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Capo redattore
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Redazione di Lugano
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Eleonora Valli evalli@eidosmedia.ch
Hanno collaborato a questo numero
Ettore Accenti, Fabrizio Ammirati, Achille Barni, Luca Henzen, Carlo Hildenbrand, Marc Hofer
Daniele Menotti, Fabio Nicoli, Stelio Pesciallo, Ermenegildo Peverelli, Gianluigi Piazzini
Ivana Sambo, Stefano Santinelli
Progetto e coordinamento grafico
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Chiusura redazionale: 11 novembre 2022
In uno strano tardo autunno, in cui le borse ballano e le sorprese si sprecano, questo numero è stato volutamente, e in larga misura, dedicato a come molti assetti andati nel corso del tempo cristallizzandosi, anche a queste latitudini, e che erano dunque ormai nella natura delle cose, stiano gioco forza mutando. La Piazza finanziaria di Lugano è forse emblematica di questo accelerato cambiamento, imposto dall’evoluzione del quadro normativo di riferimento. Ma non solo.
Se l’industria finanziaria ha trainato lo sviluppo economico della regione in una fase ancora prematura e complessa, ed è stata in grado di gettare le fondamenta di una Piazza che per alcuni anni ha saputo correre, è anche vero siano ormai anni che il vento è profondamente cambiato. Se Ginevra e Zurigo hanno saputo meglio interpretare questo cambiamento, per una serie di fortunate coincidenze, ecco presentarsi una nuova importante occasione anche per il terzo polo di tornare a segnalarsi. Ci riuscirà?
Nel facilitare il cambiamento un aiuto, forse insperato, potrebbe venire dal digitale e dall’intuizione di alcuni operatori del settore che hanno saputo interpretare le mutate esigenze del mercato. Un aiuto però trasversale a molti altri settori, in cui lo sviluppo tecnologico sta comunque dando un importante impulso e sostegno.
Dal più grande, al più piccolo. Se a cambiare sono infatti i massimi sistemi, spesso le vere rivoluzioni nascono anche negli ambiti più reconditi, come può esserlo la ricerca nell’infinitamente piccolo, ad esempio in materia anticorpale, come a Bellinzona hanno colto.
La sfida continua, in vista di un inverno certo complesso, ma allo stesso tempo ricco di molte novità, dopo un quarto di secolo di lunga ma affezionata attesa. Che sia la volta buona?
Dopo anni di attendismo sta infine iniziando un’epica sfida che consegnerà in pochi mesi una nuova Piazza finanziaria ticinese, oltre che svizzera, con attori più grandi e strutturati. Ma quali logiche sono alla base del consolidamento?
16 Ettore Accenti . Quella che si è appena consumata, la Cop27, è stata un’ennesima perdita di tempo?
18 Stelio Pesciallo (in foto). La libertà d’espressione passa anche dai social, che devono rispettarla.
20 Fabrizio Ammirati La sfida previdenziale deve essere intrapresa sin dalla più giovane età, non si sa mai cosa succederà in futuro.
22 Fabio Nicoli. I conti bancari cointestati, in caso di conflitto tra i titolari, possono diventare un vero Vietnam, ma quali sono gli obblighi in capo agli istituti?
24 Carlo Hildenbrand. Il ruolo giocato dai sistemi satellitari nel garantire le telecomunicazioni sta diventando sempre più cruciale. Cos’è lecito attendersi?
42 Immobiliare. Il mercato locale accusa il colpo della profonda incertezza economica sempre più diffusa. La ritirata degli istituzionali coincide con difficoltà per l’edilizia.
44 Immobiliare. In alcune metropoli mondiali i prezzi continuano a levitare, e non accennano a frenare. È il caso delle grandi europee.
Da sinistra, Dario Colombo, Ceo di Colombo Wealth, Alida Carcano, Managing Director di Bg Valeur, Cristina Maderni, Presidente della Federazione ticinese delle associazioni fiduciarie, e Roberto Grassi, Ceo di Fidinam Group.
69 Sfama. I risultati dell’industria svizzera dei fondi.
70 Energia. Le grandi Utilities europee tengono botta e non si piegano agli sconvolgimenti del mercato.
72 Immobiliare. In contesti di sensibile inflazione il ruolo giocato dai titoli dell’immobiliare nello stabilizzare la performance di portafoglio possono ancora fare la differenza. Ma quali?
74 Materie prime (sopra, Morgane Delledonne) È iniziata la corsa al petrolio bianco. La domanda di litio in futuro continuerà a crescere, spinta dalle rinnovabili.
75 Macro. Il sistema finanziario si alimenta di continuo leveraging, ma qualcuno dovrà pur pagare debiti?
76 Digital. Il denaro non esiste più, si è trasformato.
54 Formazione . Sono gli anni dell’informatica, a non mancare sono le applicazioni e l’interdisciplinarietà dei suoi addetti
58 Eventi. È stato da poco assegnato l’Oscar dell’industria orologiera, il Grand Prix d’Horlogerie de Genève, ma chi è stato il vincitore?
60 Eventi Una mostra itinerante porta nel cuore di Zurigo la pantera, l’emblema della Maison Cartier.
62 Analisi. È in Argovia che la grande storia delle fortezze si incontra con l’agroalimentare svizzero.
78 Nuovi mercati. È l’India la nuova Cina per gli investimenti?
80 Digital. La soluzione sta nell’alleanza tra Ia e cybersicurezza.
81 Digital. Perché la pubblicità online sta registrando un brusco stop?
Una politica monetaria più restrittiva, promossa da tutti i principali istituti sta spingendo a uno stallo il settore immobiliare.
Cosa attendersi? A lato, Matthias Holzhey, responsabile Real Estate Cio di Ubs Gwm.
La nuova tendenza nel farmaceutico è lo sviluppo dei nanoanticorpi, tra i molti vantaggi costi nettamente inferiori ai roboanti genitori. A lato, Luca Varani, Group leader dell’Irb e cofondatore di Choose Life Biotech.
Al via un esperimento che potrebbe cambiare gli equilibri del settore bancario, un nuovo modo di far banca per un nuovo tipo di clientela. A lato, Gianmarco Bonaita, Cofondatore di Alpian.
p.
84 Introduzione. Quella del digitale è una lunga e ricca storia, che in poco meno di un secolo ha già visto importanti traguardi.
88 Oims . Il consolidamento della Piazza potrebbe rendere necessarie soluzioni che qualcuno già offre.
92 MdotM. Il No-code è la nuova via: basta codici, ma maneggevolezza.
Nasce come semplice erbetta i cui fiori assomigliano a ditali, ma nel Novecento è evoluto in ben altro.
