotto anche un calo degli investimenti in tecnologie dei processi di produzione e distribuzione. I tentativi delle Banche Centrali di stabilizzare la situazione hanno provocato un indebitamento generalizzato, non accompagnato da miglioramenti nella redditività delle aziende. Anche gli Stati si sono lasciati prendere dalla facilità dell’indebitamento, cadendo in una situazione dalla quale sarà difficile uscire. In sostanza, i freni classici all’inflazione non hanno funzionato.
Per realizzare le premesse ottimistiche, di cui si diceva all’inizio, sarà quindi necessario creare le basi per una ripresa della produttività del lavoro. Se non altro anche per evitare pericolosi conflitti nella distribuzione della minore ricchezza prodotta. Ancora una volta, la Svizzera - pur con le ridotte prospettive di crescita (secondo l’Ose 2,1% nel 2022 e 0,6% nel 2023)riparte da una situazione favorevole, ma deve poter contare anche sui progressi dei suoi maggiori Partner commerciali.
20 · TM Dicembre 2022
Ignazio Bonoli, economista.
opinioni / l’economista
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Un difensivo ottimismo
Èl’anno dei bond di alta qualità e del picco del dollaro. Il 2022 è stato caratterizzato da forte crescita, alta inflazione e politiche monetarie restrittive, il 2023, al contrario, vedrà Pil negativi, disinflazione e un cambio di rotta della Fed. Ci si aspetta che sia l’Europa sia il Regno Unito entrino in recessione. L’economia americana riuscirà faticosamente a reggere l’urto, mentre la Cina uscirà dalla Zero Covid Policy.
L’economia globale dovrebbe toccare il punto minimo intorno a metà anno, ma l’osservata speciale sarà l’inflazione. Secondo le stime, l’indicatore preferito dalla Fed, il Pce, dovrebbe velocemente diminuire dal 5% attuale al 2,5. Minore inflazione Core le permetterebbe dunque di fermare il ciclo del rialzo dei tassi per poi probabilmente abbassarli entro fine anno. Un cambio così netto crea le migliori condizioni per il reddito fisso, con titoli ‘high grade’, quali Treasury, Bund, Us ed Eu corporate Ig e Clo AAA che dovrebbero rendere in media il 6-8% annuo. Storicamente, infatti, tali strumenti
hanno sempre sovraperformato il mercato alla fine di un ciclo rialzista in presenza di forze disinflattive e tassi in calo.
Un altro segmento molto interessante è costituito dal debito emergente sia in valuta locale che in dollari; solitamente gli Emergenti sono i primi a raggiungere i minimi del mercato e a ripartire, grazie anche a un allentamento monetario prima di fine anno. Il ritorno previsto per questa asset class dovrebbe essere in doppia cifra.
Cautela invece per High Yield e Leveraged Loan, la bassa crescita negli Sviluppati porterà un incremento del tasso di default intorno al 5% dal 3 attuale.
Per l’Equity si prevede un anno turbolento soprattutto nella prima parte. Gli utili attesi dovrebbero assestarsi ben al di sotto del consensus di circa il 15%. Sarà quindi la recessione degli earning a causare una nuova discesa del mercato che toccherà nuovi minimi. In aggiunta, le valutazioni sono elevate sia da un punto di vista fondamentale che tecnico, basti pensare che lo S&P500 tratta a circa 18x gli utili mentre dovrebbe essere a 14x
secondo i tassi di interesse reali. Tuttavia gli indici dovrebbero chiudere il 2023 invariati a seguito di un rally di fine anno causato dall’allentamento della Fed.
Quindi, dove investire? È fondamentale posizionarsi nei segmenti dell’Equity più sensibili al potenziale rallentamento/ allentamento dei tassi, evitando i comparti più ciclici. Dunque bene gli Emergenti che dovrebbero toccare il minimo e ripartire ben prima degli Sviluppati. Interessanti Paesi come Corea e Taiwan, in particolare per settori come i semiconduttori, gli hardware, le small e mid cap. Bene anche il Giappone, supportato da una valuta favorevole e da solidi utili aziendali e la Cina, che al momento tratta a multipli fortemente scontati.
Molta cautela sull’azionario europeo e americano in quanto saranno le regioni più colpite dalla recessione degli utili e dal deterioramento dei margini: a tal proposito l’Eurostoxx600 potrebbe avere un upside di circa il 3/5% mentre lo S&P500 chiuderà l’anno invariato a quota 4mila.
È necessario quindi selezionare i settori che possono generare Alpha evitando di avere esposizione al Beta di mercato. In Europa sono da preferirsi gli energetici e i finanziari. In America invece sarà opportuno un approccio molto difensivo, preferendo quindi farmaceutico, utility, beni di prima necessità e telecomunicazioni.
Per quanto concerne le commodity, soffriranno durante la prima parte dell’anno a causa del rallentamento globale mentre l’oro rimarrà invariato sui prezzi attuali.
22 · TM Dicembre 2022
Edoardo Barbieri, Chief Investment Officer di Colombo Wealth. A lato, l’andamento atteso degli Eps Usa.
Attese moderate L’indicatore di Morgan Stanley anticipa il calo della crescita degli
Fonte: Morgan Stanley Research 2022 2001 2003 2006 2008 2013 2011 2016 2019 2021 -40% -30% -20% -10% 0% 10% 20% 30% 40% 50% Morgan
1y) Actual
R2: 0,8 opinioni / il cio
Il 2023 si preannuncia ricco di novità, dunque opportunità, ma da affrontarsi con estrema cautela. Osservata speciale l’inflazione, che continuerà a essere l’ago della bilancia.
Eps
Stanley Leading Earnings Indicator (Leading
S&P 500 Ltm Eps Growth y/y
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Sospetti da confermare
La disdetta di un contratto di lavoro per motivi gravi può poggiarsi anche su meri sospetti, purché la fondatezza venga dimostrata a posteriori.
Un contratto di lavoro ha ragione di esistere se fra le parti sussiste un legame di fiducia. Se questa viene meno, la solidità del vincolo contrattuale è messa in discussione e colui o colei che ha indelebilmente provocato la rottura del rapporto di fiducia deve aspettarsi addirittura l’interruzione del rapporto di lavoro con effetto immediato. Datore di lavoro e lavoratore possono infatti in ogni tempo recedere immediatamente dal rapporto di lavoro per cause gravi. Per legge, è considerata causa grave segnatamente ogni circostanza che non permetta per ragioni di buona fede di esigere da chi inoltra la disdetta che il contratto abbia a continuare, perché il rapporto di fiducia alla base si è irreparabilmente infranto.
Il diritto codificato non è tuttavia ulteriormente d’aiuto a chi si trova nella situazione di dover decidere per un licenziamento per motivi gravi. In soccorso giunge l’ampia giurisprudenza che si è sviluppata sul tema, che è piuttosto granitica nell’ammettere la cosiddetta disdetta in tronco solo in maniera restrittiva e unicamente per quei casi in cui la violazione di un obbligo contrattuale risulta essere sgorgante, ossia oggettivamente idonea a distruggere, o perlomeno a intaccare profondamente, quel rapporto di fiducia fra le parti, che a tutti gli effetti è la raison d’être di ogni contratto di lavoro.
Se, da un lato, la giurisprudenza è molto chiara nell’ancorare il principio secondo cui è necessario muoversi con particolare prudenza nell’espressione del licenziamento con effetto immediato, essa non si è d’altro canto sviluppata in modo tale da permettere agli ‘addetti ai lavori’ di decidere sul licenziamento in tronco, senza che nel singolo caso permanga ancora
quell’incertezza sulla validità o meno della disdetta stessa. Ciò proprio in ragione del fatto che determinanti sono sempre le circostanze del singolo caso concreto, dovendo il giudice tenere in debito conto la posizione e la responsabilità del lavoratore, il tipo e la durata del rapporto contrattuale, oltre alla natura e all’importanza dell’evento che ha portato alla rottura del rapporto di fiducia. Ma non sarà solo il giudice a dover vagliare tali aspetti. Sarà infatti in primis la parte che esprime la disdetta in tronco a doverli considerare nella propria motivazione, che nel caso della risoluzione immediata del contratto dovrà pure essere sostanziata e sorretta da
«Come dovrà comportarsi la parte che vuole pronunciare una disdetta del contratto di lavoro per motivi gravi, ma che dispone di soli sospetti con riguardo alla causa del licenziamento?»
un buon fondamento, senza dimenticare che la parte che la esprime si ritroverà nel contempo nella situazione di dover decidere con una certa urgenza.
Sorge dunque spontanea una domanda: come dovrà comportarsi quella parte che vuole pronunciare una disdetta del contratto di lavoro per motivi gravi, ma che dispone di soli sospetti (e non di prove concrete) con riguardo alla causa del licenziamento? Anche in quel caso la fiducia verso l’altra parte contrattuale sarà infatti indubbiamente ed indelebilmente compromessa, tanto da non permettere la continuazione del contratto di lavoro.
Ebbene, proprio in un caso ticinese, il
Tribunale federale ha di recente ribadito il principio secondo cui anche un sospetto può validamente portare al licenziamento immediato, ritenendo l’Altra Corte giustificata la risoluzione contrattuale sulla base dei meri sospetti nella misura in cui le ragioni che hanno portato alla rottura irreparabile del rapporto di fiducia possano e siano nel seguito anche dimostrati. In altre parole, il sospetto che ha portato al licenziamento deve rivelarsi fondato e comunque essere comprovato, semplicemente lo deve essere in un momento successivo rispetto a quello in cui è stata pronunciata la disdetta. È infatti la situazione reale che prevale, anche quando la stessa può (e deve) essere constatata posteriormente rispetto al momento della rescissione del contratto.
L’eccezione non sta dunque tanto nell’onere probatorio che in definitiva deve portare la parte che esprime la disdetta, ma piuttosto nella convinzione che quella parte aveva nell’istante in cui ha dovuto compiere l’atto giuridico della disdetta stessa, che può appunto essere data sulla base di meri sospetti. In tale circostanza è dunque importante essere coscienti del diritto di porre fine al contratto di lavoro per motivi gravi, ma pure che la lacuna probatoria in essere al momento della pronunzia della disdetta dovrà, prima o poi, essere colmata. Il rischio resta infatti in definitiva nelle mani di colui o colei che la disdetta l’ha espressa, che al più tardi nella fase processuale dovrà fare di tutto per accertare la realtà dei fatti, ossia dimostrare che i propri sospetti erano fondati.
24 · TM Dicembre 2022
Luca Cattaneo, avvocato e notaio, studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini, Lugano e Bellinzona.
opinioni / lo studio legale
Verde, con opportunità
Sono molteplici le ragioni che incoraggiano anche le aziende più piccole a includere la sostenibilità nella loro programmazione. Concreto il vantaggio che se ne trae.
dotti biologici e stoviglie riutilizzabili, le Pmi non soddisfano solo i desideri della clientela, ma riescono anche a distinguersi da una concorrenza meno sostenibile e a rafforzare di conseguenza la loro posizione sul mercato. Un esempio eloquente è quello offerto dalla azienda di torrefazione di caffè ViCafe di Zurigo, che nei propri Espresso Bar accorda uno sconto di 50 centesimi ai clienti che portano con sé la propria tazza riutilizzabile. Una misura che contribuisce a ridurre i rifiuti.
In un sondaggio condotto di recente da Ubs oltre la metà delle Pmi partecipanti ha indicato la sostenibilità come parte integrante della propria filosofia aziendale. Una di queste aziende è Ileve District, una start-up che si occupa di occhiali sportivi con sede a Berna. I titolari dell’azienda non hanno dubbi circa l’importanza di intraprendere la strada della sostenibilità, anche in ragione della responsabilità di ognuno verso il futuro.
C’è una motivazione individuale ad operare in modo sostenibile, ma allo stesso tempo aumenta la pressione dall’esterno. Sono quattro i motivi principali che spingono le Pmi ad occuparsi di sostenibilità, traendone vantaggio.
I clienti richiedono prodotti sostenibili.
I consumatori sono sempre più attenti alla sostenibilità. Il cambiamento climatico, come pure la pandemia di Covid19, ha acuito la nostra percezione. In un sondaggio condotto da Google, oltre l’80% degli intervistati ha dichiarato di prestare attenzione ai prodotti sostenibili al momento dell’acquisto. Questo vale non solo per tutti i beni di consumo, e si evidenzia per i generi alimentari. Questa tendenza si riflette anche nei due giganti svizzeri del commercio al dettaglio: Migros e Coop. Nel 2020 hanno aumentato il loro fatturato di prodotti alimentari biologici del 15% rispetto all’anno precedente. Un’evoluzione che continua da anni ed è stata accelerata dalla pandemia.
Con vestiti certificati Fairtrade, pro-
I committenti si aspettano catene di approvvigionamento sostenibili. Questo vale soprattutto per le imprese che lavorano materie prime provenienti dai Paesi emergenti. Sempre più spesso i committenti esigono dai propri fornitori la prova che i prodotti siano stati fabbricati in modo equo e sostenibile. In molti casi è un prerequisito necessario per aggiudicarsi gli appalti.
Per soddisfare tale condizione, le imprese del settore alimentare e dell’industria devono conoscere la propria catena di approvvigionamento. Secondo l’Ubs Outlook del 2021, ben due terzi delle Pmi operanti in questi settori hanno già una supply chain ‘verde’. Quanto maggiore è il numero di prestazioni preliminari fornite all’estero, tanto più importante diventa questo aspetto.
Anche l’azienda dell’esempio, ViCafe, attribuisce grande importanza alla sostenibilità lungo l’intera catena di creazione del valore. Come ha chiarito l’amministratore delegato: «Una catena del valore sostenibile è l’unica opzione a
26 · TM Dicembre 2022
Carlo Hildenbrand, Direttore Swisscom Business Ticino.
opinioni / l’esperto di telecomunicazioni
lungo termine» L’azienda infatti sostiene i coltivatori di caffè con un trasferimento di know-how relativo alla coltivazione biologica del caffè, ma offre anche un sostegno economico sotto forma di garanzie di acquisto e prezzi stabili.
E la già citata Ileve District produce i suoi occhiali sportivi in Svizzera poiché vuole conoscere i propri partner e semplificare i processi in Svizzera. Non da meno, per ridurre le distanze di trasporto e le emissioni di CO2.
Aumenta l’attrattività come datore di lavoro. I consumatori sono anche lavoratori: per molti collaboratori è importante avere un datore di lavoro sostenibile, perché rafforza il legame con l’azienda e la motivazione a lavorarci.
Sul mercato del lavoro le imprese sostenibili possono distinguersi e aumentare la
Report di Ubs del 2021, gli investitori istituzionali si concentrano maggiormente sugli investimenti sostenibili. La sostenibilità è un fattore importante anche per i piccoli investitori, perché le aziende sostenibili sono considerate meglio preparate ad affrontare il futuro, ad esempio in termini di leggi e regolamenti.
Le Pmi alla ricerca di investitori hanno quindi maggiori opportunità se possono presentare un’agenda sostenibile.
Nell’intento di ridurre i rapporti di dipendenza con un approvvigionamento energetico sostenibile, diversi cantoni svizzeri promuovono e chiedono l’abbandono delle fonti energetiche fossili. Per le Pmi, investire ad esempio in un impianto di riscaldamento a pompa di calore o in un impianto fotovoltaico sul tetto dell’azienda può risultare un inve-
In conclusione: la digitalizzazione promuove la sostenibilità. I processi digitali e le nuove tecnologie come l’IoT (internet delle cose) sostengono le Pmi nei loro sforzi volti a diventare più sostenibili. Giunge a questa conclusione lo studio sull’economia circolare condotto nel 2021 dalla Scuola universitaria professionale di economia di Berna (Bfh).
I processi digitali consentono, ad esempio, di tracciare una catena di approvvigionamento sostenibile. Inoltre, gli apparecchi collegati in rete possono segnalare il loro stato alla centrale, ottimizzando i processi di manutenzione ed evitando viaggi a vuoto. Oppure ‘Quick Win’: quanti più formulari, fatture e documenti vengono inviati in formato digitale, tanta più carta viene risparmiata.
La digitalizzazione di un processo ne
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Anatomia del brand
Il brand in pochi anni è divenuto il nuovo ariete per vincere l’agguerrita concorrenza di un mercato ormai globalizzato, e conquistare la fedeltà di un consumatore sempre più volubile e disaffezionato. Ma come si costruisce, e quali sono gli elementi alla base di questa misteriosa alchimia? L’impresa rimane la protagonista, ma deve sapersi raccontare molto più di prima e soprattutto meglio. Se costruire richiede anni e decenni, per distruggere bastano pochi click.
Tremendamente potente, sorprendentemente esplicativo, incredibilmente sintetico.
Dovrebbero essere queste le principali caratteristiche alla base di un brand di successo, andate poi dettagliandosi e raffinandosi nel corso del tempo, adeguandosi anche di volta in volta al mutato contesto, sociale e non solo, ma coerenti nella loro intramontabile efficacia. Eppure, allo stesso tempo, anche i migliori brand nascono e tramontano, se anche non muoiono, passano di moda, vengono rivisitati, adeguati a nuove esigenze del pubblico di riferimento o delle realtà di cui sono emanazione, con una fluidità a tratti sorprendente. Ma quanto è cambiato nel corso della storia a livello di natura ed essenza? Cosa è prevalso a svantaggio di cosa, e soprattutto dove e quando è nato il primo di sempre?
Ancora una volta, e non sorprende, il più potente brand di sempre sopravvive a distanza di venticinque secoli, e sotto molti aspetti gode ancora di inossidabile salute, essendo alla base dell’intera simbologia dell’attuale potenza egemone, gli Stati Uniti, che anche solo nell’espressione più rappresentativa dell’identità di una nazione, quella architettonica, non ne fanno mistero. Nella sua semplicità, si tratta di sole quattro lettere, racchiude l’essenza stessa di un popolo e di una cultura che hanno saputo distinguersi e lasciare un’indelebile traccia nella storia. Si tratta infatti di SPQR, la firma, in acronimo o per esteso, facilmente identificabile nell’ampia e capillare produzione architettonica e urbanistica della fu Repubblica e poi Impero, o della ancor più diffusa (ne sono stati trovati esemplari in Cina e India) numismatica romana.
È controversa nel cosa stia a indicare letteralmente, seppur si tratti comunque di sfumature andate molto probabilmente stratificandosi nel corso dei decenni successivi al 509 a.C., la fine della monarchia e la nascita della repubblica, ma nella sua accezione meglio consolidata recita: Senatus PopulusQue Romanus. Il Senato e il Popolo di Roma. Le fondamenta della società romana; da una parte il Senato, almeno inizialmente rappresentativo delle classi più elevate, dall’altro il Popolo, dunque i ceti meno elevati, da quella che attualmente verrebbe definita medio-alta borghesia, allora classe equestre, a scendere sino alla plebe. In questo senso schiavi e cittadini stranieri non figurano all’interno della definizione di popolo, che è infatti connotato da un attributo non privo di addentellati: romano. Ossia, gli aventi cittadinanza romana.
30 · TM Dicembre 2022
cover/ marketing a
cura di Federico Introzzi
Il Senato almeno inizialmente, all’epoca di Romolo, contava cento membri, gli uomini più anziani della comunità, e tali erano rimasti sino alla cacciata dell’ultimo re. A fronte di un costante ampliarsi dei ruoli e dei compiti in capo al Senato il numero dei suoi membri era andato aumentando, passando dagli iniziali 300, a 600 con Silla, e a 900 con Cesare, per poi tornare a 600 con Augusto. Un titolo vitalizio, che poteva essere però tolto dai censori qualora il reddito annuo del malcapitato fosse sceso sotto una certa soglia.
Nonostante in epoca repubblicana parallelamente all’ampliamento dei suoi membri fosse divenuto più rappresentativo della società romana, includendo dunque la borghesia, fu anche affiancato da una seconda assemblea popolare che ne controbilanciava i poteri, ma in età imperiale era stato man mano privato di tutte le sue funzioni, e i suoi membri rimasero tali a scopo meramente onorifico.
Eppure, Spqr non è solo una questione di natura giuridico-istituzionale romana, ma è l’emblema stesso di una cultura che nel corso dei secoli da semplice tribù di pastori divenne superpotenza dell’epoca, in un Mediterraneo particolarmente affollato, esercitando, ed è qui la vera forza, una fascinazione mistica nei confronti di tutti i popoli vicini e lontani, amici e meno. Tanto che furono combattute guerre per ottenere la cittadinanza romana, o per potersi insediare all’interno dei suoi confini adottando, seppur molto diluito, quello stile di vita che aveva reso Roma grande. Ma perché questo fu possibile?
Diversamente da quanto accadesse presso gli altri popoli, le decisioni più importanti erano sì prese dal Senato, che in casi di emergenza poteva agire in piena autonomia, ma soprattutto in nome del Popolo, ed era l’intera società a farsene poi liberamente e interamente carico. Del resto i romani erano cittadini liberi, e Roma una repubblica, c’era dunque un unico interesse superiore da tutelare che aveva quale precipitato ultimo proprio il concetto stesso di Urbe. Tutti agivano in chiave della gloria di Roma, un’idea romantica, ma esportata (e importata) con successo ai quattro angoli del mondo antico, con decisamente più efficacia di quanto non sia fatto maldestramente oggi. Ma cos’è un brand? È probabilmente questo il punto d’inizio di tutto, la radice spesso anche di non pochi problemi. Cos’è il brand, e quali elementi sono all’interno
della definizione che viene comunemente usata? Del resto, a dipendenza di dove venga tracciato il perimetro molto può cambiare. «Si tende molto erroneamente ad associarlo unicamente al marchio, quel simbolo che rappresenta l’azienda. Nulla di più sbagliato, il brand è sì un simbolo, ma che si muove, vive e parla, dà emozioni e si associa a persone, e sta qui la maggior difficoltà: far coincidere il marchio con tutti quegli elementi che
Il primo brand di successo della storia che sopravvive a distanza di 25 secoli è Roma, declinato in molte forme, e poi ripreso anche dagli Stati Uniti. Spqr, ossia Senatus PopulusQue Romanus, è stato il primo brand a essere ampiamente comunicato tramite produzione architettonica, la stampa dell’epoca, e la numismatica, ritrovata anche in Cina. Sopra, le tracce di Spqr in Europa e dintorni.
Dicembre 2022 TM · 31
Le tracce archeologiche di Roma in Europa e dintorni
«La forza di un brand è misurata dalla sua redditività, che deriva da un corretto posizionamento di mercato, ma molto spesso trova le sue origini anche al proprio interno, ad esempio in un capitale umano altamente specializzato, motivato e fedele all’azienda, che ne trasmette una
Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management
I brand meglio valutati Dati in mld di usd nell’ottobre 2021 (interbrand)
Marchio, nell’accezione più stretta del termine, che ha però a sua volta alle spalle una storia ben più che millenaria, e un’origine delle più umili e semplici. «Nonostante il branding venga da molti collegato a concetti relativamente recenti, il marchio quale semplice simbolo affonda le sue radici nell’antica Babilonia, nel 2000 a.C. Nasce infatti quale semplice segno distintivo di proprietà, con cui i contadini marchiavano il bestiame, e gli artigiani il frutto del loro lavoro, la ceramica, andato poi evolvendo nei secoli successivi, quando Greci e Romani usavano cartelli pittorici per rivolgersi a un pubblico di potenziali acquirenti analfabeti. Il marchio in questo senso differisce in misura sostanziale dal brand, che è invece la percezione complessiva che gli utenti hanno di un’azienda, il veicolo tramite cui si crea un legame di fiducia, ma non solo, con il cliente», riflette Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management.
Il marchio continua a premiare Rendimento di 100 dollari in un portafoglio migliori brand di Interbrand (2000: 100)
Le più importanti aziende al mondo, quotate e non, si contraddistinguono per la forza del brand che hanno saputo creare e alimentare nel corso del tempo. Investire in una di queste imprese genera una sovraperformance di rendimento nel lungo periodo assolutamente ingiustificabile se non proprio guardando al brand, che vale anche buona parte della capitalizzazione.
gli ruotano intorno. Con tutte le complicanze che un mondo globalizzato e digitalizzato implica. La sua importanza, che ne è anche la vera forza, è quella che viene percepita dal consumatore nell’acquistare un prodotto non tanto per le sue caratteristiche, seppur implicite, quanto per un senso di vicinanza e appartenenza maturato nel tempo», esordisce così Luca Ronchetti, Marketing Director e Business Development Manager di Veco Group.
Con sensibili riflessi anche da un punto di vista legale, dove la differenza è invece sì sostanziale. «I marchi sono, al pari dei brevetti, diritti proprietari, nel senso che conferiscono al titolare un diritto di proprietà sul segno, sia esso una parola, un elemento grafico, o più spesso l’insieme di queste due cose. A patto ovviamente che già a livello di ideazione e successivamente di creazione non si tralasci di valutarne gli elementi che più di altri determinano la concreta possibilità di renderlo difendibile, il che non è sempre così, nonostante la sua importanza», evidenzia Anna Tramontini, Ip Attorney e avvocato dello studio Fabiano Franke di Lugano. Trattandosi del collegamento più naturale tra azienda e cliente, il marchio riveste infatti un ruolo chiave, e in molti casi assorbe notevoli risorse, non solo finanziarie, per tutta la durata del business ma è anche per questo che di frequente è confuso con il brand, e dove terminino i confini dell’uno e inizino quelli dell’altro è per sua natura molto discutibile. «Parlando di brand l’associazione mentale più immediata è quella con una specifica linea di prodotti, unificati sotto una stessa ‘marca’ e pubblicizzati tramite coesi e coordinati sforzi di marketing a vario livello. Questo è quanto viene definito product branding. Su un altro piano, invece, vive il concetto di branding che si smarca da prodotti e servizi, e che deve essere inteso quale corporate brand, un concetto che riassume in sé l’identità dell’azienda, con-
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buona immagine»
Fonte: Inetrbrand Best Global Brands 2021 Ranking Brand Paese Settore Valore Var. y/y 1 Apple Usa Tech 408,2 +26% 2 Amazon Usa Retail 249,2 +24% 3 Microsoft Usa Tech 210,1 +27% 4 Google Usa Media 196,2 +19% 5 Samsung Corea del Sud Tech 74,6 +20% 6 Coca Cola Usa Aliment. 57,4 +1% 7 Toyota Giappone Auto 50,8 +5% 8 Mercedes Germania Auto 50,8 +3% 9 McDonald Usa Aliment. 45,8 +7% 10 Disney Usa Retail 44,1 +8%
Fonte: Elsevier, Helyion 2019 0 100 200 300 400 500 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 Interbrand Msci Acw
centrandone valore, competenze, cultura, relazioni, quegli elementi che rendono l’azienda unica agli occhi del mercato, quindi riconoscibile e differente da tutte le altre», nota Michele Terraneo, Director di Sri Management Consulting. A chi parliamo? La necessità di segnalarsi presso una clientela confrontata con una concorrenza sempre più serrata, e a livello sempre più generalistico e globale, negli ultimi anni ha riportato al centro quanto nel corso del tempo era andato perdendo in significatività, cedendo il passo a quelle che erano considerate nuove priorità. «L’identità risponde alla domanda fondamentale del ‘perché’, ossia quale sia la vera differenza tra l’azienda e il resto del mercato, cosa faccia la differenza rispetto alla sua concorrenza, e quindi perché debba essere scelta dai suoi clienti. Cosa ispira i clienti, ma anche al suo interno, gli stessi collaboratori a fare meglio degli altri nel lungo periodo. In questo senso non è un semplice strumento per massimizzare le vendite a breve termine, od ottimizzare l’efficacia degli investimenti in pubblicità e comunicazione, anzi, ma per fare sempre meglio in futuro», sottolinea Alexander Haldemann, Ceo di Publicis Groupe Switzerland.
Del resto come venga recepito e ‘vissuto’ il marchio dal suo mercato di riferimento ha in molti casi tutto fuorché del razionale, ed è proprio lì che esplicita tutta la sua forza attrattiva. Indipendentemente da quale sia il target con cui l’azienda voglia instaurare il dialogo. «Il rapporto consumatore – brand è un qualcosa di viscerale, il comportamento d’acquisto matura infatti quando quel brand ci piace ‘vestirlo’ e viverlo, divenendone anche inconsapevolmente ambasciatori. In questo i canali digitali e i social hanno giocato un ruolo importante, che ha però ormai raggiunto un livello di saturazione, e sarà difficile spingersi ancora oltre. Sta del resto maturando un senso di disaffezione nei confronti dei social da parte di un pubblico che è già profondamente cambiato; i giovani se ne sono andati, a favore di canali a ‘gruppi chiusi’ come può esserlo Whats’app, e hanno lasciato Facebook, Instagram e Twitter a un pubblico decisamente più maturo. Una tendenza di cui le aziende non potranno non tener conto a livello di strategia di comunicazione», enfatizza il manager di Veco. Una relazione, quella con il brand, destinata inevitabilmente a cambiare nel
«Il marchio è l’anello di congiunzione tra interno ed esterno, e ha il ruolo di creare una relazione simbiotica tra come l’azienda si vede, e come viene percepita, ma per essere davvero comunicata all’esterno, deve essere prima accettata e riconosciuta tale dall’azienda nel suo complesso, dal management ai collaboratori»
Alexander Haldemann, Ceo di Publicis Groupe Switzerland
I brand meglio valutati
Dati
corso del tempo, scontando fattori ben aldilà dei margini di manovra degli attori di mercato, culturali e demografici, costretti a recepirli come tali. «Se può effettivamente nascere sulla scorta di fattori oggettivi, come la qualità del prodotto e il posizionamento di mercato, nel tempo a pesare maggiormente è l’emotività tipica di una relazione già avviata, quale la fiducia. Il rapporto può però cambiare anche per altri fattori, ad esempio il passaggio
Complici anche le valutazioni molto gonfiate di Wall Street di inizio anno gli Stati Uniti si intestano tutti i brand più forti da un punto di vista finanziario, e quasi la metà del valore complessivo dei primi 500 brand al mondo. A farla da padrone sono del resto soprattutto aziende relativamente giovani, attive in nuove tecnologie e media, frutto della rivoluzione degli ultimi anni.
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in mld di usd nel gennaio
(Brand Finance) Fonte: Brand Finance Global 500 2022 2022 2021 Brand Paese Settore Valore Var. y/y 1 1 Apple Usa Tech 355,1 +35% 2 2 Amazon Usa Retail 350,3 +38% 3 3 Google Usa Media 263,4 +38% 4 4 Microsoft Usa Tech 184,2 +31% 5 6 Walmart Usa Retail 111,9 +20% 6 5 Samsung Corea del Sud Tech 107,3 +5% 7 7 Facebook Usa Media 101,2 +24% 12 12 Toyota Giappone Auto 64,3 +8% 19 22 Disney Usa Retail 57,1 +11% 23 24 Shell Regno Unito Energia 49,9 +18% Il valore del Brand In % del totale dei primi 500 al mondo Fonte: Brand Finance Global 500 21,8% 3,9% 4,0% 4,4% 6,8% 15,4% 14,4% 10,3% 7,2% 11,8% Energia Assicuraz. Automotive Costruzioni Telecom Media Finanza Tech Retail Altri Il valore del brand per Paese In % del totale dei primi 500 al mondo Fonte: Brand Finance Global 500 7,8% 1,4% India 1,7% Canada 2,7% Corea Sud 3,2% Regno Unito 3,6% Francia Giappone Germania 19,3% 48,6% 6,0% 5,7% Cina Stati Uniti Altri
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generazionale del pubblico di riferimento, o il cambiamento del prodotto stesso, e in questo la capacità di rinnovarsi è fondamentale per la sopravvivenza di un brand chiamato a confrontarsi sempre più spesso con social e mondo digitale, che se da un lato rappresentano certamente incredibili opportunità di crescita dall’altro anche sostanziali pericoli», riflette il Cio di Ubs. Eppure molto meno scontato di quanto non potrebbe logicamente sembrare è a chi appartenga il brand stesso. L’azienda ne è davvero l’unica detentrice, e dunque anche la vera artefice del suo successo,
I più forti marchi in Svizzera secondo una recente analisi di Mediafocus, società specializzata del settore. Le dimensioni sono proporzionali alla visibilità percepita del marchio.
Non son tutti marchi
Nonostante non sia dunque tutto, e anzi, nel corso degli anni al solo grafismo sono andati affiancandosi sforzi corali in tutte le altre direzioni, il marchio rimane un elemento fondamentale dell’ecosistema. Quindi? «Ha il ruolo fondamentale di segnalare il prodotto dell’azienda ai consumatori, riveste dunque una funzione economica molto importante, da qui la necessità di tutelarlo anche da un punto di vista legale, come per altro è possibile fare in tutti i Paesi, rivolgendosi agli Uffici brevetti e marchi, o all’autorità giudiziaria. Questo a patto di rispettare una serie di requisiti minimi, con cui è bene confrontarsi sin dalla sua nascita, onde evitare problemi successivi», sottolinea Tramontini. Non tutti i marchi sono tali allo stesso modo, e non sempre quelli che almeno in apparenza sembrano esserlo, sono alla resa dei conti riconosciuti essere veri e propri marchi. Cosa può fare la differenza? «Un primo requisito è la ‘capacità distintiva’, ossia l’abilità di un segno di contraddistinguere i beni offerti da un’azienda rispetto alla concorrenza. Tale capacità è tanto più intensa quanto più il segno è semanticamente distante dai beni che si vogliono contraddistinguere. È un elemento chiave alla base dell’analisi delle autorità competenti che può portare a rifiutare il deposito del marchio, proprio per mancanza di distintività. Non tutte le autorità sono però uguali, alcuni Paesi sono più sensibili di altri, e quello svizzero, l’Ipi, è uno dei più severi», prosegue l’avvocato. Certo, la modifica della componente più grafica, per avvicinarsi il più possibile alle richieste delle autorità è una soluzione percorribile anche in una fase successiva, ma in ogni caso lascerà il marchio debole, e limitatamente tutelabile. Ma c’è anche un secondo aspetto. «Altrettanto fondamentale, e questo rispetto a quanto è già stato registrato, è la novità: il segno depositato deve essere nuovo, non può essere identico o confondibile con uno che sia già stato registrato in prece-
denza per i medesimi prodotti o servizi, pena la violazione dei diritti degli stessi», nota Tramontini. Ma poi nella pratica come si declinano tali principi? «Si tratta di scendere a compromessi, tra desiderata del marketing, e requisiti legali. Si tende spesso a privilegiare marchi semi-descrittivi per l’immediatezza della comunicazione, ma questo li rende debolmente tutelabili. Ad esempio, nel caso di conserve alimentari ‘Le conserve della tradizione’ è un marchio nullo, né conserve né tradizione possono essere oggetto di diritto di proprietà, diverso sarebbe per ‘Le conserve della nonna Maria’, con l’immagine di un balcone fiorito. Potrebbe essere registrato, ma sarebbe comunque devole, dovrebbe infatti tollerare la presenza di un potenziale concorrente, ‘Le conserve di nonna Elisabetta’, senza balcone», riflette l’avvocato. Rispettare tali requisiti in determinate circostanze può dunque fare la differenza, ed evitare molte noie. «Dal punto di vista della ‘novità’ è sempre bene affidarsi a professionisti qualificati che possano condurre un’analisi preventiva. Succede molto spesso che anche dopo aver investito per creare un nuovo brand si scopra che il marchio scelto stia violando diritti altrui, e che quindi nella miglior ipotesi si debba ricominciare tutto da capo», conclude Tramontini.
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Brevetti che passione Richieste di deposito da residenti per mln di abitanti Fonte: Wipo 2021 728 6,502 4,504 5,214 2,623 5,201 3,154 3,835 3,102 3,503 1,419 3,257 2,973 2,444 1,062 2,369 1,781 2,125 2,103 1,719 954 1,667 2,063 1,646 1,691 1,420 532 1,227 CinaSvizzeraCoreadelSudGermaniaAustraliaRegnoUnito
Cile Russia ItaliaParaguaiStatiUnitiCanadaArgentinaBrasile
o insuccesso? «Per sua stessa natura, diversamente da quanto non si pensasse in passato, il brand non è affatto di esclusiva proprietà dell’azienda, al contrario appartiene a una più o meno folta comunità di portatori d’interesse che contribuiscono alla sua esistenza, dunque sì i collaboratori e il Top Management, ma anche i consumatori, i fornitori, gli investitori se non anche i Governi: tutti attori che maturano aspettative precise e diverse sullo stesso, e che con il loro operato possono impattarlo, o spingere l’azienda in una o nell’altra direzione. A patto di rispettare tali aspettative e di agire nel solco dell’identità comunicata questo non può che rafforzare l’azienda nel suo complesso, il che va ben oltre che non sostenerne le vendite», evidenzia il manager di Sri.
In un mondo dove tutto cambia, continuamente, e gli imprevisti sono all’ordine del giorno, la reattività delle imprese allo stagliarsi di sfide e minacce, sapendosi anche reinventare in tempi sorprendentemente rapidi, è diventata fondamentale. E a cambiare, anche idea, è sempre più spesso il target di riferimento. «I cambiamenti ci sono sempre stati, ed è per questo che le imprese hanno puntato molto su strategia e accurata pianificazione. Oggi è tutto molto più fluido, i consumatori hanno la capacità e la possibilità di essere sempre meglio informati, e prendono attivamente le loro decisioni d’acquisto, agendo con forte spirito critico, privilegiando quei prodotti che meglio esprimono i loro valori. Si può anche dire che in generale il mercato stia divenendo sempre più allergico a quello che sembra marketing superficiale, e vedono le stesse imprese sotto una nuova luce, quali responsabili di risolvere problemi e di avere un impatto positivo sulla società nel suo complesso», analizza il Ceo di Publicis. Questione di forza. Ma come si stanno misurando i brand con un contesto di mercato più aperto, e molto più complesso nella pratica? Come possono essere valutati efficacemente? «Nonostante oggi sia tutto più difficile, stare e competere sul mercato in primis, valutarne l’efficacia è divenuto paradossalmente più semplice. È sufficiente chiederlo al consumatore: consiglieresti il brand o il prodotto acquistato a un amico o familiare? In questo i nuovi canali digitali hanno sicuramente semplificato l’opera, rispetto ai focus group e alle ricerche di mercato di solo qualche anno fa, oggi imprese e clienti possono
«Si tende erroneamente ad associarlo unicamente al marchio, nulla di più sbagliato, il brand è sì un simbolo, ma che si muove, vive e parla, dà emozioni e si associa a persone, e sta qui la maggior difficoltà: far coincidere il marchio con tutti quegli elementi che gli ruotano intorno»
Luca Ronchetti, Marketing Director di Veco Group
I
I brand svizzeri più forti
I brand per
dialogare e interagire direttamente, il che consente di misurare il successo del brand in termini di awareness e recognition. Del resto, ed è bene non dimenticarlo, oggi più di ieri il brand è la via maestra per crescere», nota Ronchetti.
Un rapporto, quello con il pubblico, spesso tormentato e ondivago nei suoi rapporti di forza, in una metaforica partita di tennis, in cui giunti al quinto set ci si interroga sul come uscire dallo stallo. «Un
La Svizzera e il Vecchio Continente in generale possono contare su brand di aziende spesso molto anziane, e concentrate in nicchie di mercato, che sfuggono quindi alle prime posizioni delle classifiche, ma che al pari dei loro Paesi sono ancora in grado di esercitare un’indiscutibile leadership di mercato. Allo stesso tempo non sempre è detto
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che
in coppia.
potere del marchio e valore viaggiano
In mld chf, dati gennaio 2022 Fonte: Brand Finance Global 500 2022 2021 Paese Val. 1 1 Nestlé 19,2 2 2 Ubs 8,7 3 5 Roche 8,3 4 3 Rolex 7,7 5 4 Zurich 6,9 6 6 Credit Suisse 6,2 7 7 Nescafé 5,6 8 9 Swiss Re 5,6 9 8 Swisscom 5,6 10 10 Abb 4,8
brand svizzeri più valutati
indice 100, dati gennaio 2022 Fonte: Brand Finance Global 500 2022 2021 Paese Ind. 1 2 Swisscom 88,8 2 5 Lindt 87,1 3 1 Rolex 86,5 4 3 Nestlé 85,5 5 25 Lonza 84,8 6 4 Nescafé 84,4 7 7 Maggi 82,3 8 40 Logitech 81,2 9 27 Geberit 81,0 10 16 Roche 80,2
Il Global Soft Power Index 2022 Fonte: Brand Finance Global 500 2022 2021 Paese Ind. 1 6 Stati Uniti 70,7 2 3 Uk 64,9 3 1 Germania 64,6 4 8 Cina 64,2 5 2 Giappone 63,5 6 7 Francia 60,6 7 4 Canada 59,5 8 5 Svizzera 56,6 10 19 Italia 54,7 11 22 Spagna 53,0
Su
Quali Paesi contano?
Valore tot. in mld usd (var. y/y) per Paese Fonte: Brand Finance Global 500 R. Brand Valore Var. 1 Stati Uniti 26.472 +7% 2 Cina 21.528 +8% 3 Germania 4.504 +4% 4 Giappone 4.284 -3% 5 Regno Unito 4.115 +10% 6 Francia 3.152 +6% 9 Italia 2.155 +9% 10 Corea del Sud 1.911 +12% 12 Spagna 1.506 +3% 14 Svizzera 1.006 +5%
nazione
«Se si sono moltiplicate le forme in cui un marchio può essere declinato, e le sedi in cui utilizzarlo, al pari però sono aumentate le ipotesi di violazione. Il Diritto dei marchi è quindi evoluto, ma per sua natura rimane territoriale, e deve confrontarsi in un ambiente che è invece extraterritoriale, come internet»
Anna Tramontini, Avvocato studio Fabiano Franke
I brand più forti
Gli intangibili
I migliori Ceo
in un capitale umano altamente specializzato, motivato e fedele all’azienda, in grado dunque di trasmetterne una buona immagine», prosegue Guglielmin.