Il digitale regge oggi le sorti di molti settori, ed è solo l’inizio.
Sono i Re dei pianoforti, dal 1853, gli Steinway&Sons. Sotto, l’Elbphilharmonie di Amburgo.
Sono state le terme la prima vera attrazione turistica svizzera. Le parole d’ordine: ritemprare corpo e spirito. Sotto, Leukerbad.
94 Twint. Sono oltre 200 i milioni di operazioni all’anno, e ben quattro i milioni di utenti solo in Svizzera. È l’inizio di una rivoluzione?
96 Swisscom. Proteggere le informazioni riservate richiede comunque una certa attenzione, anche da parte dell’utente.
99 Eventi A Singapore sono stati delineati gli assetti di una nuova struttura per il sistema finanziario.
112 Enogastronomia. Cucina? Ma non solo, è un’esperienza. Rubriche
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Milano
Bosch e un altro Rinascimento
Il suo linguaggio di visioni oniriche e mond i curiosi, incendi, creature mostruose e figure fantastiche, ha scatenato goni interpretazioni. Ma Jheronimus Bosch (1453-1516) non era ancora stato presentato come emblema di un Rinascimento ‘alternativo’, lontano da quello governato dal mito della classicità. Lo fa Milano, sotto la direzione artistica di Palazzo Reale e Castello Sforzesco, rendendo omaggio al grande genio fiammingo e alla sua fortuna nell’Europa meridionale con un progetto espositivo inedito. Attraverso un lavoro di ricerca durato cinque anni, con la mobilitazione di una rete di cooperazione culturale internazionale, è nata una mostra unica.
Il percorso espositivo presenta un centinaio di opere d’arte tra dipinti, sculture, arazzi, incisioni, bronzetti e volumi antichi, inclusi una trentina di oggetti rari e preziosi. In questo ricchissimo corpus spiccano alcuni dei più celebri capolavori di Bosch e opere derivate da soggetti
del Maestro. Bosch è infatti autore di pochissime opere universalmente attribuitegli. Proprio perché così rare e preziose, difficilmente lasciano i musei cui appartengono, e ancora più raramente si ha la possibilità di vederle riunite in un’unica esposizione. Alcune per la loro fragilità dovranno rientrare nelle loro sedi già prima della fine della mostra, da fine gennaio.
L’esposizione di Palazzo Reale non è una monografica convenzionale, ma mette in dialogo capolavori tradizionalmente attribuiti al Maestro con importanti opere di altri maestri fiamminghi, italiani e spagnoli, in un confronto che ha l’intento di spiegare al visitatore quanto l’‘altro’ Rinascimento - non solo italiano e non solo boschiano - negli anni coevi o immediatamente successivi influenzerà grandi artisti come Tiziano, Raffaello, Gerolamo Savoldo, Dosso Dossi, El Greco e molti altri.
Palazzo Reale
Ma-Do, 10-19.30; Gi, 10-22.30 Fino al 12 marzo 2023
Tra le più famose del suo genere, la collezione di arte moderna classica del Kunstmuseum di Basilea è stata costituita relativamente tardi. Nell’estate del 1939, il Kunstmuseum acquisì 21 importanti opere d’arte moderna tedesca e francese, che segnarono l’inizio della sua apertura alla contemporaneità. Etichettate come arte ‘degenerata’ dalla politica culturale nazionalsocialista, erano state sequestrate dai musei tedeschi nel 1937. In particolare, il nuovo direttore del museo basilese, Georg Schmidt, partecipò alla celebre asta del 30 giugno 1939 presso la Galleria Theodor Fischer di Lucerna. Una vicenda su cui ora il Kunstmuseum riflette, con una mostra che mette in luce vari aspetti di questo particolare momento della sto-
Due opere di “entartete Kunst”: a destra, Paul Cézanne, La Montagne Sainte-Victoire, 1897, olio su tessuto, 73 x 91,5 cm, Kunstmuseum Bern, Legs Cornelius Gurlitt 2014. Sotto, Felix Nussbaum, La piazza della Follia, 1931, olio su tela, 97 x 195,5 cm.
ria della collezione basilese, unendo la storia della salvaguardia delle opere come la si è voluta raccontare a uno sguardo più attento al dibattito sociale che riguarda questa transazione commerciale con un regime dittatoriale. Il Kunstmuseum di Basilea l’istituzione che ha raccolto direttamente il numero più elevato di opere d’arte provenienti dall’ex patrimonio museale tedesco
Le acquisizioni del 1939 sono presentate nel loro contesto storico insieme ad altre importanti opere dell’Espressionismo tedesco di musei e collezioni private internazionali. Inoltre, una parte importante della mostra è dedicata alle opere legate alle acquisizioni di Basilea oggi considerate distrutte o scomparse.
Kunstmuseum Basel
Ma-Do, 10-18; Me, 10-20 Fino al 2 febbraio 2023
Berna
Gurlitt. Un bilancio
Anche Berna riflette sulla provenienza delle opere delle sue collezioni, in particolare del discusso lascito Gurlitt. Da quando, alla sua morte nel novembre
2014, ne ha accettato l’eredità, è stato ampiamente documentato e studiato, e le valutazioni e le decisioni più importanti sono state accuratamente comprovate compiendo molti passi. Dal dicembre 2021, l’intero patrimonio Gurlitt è completamente accessibile al pubblico attraverso un database.
La mostra in programma fino al prossimo 15 gennaio stila un bilancio, offrendo una visione sulle questioni etiche e politico-legali che la storia della spoliazione dell’arte nazionalsocialista solleva
oggi. Che cosa comporta la ricerca sulla provenienza? Dove i suoi limiti? Quali sono le sfide nell’utilizzo dei risultati della ricerca? Qual è la responsabilità del Kunstmuseum Bern e come è stata assolta? Le opere esposte sono considerate nella loro forma materiale di oggetti confiscati e venduti, ma anche per le loro qualità estetiche di oggetti da collezione, ricollocate nel loro contesto storico.