La forza di un brand è data dal potere e dalla riconoscibilità che gli viene attribuita da mercato e consumatori, e al pari dei brevetti rientra nel gran calderone degli asset intangibili spesso mal contabilizzati dalle imprese. Nel tutelarlo un ruolo chiave lo ricopre il Ceo stesso dell’azienda, sempre più spesso il precedente responsabile del marketing e della comunicazione.
buon brand è in grado sia di influenzare il mercato globale e dunque i consumatori, ma anche l’azienda produttrice nella sua interezza, che può diventarne la rappresentante, come avviene solitamente nei settori dell’alta gamma, dalla gioielleria, all’orologeria, alla moda. La forza di un brand è misurata dalla sua redditività, che deriva da un corretto posizionamento di mercato, ma molto spesso trova le sue origini anche al proprio interno, ad esempio
Una forza che può assumere dunque sfaccettature anche molto ampie e diversificate, all’interno oltre che verso l’esterno. «Quello del brand è un potere trasversale, influenza seppur con intensità diverse, consumatori e venditori, analisti oltre che in molti casi lo stesso imprenditore, che può dismettere una veste più operativa, per divenirne ambasciatore. Brunello Cucinelli è un caso emblematico, ma non il solo, essendo sempre più diffusa la figura del Ceo quale brand ambassador. La sua forza è misurata principalmente dai risultati finanziari, ma anche dalla soddisfazione del cliente, o dalla facilità per l’azienda di attrarre personale qualificato, elementi difficili da scorporare in sede di analisi», sintetizza il manager di Veco. Come nasce. La creazione da zero di un brand è un’operazione sicuramente molto articolata, che muove da assunti teorici rimasti tali nel corso del tempo, ma che allo stesso tempo negli ultimi anni si sono dovuti relazionare con un mutato contesto comunicativo, e sociale. Ma come nasce un brand? «All’interno del termine ‘strategia del brand’ si articola il piano che consente all’azienda di svelarsi al mercato, che muove dallo studio delle specificità dell’arena in cui dovrà competere, quindi del target audience e dei concorrenti, e sulla base di cui dovranno essere quindi formulate storia e mission. In una fase successiva bisogna mettere invece a fuoco tutti gli elementi che andranno a comporre il mosaico della ‘brand identity’, dunque il logo, i colori, i font, il design…», chiarisce il Cio di Ubs. All’atto pratico può però tutto risultare più complesso e molto meno lineare, con pesi e contrappesi da valutarsi di volta in volta. «La costruzione di un brand serio e riconoscibile richiede tempo, un dato essenziale, e può essere divisa in tre fasi. La prima, che può richiedere sino a un anno, prevede la creazione del marchio e la selezione di tutti gli elementi distintivi a esso ancillari. La seconda, tra tre e cinque anni, è la ‘strategia di posizionamento’, individuando i migliori strumenti per veicolarlo, lavorando su quella che viene definita ‘customer journey’, ovvero il percorso che un potenziale consumatore deve percorrere per arrivare a conoscere il brand», sintetizza Ronchetti, che prose-
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Su indice 100, dati gennaio
Fonte: Brand Finance Global 500 2022 2022 2021 Brand Paese Settore Indice Var. y/y 1 1 WeChat Cina Tech 93,3 -2,1 2 4 Coca Cola Usa Aliment. 93,3 +1,6 3 39 Google Usa Media 93,3 +7,1 4 27 Youtube Usa Tech 93,2 +6,2 7 2 Ferrari Italia Auto 90,9 -3,0 8 8 Amazon Usa Tech 90,3 +0,4 9 6 Deloitte Usa Servizi 90,2 -0,9 12 9 Disney Usa Retail 89,9 +0,3 21 19 Apple Usa Tech 88,9 +0,5 23 14 Swisscom Svizzera Telecom 88,8 -0,1
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Valore per settore (in % totale) Fonte: Brand Finance Gift 2022 ■ 2021 ■ 2022 Cosmetica & P. Care Internet e Software Aerospazio e Difesa Pharma Tech e IT Elettronica Alimentare Retail Telecom Tempo l. e Turismo Costruzioni Logistica Automotive Energia Linee aree Utility Assicurazioni Immobiliare 89 88 88 85 79 73 68 60 58 59 50 48 43 36 38 33 23 19 88 78 85 83 74 72 60 58 57 49 46 36 33 47 28 32 16 -11
Il Guardianship Index (max. 100) Fonte: Brand Finance Global 500 R. Azienda Ceo Ind. 1 Microsoft Satya Nadella 88,3 2 Apple Tim Cook 87,6 3 Great Wall Jianjun Wei 85,9 4 Tencent Huateng Ma 85,0 5 Google Sundar Pichai 83,3 7 Netflix R. Hastings 82,1 14 Deloitte Punit Renjen 78,3 16 BofA B. Moynihan 78,0 19 Toyota Akio Toyoda 77,4 21 Rolex J.F. Dufour 76,8
gue: «Metaforicamente, se nella prima ho confezionato l’abito che più mi si addice, nella seconda ho dovuto perfezionarne il portamento, capendo come farlo vivere, e a chi farlo indossare. La terza, che non ha una fine, è quella del mantenimento della promessa: sono riuscito a rispettare quanto promesso al consumatore? È quello che si definisce consolidamento del brand, il momento in cui tirare le somme dell’intera operazione e valutare». Ma chi sono? Alla base di un brand di successo si trova un’idea chiara di sé stessi, i cui contorni sono stati efficacemente definiti, e che sia dunque pronta per essere svelata al mercato. Facile a dirsi, difficile a farsi? «Una vera identità risponde a tre essenziali domande, la forza del brand dipende dall’efficacia delle risposte: dove vogliamo andare, quali sono le nostre convinzioni, cosa sappiamo fare. Dunque, visione, obiettivi non troppo vicini ma comunque raggiungibili che ci guidano; valori, i principi che regolano il comportamento dell’azienda, e a cui si ispirano i collaboratori nelle loro azioni; e competenze, i punti di forza, le capacità e le esperienze che ci consentono di avere successo», riflette il Ceo di Publicis.
Anche in questo caso la differenza tra brand e marchio rimane un dato importante. «Creare un nuovo logo, forgiare un nuovo slogan, e tappezzarvi qualunque superficie fisica e digitale disponibile non significa creare un brand, che è invece il risultato della sinergia tra vision, cultura aziendale e immagine. Ossia dove l’impresa vuole andare, come si percepisce al suo interno e come viene vissuta dai collaboratori, e com’è invece vista dall’esterno, e quali opinioni genera nei suoi interlocutori», nota Terraneo.
Nel corso dell’ultimo secolo, proprio per il progressivo ampliarsi del mercato, l’immagine che un’impresa da di sé è andata acquisendo rapidamente importanza, tanto da risultare oggi decisiva. «È la prima cosa che le persone notano, e mostrare un’immagine coerente trasmette fiducia e rassicura il cliente, che non si limita ad acquistare un bene, ma anche quello che un brand rappresenta, ad esempio, reputazione, prestigio, qualità… Un forte branding è oggi cruciale per competere sul mercato, dal momento che va a controbilanciare la rapida disaffezione e la scarsa fedeltà che la clientela dimostra. Per avere successo e distinguersi dalla concorrenza un’impresa deve dun-
«Il brand non è di esclusiva proprietà dell’azienda, al contrario appartiene a una comunità di stakeholder che contribuiscono alla sua esistenza, dunque sì i collaboratori e il Top Management, ma anche i consumatori, i fornitori, gli investitori, i Governi»
Michele Terraneo, Director di Sri Management Consulting
que avere una forte personalità, oltre che un’immagine precisa e coerente, sinonimi di affidabilità, e questo spiega l’importanza crescente che il brand manager è andato assumendo, e continuerà a farlo, negli ultimi anni», chiosa Guglielmin. I rischi del mestiere. Un’immagine sempre più importante reca inevitabilmente in dote notevoli opportunità, ma anche diverse potenziali minacce, andate solo accrescendosi con l’irrompere in am-
Investire in intangibili è una delle principali strade per crescere in un’economia globalizzata e segnata da una sempre più agguerrita concorrenza. A crescere di più i settori della New Economy, ma anche i più tradizionali che degli investimenti in ricerca e sviluppo sono ormai anni che vedono la ciambella di salvataggio per rimanere sul mercato, competitivi come in passato.
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La cavalcata degli intangibili Valore per tipologia di Asset dei primi 500 brand al mondo (in trl usd) Fonte: Brand Finance Gift 2022 2006 2010 2000 2008 1998 2002 2012 2004 2014 2016 2018 2020 2022 150 120 90 60 30 0 1996 ■ Asset tangibili netti ■ Asset intangibili dichiarati ■ Goodwill dichiarata ■ Valore non dichiarato Investire
paga Cagr medio annuo per settore (1995-2019), Stati Uniti e Top10 Paesi Ue Fonte: McKinsey 2021 Cagr valore lordo aggiunto Investimento medio in intangibili 0 6 2 14 4 8 20 10 4,0 1,0 12 3,0 16 18 0 2,0 Ict Istruzione Estrattivo Utility Stato Costruzioni Servizi Manifatturiero Retail Healthcare Trasporti e logistica Hotellerie e agroalimentare Intrattenimento Finanza e assicurazioni Media: 10,0% Media: 2,2%
in intangibili
Top 10 brand
Il
corre sui mercati
Tangere l’intangibile
Un’economia sempre più terziarizzata come può esserlo quella mondiale vede una parte preponderante degli investimenti delle imprese concentrarsi, specie nei Paesi più sviluppati, e seppur con alcune significative eccezioni, in ricerca e sviluppo. Un’attività particolarmente eterea, catturata comunque in minima parte dalle statistiche ufficiali, soprattutto nel caso delle Pmi, dove soprattutto la ricerca, oltre che ancor più importante il know-how in alcuni settori, in una dimensione familiare è destinata a scomparire a livello di bilancio. Se le Pmi sono la spina dorsale dell’economia svizzera ed europea, e contribuiscono a renderla particolarmente efficiente e reattiva al mutare del contesto congiunturale mondiale (si veda il drastico crollo nel consumo di gas del manifatturiero in novembre rispetto all’anno precedente), è anche nel non quotato che si concentra la ‘riserva di valore’ scarsamente contabilizzata dalle statistiche, che dunque hanno sì una valenza importante, ma meno in Europa che non negli altri continenti. Nella Top500 globale dei brand più forti e meglio valutati per forza di cose si possono trovare un’infinitesima parte del 99,8% delle imprese europee, che sono Pmi, in larghissima maggioranza non quotate. Stando però nel quotato, e a livello globale, dunque rientrando all’interno delle classifiche ufficiali, il ruolo giocato dai brand nel trainare la crescita delle imprese negli ultimi anni è divenuto via via sempre più decisivo. Oggi è proprio nella costruzione di un brand forte la via maestra per poter almeno sperare di crescere, a livello nazionale e internazionale. Ed è proprio tra gli intangibili che si trovano i marchi, parte fondamentale di quello stesso brand, seppur in presenza di sostanziali differenze da settore a settore. Tecnologia e lusso, ad esempio.
bito comunicativo della rivoluzione digitale. «Da un punto di vista legale si hanno oggi a disposizione potenti strumenti per tutelare il marchio, ma quanto deve essere davvero difeso è la credibilità del brand, dunque la sua reputazione, che per definizione vive in larga misura fuori da un contesto giuridico. Un brand screditato è morto, e i canali digitali lo espongono continuamente a questo rischio. Tecnologia e digitalizzazione in questo senso ne hanno certamente semplificato la costruzione, ma complicato a dismisura la tutela, e costituiscono la principale minaccia alla sua credibilità, da qui la scelta di molte aziende, ad esempio Gucci e Dyson, di uscire dai portali e-commerce multiprodotto, costruendone di propri», mette in evidenza il manager di Veco.
Una sfida significativa anche legale, andata rapidamente complicandosi in breve tempo. «Da un lato si sono moltiplicate le forme in cui un marchio può essere declinato, e le sedi in cui utilizzarlo, al pari però sono aumentate le ipotesi di violazione. Il Diritto dei marchi è quindi evoluto per offrire nuovi strumenti di difesa, ma per sua natura rimane territoriale, e deve confrontarsi in un ambiente che è invece extra-territoriale, come può esserlo internet. Un buon esempio è il fenomeno dei domain grabbing, ossia la tutela del dominio online, per cui soggetti che non ne hanno diritto registrano numerose varianti di domain name per sottrarli alla disponibilità del legittimo titolare, ed eventualmente rivenderglieli. Sono nati in tale ambito moderni servizi di sorveglianza che consentono di reagire rapidamente, rivolgendosi a panel arbitrali su modello dell’Icann», precisa l’avvocato.
Rete che costituisce però una minaccia anche sotto altri aspetti, che di legale non hanno nulla per definizione, e che per l’appunto restano più infime e significative. «Sebbene giochi un ruolo importante nell’accelerare la diffusione del marchio,
La sovraperformance di titoli dal brand particolarmente forte rispetto al benchmark di mercato è sicuramente dei più impietosi, specie se nel lungo periodo, con un distacco destinato ad ampliarsi nei prossimi mesi. Del resto si tratta anche di tutte le imprese a maggior capitalizzazione, da tempo.
38 · TM Dicembre 2022
nel caso di un non
Rendimento (%) di diversi veicoli dal 2006 al 2021 Fonte: KantarBrandZ 2006 2010 2009 2008 2007 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 Msci World Portafoglio brand più forti Portafoglio migliori brand S&P 500 115% 224% 363% 463% 400 300 200 100 0
Rendimento
Fonte: Brand Finance 2022 2010 2009 Base 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022
ottimale
brand
Il brand fa la differenza?
di 1 dollaro investito nel 2008
S&P 500
10 8 6 4 2 0
Top 10 (Valore del brand in % del valore dell’impresa)
posizionamento la tecnologia può diminuirne sensibilmente l’esclusività percepita. Un problema che va a intrecciarsi con il sottile rapporto che si instaura con la concorrenza; per avere successo non basta offrire un prodotto di qualità e ben posizionato, ma anche renderlo e mantenerlo attuale, comunicandolo al passo con i tempi, ma senza snaturarne l’identità», mette in evidenza il Cio di Ubs.
In questo il mercato, e dunque la clientela, ha un ruolo ancor più decisivo che non la concorrenza o la stessa tecnologia, ed è qui che si gioca la sfida delle sfide. «Il potere esercitato dall’insieme dei portatori d’interesse ha un impatto decisivo, sia in positivo, che in negativo, nel momento in cui le loro aspettative vengano deluse, o peggio, la loro fiducia risulti tradita. I mezzi di comunicazione di cui disponiamo oggi fungono da potente e democratica cassa di risonanza, dando voce all’opinione del singolo, senza che questi abbia una particolare autorità, con il rischio di diventare fulmineamente virale, influenzando il pensiero dell’intera comunità. Da qui la fondamentale esigenza di gestirlo, sapendolo fare, senza improvvisarsi», enfatizza il manager di Sri. I casi (non umani). Si tratta però di una materia estremamente pratica, che affonda inevitabilmente le sue radici sul campo, dove nasce, cresce ed evolve continuamente. Ecco dunque alcuni esempi di quanto stia accadendo ‘là fuori’. Facebook. Sono molti i problemi che ruotano intorno al consolidamento di un brand, molti sicuramente risolvibili, seppur non semplicemente, altri decisamente meno, tanto da giustificare operazioni radicali, e del tutto imprevedibili. Eppure… «È certamente un caso emblematico, quello del fu Facebook e oggi Meta. Nonostante fosse un brand famoso, e che stesse crescendo in riconoscibilità sino a pochi mesi fa, oggi è in totale declino e sta per scomparire. Al pari della celebre piattaforma, che può contare su sempre meno utenti, sempre più anziani, e che è stata intanto abbandonata non solo dai più giovani, ma dal suo stesso fondatore. A farvi eco, i numerosi licenziamenti, che non sono mai un toccasana per un brand. Sta intanto nascendo Meta che vorrebbe esserne l’evoluzione, ad esempio conservandone i colori, ed è qui che confluiscono le risorse. Un’operazione che solleva non poche perplessità, ma è ancora presto per giudicare», riflette Ronchetti.
I brand europei più forti Su indice 100, dati gennaio 2022
I brand europei più valutati
In mld eur, dati gennaio 2022
I brand dell’alta gamma
Top10 per
valore, in mld usd
I brand dell’alta gamma
Top10 per forza, su indice 100
Pantone . Il brand vive e sopravvive delle interazioni che ha con il mercato, e con il suo pubblico di riferimento, che rimane il suo costante banco di prova. «È finita di recente su tutti i giornali la presa di posizione dell’azienda statunitense Pantone rispetto al divieto di esporre bandiere arcobaleno, simbolo della comunità Lgbtq, durante i Mondiali di calcio in Qatar. L’azienda in collaborazione con l’associazione francese Stop Homophobie ha creato una bandiera a prova di divieti, sostituendo alle strisce arcobaleno i rispettivi codici pantone, su sfondo bianco. Una soluzione sicuramente ingegnosa che ha avuto il pregio di andare incontro ai suoi portatori d’interesse, evitandogli pesanti sanzioni, prendendo posizione su una tematica importante e molto sentita, rimanendo al tempo stesso coerente con i suoi valori fondanti», chiarisce Terraneo.
H&M. Se dunque interagire e raccogliere le istanze del pubblico di riferimento può certamente giocare a vantaggio, è vero anche l’opposto, in un’epoca in cui, almeno per certi versi, le bugie hanno le gambe corte. «Negli scorsi
L’Europa si distingue soprattutto nei settori di nicchia, legati alla tradizione, come può esserlo il lusso, in cui si distingue occupando quasi l’intera Top10, indipendentemente dal come la si calcoli. Al pari si affianca l’Automotive, di cui il Vecchio Continente resta, almeno per il momento, vera Patria.
mesi il colosso svedese dell’abbigliamento Hennes&Mauritz, la meglio nota H&M, è finita sotto i riflettori per aver diffuso dati sulla sostenibilità di alcuni suoi capi risultati non del tutto veritieri. La pressione derivante di Governi, associazioni di consumatori e media ha però costretto l’azienda a un pubblico ‘mea culpa’, e a donare cospicue somme a favore di ‘cause impegnate nella sostenibilità dell’industria della moda’. Se non sono ancora arrivate le sentenze delle autorità giudiziarie coinvolte, quello che è certo è il danno più pesante: l’accusa di aver tradito la promessa fatta dal proprio brand ai suoi stakeholder», evidenzia Terraneo.
Dicembre 2022 TM · 39
Brand Finance Global 500 R. Brand Paese Ind. 1 Ferrari Italia 90,9 2 Ernst&Young Uk 89,6 3 UnipolSai Italia 89,6 4 Swisscom Svizzera 88,8 5 Poste Italia Italia 88,6 6 Dior Francia 88,4 7 Premier Inn Uk 88,2 8 Heineken Olanda 87,7 9 Louis Vuitton Francia 87,4 10 Tfi Francia 87,6
Fonte:
Fonte: Brand Finance Global 500 R. Brand Paese Val. 1 Mercedes Germania 52,3 2 Deu Telek. Germania 51,8 3 Shell Uk 43,1 4 Allianz G. Germania 38,9 5 Volkswagen Italia 35,3 6 Bmw Germania 32,7 7 Porsche Germania 29,1 8 Louis Vuitton Francia 20,2 11 Nestlé Svizzera 17,9 17 Gucci Italia 15,6
Fonte: Brand Finance Global 500 R. Brand Paese Ind. 1 Ferrari Italia 90,9 2 Dior Francia 88,4 3 Louis Vuitton Francia 87,7 4 Gucci Italia 87,0 5 Estée Lauder Usa 87,0 6 Shangri-La Cina 86,6 7 Rolex Svizzera 86,5 8 Lancôme Francia 85,2 9 Porsche Germania 85,1 10 Aston Martin Uk 84,8
Fonte: Brand Finance Global 500 R. Brand Paese Val. 1 Porsche Germania 33,7 2 Louis Vuitton Francia 23,4 3 Gucci Italia 18,1 4 Chanel Francia 15,3 5 Hermés Francia 13,5 6 Cartier Francia 12,4 7 Dior Francia 9,0 8 Rolex Svizzera 8,4 9 Ferrari Italia 8,0 10 Estée Lauder Usa 7,9
Airbnb . Al centro di un qualunque brand si trova l’identità dell’azienda stessa, ed è proprio grazie a questa che in molti casi si riesce a giustificare il successo di quella che almeno in apparenza potrebbe sembrare un’idea ‘qualunque’, ma che come tale non è recepita. «La ‘struttura ricettiva’ più grande e variegata al mondo sino a pochi anni fa non esisteva, oggi può contare su circa tre milioni di camere, ossia più di quelle di Hilton, Marriott e InterContinental insieme. Si tratta di Airbnb, il cui obiettivo dichiarato è però fornire esperienze di viag gio uniche, diverse da persona a persona, all’interno di un ecosistema a cui tutti sentono di apparte nere, dunque qualcosa di molto più alto che non la semplice offerta di alloggi nel modo più efficiente possibile. È solo un esempio di come sia l’identità il miglior punto di riferimento per il futuro di un’azienda anche in tempi segnati da profondi cambiamenti», mette in evidenza Haldermann. Questione di strategia. L’importanza che il brand è andato assumendo negli ultimi anni ha un impatto molto deciso su gli equilibri interni delle stesse aziende, che sotto molti aspetti sono entrati in una nuova dimensione, in cui i ruoli tradizionali sono andati ribaltandosi. «I brand manager, coloro che lo gestiscono, stanno assumendo un ruolo sempre più decisivo nell’influenzare le scelte aziendali, e la strategia. Se vent’anni si trattava di avere un buon grafico, che ben si relazionasse con il responsabile vendite, oggi il Chief Marketing Officer riveste un ruolo molto più impegnativo, oltre che cruciale per il successo dell’azienda, tanto da divenirne spesso il Ceo. La sua principale sfida è mantenere in equilibrio identità, immagine e reputation. Non è cosa semplice, se si pensa che il brand è sempre in discussione, ogni 2-3 anni il posizionamento deve essere quanto meno analizzato, ed è sempre in movimento, bisogna essere sempre pronti ad anticipare quelle che saranno le decisioni del consumatore», sottolinea il manager di Veco.
Consumatore e mercato, che per definizione restano particolarmente volubili, e influenzabili dall’evolvere spesso precipitoso degli eventi. «Un primo passo è ammettere che la gestione del brand sia una priorità strategica, degna di nota e affidata al Top Management, cosa che ancora non accade. Un secondo è identificare quali siano i portatori d’interesse della società,
competenze e vision plasma l’identità, guida il modo in cui pensa e agisce in un’unica direzione l’azienda. Il marchio è l’anello di congiunzione tra interno ed esterno, e ha il ruolo di creare una relazione simbiotica tra come l’azienda si vede, e come viene percepita. È per questo che branding e strategia devono muovere sempre dall’identità, un mosaico complesso di domande e risposte cui devono prendere parte sì il Top Management, sì i responsabili del marketing, ma anche tutti i collaboratori. Per essere davvero comunicata all’esterno, l’identità deve essere prima accettata e riconosciuta tale dall’azienda stessa», conclude Alexander Haldemann, Ceo di Publicis Groupe Switzerland. Si è aperta ormai da tempo una nuova inedita fase, che rispetto all’apice del mondo ultra-globalizzato, potrebbe presto ritracciare, pur rimanendo nella logica del ‘tutti contro tutti’ . Una concorrenza serrata su scala mondiale, almeno a livello continente, in cui segnalarsi sarà sempre più complesso e difficile.
Il valore di tutti i principali brand divisi per settore, a guidare i Faangs, per quanto la correzione dei mercati di quest’anno vada ancora scontata.
e dunque ascoltarli, interpretandone humor e aspettative. Sulla base di questo orientare le decisioni aziendali, e delineare una strategia coerente e lineare. Ogni azione contribuisce a creare il brand, per questo il commitment strategico deve essere alla base di qualunque input creativo, l’epoca delle belle storie si è chiusa, l’era del capitalismo degli stakeholder è appena iniziata», nota il manager di Sri.
Eppure alla base di tutto è destinata a rimanere la conoscenza, di sé stessi, l’ingrediente fondamentale del successo di un’azienda. «L’interazione tra valori,
La soluzione sta forse nel mondo antico; un brand di successo non può prescindere dalla conoscenza di sé stesso, e dall’accettarsi per quello che è, e su questa base relazionarsi con il mercato. Resta valido il delfico Gnothi seautòn, ‘conosci te stesso’, o il latino ‘nosce te ipsum’.
Se è legittimo che per una serie di sviste il mercato, come spesso accade, possa sopravvalutare la solidità di un’impresa, e quindi anche del suo marchio, è bene che vi sia questa consapevolezza da parte dell’oggetto della valutazione, e che non sia ‘un fulmine a ciel sereno’. Meglio prudenzialmente sottovalutarsi, che non...
Nonostante la sua cruciale importanza non esiste però un’unica formula vincente per plasmare un brand di successo, la mistica alchimia alla base dei sorprendenti sviluppi di alcuni razionalmente non è spiegabile, indice del fatto che statistiche e indici non riusciranno mai a catturare ciò che più conta in economia, l’irrazionale. Meglio saperlo, che stupirsene. ❏
40 · TM Dicembre 2022
Il nuovo completamente elettrico
L’icona è tornata. L’ID. Buzz Cargo presenta una nuova dimensione della mobilità elettrica. È multifunzionale, completamente connesso e vanta un ampio vano di carico con spazio per due europallet. Con tecnologie innovative, funzioni intelligenti e un pieno di sostenibilità. Un van elettrico pensato per qualsiasi azienda, qualsiasi flotta e la quotidianità della vita lavorativa di oggi. Maggiori informazioni al sito idbuzzcargo.ch
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Un sorso di tecnologia
Con una storia millenaria, anche il vino sta al passo con i tempi. Anzi, se ne fa precursore. In piena tempesta ‘cripto’ (grazie al ciclone Ftx) fanno tendenza le tecnologie impiegate sia nella produzione del vino che nella sua commercializzazione. La Svizzera fa la sua parte.
Prendo lo spunto da una cantina spagnola, Maquina & Tabla (M&T), diretta da due giovani professionisti - un enologo, Oriol Illa, ed una specialista in marketing e prodotto digitale, Susana Pastor - che stanno ottenendo risultati sorprendenti producendo vino con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, grazie ed algoritmi da loro stessi sviluppati. Hanno poi scommesso, per la vendita, sull’uso della blockchain per tokenizzare i loro vini, ed ora persino i contratti a futuro (“en primeur”).
Soprattutto per quest’ultima iniziativa legata alla tokenizzazione, è interessante considerare come la Svizzera dovrebbe essere la migliore opzione per l’implementazione di questo tipo di progetti.
Per quanto riguarda l’uso dell’intelligenza artificiale, la cantina M&T ha sviluppato un sistema configurato come un manuale per la produzione di vino,
basato su una potente banca dati di referenze comparate, che permette loro di guidare il processo di produzione completo. M&T usa due modi differenti: un modo “outcome” che parte dal risultato finale, il vino desiderato, e che utilizza una ingegneria inversa per il disegno di tutti i passaggi dal vino fino alla materia prima: l’uva. Una volta iniziata la produzione, la cantina lavora in modo “income”, basandosi su parametri prestabiliti con l’obiettivo di adattare il processo di produzione del vino in modo da combinare la materia prima al disegno del vino voluto, passo dopo passo. Questo sistema, che permette così la creatività nella produzione, allo stesso tempo evita la creatività della raccolta (“harvest creativity”) che normalmente porta ad una deviazione del processo dal prodotto predesignato. Questo sistema permette infine di combinare una produzione artigianale precisa con una reale scalabilità. I risultati dell’in-
telligenza artificiale per la cantina M&T parlano da soli: hanno prodotto vini con la stessa puntuazione Parker delle cantine del Gruppo Vega Sicilia ma a meno di un terzo del prezzo sul mercato.
L’uso dell’intelligenza artificiale nella produzione di vino non è una novità assoluta. Così come sta evolvendo la ricerca nel campo dell’ingegneria agronoma in generale, il settore del vino si adegua sempre di più all’uso progressivamente più sofisticato delle nuove tecnologie basate non più solo sugli strumenti ma sempre di più sulla raccolta e l’analisi di dati attraverso programmi informatici.
L’intelligenza artificiale con un sistema basato su dispositivi magnetici, è capace di riconoscere un vino con il 95% di accuratezza, analizzando caratteristiche come l’acidità, il fruttato e l’amaro.
44 · TM Dicembre 2022
economia / testimonianze
Per quanto riguarda la raccolta di dati, vedremo sempre più spesso apparecchi quali droni, robots e sensori come parte integrante di vigneti. In Germania, per esempio, è il Governo stesso a finanziare progetti di ricerca sulle tecnologie basate su sensori. È il caso, come segnalano Markus Blaser e Uwe Kauss in un articolo pubblicato su Wein Plus del progetto Pinot (Progetto per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale per l’enologia e la tecnologia in viticoltura), finanziato dal Ministero federale tedesco dell’alimentazione e dell’agricoltura (Bmel) per un importo di 2,9 milioni di euro. “Qui, il Neustadt Wine Campus, il Campus Ambientale dell’Università di Scienze Applicate di Treviri, l’Istituto Fraunhofer per i circuiti integrati, le aziende Genie Enterprise e Vineyard Cloud, la società di ingegneria Wille Engineering e l’azienda vinicola Lergenmüller di Hainfeld (Palatinato) stanno sviluppando, tra le altre cose, un sistema di sensori basato sull’intelligenza artificiale che controlla il processo di fermentazione. Nella cantina Lergenmüller, i sensori di odore, sapore e consistenza monitorano la fermentazione. Secondo l’ingegnere Sebastian Wille, laureato a Hofheim, vicino a Francoforte, l’obiettivo è quello di “misurare gli aromi responsabili della qualità del vino durante il funzionamento, anche prima che il proprio naso possa rilevarli”. Questo dovrebbe aiutare, ad esempio, a evitare fermentazioni errate, come le famigerate bolle di idrogeno solforato, ma anche a garantire la qualità e l’autenticità dei vini. “Dai dati raccolti, il sistema impara a tenere conto delle numerose sfumature che compongono i vini. In questo modo è possibile individuare precocemente le incongruenze e prevedere in modo affidabile le fermentazioni difettose prima ancora che sia troppo tardi”, così l’ingegenere spiega il concetto, concludendo: “i maestri di cantina reagiscono a questo con interventi enologici e garantiscono così la qualità dei loro vini” (per maggiori informazioni sui progetti si rinvia a: www. weincampus-neustadt.de).
Oggi, grazie a uno studio dei ricercatori del National Institute of Standards and Technology della University of Maryland insieme alla Western Digital, l’Ia con un sistema basato su dispositivi magnetici, è capace di riconoscere un vino con il 95% di accuratezza, analizzando caratteristiche come l’acidità, il fruttato e l’amaro. Perso-
«Con la Legge federale sull’adeguamento del diritto federale agli sviluppi della tecnologia di registro distribuito del 25 settembre 2020, la Confederazione ha gettato le basi per permettere un quadro favorevole sia per la creazione che per l’uso della blockchain»
David Mülchi,
nalmente, ritengo che se la tecnologia può aiutare a produrre dei grandi vini, siamo in presenza di una meravigliosa notizia; se invece minaccia il piacere di degustarli allora ho delle perplessità.
Tornando alla spagnola M&T, cantina pioniera nel “tokenizzare” una botte di vino dell’annata 2020 e nel vendere i relativi tokens in poche settimane. La cantina sta ora studiando la possibilità di “tokenizzare” contratti di vendita a futuro (“en primeur”) di un prossimo progetto di vino di grande qualità. L’idea è molto interessante e s’inquadra in una nuova tendenza a livello internazionale di utilizzare la tecnologia blockchain, in particolare sotto forma di Nft, per la creazione di strumenti equivalenti, “mutatis mutandis”, a quelli frutto della cartolarizzazione tradizionale. Tokenizzare un bene o un diritto, dunque convertirlo in un attivo digitale, permette, con grande sicurezza tecnica grazie alla blockchain, di creare uno strumento che, con costi decisamente inferiori ad altri sistemi tradizionali, può essere facilmente trasmissibile ed essere integrato in un mercato secondario che può garantire una maggiore liquidità. Oggigiorno, nell’ambito della blockchain e in un’ottica internazionale, una delle principali questioni è come compaginare la sicurezza tecnica della blockchain con la sicurezza giuridica. E in questo contesto possiamo affermare che attualmente la Svizzera forse è il Paese che offre maggiori garanzie giuridiche in questo ambito. Con la Legge federale sull’adeguamento del diritto federale agli sviluppi della tecnologia di registro distribuito del 25 settembre 2020, la Confederazione ha gettato le basi per permettere un quadro favorevole sia per la creazione che per l’uso della blockchain.
A questo proposito è interessante osservare come il Dipartimento Federale delle Finanze nella scheda informativa pubblicata nel 2021 e titolata “La blockchain et les cryptoactifs dans le secteur financier: rôle pionnier de la Suisse sur le plan international” cita espressamente come esempio di definizione di cripto attivi il caso del vino tokenizzato (“D’autre part, ils désignent les jetons d’investissement, qui représentent des droits -par ex. des actions- ou des valeurs réelles -par ex. du vin-”). A livello pratico in Svizzera, grazie anche alla normativa sopra citata, troviamo le due principali banche specializzate nel settore della blockchain alle prese con “asset token” sotto forma di Nft. La Sygnum Bank ha partecipato in effetti al processo di tokenizzazione di vino attraverso una sua propria piattaforma, mentre la Seba Bank ha emesso Nft rappresentanti oro fisico. Per inciso, rispetto alla comparativa tra investimenti in oro ed in vino (ma anche nel mercato azionario), il vino presenta dei risultati che possono sorprendere. Anche se sarà necessario molto lavoro, investimenti e certamente del tempo, l’uso degli Nft come diritti valori che rappresentino contratti di vendita a futuro di vini, è senz’altro una prospettiva interessante ed allettante che troverà certamente uno spazio in un mercato con un’importanza poco conosciuta e che, anche grazie alle nuove tecnologie, potrebbe essere più facilmente accessibile (democratizzato) non solo per gli investitori finanziari ma anche per i collezionisti e, perché no, per i consumatori. Il tutto sotto l’ombrello protettivo dell’ordinamento giuridico svizzero pioniere in questo settore. Salute!
Dicembre 2022 TM · 45
Avvocato e socio dello Studio Mülchi & Asociados
Lancette puntate al futuro
Le previsioni sono favorevoli. Nonostante l’incremento dell’inflazione e la situazione geopolitica, la maggioranza dei dirigenti dell’industria orologiera svizzera si dice ottimista sull’andamento del settore. Ma quali sono i motivi alla base di questo ottimismo?
Nel 2021, Lvmh, il Gruppo Prada e Cartier hanno creato il Consorzio Aura Blockchain con l’obiettivo di definire standard per l’industria del lusso in innovazione, trasparenza e tecnologia blockchain.
2022 da parte di Swatch e Omega ha, almeno temporaneamente, dato agio agli orologi entry level, attraendo al settore numerosi nuovi appassionati.
Negli ultimi venti anni, il prezzo medio di esportazione degli orologi svizzeri è passato da circa 300 franchi a oltre 1.300, mentre le unità si sono quasi dimezzate.
Gli orologi di lusso sono visti come riserve di valore stabile, soprattutto in un mercato volatile con forti pressioni inflazionistiche. Il 2021 è stato, per l’industria orologiera svizzera, l’anno più forte di sempre. Con esportazioni che hanno raggiunto i 21,2 miliardi di franchi svizzeri. Un risultato che, nettamente superiore rispetto ai livelli pre-Covid, ha battuto il record del 2014. La domanda di orologi di lusso è stata elevata negli Stati Uniti e in Cina. Si è consolidato il passaggio agli orologi come asset class di beni. La digitalizzazione ha continuato ad aprire nuove vie d’acquisto e di pubblico.
Il 2022 è stato un anno più tranquillo; lo scenario internazionale ha introdotto molte sfide. Tuttavia, per l’orologeria svizzera, i numeri delle esportazioni sono rimasti ad ottimi livelli, con un aumento del valore delle esportazioni di orologi al quarzo pari al 13%, mentre le unità sono aumentate del 9%. Nel segmento meccanico, il valore delle esportazioni è
aumentato del 12%, a fronte di una diminuzione delle unità pari al 3.
I segnatempo di fascia alta hanno trainato la crescita complessiva del settore, durante la pandemia. E il trend continua.
Tanto che, intervistati dalla società di revisione e consulenza Deloitte in relazione al ‘Deloitte Swiss Watch Industry Study’ di quest’anno, la maggioranza dei dirigenti dell’industria orologiera svizzera prevede un anno favorevole per il settore.
Rispetto all’anno precedente, nel 2022 il valore degli orologi con prezzi all’esportazione superiori a 3mila franchi svizzeri è aumentato del 15%, i volumi del 12. Anche gli orologi con prezzi compresi tra 500 e 3mila franchi svizzeri hanno registrato una crescita del 6% in termini sia di valore che di volume, crescita sostenuta principalmente dagli orologi meccanici nella fascia alta del segmento.
Per contro, sono diminuite le vendite di orologi di prezzo compreso tra 200 e 500 franchi. Tuttavia, il successo seguito al lancio del MoonSwatch nel marzo del
Anche questi dati emergono dal ‘Deloitte Swiss Watch Industry Study 2022’, giunto quest’anno alla nona edizione. Lo Studio dal titolo ‘Recalibrating for the future’ si basa su un sondaggio online, condotto tra metà agosto e metà settembre 2022, con il coinvolgimento di settanta dirigenti di alto livello ed interviste a esperti del settore. Nello stesso periodo, Deloitte ha inoltre condotto un sondaggio online su 5’579 consumatori nel mercato nazionale e nei principali mercati di esportazione degli orologi svizzeri: Cina, Francia, Germania, Hong Kong, Italia, Giappone, Singapore, Svizzera, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Stati Uniti.
Tra i dirigenti intervistati, il 53% vede la diminuzione dei volumi come una minaccia per l’industria orologiera svizzera, mentre il 17% come un’opportunità, considerando che la rarità crea o spesso equivale al valore, reale o percepito, e una diminuzione dei volumi potrebbe anche essere un’occasione per rafforzare ulteriormente l’immagine di unicità degli orologi svizzeri di lusso. Il declino dei volumi di esportazione per categorie di
46 · TM Dicembre 2022
economia / studi
prezzo più basse si è accelerato con l’introduzione dell’Apple Watch nel 2015, seguito da altri smartwatch, il cui arrivo ha comportato un calo dei volumi di orologi esportati da 28mila unità (nel 2015) a 16mila (nel 2021).
Lo spostamento della preferenza dal quarzo al meccanico ha determinato invece un’impennata dei prezzi all’esportazione, con una media di 1.500 franchi svizzeri nel 2022, e un crollo delle unità esportate. Ne deriva un incremento dei ricavi, in particolare per alcuni Marchi, mentre i fornitori e l’industria in generale sono minacciati da tale riduzione dei volumi.
La maggior parte dei dirigenti del settore ritiene che gli Usa, Paese che già costituisce il mercato più importante per l’industria orologiera svizzera in termini di volumi (con il 15% degli orologi esportati nel 2022), saranno il prossimo grande mercato di crescita, seguito da India, Cina e dai Paesi del Golfo. Per Hong Kong si prevede invece che proseguirà il calo o la stagnazione. Europa (30%) e Giappone (6%) rimangono stabili.
Il top di gamma continua a registrare buone performance. Si prevede una crescita maggiore per gli orologi di fascia alta (tra 5mila e 25mila franchi) e molto alta (da 25mila franchi), mentre, per gli orologi di fascia media, una stagnazione.
Nell’attuale contesto economico, la domanda di orologi di lusso unita alle continue sfide della catena di fornitura ha portato a carenze di scorte e a ritardi nell’approvvigionamento di nuovi orologi di lusso. Il 43% dei marchi e dei rivenditori intervistati ritiene che questa scarsità attragga clienti in quanto aumenta il potenziale valore di rivendita.
Nonostante i tempi di attesa, la maggior parte dei consumatori (54%) è disposta ad aspettare per un orologio di lusso in quanto si considera l’acquisto come un investimento a lungo termine. La disponibilità ad aspettare è stata mediamente più alta nei Paesi europei (47%), seguiti dagli Stati Uniti (45%) e dai mercati asiatici (38%).
I risultati dello studio Deloitte 2022 evidenziano l’ascesa dell’e-commerce. Rispetto all’acquisto di un nuovo orologio, il 40% dei consumatori e il 45% degli intervistati sotto i 40 anni sono i più propensi ad acquistare online.
Tuttavia, la maggioranza dei dirigenti, del settore orologiero ritiene che i negozi
La forza dell’export Mercati di sbocco dell’orologiero svizzero (in % del totale, per valori)
Quale sarà il più importante nei prossimi 12 mesi?
tradizionali continueranno ad essere la piattaforma di vendita più importante nel prossimo futuro.
La preferenza per gli acquisti in negozio è più alta a Hong Kong (79%), Singapore (68%), Giappone e Svizzera (entrambi 67%). I grandi gruppi del lusso, Lvmh, Kering e Richemont, del resto, generano ancora una percentuale minima di ricavi complessivi al dettaglio dall’e-commerce. Anche se il settore orologiero svizzero, notoriamente conservatore, è stato lento nell’aprirsi all’e-commerce, secondo le stime di Deloitte, la quota di orologi acquistati online è destinata a raddoppiare fino a raggiungere il 30% entro il 2030.
Tra i consumatori intervistati, il 23% ha dichiarato che negli ultimi tempi è diventato più importante possedere un orologio, con una percentuale più alta per i Millennial (35%) e la Gen Z (33%). I marchi si stanno adattando a questo interesse dei giovani tra i 25 e i 45 anni attraverso la scelta degli ambasciatori del marchio, promuovendo le loro credenziali ambientali e sociali e con una forte presenza online.
L’orologiero svizzero si conferma in salute, ma accanto ai mercati tradizionali vanno prendendo quota alcune novità. Parallelamente, resistono i canali di vendita più tradizionali, quelli fisici.
Nel complesso, quasi un consumatore su quattro (23%) acquista segnatempo come investimento per poi rivenderli, con Singapore (33%), Hong Kong (32%) e Cina (29%) in testa alla classifica. Questo potrebbe anche spiegare perché i consumatori di alcuni mercati asiatici sono più disposti a spendere di più per gli orologi nuovi. In Cina, ad esempio, più di un terzo (35%) afferma che è disposto a spendere dai cinquemila franchi svizzeri in su per un nuovo orologio, mentre in Svizzera lo farebbe l’8% e in Francia solo il 2%. I consumatori che acquistano un orologio come investimento intendono rivenderlo a un prezzo più alto (36%) o cercano di diversificare il proprio portafoglio di investimenti (33%). I consumatori cinesi sono particolarmente interessati a diversificare
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Per canale di vendita, in % del totale Fonte: Deloitte 2022 31 34 33 5 9 14 2 2 3 0 2 3 24 19 25 16 15 11 11 11 3 11 9 8 Negozi
monomarca
2022 2021 2020
fisici
Negozi fisici di rivenditori autorizzati
Online, rivenditori autorizzati
Boutique e piattaforme proprietarie
Brand event Social media (Instagram, TikTok, etc.)
Pop-up store Saloni
Fonte:
2022 9% 31% 7% 12% 11% 14% 29% 7% 10% 12% 13% 29% 6% 10% 14% 11% 30% 6% 8% 15% 2019 2020 2021 2022 (I-VIII) Cina
Deloitte
Europa Giappone Hong Kong Stati Uniti
Dove lo acquisti?
Prospettiva
Dove lo acquisti?
Prospettiva nazionale delle preferenze d’acquisto per l’orologiero
Ma che dire della Generazione Alpha? Nata dopo il 2012, completamente digitale, giocherà un ruolo fondamentale nella società e nelle dinamiche di consumo e per il futuro successo del settore.
loro orologi sul mercato secondario. La maggior parte di essi lo fa attraverso programmi di riacquisto e la gestione dei livelli di produzione (entrambi 37%). Mentre per il lancio delle novità, più di tre quarti dei dirigenti (76%) concorda sul fatto che fiere dell’orologeria come Watches & Wonders saranno essenziali per il settore in futuro.
Sebbene marchi e rivenditori continuino a espandere le loro offerte digitali, l’esperienza in negozio rimane importantissima particolarmente come canale esperienziale. Gli acquisti di lusso sono emotivi. Non si acquista solo un prodotto, ma anche la storia e i valori di un marchio.
E il travel retail tornerà a essere un forte canale di vendita per l’industria orologiera svizzera.
il proprio portafoglio (55%) inserendovi gli orologi.
Quanto alla sostenibilità, solo il 32% degli intervistati ritiene che sia più importante dell’immagine del marchio. Mentre uno su cinque (21%) dichiara che l’immagine del marchio è più importante della sostenibilità.
Gli orologi sono una questione di gusto, non di genere. Tuttavia, il 44% delle donne preferisce design specifici, mentre il 26% preferisce opzioni unisex. Nel contempo, quasi la metà dei marchi sta ampliando la propria gamma di modelli su misura per le donne e un terzo sta cercando di offrire dimensioni adatte alle donne. I marchi vedono un futuro brillante con le acquirenti donne.
Intanto, si assiste ad una crescita continua del mercato dell’usato. Con quasi un terzo dei clienti (31%) che prevede di acquistarne uno nel prossimo anno e con le aziende che stanno creando i propri canali di vendita specifici. Il 48% degli intervistati tra i Millennial e la Gen Z afferma di essere interessato; attrae la
possibilità di acquistare un orologio di lusso a un prezzo inferiore (44%), mentre, per il 29%, l’acquisto di un modello fuori produzione; in Cina, invece, l’acquisto di un modello fuori produzione è la motivazione principale (42%). Inoltre, il 21% ha dichiarato che prenderebbe in considerazione l’acquisto di un orologio di seconda mano per motivi ambientali.
Oltre il 70% degli esponenti del settore orologiero intervistati ritiene che il mercato dell’usato influenzi positivamente la percezione e il valore del marchio e apprezza l’impatto positivo che ha sulla notorietà e sulla visibilità dell’industria orologiera nel suo complesso. L’attuale dimensione del mercato, pari a circa 20 miliardi di franchi svizzeri, nelle previsioni di Deloitte sembra destinato a crescere in modo significativo nei prossimi anni. Raggiungerà probabilmente quasi 35 miliardi di franchi svizzeri entro la fine del decennio, ossia oltre la metà del mercato primario.
Esistono diversi modi in cui i marchi gestiscono attivamente il valore dei
Guardando al futuro, tra i marchi intervistati, oltre la metà (57%) sta pianificando di lanciare un Nft entro i prossimi dodici mesi, soprattutto per offrire un gemello digitale di un orologio vero e proprio, come accessorio indossabile nel Metaverso: il 40% dei consumatori intervistati è interessato, soprattutto in Cina (82%) e negli Emirati Arabi Uniti (76%).Tuttavia, quasi un terzo dei consumatori non comprende ancora gli Nft, soprattutto in Francia (47%), Giappone e Svizzera (entrambi 38%).
Anche la sostenibilità è un tema importante. Lanciata nell’ottobre del 2021, la Watch & Jewellery Initiative 2030 è stata cofondata da Kering e Cartier per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità dell’Onu. Un orologio meccanico ben fatto è per definizione sostenibile. Può essere tramandato, riparato e i suoi componenti possono essere riciclati.