Kunstmuseum Bern
Me-Do, 10-17; Ma, 10-21
Fino al 15 gennaio 2023
Locarno
Allam Fakhour e l’arte sotto sequestro
Il M useo Casa Rusca di Locarno rinnova l’impegno a studiare e capire i tanti drammatici risvolti della migrazione, della fuga, dell’esilio. Lo fa presentando Allam Fakhour, quarantacinquenne siriano da pochi anni residente in Svizzera, nel Canton Glarona. dove è approdato dopo una travagliata esistenza. Ancora bambino, assiste a bombardamenti, torture e massacri, poi con l’età adulta e la successiva laurea in scultura all’Accademia di Belle Arti di Damasco, matura una consapevolezza e un conseguente impegno politico. L’arte diventa così metafora del suo percorso umano, coltivata anche e nonostante l’esperienza traumatica di cinque anni di carcere. Con l’arrivo in Occidente inizia una riflessione più consapevole: gli intramontabili temi della migrazione, della fuga, dell’esilio si intrecciano al suo percorso umano e professionale, fatto di un realismo-espressionismo che dà vita a ‘volti’ su cui emergono tristezza e dolore, solitudine e smarrimento, paura e attesa.
Museo Casa Rusca
Ma-Ve, 10-12 / 14-17; Sa-Do, 10-17
Fino al 26 febbraio 2023
Marc Chagall
Una storia d’amore
Cuore dell’esposizione autunnale della Fondazione Gabriele e Anna Braglia sono le 42 coloratissime illustrazioni che Chagall realizzò per Dafni e Cloe, il romanzo pastorale scritto dal greco Longo Sofista tra la fine del II e la prima metà del III secolo, narrando della giovane coppia di pastori che scopre l’amore sull’isola di Lesbo. È considerato il punto più alto della sua produzione grafica e rientra fra i più bei cicli grafici del Novecento. L’artista lavorò quasi quattro anni per realizzare le litografie, sperimentando fino a 25 colori prima di ritenersi soddisfatto della luminosità e vivacità dei soggetti, che fece stampare nel 1960.
In quell’anno scriveva: “Fin dalla mia prima giovinezza, da quando ho iniziato a usare la matita, ho cercato quel qualcosa che potesse diffondersi come un grande flusso verso lidi sconosciuti e seducenti. Quando tenevo in mano una pietra litografica o una lastra di rame pensavo di toccare un talismano. Mi sembrava di poterci mettere dentro tutte le mie gioie e i miei dolori”. La litografia ha rappre-
sentato un mezzo espressivo autonomo che gli ha permesso di diffondere a un pubblico più ampio quel messaggio legato alla vita che lui instillava nei suoi dipinti. L’esposizione presenta, intercalate al ciclo dedicato a Dafni e Cloe, venticinque “altre opere” (dipinti, acquerelli e disegni) che Chagall ha realizzato fra il 1926 e il 1979, in cui compone tutto il suo universo: coppie di innamorati, musicisti, mondo circense e rappresentazioni bibliche, dalle quali traspare appunto il forte legame con il suo schtetl (piccolo villaggio ebraico) nelle vicinanze di Vitebsk, e il suo ambiente culturale.
Quattro delle opere in mostra in cui è centrale il tema dell’amore, del paesaggio e del viaggio provengono dalla collezione di Gabriele e Anna Braglia, di cui la gouache Le traineau au clair de lune del 1959 è una acquisizione recente. A queste sono affiancate una ventina di opere da collezioni private svizzere ed europee, che rappresentano un importante arricchimento al progetto luganese
Fondazione Gabriele e Anna Braglia Gi-Sa, 10-12.45 / 14-18.30
Fino al 18 dicembre e, a seguire, dal 16 marzo al 15 luglio 2023
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Si è da poco tenuta la Cop27, all’ordine del giorno i soliti programmi e molte vane promesse: tornare agli accordi di Parigi, distribuire risorse agli Emergenti, e molte pie speranze.
Variazione della temperatura globale
Evoluzione attesa (in Celsius) per scenari di emissioni di Co2
La Germania è stato il primo Paese a ospitare la Conferenza delle Parti, un anno dopo l’entrata in vigore degli accordi raggiunti alla Convenzione di Rio. Gli Stati partecipanti sono passati da 118 agli attuali 197.
2022 Sharm El-Sheikh
2021 Glasgow - 2019 Madrid
2018 Katowice - 2017 Bonn
2016 Marrakech - 2015 Parigi
2014 Lima - 2013 Varsavia
2012 Doha - 2011 Durban
2010 Cancun - 2009 Copenhagen
2008 Poznan - 2007 Bali
2006 Nairobi - 2005 Montreal
2004 Buenos Aires - 2003 Milano
2002 New Delhi - 2001 Marrakech
2001 Bonn - 2000 L’Aia-1999 Bonn
1998 Buenos Aires - 1997 Kyoto
1996 Ginevra - 1995 Berlino
ASharm el-Sheikh è in corso la ventisettesima “Conference of the Parties” (Cop27), il cui nodo centrale consiste nel riavviare e completare l’accordo stipulato nella Cop21 di Parigi nel 2015, e mai rispettato, sui compensi che le nazioni ricche devono fornire alle nazioni povere per indurle a non utilizzare energie fossili.
È la 27sima volta che ci riunisce con l’obiettivo dichiarato di ridurre le dannose emissioni di anidride carbonica dovute allo sfrenato consumo di carbone, petrolio e gas. Da oltre un secolo l’umanità sfrutta questo immenso patrimonio che la natura ha sotterrato in centinaia di milioni di anni e che si sta facendo di tutto per bruciare in un secolo e mezzo.
Si dovrebbe considerare che quel tesoro vada lasciato, almeno in parte, anche alle prossime generazioni per essere utilizzato non tanto per essere bruciato, ma per quella miriade di impieghi che gli uomini ne fanno: farmaceutici, materie plastiche, bitume...
Ettore Accenti, esperto di tecnologia. Blog: http://bit.ly/1qZ9SeK
Scenari del previsto aumento delle temperature nei prossimi anni.
Per riequilibrare la situazione, chiaramente ingiusta, nella Cop21 di Parigi si era deciso di tassare i Paesi ricchi per offrire a quelli poveri 100 miliardi di dollari all’anno per indurli a non utilizzare energie fossili in favore delle più costose energie pulite, cifra totalmente inadeguata, e che proprio tutti i Paesi ricchi si sono ben guardati dal rispettare.
Contemporaneamente, sempre a Parigi, ci si accordò per un obiettivo ben preciso atto a contenere il riscaldamento medio dell’atmosfera a non più di 1,5°C dall’inizio dell’era industriale e dettagliandone le modalità fino all’anno 2100. Anche in questo caso, a parte le parole, ben pochi Paesi si sono adeguati alle promesse e l’aumento dei gas serra è tranquillamente proseguito con lo stesso ritmo di prima come attestano regolarmente tutte le misurazioni.