L’orologiero svizzero è un ecosistema complesso e il suo successo dipenderà anche dal rispetto del suo patrimonio.Con la sua longevità e la sua mentalità innovativa, unita al suo spirito e alla sua passione, l’industria orologiera svizzera ha tutti i componenti necessari per ricalibrare con successo il proprio futuro.
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Giulio De Biase
l’orologiero Fonte: Deloitte 2022 66% 59% 20% 8% 25% 12% 6% 53% 54% 19% 24% 23% 19% Baby Boomer Generatione X Millennial/Generaz. Y Generazione Z Boutique Altro (Social media, case d’aste...) Online, direttamente dalla casa madre Online, piattaforme multibrand o proprietarie
generazionale, e per preferenze d’acquisto per
Fonte: Deloitte 2022 Online Offline Uk Usa Hong Kong Cina Svizzera Giapp. Italia Germania Francia Uae Singapore 21% 32% 33% 33% 36% 39% 44% 49% 50% 52% 52% 79% 68% 67% 67% 64% 61% 56% 51% 50% 48% 48%
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Un tempo quasi eterno
Una
complicazione divenuta sempre più ambìta, il calendario perpetuo è un fiore all’occhiello dell’alta orologeria. Sia per la tecnica sia per l’estetica ‘complicata’ e raffinata.
Rientra nell’olimpo delle grandi complicazioni orologiere. Il calendario perpetuo consente, in un orologio da polso, di leggere il giorno della settimana relativo a una data di qualsiasi anno. Rappresenta una rivoluzione e, in qualche modo, collega l’alta orologeria come la conosciamo oggi e Papa Gregorio XIII. Fu lui infatti, nel 1582, a introdurre il Calendario Gregoriano (o cristiano), in sostituzione del calendario giuliano. L’iniziativa fu decretata perché il calendario giuliano era undici minuti più lungo dell’anno solare, con la conseguenza che si spostava la primavera di un giorno ogni 130 anni e, in particolare, si spostava la data della Pasqua. Nel calendario gregoriano i mesi sono dodici, di durata differente, e i giorni totali sono 365 o 366. Quest’ultima distinzione
dipende dal fatto che si tratti di un anno bisestile o meno.
Fino al 1955 gli orologi perpetui non erano in grado di correggere il calcolo degli anni bisestili, dovevano quindi essere aggiornati manualmente ogni quattro anni.Infatti, nonostante il suo attributo ‘perpetuo’ faccia pensare a qualcosa di eterno, capace di adattarsi autonomamente a tutte le regole del tempo, in realtà questa complicazione non tiene in considerazione gli anni secolari. È tale l’anno che sia divisibile per 100.
In alto, bozza tecnica del calendario perpetuo realizzato da Kurt Klaus; ingegnoso, ma facile da usare, fu lanciato nel 1985.
A destra, orologio da taschino savonette con calibro Jones, 1874.
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economia / maison orologiere
Infatti, secondo il calendario gregoriano, sono bisestili solo gli anni secolari divisibili per 400 (1600, 2000, 2400…). Quindi, secondo questa regola, nel 2100, anno secolare ma non bisestile (perché non divisibile per 400) tutti gli orologi dotati di questa complicazione dovranno essere rego lati manualmente di un giorno.
L’ingegno degli artigiani svizzeri ha però permesso di superare anche questa difficoltà con l’invenzione del Calenda rio Perpetuo Secolare. Questo meccanismo, tramite un satellite a quattro punte, tre lunghe e una corta, compie una rotazione completa in 4 secoli e determina gli anni secolari bisestili e quelli non. È infatti uno dei movimenti più lenti dell’orologeria.
Tra i marchi che hanno dato un impulso allo sviluppo di questa categoria di segnatempo, con Patek Philippe e Audemars Piguet (e non solo) c’è Iwc Schaffhausen, i cui due modelli di calendario perpetuo più rappresentativi sono l’Iwc Portugieser Calendario Perpetuo e l’Iwc Da Vinci Calendario Perpetuo. «Il calendario perpetuo fa il suo ritorno nella collezione Portofino», esordisce Christoph Grainger-Herr, Ceo di Iwc Schaffhausen, «disponibile in due versioni, con un diametro di quaranta millimetri, il Portofino Perpetual Calendar è anche il più piccolo calendario perpetuo tra quelli proposti
da Iwc». Oltre a mostrare data, giorno della settimana e mese, il calendario è dotato dell’indicazione perpetua delle fasi lunari di Iwc che devia di un solo giorno dall’orbita del nostro satellite ogni 577,5 anni. Nessuna complicazione rispecchia l’approccio tecnico di Iwc meglio del calendario perpetuo.
Sviluppato negli anni Ottanta, all’apice della crisi del quarzo, dall’allora capo orologiaio Kurt Klaus e costituito da 80 componenti disposti in modo ingegnoso, il calendario si distingue per la sua grande autonomia e facilità d’uso. Kurt Klaus sviluppò un procedimento tecnico per trasporre il calendario gregoriano, con le sue varie anomalie, in un programma meccanico per orologio da polso. Il suo ingegnoso calendario perpetuo, lanciato nel 1985 con il modello Da Vinci Perpetual Calendar, indica la data, il giorno, il mese, l’anno a quattro cifre e le fasi lunari. Il programma meccanico intelligente riconosce automaticamente le diverse durate dei mesi e aggiunge un giorno bisestile alla fine di febbraio ogni quattro anni. L’indicazione delle fasi lunari, inoltre, è talmente precisa da presentare uno scarto rispetto alla fase reale della luna di un solo giorno dopo 577,5 anni. Tutte le indicazioni sono perfettamente sincronizzate e si possono regolare ruotando semplicemente la corona. Alcuni modelli sono
Sopra, Christoph Grainger-Herr, amministratore delegato di Iwc Schaffhausen. La Maison orologiera è stata fondata nel 1868 da Florentine Ariosto Jones, orologiaio e ingegnere, giunto in Svizzera dall’America. In alto a sinistra, il primo Portofino con calendario perpetuo in acciaio; con la sua cassa di soli 40 millimetri, è attualmente l’orologio con calendario perpetuo più piccolo delle collezioni Iwc Schaffhausen. In basso, il primo calendario perpetuo (Da Vinci Perpetual Calendar) e bozza del design di Hanno Burtscher.
dotati di un ulteriore cursore dei secoli, così l’orologio potrà continuare a mostrare la data fino al 2499. Il calendario richiede solo una piccola regolazione negli anni secolari non bisestili, come nel caso del 2100, 2200 e 2300. Alcune versioni del calendario hanno doppie indicazioni delle fasi lunari e mostrano le fasi lunari negli emisferi Nord e Sud. L’obiettivo di questo movimento era il funzionamento più confortevole possibile attraverso una rapida regolazione della data e un design
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semplice della complicazione, per poterlo produrre in serie. Una curiosità: quando nel 1985 il calendario perpetuo fu lanciato in occasione del Salone dell’Orologeria di Basilea, ciò avvenne non senza qualche inconveniente. Kurt Klaus terminò un prototipo funzionante all’ultimo minuto e riuscì a inviarlo a Basilea appena in tempo per la presentazione. Evocativo il nome, che si rifa al leggendario inventore Leonardo da Vinci con la sua capacità di creare innovazioni bellissime e tecnologicamente all’avanguardia, cosa che lo ha reso una delle personalità più importanti del Rinascimento e non solo.
La ricerca dell’invenzione e dell’improvvisazione è da sempre il leitmotiv della storia del Da Vinci. Il calendario perpetuo di Kurt Klaus stabilì nuovi stan-
dard in termini di semplicità ed efficienza e permise a Iwc di entrare nell’olimpo dell’alta orologeria.
Ma, facendo un passo indietro, c’è un altro ingegnoso artefice nella storia del Marchio.
Si tratta Florentine Ariosto Jones, orologiaio e ingegnere. Arrivato nel 1867 in Europa dall’America, era intenzionato a creare la sua impresa in cui ‘combinare tutta l’eccellenza del sistema americano di produzione meccanizzata con il più sapiente lavoro manuale svizzero’. L’idea era impiegare il cosiddetto ‘sistema americano’ per la fabbricazione degli orologi. Sviluppato originariamente per la produzione di armamenti, il sistema richiedeva componenti intercambiabili e di alta precisione, ideale quindi anche per
Il nuovo Manufakturzentrum della Maison riunisce la tradizione orologiera artigianale con i metodi di produzione e le tecnologie più moderni. Nel Manufakturzentrum, che ha sede nell’omonima cittadina, Iwc Schaffhausen riunisce la produzione di componenti, movimenti di manifattura e casse in un’unica sede.
il settore orologiero, che doveva rispondere agli stessi requisiti. Un importante vantaggio nella scelta di Sciaffusa come sede per l’azienda era la topografia della regione, in grado di fornire ampi quantitativi di energia idraulica per gli impianti su cui si basava il modello produttivo di Jones. L’approccio di Jones è ancora parte dell’approccio che Iwc applica nella realizzazione dei suoi orologi, e i valori di oggi sono gli stessi che caratterizzavano la visione originaria: «Realizzare orologi solidi, affidabili, robusti ed estremamente precisi, macchine dal funzionamento impeccabile che esprimono il gusto delle cose benfatte, forgiate dall’imprescindibile lavoro di abili artigiani. È proprio in questa combinazione di perfetta funzionalità e sobria eleganza artigianale che la visione di Florentine Ariosto Jones è ancora viva oggi in Iwc», nota Christoph Grainger-Herr.
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Simona Manzione
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Ottimizzare si può
In mesi particolarmente caldi sul fronte dei consumi, e quindi anche dei risparmi, in ambito energetico è possibile adottare già nell’immediato alcune semplici misure per iniziare a muoversi in tale direzione. Ma quali sono le principali, e quanto sono percorribili?
Misure e... contromisure
Per rispondere al caro energia sono diversi i provvedimenti che le singole imprese possono adottare, anche con buoni margini di autonomia. Si dividono in tre principali categorie, di portata ed effetti molto diversi: quelle immediate o operative; quelle a breve termine e investimenti minimi; oltre a quelle di più lungo termine, ma in presenza di significative risorse investite. L’ottimizzazione energetica dell’esercizio è adatta sia alle grandi aziende che alle piccole e medie imprese, e può essere effettuata in tutte le tipologie di edifici. Poiché le misure adottate si riferiscono principalmente a controllare le regolazioni tecniche, anche l’età dei sistemi è rilevante ai fini dell’implementazione. Ma quali sono questi possibili accorgimenti?
- Nella prima categoria di misure, immediate o operative, rientra il cambio dell’attitudine dell’utilizzatore, a cui viene richiesto di spegnere le luci o di utilizzare la modalità di risparmio energetico per gli apparecchi. Altre misure sono, ad esempio, la riduzione dell’illuminazione esterna e la regolazione dei timer. Per le aziende nel ramo produttivo, una valida misura è monitorare e intervenire sulle punte di utilizzo di corrente. Una buona parte delle aziende elettriche offre gratuitamente ai clienti misurazioni temporali dei carichi sulla rete. Queste informazioni, integrate da registrazioni operative come i tempi di funzionamento dell’impianto e i consumi complessivi, offrono l’opportunità di organizzare meglio l’utilizzo dell’impianto nel corso della giornata;
- Misure a investimento minimo sono invece ad esempio l’utilizzo di rilevatori di movimento in corridoi e locali secondari, di interruttori temporali, di lampade a risparmio energetico, l’ottimizzazione dell’isolazione delle installazioni quali condotte, bruciatore, caldaia. Una misura piuttosto efficace è anche la pulizia e manutenzione periodica degli impianti e dei canali di ventilazione, come mette in evidenza Colombo: «Nei canali adibiti al trasporto dell’aria, indifferentemente che siano volti ad aspirare o a immettere aria in un ambiente, con l’utilizzo si accumulano polvere e sporco. Se un impianto è ben mantenuto e pulito, sarà necessaria meno energia per farlo funzionare come da aspettative, senza contare che l’impianto stesso avrà un ciclo vita più lungo, sarà più sicuro e offrirà un ambiente di lavoro confortevole ai collaboratori»;
- Infine, le misure di investimento, come suggerisce il nome stesso, implicano un impegno finanziario maggiore perché coinvolgono ad esempio la sostituzione di un impianto o di parti di esso che ne limitano l’efficienza energetica. Oppure ancora, come nel caso menzionato prima in cui si cerca di evitare punte di utilizzo della corrente elettrica, l’installazione di sistemi di gestione del carico energetico. Qualche numero che meglio dimostri la portata che alcune semplici contromisure possono avere nella quotidianità di molte imprese? Iss Facility Services, a livello svizzero, nel 2021 ha effettuato oltre 110 ispezioni energetiche e ha proposto ai propri clienti oltre 300 misure di efficientamento energetico con un potenziale stimato di risparmio energetico di oltre sei milioni di kWh/a, ossia il consumo di elettricità annuo di 1.330 famiglie di quattro persone.
Il funzionamento degli impianti tecnici degli edifici rappresenta circa il 70% dei costi totali di un edificio durante il suo ciclo di vita. Elettrotecnica (illuminazione, apparecchi elettrici degli uffici, scale mobili, generatori, server ecc.), riscaldamento, aereazione e climatizzazione sono presenti in tutti gli edifici e stabilimenti: con un’ottimizzazione energetica del funzionamento è possibile risparmiare, in media, fino al 15% sui costi energetici in un lustro. Poiché spesso non sono necessari grandi investimenti strutturali, il periodo di ammortamento delle spese iniziali è generalmente inferiore ai due anni. Inoltre, l’ottimizzazione dell’esercizio è sostenuta da sovvenzioni cantonali tramite il Programma cantonale incentivi ed il Fondo Energie Rinnovabili (Fer), che migliorano ulteriormente la performance finanziaria dell’investimento.
Ma cosa significa ottimizzazione energetica dell’esercizio? Matteo Colombo, Facility Services Director e Ingegnere specialista in management energetico di Iss Facility Services, chiarisce: «È un metodo pratico per ottimizzare gli impianti tecnici degli edifici senza grandi investimenti finanziari e costruttivi, con l’obiettivo di ridurre il consumo di energia attraverso semplici misure. La priorità assoluta è quella di garantire che il sistema venga utilizzato in modo adeguato all’effettivo utilizzo senza ridurre il comfort degli utenti dell’edificio, come da normativa Sia 2048».
Le possibili misure che possono essere intraprese in termini di risparmio energetico si dividono in tre macrocategorie: - quelle immediate o operative: questi cosiddetti Quick Wins hanno come principale obiettivo la diminuzione del consumo energetico con adattamenti immediati e a basso costo che portano ad un rapido risparmio di costi;
54 · TM Dicembre 2022
economia / energia
- quelle a corto termine: non dipendono da pianificazioni a lungo termine e quindi, possono essere previste e implementate molto rapidamente. Sono composte da piccoli investimenti e quindi da un breve tempo di ammortamento;
- quelle a lungo termine o d’investimento: si tratta di misure a lungo termine che comportano un elevato investimento, con un esteso ammortamento. Il Suglio Business Center. A seguito dell’acquisizione da parte del gruppo Artisa nel luglio 2020 dell’intera area che lo ospita, comprendente gli spazi verdi e i parcheggi, il Suglio Business Center rappresenterà un polo centrale nello sviluppo del progetto ‘Innovation district’, che prevede la creazione di nuove superfici a disposizione di aziende di varie dimensioni e nuovi parcheggi.
L’immobile di oltre 20mila m2 conta oggi una folta schiera di inquilini, tra i quali Ubs, Swiss Life, Supsi, Michael Kors e Fondazione Agire oltre a Iss, che ne occupano gli spazi quasi completamente. Con il tema della possibile scarsità di energia che si è fatto sempre più caldo, già nel corso dell’estate Artisa si è mossa in modo proattivo, consultando il suo partner per la gestione tecnica dell’edificio per identificare possibili misure di risparmio energetico che potessero essere implementate nel breve e avere un impatto sostenibile sulle operazioni.
Realizzato già a metà degli anni ‘90 dagli architetti Schnebli, Ammann e Ruchat in base a principi volti a ottimizzare consumi energetici e impatto ambientale, lo stabile è dotato di un sistema di domotica complesso e ad alto grado tecnologico e di automazione. Iss ne ha coordinato tra il 2013 e il 2016 il completo rimodernamento, garantendo nuovi standard tecnici e migliorandone ulteriormente l’efficienza energetica.
Come illustra Giuseppe Pignatiello, Facility Service Manager di Iss: «Il punto di partenza era già ottimo, in quanto il sistema di domotica gestisce gli spazi in un’ottica di risparmio energetico. Questo vuol dire che ogni volta che un ufficio è vuoto, per esempio durante le pause
pranzo o la notte, l’impianto adegua i parametri per ottimizzare il risparmio, abbassando le temperature e spegnendo le luci. Inoltre, anche i rilevatori di movimento presenti negli ambienti rilevano la presenza o meno di persone negli spazi, adeguando anche qui di conseguenza i parametri dei locali».
Nonostante il sistema attuasse già quindi la maggior parte delle misure proposte dalla Confederazione nell’ambito del programma ‘Zero spreco’, Artisa desiderava fare un ulteriore passo e con la consulenza e il supporto di Iss ha così implementato: la riduzione della temperatura di base degli ambienti di 1,5°; la riduzione degli orari di funzionamento degli impianti di climatizzazione; l’ottimizzazione delle temperature degli accumulatori di acqua calda e gli inserimenti delle caldaie; la diminuzione delle temperature dell’acqua sanitaria prestando attenzione ai parametri di legge previsti per non consentire la formazione di legio-
nella; lo spegnimento dove possibile delle insegne interne/esterne; la sostituzione dei filtri degli impianti di ventilazione con filtri categoria A+.
Il tutto, come evidenzia Riccardo Galfetti, Group Property Management per Artisa: «È stato spiegato agli inquilini dell’immobile e accompagnato da una campagna di sensibilizzazione a tenere chiuse porte e finestre, nonché ad adottare alcuni semplici accorgimenti come spegnere le luci uscendo da una stanza o le apparecchiature elettroniche. Al di là del fatto che ci troveremo o meno in una situazione di scarsità energetica, è una questione di sostenibilità: è una tematica chiave per il nostro Gruppo, a cui dedichiamo particolare attenzione».
In effetti, viene da chiedersi se da questa complicata situazione si riuscirà anche a trarne un insegnamento, diventando più parsimoniosi nell’utilizzo delle risorse.
Achille Barni
Dicembre 2022 TM · 55
Da sinistra, Giuseppe Pignatiello, Facility Service Manager di Iss Facility Services, e Riccardo Galfetti, Group Property Management di Artisa. Sotto, il business center di Suglio.
Virtuosi del cioccolato
Non rappresenta che una frazione infinitesimale dei semi di cacao lavorati nel mondo: lo 0,007%. Eppure, dalla nativa Glarona, Läderach - chocolatier suisse ha saputo proiettarsi sul mercato mondiale. Marchio di cioccolato premium, realizza tutte le fasi di lavorazione esclusivamente in Svizzera. Per una qualità senza compromessi.
Un anno fa ha inaugurato la sua centesima boutique, sulla Fifth Avenue; lo scorso settembre è stata la volta della prima in Cina, a Shanghai. Il termine ‘boutique’ non è un’iperbole quando si parla di Läderach - chocolatier suisse. I suoi non sono infatti semplici negozi e se ne esce sempre con almeno un sacchetto nello stile che si addice a una Maison haute de gamme. Un’esperienza che vuole conquistare i cinque sensi: ancor prima di entrare, l’occhio è catturato dalle lunghe lastre di cioccolato fresco esposte sul bancone, l’ormai leggendario FrischSchoggi, marchio registrato, in una ventina varietà. Dal classico cioccolato al latte con grandi nocciole grigliate e caramellate del Piemonte, al Grand Cru del Madagascar 64% con scaglie di limone croccante, al bianco con granelli di lamponi e pez-
zetti di more fruttate. Varcata la soglia è il profumo a ingolosire. Per l’orecchio le spiegazioni del personale, al gusto gli assaggi, al tatto il pacchetto confezionato al momento… L’assortimento include anche un’ampissima scelta di truffe e praline, piccoli bijou. Curatissimo il packagingsecondo touchpoint, se i negozi sono il primo. «Il concetto delle nostre boutique è nato nel 2004, un anno di svolta per Läderach. Fino ad allora ci rivolgevamo a una clientela B2B. Quando nel 1962 il nonno Rudolph ha inaugurato l’attività a Glarona, allora un piccolo villaggio, non avendo ricevuto un prestito sufficiente per avviare un negozio di cioccolato, come avrebbe voluto, ha deciso di fornire semplicemente prodotti finiti e semi-finiti ai suoi colleghi cioccolatieri e pasticceri, a hotel e ristoranti. Ma non appena nel 2003 c’è stata la possibilità di acquisire la
catena Merkur Confiserien del Gruppo
Valora, abbiamo potuto rivolgerci direttamente alla clientela privata, che oggi è il nostro target di riferimento. Abbiamo allora sviluppato questo modello rivoluzionario, guardando, come spesso facciamo, fuori dal nostro settore, in questo caso ispirandoci ai banconi delle fromagerie», spiega Johannes Läderach, dalla fine dell’anno scorso Ceo e Presidente del CdA dell’azienda. Esponente della terza generazione, ha ripreso il testimone dalla
Dalla fava alle sue creazioni esclusive alla vendita nelle sue boutique: Läderach sorveglia ogni fase della produzione, esclusivamente realizzata in Svizzera, compresa la massa grezza di cioccolato. Molti passaggi rimangono altamente artiginali.
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economia / aziende
«Produciamo solo piccoli quantitativi per volta, il che richiede di disporre degli ingredienti al momento giusto. D’altra parte, dobbiamo comprimere al massimo i tempi: dalla fava di cacao in America latina alla lavorazione nei nostri stabilimenti di Bilten ed Ennenda al bancone della Fifth Avenue deve intercorrere il minor tempo possibile»
Johannes ed
seconda, i genitori Jürg ed Esther, che in oltre tre decenni hanno sviluppato con successo l’attività. Lo affiancano i due fratelli, Elias, Chief Creative Officer, e David, General Manager Germania, Läderach rimane così con orgoglio un’azienda di famiglia svizzera.
I sessant’anni che ricorrono in questo 2022 non sono molti in confronto ad altri grandi nomi che dall’Ottocento hanno fatto la storia dell’industria cioccolatiera svizzera. Tuttavia in un periodo relativamente breve - sostanzialmente dagli anni Duemila quando ha iniziato a vendere B2B - Läderach ha saputo ritagliarsi una prestigiosa nicchia.
«Come azienda di famiglia, totalmente indipendente anche dalla grande distribuzione, possiamo fare liberamente le nostre scelte, pensando a lungo termine e investendo anche senza un ritorno im-
mediato nei nostri collaboratori e partner. Ad esempio, quando è scoppiata la pandemia, abbiamo a lungo discusso se dovessimo sospendere l’internazionalizzazione appena avviata nel 2019. Con il crollo del turismo e la rarefazione del passaggio pedonale nei centri città, in aeroporti e stazioni, che sono le nostre location privilegiate, nel primo anno abbiamo accusato un calo delle vendite del 40%. Tuttavia, convinti che il trend fosse destinato a invertirsi, abbiamo insistito», afferma orgoglioso Johannes Läderach.
Proprio la pandemia ha offerto l’occasione di rilevare 34 degli oltre 100 punti vendita dismessi dalla belga Godiva negli Stati Uniti, che oggi rappresentano per Läderach, che prima aveva solo quattro negozi, il secondo mercato, dietro la sola Svizzera con una cinquantina e davanti alla Germania con 18. «Così questo giugno
abbiamo chiuso l’anno contabile con una crescita del 63% delle vendite. Il che è sfidante quanto un crollo del 40%: occorre rifornirsi rapidamente degli ingredienti da lavorare per soddisfare la domanda in un momento non semplice per l’approvvigionamento e bisogna disporre della necessaria forza lavoro, che va adeguatamente formata. Proprio come all’epoca di Merkur, rilevare i negozi di Godiva ci ha aiutati a contenere l’onere di investimento e ad abbreviare i tempi di adattamento dei locali, già predisposti alla nostra tipologia merceologica. Inoltre abbiamo potuto in buona parte riassumere i loro dipendenti specializzati», illustra il Ceo di Läderach. Per sostenere la domanda in espansione, è stata appena annunciata la costruzione di un terzo impianto, sempre nel Canton Glarona, con dunque in previsione anche l’assunzione di nuovo personale.
Dicembre 2022 TM · 57
Elias Läderach, Ceo e Chief Creative Officer di Läderach - chocolatier suisse
Ancora oggi la maggior parte delle fasi di lavorazione viene eseguita rigorosamente a mano, in particolare i delicati passaggi della farcitura e la decorazione, come può scoprire chi si reca nella House of Läderach inaugurata due anni fa e approfitta di una visita guidata alla fabbrica per scoprire i segreti della lavorazione. Dal 2012, data dell’entrata in funzione della seconda fabbrica, a Bilten, Läderach produce la sua massa grezza di cacao direttamente in casa, tra le rare in Svizzera.
«È stato un progetto molto interessante che ci ha richiesto due anni di studio per capire come da semplici chocolatier passare a gestire l’intero processo, trovando i giusti partner», sottolinea il Ceo.
Tutti i fornitori vengono attentamente selezionati, scegliendo solo gli ingredienti migliori, quando possibile locali, come latte e zucchero; il miele dal Giura, anche francese perché quello svizzero non basta; nocciole dal Piemonte; …il cacao ovviamente da piantagioni con diverse origini a seconda del profilo gustativo: Trinidad, Ecuador, Brasile, Madagascar e Ghana da agricoltori personalmente ve-
rificati. Elias, che dei fratelli è quello che, con una formazione da maître chocolatier, si occupa direttamente dello sviluppo creativo, non accetterebbe mai compromessi. La sua stessa presenza è una garanzia: nel 2018 ha vinto il titolo di World Chocolatier Master, primo svizzero nella storia a conquistarlo. Un grande assist per la Maison, che proprio nel momento in cui accelerava la sua espansione internazionale ha potuto contare anche sulla visibilità mondiale di questo prestigioso riconoscimento, che ad esempio ha dato la possibilità di aprire un punto vendita in centro a Londra, presso Harrods.
Il maggior punto di forza e, al contempo, la sfida principale sta nella freschezza, lavorando con panna e burro che conferiscono un’intensità di gusto e una texture uniche, ma impongono una durata di vita sugli scaffali di poche settimane, contro le date di scadenza a un anno e passa dei prodotti industrializzati. «Possiamo dunque produrre solo piccoli quantitativi per volta e dobbiamo disporre degli ingredienti al momento e nelle dosi giuste. In assortimento sono infatti pre-
Sopra, la boutique di Läderach a Glarona, città dove l’azienda è nata esattamente 60 anni fa.
Sotto, il Factory Store della House of Läderach, inaugurata nel 2020 vicino alla fabbrica di Bilten, permette di scoprire i segreti della fabbricazione delle squisite creazioni dell’azienda glaronese e di cimentarsi in corsi di cioccolateria.
senti 80 tipologie di praline: per assicurare la varietà è impossibile dedicarsi per una settimana a un solo tipo. D’altra parte, dobbiamo comprimere al massimo i tempi lungo l’intera catena di fornitura, “from bean to bar to you”: dalla fava di cacao in America latina alla lavorazione nei nostri stabilimenti di Bilten ed Ennenda al bancone della Fifth Avenue deve intercorrere il minor tempo possibile», avverte Johannes Läderach.
Anche il digitale rappresenta un canale di distribuzione complementare molto interessante, ad esempio utilizzato in prima battuta per approdare sul mercato cinese. La filosofia aziendale fa tesoro della tradizione, senza ripiegarsi però sull’acquisito, rispondendo all’imperativo che guida anche la produzione di cioccolato: “Frisch denken!”. D’altronde quello del cioccolato è un settore che sin dalle origini, malgrado sia diventato subito un prodotto classico legato alla ritualità dei momenti festivi, si è distinto per l’innovatività. Läderach ha segnato la sua prima pietra miliare proprio con un’invenzione, si dice un’intuizione della nonna, che permise nel 1970 di brevettare il procedimento per creare un sottilissimo guscio di cioccolata cavo per le truffe che ha rivoluzionato il mercato, permettendo di inserire più farcia liquida e rendendo più efficiente e professionale l’intero processo produttivo.
«L’innovazione per noi è rimasta la chiave, ci sfidiamo ogni giorno a migliorare i nostri prodotti, a renderli ancora più buoni e freschi, proponendo soluzioni fuori dal convenzionale. Ad esempio, questo autunno abbiamo lanciato una collezione per vegani. Anche in questo caso volevamo farlo da best in class e, sarò di parte, credo che ci siamo riusciti», afferma Elias Läderach. I feedback della clientela sono stati ottimi. Di nuovo, la chiave sta nella qualità premium delle materie prime. «La nostra ricetta utilizza latte
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Un’ottantina le tipologie di praline della Maison che si affiancano alle leggendarie sfoglie di FrischSchoggi. Create solo con gli ingredienti migliori e in piccole dosi, per essere sempre freschissime. Oggi a curare l’innovazione è Elias Läderach, nel 2018 primo svizzero a vincere il World Chocolatier Master.
di anacardi al posto di quello tradizionale, zucchero di fiori di cocco e le fave di cacao dall’Ecuador e dal Ghana, senza nessun conservante: una miscela difficile da lavorare in produzione. Ci sono voluti mesi per raggiungere la giusta cremosità e quel sapore che spesso manca ai prodotti vegani», precisa il Chief Creative Officer.
La famiglia Läderach si è sempre riconosciuta nei valori cristiani, non senza incorrere in critiche per posizioni personali su questioni sensibili. Al di là delle polemiche che finiscono per sovrapporre privato e professionale, parlano i fatti: quasi 1500 collaboratori appartenenti a ben 47 diverse nazioni, con etnie, religioni, culture e convinzioni personali estremamente variegate. La Carta interna all’azienda si esprime contro ogni forma di discriminazione. Il personale è composto all’80% da donne, che a livello dirigenziale, attraverso i diversi gradi gerarchici, arrivano al 60%. Il tutto inscritto in un approccio orientato alla sostenibilità ante litteram: «Come azienda di famiglia, è nel nostro Dna pianificare pensando già alla generazione successiva. In una visione
allargata, lo applichiamo anche ai coltivatori di cacao con cui lavoriamo: li paghiamo un terzo in più del mercato per premiarli della qualità e di una relazione che desideriamo sia a lungo termine, ricompensandoli anche del processo di certificazione che devono sostenere, nel nostro caso con Rainforest Alliance che accredita il soddisfacimento degli standard ecologici e sociali», osserva il Ceo.
Läderach partecipa anche a progetti di sviluppo in loco, ad esempio in Costa Rica, con il sostegno della Seco, sta sperimentando un’applicazione mobile trace-and-transact basata su cloud per gestire e tracciare le attività di approvvigionamento e sostenibilità. L’obiettivo è estendere il Cocoa Tech Bridge a tutti gli agricoltori suoi fornitori.
Oltre alle compensazioni di emissioni, anche in patria non mancano le iniziative, con il coinvolgimento diretto del personale per individuare possibili riduzioni di sprechi, a partire dagli imballaggi. Che sono una delle voci di costo più incrementata con le difficoltà di approvvigionamento, insieme alla bolletta dell’elettricità e ai trasporti. «Paradossalmente pesa di meno sulle materie prime, che sul packaging e queste utilities. Ma per un’azienda come la nostra il costo maggiore rimane il personale. In Svizzera di recente non abbiamo aumentato i prezzi, ma su mercati esteri come Regno Unito e Usa siamo stato obbligati dall’inflazione a ritoccarli per adeguare i salari al carovita», ammette Johannes Läderach.
Il mercato Usa sta dando ottimi riscontri e rimane nel mirino dell’espansione, dopo una fase di consolidamento, insieme a quello asiatico, Giappone incluso, come pure la più vicina Francia che ancora manca all’appello. Anche sui mercati più
lontani per cultura e abitudini alimentari, Läderach di principio non si adatta ai gusti locali. «Crediamo fortemente nel nostro cioccolato ed è questo che desideriamo portare nel mondo. Può capitare di fare un’edizione speciale con i pistacchi, molto amati in Medio Oriente, ma quando abbiamo deciso di internazionalizzarci è stato perché avevamo già dei clienti americani o asiatici che frequentavano i nostri negozi di Zurigo, Lucerna o altre città turistiche e ci chiedevano di portare gli stessi prodotti nei loro Paesi. E nei negozi che poi abbiamo aperto sorprende che una buona parte della clientela entri già conoscendo il marchio dai suoi viaggi in Svizzera», spiega Johannes Läderach. La scelta di vendere esclusivamente nei propri negozi, che in Europa e Stati Uniti sono gestiti direttamente da Läderach, mentre in Asia e in Medio Oriente sono in franchising - anche se avendo la stessa esatta impostazione per il cliente l’esperienza risulta la medesima - consente da un lato di avere il riscontro diretto da parte della clientela e verificare il successo delle nuove sperimentazioni, dall’altro di puntare su un nuovo prodotto semplicemente perché si crede nelle sue potenzialità, senza prima dover convincere un rivenditore esterno della sua ‘bontà’. Anche se non sarebbe troppo difficile. E come per il lusso, il prezzo elevato non sembra scoraggiare, anzi più cresce la sensibilità verso l’ambiente e la salute, più quello dedicato al cioccolato deve diventare un momento unico da assaporare concedendosi qualcosa di davvero speciale e prezioso. Una creazione di qualità e non un prodotto di consumo. Senza compromessi.
Susanna Cattaneo
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La strada maestra della sostenibilità
Da obiettivo auspicato, la sostenibilità è chiamata a farsi pratica quotidiana. Grazie ai mandati nella formazione di base e continua, nella ricerca applicata e nei servizi al territorio, le Scuole universitarie professionali possono farsi interpreti e motore del cambiamento di paradigma. Con il suo primo Rapporto di sostenibilità la Supsi ha compiuto un decisivo salto di qualità.
Mai quanto oggi è stato evidente come il domani sia già qui. Temporeggiare non è una tattica ammissibile: le condizioni per uno sviluppo che soddisfi le necessità delle generazioni future si pongono oggi, anzi ieri se si valutano le conseguenze che già si stanno scontando, emergenza climatica ed energetica in testa. Da traguardi strategici affidati a simboliche date tonde - 2030 e 2050 - la sostenibilità è chiamata a farsi impegno quotidiano, non solo professato, ma condiviso e vissuto, nella consapevolezza di quanto le sue dimensioni complementari - ambientale, sociale, finanziaria e culturale - siano interdipendenti.
In questo cambiamento di paradigma, è indubbio che al mondo dell’istruzione
spetti un ruolo determinante. Già la Costituzione stessa richiama l’obbligo per Confederazione e Cantoni di operare a favore di un rapporto durevolmente equilibrato tra la natura, la sua capacità di rinnovamento e la sua utilizzazione da parte dell’uomo. Più specificamente la Strategia federale 2030 per lo sviluppo sostenibile elaborata alla luce dei 17 obiettivi Sdg dell’Agenda Onu afferma le contestuali responsabilità di formazione, ricerca e innovazione, segnatamente delle università. Principi che si riflettono direttamente nelle sollecitazioni poste dalla Legge sulla promozione e il coordinamento delle università (Lpsu) e da quella sulla promozione della ricerca e dell’innovazione (Lpri). Per l’irraggiamento del loro operato, le Scuole universitarie professio-
nali si qualificano come un determinante attore del processo.
«Integrare, attuare e promuovere i principi della sostenibilità fa parte della nostra stessa responsabilità sociale», afferma Franco Gervasoni, Direttore generale della Supsi. «Al nostro interno disponiamo infatti di competenze adeguate in un’ampia varietà di contesti per riuscire a far passare un messaggio coerente. Essendo attivi in ambiti disciplinari trasversali, dalle tecnologie innovative alla sanità, dall’economia alle costruzioni o al teatro, abbiamo la possibilità di affrontare la sostenibilità dai molteplici punti di vista che coinvolge, costruendo insieme anche ai nostri partner una sensibilità ad ampio spettro sulle diverse tematiche: ambientali, sociali, economiche
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economia / formazione
Switzerland Tourism / Photo Martin Maegli
e culturali. Sono proprio i nostri stessi mandati istituzionali - la formazione di base e continua, la ricerca applicata e il trasferimento delle conoscenze al territorio - a metterci a disposizione i canali più efficaci per trasmettere questo approccio orientato al futuro. Ogni giorno entriamo in contatto con 7/8mila persone fra studenti, collaboratori, partner di ricerca, enti pubblici e imprese con cui ci interfacciamo. Numeri importanti, che si moltiplicano se pensiamo alla possibilità, attraverso l’abilitazione di oltre 500 docenti ogni anno al Dipartimento formazione e apprendimento, di raggiungere indirettamente anche i giovanissimi, sin dalle scuole dell’infanzia, con un impatto dunque intergenerazionale», sottolinea Franco Gervasoni.
La sostenibilità ha radici profonde in Supsi. Per realtà come l’Istituto sostenibilità applicata all’ambiente costruito (Isaac) o l’Istituto sistemi e tecnologie per la produzione sostenibile (Isteps), ma anche il Laboratorio di microbiologia (oggi a sua volta Istituto) è una componente costitutiva; il progetto Ticino Solare è addirittura nato prima della fondazione della Supsi, poi integrato come laboratorio dell’Isaac. Sul fronte della responsabilità sociale, il Servizio Gender e Diversity è attivo sin dal 2001, per citare almeno un esempio. Tuttavia integrare in maniera organica le molteplici dimensioni della sostenibilità, trasversalmente ai diversi processi, non è semplice, a maggior ragione per una scuola che nei suoi 25 anni di storia ha conosciuto un forte sviluppo nel numero di studenti, corsi e attività.
«Per quanto nel nostro Dna ci sia da sempre una progettualità fortemente orientata alla sostenibilità, ci siamo resi conto solo negli ultimi anni che rimaneva spesso implicita. E anche chi se ne occupava già aveva una visione prevalentemente settoriale - il fotovoltaico, la produzione, la Csr aziendale, l’educazione, … - che occorreva mettere a sistema facendone un valore specifico dell’intera istituzione e un obiettivo dichiarato, come accaduto con la nuova Strategia 2021-2024. Per coordinare in modo efficace questa missione, a fine 2019 ci siamo pertanto dotati di un apposito Gruppo sostenibilità che riunisce competenze specialistiche in ambiti differenti e si caratterizza per una forte valenza interdisciplinare», precisa il Direttore generale, che siede nel Gruppo sostenibilità Supsi insieme dal Direttore
«Per quanto nel nostro Dna ci sia da sempre una progettualità fortemente orientata alla sostenibilità, ci siamo resi conto che chi se ne occupava spesso aveva una visione prevalentemente settoriale, da mettere a sistema facendone un valore specifico dell’intera istituzione e un obiettivo dichiarato, come accaduto con la nuova Strategia 2021-2024»
Gervasoni
amministrativo, docenti, ricercatori e collaboratori dei servizi di Direzione. Un’intensificazione dell’ancoraggio della sostenibilità a livello strategico e istituzionale premiata anche dal punteggio nell’ultimo Rapporto con cui il Wwf dal 2017 valuta la sostenibilità delle scuole universitarie svizzere.
Frutto dell’attività del nuovo gruppo di lavoro è la prima edizione del Rapporto di sostenibilità della Supsi. Sollecitato dal processo di accreditamento istituzionale per il periodo 2021-2028 che tutte le scuole universitarie svizzere sono state chiamate ad affrontare, è andato oltre la natura di documento per ottemperare a una richiesta imposta dall’alto, innescando un processo di riflessione e confronto che ha assunto una valenza molto più ampia e
La sostenibilità era già una linea guida per la Supsi prima che venisse esplicitata con una strategia dedicata, come dimostrano i due nuovi campus di Mendrisio e Viganello, attenti all’impatto ambientale, a partire dall’ubicazione alle caratteristiche architettoniche e di efficienza energetica, all’attenzione ai consumi.
profonda. «È stata l’occasione per definire dei chiari obiettivi di miglioramento che fra due anni saremo chiamati a verificare con la successiva edizione, assumendoci delle responsabilità che altrimenti difficilmente si sarebbero prese esplicitamente e in tempi così rapidi, correndo invece il rischio che le tante belle iniziative già
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Franco
, Direttore generale della Supsi
© Foto di Renato Quadroni
Corsi con formazione obbligatoria orientata alla sostenibilità Corsi che affrontano la sostenibilità nell'offerta formativa opzionale Corsi che potrebbero affrontare la sostenibilità Corsi che non affrontano la sostenibilità
Una panoramica su alcuni significativi indicatori che fotografano lo sforzo della Supsi nella promozione delle molteplici dimensioni della sostenibilità. Sopra, quest’anno sono state la Supsi e l’Usi a ospitare l’ottava edizione del Sustainable University Day 2022, accogliendo partecipanti da università e Sup di tutta la Svizzera nei loro campus di Mendrisio.
esistenti, non strutturate e valorizzate adeguatamente, vedessero disperdersi il loro impatto», osserva Francesca Cellina, ricercatrice dell’Isaac e coordinatrice del Gruppo sostenibilità Supsi.
Il Rapporto vuole offrire una lettura critica dello status quo, identificando delle prospettive di miglioramento dove si sono evidenziate delle debolezze, oltre a mettere in evidenza gli elementi
di forza. «Siamo partiti dalla necessità di definire dei punti di riferimento che ci permettessero di identificare i temi di sostenibilità prioritari per la Supsi e fissare i rispettivi obiettivi, relativi a tutti i mandati e le attività specifiche che svolgiamo. Per la formazione di base significa da una parte fare in modo che gli studenti possano sviluppare le loro conoscenze e competenze su temi di sostenibilità in maniera trasversale ai diversi corsi di laurea, dall’altra facilitare l’accesso alla formazione dei potenziali interessati e supportarli nel loro percorso di crescita e sviluppo», nota Francesca Cellina. Analogo il discorso per la formazione continua. Complementarmente, ricerca e servizi sono settori chiave per darsi degli obiettivi di sostenibilità: «Da qui proverranno conoscenze e strumenti per guidare il processo di transizione. L’interazione con i vari portatori di interesse e gli interlocutori pubblici e privati con cui ci interfacciamo, secondo quella che viene definita la ‘terza missione’ delle università, ci dà inoltre con la possibilità di creare una sensibilità e una cultura condivise per uno sviluppo partecipato alle tematiche di innovazione e sostenibilità», osserva la coordinatrice del Gruppo.
Si affiancano poi obiettivi specifici relativi alla gestione dell’istituzione, a partire dalla responsabilità sociale: «Occorre garantire un ambiente di lavoro che riconosca il valore e la professionalità dei collaboratori, stimolante e inclusivo, attento alla salute e al benessere. E naturalmente, aspetto che anche l’accezione di sostenibilità scelta da swissuniversities mette al centro, è essenziale la tutela delle risorse ambientali attraverso un’accurata gestione di consumi energetici, la riduzione delle emissioni di gas serra e di ogni spreco», sottolinea Francesca Cellina.
I nuovi campus di Viganello e Mendrisio, inaugurati lo scorso anno, dimostrano come la sostenibilità fosse già un parametro quando si sono selezionati i progetti una decina di anni fa, a partire dall’ubicazione per favorire gli spostamenti con mezzi pubblici, alle caratteristiche architettoniche e, ancor prima, con la decisione stessa di trasferirsi in edifici di proprietà per calibrare meglio esigenze spaziali, funzionali e consumi.
I modelli di riferimento per impostare il Rapporto di sostenibilità sono stati trovati negli obiettivi Sdg dell’Agenda dell’Onu, mentre per la rendicontazione si è scelto
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Emissioni di gas serra (ton CO2 equivalente) per tipologia Fonte: Supsi 2019 2020 2021 0 1000 2000 3000 4000 5000 Acqua Carta Trasferte Illuminazione, apparecchie info, labo Riscaldamento Spostamenti pendolari
energetico soddisfatto da fonti rinnovabili Copertura fabbisogno Supsi e Atd,MWh Fonte: Supsi Fonti rinnovabili Fonti non rinnovabili 2019 2020 2021 0 2.000 4.000 6.000 8.000 10.000 37% 40% 71% Corsi Bachelor e Master con legami con la sostenibilità %, 2021 (esclusa Ffhs) Fonte: Supsi 0 20 40 60 80 100
Consumo
Bachelor (21 corsi) Master (9 corsi)
organi di governo e dipendenti %, 2021 (incluse Scuole affiliate) Fonte: Supsi 0 20 40 60 80 100 Personale servizio Personale amministrativo Assistenti/Dottorandi Collaboratori scientifici Docenti con responsabilità Direzione Totale Donne Uomini
Diversità
di integrare gli standard della Global Reporting Initiative (Gri) con gli indicatori specifici per enti e istituzioni universitarie proposti da due sistemi specifici. «Ne è uscito un ibrido con parti più quantitative e altre più descrittive. Il prossimo traguardo sarà riuscire a condividere sempre più una visione sistemica, cogliendo le connessioni esistenti fra le buone pratiche già attuate e sviluppandone di nuove. In questo modo una scuola universitaria professionale come la nostra può davvero ambire a proporsi come motore di innovazione sociale, contribuendo a ridefinire i processi produttivi, le pratiche e gli stili di vita, i modi di ragionare e le routine professionali. Attraverso la nostra attività possiamo raggiungere i decisori e i tanti attori del territorio aiutandoli a ripensare le loro strategie e il loro modo di operare, così come abbiamo la grande responsabilità o l’opportunità di formare le generazioni future», afferma la coordinatrice del Gruppo sostenibilità della Supsi.
«Attraverso la nostra attività possiamo raggiungere i decisori e i tanti attori del territorio aiutandoli a ripensare le loro strategie e il loro modo di operare, così come abbiamo la grande responsabilità, o l’opportunità, di formare le generazioni future»
Francesca Cellina, coordinatrice Gruppo sostenibilità Supsi
Dove essere sostenibili
Inclusione
Industria sostenibile
Benessere
Diversifica zione dei ricavi
Patrimonio culturale
Responsabilit à sociale
Mobilit à sostenibile
Equit à Digitalizza zione
Life-Long learning
Open Access
Open Dat a Open Science
Flessibilizza zione della forma zione
Pari oppor tunit à Educa zione allo sviluppo sostenibile
La consapevolezza è di essere sulla strada giusta, anche se occorrerà un grande lavoro per tradurre la strategia in pratica coerente ed efficace, continuando a monitorare sforzi e risultati e lanciare nuove iniziative. «Ad esempio, un fronte su cui dobbiamo ancora lavorare è la miglior integrazione della sostenibilità nell’offerta formativa curricolare, ma anche in quella extracurricolare. Per la prima volta l’anno scorso abbiamo partecipato al programma federale U-Change che supporta gli studenti delle scuole universitarie svizzere nel trasformare in un progetto reale un’idea legata alla sostenibilità. Ben quattro hanno ottenuto il finanziamento, un ottimo risultato per una piccola Sup», illustra Francesca Cellina. Proprio perché però la sostenibilità è una dimensione contestuale, in continua ridefinizione rispetto allo scenario con cui deve misurarsi, occorrerà una altrettanto flessibile revisione di obiettivi e indicatori, affinché siano sempre pertinenti e ri-
Sviluppo delle carriere
Par tecipa zione
Scienze della vit a
Economia circolare
Produzione antropocentrica
Cambiamenti climatici
Fonte: Supsi
La Strategia Supsi 2021-2024 e i Piani d’azione di Dipartimenti e Scuole affiliate pongono esplicitamente le basi per l’integrazione degli obiettivi globali dello sviluppo sostenibile nella gestione dell’istituzione e nell’esecuzione dei suoi mandati, individuando 22 ambiti pertinenti.
levanti, in grado non solo di misurare ma di suggerire percorsi di miglioramento. La natura del Rapporto deve infatti essere duplice: consuntivo e propositivo.
Non ci si è però limitati ad analizzare e descrivere. Un aspetto determinante, che rende il documento vivo e partecipato, è la scelta di interpellare direttamente un’ampia rappresentanza di interlocutori: «Abbiamo scelto di dar voce a colleghi, studenti e partner chiedendo di esprimere la loro idea di sostenibilità. È molto interessante leggerne i contributi, confrontare i diversi punti di vista e individuare le possibili interazioni. Inoltre quando è stata pronta la bozza del Rapporto, abbiamo coinvolto collaboratrici e collaboratori dei Dipartimenti e delle Scuole affiliate in una consultazione interna, ricevendo delle osservazioni anche molto pertinenti, strutturate e incisive, alle quali poi abbiamo dato risposte puntuali», conclude il Direttore generale della Supsi.
La pubblicazione del Rapporto non rappresenta dunque che la punta dell’iceberg cui è sotteso un immenso lavoro che ha toccato complessivamente centinaia di persone e ancor di più mira a coinvolgerne nei prossimi anni, rendendo sempre più efficace e pervasiva la promozione della sostenibilità, non solo a vantaggio di coloro che direttamente si interfacceranno con la Supsi, ma verso l’intero territorio che del suo impegno è sempre il finale beneficiario.
Susanna Cattaneo
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Garantire la professionalità della sicurezza privata
Anello fondamentale della sicurezza, le agenzie private necessiterebbero un quadro normativo armonizzato a livello nazionale e misure che tutelino la qualità del settore. Erosione dei prezzi e nuove tecnologie sono la sfida. Determinante la formazione.
In un settore delicato e cruciale come quello della sicurezza non si può scendere a compromessi sulla qualità.
Poiché le agenzie private ne sono un tassello fondamentale, sia coprendo gli incarichi che l’ente pubblico delega loro, ad esempio la gestione del traffico, la sorveglianza di edifici o il disciplinamento di manifestazioni locali, sia rispondendo alle richieste della clientela privata, una miglior definizione del quadro in cui operano, che tenga conto delle criticità con cui ci si scontra nella quotidianità lavorativa, diventa essenziale per garantire una professionalità in linea con l’importanza della missione.
A farsi interprete delle esigenze del settore è, dalla sua fondazione nel 1996, l’Associazione imprese svizzere servizi di sicurezza (AISS). «Rappresentiamo gli interessi dei nostri membri, ormai l’80% delle realtà attive, presso il mondo politico, le autorità e gli organi di sicurezza pubblica. Poiché l’affiliazione richiede di soddisfare disposizioni vincolanti, garantiamo indirettamente un’etichetta di qualità. Obiet-
tivo a lungo termine è far sì che il nostro settore goda di una buona reputazione in Svizzera all’interno di un mercato solido, offrendo servizi di alta professionalità a prezzi in linea con il mercato», spiega Luc A. Sergy, direttore dell’AISS.
Per raggiungere questo obiettivo, l’Aiss si muove su più fronti. Primo: promuovere una regolamentazione uniforme a livello nazionale. Oggi la Svizzera francese può fare capo al Concordato romando che ne disciplina il funzionamento; similmente in Ticino, con l’entrata in vigore della nuova Legge sulle prestazioni private di sicurezza e investigazione (Lpps), dirigenti e agenti devono sottostare a criteri di certificazione rigidi. In Svizzera tedesca invece soltanto alcuni cantoni hanno delle norme scritte nella Legge sulla Polizia. «Un panorama estremamente frammentato che richiederebbe omogeneità, con una normativa federale a uniformare i criteri. Allo stesso tempo, è sul tavolo la revisione del Contratto collettivo di lavoro (CCL) che, al di là dei tanti aspetti positivi, in particolare relativamente alla definizione delle condizioni
Marchio di qualità del suo settore, l’Associazione imprese svizzere servizi di sicurezza (AISS) si impegna per difenderne le esigenze e garantirne la professionalità, in dialogo con il mondo politico, le autorità e i committenti.
di impiego dei collaboratori, pecca ancora di un’eccessiva complessità di applicazione. Ma, soprattutto, andrebbe esteso anche alle aziende che hanno meno di 10 dipendenti, per le quali attualmente non vige alcun obbligo», sottolinea Luc A. Sergy.
Evidenti le ripercussioni sullo stato di salute del settore e la pressione sui prezzi, che la committenza stessa ‘contribuisce’ a erodere nel momento in cui le gare d’appalto inducono le società di sicurezza a comprimere i costi per aggiudicarsi l’incarico. Ma tagliare sui salari dei dipendenti o l’investimento nella formazione finisce per compromettere la qualità del servizio offerto: «Ci battiamo attivamente per sensibilizzare su questi aspetti sia la
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Advertorial
«Come AISS, ci battiamo attivamente per sensibilizzare sia la committenza pubblica che privata facendo comprendere l’importanza di rispettare dei prezzi corretti di mercato per salvaguardare la professionalità e la qualità delle prestazioni dei servizi di sicurezza offerti da agenzie private»
A.
committenza pubblica che privata e per far comprendere l’importanza di avere dei prezzi corretti di mercato per salvaguardare la professionalità e la qualità delle prestazioni. Quando i nostri membri rilevano un problema in una gara d’appalto, fungiamo da mediatori. Abbiamo anche redatto un apposito manuale che supporta i committenti nel valutare i fornitori di servizi di sicurezza privati in base al miglior valore, cioè al miglior rapporto qualità-prezzo. E siamo a disposizione per supportarli nella redazione di bandi che tengano conto delle esigenze su entrambi e i fronti», illustra il direttore dell’AISS. Per questo l’Associazione auspica anche di poter ottenere un riconoscimento ufficiale quale fondamentale anello nella catena della sicurezza nazionale. «Faccio un solo esempio: in occasione del summit Biden-Putin a Ginevra nell’estate del 2021 abbiamo fornito 10mila ore di servizio, ma siamo stati contattati soltanto un paio di giorni prima, dando per scontato che saremmo stati pronti a intervenire. Riterremmo invece giusto avere uno statuto che
ci permetta di sedere sin dall’inizio al tavolo delle discussioni, come partner di riferimento», sottolinea il direttore dell’AISS.
L’associazione organizza anche l’esame per i quattro Attestati professionali federali nel settore dei servizi di sicurezza (Sorveglianza, Protezione delle persone, Manifestazioni, Centrali), oltre a poter effettuare gli esami teorici e pratici per il rilascio del porto d’armi per pistola in venti cantoni. La formazione degli agenti resta però affidata alle singole agenzie.
In Ticino intanto ci si sta confrontando con l’applicazione della nuova Lpps, a un anno dalla sua entrata in vigore lo scorso gennaio. «Il regime autorizzativo più severo che ha introdotto, si accompagna a un adeguamento della formazione affinché i compiti affidati alle agenzie private siano svolti da un personale con profili adeguati e aggiornati alle esigenze del settore. I diversi livelli dei corsi Cpsicur strutturano la formazione di base a seconda del livello cui si ambisce», spiega Alex Genini, direttore di Prosegur. L’agenzia di sicurezza con sede principale a Lugano e oltre 250 agenti, si distingue per l’importanza attribuita alla formazione, con un impegno crescente che già da anni va oltre le 20 ore di base obbligatorie secondo il CCL con tutta una serie di approfondimenti aggiuntivi, remunerati come ore di lavoro. «Sarebbe però anche molto interessante avere la possibilità di accedere al settore tramite un apprendistato, che per la figura dell’agente di sicurezza ancora manca in Svizzera. Una maggior strutturazione potrebbe accrescere l’attrattività del settore agli occhi dei giovani al termine delle scuole dell’obbligo e ne favorirebbe il riconoscimento da parte di tutta l’economia», spiega il direttore di Prosegur. Al momento trovare nuovi agenti è piuttosto problematico e diventa addirittura proibitivo quando si deve rispondere a improvvisi picchi di prestazione come quelli estivi, a causa del lungo - per quanto legittimo e doveroso - iter di autorizzazione all’esercizio della professione previsto dalla nuova Lpps.
La formazione sarà anche la chiave per affrontare il cambiamento di paradigma che si comincia a percepire con la tecnologia che va ad affiancarsi all’uomo. Videosorveglianza integrata, droni, robot, sistemi di imaging intelligenti… i soliti Paesi nordici sono i più avanzati, ma la commistione è solo questione di tempo
«Sarebbe molto interessante poter accedere al settore della sicurezza privata tramite un apprendistato per agenti, che ancora manca in Svizzera. Una maggior strutturazione accrescerebbe l’attrattività della professione e ne favorirebbe il riconoscimento da parte di tutta l’economia»
Alex Genini, Direttore di Prosegur
anche in Svizzera. Luc Sergy e Alex Genini concordano: l’uomo non verrà mai rimpiazzato. «Piuttosto gli strumenti tecnologici potranno portare rapidamente informazioni supplementari, ma ci vorrà sempre l’agente in carne e ossa, con la sua sensibilità, l’esperienza sul terreno e il suo sguardo a 360 gradi, ad analizzare i dati e decidere», afferma il direttore dell’AISS.
Il che aprirà a nuove sfide per attrezzarsi a livello tecnologico e formare adeguatamente il personale. Per ora imminenti restano le priorità del presente, per mettere a sistema la qualità di un settore che della sicurezza è la prima garanzia.
Per informazioni:
Prosegur SA
Via Brentani 11 6904 Lugano
Tel. 091 973 32 10 info@prosegur.ch
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Luc
Sergy, Direttore dell’AISS
Eterogenea e dinamica
Una grande varietà a livello geografico, cui corrisponde la vitalità del suo tessuto imprenditoriale, accomunato dalla ricerca dell’eccellenza e dal forte ancoraggio locale anche quando guarda a orizzonti internazionali. La Svizzera romanda conferma i suoi punti di forza.
Alta valle del Giura vodese dalla natura incontaminata, la Vallée de Joux è il fulcro della tradizione orologiera svizzera, insieme a La-Chaux-de-Fonds e Le Locle. Una specializzazione settoriale tuttora orgogliosamente conservata dalle due regioni della Svizzera romanda.
Dalle rive del Lago Lemano a quelle del Lago di Neuchâtel, dalle montagne dell’Arco giurassiano alle vette delle Alpi vallesane, passando per le pianure dell’Altopiano vodese e delle Prealpi friburghesi: il territorio della Svizzera romanda è estremamente variegato. Con Ginevra e Losanna, ospita due delle più grandi città svizzere. Ma oltre ai centri urbani, è composto anche da aree più rurali e villaggi montani. Una grande eterogeneità a livello geografico cui corrisponde quella della sua economia. Se Ginevra, capitale della Svizzera internazionale e seconda piazza finanziaria elvetica, si distingue per essere anche sede delle manifatture di Patek Philippe, Rolex, Cartier o Baume&Mercier, anche gli altri cinque cantoni vantano know-how specifici di alta qualità: «Nell’Arco giurassiano che include la parte settentrionale del Canton Vaud, Neuchâtel e Giura, abbiamo un tessuto industriale incentrato sulla fornitura dell’orologiero e sulle tecnologie mediche. Il bacino del lago Lemano
è animato dal Politecnico federale di Losanna e dalle università, che generano molte nuove realtà sviluppate da start up, dunque è dominato dal terziario, mentre la regione vodese è ancorata ad attività più tradizionali nei settori primario, secondario e turistico, caratteristica è condivisa dai cantoni di Friburgo e Vallese», illustra Martial Décoppet, Responsabile Pmi per la Regione Svizzera romanda di Credit Suisse.
Sebbene questa grande eterogeneità si rifletta in differenze talvolta significative nello sviluppo economico, nel suo complesso la Svizzera francese risulta una regione dinamica, anche sopra la media nazionale. Sia il Pil, sia gli impieghi ammontano a circa un quarto del totale svizzero e sono cresciuti sopra la media nazionale nel decennio precedente la pandemia. Nonostante due pesi massimi come Vaud e Ginevra già da soli superino il 15%, ciò non toglie una grande vitalità anche degli altri cantoni.
Roccaforti dell’orologiero, Giura e Neuchâtel sono i cantoni con la più ele-
vata concentrazione settoriale, anche se nel caso di Neuchâtel l’orientamento all’industriale include altri ambiti ad alto valore aggiunto, come elettronica, farmaceutica, medicale e R&D in generale, che nel periodo 2014-2019 hanno garantito una produttività superiore alla media (valore aggiunto medio di 188.600 franchi per posto di lavoro nel 2019). L’elevata produttività dell’economia ginevrina è dovuta invece principalmente ai servizi finanziari e al commercio di materie prime, pur avendo accusato da un lato il ridimensionamento della piazza e dall’altro la forte volatilità dei prezzi sul mercato mondiale. Sorte opposta per il Vallese che rispecchia l’importanza dell’industria alberghiera e della ristorazione.
L’innovazione è un fattore centrale per l’intera regione, in particolare grazie all’impulso dell’Epfl che, oltre al suo campus principale a Losanna e il Biotech di Ginevra, è presente anche a Friburgo (Smart Living Lab), Sion (nel Campus Energypolis) e Neuchâtel (Microcity). Un dinamismo cui contribuiscono anche i numerosi strumenti e programmi per promuovere la capacità innovativa delle imprese e per sostenere il trasferimento di conoscenze e tecnologie tra università, istituti di ricerca ed economia.
Anche la fiscalità è attrattiva, con un’imposizione delle persone giuridiche
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economia / territorio
Switzerland Tourism / Photo Stephane Godin
generalmente inferiore alla media svizzera. Quest’anno in vari cantoni, tra cui Vallese e Giura, si sono verificate ulteriori riduzioni fiscali legate alla Rffa. Anche in futuro, le Pmi non saranno direttamente interessate dall’introduzione dell’aliquota minima del 15% prevista dall’Ocse per società attive a livello internazionale con un fatturato annuo pari o superiore a 750 milioni di euro, né dalle misure che colpiranno i profitti delle multinazionali all’estero, un problema di cui dovrà semmai occuparsi il Gruppo Nestlé.
Come il prodotto interno lordo, l’occupazione nella regione è cresciuta più rapidamente della media svizzera negli anni precedenti la crisi pandemica, del 7,4% tra il 2014 e il 2019 rispetto al 5,3% nazionale. Il mercato del lavoro beneficia anche di una demografia più vivace e giovane, grazie al flusso migratorio sostenuto e a una politica fiscale favorevole alle famiglie. La prossima ondata di pensionamenti di baby boomer non dovrebbe pertanto avere conseguenze impattanti come nel resto della Svizzera, e già oggi la regione risulta meno colpita dalla carenza di lavoratori qualificati.
Le ripercussioni della crisi innescata dalla pandemia si sono fatte sentire soprattutto nel commercio estero: mentre nella maggior parte dei cantoni le esportazioni erano cresciute più della media svizzera negli anni precedenti, sono diminuite drasticamente nel 2020, dal 12% per il cantone di Neuchâtel a quasi il 20% per Ginevra, con l’eccezione del Vallese, cresciuto quasi del 5% grazie all’industria chimico-farmaceutica con la sua azienda di punta Lonza. «Il periodo seguito alla crisi sanitaria ha avuto esiti più o meno positivi a seconda del settore di attività. Mentre l’industria ha dovuto fare i conti con ordinativi pieni, i settori alberghiero, ristorazione, viaggi ed eventi hanno vissuto fasi più difficili. Per quanto riguarda il futuro, le sfide sono chiaramente l’inflazione, il costo delle materie prime, la difficoltà di assumere di fronte alle incertezze per il 2023. Le ricette? Ricerca dell’efficienza, maggiore controllo dei costi e innovazione», puntualizza Martial Décoppet, portando a dimostrazione le sei finaliste che quest’anno si sono contese il premio dello Swiss Venture Club, maggior network delle Pmi svizzere (tra i suoi membri ne conta oltre tremila), giunto alla sua decima edizione nella Svizzera romanda, una delle prime regioni delle
«Capaci di reagire alle sfide e motivate all’eccellenza, molte aziende della Svizzera romanda sono accomunate dal punto di forza di avere una base locale pur essendo attive a livello internazionale. Hanno dipendenti molto ben formati e aperti all’innovazione»
attuali sette in cui è approdato, ormai dal 2005. «Nella grande varietà di aziende fra le sei finaliste in queste dieci edizioni emerge chiara una costante: ogni volta la giuria ha scovato delle perle, meritevoli di attenzione per la loro proposta di valore. Prova migliore ne è che da allora nessuna di loro sia fallita», sottolinea Martial Décoppet, responsabile del Prix Svc Suisse Romande, di cui Credit Suisse è Premium Gold Partner.
Malgrado la diversità territoriale e di settori di specializzazione si rifletta in differenze anche significative nello sviluppo economico, nel suo complesso la Svizzera romanda si qualifica come una regione dinamica per crescita economica, produttività e occupazione, sopra la media nazionale. Rappresenta un quarto del Pil e degli impieghi del Paese. Favorevole alle Pmi anche la fiscalità.
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Décoppet, Responsabile Pmi per la Regione
disparità nella produttività fra i cantoni romandi Valore aggiunto medio lordo per posto di lavoro (Etp), in Chf, 2019 Fonte: Ustat, CS 0 50.000 100.000 150.000 200.000 250.000 BS ZG SH NE ZH GE BL SO BE GL SG FR AG NW TG TI AR VD AI SZ OW LU GR JU UR VS Svizzera Ch romanda
Neuchâtel, la più produttiva Valore aggiunto medio lordo per Etp 2011=100 Fonte: Ustat, CS 2011 2013 2015 2017 2019 96 98 100 102 104 106 108 110 FR GE JU NE VD VS Ch romanda Ch Crescita sopra la media svizzera... Pil a prezzi correnti; 2008=100 e crescita annuale in % Fonte: Ustat, CS; 2019 -2% 0% 2% 4% 6% 100 105 110 115 120 2009 2011 2013 2015 2017 2019 Crescita Ch Romanda (asse dx) Crescita Ch (asse sx) Ch Romanda Svizzera
Martial
Svizzera romanda di Credit Suisse Significative
È
Motivate a ricercare l’eccellenza
Il palmarès dell’ultima edizione del Prix Svc Suisse Romande, svoltasi il 12 novembre pallo SwissTech Convention Center dell’Epfl, ha confermato l’altissima qualità delle candidate e la rilevanza del Premio, che come usuale ha attirato un migliaio di ospiti provenienti dal mondo di economia, politica, cultura e media. A vincere Mecaplast, azienda friburghese attiva nel settore dell’iniezione plastica. Fondata a Botterens nel 1971, quest’azienda familiare che impiega un centinaio di collaboratori, è convinta che la lavorazione della plastica possa fornire soluzioni ecoresponsabili nel settore medicale, offrendo vantaggi tecnici innovativi. Oltre alla crescente produzione di strumenti chirurgici, dai cateteri agli impianti per la colonna vertebrale, Mecaplast è attiva anche nel campo dell’orologeria e di vari componenti tecnici. Suo punto di forza aver internalizzato la maggior parte dei suoi processi, il che le conferisce la flessibilità per poter offrire ai suoi clienti prodotti personalizzati, da pochi pezzi a diversi milioni. Pressoché coetanea, nata nel 1966 come produttrice di leve di serraggio, Crevoisier, azienda giurassiana sul secondo gradino del podio, è un attore irrinunciabile dell’industria orologiera, ma con clienti anche in gioielleria, pelletteria, medicale, aerospaziale e automotive. Dal 1974 sviluppa e produce macchine utensili specializzate nella lavorazione, nella rettifica di materiali duri, nella lucidatura e nell’automazione. Ultima innovazione, i cobot, o robot collaborativi, che consentono di automatizzare le fasi di polissage. Terza classificata Baccinex, altra azienda giurassiana, nata nel 1999 e specializzata nello sviluppo e nella produzione conto terzi di (bio)farmaceutici iniettabili, liquidi o liofilizzati, in piccoli quantitativi. Le richieste durante la pandemia si sono moltiplicate ed è in progetto una nuova linea per duplicare le capacità produttive. Menzioni speciali anche per le tre altre candidate, Ems Electro Medical System (Vallée de Joux), leader mondiale nello sviluppo di soluzioni avanzate per la profilassi dentale, trattamento dei calcoli renali e trattamento a onde d’urto delle malattie muscoloscheletriche; La Fabrique Cornu, azienda vodese specializzata in prodotti da forno pregiati - del suo pezzo forte, le sfoglie salate flûtes, ne produce 300mila all’ora; infine la neocastellana Planair, impegnata nella promozione dell’efficienza e del risparmio energetico, come fattore di competitività per le aziende e di salute finanziaria per gli enti pubblici e i privati.
Se Neuchâtel e Giura sono terra dell’orologiero, il Canton Vaud risponde con l’innovazione delle tante start up che nascono attorno all’Epfl.
Con la crescente popolarità del Premio, le Pmi selezionate sono sempre più motivate e desiderose di raggiungere il gradino più alto del podio. Tanto che dall’anno scorso è stato creato uno spin-off per la regione di Ginevra, che verrà attribuito a cadenza alterna, negli anni dispari, per soddisfare le esigenze di una città-cantone che ha alcune caratteristiche economiche proprie, con un forte centro finanziario e una forte economia internazionale.
«Ancora una volta, nell’edizione 2022 del Prix Svc Suisse romande siamo riusciti a scoprire aziende provenienti da un’ampia gamma di settori. Indipendenti e a conduzione familiare, sono riuscite ad affermarsi nei loro mercato con proposte di valore rilevante. La giuria è spesso colpita dal know-how delle realtà selezionate - qualunque sia il loro settore di attività - dalla loro capacità di reagire alle nuove sfide, dalla costante ricerca dell’eccellenza e naturalmente dall’impegno e dalla motivazione, per non dire dall’entusiasmo del management. Uno dei punti di forza che accomuna molte aziende della Svizzera romanda è avere una base locale pur essendo attive a livello internazionale. Hanno dipendenti molto ben formati in Svizzera o all’estero e aperti all’innovazione», conclude Martial Décoppet.
Di innovazione ci sarà bisogno affinché la tradizione si preservi e le imprese superino anche le sfide che l’attualità continua a moltiplicare, dalla crisi energetica che incombe sull’inverno, ai prezzi delle materie prime e l’inflazione. Un clima di incertezza affrontato con cautela dalle aziende della regione, che già si sono distinte per la resilienza alla pandemia.
Ed sono proprio le aziende non più innovative o trendy, ma quelle che sanno dimostrare continuità facendo prova di solidità e flessibilità generazione dopo generazione, che lo Swiss Venture Club va a premiare: in grado di superare gli ostacoli, adattandosi alle condizioni di mercato ed evolvendo di fronte al cambiamento per portare avanti intatta la loro eredità, fatta di capacità uniche e di un autentico spirito imprenditoriale.
Susanna Cattaneo
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Innovazione,
testa
registrate
Fonte: startup.ch, Geostat, CS Numero di Start up 1.000 100 10 1 50 Concentrazione settoriale Densità impieghi (Etp), dati 2019 Fonte: Ustat, CS ZH BE LU UR SZ OW NW GL ZG FR SO BS BL SH AR AI SG GR AG TG TI VD VS NE GE JU 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 1,2 1,4 1,6 1,8 3 4 5 6 3,5 4,5 5,5 6,5 Concentrazione imprese Concentrazione settoriale elevata debole elevata debole
Vaud in
Start up
su startup.ch 29-III-’22
Jean-Marc Jaccottet, proprietario e Ceo di Mecaplast, vincitrice del Prix Svc Suisse Romande.
www.valdiluna.ch
La prova del fuoco
Per il Ticino, la pandemia ha rappresentato una grande svolta. Economicamente la regione si è ripresa, ma le prossime sfide già si stagliano all’orizzonte. I prezzi elevati dell’energia e il rallentamento dell’Eurozona saranno i nodi dei prossimi mesi, anche per la Svizzera.
A lato, Lugano piazza Riforma; sotto l’indice Pmi delle Pmi svizzere.
Come nel resto della Svizzera, tuttavia, grazie al lavoro ridotto e ai crediti Covid, non si è verificata un’ondata di fallimenti o licenziamenti di massa. Il cantone ha beneficiato in particolare di questi crediti: rappresenta circa il 4% dell’economia svizzera, ma ha beneficiato di un numero sproporzionato di crediti, circa l’8%. Il turismo. Nel frattempo, l’economia ticinese ha ormai superato la pandemia. Il settore turistico è stato il più rapido a tornare ai livelli precedenti la crisi. Nel 2021, il Ticino ha registrato un numero di pernottamenti addirittura significativamente maggiore rispetto al 2019.
Acausa della sua vicinanza all’Italia, il Ticino ha risentito degli effetti legati alla pandemia ben prima di ogni altra parte del Paese. La vita pubblica si è fermata nel giro di poche settimane dalla registrazione del primo caso in Svizzera, avvenuta a Lugano il 25 febbraio 2020. È opinione diffusa che il Cantone abbia gestito bene la crisi, sia nella prima fase che in seguito. Tuttavia, il virus ha causato molta sofferenza anche in Ticino. L’impatto. Il periodo pandemico ha scatenato grandi turbolenze. Durante il primo lockdown, tutti i negozi, i ristoranti, i bar e le attività di intrattenimento
sono rimasti chiusi, a eccezione dei negozi di alimentari e delle farmacie. Il confine con l’Italia è stato sostanzialmente chiuso, pur consentendo il traffico merci.
Tuttavia, il lockdown ha colpito in pieno anche l’industria d’esportazione, dato che la produzione e le catene di fornitura sono state massicciamente compromesse. Le esportazioni delle aziende ticinesi sono crollate del 7% nel 2020, circa quanto le esportazioni dell’intera Svizzera. Il settore dei servizi, a sua volta, ha sofferto maggiormente rispetto ad altri cantoni.
Il prodotto interno lordo cantonale è crollato di circa il 5% nel solo 2020: il doppio rispetto alla media nazionale.
Questo grazie soprattutto ai turisti nazionali che, come l’anno precedente, hanno trascorso le loro vacanze in massa nella Sonnenstube della Svizzera. In seguito, la maggior parte degli altri settori si è ripresa. Nel complesso, il Ticino ha registrato una forte crescita nel biennio. I costi energetici. Tuttavia, di recente a livello congiunturale si stanno addensando nubi minacciose. Come in tutta Europa, anche nel Cantone la crisi dei prezzi dell’energia sta lasciando tracce sempre più evidenti. Alcune delle aziende che si approvvigionano di elettricità sul libero mercato si trovano già ora a dover sostenere enormi costi aggiuntivi. Anche il gas naturale costa molto di più.
A partire da gennaio 2023, la bolletta elettrica diventerà più cara per tutti, comprese le famiglie. Una tipica famiglia svizzera, l’anno prossimo pagherà l’elettricità il 27% in più. In Ticino il sovrapprezzo sarà leggermente più alto, pari al 32%. Calcolando la spesa su base annua, ciò corrisponde a una bolletta elettrica di 1’300 franchi. L’aumento dei prezzi per le PMI sarà altrettanto massiccio. Con
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© Keystone Tastare il polso dell’economia reale L’indice delle Pmi svizzere realizzato dal Gruppo Raiffeisen Fonte: Raiffeisen 2022 2022 2018 30 40 50 60 70 80 2019 2020 2021 Contrazione economica Espansione economica finanza /analisi regionale
una crescita media dei costi dell’elettricità del 25-30%, la redditività è già sotto pressione anche nei settori che richiedono un minore consumo di energia.
Le aziende che ne richiedono una quantità particolarmente elevata rischieranno addirittura il fallimento se non attueranno enormi misure di risparmio o se non trasferiranno i costi aggiuntivi ai consumatori sotto forma di prezzi finali più alti. L’Eurozona rischia una recessione. L’aumento dell’inflazione penalizza in particolare il potere d’acquisto delle famiglie a basso reddito. Per questo motivo, nei Paesi confinanti i Governi incrementano costantemente le misure d’aiuto. Ciononostante, l’Europa è sull’orlo di una recessione. Nel 2023 la produzione potrebbe crescere solo lievemente, se non addirittura per niente. Per la Germania e l’Italia, il Fondo Monetario Internazionale prevede addirittura un calo del Pil. È una pessima notizia per il Cantone.
Sebbene oggi meno del 20% delle esportazioni cantonali sia destinato all’Italia, la vicina Repubblica continua a rivestire un’importanza fondamentale per la congiuntura ticinese.
Contesto difficile per le Pmi. La situazione è particolarmente difficile in particolare per le piccole e medie imprese. Nel far fronte ai problemi attuali, la loro capacità di reazione è molto minore rispetto a quella delle grandi aziende. Oltre agli alti costi dell’energia, le sfide attuali includono le difficoltà di fornitura e la carenza di personale qualificato. L’indice PmiRaiffeisen specifico del comparto, un sondaggio congiunturale sull’attività delle piccole e medie imprese del settore industriale, mostra che, dopo la forte crescita della prima metà dell’anno, attualmente la loro situazione economica rimane stagnante. In particolare, si è assistito a un peggioramento degli ordini in portafoglio, il che non sorprende considerato il difficile contesto globale.
Una congiuntura più debole della media. Tuttavia, a livello nazionale non esiste un pericolo di recessione immediato, e nemmeno in Ticino. L’inflazione in Svizzera è molto più lieve rispetto ai Paesi limitrofi, per cui la perdita del potere d’acquisto per le famiglie e l’onere per le imprese sono molto meno gravi. La Banca nazionale svizzera deve quindi aumentare i tassi in misura molto minore rispetto ad altre Banche Centrali.
La disoccupazione è molto bassa e, allo
«La situazione è particolarmente difficile per le Pmi. Nel far fronte ai problemi attuali, la loro capacità di reazione è molto minore rispetto a quella delle più grandi. Oltre agli alti costi dell’energia, le sfide includono le difficoltà di fornitura e la carenza di personale qualificato»
Domagoj Arapovic, economista di Raiffeisen
Focus Pmi
Le piccole e medie imprese sono notoriamente la spina dorsale dell’economia svizzera. Ciò nonostante, si è soliti disporre di pochi dati significativi sul loro stato di salute. A questo proposito interviene Raiffeisen, con il suo indicatore congiunturale proprio per Pmi. L’indicatore è un importante termine di paragone per riconoscere tempestivamente gli impulsi positivi o negativi del mercato. In questo modo Raiffeisen crea trasparenza nel comparto e contribuisce ad affinare ulteriormente la sensibilità dell’opinione pubblica rispetto a tutte le tematiche a esso collegate. L’acronimo Pmi sta per Purchasing Managers’ Index. I responsabili degli acquisti si occupano dell’acquisizione delle risorse necessarie per la produzione e sono in grado, pertanto, di valutare particolarmente bene e soprattutto tempestivamente lo sviluppo di singole attività aziendali, quali ad esempio la situazione degli ordinativi. Il Pmi delle piccole e medie imprese misura in maniera molto significativa il clima di fiducia che aleggia presso le piccole e medie imprese svizzere nel settore industriale. Sono circa 200 le Pmi che analizzano mensilmente la propria situazione economica e forniscono una valutazione su diversi aspetti dell’attività aziendale. Raiffeisen aggrega le loro risposte in più componenti, che successivamente vengono fatti confluire nell’indice globale. Tali componenti sono rappresentati da portafoglio ordini, produzione, occupazione, termini di consegna e magazzini commerciali. L’indice mostra se le Pmi reputino la situazione migliorata (indice superiore a 50) o peggiorata (indice inferiore a 50) rispetto al mese precedente.
stesso tempo, l’immigrazione è tornata a crescere. Entrambi questi fattori suggeriscono che, per il momento, la domanda di consumi rimarrà consistente. Tuttavia, data la sua vicinanza all’Italia, il Ticino rischia di avere nel prossimo futuro uno sviluppo congiunturale inferiore rispetto alla media degli altri cantoni.
Lo sviluppo demografico rimane una delle maggiori sfide . Perlomeno, se la crescita in Europa dovesse crollare, il Cantone potrebbe beneficiare di una maggiore immigrazione. L’esperienza dimostra che l’immigrazione (soprattutto se proveniente dall’Italia) tende ad aumentare quando la crescita dell’Eurozona è inferiore rispetto a quella della Svizzera.
L’aumento dell’immigrazione è di
grande importanza per il Ticino, poiché negli ultimi anni la popolazione è diventata sempre più anziana e meno numerosa. Da un lato, ciò si può ricondurre al calo dell’immigrazione. Dall’altro, in Ticino il tasso di natalità è il più basso della Svizzera, tanto che già da dieci anni i decessi superano le nascite.
L’andamento demografico negativo sta frenando la domanda dell’economia complessiva, il che desta non poca preoccupazione negli ambienti economici ticinesi. Grazie all’aumento dell’immigrazione, di recente si è di nuovo registrata una crescita leggermente positiva della popolazione. Tuttavia, al momento è lecito chiedersi se sia già stata raggiunta un’inversione di tendenza sostenibile.
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© Raiffeisen
L’universo è l’investimento
sono solo tre fondi Ucit, di cui uno è nato proprio a Lugano.
Terribilmente grande, infinitamente piccolo. È lo spazio. O meglio, gli ordini di grandezza che inevitabilmente entrano in gioco quando ci si trova ad affrontarlo, dunque tipicamente in ambito astrofisico. Sono del resto 12.750 i km del diametro terrestre, come per altro il greco Eratostene nel III secolo a.C. aveva genialmente calcolato, ma 142mila quelli di Giove, e ben 1,4 milioni quelli del Sole, una stella di dimensioni medio-piccole.
Guardando oltre l’orizzonte ecco però la Luna, a 380mila Km di distanza dalla Terra, e Venere, a 30 milioni, oltre nuovamente al Sole, a circa 150 milioni. In direzione opposta, invece, Giove si trova alla bellezza di 600 milioni di km, mentre Saturno, il più distante ma ancora visibile a occhio nudo è già oltre gli 1,5 miliardi. Andando ancora un po’ oltre, inevitabilmente cambiano anche le unità di misura, ecco quindi l’anno luce. Se la luce percorre 300mila km al secondo, al
Sopra, la relazione uomo - spazio è iniziata nella metà del secolo scorso, ma potrebbe presto ritrovare la passione iniziale. A lato, la Via Lattea, una piccola galassia.
31 dicembre ne avrà percorsi 9mila e 460 miliardi, il che cambia completamente di prospettiva. In questo senso il Sole si trova a 8 minuti luce dalla Terra, la stella più vicina, ossia Proxima Centauri, è a 4,23 anni luce, mentre la galassia, Andromeda, è alla non trascurabile cifra di 2,3 milioni.
Eppure, incredibilmente grande, infinitamente piccolo, e per ironia della sorte si tratta sempre e comunque di universo, ma d’investimento: «L’idea di lanciare un fondo focalizzato sulla Space Economy è andata maturando nel 2020, sulla base di alcune evidenze. Già due anni fa era una nicchia di mercato dal significativo potenziale, con ottime prospettive di crescita, ma soprattutto anche particolarmente povera di veicoli d’investimento. Se da un lato è infatti vero che non manchino fondi dedicati in mercati privati e di Venture Capital, è altrettanto vero che ancora nel 2021 mancassero fondi Ucit che investissero esclusivamente nel quotato. A oggi, dunque al concludersi del terzo anno, la situazione non è particolarmente cam-
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1957 1961 1969 1977 1995 2014 2015 1958 1966 1975 1998 2021 1981
Si tratta di un settore dall’incredibile potenziale, e ancora ampiamente trascurato da veicoli d’investimento non eccessivamente specialistici: è la Space economy. Attivi al momento in Europa in tale ambito
Primo satellite Sputnik (Ussr)
Primo uomo sulla Luna (Apollo 11)
Primo uomo nello spazio, Yuri Gagarin (Ussr)
Lancio missione Voyager 1 e 2 (Usa)
Primo atterraggio su una cometa (Rosetta Esa)
Prima sonda su Giove
Nasce il turismo spaziale
Lancio del progetto Nasa (Usa)
Prima sonda su Venere
Prima sonda sulla Luna
Primo shuttle riutilizzabile
Primo razzo riutilizzabile
1
Prima stazione spaziale
finanza / investimenti tematici
biata, oltre al nostro, che intanto è stato autorizzato, se ne trovano solo altri due», esordisce così Juan Luis Mallo, Partner e responsabile portfolio management per la clientela istituzionale di BlueStar Investment Managers, boutique specializzata nella gestione d’investimenti, autorizzata Finma e membro dell’Asset Management Association Switzerland.
Un’evidenza, la scarsità di veicoli d’investimento, che sotto molti aspetti dovrebbe sorprendere, considerata anche la grande attenzione riservata alla tematica in termini di analisi e ricerca da parte degli istituti finanziari più blasonati. Ma quali sono le ragioni alla base? «Nel caso del quotato, e volendo mantenere un’ottica ‘pureplay’, ossia includendo solo le realtà più vicine e connesse al settore, l’universo d’investimento risulta incredibilmente piccolo. Nel nostro caso abbiamo selezionato appena cento titoli, che seppur stiano comunque crescendo per numero e capitalizzazione (sono numerose le Ipo nel settore), porrebbero non pochi problemi a un fondo gestito da istituti di una certa importanza, per la necessità di avere masse significative. Sin dal lancio abbiamo previsto una raccolta massima di 120-130 milioni di franchi, un elemento chiave per la sostenibilità della strategia, ma proibitivo per qualunque struttura di una certa dimensione», prosegue il Partner.
Come in altri casi, a scoraggiare è però anche e soprattutto la difficoltà intrinseca al comparto, in cui l’innovazione tecnologica riveste un ruolo chiave, al pari delle competenze richieste agli analisti per formulare analisi e previsioni accurate. «Il cuore del processo d’investimento ruota intorno all’intreccio tra finanza e tecnologia. Non avrebbe senso valutare queste aziende esclusivamente secondo metriche di natura finanziaria, dunque profittabilità, valutazioni, bilancio e crescita, senza affiancarvi una valutazione più tecnologica che consideri il grado di innovazione, il vantaggio competitivo, l’allineamento al quadro normativo di riferimento e la diversificazione del prodotto. Questa seconda analisi è affidata a un team di esperti che ci affianca nella gestione del fondo, persone addette ai lavori del settore, e di chiara fama internazionale con importanti esperienze nell’industria», mette in evidenza Mallo.
L’universo. Posti determinati paletti, anche piuttosto stringenti, e reso attento l’investitore interessato, particolari sor-
«Al pari della Corsa al West a oggi lo spazio è un ambiente privo di un quadro normativo di riferimento internazionale, i singoli operatori devono dunque rispettare semplicemente i regolamenti imposti loro dalle autorità nazionali. Da qui l’urgenza di molti di andare in orbita»
Juan Luis Mallo, Partner di
Ingorgo orbitale
Numero di satelliti attivi in orbita (dati 1950 - 2022)
Volano i satelliti Sottosegmenti dei satelliti per crescita (dati 2021-2030) e dimensione (dati mld usd)
prese non dovrebbero derivarne. A patto di aver saputo interpretare il giusto spirito dell’operazione. «Il fondo può investire esclusivamente in aziende quotate legate direttamente al settore, siano esse molto grandi, o a modesta capitalizzazione, ed essendo una strategia ‘long-only’ sarà sempre totalmente investito, con una liquidità massima del 10%. Da un lato le più piccole e disruptive rappresentano
Negli ultimi anni si è registrato un esponenziale aumento nel lancio di satelliti in orbita, un segmento che sta quindi conoscendo uno sviluppo unico. Le previsioni da ora alla fine del decennio stimano una crescita ancora più straordinaria, non solo in percentuale, trattandosi di un settore comunque ancora molto piccolo, ma anche in termini assoluti.
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BlueStar Investment Managers
Fonte: BlueStar 1960 1966 1972 1978 1984 1990 1996 2002 2008 2014 2020 0 1000 2000 3000 4000 5000 6000
Fonte: BlueStar Previsioni 5,6 mld -3.5% 2030: 12 mld 2030: 18 mld 2030: 4,5 mld 2030: 2,3 mld Nautica 1,2 mld 8% Aviazione 1 mld 16% Terra 0 mln ? 2030: 6,8 mld Difesa 4 mld 9% Backhaul (service) USD 3.8bn 15% Corporate networks 3 mld 5,5% Consumer broadband (service) USD 3.5bn >20% 2020-2030
- + + Dimensione del mercato
Cagr
Il ruolo dei Governi
le opportunità e i trend più interessanti, ma il cui successo è spesso non del tutto prevedibile soprattutto quanto a tempistiche, dall’altro le più mature garantiscono stabilità e maggior prevedibilità, in termini di fatturato e profittabilità, elementi altrettanto importanti. Se a livello di strategia il nostro obiettivo è costruire un portafoglio di aziende innovative e finanziariamente sostenibili, tatticamente ci aspettiamo che il turnover maggiore derivi da un cambiamento dinamico del peso dei singoli titoli sulla base dei trend di mercato», nota il Partner.
Del resto che si tratti di un settore particolarmente dinamico, e ancora solo agli arbori di uno sviluppo che nei prossimi anni sarà esponenziale, non è oggetto di contendere. Anche ora i suoi equilibri stanno mutando, la vera scommessa è capire come e quanto in fretta. «Il comparto si caratterizza per una forte segmentazione dell’offerta, a dipendenza di quale nicchia un’azienda decida di coprire, i margini e la profittabilità del business model possono essere diametralmente opposti. È in
atto ormai da anni una costante riduzione dei costi, sia in termini di produzione dei satelliti sia del loro lancio in orbita, ma a cambiare altrettanto in fretta sono anche le voci di ricavo: a fare la parte del leone sono i servizi, e la componente più governativa della domanda è ormai inferiore al 20% dei 400 miliardi di dollari di giro d’affari annuo stimato del settore. Sempre più spesso gli stessi Governi sono infatti clienti di aziende private, sia nel trasporto di astronauti che di materiali e attrezzature in orbita come SpaceX mostra chiaramente», analizza Mallo.