A Sharm el-Sheikh sarà già tanto se si riuscirà a ripristinare le promesse di Parigi e le modeste promesse della Cop26 di Glasgow del 2021: c’è veramente da dubitarne e molto, e non si può fare a meno di osservare che anche ripristinando quanto promesso ai Paesi poveri la cosa risulterà totalmente inefficace.
Infatti, qualcuno può pensare davvero che distribuendo 25 dollari all’anno ai 4 miliardi di individui che oggi consumano mille chilowattora annui contro i 35mila dell’altro mondo, questi non utilizzerebbero le energie usate dai Paesi occidentali per oltre un secolo?!
L’Egitto è stata la sede della 27esima Cop, ricca di tante promesse. Sotto, il comportamento termico dell’atmosfera negli ultimi 2mila anni come risulta dall’analisi delle carote di ghiaccio della Groenlandia e del Polo Sud.
Ancor più assurda è poi l’epica e fantasiosa saga di come convertire il mondo ricco verso la fine dell’impiego di energie fossili. Se ne inventa una al giorno: auto elettriche, idrogeno, eolico, solare, celle a combustibile, batterie stratosferiche e chi più ne ha più ne metta.
Ne ho trattato in diversi articoli proprio in queste pagine esponendo la gigantesca e bistrattata problematica dell’energia alla prova dei conti, cioè illustrando quello che si potrà fare in futuro e quello che non si può fare oggi.
Se si vuole, come gli economisti prevedono, che il Pil mondiale più che raddoppi per l’anno 2050 e quindi con esso il consumo di energia, si arriverebbe a circa 400mila terawattora di energia totale (energia primaria) da consumarsi contro gli attuali 170mila! È facile fare quattro conti e constatare che non sarà mai possibile coprire quel fabbisogno anche moltiplicando per dieci in valore assoluto quel 5% che oggi utilizziamo delle energie rinnovabili.
Anche con le tecnologie del nucleare di IV generazione non potremmo mai costruire abbastanza centrali in un tempo compatibile con gli obiettivi dell’aumento di 1,5 °C. Le energie futuristiche della fusione nucleare e della geotermia di profondità, se andrà bene, salveranno capra e cavoli nel prossimo secolo quando, comunque vada, delle energie fossili si dovrà farne a meno perché esaurite!
Naturalmente qualche ben pensante potrebbe porsi la domanda se non fosse possibile ridurre da subito i consumi individuali, tornare ai tempi passati, eliminare molte cose superflue, in una parola pianificare una riduzione del Pil mondiale. Opzione più fantascientifica che la ricerca di un esopianeta su cui andare a vivere: quanto durerebbe un Governo che pianificasse una riduzione volontaria del benessere medio dei propri cittadini?
Quindi è bene mettersi sin da subito il cuore in pace, del Co2 in atmosfera ce ne sarà sempre di più e, la speranza è non molto di più, dagli attuali 420 ppm ai 500
ppm nell’anno 2100. È forse opportuno calcolare di quanto si alzeranno i mari con quella quantità di gas serra, forse da uno a due metri, e prepararsi ad aiutare tutti gli abitanti che così si troveranno a mal partito, compresi quelli colpiti da gravi intemperie.
Nel frattempo è bene fare del proprio meglio per ridurre l’utilizzo di energie fossili compatibilmente con l’aumento di
un benessere medio accettabile per tutti e compatibile con il progresso tecnologico che, con un minimo di intelligenza, potrebbe riservare qualche imprevista sorpresa, accantonando l’illusione che si possa frenare lo sviluppo e l’aspirazione di miliardi di persone di acquisire un benessere almeno pari a un terzo delle popolazioni occidentali senza essere costretti a lasciare la propria terra.
Anche le piattaforme social sono chiamate ad attenersi al rispetto della libertà di opinione nella misura in cui si sono simbioticamente legate allo Stato.
L’acquisto della piattaforma online di scambio di messaggi che porta il nome di Twitter da parte di Elon Musk, ritenuto essere l’uomo più ricco del pianeta, ha aperto il discorso sulla libertà, l’accesso e l’impiego di questi importanti mezzi di comunicazione, dei quali il più comune alle nostre latitudini è Facebook, gestito dalla società Meta di proprietà dell’altro miliardario americano, Mark Zuckerberg.
Discorso sulla libertà all’accesso e all’impiego di questi mezzi di comunicazione che era diventato di attualità durante il periodo Covid quando interventi contrari alla politica restrittiva instaurata in pressoché tutti i Paesi del mondo venivano cancellati perché ritenuti ‘disinformativi’. Questa politica di oscuramento veniva e viene ancora attualmente perseguita nei confronti di interventi considerati non conformi all’opinione imperante e politically correct in materia di clima oppure del conflitto russo-ucraino, oppure nella persona dell’ex presidente americano Trump.
Queste limitazioni hanno fatto sorgere e fanno sorgere interrogativi sull’ammissibilità giuridica di limitazioni all’accesso e all’impiego di piattaforme giuridiche di diritto privato. Ma lo stesso discorso potrebbe valere anche per il divieto di diffusione emanato dalle autorità dell’Unione europea nei confronti del mezzo televisivo russo “Russia Today”.
Musk, acquistando Twitter, ha pubblicamente dichiarato che “l’uccello è stato liberato”. A parte la débâcle iniziale sull’autentificazione degli account ufficiali, con la spunta blu a pagamento subito sospesa per il proliferare di profili fake, rimane chiaro l’obiettivo enunciato di aprire a tutti, senza discriminazioni di-
pendenti da differenti modi di pensare, ritenuto comunque che rimarranno esclusi interventi urtanti o incitanti alla violenza.
Questa declamazione di Musk è stata recepita a modo suo dal Commissario europeo in materia di comunicazione che aveva ritwittato che “in Europa l’uccello dovrà volare adeguandosi alle nostre leggi”. Con questa battuta il burocrate europeo intendeva riferirsi alla Legge sui servizi digitali che entrerà in vigore presumibilmente nel 2023, normativizzando su tutto il territorio Ue la cosiddetta “moderazione”, vale a dire la limitazione o l’esclusione non solo nei social media, ma anche nei motori di ricerca come Google, di contenuti ritenuti ‘disinformativi’ o ‘incitanti all’odio’. Questa legislazione nelle intenzioni del legislatore europeo è volta a limitare la libertà di espressione imponendo ai cittadini quello che può o non può essere detto sulla base di quello l’autorità avrà deciso essere lecito o no. Una volta in vigore non potrà non avere riflessi anche nel nostro Paese, anche se non dovesse essere recepita nelle nostre leggi, e ciò in forza degli strumenti che intende sottoporre al suo controllo che hanno diffusione anche in Svizzera.