Una riduzione dei costi significativa, in assenza di una concorrenza sufficientemente matura in termini di prezzo, lasciano ben sperare per gli anni a venire, e spiega anche in parte il trend che sta (in) seguendo l’industria. «La forte riduzione dei costi di lancio, grazie anche all’impiego di nuovi materiali, e la miniaturizzazione delle componenti tecnologiche rendono i satelliti di oggi più performanti e leggeri, e meno costosi, il che democratizza l’accesso allo spazio, non più appan-
Il peso della spesa governativa nel settore dell’aerospazio è andata scemando nel corso del tempo, o meglio, a essere cresciuta molto è la componente più commerciale. Sotto, la crescita delle quotate del settore.
naggio di Governi e potenti, ma anche di aziende private non troppo grandi. Da un lato la fame di dati prodotti in orbita, ad esempio nel monitoraggio di vaste aree geografiche, sta esplodendo, dall’altro metà della popolazione mondiale non è al momento ‘connessa’, spesso non tanto per una ragione di prezzo quanto di infrastruttura, e in questo lo spazio potrebbe aiutare», chiarisce il Partner. Il paradigma. A essere cambiata è però anche la filosofia alla base di molte logiche pregresse del settore, figlie di un altro tempo, quando la corsa allo spazio aveva una valenza quasi squisitamente politica. Oggi è tutto molto diverso, o almeno in larga misura. «Alle origini l’idea era di creare satelliti grandi in termini di dimensioni, e fatti per durare anche vent’anni. Oggi scontando il vorticoso sviluppo tecnologico il ciclo vitale è stato ridotto a meno di un lustro, prevedendo sin dal principio un metodo per smaltirli facendoli deorbitare, oltre a prevedere aggiornamenti di software e upgrade da remoto. Questa progressiva riduzione del ciclo vitale garantisce una nuova fonte di ricavo, oltre a dover sparare quelli nuovi, circa un quinto di quelli già in orbita devono essere annualmente sostituiti. Nel corso dell’ultimo biennio ne sono stati sparati mediamente un migliaio all’anno, ma il dato è destinato a crescere enormemente nell’arco del prossimo», chiosa Mallo.
Lanci più frequenti, maggior concorrenza tra un numero crescente di attori nel settore, e una maggior disponibilità di satelliti stanno modificando alla radice la natura stessa di molte imprese attive già da tempo. «Il concentrarsi della redditività nei servizi, la fornitura e/o la rielaborazione di dati e immagini, e i margini pressoché nulli invece nelle operazioni di lancio, impongono un’inattesa deriva del settore: sempre più spesso le aziende cambiano scopo, e si avvicinano al modello di software company, specializzandosi quindi nella fornitura del servizio o nella stessa analytics di quanto raccolto, con un forte focus sull’efficienza. I settori che trainano la domanda sono molti e stanno
74 · TM Dicembre 2022
Fonte: BlueStar Germania
2014 0 10 20 30 40 50 60 2016 2018 2020 Aumentano
N. di imprese dell’universo d’investimento Fonte: BlueStar 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 2022 0 10 20 30 40 50 60 70 80
Spesa statale annua in programmi spaziali in mld usd
Giappone Russia Francia Cina Stati Uniti
anche le quotate
comunque aumentando, dall’agricoltura all’assicurativo, al perimetro pubblico», prosegue il Partner.
Un’evoluzione, questa, in gran parte ‘chiamata’ dalla nuova clientela del settore. «Sin tanto che un’industria è fortemente ancorata allo Stato le priorità sono altre, l’efficienza non è un tema, e il rapporto costo/prezzo non è troppo importante. Nel momento stesso in cui l’80% della domanda è costituita da soggetti di natura privata il discorso inevitabilmente cambia, e gli equilibri del settore devono inevitabilmente cambiare, recependo il messaggio. Per quanto il recente conflitto abbia riportato l’attenzione sul settore difesa, e lo spazio era al centro di importanti investimenti già da prima di marzo, su un giro d’affari annuo del settore di 400 miliardi nell’arco dei prossimi tre o quattro anni le missioni governative movimenteranno circa 100 miliardi, una cifra importante, ma non sufficiente a invertirne la rotta», riflette Mallo.
E domani? Un conflitto non privo di conseguenze anche in questo ambito, e di cui ovviamente a farne le principali spese è stato proprio il Vecchio Continente, seppur in un modo forse inatteso. «Diversamente da altri settori l’aerospazio non è stato colpito dalla mancanza di materie prime o componentistica, la situazione era già tesa in precedenza per la mancanza di semiconduttori, ma i quantitativi necessari sono comunque minimi, il che rende gestibile il problema. L’uscita dal mercato di Russia e Ucraina lascia però ‘a terra’ l’Agenzia spaziale europea, che al momento non può contare su lanciatori propri, e deve inevitabilmente rivolgersi a SpaceX, rispettandone le tempistiche, il che ha già spinto a rimandare importanti operazioni», nota il Partner.
Cambiando orizzonte temporale, specie in un settore nascente come può essere questo, e guardando ai prossimi anni ecco affiorare grandi sfide, ma anche incredibili opportunità, per quanti avranno saputo muoversi per tempo. «Al pari dell’americana Corsa al West a oggi lo spazio è un ambiente privo sostanzialmente di un quadro normativo di riferimento internazionale, i singoli operatori devono dunque rispettare semplicemente i regolamenti imposti loro dalle autorità nazionali. Questo spiega l’urgenza che hanno molti di andare in orbita il prima possibile, prima che vengano adottate leggi chiare ma limitative, che prendano però in considera-
zione una delle principali tematiche, per ironia della sorte la ‘tutela dell’ambiente’. Anche in orbita c’è un forte problema di spazzatura, la space debris, detriti umani frutto di perdite di materiali o collisioni, oltre che veri e propri satelliti non più in funzione e alla deriva, che se da un lato costituisce la principale minaccia a tutti i sistemi orbitali, la sua rimozione è anche una delle più grandi opportunità dei prossimi anni», conclude Juan Mallo.
Grandi opportunità, che viaggiano però in coppia con altrettanto significativi rischi, in un settore nuovo e in più d’un senso ancora tutto da esplorare. In una fase storica che vedrà andar pronunciandosi il confronto geopolitico tra super potenze, o in blocchi contrapposti, ecco un ulteriore elemento di rischio in quella che sarà una nuova avvincente saga: la conquista finanziaria delle orbite vicine.
spaziale rappresenta una delle principali opportunità dei prossimi anni. Sotto, la distribuzione delle imprese incluse nell’universo d’investimento del fondo.
Se dunque il ‘vantaggio di prima mossa’ si dimostrerà molto probabilmente fondamentale per la sostenibilità del business model di molte imprese del settore, lo stesso potrebbe rivelarsi per gli investitori; essersi mossi per tempo, intercettando sul nascere una nuova opportunità, in attesa di una qualche bella gita fuori porta con destinazione Luna o Marte potrebbe essere un inizio, di un qualcosa che con un po’ di fortuna certamente seguirà.
Dicembre 2022 TM · 75
Federico Introzzi
L’universo d’investimento Le imprese per capitalizzazione Fonte: BlueStar >10 mld Tra 500 mln e 1 mld Tra 1 e 10 mld 13% <500 mln 29% 29% 29% L’universo d’investimento Distribuzione geografica delle imprese Fonte: BlueStar Asia 12% USA 55% Europa 28% Altri 5%
Sopra, la space debris, l’immondizia
Interessanti catastrofismi
Il mercato della riassicurazione negli ultimi anni ha dimostrato un ottimo andamento, e la carenza di capitali disposti ad accollarsi i crescenti rischi hanno trainato la crescita dei rendimenti. Una tendenza che dovrebbe proseguire anche nei prossimi anni.
A lato, la devastazione lasciata dall’uragano Katrina a New Orleans. Rimane a distanza di oltre 15 anni la catastrofe naturale più costosa della storia, non solo americana.
molti assicuratori primari, soprattutto nel mercato principale della Florida, dispongano solo di scarso capitale proprio li rende particolarmente vulnerabili alle distorsioni dei mercati dei capitali. Molti assicuratori primari cercano quindi di compensare i requisiti patrimoniali risultanti trasferendo il rischio al mercato.
L’uragano Ian, che ha colpito la costa occidentale della Florida come uragano di categoria 4 il 28 settembre 2022, è stato solo il terzo uragano nella storia della Florida ad approdare con venti di categoria 4 e ha il potenziale per diventare la seconda tempesta più costosa dopo l’uragano Katrina nella storia degli Stati Uniti.
I Cat bond hanno già prezzato la maggior parte dei futuri aumenti dei premi attraverso il meccanismo dei prezzi di mercato. Ma quali fattori stanno attualmente influenzando il comportamento della domanda e dell’offerta di coperture assicurative e perché gli investitori troveranno un momento di ingresso adeguato nel mercato proprio dopo l’uragano Ian?
Di norma, i premi del mercato riassicu-
rativo aumentano dopo i grandi sinistri. Questo meccanismo di recupero del settore avviene con un certo ritardo rispetto alle date di rinnovo del 1 gennaio, 1 aprile e 1 giugno. Il mercato secondario dei Cat bond in circolazione ha di solito già anticipato gli aumenti dei premi attraverso l’aumento dei rendimenti. In generale, l’aumento dei rendimenti sulle nuove emissioni porta a cedole elevate, ma anche a un calo dei prezzi delle obbligazioni Cat emesse in precedenza.
Le ragioni dell’attuale contesto di hard market. Già prima dell’uragano Ian, vi erano segnali di una crescente domanda di capacità riassicurativa da parte degli assicuratori primari e di una carenza di offerta da parte del settore riassicurativo e del mercato dei Cat bond. Il fatto che
In questo caso, due fattori limitano la capacità disponibile. In primo luogo, la forza del dollaro americano ha indotto molti riassicuratori, soprattutto europei, a ridurre le coperture per evitare una sovraesposizione. In secondo luogo, già prima dell’uragano, diversi riassicuratori hanno annunciato che avrebbero ridotto la loro capacità di copertura dei rischi di catastrofi naturali negli Stati Uniti per ridurre la volatilità dei loro utili.
A causa delle turbolenze sui mercati dei capitali, nei primi otto mesi è diminuita anche la raccolta di nuovi fondi per questo mercato, il che ha ulteriormente intensificato la carenza di capacità riassicurativa. Queste ragioni hanno portato a un aumento dei premi nel mercato della riassicurazione già prima dell’uragano.
Ian, probabilmente il secondo evento catastrofico più costoso della storia americana, ha ulteriormente irrigidito il difficile contesto del mercato esistente, con perdite assicurate di circa 60 miliardi di dollari. Il mercato ha già reagito con cali di prezzo di circa il 10%.
A prescindere dal fatto che le perdite
76 · TM Dicembre 2022
finanza / investimenti
previste raggiungano o meno questo livello, è lecito chiedersi quanto il mercato abbia scontato i futuri aumenti dei premi. Sulla base degli attuali prezzi di mercato, è chiaro che il mercato ha già prezzato un sostanziale aumento dei premi dall’8,4% al 12% nelle prossime tornate di rinnovo. Investire dopo l’uragano. In passato, gli investimenti post uragano hanno sempre dato i loro frutti. Come mostrano chiaramente i dati, gli anni successivi all’uragano Katrina nel 2005 e al terremoto del Tohoku nel 2011 sono stati punti di ingresso interessanti. Il tempo di recupero della perdita subita dal rispettivo evento è stato infatti significativamente ridotto dagli aumenti di rendimento.
Ad esempio, le perdite conseguenti al terremoto di Tohoku sono state ‘riassorbite’ già dopo cinque mesi. Quelle di Katrina in sei mesi e quelle dell’uragano Irma in otto mesi. I nuovi investitori possono quindi guadagnare dal payback senza dover sostenere prima la perdita.
I prossimi anni: Premi: più alti più a lungo. Come descritto poc’anzi, la capacità riassicurativa era già scarsa prima dell’uragano Ian. L’uragano aggraverà ulteriormente questa carenza. Negli ultimi cicli di mercato, i rendimenti più elevati hanno attratto gli investitori Ils, portando a un rapido calo dei rendimenti delle obbligazioni Cat. Ad esempio, nel 2005, dopo l’uragano Katrina, ci sono stati numerosi Start up di riassicuratori con sede alle Bermuda, che sono diventati noti come la “Classe del 2005”. Dopo l’uragano Irma, molti gestori di Ils sono riusciti a raccogliere nuovi capitali, rallentando così l’aumento dei rendimenti.
Tuttavia, è lecito aspettarsi che i premi rimangano elevati dopo l’uragano Ian, dato che l’afflusso di nuovi capitali nel settore continuerà a essere limitato. Uno dei motivi principali è la fine del periodo di bassi tassi di interesse. Il capitale è di nuovo prezioso e la caccia ai rendimenti sembra essere finita. La maggiore concorrenza con altre classi di attività manterrà quindi alti i livelli di rendimento.
Prima dell’uragano Ian, le cedole dei
Nonostante le catastrofi naturali siano più frequenti e costose, il mercato ha saputo attrezzarsi di conseguenza, spingendo il costo delle assicurazioni, e garantendo buoni rendimenti agli investitori.
«In passato, gli investimenti post uragano hanno sempre dato i loro frutti.
Come mostrano i dati, gli anni successivi all’uragano Katrina e al terremoto del Tohoku sono stati punti di ingresso interessanti. Il tempo di recupero della perdita subita è stato infatti ridotto dagli aumenti di rendimento»
Dirk Schmelzer, Managing Partner di Plenum Investments
Cat bond erano già salite ai massimi di 10 anni, un livello visto l’ultima volta all’indomani del terremoto di Tohoku in Giappone. Il riprezzamento dei titoli dopo l’uragano Ian ha portato a un ulteriore aumento dei rendimenti dall’8,4% al 12%, un livello pagato l’ultima volta dopo l’uragano Katrina.
Anche l’ampiezza del rialzo dei rendimenti è stata notevole: quasi tutte le
obbligazioni Cat ne sono state interessate. Il mercato prevede che in futuro si dovrà pagare di più per tutti i rischi, compresi quelli che hanno un effetto di diversificazione. Ci si aspetta quindi che il mercato dei Cat bond continui a registrare livelli di premio elevati, simili a quelli successivi all’uragano Katrina, ma senza un rapido ritorno a premi più bassi: perciò rendimenti più alti e più a lungo.
Dicembre 2022 TM · 77
1997 1999 2001 2003 2005 2007 2009 2011 2013 2015 2017 2019 2021 Catastrofi costose, ma... Rendimento atteso dei Cat Bond e perdite attese Fonte: Plenum 2022 Rendimento Perdite attese 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% ■ Spread Migliora la tenuta del mercato Lo Swiss Re Cat Bond Index (in %) e tempo di recupero in mesi delle perdite Fonte: Plenum 2022 -10% -5% 0% 5% 10% 15% 20% 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 2022 6m 8m 5m 5m ? Uragano Katrina Terremoto Giapp. Crisi finanziara Uragano Irma Uragano Ian
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Colpo di reni?
Iniziato sotto i migliori auspici, e virato presto nei peggiori incubi, si archivia finalmente un anno segnato dalle peggiori generalizzate performance di sempre. Addio 2022!
Il mercato svizzero dei fondi nel mese di ottobre è tornato a tirare il fiato dopo le cattive performance riportate mese su mese, dall’inizio dell’anno, appesantite in maniera sostanziale dal pessimo andamento dei mercati, da un lato tirati in causa dalla stretta monetaria avviata, seppur con pigli diversi, da tutti gli istituti, dall’altro chiamati a misurarsi con un inedito moderno: una guerra, vera, ai confini dell’Europa.
Nel mese di ottobre la buona crescita delle masse, in risalita di 40,8 miliardi di franchi, con un gestito complessivo che si riporta sopra i 1.320 miliardi, è strata trainata dagli azionari, che si intestano i tre quarti del totale. A livello di raccolta, invece, bene solo i monetari, con deflussi ancora consistenti negli obbligazionari.
Intanto però volge a conclusione il 2022, un anno segnato da profonde emergenze, e un cambio radicale di paradigma, geostrategico, politico, monetario ed economico. Un passaggio di testimone fulmineo, innescato dalla guerra in Ucraina, che si è portato dietro tutti i nodi ancora irrisolti di un biennio segnato dall’emergenza pandemica, un altro inedito.
Guardando all’anno che sta arrivando, il 2023, finalmente qualche novità: dovrebbe essere l’anno del ritorno del reddito fisso, con i rendimenti di diversi titoli di Stati avanzati ed emergenti tornati in territorio ampiamente positivo, dopo anni e anni trascorsi in ghiacciaia. Un inizialmente ancora molto elevata inflazione, che dovrebbe poi calmarsi nella seconda metà dell’anno, anche negli Stati Uniti, lascerà infatti campo aperto, e qui la vera novità, a rendimenti reali bonariamente positiva, come non si vedeva da tempo.
Vero market mover l’inflazione. Come gestirla, e come posizionarsi di conseguenza è l’interrogativo cui le migliori realtà, svizzere e non solo, hanno cercato di rispondere. Del resto, è tradizione leggere l’Outlook di TM sotto l’albero.
Il mercato svizzero dei fondi (Dati Morningstar in mln di franchi)
Quota di mercato per Asset Class
Raccolta per Asset class
L’Angolo dell’investitore: (Financial, Energy, Industrial; Isin):
▲ Bank of America (US0605051046)
▲ Bnp Paribas (FR0000131104)
▲ Allianz (DE0008404005)
▲ Exxon Mobil Corp (US30231G1022)
▲ Bp Plc (GB0007980591)
▲ Galp Energia (PTGAL0AM0009)
▲ Airbus (NL0000235190)
▲ Rheinmetall (DE0007030009)
▲ Alstom (FR0010220475)
Dicembre 2022 TM · 79
Categoria fondi Massa amministrata Var. Sottoscrizione Ott 2022 Sett 2022 al netto dei riscatti Fondi azionari 578.895 548.333 30.562 -542,2 Fondi obbligazionari 381.442 382.276 -0.834 -2.511,1 Fondi misti 151.455 148.799 2.656 -820,3 Fondi mercato monetario 119.294 110.517 8.777 7.345,1 Fondi immobiliari 44.785 44.735 0,05 -48,6 Materie prime 31.810 32.067 -0.257 -286,7 Investimenti alternativi 9.173 9.279 -0.106 -40,0 Altri fondi 3.227 3.237 -0.01 -31,9 Totale mercato 1.320,081 1.279,242 40.839 3.064,3
(in milioni di franchi) 1 mese 3 mesi 6 mesi 1 anno Obbligazionari -2.511,1 5.546,0 7,759,1 10,624,6 Misti -820,3 2.484,4 5,734,7 12,716,7 Materie prime -286,7 -238,3 -162,9 -311,8 Immobiliari -48,6 188,2 300,7 446,3 Altro -31,9 27,8 60,0 144,2 Alternativi -40,0 -662,9 -773,0 -484,6 Monetari 7.345,1 -1.176,9 -1,407,1 -3,192,3 Azionari -542,2 2.477,2 5,876,5 25,677,3
(in %) X-2022 IX-2022 6 mesi 1 anno Fondi azionari 44,97 44,91 45,80 46,65 Fondi obbligazionari 29,05 29,36 29,34 29,40 Fondi misti 11,65 11,75 11,57 10,77 Fondi mercato monetario 7,65 7,33 6,91 7,33 Fondi immobiliari 3,30 3,25 2,91 2,82 Materie prime 2,48 2,52 2,49 2,09 Investimenti alternativi 0,66 0,66 0,76 0,73 Altri fondi 0,23 0,23 0,23 0,22 Outlook 2023
di Federico Introzzi
La decade che verrà
Nonostante il molto rumore accorso negli ultimi mesi, stanno cambiando velocemente anche gli equilibri di lungo periodo sottostanti l’economia globale. È però bene non ignorarli.
Èstato un anno caratterizzato da molti colpi di scena sul fronte geopolitico ed economico che hanno obbligato gli investitori a navigare a vista, dando minore enfasi ai cambiamenti strutturali dell’economia. In effetti, la ricerca di temi d’investimento a più alta crescita non è sempre stata la strategia di maggior successo in un contesto nel quale i settori più tradizionali e difensivi hanno risentito meno di shock come la guerra e l’inflazione.
Spesso si accosta il periodo attuale agli anni Settanta per via dell’elevata
inflazione e della crisi energetica, anche se quest’ultimo è in realtà un tema prevalentemente europeo. Ma a differenza di quanto accadde allora, oggi le Banche Centrali appaiono determinate a ridurre l’inflazione accettando anche impatti economici negativi e fluttuazioni più pronunciate sui mercati finanziari.
Questo atteggiamento dei banchieri centrali dovrebbe impedire all’inflazione di consolidarsi. Infatti, i prezzi al consumo dovrebbero continuare a salire, ma già nei prossimi mesi a un ritmo più lento: negli Stati Uniti forse si è già visto il picco e in
Il 2022 è stato pieno di colpi di scena sul fronte geopolitico ed economico. L’inflazione si è dimostrata più duratura rispetto alle attese e ha costretto le Banche Centrali a intervenire in modo deciso, creando forte pressione sui mercati finanziari. L’andamento del Pil è stato invece in linea con le attese. Guardando al prossimo anno, i prezzi al consumo dovrebbero continuare a salire, ma a un ritmo più lento. Nei prossimi mesi i tassi d’interesse verranno alzati ulteriormente, ma le autorità potrebbero presto concludere la stretta monetaria. Gli utili aziendali saranno sotto pressione l’anno prossimo per via dei rialzi dei tassi e dell’impatto dell’inflazione; per l’Europa ci si può aspettare una riduzione a doppia cifra. Ma probabilmente la crescita economica globale ricomincerà ad accelerare nella seconda parte dell’anno, quando il mercato inizierà a concentrarsi sulle attese per il 2024: quello potrebbe essere il vero punto di svolta per i mercati.
La geopolitica resta la grande incognita. La guerra in Ucraina rappresenta una minaccia su vari fronti, oltre ovviamente a quello energetico. E le tensioni tra Stati Uniti e Cina, che sta anche vivendo una complessa fase dal punto di vista economico, rappresentano un freno per i mercati. Nel 2022 la sostenibilità ambientale ha subito una battuta d’arresto, ma la lotta ai cambiamenti climatici e l’esigenza
Europa si potrebbe essere vicini.
A breve i tassi d’interesse verranno alzati ulteriormente, ma gli istituti centrali potrebbero concludere la stretta monetaria nel primo trimestre del 2023 e la Fed potrebbe addirittura tagliare i tassi entro la fine dell’anno. La stessa curva dei rendimenti per le principali valute non implica aspettative di elevata inflazione a lungo termine. In effetti, nelle econo-
di rendersi più indipendenti implica che gli sforzi verso la transizione energetica dovranno aumentare. Il tema dell’indipendenza e della sicurezza coinvolgerà tutte le supply chain, l’energia, l’industria alimentare e la cybersecurity. Nel complesso, anche in considerazione della situazione geopolitica, forse non ci sono ancora le condizioni necessarie per un rally duraturo dei mercati azionari. D’altra parte, sono possibili dei recuperi periodici e per questo non sembra opportuno assumere posizioni troppo nette, preferendogli una selezione qualitativa per mitigare la volatilità.
Sul mercato azionario è bene rimanere neutrali favorendo le strategie di protezione del capitale e i titoli value, che presentano valutazioni contenute, e quelli che distribuiscono buoni dividendi. Da preferirsi i settori più difensivi, come sanità e beni di prima necessità, mentre le aree meno preferite dovrebbero essere i titoli più esposti al ciclo economico e ai rialzi dei tassi: industriali e tecnologici.
I rendimenti obbligazionari sono tornati a essere interessanti e probabilmente vicini al picco per questo ciclo economico. Nel reddito fisso bene i titoli di qualità con scadenze medie e investment grade con scadenze più ravvicinate rispetto all’high yield statunitense, che potrebbe risentire di un rallentamento economico e di minore liquidità.
80 · TM Dicembre 2022
Matteo Ramenghi, Cio Wealth Management di Ubs Italia.
outlook / lungo periodo
L’anno che verrà
mie avanzate gli andamenti demografici restano deboli, così come la crescita delle retribuzioni reali, mentre i Governi si apprestano a contenere la spesa pubblica: insomma, i motori di un’inflazione duratura non girano certamente a pieno regime.
La geopolitica resta un’incognita anche a medio termine e il tema della sicurezza per i principali settori strategici diventa sempre più centrale nelle politiche dei Governi. Se nel 2022 la sostenibilità ambientale ha subito una battuta d’arresto, la lotta ai cambiamenti climatici resta cruciale e l’esigenza dei Paesi di rendersi più indipendenti implica che gli sforzi verso la transizione energetica dovranno significativamente aumentare.
Pur non aspettandosi che la dipendenza dai combustibili fossili si esaurisca nei prossimi decenni, a lungo termine è assai probabile che la trasformazione verso un’economia a più basso impatto ambientale stimolerà la crescita. Potrebbero anche essere necessari maggiori investimenti nella produzione agricola e metallurgica industriale, poiché la domanda di metalli di transizione e generi alimentari dovrebbe aumentare offrendo nuove opportunità d’investimento.
L’era della sicurezza alimenterà la spesa pubblica in infrastrutture nonché in ricerca e sviluppo. Molti Paesi compiranno sforzi sempre maggiori per raggiungere l’indipendenza in settori strategici come la produzione energetica e alimentare, lo sviluppo tecnologico e la sicurezza nazionale. Nei prossimi anni, provvedimenti come quelli adottati negli Stati Uniti con il Chips Act (che promuove ricerca, sviluppo e produzione di semiconduttori) e l’Inflation Reduction Act (che, tra le altre cose, supporta l’energia pulita) daranno slancio alla spesa pubblica e privata.
La digitalizzazione è una tendenza in continua accelerazione. Dalla pandemia in poi è emerso con chiarezza che le imprese possono impiegare le tecnologie
160
150
140
130
120
Consumi primari di energia 80
Quota del totale per fonte (in %) 90
i problemi 100
170 2012 2014 2016 2018 2020 2022
110
per condurre i loro affari secondo modalità che apparivano impensabili fino a pochi anni fa. Non è più solo un tema di efficienza, ma anche uno strumento per far crescere i ricavi anticipando i trend
«La riduzione delle emissioni potrebbe fare da traino all’inflazione: nei prossimi anni dovrebbe rimanere alta la domanda di know-how e materiali che contribuiscono alla trasformazione verde, con il rischio di farne lievitare i prezzi»
di consumo e migliorando la personalizzazione e l’esperienza dei consumatori.
Tuttavia, ognuno di questi fattori potenzialmente positivi ha anche un rovescio della medaglia che nei prossimi anni potrebbe dare luogo a effetti collaterali. Per esempio, la riduzione delle emissioni potrebbe fare da traino all’inflazione: nei
prossimi anni dovrebbe rimanere alta la domanda di know-how e materiali che contribuiscono alla trasformazione verde, con il rischio di far lievitare i prezzi dell’energia e delle materie prime.
Inoltre anche la tendenza alla deglobalizzazione, con la reintroduzione di barriere commerciali, può generare inefficienze, inflazione e, di conseguenza, ridurre la crescita economica potenziale.
La digitalizzazione potrebbe aiutare a contenere l’inflazione, ma porterà con sé delle sfide sul piano economico e sociale, pensando ad esempio all’impatto sull’occupazione. Le innovazioni ad alta intensità di capitale e basso fabbisogno di manodopera potrebbero concentrare la ricchezza in poche mani, con l’eventualità che vengano quindi adottate contromisure politiche per favorirne la redistribuzione.
Proprio per queste ragioni, anche quando si prendono in considerazione i temi d’investimento che potrebbero caratterizzare i prossimi anni, occorre mantenere un’ampia diversificazione tra asset class, settori e aree geografiche.
Dicembre 2022 TM · 81
Fonte: Ubs 0 20 40 60 80 100 1900 1950 2000 2050 Carbone Petrolio Gas Nucleare Idroelettrico Rinnovabili Cambiano
Dopo un 2022 ricco di sorprese e imprevisti che hanno distorto l’attenzione di Governi e mercati dalle precedenti emergenze, leggasi cambiamenti climatici, il prossimo anno a patto del diradarsi e risolversi di qualcuna delle molte crisi in atto, il focus potrebbe tornare su energia, e sicurezza alimentare di miliardi di persone, provate dal post pandemia. Indice Fao della sicurezza alimentare Fonte: Ubs
Opportunità tra le difficoltà
Roberto Cerratti, responsabile Investment Consulting, di Credit Suisse (Svizzera). A lato, l’andamento dell’inflazione in alcune economie avanzate.
escludere che possa perdurare la tendenza degli ultimi due anni, ciononostante l’obbligazionario tornerà ad avere un ruolo.
L’entità della ‘grande transizione’ prevista un anno fa è andata ben oltre le aspettative. Il ritorno al centro dell’attenzione di fattori geopolitici e il passaggio al multipolarismo degli scambi commerciali hanno accelerato il passaggio ad una nuova realtà economica caratterizzata da inflazione elevata, politica monetaria restrittiva e crescita economica moderata. Un nuovo inizio per i mercati finanziari marcato dal ritorno dell’interesse per il reddito fisso. Economia globale. La geopolitica è tornata a ritagliarsi un ruolo di primo piano con importanti conseguenze. Le spaccature tra Occidente e Oriente, gli strascichi della pandemia e le sanzioni hanno dato una brusca accelerazione alla transizione verso un mondo multipolare. Complici anche la crisi energetica, lo shock dei prezzi alimentari e una politica climatica più incisiva, si è entrati in un nuovo regime inflazionistico, e nonostante il picco sia stato raggiunto in molti Paesi, ulteriori rialzi dei tassi sono probabili. Questa prospettiva ha spinto ad aumentare le previsioni sui tassi delle banche
centrali in tutte le principali economie (Cina esclusa) e ad abbassare le previsioni di crescita. Una recessione appare probabile in Eurozona e Regno Unito, seguita da una timida ripresa nella seconda parte dell’anno, a condizione che gli Stati Uniti riescano a evitare una contrazione eccessiva dell’attività economica.
Il 2022 lascerà il segno anche nei prossimi anni, con conseguenze negative per la crescita. Il nuovo contesto geopolitico suggerisce minore cooperazione internazionale sull’innovazione tecnologica, meno libertà di circolazione dei talenti e quindi modesti aumenti della produttività, in un contesto macroeconomico di inflazione elevata per almeno i prossimi cinque anni. Una sfida complessa anche per i Governi, sempre più indebitati. Reddito fisso. Nel 2022, la normalizzazione ben più rapida del previsto dei rendimenti ha pesato in maniera importante sulla performance delle obbligazioni, vanificando qualsiasi effetto di diversificazione. L’inizio del 2023 resterà caratterizzato dall’incertezza sull’inflazione e da ulteriori rialzi dei rendimenti, senza
Per il momento è consigliabile entrare nel nuovo anno con una duration breve e un posizionamento conservativo su obbligazioni Ig (in particolare europee) i cui spread sono prossimi ai livelli medi dell’ultima recessione, malgrado fondamentali di credito che restano solidi. Nel corso dell’anno emergeranno anche opportunità di aumento della duration, in particolare per i Treasury.
Attualmente risultano essere interessanti anche le obbligazioni dei Paesi emergenti (specie sudamericani) denominati in valuta forte che offrono un premio di spread allettante, fondamentali altrettanto solidi e hanno valutazioni che sembrano già riflettere un rallentamento economico. Per contro maggior cautela sull’Hy, e sui prestiti senior europei dove riteniamo che gli spread non abbiamo scontato pienamente i potenziali default. Azioni. Ci si attende dal comparto un 2023 a due facce. Il primo semestre vedrà prevalere il tema dei tassi (reali) alti e la conseguente riduzione dei multipli di valutazione, con performance deboli e volatilità elevata. Nel secondo l’attenzione potrebbe spostarsi sulla tenuta degli utili a fronte di una crescita economica lenta. Importante dunque posizionarsi su regioni e settori con forte potere di pricing.
Tra questi è interessante la sanità che ha caratteristiche difensive, margini stabili e
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Va preannunciandosi un anno irto di complessità, e ricco di nodi da sciogliere, ma tra mille necessarie accortezze non dovrebbero mancare le sorprese, anche positive.
Transitoria? No, consolidata Andamento dei saggi d’inflazione in alcuni Paesi (in %)
Svizzera
Giappone -2 0 2 4 10 8 6 2008 2010 2012 2014 2018 2016 2020 2022 outlook / globale
Fonte: Credit Suisse, al 15-X-2022
Regno Unito Eurozona Usa
valutazioni relative attrattive rispetto ad altri settori difensivi. Offre inoltre esposizione a fattori di crescita a lungo termine come l’invecchiamento della popolazione, nuove tecnologie e un migliore accesso all’assistenza sanitaria negli Emergenti.
A livello geografico la preferenza resta per il mercato svizzero, grazie alla sua capacità di sovraperformare quando la crescita rallenta e le prospettive di crescita degli utili vanno in doppia cifra. In generale è da preferirsi la ‘qualità’, ovvero società con un elevato rendimento azionario, crescita degli utili stabile e bassa leva, rimanendo attendisti sui titoli tecnologici, al migliorare del sentiment.
Valute. Il 2022 è stato caratterizzato dalla forza del dollaro, supportato dalla solidità dell’economia americana, un mercato del lavoro rigido e dal rapido inasprimento della politica monetaria.
L’attuale sopravalutazione del dollaro potrebbe perdurare nel 2023, anche se non si esclude un’inversione di tendenza nella seconda metà dell’anno, a dipendenza della Fed e delle prospettive economiche globali. Ci si attende forte volatilità con possibili oscillazioni di mercato dovute ai rischi di recessione, l’andamento dell’inflazione e incertezze geopolitiche.
Tra i possibili rischi non si esclude il riemergere di pressioni sui Paesi periferici dell’Eurozona che potrebbero portare a ulteriore debolezza dell’euro. Tra le valute del G10, lo yen è stato quello che ha maggiormente risentito dell’incremento dei differenziali d’interesse, cosa che potrebbe perdurare salvo decisioni coraggiose della BoJ. L’inizio d’anno rischia di essere problematico anche per le valute emergenti che potrebbero continuare a risentire della forza del dollaro e dell’incremento dei rischi di recessione. Non è nemmeno escluso, in caso di rallentamento, che alcune Banche Centrali emergenti procedano a tagli dei tassi.
Alternativi. In un 2023 che si annuncia volatile, la gestione attiva offerta da fondi hedge e private equity potrà aggiungere maggior valore. Preferibili strategie con beta ridotto, market neutral, e soluzioni multi-strategy di valore relativo che possono beneficiare della maggior dispersione di performance tra le aziende.
L’inflazione elevata favorisce anche strategie di rendimento alternative come il credito privato e le infrastrutture, in particolare in energia e trasporti che beneficiano di una maggior spesa fiscale.
Le valute
Il dollaro continua a essere sostenuto
Questione di reali
Il contesto appare difficile per gli immobili a causa di tassi d’interesse più alti e una crescita economica più debole. Gli immobili quotati riflettono almeno in parte le difficili prospettive per il settore e per questo motivo sono da privilegiare agli investimenti diretti le cui valutazioni sono rimaste resilienti e ancora alte.
Il contesto economico è difficile anche per le materie prime più cicliche e per l’energia. Sebbene quest’ultima sia sensibile al ciclo economico, ci si attende che i prezzi restino elevati in modo da contenere la domanda dato che la disponibilità di fonti alternative al gas russo resta limitata e le misure di miglioramento dell’efficienza non sono ancora sufficienti. Urge accelerare la transizione con un più rapido impiego di capitali e una burocrazia ridotta e in questo senso il prezzo del carbonio gioca un ruolo essenziale.
Le recenti flessioni dei prezzi delle quote di emissione europee rappresentano un’opportunità per costruire un’esposizione a lungo termine poiché i prezzi del carbonio devono aumentare sensibilmente per incentivare la dismissione del car-
Dopo anni di delusioni potrebbe essere tornato infine il momentum dell’obbligazionario, anche sovrano e anche avanzato. I rendimenti reali torneranno presto positivi, nonostante gli alti saggi d’inflazione. Rimane
bone. Tra le materie prime più difensive, nel corso dell’anno oro e metalli preziosi. Inflazione elevata, inasprimento delle politiche monetarie e rischi di recessione continueranno a essere i temi dominanti nella prima metà del 2023, con un impatto negativo sugli asset di rischio come le azioni, materie prime cicliche e credito. Tuttavia, una graduale normalizzazione dell’inflazione potrebbe sancire la fine dei rialzi dei tassi da parte delle Banche Centrali e aprire una nuova fase. Si raccomanda quindi agli investitori di seguire con attenzione i punti di inflessione dei mercati economici e finanziari, gestire attivamente i rischi e adeguare l’asset allocation come necessario per creare un portafoglio diversificato e robusto.
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forte
dollaro.
il
dal differenziale dei tassi Fonte: Credit Suisse 70 75 80 85 90 95 100 105 110 115 -1,0 -0,5 0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2y swap spread (Usd meno componente Dxy) 5y swap spread (Usd meno componente Dxy) Dxy Index (dx) in % Dxy Index
L’andamento dei rendimenti reali sulle valutazioni azionarie Fonte: Credit Suisse 13 12 14 15 16 17 18 19 20 21 -1,5% -1,0% -0,5% 0,0% 0,5% 1,0% 1,5% P/E anticipato a 12 mesi dell’Msci Ac World Rendimento reale Usa a 10 anni (invertito, dx) Gen 18 Gen 19 Gen 20 Gen 21 Gen 22
Ottimismo, ma cautela
Luca Paolini, Chief Strategist di Pictet Am. A lato, torna l’interesse sul reddito fisso, seppur ancora circoscritto alle economie emergenti. Opportunità negli sviluppati.
investimenti per i prossimi anni. Un ulteriore sostegno alle obbligazioni e alle azioni dei mercati emergenti arriverà dalla ripresa economica della Cina.
Il 2023 sarà un anno di ritorno alla normalità. L’inflazione scenderà, anche se non così velocemente, le economie lotteranno per crescere, ma eviteranno una profonda recessione, le azioni sono destinate ad arrancare, ma i fondamentali si adattano alle obbligazioni di alta qualità. Nel frattempo, gli asset dei mercati emergenti, in particolare il debito in valuta locale, sono destinati a brillare grazie all’indebolimento del dollaro e alla ripresa dell’economia cinese.
Il rallentamento globale, diversi indicatori suggeriscono che diversi Paesi sarebbero già in recessione, è stato il più atteso a memoria d’uomo, anche a fronte della decisa azione delle Banche Centrali per frenare l’inflazione, che comprimerà la crescita economica sotto al potenziale almeno sino all’ultimo trimestre del 2023. Tale rallentamento sarà probabilmente meno doloroso che in passato per solidità dei patrimoni di famiglie e imprese, che hanno ancora da parte un eccesso di risparmio accumulato durante la pandemia.
L’inflazione rimarrà un ostacolo, ma non sarà il motore principale del mercato
nel corso del prossimo anno, nonostante le troppo rosee aspettative dei mercati al riguardo, incompatibili con la forza del mercato del lavoro americano e della lentezza con cui gli affitti reagirebbero.
A maggior ragione le Banche Centrali saranno particolarmente caute nel procedere a un prematuro allentamento (prima del 2024), pena il rischio di una nuova fiammata inflativa ancor meno controllabile, e che rischierebbe di mandare in fumo la loro credibilità.
Gli Stati Uniti sono attualmente i più avanti nel ciclo di inasprimento monetario, e un picco dei tassi statunitensi potrebbe esercitare una pressione al ribasso sul dollaro. Il biglietto verde è già notevolmente sopravvalutato e i suoi fondamentali a lungo termine sono scarsi: il valore a lungo termine di una valuta è determinato dalla disciplina fiscale e dalla crescita della produttività e gli Stati Uniti ottengono risultati negativi in entrambi.
L’indebolimento del dollaro sarà positivo per gli asset dei mercati emergenti, in particolare per il debito in valuta locale, che rimane un faro nel panorama degli
In poche parole, il 2023 sarà un anno di cautela per gli investitori. Ma dopo un misero 2022, in cui praticamente tutte le asset class hanno subito ribassi (con la notevole eccezione dell’energia), ci saranno anche motivi per un cauto ottimismo. Reddito fisso e valute. Nei prossimi 12 mesi le obbligazioni saranno in grado di offrire rendimenti corretti per il rischio migliori rispetto alle azioni. Dopo un selloff senza precedenti nel 2022, si prevedono rendimenti obbligazionari positivi di circa il 3% in media a livello globale, a spingerle la crescita stagnante e le valutazioni interessanti, ma sarà indispensabile la cautela per la forte dispersione delle performance: da preferirsi gli emergenti. Uno dei motivi è la valutazione. Oltre l’80% delle obbligazioni dei mercati emergenti offre rendimenti reali superiori a quelli degli Stati Uniti, con alcuni mercati come l’America Latina superiore al 10%, sopra la media quinquennale.
Le Banche Centrali dei mercati emergenti hanno agito tempestivamente e con decisione per contenere le pressioni inflazionistiche, consentendo loro di controllare meglio l’inflazione rispetto alle controparti sviluppate.
Il loro ciclo di inasprimento monetario è più avanzato rispetto a quello della Fed e delle altre principali, ed è improbabile
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Rendimenti Nei bond sovrani decennali (in %) Fonte: Pictet Am -2 -1 0 1 2 3 Più recenti Media 5y Italia Usa Spagna Uk Australia Francia Canada Portogallo Svizzera Germania Svezia Giappone Rendimenti Nei bond sovrani decennali (in %) Fonte: Pictet Am -8 -4 0 4 8 12 Più recenti Media 5y Brasile Messico Sudafrica Ungheria Polonia Indonesia India Cile Corea Malesia Cina Tailandia outlook / globale
Si preannuncia un anno ricco di soddisfazioni, ma solo a patto di procedere con la massima accortezza, specie nel reddito fisso che rappresenta la miglior opportunità.
Il ritorno di fiamma dell’inflazione in tutte le economie avanzate ha riportato al centro dell’attenzione l’andamento dei rendimenti reali, oltre che del Pil reale, un aspetto questo andato negli ultimi anni perdendo in rilevanza. Le scelte di investimento potrebbero cambiare?
che il costo dei prestiti aumenti.
Un altro aspetto positivo è la crescente prospettiva di un apprezzamento delle valute emergenti rispetto al dollaro, che è probabile entrerà in una fase di declino strutturale il prossimo anno.
Le valute emergenti saranno probabilmente tra i maggiori beneficiari di questo calo, in quanto il premio di crescita dei Paesi in via di sviluppo rispetto ai loro omologhi sviluppati si amplierà. Ad accelerare in primo luogo sarà la crescita, passando dall’attuale 2,6 al 2,9%, parallelamente a una forte frenata o contrazione delle economie sviluppate.
Ciò contribuirà a ridurre il divario di valutazione tra le valute emergenti e il biglietto verde fino al 20%, fornendo un’ulteriore fonte di rendimento per gli investitori in obbligazioni sovrane denominate in valuta locale.
Bene anche i Treasury statunitensi. La Fed è più avanti nel ciclo di inasprimento rispetto ai suoi omologhi e la sua campagna di rialzo dei tassi ha quasi esaurito il suo corso, e si stima che si arresterà nel primo trimestre intorno al 4,75%.
Il decennale americano scenderà al 3,5% entro fine 2023. Un ulteriore incentivo a detenere i Treasury statunitensi è rappresentato da una valutazione interessante. Ai livelli attuali, i rendimenti dei Treasury offrono agli investitori una protezione poco costosa da un’eventuale ulteriore debolezza dell’economia globale.
Rispetto alle azioni, gli investitori troveranno più valore nei titoli di Stato americani, dove il divario di rendimento tra le due classi di attività è il più basso di tutte le principali economie.
Gli investitori dovrebbero attendere segnali più chiari di una svolta economica prima di allocare la parte più rischiosa del credito societario sviluppato.
Cautela invece sulle obbligazioni dell’Eurozona. È improbabile che i rendimenti obbligazionari della regione scendano, soprattutto a lungo termine, poiché la Bce continuerà a giocare a rimpiattino
Caro prezzi sotto la lente
Il reale torna protagonista
con le crescenti pressioni sui prezzi.
La Bce è destinata a superare la Fed nella sua campagna di inasprimento, in quanto ritirerà le operazioni di rifinanziamento a lungo termine (Ltro), il suo programma di prestiti bancari a basso costo in tempo di crisi, ma al pari si stima che interromperà il ciclo di rialzi a metà del prossimo anno, fermandosi in zona 2,75-3%. Parallelamente i rendimenti dei bund tedeschi chiuderanno l’anno con poche variazioni rispetto al livello attuale, intorno al 2%.