Al di là di queste preoccupanti evoluzioni, o , meglio detto, involuzioni del sistema legale europeo che intende mettere il bavaglio alla bocca dei suoi cittadini, c’è da chiedersi se possa essere legalmente ammissibile la decisione apparentemente autonoma delle grandi piattaforme social di escludere dalle stesse determinati contributi non in linea con un’opinione ritenuta non ‘politicamente corretta’.
Su questo tema , molto più attuale negli Stati Uniti che da noi, si è espresso Andrew P. Napolitano, già giudice della Corte superiore dello Stato del New
Jersey, esaminando la questione alla luce del First Amendment della Costituzione americana che riconosce il diritto alla libertà di espressione e fa divieto agli organi statali di restringerla o sopprimerla. Trattandosi però di piattaforme non di proprietà dello Stato il principio parrebbe non essere applicabile. Questo assunto non è però ammissibile in assoluto, e non è ammissibile nella misura in cui il rapporto tra piattaforme social da un lato e Stato dall’altro diventi ‘simbiotico’, vale a dire riposi su un accordo o intesa anche tacita o informale al fine di negare la libertà di espressione all’utente della piattaforma social. Ed è quello che è avvenuto in più occasioni negli Stati Uniti.
L’ultimo esempio citato da Napolitano è uno scambio di mail tra funzionari di un’agenzia statale e i vecchi dirigenti di Twitter, messi alla porta ora da Musk, volti a oscurare sulla piattaforma interventi ritenuti disinformativi e a escludere i loro autori. Le corti americane hanno sentenziato che se rappresentanti dello Stato si sono accordati, o anche solo alleati o i intesi con rappresentanti delle piattaforme social al fine di oscurare o persino escludere dalle stesse i loro autori allora i principi contenuti nel primo emendamento della Costituzione americana trovano applicazione anche contro i gestori delle piattaforme social.
Analoga applicazione dovrebbe trovare anche in Svizzera il principio costituzionalmente riconosciuto della libertà di espressione rispetto all’uso invalso di escludere contenuti non graditi e opinioni scomode, non politicamente allineate.
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Non è mai troppo presto per preoccuparsi del proprio benessere in età avanzata, all’uscita dal mondo del lavoro. Sono molte le variabili in gioco, e bisogna saperle interpretare.
Ho una figlia di venticinque anni che, terminati gli studi, è entrata nel mondo del lavoro. Oggi l’accompagno a sottoscrivere il contratto di un’assicurazione 3a, il cosiddetto terzo pilastro
Non credo che senza il mio stimolo prenderebbe tempo per occuparsene. È difficile immaginare l’età del pensionamento e preoccuparsi delle risorse che saranno necessarie per garantire il benessere desiderato. In fondo il dilemma tra risparmio e consumo è sempre lo stesso dai tempi di Lorenzo il Magnifico, che nei suoi versi più celebri, evidentemente, si preoccupava di più della felicità a breve, piuttosto che della tranquillità futura.
I tempi sono un cambiati, del domani continua a non esserci certezza, ma proprio perché non c’è è forse meglio, con una speranza di vita che sfiora i novant’anni, preoccuparsene. Non conta solo la data di entrata nel mondo del lavoro e del primo versamento all’Avs o al secondo pilastro o addirittura al terzo. Il montante terminale all’uscita dipende fortemente dal percorso professionale, da eventuali periodi di inattività e dai risparmi.
Quindi la serenità pensionistica dipende da una strategia di lungo periodo che si sviluppa nel tempo, di cui a volte ci si rende conto troppo tardi e che è oltretutto caratterizzata da molte variabili. L’Avs. È fresca la riforma che ha catalizzato l’attenzione soprattutto per la data di pensionamento delle donne. In realtà permette maggior flessibilità in uscita e questa misura non è stata sufficientemente pubblicizzata. Dopo l’entrata in vigore, ci sarà infatti la possibilità di percepire la pensione tra i 63 e i 70 anni. Inoltre, ci saranno nuove possibilità di ricevere solo una parte dell’Avs: tra il 20 e l’80%.
Il resto potrà essere rimandato.
Ulteriori dettagli saranno probabilmente regolati nella relativa ordinanza, come ad esempio, la transizione graduale verso il pensionamento. Tali cambiamenti sono però fondamentali perché permettono di pianificare in maniera personalizzata l’uscita. Chi desidera percepire l’Avs prima può farlo, o può ridurre il tasso di occupazione per poi lavorare oltre il fatidico compimento dei 65 anni.
Il II pilastro. I parametri che definiscono la pensione complementare sono variabili e definiti dalle leggi negli aspetti obbligatori, mentre quelli sovraobbligatori sono definiti dalle fondazioni di previdenza. Il tasso di conversione del 6,8%, applicato alla somma dei contributi accumulati e relativi alla quota di salario definita per legge, è destinato a scendere. Il quoziente sovraobbligatorio, applicato alla quota di salario oltre il limite di legge, è già sceso.
Ma l’assegno pensionistico non è solo il risultato di una mera moltiplicazione tra tasso di conversione e averi previdenziali al momento del pensionamento. Va costruito negli anni, discutendo con il datore dei piani previdenziali offerti dall’azienda, spronando il management a considerare la Cassa pensione come il più importante benefit aziendale, scegliendo per quanto possibile il tasso di contribuzione più elevato ed effettuando riscatti se si dispone di risparmio libero non utilizzato. Tutto ciò consente di massimizzare il valore degli averi al momento del pensionamento e dunque l’assegno o il capitale pagato per chi predilige una soluzione in autonomia.
Giova ricordare che contributi alla Cassa e riscatti sono dedotti dall’imponibile, pertanto contribuiscono a una delle poche vie a disposizione del lavoratore dipendente per l’ottimizzazione fiscale.