Anche le obbligazioni societarie meritano una certa cautela. Gli investitori dovrebbero attendere segnali più chiari di una svolta economica prima di allocare il credito sviluppato, soprattutto nelle parti più rischiose del mercato. In un momento in cui la crescita è destinata a ristagnare o a contrarsi, è probabile che gli utili e i margini delle imprese diminuiscano, compromettendo la loro capacità di servizio del debito. In questo contesto, le obbligazioni societarie statunitensi ad alto rating offrono un valore relativo.
È probabile che i tassi di default degli
emittenti ad alto rendimento aumentino ulteriormente con l’incremento dei costi di finanziamento del debito.
Per quanto riguarda le valute, si attende un calo del 5% del dollaro rispetto a un paniere di valute, a circa 100, come misurato dall’indice del dollaro americano.
La mancanza di disciplina fiscale e la debolezza della crescita della produttività americana, attualmente al minimo storico del -2%, dovrebbero annunciare l’inizio di un declino secolare del dollaro. Il restringimento dei differenziali di crescita e di tasso d’interesse rispetto al resto del mondo dovrebbe guidare il processo.
Insieme alle valute emergenti, lo yen giapponese sarà probabilmente la valuta più performante rispetto al dollaro. Dopo aver toccato il livello più basso degli ultimi 37 anni, le stime mostrano che lo yen è al momento sottovalutato fino al 40% rispetto al biglietto verde.
Altrove, l’oro rappresenta l’asset alternativo più interessante per gli investitori, sostenuto dall’indebolimento del dollaro e dalla forte domanda di metallo prezioso da parte di Cina e India.
Dicembre 2022 TM · 85
Inflazione Cpi mensile (in %) dal 2000, stime al dicembre 2023 Fonte: Pictet Am 8,3 3,5 1 2 3 4 5 6 7 8 9 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 % y/y Tasso inflazione globale headline Media
Tassi di crescita e previsioni sul Pil reale annuo e trimestrale (in %) Fonte: Pictet Am -10 -8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8 10 % Crescita Pil reale (Q/Q) Crescita Pil reale (y/y) Previsioni Pil reale (y/y) 07 08 09 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 Previsioni Pil reale (Q/Q) Crescita Pil reale potenziale (y/y)
Le nuove fondamenta
Villamin,
A lato, il caro energia, se non la sua completa mancanza, sono stati i nuovi temi in agenda nel corso dell’anno, e resteranno certamente osservati speciali il prossimo. L’Europa è come sempre al centro del problema.
per essere riformulati creando non solo maggiore inflazione e instabilità, ma anche opportunità a lungo termine simili a quelle che la globalizzazione stessa ha incoraggiato negli anni Novanta. Luci puntate sulla transizione energetica globale. L’economia globale ha le sue radici nel mercato globalizzato dell’energia formatosi con il crollo dell’Unione Sovietica nel 1989, che ha portato l’energia russa a basso costo e la diffusione delle esportazioni di materie prime ad alimentare le industrie globali.
L’invasione dell’Ucraina e le conseguenti sanzioni hanno perturbato e probabilmente infranto questo modello lasciando al mondo, e all’Europa in particolare, l’arduo compito di rispondere alla domanda di energia nel breve termine senza arenarsi a lungo termine su fonti energetiche e tecnologie inefficienti.
Gli investimenti che hanno posto le basi della globalizzazione negli anni Novanta stanno per essere riformulati in risposta alla localizzazione delle catene di approvvigionamento e ai sempre più pressanti cambiamenti climatici, creando opportunità a lungo termine simili a quelle che la globalizzazione stessa ha incoraggiato negli anni Novanta.
La globalizzazione ha raggiunto il mas-
simo sviluppo un decennio fa, ma le guerre commerciali di Trump, la pandemia e l’invasione dell’Ucraina hanno accelerato la transizione da una produzione Just-intime a una Just-in-case, volta a ridurre la probabilità che le scorte dei prodotti richiesti vengano esaurite.
Nella transizione verso questo nuovo paradigma globale, gli investimenti che hanno creato l’infrastruttura per la globalizzazione negli anni Novanta stanno
Di conseguenza, il carbone e il petrolio stanno vivendo un revival, a favore dei Paesi e delle società che esportano e a scapito dei consumatori di energia.
In un’ottica strategica, ciò sta portando a risposte politiche importanti per guidare la transizione energetica, persino negli Stati Uniti, da sempre i meno coinvolti nelle rinnovabili. Tuttavia, le sfide non risparmiamo neppure i Governi con progetti ambiziosi:
- le catene di approvvigionamento e la
Norman
Cio Wealth Management di Ubp.
Le difficoltà degli ultimi mesi, e anni, rendono sempre più spesso manifeste le mancanze che il sistema ha accumulato nel tempo. Investire in infrastrutture è ormai un’esigenza.
Caro energia in Europa
Fonte: Ubp
Costo marginale dell’energia per fonte (usd/Mwh)
Rinnovabili Nucleare Gas metano UE (2019)
Gas metano Ue (Ott. 2022)
Gas metano Ue (picco 2022)
0 200 400 600 800 1000 Opzioni energetiche per l’Ue a
Priorità energetiche per l’Ue a medio termine outlook / globale 86 · TM Dicembre 2022
Lignite Carbone Petrolio Diesel Carbone fossile Gas metano Usa (Ott. 2022)
breve termine
progettazione industriale sono inadeguate, con conseguenti perdite e limitazione degli investimenti;
- gli ostacoli normativi alla diffusione che, per esempio, possono raggiungere i 10–12 anni in Francia sono eccessivi;
- l’esigenza di fare fronte agli aumenti dei tassi e al loro impatto su consumi e investimenti frena i progressi.
Nel breve termine l’energia scarseggia e l’esposizione alle sue forniture risulta importante in termini strutturali. I prezzi elevati e l’approvvigionamento insufficiente hanno spinto i Governi a varare provvedimenti immediati per accrescere la sicurezza e l’indipendenza energetiche piuttosto che limitarsi a raggiungere gli obiettivi climatici a lungo termine. Hanno dunque cominciato ad attuare misure di stimolo e a potenziare le infrastrutture, oltre ad aumentare la pressione per eliminare gli ostacoli normativi e modificare il meccanismo dei prezzi, il sostegno alle famiglie e il regime fiscale per le società. Infrastrutture: costruire fondamenta più efficienti per il futuro. Se l’aumento dell’offerta sarà importante per migliorare la sicurezza e l’indipendenza energetiche, l’efficienza energetica rivestirà probabilmente un ruolo cruciale nel processo globale di transizione energetica.
I Governi europei cercano di potenziare ed elettrificare le reti di trasporti pubblici, mentre puntano a investire nella decarbonizzazione dei settori industriali, tra cui l’aviazione e il trasporto merci.
Gli Stati Uniti hanno già previsto un’espansione delle reti di ricarica dei veicoli elettrici, tuttavia gli sforzi volti a una maggiore efficienza si sono concentrati sui vettori meno recenti, soprattutto nell’aviazione. Si stima che la riqualificazione degli hub aeroportuali negli Stati Uniti offra opportunità di investimenti infrastrutturali pari a 100 miliardi di dollari.
Per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, il Gruppo intergovernativo Ipcc calcola che saranno necessari fino a 500 miliardi di dollari l’anno da investire in infrastrutture a basse emissioni di carbonio ed energeticamente efficienti.
Con i bilanci statali già gonfiati dagli aiuti erogati durante la pandemia, la crescita dei finanziamenti privati per la sostituzione delle infrastrutture precedentemente costruite e possedute dallo Stato è diventata l’unica alternativa per affrontare le crisi energetiche e della sicurezza, creando opportunità per gli investitori.
teso
Problemi nell’approvvigionamento alimentare globale: dalla terra al supermercato. L’inefficienza delle infrastrutture le ha esposte alla crisi energetica e, come conseguenza, si sta delineando una crisi alimentare globale. Negli Stati Uniti il 50% dei costi agricoli è legato ai prezzi dell’energia, dai fertilizzanti necessari per aumentare la resa dei raccolti al carburante per la coltivazione, la lavorazione e i trasporti. Nel frattempo i biocarburanti vengono utilizzati come alternativa anche alla carenza dei convenzionali.
I cambiamenti climatici hanno aggravato da un lato la crisi energetica, in quanto la siccità ha compromesso il funzionamento delle centrali idroelettriche e reso impraticabili le vie navigabili per il trasporto del combustibile, dall’altro l’approvvigionamento alimentare con il loro impatto sui raccolti in tutto il mondo.
Sebbene il settore alimentare abbia già vissuto periodi di siccità, il Ceo di Bunge, azienda leader nell’agroalimentare, osserva che saranno necessari quasi due anni di abbondanti raccolti per riequilibrare il mercato e normalizzare i prezzi.
Resteranno anche le tensioni sul mercato alimentare, sin tanto che il conflitto in Europa orientale proseguirà, e qualora il nodo energia non finisse con l’essere sciolto, e un’intesa più ampia trovata la sicurezza energetica rimarrà un problema più che quotidiano.
La stessa crisi energetica ostacola il ritorno a raccolti abbondanti. Poiché i fertilizzanti hanno un costo elevato e, in alcuni casi, non sono disponibili (Russia e Bielorussia sono i principali fornitori mondiali), il loro uso è già diminuito, mettendo a rischio i raccolti anche del 2023.
Pertanto, mentre l’energia e le infrastrutture possono essere i beneficiari più diretti e manifesti dello shock energetico derivante dalla deglobalizzazione, l’aumento della spesa a sostegno dei produttori di fertilizzanti e dei fornitori di tecnologie per le sementi sarà fondamentale per ripristinare un equilibrio alimentare globale sostenibile e dovrebbe offrire buone opportunità d’investimento.
Agroalimentare comunque
L’indice Gsci Agricolture Fonte: Ubp 1980 1990 2000 2010 2020 100 200 300 400 500 600 Stati Uniti Riserve strategiche energetiche
Fonte: Ubp 1983 1993 2003 2013 2023 0 100 200 300 400 500 600 700 800
Dicembre 2022 TM · 87
americane (in mln di barili)
Riserve strategiche Usa di petrolio Andamento riserve con un calo di 23 mln di barili al mese
Tempo di inversione?
La principale novità di cui tener conto è il ritorno dell’inflazione, ma soprattutto il ruolo che in tale contesto potranno ricoprire i titoli di stato: americani, inglesi e anche italiani.
Un anno turbolento sta per concludersi. L’inflazione preoccupa molti investitori, ma emergono anche indizi incoraggianti. Sul fronte dei tassi d’interesse si è già affermata una ‘nuova normalità’ e sull’onda di questi sviluppi i titoli di Stato odierni promettono rendimenti
capaci di sgominare l’inflazione dei prossimi anni. Nel medio si potranno ottenere rendimenti anche investendo in azioni.
I rincari delle tariffe energetiche e dei prodotti alimentari mettono a dura prova il potere d’acquisto dei salari reali e gli Stati si indebitano per sostenere le famiglie e le imprese in difficoltà. I Paesi
industrializzati possono permetterselo e la tesi di una ‘insostenibilità’ delle finanze pubbliche è del tutto infondata in Italia, negli Stati Uniti e perfino nel Regno Unito. Al contempo le Banche Centrali tentano, riportando alla normalità i tassi d’interesse, di recuperare la malandata credibilità della loro strategia monetaria.
La situazione della futura politica monetaria è ancora incerta. Una recessione globale non può essere esclusa, ma un tracollo appare comunque improbabile. Alcuni numeri e dinamiche incoraggianti confermano questa tesi.
Nel 2023 l’inflazione rallenterà. I rincari dei prezzi dovrebbero avere già raggiunto l’apice. In alcune economie avanzate, come gli Stati Uniti, ultimamente i tassi d’inflazione sono iniziati a diminuire, ma nel Regno Unito si sono impennati a livelli inusitati. Nemmeno nei Paesi emergenti questa pressione dà segni di attenuazione.
Si prevede nel 2023 un inizio di discesa dell’inflazione,ma anche se i tassi d’interesse rimanessero quelli odierni, in termini reali resterebbero comunque a livelli storicamente modesti. Se un’abile politica monetaria riuscirà a contenere l’inflazione la recessione potrebbe addirittura essere evitata. Complessivamente i numeri annunciano un rallentamento dell’economia mondiale, ma non un suo tracollo. In Cina e negli Stati Uniti nell’ultimo trimestre la crescita ha addirittura accelerato il passo,
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Kevin Gardiner, Global Investment Strategist, Rothschild & Co, Wealth Management. Sotto, l’andamento dell’inflazione nei Paesi del G7 ha spinto le principali Banche Centrali a rialzare i tassi. Ma è già al picco?
Confronto
Fonte: Rothschild -2 0 2 4 6 8 2005 2010 2015 2020 Headline Core outlook / globale
L’inflazione
nel G7
tra inflazione Headline e Core, media ponderata (in %)
ma difficilmente ciò basterà a ripristinare la fiducia nel mercato azionario cinese.
Secondo le previsioni dell’Fondo Monetario l’economia potrebbe espandersi sia nel 2022 che nel 2023. Prezzi della materie prime in calo. Torna a ridursi il freno esercitato sull’economia dalle filiere degli approvvigionamenti. Ad esempio le tariffe dei container marittimi, sebbene tuttora pari al doppio di prima della pandemia, sono ampiamente inferiori a quelle del 2021, con benefici effetti sul tasso d’inflazione.
Anche la diminuzione dei costi delle materie prime registrata negli ultimi mesi ha influito favorevolmente sui prezzi, ad esempio dei generi alimentari. Dopo sei mesi di flessioni consecutive l’indice dei prezzi dei prodotti alimentari redatto dall’agenzia Fao delle Nazioni Unite oggi supera di appena il 6% il valore del 2021. Recentemente nel Regno Unito il prezzo a breve termine del gas naturale è sceso sotto la quotazione precedente il conflitto in Europa orientale.
Anche i prezzi di riferimento del greggio, seppure ancora alti, sono tornati ai livelli dell’anno scorso. Inoltre i limiti ai prezzi dei prodotti energetici imposti da numerosi Governi europei hanno spinto fortemente al ribasso le quotazioni nei mercati all’ingrosso.
Col trascorrere del tempo diventa più probabile la discesa dei prezzi a lungo termine grazie all’aumento dell’offerta, alla sostituzione dei combustibili fossili e alla regolazione e ottimizzazione dei consumi. Nei mercati internazionali nemmeno si prevedono penurie di materie prime e di energia ancora per molto tempo.
Quali eventi potrebbero innescare un nuovo rialzo? In sintesi, il quesito che si pongono gli investitori è: quando sarà conveniente puntare sui nuovi sviluppi?
Gli eventi descritti di seguito potrebbero innescare nuovi forti rialzi delle quotazioni non solo azionarie, ma anche in ambito obbligazionario.
Il primo fattore è l’apprezzamento del dollaro, che unitamente alla flessione dei prezzi degli immobili potrebbe ridurre l’inflazione statunitense e di conseguenza giovare alle Borse. In Europa il prezzo del gas è già crollato, e se dovesse registrare altre significative flessioni, com’è certamente possibile, scomparirebbero una delle principali insidie per l’economia e un fattore d’inflazione.
Se le Banche Centrali manifestassero
l’intenzione di interrompere il ciclo di rialzi dei tassi d’interesse, i mercati obbligazionari ne beneficerebbero ancora di più di quelli azionari. La fine del conflitto in Ucraina e una prospettiva di pace eliminerebbero un fattore avverso alla crescita e la diminuzione del tasso d’inflazione gioverebbe ai titoli di Stato.
Oggi l’unico pericolo di rilievo nel mondo è l’aggravamento degli attriti tra la Cina e Taiwan. Purtroppo non si scorgono all’orizzonte né un’attenuazione della tensione né una soluzione diplomatica. Al momento un deprezzamento del dollaro appare altrettanto improbabile.
I titoli di Stato sconfiggono l’inflazione. Si può affermare spassionatamente che nei tassi d’interesse si è instaurata una ‘nuova normalità’. Per anni i titoli pubblici non sono stati investimenti appetibili, ma oggi la situazione è cambiata e queste emissioni meritano di non essere più trascurate dagli investitori. I rendimenti dei titoli di Stato, e nello specifico delle emissioni statunitensi, britanniche e italiane, potrebbero sovraperformare anche in un altro decennio di inflazione
Nonostante una situazione di mercato che rimane complessa, ormai da anni, è ancora possibile ottenere dei rendimenti anche nei Paesi sviluppati, sfruttando diverse asset class.
in significativa ascesa.
Ultimamente i multipli di valutazione azionari si sono molto ridotti. Per investire in azioni è ancora troppo presto, perché i rischi legati ai tassi d’interesse e agli utili potrebbero non avere ancora esaurito il loro potenziale ed è dunque preferibile restare attendisti.
Tuttavia da un punto di vista squisitamente tattico la liquidità, meno volatile di azioni e obbligazioni, continuerà ad avere il suo fascino. Non è infatti imminente un collasso valutario, ma nel futuro prossimo il rischio per i rendimenti è indubbiamente elevato.
Gli investitori faranno bene a monitorare attentamente l’andamento dei mercati e a cogliere le opportunità favorevoli che si presentino, perché le circostanze possono mutare rapidamente.
Dicembre 2022 TM · 89
Azioni e obbligazioni sovrane Confronto tra indici total return nei soli mercati sviluppati Fonte: Rothschild -50 0 50 100 150 200 1995 2000 2005 2010 2015 2020 Indice total return relative mercati sviluppati/bond governativi I mercati sviluppati Rendimenti di diverse asset class a confronto Fonte: Rothschild -22 4 6 8 1995 2000 2005 2010 2015 2020 Developed stocks' earnings yields - bond yield Developed stocks: price/book ratio Developed stocks: dividend Yield (%) Government bonds: redemption yield (%)
Il potere delle parole
Le parole sono tra i più potenti strumenti nella cassetta degli attrezzi del banchiere centrale, ma saranno sufficienti a sciogliere tutte le incertezze che caratterizzeranno il 2023?
Giorgio Sala, Condirettore e responsabile dell’Advisory e della Gestione patrimoniale di BancaStato. A lato, l’effetto della Bns sul mercato.
un movimento dei rendimenti di breve periodo verso l’alto. Ciò è emblematico di quanto pesino le parole.
La scelta pragmatica delle parole ha assunto nel tempo un peso vieppiù maggiore nella cassetta degli attrezzi di chi opera in un mercato così tanto complesso e interconnesso. Ma cosa ci si deve attendere per l’anno a venire?
Quanto vale una parola? Dipende, ma nel caso di quelle espresse dalle Banche Centrali, ebbene il loro valore è sempre più importante: tanto che gli analisti finanziari non possono esimersi dal valutare e soppesare accuratamente la portata delle espressioni scelte da chi amministra le varie politiche monetarie nazionali. Un esempio? Quelle dette dall’allora governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi il 26 luglio 2012 nell’ambito della crisi del debito sovrano: coniò il celebre Whatever it takes (“Tutto ciò che è necessario”), per indicare che la Bce avrebbe fatto tutto il possibile per salvare l’euro dalla speculazione e da un potenziale processo di dissoluzione.
Il 2021 ha visto formulazioni molto enfatizzate che si sono rivelate sbagliate da parte delle Banche Centrali, Federal Reserve e Bce in primis, che classificavano l’aumento dell’inflazione come transitoria, illudendo i mercati azionari. Poi, con il passare dei mesi, il concetto di ‘fenomeno transitorio’ ha ceduto il passo alla consapevolezza che il carovita fosse destinato
a impattare fortemente sull’economia. In altre parole si è dovuto ‘correre ai ripari’, non solo alzando i tassi, ma anche ricalibrando le dichiarazioni ufficiali.
Parole che ora vengono utilizzate sempre di più per ‘preparare’ il mercato, come fa la Bns. A giugno 2022 Jordan ha annunciato il primo rialzo del tasso direttore, e in un tale contesto ha modificato il linguaggio nei confronti del franco svizzero che non veniva più considerato come altamente sopravvalutato: parole che hanno testimoniato uno strappo netto con la narrazione passata e che sono state continuamente ribadite nel corso dei mesi successivi. Parole che hanno avuto un effetto immediato sulla moneta elvetica che da quel giorno di giugno ha intrapreso la strada del rialzo passando da 1,04 (sull’euro) a un minimo di 0,94 nel mese di settembre, raggiungendo quindi lo scopo della Bns che grazie ad un franco forte ha combattuto l’inflazione.
Sempre la Bns a novembre ha comunicato la propensione a rialzi più aggressivi “di quelli attesi dal mercato per la riunione di dicembre”, generando di conseguenza
Per la fine del 2022 e l’inizio del 2023 il linguaggio della Fed dovrebbe diventare più morbido, con una preparazione al mercato propedeutica alla fine dei rialzi. Prima di prendere ulteriori decisioni la Fed aspetterà l’impatto sull’economia dei rialzi già comunicati. È probabile che gli aumenti di tasso terminino nel secondo trimestre, con poi il compito di comunicare l’inizio di un nuovo ciclo di tagli dei tassi, probabilmente verso fine anno.
Diverso invece il compito di Bce e Bns, confrontate a un’inflazione in ritardo rispetto a quella americana. Si prevede una semantica ‘di allerta’ e di assistere solo dal secondo trimestre a un ammorbidimento del linguaggio, a una conseguente diminuzione dei rialzi e, da metà anno, alla fine della politica monetaria restrittiva.
Le Banche Centrali anche per il 2023 avranno un ruolo cruciale e dovranno convincere il mercato delle loro scelte utilizzando le parole giuste dimostrando di saper affrontare le incognite nel modo appropriato. Dedicare il tempo necessario per analizzare tale linguaggio potrà sicuramente evitare spiacevoli soprese, garantendo decisioni più corrette.
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La spinta della Bns I rendimenti a 2 anni anticipano e seguono gli adeguamenti dei tassi direttori Fonte: BdS 12-2021 02-2022 04-2022 09-2022 11-2022 07-2022 -1,0 -0,5 0,0 0,5 1,0 1,5 -1,0 -0,8 -0,6 -0,4 -0,2 0,0 0,2 0,4 0,6 Rendimenti a 2 anni (sx) Tasso di riferimento Bns (dx) outlook / monetaria
Bond: a volte ritornano
Dopo anni di naftalina, è finalmente tornato l’interesse sulle grandi alleate degli investitori europei: le obbligazioni. Il nuovo anno le vedrà al centro della scena, di nuovo protagoniste.
Walter Lisetto, Direttore e responsabile Asset Management di Axion Swiss Bank. A lato, un confronto tra i rendimenti offerti dai decennali Usa e quelli svizzeri.
Per anni sono state le grandi assenti: ora la loro attrattiva è tornata a fare capolino e almeno fino alla prima metà del 2023 potranno avere un peso sempre maggiore nelle singole strategie d’investimento. Si tratta delle obbligazioni, il cui rendimento ha ricominciato a pulsare in territorio positivo durante il 2022, anno in cui le Banche Centrali hanno progressivamente rialzato i tassi direttori con uno scopo preciso e impellente: gettare acqua sulle pericolose fiammate inflazionistiche divampate in un ecosistema economico già messo a dura prova dalla pandemia.
Ad esempio, tutta la curva delle obbligazioni elvetiche è tornata positiva; il breve periodo come i due anni ha raggiunto poco meno dello 0,9%: un livello storicamente basso, certo, ma che non si vedeva, appunto, da molto tempo. Esulando dalla Piazza, il generale rialzamento della curva delle obbligazioni ha consentito di tornare a un’allocazione di portafoglio più classica: se fino al 2022 l’orientamento era fortemente sbilanciato verso l’azionario e verso le scadenze brevissime, il fixed inco-
me ora ha riguadagnato terreno e consente di equilibrare la volatilità globale delle singole strategie di investimento.
Si è insomma quantomeno parzialmente tornati a un paradigma tradizionale di portafoglio bilanciato “multi-asset“, in cui trova ragionevolmente spazio il concetto del “buy&hold” di un’obbligazione anche di lungo termine, senza dunque dover ricorrere a una specifica operatività.
Gli anni che si lasciamo alle spalle hanno obbligato gli addetti ai lavori a implementare gestioni attive, ad approcciare settori particolari e mercati emergenti. Tali strumenti rimangono e rimarranno certamente utili agli investitori che desiderano una ricerca di rendimento più sofisticata e intensa, e che rispondono a un appetito al rischio più marcato.
Ma cosa aspettarsi per il 2023? Per rispondere è bene ricordare che la Fed è l’istituto che sembra essere più vicino alla normalizzazione dei tassi; la Bce in tal senso ha compiuto passi importanti e per quanto riguarda la Svizzera la Banca Nazionale può permettersi dinamiche meno aggressive, e questo grazie a fondamentali
economici più solidi e una valuta forte e capace di proteggere l’economia dall’inflazione importata. In un tale contesto è lecito attendersi un primo semestre in cui i rialzi dei tassi termineranno per lasciare il passo a una stabilizzazione dei rendimenti, o anche a una loro riduzione. Insomma: i primi sei mesi si riveleranno i più opportuni per implementare investimenti obbligazionari.
Sempre parlando di obbligazioni, ma allargando lo sguardo al di fuori del canonico settore occidentale, vi sono rendimenti interessanti in alcuni Paesi dell’Asia, anche se accompagnati da rischi maggiori. Un tale orientamento potrebbe rivelarsi un complemento al proprio portafoglio, ma il nocciolo degli investimenti deve essere basato su titoli di qualità, lasciando i titoli High Yield o Emergenti agli investitori con un appetito al rischio marcato, consapevoli del rischio eventuale di dover incamerare perdite derivanti da problemi di solvibilità.
In ogni caso, qualora si volessero approcciare obbligazioni di Paesi emergenti, il consiglio è di fruire di veicoli indiretti, ad esempio un fondo di investimento.
È però importante sottolineare come parlando di investimenti si rivela sempre opportuno rivolgersi a professionisti del settore che dopo aver analizzato la situazione finanziaria del cliente, le sue aspettative nonché il suo appetito al rischio, potranno individuare la migliore e più idonea strategia di investimento da proporre.
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Bond a confronto Rendimenti nominali decennali (in %) Fonte: Axion Swiss Bank 2018 2019 2020 2021 2022 -2 -1 0 1 2 3 4 5 Usa Svizzera outlook / reddito fisso
La luce alla fine del tunnel
Molte incertezze all’orizzonte, dunque anche altrattanta cautela, ma saranno non poche anche le opportunità. Bisogna essere pronti a coglierle, nel momento in cui si scorgono.
Michael Birrer, Investment Office di Banca Migros. A lato, è ormai da inizio anno che la correlazione tra azionario e reddito fisso resta confermata. Entrambe hanno riportato ingenti perdite.
Il 2022 passerà agli annali come un anno estremamente difficile per gli investimenti: le difficoltà nelle forniture, la guerra in Ucraina, le tensioni geopolitiche e, non da ultimo, l’inflazione dilagante hanno esercitato una forte pressione sui mercati. Un’eventuale recessione andrebbe ad aggravare ulteriormente la situazione. La ripresa iniziata dopo la riapertura dell’economia non soltanto ha subito un rallentamento, ma in molte regioni si è fermata.
Le ragioni di questo brusco cambiamento di direzione dell’economia sono complesse, ma l’attenzione è indubbiamente rivolta alle Banche Centrali. Dopo che le autorità monetarie hanno sottovalutato notevolmente e troppo a lungo il pericolo dell’inflazione, il suo ritorno di fiamma le ha obbligate a compiere una svolta radicale nella politica monetaria, come raramente si è visto nella storia.
Praticamente dall’oggi al domani, in primis la Fed, hanno fatto della lotta contro all’inflazione la loro priorità e hanno annunciato un inasprimento estremamente aggressivo della politica monetaria.
Quando la marea si ritira... L’alta marea solleva tutte le imbarcazioni. Su questa certezza gli investitori hanno potuto fare affidamento per anni. Le banche centrali hanno immesso abbondante liquidità sui mercati, tenuto bassi i tassi di interesse e sono intervenute nei periodi di volatilità.
Tuttavia, all’inizio dell’anno l’era del denaro a basso costo è terminata bruscamente a causa dell’incremento sempre più marcato dell’inflazione. E così come l’ondata di politica monetaria ha favorito tutte le asset classi, l’improvvisa chiusura del rubinetto ha determinato una forte pressione sui prezzi di quasi tutti gli asset. Il rapido rialzo dei tassi d’interesse non soltanto ha messo sotto pressione i mercati azionari e in particolare i titoli growth, ma ha allo stesso tempo causato notevoli perdite nel comparto obbligazionario.
La famosa diversificazione, che in periodi economicamente difficili generalmente stabilizza il portafoglio evitando perdite elevate, quest’anno ha funzionato più male che bene. Il bilancio di molti portafogli diversificati è andato di conseguenza in profondo rosso.
Per il momento l’evoluzione resta incerta. Alla debole performance dei mercati ha contribuito anche il costante peggioramento del contesto economico. Anche qui hanno un ruolo centrale l’inflazione elevata e l’aumento dei tassi: l’inflazione esercita una pressione sul potere d’acquisto dei consumatori e determina prudenza nei consumi. Al tempo stesso, aumenta i costi per le imprese.
I tassi d’interesse più elevati, a loro volta, rallentano la crescita facendo aumentare i costi di rifinanziamento sia per le imprese che per i consumatori. La questione fondamentale che attualmente preoccupa i mercati finanziari è la seguente: in che misura tali effetti si ripercuoteranno sull’economia reale?
La Fed, soprattutto, riuscirà a contenere l’inflazione aumentando i tassi d’interesse senza soffocare del tutto la crescita e scatenare una recessione?
Su questo punto fondamentale si è scettici. Sebbene da un lato le Banche Centrali stiano lanciando vari segnali di ammorbidimento in fatto di politica monetaria, dall’altro non si è ancora concluso il ciclo di rialzi dei tassi. Presumibilmente la Fed sospenderà, quantomeno, l’inasprimento monetario non prima che vi siano chiari segnali di calo dell’inflazione. Si stima quindi che i tassi d’interesse avranno raggiunto il loro picco solo in primavera, di conseguenza negli Stati Uniti resta alto il rischio di recessione. Per l’eurozona,
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Azioni e obbligazioni La correlazione tra le due asset class resta serrata Fonte: Bloomberg 70 75 80 85 90 95 100 105 01.2022 Ftse World Gov Bond Index Msci World Index 02.2022 03.2022 04.2022 05.2022 06.2022 07.2022 08.2022 09.2022 10.32022 11.2022 outlook / globale
Sia negli Stati Uniti che in Europa l’economia sta vivendo un brusco rallentamento, ma per ragioni diverse. Se Oltreoceano a pesare è la stretta monetaria della Fed, in Europa il fenomeno è del tutto differente, e vede le materie prime al suo centro.
molto più colpita dalla crisi energetica, questo rischio è ancora più elevato. Alla crisi segue una ripresa. Dato il persistere dei forti rischi sui versanti dell’inflazione e della crescita, l’incertezza resta elevata. In questo contesto è bene mantenere la sottoponderazione delle azioni nel portafoglio, e continuare a puntare sui titoli azionari di alta qualità che distribuiscono dividendi. Allo stesso tempo si può sfruttare l’aumento dei tassi d’interesse e dei più favorevoli prezzi obbligazionari per ridurre il sottopeso nelle obbligazioni.
Per l’anno nuovo vediamo intatte le opportunità di una fine dell’attuale mercato ribassista e di una ripresa duratura dei mercati azionari. Tuttavia, a causa delle numerose incertezze economiche e geopolitiche del momento è difficile preve-
È rallentamento Confronto tra Pmi europeo e americano (indice composite)
dere con esattezza il momento in cui si verificherà l’inversione di tendenza. Se si dovesse arrivare a una recessione globale, questa non dovrebbe essere troppo grave: potrebbe anzi dare il via a una forte ripresa dei mercati azionari e sostenuta poi da un nuovo aumento degli utili aziendali. All’inizio dell’anno i mercati continueranno a essere caratterizzati da un’elevata volatilità, ma che in seguito vi saranno buone possibilità per una ripresa duratura. Per ora è bene procedere con cautela.
Ciononostante, alla luce delle valutazioni significativamente più basse e di una possibile ripresa nel prossimo anno, il momento è in realtà propizio per entrare nei mercati azionari o ampliare le posizioni esistenti. Con l’aumento dei tassi, anche le obbligazioni sono ridiventate interessanti. Viste le numerose incertezze, tuttavia, meglio scaglionare gli investimenti su un periodo più lungo per ridurre il rischio legato alla tempistica e livellare il prezzo d’acquisto in un mercato volatile.
Fonte: Bloomberg 40 45 50 55 60 65 70 01.2021 Pmi Composite Usa Pmi Composite Eurozona 03.2021 05.2021 07.2021 09.2021 11.2021 01.2022 03.2022 07.2022 09.2022 11.2022 05.2022
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Occhio alle scommesse
Molte delle attese andate formandosi negli ultimi anni non scontano una realtà che resterà molto diversa dai desiderata di operatori e mercati. La situazione appare complessa, ma!
Giovanni Rickenbach, Responsabile Strategia di Pkb. A lato, gli indicatori avanzati portano a prevedere una contrazione dell’attività economica nell’Eurozona nel 2023.
quanto non lo siano oggi.
L’attività economica ha mostrato resilienza nel 2022, negli Stati Uniti e nell’Eurozona. L’inflazione elevata e l’inasprimento delle politiche monetarie provocheranno una contrazione dell’attività nel primo semestre del 2023, marcata in Europa, modesta negli Stati Uniti. A sorpresa, gli utili delle società quotate terminano il 2022 a livelli elevati. Il 2023 comporterà invece un calo. È da escludersi una lunga e profonda recessione, per la buona situazione patrimoniale del settore privato, e il ciclo del credito è ancora lontano da condizioni suscettibili di generare problemi più seri.
Tra dodici mesi, gli Stati Uniti e l’Eurozona avranno quindi completato una breve fase di contrazione e saranno di fronte a prospettive di crescita superiori alla media. Lo stesso vale per gli utili delle società. Nel 2023, l’inflazione dovrebbe defluire negli stati Uniti. La Fed manterrà una politica marcatamente restrittiva ma, tra dodici mesi, l’inflazione sarà vicina all’obiettivo e si inizierà a vedere il ritorno di una politica monetaria neutrale.
La Bce scommette sulla recessione e
una politica moderatamente restrittiva per abbassare l’inflazione. Poiché la recessione sarà breve, i prezzi dell’energia elevati e l’inflazione è tuttora in fase di radicamento, c’è da dubitare che la scommessa abbia successo. Tra dodici mesi, il rincaro sarà ancora troppo alto e i tassi d’interesse in euro più alti di quanto non sconti oggi il mercato.
Negli Stati Uniti, in un Congresso diviso, i repubblicani useranno il dibattito sul tetto del debito federale per chiedere tagli alla spesa. Il debito diventerà più sostenibile nel lungo periodo, ma la crescita sarà penalizzata nel breve. Nell’Eurozona, il rialzo durevole dei tassi d’interesse porrà il debito pubblico di tre dei quattro maggiori membri in una situazione critica.
Le discussioni sulla riforma delle regole fiscali sfoceranno in soluzioni dolci. Ciononostante, Francia, Italia e Spagna dovranno adottare politiche di austerità per generare gli avanzi primari che permettano di ridurre i rapporti debito/Pil. Con un po’ di fortuna, tra dodici mesi le politiche fiscali sulle due sponde dell’Atlantico appariranno più sostenibili di
I mercati azionari sono confrontati oggi a una fase di raffreddamento dell’attività. Le attese di crescita degli utili sotto la media limitano il potenziale di espansione dei multipli e di rialzo dei prezzi. Come il quadro macro è atteso migliorare nella seconda parte del 2023, nella prima metà si assisterà a un’evoluzione laterale degli azionari, mentre nella seconda si assisterà a prospettive di crescita superiori alla media. Apriranno la via all’espansione dei multipli e a una ripresa durevole dei prezzi. Quanto alle obbligazioni, la fine del ciclo di rialzo dei tassi da parte della Fed creerà un’opportunità d’entrata dapprima sui Treasuries e poi sui societari.
Le obbligazioni lunghe in euro continueranno a essere penalizzate dall’inasprimento della politica della Bce. Valuta forte nel medio periodo per ragioni strutturali, il dollaro americano risentirà dello sfasamento delle politiche monetarie in Stati Uniti ed Eurozona. Evolverà perciò lateralmente contro l’euro.
Non si può tralasciare alcuni eventi dalla bassa probabilità ma dall’impatto durevole. Sul fronte geopolitico, più che gli eventi ucraini, la rivalità Usa-Cina può generare choc durevoli, mentre l’Iran conserva la capacità di destabilizzare il mercato dell’energia. Senza trascurare eventuali decisioni sconsiderate di politica fiscale. Anno di transizione verso una diversa normalità, il 2023 non sarà del tutto gratificante. Nondimeno più del 2022.
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La
L’andamento dell’economia dell’Eurozona già sconta una tiepida recessione Fonte: Pkb Ott-05 Ott-07 Ott-09 Ott-11 Ott-13 Ott-15 Ott-17 Ott-19 Ott-21 Eurozona - Indicatore avanzato dell'attività economica Eurozona - Crescita trimestrale del Pil -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 outlook / macro
frenata è già in atto
Se i mercati vanno in tilt
L’espansione del commercio mondiale negli ultimi anni è stata permessa dall’apporto di soggetti terzi, il finanziamento sui mercati private delle imprese. Un settore molto promettente.
condizioni che hanno notevolmente migliorato il profilo di rischio-rendimento. I beneficiari sono anche disposti a pagare interessi superiori, data la carenza strutturale di finanziamento.
Considerata la molteplicità delle sfide, gli alternativi possono aiutare a ottimizzare la performance e proteggere il portafoglio contro i rischi macroeconomici attuali e futuri. Allo stesso tempo, permettono una miglior diversificazione. Dalla crisi del 2008, per le banche è diventato molto più costoso finanziare le imprese. La pressione normativa sulla loro struttura di bilancio e i numerosi scandali le hanno spinte a ridurre significativamente la loro propensione al rischio. Si sono gradualmente ritirate dalle attività non primarie e non redditizie e concedono crediti in misura minore alle Pmi. In sostanza, si concentrano sugli attori o sulle attività a minor rischio. Per quanto riguarda il finanziamento commerciale, ad esempio, dall’implementazione di Basilea III si stima che i requisiti di capitale proprio per alcune siano cresciuti anche del 70% rispetto a Basilea II. La ritrosia delle banche. Il ritiro dal loro ruolo di datrici del credito ha generato una lacuna strutturale nel finanziamento, che nell’ultimo decennio è stata colmata
dal mercato privato dei capitali, andato aumentando negli anni della pandemia.
Gli attori del mercato per i titoli di debito privati mettono a disposizione il capitale in vari modi. Possono erogare crediti diretti, fornire prestiti ponte, assumere un secondo diritto di pegno sui crediti immobiliari (mezzanino) o agire come fonte alternativa per il finanziamento commerciale, un termine generico per intendere le transazioni transfrontaliere.
Tale attività ha favorito notevolmente il commercio internazionale, con flussi commerciali triplicati, passando da 6,2 trilioni di dollari a un livello record di 18,1. Una simile crescita non sarebbe stata possibile senza l’apporto di soggetti terzi. Focus su sicurezza e rendimento. Tutte queste operazioni di credito private sono negoziate direttamente tra datori e beneficiari del credito e pertanto contengono solitamente una serie di elementi di protezione contro l’inadempienza o la frode. Verso i Paesi emergenti, si possono addirittura stipulare assicurazioni contro eventi geopolitici, e spesso si riescono a ottenere garanzie materiali o finanziarie,
Ne risultano rendimenti costanti e ricorrenti per gli investitori, che dipendono dal tipo di investimento, dal rischio della transazione, dalla scarsità di fondi e infine dalla durata del credito. In una strategia diversificata, una combinazione di finanziamenti commerciali, debito senior, transazioni meno sicure come i crediti diretti e i crediti immobiliari subordinati può generare rendimenti elevati a una o addirittura a due cifre. Il tutto con una fascia di oscillazione molto contenuta. Crediti privati come fonte di cashflow. Negli ultimi dieci anni è cresciuto sempre più l’interesse degli investitori verso i ricavi costanti. Ciò ha determinato significativi afflussi di capitale verso queste opportunità di reddito stabile associate alle strategie di Private Debt. I fondi di Private Debt rappresentano una preziosa fonte di cash flow prevedibile. Gli investitori possono ottenere premi significativi rispetto agli strumenti analoghi del mercato pubblico, investendo al contempo in valori patrimoniali che hanno minori probabilità di intaccare il capitale. Inoltre sono un complemento alle obbligazioni societarie pubbliche e offrono un aumento considerevole del rendimento.
Infine, sul lungo periodo i titoli di debito privati sono l’unica classe di investimento che finora ha conseguito una performance nettamente positiva indipendentemente dal ciclo economico.
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Valore nei privati Performance cumulata dal gennaio 2017 Fonte: Banca CiC -10 -50 0 50 10 15 20 25 30 35 40 Dic-16 Ott-17 Ago-18 Giu-19 Set-20 Lug-21 Mag-22 Strategia Private Debt Mercato obbligazionario svizzero Portafoglio bilanciato
outlook / alternativi
Mario Geniale, Cio di Banca Cic. A lato, tengono i mercati privati.
Un anno di cambiamenti
L’uscita di scena delle Banche Centrali dal continuo sostegno ai mercati ha contribuito a riportare le valutazioni più vicine alle medie storiche, inaugurando una nuova fase volatile.
Il 2022 sarà ricordato come un anno davvero peculiare. Gli investitori hanno avuto spazi ristretti per parcheggiare i propri risparmi in lidi sicuri. Nessun vero rifugio: situazione appesantita dalla tassa implicita rappresentata dall’inflazione che ha gravato ulteriormente sui ritorni delle classi di investimento. Per onestà intellettuale, tuttavia, sarebbe giusto pensare all’anno in corso non come a un’anomalia, ma come a un periodo in cui i fondamentali, siano essi azionari che obbligazionari, si sono riportati verso valori più consoni alla realtà. Una realtà che evidentemente, non essendo più drogata dall’intervento delle Banche Centrali, si rivela alquanto volatile. Pertanto, in quest’ottica, l’anomalia è da ricercarsi negli anni passati in cui l’investitore finale si nascondeva dietro la mano forte dei banchieri centrali.
Ciò che invece ha caratterizzato l’anno in corso è sicuramente un oggettivo aumento del rischio geopolitico. Il focus inoltre resta legato all’inflazione, un fenomeno essenzialmente spinto dal lato offerta e aggravato dalla guerra in Ucraina.
E allora se queste sono le premesse e, immaginando che i temi evidenziati non potranno scomparire dal 1 gennaio come per magia, ci si deve porre dinanzi all’esigenza di investire nel prossimo futuro, consci del fatto che le condizioni di mercato potrebbero ancora non essere del tutto favorevoli. Innanzitutto, si ritiene che un’eventuale recessione sarà più ampia (non solo per dimensione, ma anche per tempistica) in Europa rispetto agli Stati Uniti. L’indipendenza energetica e un mercato del lavoro certamente più flessibile renderanno più semplice un’eventuale uscita dalla crisi oltreoceano. Sorprese positive potrebbero giungere
dalla Cina; imbrigliata al momento in una politica molto restrittiva per il contenimento del Covid, ha chiaramente in seno le potenzialità per ravvivare la sua economia sul fronte commerciale. Esternalità positive potrebbero offrire respiro anche alle altre economie.
L’incognita inerente all’atteggiamento delle Banche Centrali è legata a doppio filo sia alle aspettative di inflazione che ai livelli di crescita. Se da un lato, si attendono per il prossimo anno, presumibilmente, tassi di crescita anemici se non negativi, sul fronte inflazione, le dinamiche di aggiustamento rendono il quadro particolarmente incerto. L’unica variabile davvero esogena che si può identificare al momento resta legata agli sviluppi della guerra in Ucraina. Va sottolineato però che un’eventuale tregua non sarebbe da considerarsi necessariamente risolutrice degli attriti in atto.
Quali classi di investimento preferire in questo contesto?
Dopo anni in cui il comparto obbligazionario offriva rendimenti negativi, per la prima volta il cliente finale può costruire un portafoglio in bond con una strategia di medio/lungo termine. Si assiste infatti a un ritorno di interesse da parte della clientela verso il comparto a reddito fisso, nonostante l’elevata volatilità che si è materializzata nel corso dell’anno.
Una volatilità che è scaturita dall’atteggiamento restrittivo delle Banche Centrali, che si prevede non andrà a scemare nella prima parte del 2023, ma che permetterà di assicurarsi rendimenti interessanti. Il flusso cedolare dovrebbe ripagare l’investitore dai rischi assunti, sia in termini di duration sia in termini di credito. Questo è soprattutto vero per quanto riguarda il comparto investment grade,
che in questo momento offre il miglior rapporto rischio/rendimento. La componente finanziaria risulta inoltre molto interessante sia sotto il profilo remunerativo sia per lo stato di salute che godono gli istituti finanziari in questo contesto economico. Una strategia che miri a investire sia sul breve che a brevissimo termine, coniugando i rendimenti più corposi offerti dalle obbligazioni a lungo termine, potrebbe rappresentare un’allocazione di portafoglio efficiente.
Sul fronte azionario, per il prossimo anno sarà da prediligersi un approccio prudente in virtù di un contesto in cui picchi di volatilità potrebbero restare un elemento presente nel mercato.
Volatilità significa anche opportunità e punti di ingresso sull’azionario globale, tuttavia, al di là dei discorsi legati all’eccezionalità degli interventi intra-periodali, il nostro atteggiamento attuale predilige le società che hanno una ridotta leva finanziaria e godono di una visibilità sugli utili elevata.
In particolare, le Familiy Owned Companies saranno da preferirsi a livello di asset allocation anche per l’anno a seguire, nella piena consapevolezza infatti, che essere investiti in titoli più resilienti ai cicli economici avversi, possa rappresentare un valore aggiunto per la clientela.
La tipologia di business più tradizionali e una visione di lungo termine acclarata nel corso degli anni, sono da considerarsi condizioni imprescindibili per un investimento azionario disciplinato. La selezione di aziende che riportano risultati consistenti nel tempo resterà cruciale.
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Christian Zorico, strategist e gestore patrimoniale di Cornèr Banca.
outlook / obbligazionario
Un sentiero molto stretto
James Briggs, Corporate Credit
Portfolio Manager di Janus
Henderson. A lato, l’uscita dal placebo post-pandemia, e gli effetti della stretta monetaria, porteranno a un forte aumento dei tassi di default negli Stati Uniti, nel 2023.
Il potenziale superamento del picco di inflazione negli Stati Uniti ha dato il la a una frenesia generalizzata. La moderazione dell’inflazione aumenta le possibilità di un atterraggio morbido, per il ruolo che rivestono nell’economia globale. Tuttavia, il superamento di un picco non sembra essere all’orizzonte in Europa o Regno Unito, ma se questo rimane un semplice dato, è difficile prevedere il tanto atteso pivot quando arriverà.
A essere emersa è la debolezza dei beni, come l’abbigliamento, in quanto le scorte elevate hanno portato a sconti. Ciò implica che margini aziendali più bassi, crescita economica più debole e infine licenziamenti potrebbero accompagnare l’atteso sollievo dall’inflazione. Questo potrebbe essere il rollover che i mercati stanno anticipando, seppur con troppo entusiasmo. Troppo ottimismo sui default. Mentre ci si avvicina a quella che potrebbe essere “la recessione più anticipata di sempre”, alcuni operatori di mercato sembrano sottovalutare il rischio di ‘fallen angels’. Secondo Barclays, tuttavia, nel 2023 i 60-80 miliardi di dollari di fallen angels
potrebbero sopravanzare i 60-70 miliardi di dollari di rising stars.
Le revisioni degli utili si stanno estendendo oltre energia e chimica, tuttavia gli utili contrastanti dei principali operatori del settore, come i grandi magazzini al dettaglio, forniscono un quadro poco chiaro. Alcuni partecipanti si aspettano anche che le inadempienze salgano fino al 2%, ma molte di queste previsioni non sono compatibili con l’entità dell’inasprimento cui si è assistiti sul mercato.
Considerando le variabili macroeconomiche, queste indicano che le insolvenze potrebbero superare le aspettative, il che segnala che gli investitori dovrebbero essere cauti. L’ultima indagine della Fed sui senior loan officer americani, ad esempio, ha segnalato un ulteriore indebolimento della domanda di credito e un inasprimento degli standard di prestito, in linea con il quadro europeo e britannico. L’indagine ha storicamente mostrato una forte correlazione con i tassi di insolvenza, nonostante una deliberata riduzione dei tassi nella risposta alla pandemia. Rischio sistemico sottovalutato? È pos-
sibile sostenere che il rischio fondamentale di insolvenza sia ormai ben prezzato nei mercati del credito, ma la sottoperformance di attività come Mbs e Reit evidenzia che sotto la superficie c’è molto altro. Con il venir meno della liquidità, l’accesso al capitale viene messo a fuoco, insieme alla trasparenza delle imprese o delle strutture finanziarie, dei flussi di cassa e della Governance aziendale.
Sebbene non vi sia un picco di rifinanziamento a breve termine che possa causare un’impennata di default, il rifinanziamento rimarrà una caratteristica significativa nel 2023, e che a fronte del ruolo ricoperto oggi dai mercati meno liquidi potrebbe far ritenere che un rischio sistemico sia sottovalutato.
Un percorso accidentato. Indubbiamente, la strada da percorrere sarà molto accidentata, in quanto i mercati dovranno bilanciare l’ottimismo con la realtà. È improbabile che la forma di questo rallentamento sia simile a quella della pandemia, dove le Banche Centrali sono intervenute in soccorso. Per il ricorso negli ultimi anni all’ausilio del Quantitative Easing, si stima che potrebbero essere necessari sino a 18-24 mesi per riportare l’inflazione sotto controllo. Mentre i mercati cercano di individuare il punto di inflessione, è altamente probabile che ci saranno altri episodi di volatilità prima di una svolta definitiva del ciclo.
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Tempi difficili L’irrigidimento del credito porterà presto a un aumento dei tassi di default (dati Usa) Fonte: Janus Henderson 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% -40 -20 0 20 40 60 80 100 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 2022 Default rate (sx) Condizioni mercato del credito (dx) outlook / macro
Dal momento che sembra che negli Stati Uniti il picco dell’inflazione sia ormai alle spalle, i mercati stanno scontando si possa arrivare presto al pivot. Ma quanto è vero?
Opera, in quattro atti
Quanto visto nel 2022 è l’inizio di una narrazione che proseguirà a piena forza nel corso dei prossimi mesi. Si tratta solo di riconoscerlo, e muoversi di conseguenza.
Le ingenti perdite riportate fin qui dal portafoglio globale standard 60/40 ricordano quelle della crisi finanziaria del 2008/2009, ma sono accompagnate da una correlazione molto alta tra azionari e obbligazionari, che durante la Crisi avevano invece compensato i maggiori crolli azionari. Gli investitori sono stati privati di ogni difesa, ma sono state gettate le basi per una maggiore manovrabilità grazie a valutazioni attraenti e uno scenario bilanciato che caratterizzano ora l’obbligazionario.
A differenza dell’anno in corso, il prossimo potrà portare ritorni positivi anche di grande rilievo, a patto di decise scelte strategiche a livello allocativo, e di una gestione dinamica. Ricalcando lo schema drammaturgico classico greco, il dramma in questione prevede quattro parti: la protasi (una mera introduzione), epitasi e catastasi (le parti centrali del dramma), e infine la catastrofe, in cui i nodi del racconto vengono sciolti, e sono svelati alcuni fatti prima ignoti al pubblico, producendo la catarsi, il momento finale di purificazione e liberazione. La parte finale
del 2021 è coincisa con la protasi: una semplice esposizione dei temi (l’inflazione record, la reazione dovuta dei banchieri centrali, il rischio recessione, le conseguenze prevedibili e imprevedibili), fatti ignorati da autorità e operatori.
Nel 2022 si è entrati nel vivo del dramma, nella epitasi: agendo in sincrono, il 90% delle Banche Centrali ha alzato i tassi, consegnando aumenti cumulativi dello strabiliante ordine di oltre 21mila punti base. La matrice semantica della parola epitasi riporta al concetto di tensione, che è cresciuta progressivamente nel 2022, rimanendo sempre alta e mantenendo bassa la propensione al rischio, senza degenerare però in panico.
Ciò si deve alla buona tenuta delle principali economie e dei mercati del lavoro, che hanno alimentato la speranza di evitare una recessione dura. I fatti esposti nell’epitasi sono sempre gravi, ma si tratta di una fase in cui si intravede un’ingannevole luce di speranza, la sensazione di poter evitare il peggio. Il primo dato di evidente disinflazione americana, quello seppur distorto di ottobre, ha trasmesso
alla maggior parte degli operatori un senso smisurato di sollievo.
Quel che resta del secondo atto, l’epitasi, è dunque un momento di distensione, in cui la percezione diffusa sarà di essersi sottratti alle conseguenze peggiori di quanto avvenuto fin qui; questa fase abbraccerà probabilmente l’ultimo mese del 2022 e le prime settimane dell’anno prossimo, comportando un ulteriore recupero delle attività rischiose a ridosso del rilancio di uno dei miti più amati dagli investitori: il soft landing dell’economia americana, un animale leggendario.
Nei cicli economici precedenti, infatti, ogni qualvolta la media trimestrale del tasso di disoccupazione è cresciuta di oltre lo 0,3% rispetto al minimo di fine ciclo l’economia americana è andata in recessione; in questo senso, quando il governatore della Fed dice che l’auspicio è di mantenere l’aumento della disoccupazione appena sotto il punto percentuale, le speranze di evitare una recessione non sembrano molte. Inoltre, negli ultimi settant’anni tutte le recessioni americane sono state anticipate da un’inversione del tratto 2-10 anni della curva Treasury (ad una distanza temporale media di diciannove mesi), soprattutto se confermata per tre mesi di fila, come è in atto da luglio.
Nel 2023 si passerà da quel che resta della epitasi alla catastasi, la parte del dramma in cui la narrazione di alcuni fatti condurrà verso l’apice della tensio-
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Totale
dell’aumento di
Fonte: Lemanik 0 5 10 15 20 25 01/21 03/21 05/21 07/21 09/21 11/21 01/22 03/22 05/22 07/22 09/22
Banche Centrali
cumulativo
bps dal 2011 (in mia di bps)
outlook / globale
Fabrizio Biondo, Senior Portfolio Manager di Lemanik Invest, responsabile Innovative and Liquid Alternative Investments Division. A lato, l’aumento cumulativo dei rialzi dei tassi delle Banche Centrali.
ne, seguito dalla perdita della razionalità propedeutica alla catastrofe finale. In un’economia globale ad alta intensità di debito, una crescita dei tassi nelle proporzioni già viste, e di tale rapidità, avrà effetti importanti sull’attività economica; il fatto che non si vedano ancora è perfettamente in sintonia con i ‘long and variable lags’ della politica monetaria. Oltre alla vistosa decelerazione dell’immobiliare, di importanza capitale per l’economia americana, la redditività aziendale sarà impattata simultaneamente dall’aumento dei costi e delle spese per interessi.
Secondo un recente studio della Fed, il 40% della crescita degli utili americani negli ultimi due decenni è derivato dal calo degli interessi e da sgravi fiscali, due variabili girate in senso opposto. Storicamente gli analisti catturano il 100% delle revisioni negative degli utili delle società quotate soltanto 15 mesi dopo il picco di consenso, che è stato registrato appena 4 mesi fa, e le previsioni per il 2023 sono ancora vicine ai massimi.
In secondo luogo, quasi il 60% dell’inflazione generata dall’economia americana da aprile 2020 ad oggi è riconducibile alla domanda aggregata (contro appena il 25% negli anni ’70), sostenuta al momento da componenti poco volatili come salari e affitti, che nelle ultime serie mensili del Cpi rappresenta oltre il 90% dell’aumento dei prezzi; l’attesa disinflazione headline promossa dalla risoluzione dei problemi legati all’offerta potrebbe essere molto rapida, ma a livello core questa decelerazione potrebbe poi rallentare in corrispondenza di livelli ancora troppo lontani dal target del 2% per un cambiamento drastico della politica monetaria. Il rischio di una sterzata anticipata sarebbe quello di incorrere in una riedizione delle ondate ripetute d’inflazione degli anni ‘70, cagionate da un ammorbidimento intempestivo della politica monetaria.
In terzo luogo, la politica monetaria americana potrebbe non essere ancora sufficientemente restrittiva, se si pensa che negli otto cicli economici principali seguiti alla Seconda guerra mondiale essa ha cessato di inasprirsi solo quando i tassi di riferimento si trovavano di almeno tre punti percentuali sopra al Pce core, laddove oggi si trovano ancora al di sotto. La verità che dovrà emergere nella catastasi è molto semplice: non è possibile stroncare in modo duraturo l’inflazione e riportarla a livelli target senza una vera recessione.
Mentre è normale che le Banche Centrali inizino a ridurre il ritmo e l’entità dei rialzi, per valutarne gli effetti, un’inversione di tendenza rapida non è credibile, e senza di essa il quadro fondamentale a livello corporate sarà soggetto a un notevole deterioramento. Si pensi all’ultima Fed loan survey, secondo la quale il 40% delle Banche americane sta restringendo l’accesso al credito; storicamente questo dato proietta un tasso di fallimento sul mercato High yield pari all’8%, un livello recessivo e molto superiore allo scenario base di Moody’s (3.5%). E storicamente quando si verifica un recessione, l’azionario tocca i suoi minimi a recessione avviata, mentre come detto l’economia americana ne è ancora lontana.
La catastasi aprirà quindi la strada alla catastrofe, un calo dei mercati azionari di almeno il 20% dai livelli attuali nella seconda metà del 2023 e un allineamento degli spread di credito a condizioni recessive, 800-1000 bps per i mercati Hy e 250-300 per i mercati Ig. I mercati del credito storicamente anticipano quelli azionari di circa un trimestre, e quindi è
Nonostante sia atteso un calo dell’inflazione Headline americana, prima che questo si trasmetta alla Core potrebbe passare del tempo, ma del resto una buona parte è creata da un eccesso di domanda. Intanto ci si prepara alla recessione?
probabile che il credito tocchi i minimi tra il secondo e il terzo trimestre.
Mentre i mercati Ig risultano appetibili, nonostante lo spread si sia già contratto significativamente dal picco, per l’Hy la prognosi è ancora riservata, fatta eccezione per quello a breve termine. Il carry è molto alto, ma allargamenti attesi nell’ordine di minimo 300 bps suggeriscono punti di entrata migliori. Il consiglio è di privilegiare Hy a breve, dove il rapporto tra rendimento corrente e sensitività agli spread è molto favorevole, e fondi a ritorno assoluto dinamici, che possano temporizzare al meglio la modulazione del rischio. La catarsi che seguirà a una oculata gestione della fase precedente offrirà ritorni
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estremamente interessanti.
Fonte: Lemanik Us Cpi Headline Us Cpi Core (ex. Food and Energy) 0 2 4 6 8 10 12 14 16 60 65 70 75 80 85 Anticipare la recessione Andamento dell’Eps forward prima del calo degli utili Fonte: Lemanik 1 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 1990 2000 2007 2020 2022 Average Media (ex. Covid) 0,6 0,7 0,8 0,9 1,0 1,1 settimane
Ondate inflative
Confronto
tra l’indice Headline e Core della Cpi Usa (dati 1965 - 1988)
Interesse per la leva
Sebbene la volatilità dei tassi d’interesse sia destinata a rimanere elevata, il mercato dei leveraged loan offre eccellenti opportunità d’investimento. I leveraged loan sono prestiti sub-investment grade sindacati da banche o altre istituzioni finanziarie. Forniscono supporto per scopi aziendali generali, incluso le spese in capex, capitale circolante ed espansione dell’attività. Rifinanziano la struttura del capitale esistente o sostengono una ricapitalizzazione che include, non di rado, il pagamento di un dividendo. Tuttavia, lo scopo principale è quello di finanziare le attività di M&A e i leveraged buyout, in cui l’acquirente acquisisce una società target attraverso una combinazione di debito ed equity. Oggi l’Oid e i margini sono ai massimi storici e le valutazioni si avvicinano ai livelli del 2020, seguiti da una forte ripresa. È probabile che i default aumenteranno: secondo Fitch, il tasso di default previsto nel mercato europeo dei leveraged loan è del 2,5% per il 2022 e del 3% per il 2023. D’altro canto, però, le maturity hanno raggiunto livelli gestibili e si possono ot-
tenere buoni rendimenti aggiustati per il rischio da un portafoglio posizionato in modo conservativo. È interessante notare che dal 2003 i leveraged loan hanno registrato solo due anni di rendimenti negativi (2007-2008). Nel secondo trimestre del 2022, l’impatto dell’inflazione, in particolare l’aumento dei costi dei fattori produttivi e del lavoro, è rimasto in gran parte contenuto nei report trimestrali analizzatititoli finanziari in questione. I fondamentali contribuiranno a sostenere l’erogazione di prestiti.
Inoltre, i leverage loan beneficiano di una struttura a tasso variabile che offre un chiaro vantaggio in un contesto di tassi in aumento. Il mercato dei leveraged loan è caratterizzato da investitori creditizi che, oltre ad avere una profonda conoscenza dello strumento, sono generalmente meno sensibili alla volatilità del mercato. Il fatto che i leveraged loan europei siano assenti nei portafogli della clientela retail rappresenta un grande vantaggio. L’impatto è ancora più evidente nei contesti caratterizzati da una forte volatilità.
La maggior parte dei prestiti che rien-
trano nei leveraged loan è costituita da strumenti a tasso variabile che vengono periodicamente azzerati con uno spread rispetto a un tasso base, tipicamente l’Euribor. Il mutuatario paga uno spread insieme al tasso di riferimento per contrarre un prestito. Per gli investitori che temono un aumento dei tassi di interesse o dell’inflazione, i prestiti bancari possono offrire l’opportunità di investire in strumenti a tasso variabile. I leveraged loan sono generalmente garantiti dai beni del mutuatario con priorità assoluta, il che comporta un tasso di recovery più elevato rispetto alle obbligazioni. Tuttavia, i prestiti bancari sono meno liquidi rispetto alle obbligazioni, ed è per questo che gli investitori richiedono rendimenti più elevati, il che si riflette solitamente in un bid/ask spread più ampio rispetto agli asset più liquidi.
Meglio dunque investire in una strategia che consiste nel costruire un portafoglio con un’esposizione dinamica e diversificata ai temi d’investimento rilevanti, combinando analisi macro e micro. Dato l’obiettivo di rendimento assoluto nel medio termine, un approccio conservativo si orienta verso gli emittenti di qualità superiore all’interno dell’universo investibile. Meglio privilegiare i senior secured loan emessi da leader di mercato, con un solido vantaggio competitivo e metriche di credito superiori.
Focus sui senior loan emessi da emittenti europei e la cui attività principale o la garanzia del prestito è in Europa.
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Un segmento interessante L’indice total return europeo dei leveraged loan (in %) Fonte: Eurizon 2003 2005 2007 2009 2011 2013 2015 2017 2019 2021 YTD -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 -30 -0,6 -3,6 3,9 5,4 5,9 6,4 43,4 9,8 0,7 9,7 8,6 4,5 5,5 3,8 3,6 1,3 4,9 2,4 5,2
In un contesto di mercato destinato a rimanere complesso, i leveraged loan rappresentano un’interessante alternativa, poco battuta ma dall’importante potenziale.
outlook / obbligazionario
Massimo Spadotto, responsabile del team Real&Alternative Assets di Eurizon Capital. A lato, il segmento dei leveraged loan europei.
Ecco, il sottosopra
Mario Cribari, responsabile strategia e ricerca di Bluestar Investment Managers. A lato, la corsa dei prezzi nelle aree urbane statunitensi sta procedendo a passo molto spedito.
Che differenza può fare un anno! Fino a dicembre scorso era il mondo idilliaco del Goldilocks in cui nella casetta del Mulino bianco Cathie Wood sfornava biscotti per bambini felici che nei verdi prati catturavano facili prede coi loro retini: criptovalute, titoli ‘disruptive’ stracari, Faang… Qualunque cosa si muovesse veniva comprata, tanto alle azioni non c’era alternativa e i tassi sarebbero rimasti bassi per sempre nell’aspettativa che l’inflazione fosse definitivamente morta.
Nell’outlook di un anno fa si metteva seriamente in guardia da tali aspettative troppo rosee e compiacenti con uno scenario che predicava estrema prudenza sia sulle azioni (specie growth) sia sulle obbligazioni soprattutto governative. Si consigliava altresì di privilegiare il Brasile, i real asset (materie prime, estrattori ed infrastrutture), mentre è risultata completamente errata la previsione di un dollaro debole e mercati asiatici in forza relativa. Dopo il capovolgimento dell’anno ormai concluso, il 2023 potrebbe essere l’anno della normalizzazione. L’inflazione ha or-
mai visto il suo picco di medio periodo e scenderà considerevolmente, pur restando strutturalmente al di sopra del 2%.
Siamo ‘inflazionisti’ dall’estate del 2020 (!!) e si è sottolineato più volte come alla base di tale posizione vi fossero ragioni cicliche e strutturali. Le prime si stanno esaurendo (e non per merito delle Banche Centrali) mentre le seconde dureranno più a lungo e sono figlie anche delle politiche americane di confronto con la Cina e il resto del mondo. Per questo le Banche Centrali, usando come pretesto il ribasso dell’inflazione e il buon ancoraggio delle aspettative, si fermeranno a tassi non superiori a quanto già scontato il che non giustifica tuttavia un ‘pivot’, che dipenderà invece dall’entità del danno collaterale portato alla crescita economica.
Sarà questa la prossima grossa preoccupazione dei mercati perché se almeno una recessione ‘leggera’ è praticamente certa, una ‘dura’ non è nei prezzi e implicherebbe un’ulteriore correzione azionaria al di sotto dei minimi recenti. A oggi i fatti indicano lo scenario più benigno come il più probabile: il consumo e gli investimenti
tengono, il mercato del lavoro è solido, eccessi finanziari sistemici non ve ne sono e l’eventualità di razionamenti energetici in Europa (spauracchio sino ad agosto) è per ora scongiurata. Ciò non implica tuttavia che la gestione di portafoglio sarà facile. Sulla classe azionaria, dove da preferirsi è l’Asia, influirà un livello di tassi di interesse più alto di quanto artificialmente sperimentato fino a pochi mesi fa, il bull market è moribondo e la volatilità resterà elevata. Meglio dimenticare le performance stellari degli ultimi anni. La differenza di rendimento, e qui sta la novità, sarà da ricercare invece nel comparto obbligazionario che torna finalmente ‘potabile’, soprattutto nella sua componente governativa (emergenti compresi). Questa offre rendimenti di nuovo decenti e rinnovate capacità di hedge di portafoglio. Difficilmente, infatti, avremo ancora prolungate fasi di tassi in salita e azioni in discesa. Sulla parte credito prudenza, in attesa di maggior chiarezza sul tipo di recessione in arrivo.
A livello valutario, sarà probabilmente la Fed la prima a fermarsi ponendo fine alla forza dollaro e a favore di Yen, euro, e valute emergenti di qualità; male il franco, bene l’oro. Se tuttavia le Banche Centrali decidessero anacronisticamente che il loro target è davvero quello dell’inflazione al 2% nonostante tutto e tutti, magari il sottosopra rispetto agli ultimi 20 anni sarebbe davvero totale e allora: “bada-bada-bum” (si salvi chi può)!
Dicembre 2022 TM · 101
Inflazione, ma quale? Confronto tra due indici americani diversi Fonte: BlueStar 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 Us Inflation Swap Forward 5y5y 0 1 2 3 4 5 6 7
In meno di un anno tutto è cambiato, si è passati da una idilliaca realtà a un completo marasma, a fare la differenza sarà però il ‘nuovo 2%’ delle Banche Centrali. Qual è?
outlook / globale
Us Cpi consumatori cittadini meno cibo ed energia y/y
Mal di pancia cinesi
Il dragone cinese si sta avvicinando al traguardo di fine anno in una situazione particolarmente preoccupante, confrontato com’è con le sfide economiche e sociali molto impegnative.
Olivier de Berranger, Cio di La Financière de l’Echiquier. A lato, la capitale cinese, al pari delle regioni costiere, ha conosciuto un incredibile sviluppo economico negli anni, molto meno la Cina interna.
Il Regno di Mezzo sta attraversando una crisi dalle molteplici sfaccettature, la più complessa probabilmente, tanti sono i suoi intrecci, addirittura dall’epoca maoista.
A livello politico, il 20esimo Congresso del Partito Comunista Cinese ha sancito una concentrazione autocratica del potere. Le chiavi della Nazione sono ormai nelle mani di un solo uomo, Xi Jinping, circondato soltanto dai più fedeli tra i fedelissimi, come dimostra chiaramente l’umiliazione pubblica subita dell’ex Segretario Generale Hu Jintao, espulso manu militari dal Congresso. La concentrazione del potere può funzionare purché si tratti di un potere illuminato. Se la luce dovesse venire a mancare, l’intero apparato si troverebbe nella pericolosa situazione di rischiare di vacillare.
Nel settore immobiliare, colpito inizialmente da una crisi dei promotori, i prezzi degli alloggi sono in costante flessione, un
mese dopo l’altro. Pari a quasi un quarto del Pil e al 70% della ricchezza delle famiglie cinesi, la spina dorsale dell’economia cinese continua a sgretolarsi.
Sul fronte sanitario, il Paese sta affrontando un’ondata di Covid senza precedenti: il numero di casi segnalati ogni giorno supera ormai le ondate del gennaio 2020 o della primavera 2022. Sebbene il Governo abbia di recente allentato la sua politica dello zero Covid, la logica si conferma essere sempre la stessa: adottare misure radicali non appena compaiono i primi casi, a prescindere dal loro costo economico o sociale.
A livello geopolitico, le velleità di annessione di Taiwan rischiano di raffreddare ulteriormente le già gelide relazioni con gli Stati Uniti. Comportano un rischio di isolamento, tanto più costoso se si considera che l’economia cinese dipende ancora in larga misura dalle sue esportazioni.
Il malcontento sociale poi sembra ai massimi livelli di sempre in Cina anche se, in un Paese soffocato dalla morsa del Partito comunista, può sembrare di entità minore rispetto ai movimenti che agitano talvolta le democrazie occidentali. Si moltiplicano però le immagini di manifestazioni riferite alla crisi immobiliare o al rifiuto dei vincoli legati al Covid. In un Paese in cui la disoccupazione giovanile sfiora il 20%, per il potere centrale, leggarsi nello specifico il presidentissimo Xi Jinping, questa è una sfida assolutamente importante, se non vitale.
Infine, sul fronte economico, la crescita attesa per il 2022 è del 3,3% soltanto, la più bassa degli ultimi 40 anni. Il motore cinese dell’economia mondiale sta rallentando pericolosamente. Se la situazione sanitaria dovesse continuare a peggiorare, potrebbe compromettere il potenziale di crescita nei prossimi trimestri.
Il 23 novembre, il mercato azionario cinese, rappresentato dall’Msci China, segna -33% dall’inizio dell’anno, mentre l’S&P 500 statunitense è sceso della metà (-16%) e l’Euro Stoxx 50 meno ancora (-6%). È un segnale che i mercati finanziari stanno già scontando le difficoltà, presenti e future, cui il Regno di Mezzo dovrà fare fronte, prima o poi. Prima di intraprendere una nuova faraonica e ambiziosissima Via della Seta, converrebbe forse alla Cina iniziare a rafforzare la sua Grande Muraglia.
102 · TM Dicembre 2022
outlook / commento
da riscoprire
Foto . Pier Marco Tacca
. Petra Peter
Regalarsi il Natale
Qui si respira storia e si progetta futuro. Via Nassa. Un nome che evoca una lunga tradizione. È la più antica di Lugano, un punto di riferimento per tutti coloro che hanno fatto della cittadina sulle rive del Ceresio un polo della finanza regionale, oltre che sede di un’Università e importanti istituzioni che le hanno fatto eco. L’elegante via ha contribuito all’affermazione di Lugano nel panorama internazionale, dove la cittadina ha saputo elevarsi al livello delle grandi capitali della finanza, almeno europea. Una stagione, questa, che sembrava tramontata, mentre oggi ci sono i presupposti di un nuovo sfavillante inizio. Con il suo straordinario capitale culturale, architettonico e storico, anche via Nassa guarda al futuro con una ritrovata progettualità. L’Associazione Via Nassa, con un nuovo comitato e una strategia puntuale, la accompagna nella trasformazione da ‘cuore dello shopping’ a ‘Swiss Luxury District’. Con le eleganti gioiellerie, boutique di moda e accessori, gallerie d’arte e le accattivanti proposte enogastronomiche, le premesse ci sono tutte. Questo periodo dell’anno dedicato agli acquisti di Natale è l’occasione ideale per immergersi nelle sue atmosfere e cogliere le sue suggestioni.
Produzione
Simona Manzione
Roberto Mazzantini, presidente dell’Associazione Via Nassa
© Pablo Gianinazzi/Tipress
destinazioni
© Associazione Via Nassa
In via Nassa
© Associazione Via Nassa
Scavia In via Nassa
Bucherer 1888 In via Nassa
IMAGO Art Gallery In via Nassa
GastroSnack Bernasconi In via Nassa
Rocca 1794 In
via Nassa
Artefici del capitale
Tra i committenti più facoltosi e munifici, ma anche più raffinati e lungimiranti, si distinguono i banchieri per i quali, dal Rinascimento in poi, le collezioni d’arte hanno rappresentato uno strumento privilegiato per nobilitare l’ascesa sociale e coltivare il proprio gusto estetico, contribuendo anche alla crescita culturale della collettività.
Trasformare il capitale economico in capitale sociale, culturale e simbolico: non solo una questione di diversificazione, ma per secoli l’habitus dei più illuminati banchieri, che con il loro appoggio ai grandi artisti hanno saputo o voluto nobilitare la loro ascesa finanziaria, politica e sociale, vuoi spinti da una genuina passione per la cultura, vuoi mossi da progetti e ambizioni di ordine personale, che in molti casi non escludevano un sincero engagement civile nel mettere a dispo-
Il mecenate rinascimentale per eccellenza, il “Magnifico” Lorenzo de’ Medici. Arte e cultura furono sempre al centro della sua azione, anche in chiave politica. Qui nel celebre ritratto del Bronzino e bottega (15521553 circa, olio su stagno). Così prende avvio la mostra che, presso la sede milanese delle Gallerie d’Italia, racconta di banchieri mecenati, collezionisti e filantropi, fino ai Rothschild.
sizione della collettività il patrimonio artistico raccolto attraverso donazioni a pubblici musei oppure costituendo apposite fondazioni. Altre collezioni sono rimaste di proprietà degli eredi oppure, andate disperse, non se ne conserva che la memoria.
La più importante delle grandi famiglie fiorentine, in quella che era la potenza europea che meglio sapeva coniugare il proprio predominio finanziario e mercantile a quello culturale, suggellò la propria ascesa sociale con un mecenatismo
di altissimo rilievo. Cosimo de’ Medici, dotato di un’elevata cultura umanistica, collezionò soprattutto manoscritti antichi e gemme, non mancando di commissionare opere ai maggiori artisti dell’epoca, incluse grandiose imprese architettoniche. L’apice l’avrebbe toccato Lorenzo, non solo collezionista d’antichità, cammei, testi miniati, sculture e dipinti, ma anche protettore di artisti quali Giuliano da Sangallo, il Verrocchio, Piero e Antonio del Pollaiolo, sostenitore dell’accademia filosofica neoplatonica e fondatore
112 · TM Dicembre 2022
arte /mostre
Gabinetto fotografico delle Gallerie degli Uffizi, Firenze. Su concessione del Ministero della Cultura
La Madonna della scala, scolpita da un Michelangelo appena quindicenne, durante la formazione nel Giardino di Lorenzo il Magnifico a San Marco, dove i giovani artisti si esercitavano copiando dalle collezioni di arte antica della famiglia Medici (1490 ca, marmo, Firenze, Casa Buonarroti).
della scuola per scultori nel Giardino di San Marco, dove si formò Michelangelo. Degli artisti, inviati presso vari sovrani, si servì anche nella sua accorta strategia politica, tesa all’esaltazione delle glorie della cultura e dell’arte toscana, contribuendo a instaurare il mito di Firenze nel mondo.
Se l’esempio per antonomasia sono i Medici, altri banchieri dell’epoca divenuti stretti confidenti e finanziatori dei maggiori regnanti europei, investirono parte delle proprie fortune in prestigiosi progetti architettonici e artistici, come Agostino Chigi (1466-1520), committente di artisti del calibro di Baldassarre Peruzzi e Sebastiano del Piombo, cui ebbe accesso grazie alla sua clientela papale, ma soprattutto grande amico di Raffaello, che per lui affrescò la famosa Loggia di Psiche nella villa Farnesina.
Un altro caso esemplare è quello del banchiere di fiducia degli Asburgo, Jakob Fugger (1459-1525) che approfittando delle sue missioni incoraggiò gli scambi fra Rinascimento tedesco e italiano: privilegiò Dürer come pure Tiziano che, chiamato ad Augusta da Carlo V nel 1548, nelle case dei Fugger dipinse il celebre ritratto equestre dell’imperatore dopo la vittoria di Mühlberg.
Dal Cinquecento è così possibile tracciare un asse culturale tra Italia, Germania e Paesi del nord Europa, che nel Novecento si orienterà verso gli Stati Uniti, dove iniziano a operare i nuovi attori dell’alta finanza. Lo ripercorre alla luce di undici protagonisti esemplari la mostra Dai Medici ai Rothschild. Mecenati, collezionisti, filantropi, allestita nella sede milanese delle Gallerie d’Italia. Una proposta che manifesta appieno l’identità del ‘Progetto Cultura’ con cui Intesa Sanpaolo contribuisce alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio storico-artistico, in una virtuosa sinergia tra pubblico e privato, che ha il nucleo delle sue iniziative nel programma museale delle quattro sedi, nel cuore di Napoli, Torino, Vicenza e, ap-
punto, della capitale lombarda, in piazza della Scala. Nulla di più naturale che voler raccontare come dal Rinascimento all’età moderna la relazione tra banchieri e artisti abbia trasformato la ricchezza finanziaria in un patrimonio di inestimabile valore, quando la storia del mecenatismo interessa in modo particolare lo stesso istituto bancario, nel solco dell’esempio lasciato dal banchiere umanista Raffaelle Mattioli con le sue prestigiose acquisizioni per la Banca Commerciale e il suo impegno nella grande editoria. È proprio lui il protagonista dell’undicesima e ultima fra le sezioni del percorso espositivo, ciascuna dedicata alla figura di alcuni tra i banchieri mecenati, collezionisti e filantropi più importanti della storia. Altri protagonisti italiani sono, ovviamente, la gloriosa dinastia
dei Medici nella Firenze rinascimentale, Vincenzo Giustianiani nella Roma del Seicento, Ambrogio Uboldo ed Enrico Mylius nella Milano dell’Ottocento, la famiglia Torlonia a Roma tra Sette e Ottocento (la cui eccezionale collezione di statuaria è stata oggetto dell’esposizione estiva delle Gallerie d’Italia, sempre a Milano). Al di fuori dei confini nazionali, nella Francia del Settecento, Everhard Jabach; a seguire, Joachim Heinrich Wilhelm Wagener in Germania, Moritz von Fries in Austria, sino alle soglie del secolo scorso con, su tutte, un’altra potentissima e ramificata dinastia, quella dei Rothschild che del collezionismo, sia di arte antica che contemporanea, ha fatto una vera e propria vocazione. Lungo due secoli di inarrestabile ascesa economica e
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sociale, la passione per l’arte si è tradotta nella creazione di raccolte eccezionali poi confluite in musei aperti al pubblico, come quella di arte decorativa di Ferdinand de Rothschild, il quale destinò al British Museum la sua intera collezione di opere del Rinascimento, insieme con lo straordinario Reliquiario della Sacra Spina. Al Louvre nel 1935 giunse la collezione di Edmond de Rothschild che contava oltre 60mila opere tra disegni e stampe, da Paolo Uccello a Leonardo da Vinci, da Rembrandt a Dürer. Suo nipote Edmond, nel 1969, ha offerto al museo d’Israele di Gerusalemme la settecentesca ‘French Room’, un’intera sala proveniente dalla residenza parigina del conte de Coubert, e uno straordinario vaso etrusco al Museo d’Arte e Storia di Ginevra, dove la famiglia risiede da più di 150 anni continuando nella tradizione di mecenatismo e sviluppando una rete filantropica internazionale.
In parallelo alla vicenda dei Rothschild, nel Novecento sono state le figure di John Pierpont Morgan, di Andrew Mellon e del figlio Paul a dare prova di sensibilità artistica e un impegno straordinari, anche nel tradurre sul versante pubblico il collezionismo privato, come dimostrano le loro raccolte che sono confluite in musei dal profilo internazionale.
Attraverso i ritratti di questi undici protagonisti, le testimonianze delle loro vicende biografiche, spesso imperniate su importanti iniziative umanitarie, e soprattutto grazie a opere d’arte esemplari delle loro raccolte, vengono rievocate le loro figure e scelte collezionistiche. Dipinti, sculture, disegni, incisioni, bronzetti, medaglie e preziosi cammei: un’ampia varietà di generi, per oltre 120 opere provenienti da prestigiosi musei internazionali come la National Gallery di Londra, il Louvre di Parigi, l’Albertina di Vienna, gli Staatliche Museen di Berlino e The Morgan Library & Museum di New York. Tra quelle di maggior rilievo, la Tazza Farnese dalle collezioni medicee, il Putto con delfino del Verrocchio, la Crocifissione di Annibale Carracci, la Madonna della scala di Michelangelo, il San Gerolamo Penitente del Merisi e il Cristo di Gerrit van Honthorst, entrambi appartenuti al Giustiniani, il Ritratto del conte Josef Johann von Fries di Angelika Kauffmann, il Ritratto di Everhard Jabach di Antoon van Dyck, La fuga di Bianca Cappello da Venezia di Francesco Hayez e l’inedita Natura morta di Giorgio Morandi.
Aperta fino al prossimo 26 marzo, la mostra, nello spirito delle proposte raffinate e originali cui le Gallerie d’Italia hanno ormai abituato il pubblico, è stata
Sopra, Francesco Francia, Ritratto di Altobello Averoldi, 1505 circa, olio su tavola. Apparteneva alle eccezionali collezioni di Nathaniel Mayer von Rothschild. Fu tra le opere confiscate dai nazisti in Austria nel 1938, poi fortunatamente recuperate, che oggi arricchiscono collezioni pubbliche e private soprattutto negli Stati Uniti. A sinistra, San Gerolamo Penitente, 1605, olio su tela, fra la quindicina di Caravaggio che ornavano il palazzo del genovese Vincenzo Giustiniani.
realizzata grazie alla partnership con i Musei del Bargello e la Alte Nationalgalerie - Staatliche Museen zu Berlin. Ambizione del progetto è affrontare il tema in una prospettiva comparativa e internazionale, esplorando scelte individuali e habitus collettivo. Si evidenzia così come, se committenze artistiche, collezionismo e filantropia attraverso i secoli fanno parte del modus operandi dei grandi banchieri, sono state invece le predilezioni personali e le occasioni prospettate dalla loro abilità e influenza a distinguerli gli uni dagli altri e a determinare l’impatto durevole dei loro investimenti in arte e cultura.
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Mirta Francesconi
@ Washington, National Gallery of Art, Samuel H. Kress Collection
Museum the MontserratPhoto Dani Rovira
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I grandiosi cantieri fontaniani
La nuova mostra alla Pinacoteca Züst mette in luce la coralità del cantiere cinquecentesco con il dialogo tra i numerosi artisti e artigiani, attraverso le opere più prestigiose di committenza papale e reale dell’architetto melidese
Domenico Fontana, tra Roma, Napoli, Amalfi e Salerno.
Roma. Interventi viari e monumentali corrispondenti all’ultimo scampolo del Cinquecento. Il suo nome è Domenico Fontana, il “Cavaliere della Guglia”. Di lui scrive nel 1642, quarant’anni dopo la morte, Giovanni Baglione: “Fu da Mili, [Melide] luogo del Lago di Lugano, il cavalier Domenico Fontana. Venne in età giovanile a Roma, et essercitossi a lavorare di stucchi, e ne divenne buon maestro”. Per poi aggiungere “et avendo la prattica della fabrica, riuscì in breve buono architetto”. Il melidese avvia questa pratica di stuccatore a partire dal 1563 operando nei cantieri del palazzo dei Conservatori in Campidoglio, di villa d’Este a Tivoli e quelli degli attuali palazzo Sacchetti e villa Medici, quest’ultimi appartenenti, allora, al cardinale Giovanni Ricci da Montepulciano, molto vicino a Ferdinando de’
Attratti dalla cappella Contarelli che segna l’affermazione del Caravaggio in Roma, l’artista che oggi rappresenta la frangia estrema e più significativa dell’arte italiana del Seicento, pochi visitatori alzano lo sguardo sulle pitture murali del Cavalier D’Arpino, un dichiarato concor-
rente del Merisi. I più ignorano l’apparato decorativo che rende così unica la splendida chiesa di San Luigi dei Francesi, sita a pochi passi da palazzo Madama. Eppure tra le maestranze specializzate a cui è affidata la costruzione della chiesa vi è un futuro architetto al quale si debbono alcuni interventi che hanno cambiato il volto di
Sopra, Guilliam van Nieulandt
il Giovane, Piazza San Pietro durante la processione annuale del Corpus Christi, olio su tavola, 1612, collezione privata europea. Sotto, Giovanni Guerra, Innalzamento e abbassamento dell’obelisco con le armi di papa Sisto V, 1586 ca., Parigi, Beaux-Arts de Paris.
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arte / mostre
Medici, il grande elettore del Peretti che diventerà papa nel 1585 con il nome di Sisto V. Il cardinale Felice Peretti Montalto incontra Domenico Fontana nel tempo dell’edificazione della sua perduta villa alle Terme che si trovava nel luogo dove oggi sorge la stazione Termini. Fontana costruì per il cardinale un Casino, il fabbricato della villa e l’ampio giardino che fece di questa dimora la più estesa proprietà romana. Ne discese un sodalizio che di lì a breve si tradurrà per l’architetto in un’ascesa straordinaria. Ancora Baglione testimonia in merito: “Al Fontana diede [Sisto V] la carica di architettore principale di tutte le fabriche che far si dovevano in quel pontificato” e “la prima opera, alla quale mettesse mano” fu l’impresa dell’obelisco vaticano che gli valse con la nomea anche l’investitura del prestigioso titolo di Cavaliere dell’Ordine dello Speron d’oro. D’altra parte, affinché l’impresa della nuova sistemazione della gran guglia riuscisse, “Il Cavaliere vi fece grandissima diligenza”, scrive il biografo. E “con castelli che haverebbono alzata una cupola per grande, che fusse stata, finalmente dal primo sito l’alzò la calò, la condusse, e nel luogo dove oggi si ammira, la rialzò, e mise in opera”.
Nei cinque anni di pontificato (1585-1590) papa Sisto V promosse molte riforme e un piano urbanistico di non poco conto. Innalzerà altri tre obelischi in piazza del Popolo, piazza Santa Maria Maggiore e in piazza San Giovanni in Laterano creando assi visuali che ancora oggi colpiscono e guidano il turista nelle sue peregrinazioni. Fontana costruirà per il papa la cappella Sistina nella basilica di Santa Maria Maggiore che accoglierà la sepoltura del pontefice, incorporando pure - altra impresa - la duecentesca cappella del Presepio di Arnolfo di Cambio che fu trasportata all’interno dell’edificio con complesse macchine di cantiere progettate dallo stesso architetto. Operò significativi mutamenti viari nel tessuto urbano di Roma. Queste nuove strade, a cominciare dalla strada Felice, oggi via del Viminale, venivano a collegare tra loro le sette basiliche e la sede pontificia. Fontana fu incaricato pure di edificare il nuovo palazzo Apostolico, lo stesso da cui oggi il pontefice benedice i fedeli radunati in piazza San Pietro. Gli fu
affidato altresì il cantiere della Biblioteca Apostolica Vaticana, la prima biblioteca umanistica e teologica che raccoglieva lo scibile umano. Ricevette anche il compito di sistemare il complesso lateranense, con il palazzo del Laterano, la loggia delle Benedizioni e l’edificio della Scala Santa - altro trasporto eccezionale - che oggi accoglie devoti da tutto il mondo.
La cappella Sistina in Santa Maria Maggiore, Roma, costruita nel 1584 da Domenico Fontana per il cardinale Felice Peretti, futuro papa Sisto V, che diventerà suo principale committente. Incorpora la duecentesca cappella del Presepio di Arnolfo di Cambio.
ra-Usi, in partenariato con i Musei Vaticani, e ha il patrocinio della Biblioteca Apostolica Vaticana e della Fondazione della Guardia Svizzera Pontificia del Vaticano. L’esposizione è frutto di un pregresso studio, finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica (Fns). L’impresa Fontana tra XVI e XVII secolo: modalità operative, tecniche e ruolo delle maestranze, vinto dall’Archivio del Moderno e si avvale anche del progetto Fns-Agorà, volto a favorire la diffusione dei risultati della ricerca.