Il III pilastro. È la modalità più individuale e personalizzabile e necessita probabilmente di maggiore consulenza. Infatti mia figlia, a venticinque anni, con una formazione in biologia, ha le capacità per comprendere ma forse non tutti gli strumenti per una decisione, senza l’assistenza di una persona esperta che possa consigliarla nelle scelte e che sappia spiegare le conseguenze. Si troverà confrontata, per la prima volta, con soluzioni di terzo pilastro assicurative, che offrono la combinazione di risparmio e assicurazione e soluzioni bancarie che si concentrano sul puro investimento dei contributi versati. Sarà probabilmente sottoposta a una profilatura, per cui dovrà rispondere a domande relative alla sua capacità e propensione al rischio, alla sua comprensione dei mercati finanziari, al suo orizzonte temporale e alle sue prospettive salariali, per determinare una soluzione di investimento quanto più aderente al suo profilo. La soluzione, espressa solitamente in percentuale di investimento in azioni e obbligazioni, determinerà circa l’80% del risultato conseguito al pensionamento. E non si tratta di poco. Ipotizzando una vita lavorativa di 40 anni e contributi in media di 6mila franchi all’anno, sta prendendo decisioni in merito all’investimento di una somma di risparmio nominale pari a 240mila franchi, che con un tasso di rendimento medio annuo anche minimo, supera i 300mila. Quindi oggi si pongono le basi per un piccolo capitale, che a sessantacinque anni può potenzialmente fare la differenza. Vale la pena prendersi un paio di ore per pensarci seriamente?
Depositare averi comuni su un conto bancario congiunto è una soluzione frequente, che risponde a una serie di vantaggi pratici ed economici. Questo succede di regola nei rapporti famigliari: il reddito e il patrimonio di coniugi o dei membri di una comunione ereditaria vengono gestiti mediante un conto comune, dove in genere la proprietà è paritaria tra i contitolari e viene loro conferito diritto di disporre singolarmente.
Il diritto di firma individuale, se da un lato permette di gestire il conto in maniera più semplice evitando la necessità di dover raccogliere il formale consenso degli altri contitolari per ogni ordine impartito alla banca, dall’altro implica un rischio evidente nel caso di divergenze tra gli aventi diritto.
La banca è infatti tenuta a dar seguito a un ordine proveniente da una persona al beneficio di un diritto di firma individuale, senza (di regola) verificare se questa disposizione sia condivisa o osteggiata dagli altri titolari del conto. Una soluzione diversa renderebbe troppo macchinosa la gestione dei rapporti con la banca e svuoterebbe di ogni senso la procura individuale. Ma che succede se la banca ricevesse dai contitolari del conto due ordini tra loro incompatibili? Lo spiega un caso recentemente al vaglio del Tribunale federale (Dtf 148 III 115).
Un padre e un figlio detenevano una relazione cointestata, di cui risultavano beneficiari effettivi in parti uguali e sulla quale disponevano di un potere di firma individuale, senza alcuna restrizione. Potevano pertanto gestire, prelevare o trasferire tutti gli ingenti attivi di quella relazione (di circa 22 milioni di euro) senza limiti. Forte di questo potere di
disporre, una mattina il padre diede alla banca l’istruzione di trasferire immediatamente 18 milioni di euro su un conto presso un’altra banca di cui era titolare con sua moglie. Il consulente responsabile della relazione contattò il figlio per informarlo dell’ordine del padre. La banca non eseguì immediatamente l’ordine, visto che i fondi disponibili sul conto non erano sufficienti, dovendo prima essere liquidati dei depositi fiduciari. Ciò permise al figlio di inviare via fax alla banca, nel primo pomeriggio di quello stesso giorno, un ordine di trasferimento di tutti gli averi disponibili dal conto cointestato su un conto di cui era il solo titolare. A fronte di due ordini di trasferimento contraddittori e incompatibili, la banca non ne eseguì alcuno, limitandosi a comunicare che in assenza di un’istruzione comune, chiara e sottoscritta da entrambi i contitolari non avrebbe eseguito alcun bonifico.
Figlio e padre contestarono entrambi la passività della banca: il primo presentando un’azione civile che chiedeva la condanna dell’istituto bancario al pagamento del suo ordine di trasferimento sotto minaccia della sanzione penale prevista all’art. 292 del Codice penale; il secondo, ma solo qualche settimana più tardi, facendo spiccare sempre nei confronti della banca un precetto esecutivo che intimava il pagamento dei 18 milioni di euro a suo tempo richiesti.
Se la prima istanza giudiziaria diede ragione al padre, la Corte di appello tutelò la posizione del figlio, a dimostrazione che la soluzione giuridica del contenzioso era tutt’altro che scontata. Ci ha quindi pensato l’Alta Corte federale a stabilire chi avesse ragione, ovvero chi avesse un diritto prioritario a ricevere l’importo richiesto, nella fattispecie il figlio.
Va qui anzitutto precisato che un conto bancario congiunto secondo il diritto svizzero costituisce un caso di applicazione della cosiddetta solidarietà attiva, nel senso che ogni contitolare-creditore può reclamare, senza il concorso degli altri, la totalità delle prestazioni e la banca-debitrice è validamente liberata verso tutti i creditori fornendo a uno solo di essi l’intera prestazione, a prescindere dai rapporti giuridici interni tra i contitolari. Ma in caso di ordini contemporanei e contraddittori da parte di persone legittimate come comportarsi?
Ebbene, salvo diverse disposizioni contenute nel contratto con la banca, quest’ultima può validamente liberarsi dando seguito all’uno o all’altro ordine. Questa sua libera scelta è però limitata sintanto che uno dei creditori solidali non abbia “giudizialmente convenuto” la banca, dove per questa azione in giudizio basta l’avvio di una procedura esecutiva, come quella promossa nel caso presentato dal padre. Posto però che il figlio aveva già a quel momento avviato un’azione giudiziaria, questi ha acquisito la priorità e la banca da quel momento non avrebbe potuto che dar seguito al suo ordine, come il Tribunale federale le ha alla fine imposto di fare, e non a quello del genitore.
È opportuno pertanto valutare bene i rischi di un conto congiunto e considerare che, nel caso di contenzioso e di disposizioni contraddittorie, meglio alloggia chi per primo arriva ad agire in via esecutiva o giudiziaria, non chi per primo ha inoltrato l’ordine alla banca.
I conti cointestati spesso diventano un campo di battaglia quando tra i titolari nascono conflitti. Quali i doveri della banca in caso di ordini tra loro incompatibili?Fabio Nicoli, avvocato e notaio, partner studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini, Lugano e Bellinzona.
La connessione a internet via satellite include un terminale utente per ricevere e inviare i dati, un gateway presso un nodo internet e, in mezzo, un satellite. Si parla molto, ultimamente, di ‘Leo’…
Posizionati a diverse altezze in corrispondenza della Terra, i satelliti seguono l’orbita geostazionaria terrestre (Geo), o la terrestre media (Meo) oppure la terrestre bassa (Leo). Per i satelliti stazionari Geo, che si trovano a 35’786 km sopra la Terra, il periodo orbitale terrestre è di ventiquattro ore. In sostanza, restano ‘fermi’ sopra un certo punto dell’equatore, in grado così di servire costantemente un’area molto ampia (essendo molto lontani dalla Terra). Tuttavia, la grande distanza comporta anche un ritardo significativo del segnale (600 ms) e una grande attenuazione del segnale. Al contrario, i satelliti Leo (Low Earth Orbit) sono molto vicini alla Terra (<2.000 km). In questo modo la latenza (>10 ms) e l’attenuazione del segnale sono decisamente ridotte, consentendo maggiore velocità di trasmissione dei dati. Avendo un più breve periodo orbitale (<128 minuti), questo tipo di satellite, può servire un’area della Terra solo per un periodo limitato. Di conseguenza, per servire costantemente un’area, occorrono molti satelliti, che orbitano intorno alla Terra uno dopo l’altro. I satelliti Meo si collocano a tutti gli effetti tra i satelliti Geo e Leo.
Mentre i satelliti per le comunicazioni sono da tempo standard in Geo e Meo (ad esempio i satelliti TV e ViaSat), fino a poco tempo fa non esisteva una rete internet a banda larga Leo di successo. Con l’avanzamento della tecnologia e la riduzione dei costi di messa in orbita dei satelliti, negli ultimi anni sono nati diversi progetti; nelle ultime settimane, poi, diversi annunci importanti si riferiscono all’uso dei satelliti Leo. Il primo riguarda una partnership tra T-Mobile Us e Starklink per l’utilizzo proprio dei Leo con
gli smartphone esistenti; inoltre, è stata lanciata una funzione sms di emergenza basata su satellite nei nuovi iPhone di Apple. Sono infine seguiti altri annunci da parte di Ast Space Mobile (satellite di prova Leo con un’enorme impronta) e Starlink (servizio satellitare per aerei). Come leggere questi annunci?
Quali fattori influenzano le prestazioni delle comunicazioni wireless? Il primo è la distanza tra trasmettitore e ricevitore. Da un lato, l’intensità del segnale ricevuto diminuisce con la distanza, con effetti sulla velocità di trasmissione dati raggiungibile. D’altra parte, il segnale viaggia più a lungo per distanze maggiori, quindi la latenza aumenta. L’elevata attenuazione può essere compensata da una maggiore potenza di trasmissione e da antenne con una forte caratteristica direzionale. Sono antenne che irradiano gran parte della loro potenza in una certa direzione o che sono particolarmente sensibili quando ricevono da questa direzione. La caratteristica direzionale può essere ottenuta in vari modi, ad esempio con antenne paraboliche (‘parabole’) o array di fase (array di più antenne). In entrambi i casi, la direttività aumenta con l’aumentare dell’area delle antenne. Sulle prestazioni influiscono anche altri fattori.
Sebbene i satelliti Leo siano molto più vicini alla terra rispetto ai satelliti Geo, l’attenuazione del segnale è comunque molto elevata rispetto a una connessione radio mobile sulla terra. Per raggiungere velocità di trasmissione elevate, si utilizzano maggiori potenze di trasmissione e antenne molto più grandi con caratteristiche direzionali elevate. Con Starlink, ad esempio, sono stati raggiunti dati di prestazioni rispettabili con un terminale utente che ha le dimensioni di un cartone
della pizza e assorbe circa 100 W di potenza. Poiché i satelliti Leo non si trovano in un punto specifico sopra la Terra, i terminali utente possono regolare la loro direzione di radiazione e quindi seguire i satelliti o passare al satellite successivo. Ciò presuppone una visibilità del cielo il più possibile chiara in tutte le direzioni, onde evitare una drastica diminuzione o l’interruzione della connessione.
Le velocità di trasmissione dati raggiungibili per i singoli clienti sono molto soddisfacenti, mentre la capacità complessiva del sistema, ovvero il numero di clienti che possono essere serviti contemporaneamente e in una determinata area con queste prestazioni, è fortemente limitata. Le prestazioni per i singoli clienti e la capacità totale per area continueranno a migliorare con un numero crescente di satelliti e con satelliti e terminali utente di ultima tecnologia, ma non si avvicineranno alle prestazioni delle reti convenzionali (ad esempio la nostra rete telefonica o la nostra rete mobile). Dopo aver lanciato i primi prodotti per il mercato consumer wireline con terminali utente relativamente grandi e ad alto consumo energetico, i provider satellitari stanno entrando sempre più nel mercato della telefonia mobile. Con gli smartphone, tuttavia, sia le dimensioni dell’antenna che la potenza di trasmissione sono limitate. Ciò significa che le prestazioni sono limitate oppure che la potenza ridotta dei telefoni cellulari deve essere compensata con antenne gigantesche sui satelliti. Come nel caso della linea telefonica, le prestazioni dipendono dalle condizioni
atmosferiche, sono difficili o impossibili in ambienti chiusi e la capacità complessiva del sistema è ridotta. Due le possibilità nel settore della telefonia mobile: nel primo caso, i telefoni cellulari vengono serviti direttamente con il segnale mobile attraverso i satelliti; ciò significa che i satelliti sono integrati nella rete radio mobile, per così dire, e i telefoni cellulari non devono essere adattati. A tal fine, si utilizzano gli spettri dei gestori di telefonia mobile, per cui è necessaria una collaborazione. Questo è giusto il caso della partnership annunciata da Starlink con T-Mobile Usa. Gli smartphone esistenti si connetterebbero direttamente ai satelliti e verrebbe utilizzato lo spettro di T-Mobile. La versione beta del servizio sarà lanciata negli Stati Uniti non prima del 2023. Per
za di banda è condivisa da tutti gli utenti della cella. L’attenzione è quindi rivolta ai messaggi di testo, mentre altri servizi come le chiamate vocali arriveranno in seguito. Parrebbe che l’annuncio della partnership sia stato fatto il prima possibile per anticipare l’annuncio di Apple. Il satellite di prova di Ast Space Mobile, lanciato nello spazio a settembre, dovrebbe funzionare secondo un principio simile. Grazie a un’area molto ampia (64 m2), dovrebbero ottenersi le stesse prestazioni delle reti Lte esistenti con gli smartphone attuali. Ast Space Mobile punta a stringere partnership con il maggior numero possibile di operatori di telefonia mobile. Tutto questo a proposito della prima possibilità in ambito di telefonia mobile, mentre la seconda possibilità si riferisce ai telefoni
Globalstar, un fornitore di satelliti Leo. Che cosa significa questo per Swisscom? Il tema dei satelliti Leo è interessante. Le attività annunciate circa l’uso di satelliti per la telefonia mobile non rappresentano ad oggi una minaccia per la nostra rete mobile. Le prestazioni delle soluzioni sono basse e i servizi saranno testati solo negli Usa a partire dal 2023. Tuttavia, si raccomanda un ulteriore monitoraggio delle reti satellitari Leo: con gli sviluppi tecnologici ci sarà un miglioramento significativo delle prestazioni nel lungo termine. I miglioramenti apportati ai satelliti (raggi più stretti, aree di antenna più grandi, ...) e alle bande di frequenza, così come il numero totale di satelliti, aumenteranno la capacità complessiva del sistema. È importante seguire anche gli sviluppi della
La forte pressione sui margini, derivante dall’esplosione dei costi di legal e compliance, promossa dalle autorità di sorveglianza ha dato il la a un processo che entro un biennio darà alla luce una nuova Piazza finanziaria svizzera liberando le risorse necessarie per tornare a correre a livello internazionale. Ma cosa si prospetta per il più eterogeneo dei tre hub, Lugano?