Domenico viene spalleggiato dai fratelli, in particolare da Giovanni, il maggiore, affermato ingegnere idraulico, e dal nipote Carlo Maderno. Il suo profilo organizzativo, che ne fa un pioniere del moderno management, è stato fatto oggetto della mostra presso la Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Rancate, aperta fino al prossimo 19 febbraio.
Le “invenzioni di tante opere”. Domenico Fontana (1543-1607) e i suoi cantieri, da me curata insieme a Nicola Navone e Patrizia Tosini, è stata promossa congiuntamente dalla Pinacoteca Züst e dall’Archivio del Moderno dell’Accademia di architettu-
La mostra propone non poche sorprese e lascia scoprire in termini mai veduti prima gli edifici costruiti dall’architetto melidese. Concepita come un percorso intrecciato di preziose opere originali del XVI secolo provenienti da prestigiosi musei e installazioni virtuali, mette in luce la coralità del cantiere cinquecentesco, il dialogo tra i numerosi artisti e artigiani che collaborarono. Nei suoi cantieri di committenza papale e vicereale operano infatti botteghe di pittori, scultori, bronzisti, stuccatori, indoratori e incisori a cui si integra il lavoro di muratori, vetrai, stagnai e fabbri. Si ha così modo di vivere in prima persona, in mostra, grazie al ricco apparato multimediale, attraverso le ricostruzioni virtuali e la realtà immersiva, l’esperienza operativa di questi cantieri a cui si riferiscono disegni, quadri, pitture, sculture di autori quali il Cavalier d’Arpino, Cesare Nebbia, Giovanni Guerra, Paul Bril, Andrea Lilio, Ferraù Fenzoni, Giovanni Balducci, Belisario Corenzio, Bastiano Torrigiani, Lodovico Del Duca e Leonardo Sormani. Si possono così esplorare in termini irripetibili i grandiosi cantieri di Domenico divisi tra Roma, Napoli, Amalfi e Salerno. Dopo la scomparsa di Sisto V infatti Fontana si trasferì, nel 1592, a Napoli dove fu al servizio dei viceré spagnoli e qui fece il progetto per il palazzo Reale e per il nuovo Porto, oltre a sistemare le tombe angioine e l’abside del duomo. Ricostruì inoltre le cripte delle cattedrali di Amalfi e di Salerno. Morirà a Napoli nel 1607, oggi è possibile visitarne la tomba monumentale presso la chiesa di Monteoliveto.
Letizia Tedeschi Direttrice Archivio del Moderno dell’USI
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@ Foto di Marco Stucchi, 2022
La forza di una perfetta sintonia
Si sono incontrati nel 2018 e subito è nato un grande affiatamento tra chi condivide lo stesso approccio alla musica: maestria tecnica e intensità interpretativa. Nuovo Direttore ospite principale dell’Orchestra della Svizzera italiana, Krzysztof Urbański è pronto a sperimentare.
Anche la musica vuole la sua chimica. C’è tutta fra Krzysztof Urba ń ski e l’Orchestra della Svizzera italiana. Non può avere dubbi chi li ha sentiti esibirsi insieme lo scorso 10 novembre sul palcoscenico del Lac, nel concerto che ha sancito la sua nomina a Direttore ospite principale dell’Osi. Alla musica il maestro polacco è arrivato per puro istinto, senza che nessuno in famiglia provenisse da quel mondo. La vaga idea di studiare chitarra, poi casualmente dirottato su una classe di corno, strumento al quale si è appassionato finché è stato conquistato dalla direzione d’orchestra. Un grande talento: analitico e penetrante, unisce brillantezza tecnica a intensità di lettura. Studi a Varsavia, il primo importante incarico lo ha staccato in Norvegia, appena
ventiseienne: è bastato un concerto per far scoccare la scintilla con la Trondheim Symphony, di cui è stato poi Direttore principale e artistico fino al 2017. Oltre dieci anni li ha passati anche alla testa dell’Indianapolis Symphony Orchestra, suo Direttore principale fino all’anno scorso, anche in questo caso galeotto è stato il primo concerto. Nel frattempo è stato Direttore ospite principale presso la Ndr Elbphilharmonie Orchester e dal 2012 al 2016 della Tokyo Symphony. Tantissime altre sono le prestigiose collaborazioni che costellano la sua giovane carriera di fresco quarantenne: Berliner Philharmoniker, Münchner Philharmoniker, London Symphony Orchestra, … A Lugano, con l’Orchestra della Svizzera italiana, ha subito trovato il giusto feeling. «Dal primo incontro con l’Osi,
Sopra, il primo concerto che lo scorso 10 novembre ha visto l’OSI esibirsi sul palco del LAC insieme al suo nuovo Direttore ospite principale, Krzysztof Urbański, dando conferma delle grandi potenzialità di questa prestigiosa collaborazione.
nell’ottobre del 2018, ho immediatamente capito di quale straordinario gruppo di musicisti di grande talento si trattasse. Fortunatamente sono stato invitato nuovamente a dirigerli e, progetto dopo progetto, la collaborazione è diventata sempre più stretta e abbiamo imparato a conoscerci. Dopo diverse esecuzioni, sperimentandoci su vari repertori, ho capito che condividiamo un approccio molto simile alla musica. Non solo sono dei grandi
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© OSI / F.
LAC Lugano Arte e Cultura
Fratoni
professionisti, che in ogni occasione mi hanno confermato la loro abilità, la sensibilità e la devozione per la musica, ma sono anche aperti alla sperimentazione. Grazie a loro ho già avuto modo di realizzare molti dei miei sogni musicali, per cui non ho esitato quando mi è stato proposto questo ruolo. Sono entusiasta all’idea di poter lavorare insieme all’Osi in maniera regolare», afferma il nuovo Direttore ospite principale dell’Osi. Privilegio e responsabilità: sul podio è infatti stato preceduto dal grande maestro Vladimir Ashkenazy, ritiratosi nel 2020, dopo oltre 70 anni di attività artistica, che con l’Orchestra della Svizzera italiana ha regalato al pubblico una trentina di indimenticabili concerti, inaugurando fra l’altro nel 2015 la Sala Teatro del Lac. Un onore e una sfida che Urbański accoglie con modestia e tanta voglia di regalare emozioni ed energia. Di quanto potrà spaziare ha dato un apprezzatissimo saggio quando lo scorso marzo ha guidato l’Osi sulle note spaziali dei temi di Guerre Stellari, portando agli onori della classica l’opera di un autore come John Williams che sicuramente sarà ricordato tra i maestri del Ventesimo secolo, ma che oggi forse non tutti sono pronti a riconoscere come Urbański. Forse lo aiuta proprio non provenire dal mondo della classica, una famiglia senza tradizione di musicisti, fan di Michael Jackson prima ancora di conoscere Beethoven, con il quale il primo impatto è stata la musicassetta della colonna sonora del film biografico Amata immortale… l’inconsueto inizio di una grande passione. Ma, a dispetto del suo look atletico e contemporaneo e di un’età ancora giovanissima nel suo settore, appena quarantenne, la sua è un’interpretazione matura e sensibile, di grande perizia tecnica e capacità di penetrare le sfumature della partitura, quanto di renderne tutta la potenza ritmica. Lo ha confermato il concerto celebrativo dello scorso 10 novembre, allineando un brano minimale per archi di Wojciech Kilar, l’intimismo di Chopin e l’esplosione energica dell’Eroica «I musicisti dell’Osi sono stati fantastici in questa loro interpretazione di quella che ritengo la più grande sinfonia in assoluto, un’opera che ha aperto le porte alla modernità. Sapevo che avrebbero potuto darne la versione che avevo sempre cercato di realizzare. Una partitura perfetta in ogni suo movimento, che raggiunge l’apice nel secondo, a mio avviso la pagina
più impressionante e profonda che sia mai stata scritta: viverla sul palco è un’esperienza incomparabile», commenta. «Non ho ancora definito il repertorio che intendo sviluppare con i musicisti dell’Osi, di sicuro in questi primi anni di saltuarie collaborazioni ho già avuto modo di verificare la loro flessibilità che ben si coniuga alla mia difficoltà di focalizzarmi su un solo particolare periodo storico. Il mio è un approccio alla musica classica più universale. Per cui intendo spaziare dal repertorio romantico tradizionale a proposte come John Williams. E naturalmente un particolare sogno sarebbe presentare al pubblico alcuni dei più bei brani della mia terra. Oltre a Chopin, ci sono molti gioielli nella musica polacca: Karol Szymanowski e Witold Lutosławski sono due
«Sin dal primo incontro con l’OSI, ho capito di quale straordinario gruppo di musicisti si trattasse.
Non solo sono dei grandi professionisti, ma sono anche aperti alla sperimentazione come me. Grazie a loro ho già realizzato alcuni miei sogni musicali, per cui non ho esitato quando mi è stato proposto questo ruolo»
dei più importanti compositori del XX secolo e di tutta la storia della musica, sarà un privilegio poterne introdurre alcuni», anticipa il maestro, che di sogno non ne nasconde un altro, portare l’Osi in tournée anche in Polonia. «Sarebbe molto emozionante, specialmente perché negli ultimi anni hanno costruito diverse sale da concerto considerate fra le migliori in Europa, come quella a Katowice, o la Cavatina Hall a Bielsko-Biała con un’acustica fantastica. Per ora ci siamo appena esibiti alla Tonhalle di Zurigo. Ma apprezzo moltissimo la bellissima sala concertistica del Lac. Anche se dalle dimensioni contenute, ha un’acustica ideale per supportare un’orchestra come l’Osi con una piccola sezione di archi: ogni volta in cui ci ho suonato è stata una grande esperienza e
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Krzysztof Urbański, nuovo Direttore ospite principale dell’OSI
© LAC 2018/2019
Anche il 2022 si conclude con il tradizionale Concerto di San Silvestro dell’OSI al LAC: sul palco la grandissima Martha Argerich sotto la guida di Charles Dutoit, musiche di Debussy, Prokof’ev e Kodály.
Photo: Marco Borggreve
Tre grandi musiciste che si esibiranno al LAC insieme all’OSI nel 2023: la star del violoncello Sol Gabetta (nel weekend di Pentecoste, seconda edizione del festival Presenza), la grande violinista Julia Fischer (16.03, diretta da Markus Poschner) e la violoncellista Anastasia Kobekina (16.02, diretta da Charles Dutoit).
sono contento anche di poter trascorrere più tempo a Lugano, che già conosco molto bene, abitando non distante sul lago di Como». Sul palcoscenico del Lac tornerà insieme all’Osi il 2 marzo, con la Quinta Sinfonia di Beethoven e il Concerto per violoncello di Antonín Dvořák che sarà anche l’occasione per ammirare Julia Hogen, a soli 24 anni giovane solista di grande talento. Da acclamato e richiesto direttore musicale, il suo calendario è fitto di altri appuntamenti sui palcoscenici internazionali: «Ne cito alcuni: a inizio dell’anno mi esibirò a Monaco con la Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks, considerata tra le migliori al mondo, mentre con i Münchner Philharmoniker, che già conosco da anni, sarò in tournée a Madrid e attendo con emozione, dopo la lunga pausa della pandemia, di tornare negli Stati Uniti, con la National Symphony Orchestra per tre grandi concerti nel Kennedy Center di Washington», conclude Krzysztof Urbański.
Per l’Orchestra della Svizzera italiana sono intanto in calendario diverse importanti esibizioni. A partire dal concerto speciale con cui ci si congederà dal 2022, un evento che ormai è una consuetudine per l’Osi e il pubblico luganese. Attesissimo il ritorno della leggendaria Martha Argerich, come già per il San Silvestro del 2018 sotto la direzione di Charles Dutoit, con l’affiatamento di chi condivide ormai oltre sessant’anni di carriera. Pezzo forte della serata il più famoso ed eseguito concerto di Prokof’ev, il terzo, di cui la pianista argentina sa regalare una delle migliori interpretazioni.
Charles Dutoit tornerà nell’anno nuovo, il 16 febbraio, in una serata che vedrà esibirsi la violoncellista Anastasia Kobekina (musiche di Honegger, Haydn e Strauss). Il 30 marzo salirà invece sul podio il giovane direttore d’orchestra ungherese Gergely Madaras con la viola di Maxim Rysanov (musiche di Bianchi, Bartók, Haydn, Ligeti). Il 16 marzo e il 20 aprile l’Osi ritroverà il suo Direttore principale
Markus Poschner: nella prima occasione con musiche di Čajkovskij e il Concerto per violino di Brahms con la star Julia Fischer, mentre il 20 aprile si esibirà con le voci bianche del Coro Clarière, per la prima esecuzione assoluta di un brano appositamente commissionato a Oscar Bianchi.
Come d’abitudine, ai più piccoli è dedicato anche il programma speciale Concerti Osi per famiglie e scuole, che da lunedì 8 a giovedì 11 e domenica 14 maggio, nel giorno della Festa della Mamma, vedrà sul podio il direttore d’orchestra Philippe Béran, insieme alla presentatrice Carla Norghauer, per una serie di originali concerti-spettacolo di 45 minuti di pura magia, per stimolare la fantasia e coinvolgere bambini e adulti nell’affascinante mondo dei suoni.
A siglare la stagione primaverile, si attende la celebre violoncellista Sol Gabetta che, nelle vesti anche di direttrice artistica, tornerà al Lac per la seconda edizione del progetto Presenza, sempre curata insieme a Balthazar Soulier. Nel connubio con l’Osi e il suo Direttore principale Markus Poschner, la solista elvetico-argentina ha trovato le condizioni ideali per proporre una formula inedita. Il weekend di concerti e altre iniziative artistiche, in coincidenza con la Pentecoste, è preceduto da una settimana di intenso lavoro, una sorta di laboratorio musicale, da intendersi come spazio, tanto fisico quanto temporale, di sperimentazione. Obiettivo: rimettere in discussione il quadro formale del concerto sinfonico classico con solisti, rimasto nella sostanza immutato dalla fine del XIX secolo, proponendo un nuovo modo di fruire i concerti che valorizzi attraverso piccoli accorgimenti anche la componente scenica e teatrale. Gli spazi multifunzionali e creativi del Lac diventano quindi la cornice ideale per questa sperimentazione che si ripeterà anche nel 2024, con l’auspicio di rendere fissa la sua ‘Presenza’ nel calendario del Lac: un unicum nella scena musicale svizzera che ha già attirato l’attenzione a livello internazionale nella sua prima edizione dell’anno scorso.
Susanna Cattaneo
Per informazioni: www.osi.swiss.ch
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Champagne, brindisi da record
Il 2021 è stato un anno eccezionale per lo champagne, con 320 milioni di bottiglie vendute. Differenti cifre stilistiche a seconda della produzione ma un comune denominatore: è il vino delle celebrazioni, da tre secoli. Con Paolo Basso, già miglior sommelier al mondo, alla scoperta del pregiato nettare.
champagne viene da una regione fredda, il che ne determina l’acidità. Per equilibrare tale acidità tradizionalmente si aggiunge zucchero (è il dosage). Più di recente, con il riscaldamento climatico, le uve sono meno acide e di conseguenza occorre meno zucchero per renderne piacevole e meno acido il gusto».
La tendenza a ridurre il dosage (e quindi l’aggiunta di zucchero), che incontra il gusto di una parte di pubblico, coincide anche con il ‘vezzo’ di quei produttori che preferiscono meno ‘maquillage’, ossia meno aggiunte, mostrando invece il vino nella sua autenticità.
Una premessa è d’obbligo. «Champagne è solo ciò che proviene dalla regione francese della Champagne. In tutti gli altri casi si parla di spumante. È in queste terre che sono riusciti, per primi a padroneggiare le bollicine, arrivando a racchiuderle in una bottiglia», esordisce Paolo Basso, uno dei sei sommelier al mondo ad aver vinto i titoli di Miglior Sommelier d’Europa (nel 2010 a Strasburgo) e del Mondo (nel 2013 a Tokyo).
Ruinart, nel 1729, è stata la prima Maison francese capace di ‘addomesticare’ le bollicine; la più antica maison de champagne del mondo deve la sua nascita all’intuizione di un monaco benedettino, Dom Thierry Ruinart, che valorizzò le potenzialità di quel vino, allora chiamato ‘vin de bulles’ (vino con le bollicine), così in voga nei salotti francesi all’epoca di Re Luigi
XIV. «L’essere frizzante era una novità ed è probabilmente questa caratteristica ad aver fatto dello champagne il vino da festeggiamenti per antonomasia. Per conquistare tale reputazione sono occorsi trecento anni. Del resto, si sa, nel mondo del vino tutto procede molto lentamente», nota il sommelier, che è membro del consiglio direttivo e direttore dei concorsi dell’Associazione Svizzera dei Sommelier Professionisti.
Anche lo champagne è soggetto alle mode: «Si sta affermando la tendenza che vede protagonisti champagne non dosati o poco dosati, ossia quelli che contengono poco zucchero o che non ne contengono affatto. Una tendenza che si spiega non solo con il mutato gusto di chi beve lo champagne, ma con un cambiamento più ampio, che parte dal clima», spiega Paolo Basso, facendo una premessa: «Lo
In base al residuo zuccherino presente nello champagne, «esiste una classificazione specifica che distingue uno champagne dolce, contenente oltre 50 grammi di zucchero per litro, da un demi-sec - tra i 32 e i 50 grammi per litro -, mentre la presenza tra i 17 e i 32 grammi di zucchero per litro caratterizza lo champagne sec, e ce ne vogliono tra i 12 e i 17 per un extra dry, mentre con meno di 12 grammi per litro si ha un brut. Infine l’extra brut ne contempla meno di 6 grammi e il brut nature meno di 3.
Il primo brut nature risale al 1846, quando la casa Perrier-Jouët mise sul mercato uno spumante senza alcuna aggiunta di zucchero. Questa scelta venne inizialmente criticata, ma col passare degli anni divenne un punto di forza di questi
Una tendenza in atto sembra prediligere la riduzione di zucchero nello champagne. Sia per incontrare il gusto dei fruitori, sia come effetto della minor acidità delle uve, a sua volta dovuta ai cambiamenti climatici.
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società / tradizioni
vini», nota Paolo Basso che, dal 2014, è consulente e seleziona i vini per la compagnia aerea Air France, aggiudicandosi il premio ‘Best Airline Wine List of the World’, nel 2018 e nel 2019.
E quanto alla fermentazione delle uve, «Durante le due fermentazioni alcoliche, i mosti vengono trasformati in vino dall’azione dei leviti, che consumano gli zuccheri e producono alcol. E proprio in questo risiede il segreto di una Maison,
che viene tramandato di generazione in generazione. Al termine della fermentazione, l’obiettivo è avere vini con una gradazione massima di 11 gradi. A questo punto i vini che erano stati separati all’inizio del processo possono finalmente essere assemblati per creare il profilo di champagne desiderato», sintetizza il sommelier, «La maggior parte degli champagne risulta dall’assemblaggio di più annate. Non tutte le annate sono eccezionali. In un tempo di dieci anni, quelle considerate tali sono mediamente tre. E meritano di essere valorizzate; quando una vendemmia rivela una tipicità che vale la pena preservare, si opta per uno Champagne Millesimato. Questa è una scelta dello chef de cave, ma dipende molto dalla disponibilità del consiglio di amministrazione della Maison. Lo champagne è il vino per eccellenza in cui il fattore umano ha un ruolo importante».
Per marcare le sue caratteristiche, «lo Champagne Millesimato trascorrerà un minimo di 36 mesi in cantina e spesso molto di più; vino di gran carattere, porta con sé i segni della sua annata. Si tratta di vini prestigiosi, solitamente riservati alle occasioni speciali. Ma possono anche essere gustati come aperitivo con gli amici per scoprire nuovi e più marcati aromi, come il sottobosco, il pan
di spezie, la frutta secca, il caffè, il cacao o l’uva passa», spiega Paolo Basso, che oggi collabora alla promozione dei vini svizzeri con l’organizzazione Swiss Wine Promotion ed è titolare dell’azienda che porta il suo nome, con sede a Ligornetto.
«Il vino è un prodotto complesso e, anche se idealmente ogni Maison ha una sua impronta, nella pratica è molto difficile rimanere ancorati a un preciso codice. Questo principalmente perché il vino prodotto deriva normalmente da un assemblaggio. Il quale necessita di un approvvigionamento di uve diverse, spesso provenienti da altri vigneti. E c’è per questo non di rado una ‘battaglia’ delle Maison per aggiudicarsi i migliori produttori di uve», nota Paolo Basso che, infine, suggerisce: «Lo champagne va bevuto ad inizio pasto e non al momento del dessert. Ma se proprio lo si vuole stappare a fine pasto, va bevuto almeno quindici minuti dopo aver gustato il dessert, affinché si ristabilisca nel palato il ph giusto per poter apprezzare il pregiato vino. Affinché lo champagne possa esprimere tutto il suo carattere, il bicchiere ideale è alto, panciuto e con l’apertura stretta, a forma di tulipano».
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Simona Manzione
Paolo Basso, sommelier. Uno dei sei al mondo ad aver vinto il premio di miglior sommelier d’Europa (2010) e miglior sommelier al mondo (2013).
Ibride, soluzione intelligente
Per chi viaggia molto in auto, la scelta ottimale sono le full hybrid o le ibride plug-in, che abbinano all’elettrico un efficiente motore benzina o diesel che, in caso di bisogno, permette nuovamente centinaia di km dopo un pit stop di uno o due minuti dal benzinaio.
La nuova generazione della Mercedes Glc sorprende per comfort e con le ruote posteriori sterzanti offre un’agilità inedita. È una vettura accattivante su ogni tipo di strada e la nuova versione ibrida plug-in convince per potenza elevata, tempi di ricarica brevi e autonomia elettrica che rende l’auto idonea all’uso quotidiano. Linee pulite e proporzioni sportive caratterizzano il design. Di prima classe anche l’abitacolo: dal display centrale inclinato verso il conducente, al volante sportivo multifunzione, passando per i pregiati elementi decorativi con materiali di alta qualità. Più lunga di 6 cm della prima generazione (4,72 metri in totale), aumenta anche la capienza del bagagliaio, a 620 litri, ridotto però dalle batterie di trazione nelle plug-in (395 l in quella provata). Monta solo motori elettrificati, proposta a scelta con motori turbo, ibridi (mild a 48 volt o plug-in), a quattro cilindri e di due
litri, abbinati al cambio automatico a 9 rapporti, costruito dalla stessa Mercedes, e alla trazione integrale. Le versioni plug-in sono le ‘300 e’ e ‘400 e’ a benzina rispettivamente da 313 e 381 Cv, e la 300 de diesel da 335 Cv: il loro motore elettrico è da 136 cavalli e la batteria da 31,2 kWh promette fino a 130 km di autonomia a emissioni zero. L’unica con il sei cilindri in linea sarà la 450 d diesel 3.0 da oltre 330 cavalli e tecnologia ibrida mild.
Dite addio ai listini lunghi decine di pagine tipici della Mercedes che richiedevano giorni per configurare l’auto desiderata. Anche per colpa (o merito) della crisi dei microchip, l’offerta della Mercedes Glc è stata semplificata e molte dotazioni sono raggruppate in pacchetti.
Vera novità, almeno per quanto riguarda la guida: il retrotreno sterzante. Sotto i 60 km/h le ruote posteriori si spostano, fino a 4,5°, in direzione contraria alle anteriori e nella stessa quando la velocità aumenta.
Nel primo caso si ha un’agilità inaspettata (per un’inversione bastano appena 10,9 metri, ovvero quanto certe piccole crossover), che si apprezza sia nei percorsi tortuosi sia in manovra. Nel secondo caso, invece, è la stabilità a migliorare. Ma è ovviamente su asfalto che questa Mercedes Glc 400e provata dà il meglio di sé. A batteria carica, ci si muove fino a 140 km/h in modalità elettrica, anche con un discreto brio. Prezzo base per la Glc 200, da 67.800.- Chf e 80.800.- per la Glc 400e.
124 · TM Dicembre 2022
Mercedes GLC
società/auto
Mercedes GLC
Lexus RX 450h+
Il design della nuova Lexus Rx è dinamico e sicuro di sé, con una splendida calandra integrata nella parte anteriore con fari più stretti. Vista lateralmente, il profilo dinamico della carrozzeria è evidenziato dal terzo montante, che presenta una colorazione nera, e dall’alettone posizionato sul lunotto posteriore. Il cofano decisamente più lungo, la linea del tetto più bassa, le ruote più grandi da 21 pollici e il passo allungato le danno un aspetto dinamico e deciso. I fanali posteriori con la scritta Lexus integrata che si estendono a tutta larghezza e una carreggiata più larga accentuano il carattere forte della zona posteriore della nuova Rx, che per la prima volta oltre ai noti motori ibridi, affianca una versione con la nuova ibrida plug-in Rx 450h+ che associa il quattro cilindri da 2,5 litri a una batteria agli ioni di litio che alimenta due motori elettrici, ottenendo una potenza complessiva di 306 cavalli con scatto da ferma a 100 in 7,7 secondi.
L’interno è più minimale, elegante e funzionale rispetto al passato. La plancia è dominata dallo schermo touch di 14” al centro, per controllare la maggior parte delle funzioni dell’auto. Anche la strumentazione è digitale e si nota la grande attenzione data alla qualità degli assemblaggi e alle finiture, come da tradizione per la casa giapponese. In arrivo ancora a dicembre presso i concessionari Lexus ufficiali, mentre tra gennaio e febbraio 2023 i primi esemplari circoleranno sulle nostre strade. Prezzo da 94.900.- Chf.
Mitsubishi Eclipse Cross Phev
Ha personalità da vendere la nuova Mitsubishi Eclipse Cross Phev 4x4, aggiornata nell’estetica e nei contenuti, adotta il sistema Phev della Outlander, ma leggermente depotenziato,. Si guida bene ed è assai agile grazie alla sua trazione integrale elettrificata e allo sterzo diretto
e leggero. Con il bagagliaio che offre da 359 a 1.108 litri e una lunghezza di 4,5 metri, l’Eclipse Cross è nella categoria dei Suv compatti. Gli interni sono essenziali e con assemblaggi curati. Lo schermo da 8” del sistema di infotainment è facile da consultare e compatibile con Apple CarPlay e Android Auto.
Il powertrain plug-in è composto da un motore benzina 2,4 litri a ciclo Atkinson da 98 Cv e da due motori elettrici da 60 e 70 Cv, posizionati sugli assali anteriore e posteriore per una trazione integrale che aumenta la stabilità e offre una bella progressività in accelerazione. La batteria da 13,8 kWh è collocata sotto il pianale, abbassando il baricentro e favorendo la guida, davvero molto agile, complice anche la trazione integrale. Cinque i livelli di rigenerazione dell’energia in rilascio che
si regolano con i paddle dietro al volante mentre due tasti sul tunnel preservano una determinata carica della batteria o la fanno ricaricare tramite motore a benzina. A batteria carica si possono percorrere circa 45/60 km a zero emissioni. Tre gli allestimenti proposti, Value, Style e Diamond. Prezzo 42.990.- Chf.
Dicembre 2022 TM · 125
Claus Winterhalter
Lexus RX
Mitsubishi Eclipse Cross Phev
Le news mensili di Ticino Management per creare affari businesstobusiness
Management per le realtà sportive
Colin&Cie sostiene la Croce Rossa
ambiti tematici che rientrano nell’Agenda Onu. Sono gli investitori stessi del fondo a decidere ogni anno su quali progetti puntare.
Nonostante l’attuale difficile contesto di mercato, negli ultimi tre anni con il Social Responsibility Fund Colin&Cie ha generato un incremento di valore di oltre il 19%.
Come ottenere finanziamenti per una società sportiva? Ne hanno discusso Salvatore Jr. Pecoraro (BancaStato), Alessandro Siviero (Supsi), Raffaele Alberti, (Hockey Club Lugano) presso l’Auditorium di BancaStato di Bellinzona il 5 dicembre, quando sono stati anche consegnati i diplomi e gli attestati ai partecipanti nel 2022 del corso di “Management di organizzazioni sportive”: Cristina Bernardoni, Innocenzo Caizza, Daniele Cerafogli, Raquel Miniscalco, Simone Realini, Giulio Rezzonico, Oksana Rezzonico, Christian Righinetti, Dalila Rosafio, Nicolò Ugazzi.
Patrocinato dal Decs, il corso si rivolge a coloro che intendono approfondire l’aspetto manageriale delle realtà sportive. L’obiettivo è l’incremento della loro qualità gestionale. Sono già aperte le iscrizioni per la prossima edizione 2023 (posti limitati).
Per informazioni: Tel. 091 695 38 80 ask@sriconsulting.ch
Pkb supporta l’ecosistema delle start up
Il Social Responsibility Fund sostiene la Croce Rossa con una donazione da 230mila franchi. Nato nel 2019 dalla stretta collaborazione con Colin&Cie, il fondo di investimenti sostenibili genera un rendimento finanziario e sociale che viene impiegato in progetti della Croce Rossa in Svizzera e in Germania. Colin&Cie destinerà i dividendi del Social Responsibility Fund per sostenere progetti a favore di istruzione, migrazione e assistenza sanitaria, tre
Un dividendo pari a 8000 franchi sarà destinato alla Croce Rossa Ticino ( in foto), a sostegno del Centro Insieme, che lavora in stretta collaborazione la regione di Lugano. Lo scopo principale del centro è sostenere famiglie che per diversi motivi non sono in grado di fornire supporto scolastico ai loro figli.
Per informazioni:
www.colin-cie.com
www.redcross.ch
In linea con le sue aspirazioni di banca innovativa e radicata nel territorio, Pkb ha lanciato la sua AddVenture Academy, un programma concepito per favorire lo sviluppo di start up svizzere ad alto potenziale attraverso un supporto strategico e operativo, in collaborazione con Match Strategies, giovane e dinamica boutique svizzera dell’innovazione. Il programma includerà una serie di attività ad alto valore aggiunto, come il supporto operativo alla gestione giornaliera del business, l’accesso a un ampio network nell’innovazione, la
connessione ad opportunità di finanziamento nell’ecosistema di riferimento svizzero/europeo, l’accompagnamento nei temi strategici, di business development, finanziari e di marketing. Al termine dei sei mesi dell’Academy, una giuria di Pkb nominerà la migliore fra le tre start up sostenute.
Per informazioni: www.pkb.ch
www.matchstrategies.com
126 · TM Dicembre 2022
126 Aziende 126 Colin&Cie sostiene la Croce Rossa 126 Management per le realtà sportive 126 Pkb supporta l’ecosistema delle start up 127 Lo storytelling aziendale, storie di valori 128 Società 128 La protezione giuridica dei migranti climatici 130 San Salvatore anche di inverno 130 Nuove prospettive per la Bally Foundation
sommario
Aziende
Aziende
Aziende
Lo storytelling aziendale, storie di valori
Valentina Curti, esperta in comunicazione di impresa e consulente nel campo della Corporate Social Responsibility, spiega come - attraverso questo straordinario strumento - le organizzazioni possano raccontare in modo chiaro ed accattivante chi sono, in cosa credono e cosa fanno.
Raccontare la storia di un’azienda è il modo migliore per diffonderne i valori, per conoscere più da vicino le persone che l’hanno fondata e governata fino ad oggi, per illustrare come sono stati ideati e sviluppati i suoi prodotti di punta. Ma è anche un modo efficace per informare, motivare ed orientare i propri collaboratori i quali, attraverso la narrazione, si sentono sempre più protagonisti della storia e della commmunity aziendale. Per capire meglio come funziona lo storytelling, abbiamo interpellato Valentina Curti, Business Partner Switzerland di Storyfactory: società specializzata nella narrazione strategica quale strumento scientifico di Governance delle percezioni.
Valentina Curti, qual è la responsabilità dell’azienda verso le sue persone e la comunità tutta?
Un secolo fa, si assumevano le persone che si conoscevano e con le quali si interagiva: le aziende erano dei veri e propri costruttori delle comunità locali. Successivamente, da Milton Friedman in avanti, l’unico scopo di un’azienda era diventato quello di esistere e massimizzare il proprio profitto. Oggi, l’aria è completamente cambiata. Parliamo di agenda ONU 2030, di responsabilità sociale d’impresa: stiamo assistendo ad un cambiamento culturale che vede le aziende e i governi impegnati nella costruzione delle comunità e del loro benessere, preoccupati entrambi del ruolo e dell’impatto positivo che possono avere sulle persone.
In questo contesto, come si inserisce la narrazione delle storie aziendali (storytelling)?
La complessità delle sfide imposte dal business richiede un profondo ripensamento del perché fare impresa (come imprenditori) e del perché partecipare al fare impresa (come stakeholder). Trovare e condividere uno scopo (purpose) - perseguito attraverso azioni coerenti e una narrazione inclusiva - significa realizzare nuove aree di vantaggio competitivo e di sostenibilità a lungo termine. La relazione tra trasformazione e narrazione sussiste se si riconosce che, al centro, ci sono le persone e il valore delle comunità. In questa direzione acquistano un ruolo centrale il capitale narrativo, le storie e i valori di cui gli imprenditori e gli stakeholder sono portatori.
Quali aspetti di una realtà aziendale possono essere veicolati e valorizzati attraverso lo storytelling?
Attraverso il nostro modello di racconto, le domande alle quali si può rispondere sono molteplici: come ci posizioniamo rispetto alla concorrenza? La nostra Vision, la nostra Mission ed il nostro Purpose riflettono davvero la nostra identità aziendale? Come affrontiamo l’emergenza energetica? Come possiamo attrarre talenti? Come li possiamo trattenere? Qual è il nostro impegno verso la comunità? Insomma, ci rivolgiamo ad una classe imprenditoriale lungimirante che vede, in relazione a questi
temi, un’urgenza di risposta e che - nell’affidarsi ad uno strumento versatile come lo storytelling - coglie appieno l’opportunità di poter modellare e innovare la propria azienda.
I risultati di questa narrazione sono misurabili?
La ricerca lo dimostra ampiamente: le aziende che hanno uno scopo chiaro e articolato ottengono una performance decisamente migliore. Il 58% di queste imprese ha affermato di aver registrato una crescita del 10% in più rispetto a quelle aziende che non hanno una comprensione condivisa del proprio scopo. Per queste ultime, l’assenza di uno scopo comune sembra avere un impatto diretto sui profitti. Negli ultimi tre anni, infatti, il 42% di loro ha riportato minori entrate o un calo dei ricavi rispetto al 19% delle aziende che stanno lavorando nella definizione del loro purpose. Si registrano quindi dei Kpi positivi: sia in termini di risultati di business, che di vantaggio competitivo nel campo dell’innovazione, della qualità nonché dell’attrazione e del trattenimento di nuovi talenti.
(Fonte: The business case for Purpose, Harvard Business Review).
Cosa occorre per poter progettare uno storytelling con voi?
Indipendentemente dalla dimensione dell’organizzazione, ci rivolgiamo agli imprenditori e ai dirigenti d’azienda che vogliono capire come il purpose
La relazione tra trasformazione e narrazione sussiste se si riconosce che, al centro, ci sono le persone e il valore delle comunità. In questa direzione acquistano un ruolo centrale il capitale narrativo, le storie e i valori di cui gli im-prenditori e gli stakeholder sono portatori.
possa aiutarli a rispondere alle nuove esigenze degli stakeholder: collaboratori sempre più attenti ai valori aziendali; fornitori che devono rispettare nuovi parametri sulla sostenibilità e gli SDG (Sustainable Development Goals); clienti che, prima ancora del prezzo, analizzano con attenzione la qualità dei prodotti. Ascoltarli e mettere a terra azioni concrete, finalizzate a soddisfare le loro aspettative e i loro bisogni, vuol dire generare un impatto positivo e diventare unici sul mercato.
Per informazioni: www.storyfactory.it www.aitiservizi.ch
simona.galli@aitiservizi.ch
Dicembre 2022 TM · 127
Aziende businesstobusiness
La protezione giuridica dei migranti climatici
Poiché la migrazione climatica sarà una delle maggiori sfide nella gestione dei flussi migratori, è necessario trovare al più presto una soluzione per garantire un’adeguata protezione giuridica a queste persone vulnerabili.
La migrazione climatica, il fenomeno che costringe le persone a causa degli effetti deleteri del cambiamento climatico a lasciare il proprio luogo di origine o di residenza, è in continuo aumento. Si prevede che nel corso dei prossimi decenni diventerà una delle maggiori sfide nella gestione dei flussi migratori. Per questo motivo è necessario trovare al più presto una collocazione all’interno del vigente diritto internazionale a questa categoria di persone vulnerabili. Tuttavia tale problematica è ancora controversa tra i giuristi, che non concordano sullo strumento legale più adatto a regolare questa delicata questione. Il mancato riconoscimento di un chiaro status giuridico e dei diritti a esso collegati nasce dal fatto che non è ancora presente una definizione unitaria dei cosiddetti migranti climatici. Le maggiori difficoltà insorgono soprattutto quando queste persone si trovano costrette a varcare permanentemente un confine nazionale, poiché la loro permanenza o il ritorno nel precedente Stato è diventata impossibile a seguito di una catastrofe climatica. Un esempio lampante sono i micro-stati insulari del Pacifico, che a causa dell’in-
Errata Corrige
nalzamento delle temperature e dell’aumento del livello del mare rischiano di ritrovarsi in futuro totalmente sommersi, obbligando i loro abitanti ad abbandonare le loro case per cercare rifugio altrove.
In altri termini la problematica consiste nel capire come proteggere queste persone a livello giuridico. Una risposta che frequentemente viene proposta è quella di concedere lo status di rifugiato, riconosciuto dalla Convenzione internazionale sullo statuto dei rifugiati, nonché dalla maggior parte degli ordinamenti giuridici nazionali. La Convenzione è l’unico strumento legale che garantisce ai rifugiati una protezione vincolante, poiché dispone di ampi diritti associati con il riconoscimento di questo status.
La definizione di rifugiato contemplata dalla Convenzione presuppone che siano soddisfatte cinque condizioni cumulative: la persona che mira ad ottenere il riconoscimento dello status deve avere timore fondato di essere perseguitata per motivi di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, deve trovarsi al di fuori dallo Stato di cui possiede la cittadinanza o
Il contributo “La manipolazione dei valori di mercato” apparso nella scorsa edizione di novembre di Ticino Management era a firma di Davide Lovaldi, studente BLaw UZH, membro del Circolo Giovani Giuristi Zurigo, erroneamente omessa.
la residenza e non può o non vuole avvalersi della protezione di tale Stato. Secondo diversi autori far rientrare i migranti climatici in questa definizione è tuttavia problematico. L’elemento della persecuzione, che è una delle caratteristiche della classica definizione di rifugiato, contiene due componenti - la presenza di una minaccia che potrebbe provocar la violazione dei diritti umani della persona coinvolta e l’incapacità da parte dello Stato nel proteggerlo da tale minaccia - che nel caso dei migranti climatici non sono adempiute. Anche se le catastrofi naturali dovute alle conseguenze del cambiamento climatico possono avere effetti negativi sulla vita del singolo e sui suoi diritti fondamentali, questa violazione non è provocata da un’azione statale, bensì dall’ambiente stesso quale persecutore. Stabilire una connessione tra una determinata azione o omissione statale e le ripercussioni negative del cambiamento climatico sulla popolazione rimane difficile, poiché per lo più sono i Paesi sviluppati o addirittura l’intera comunità internazionale a esserne responsabili. Stabilire questo nesso significherebbe ribaltare completamente la concezione della responsabilità statale, poiché i migranti climatici non scappano da uno Stato in cui vengono perseguitati, ma cercano rifugio proprio in quelli che sono maggiormente considerati responsabili. Inoltre la definizione di rifugiato presuppone che la violazione
dei diritti fondamentali venga inflitta individualmente. Una catastrofe naturale affligge tuttavia la popolazione in generale, senza alcun legame con una determinata caratteristica del singolo. Infine, se consideriamo i motivi di persecuzione elencati in maniera esaustiva nella Convenzione, è chiaro che i migranti climatici non rientrano in nessuno di questi gruppi. Non possono neanche essere considerati come un determinato gruppo sociale poiché non presentano una caratteristica condivisa, dato che ad accomunarli è piuttosto la paura stessa di essere perseguitati.
In conclusione possiamo dire che far rientrare i migranti climatici nell’odierna definizione di rifugiato non è la modalità giusta per riconoscere loro un’adeguata protezione giuridica. Resta dunque da chiedersi quale posto possa essere loro assegnato.
Per informazioni: www.giovanigiuristi.ch
128 · TM Dicembre 2022 Società
Greta Agliati, membro dell’Associazione Giovani Giuristi Zurigo.
businesstobusiness
PER UN MAGGIORE IMPATTO, PER UN MONDO DEL LAVORO SOSTENIBILE.
Dal 1893, Swiss Leaders (già ASQ Associazione Svizzera dei Quadri) ha per missione quella di salvaguardare gli interessi dei suoi membri e sostenerli nel loro percorso di carriera professionale.
ll mondo del lavoro sta subendo profondi cambiamenti: flessibilità, digitalizzazione, nuovi modi di prendere decisioni e di operare, crescente diversità e sostenibilità: oggi si tratta di mobilitare tutte le energie, innovare, riunire e far crescere tutte le idee.
Nel segno della tradizione e del continuo cambiamento, per affrontare nuove sfide, Swiss Leaders sostiene e accompagna i leader nel loro sviluppo professionale, dalla formazione continua certificata al sostegno legale a garanzia dei propri diritti.
segretariato@asqticino.ch +41 91 976 02 55
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San Salvatore anche di inverno
La Funicolare San Salvatore riapre per il quarto anno consecutivo anche nei mesi freddi a tutti gi ospiti che vorranno godere il panorama invernale e le specialità della cucina al Ristorante Vetta, fino al 5 marzo, con corse il sabato e la domenica ogni mezzora dalle 10 alle 17, e giornalmente durante le vacanze natalizie, dal 17 dicembre all’8 gennaio e le vacanze di carnevale dal 18 al 26 febbraio 2023.
Diverse le iniziative proposte e indirizzate sia alla popolazione locale sia ai turisti. Durante le festività si potrà godere in vetta di speciali proposte gastronomiche il giorno di Natale, Santo Stefano, per il cenone di San Silvestro o il pranzo di Capodanno, a prezzi
Nuove prospettive per la Bally Foundation
forfettari che variano dai 59 franchi delle feste comandate fino ai 110 franchi a persona per il cenone di fine anno.
Oltre alle proposte fisse vi è la possibilità di effettuare aperture speciali del ristorante per gruppi o ricorrenze aziendali sia a mezzogiorno che la sera e riservare gli spazi congressuali. I gerenti Luca e Brigitte Mogliazzi con la loro professionalità, cordialità e semplicità sono pronti ad accogliere i clienti in vetta.
L’esercizio invernale costituisce una strategia voluta dalla Direzione per destagionalizzare e dare una mano al turismo ticinese anche durante l’inverno.
Per informazioni: www.montesansalvatore.ch
Che l’arte sia una fonte di ispirazione per nuovi orizzonti, è una visione che sin dalla sua creazione 171 anni fa ha accompagnato Bally. Uno spirito che nel 2006 ha dato vita alla Bally Foundation, con cui l’azienda ha intensificato la collaborazione con talenti creativi e visionari al fine di spingere i limiti della ricerca e dell’innovazione al di fuori del campo della moda. Dalla primavera del 2023 potrà farlo negli spazi rinnovati della storica Villa Heleneum di Lugano, dove aprirà uno spazio di 700 mq dedicato all’arte. A guidarla, la nuova Direttrice, la curatrice franco-italiana Vittoria Matarrese (sopra, a destra), che porta la sua esperienza internazionale, con un percorso che è cominciato a Villa Medici di Roma
ed è proseguito al Palais de Tokyo, per 12 anni alla guida della sezione delle arti performative.
Sono previste due mostre all’anno. Inoltre, la Bally Foundation inviterà a prender parte al suo programma culturale artisti ed esploratori singolari, ma anche personalità internazionali - filosofi, scrittori, scienziati, studenti - per pensare all’arte come a un’esperienza e non come a una forma, a immaginare nuove prospettive, a definire un territorio di idee libere, aperto a una scena affermata e a una emergente, e a proporre contenuti diversificati per il programma educativo.
Per informazioni: ballyfoundation.ch
130 · TM Dicembre 2022 Editore Eidos Swiss Media Sagl • Via Lavizzari 4 - 6900 Lugano • info@eidosmedia.ch Redazione Via Lavizzari 4 - 6900 Lugano • Tel. 091 735 70 00 • redazione@eidosmedia.ch Pubblicità Tel. 091 735 70 00 • pubblicita@eidosmedia.ch Abbonamenti Annuo franchi 100.- (9 numeri) • Estero: supplemento postale • Tel. 0041 91 735 70 00 • abbonamenti@eidosmedia.ch www.eidosmedia.ch
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