Tristemente noto quale annus horribilis il 476 d.C. può vantare ancora oggi una particolarmente sinistra fama, pur a distanza di oltre quindici secoli. Certo, al pari di qualunque data è semplicemente un simbolo, la caduta di Roma, e dunque dell’Impero d’Occidente, non è un qualcosa di del tutto inaspettato, anzi, largamente atteso. Ed è forse in questo la nota più dolente. La destituzione da parte dell’unno Odoacre dell’ultimo imperatore, per ironia della sorte con lo stesso nome del fondatore dell’Urbe, Romolo Augusto, sembra essere un segno del destino. Ma cosa aveva portato a tanto? Cos’era successo per porre la parola fine a una storia iniziata ben 1229 anni prima?
Oggetto di un acceso dibattito che prosegue dal VI secolo, è lo storico Marcellino Illirico il primo a individuarne nel
476 la data, le cause sollevate sono delle più disparate, ma probabilmente uno dei dati più emblematici è semplicemente la demografia: se nel I secolo, ai tempi di Cesare e Augusto, la sola città di Roma poteva contare su oltre 1 milione di operosi abitanti, seppur certo non tutti romani, all’epoca di Romolo, con un salto carpiato di ritorno alle origini, a esserne rimasti erano poco più di 20mila, come per altro lo erano ancora, curiosamente, agli inizi del Rinascimento. Un vero e proprio abisso se si guarda al II secolo, l’Impero vantava un’estensione di quasi 4 milioni di Km quadrati, e oltre 130 milioni di abitanti, stando a cifre prudenti, a seguire il progressivo imbarbarimento dell’esercito, e di riflesso della popolazione, e il susseguirsi di epidemie e pestilenze avevano minato alla base il funzionamento di una macchina quasi esclusivamente perfetta.
Del resto, ed è bene non scordarlo, nonostante fossero stati pazientemente costruiti oltre 100mila Km di strade lastricate e 2mila ponti in giro per l’Impero, in primo luogo per esigenze militari, una legione percorreva comunque in circostanze normali circa 30 Km al giorno (a meno che non fosse di Cesare, con cui toccava i 75), un messaggero a cavallo 200, e anche considerando le autostrade dell’epoca, ossia le rotte marittime e fluviali, la tratta Ostia-Londra richiedeva ben 39 giorni, e molta accortezza a dipendenza della stagione. Tempi di viaggio importanti, e crescenti pressioni migratorie ai confini davano luogo a un’esponenziale domanda di soldati stanziali, e non più legioni mobili e reattive. Un aumento della pressione fiscale, un forte calo dei soggetti d’imposta, produttività decrescente e minore natalità avevano poi fatto il resto.
Eppure, al di là di quali ne furono le cause - un ruolo di primo piano infatti possono averlo avuto anche questioni religiose e sociali, etiche e morali, strettamente economiche e sanitarie - il 476 segna ufficialmente l’inizio di una decadenza tutta occidentale che al netto di felici fluttuazioni, e con differenze importanti su base geografica, non si è mai del tutto invertita. Ma la vera domanda è, a latitudini ben più vicine, all’alba del suo consolidamento, il 2022 come passerà alla storia di Lugano, e della sua Piazza finanziaria? L’inizio della sua fine, o soltanto la fine di un nuovo inizio? Perché nessuno l’ha vista? È la sintesi di una non troppo leggera domanda rivolta da Elisabetta II nel novembre del 2008 agli accademici della London School of Economics: perché nessuno ha visto arrivare questa crisi economica?
Erano solo gli inizi di un qualcosa che avrebbe profondamente cambiato molti dei mantra che sino a quel momento avevano retto l’intero sistema finanziario a livello mondiale, e che ancora oggi sta avendo dei riflessi. «Dalla Crisi dei subprime la finanza ha imparato molte lezioni, ed è cambiata, al pari del sistema nel suo insieme, che è oggi più stabile, regolamentato e soprattutto protettivo nei confronti del cliente finale. Recependo istanze etiche e di sostenibilità è anche riuscita a elevare notevolmente il suo profilo reputazionale. Questo non è avvenuto senza distorsioni: la maggior stabilità e compliance sono state ottenute al costo di burocratizzazione e irrigidimento, che impongono costi fissi elevati, che limitano l’iniziativa degli operatori seppur in presenza di un accorto risk management», esordisce così Cristina Maderni, Presidente della Federazione Ticinese delle Associazioni di Fiduciari (Ftaf).
Quale riflesso, almeno nelle intenzioni del legislatore non voluto, dell’esplosione dei costi derivante si è ridato fiato, man mano, a pressioni centripete per un ulteriore consolidamento dell’industria finanziaria, cui inevitabilmente nessuno riesce a sottrarsi. «Si può parlare di un ‘effetto a cascata’, che con tempistiche diverse sta investendo tutti gli attori del settore, anche a fronte di un inasprimento progressivo della regolamentazione cui è soggetto l’intero comparto. Le prime pressioni si sono sentite nel settore bancario, per poi essere trasmesse all’industria dell’Asset Management, e scaricarsi infine anche
sulla gestione patrimoniale. È infatti ormai diventata una tematica rilevante anche per i gestori patrimoniali indipendenti che storicamente avevano goduto di importanti libertà, che stanno però venendo meno», nota Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management.
Un trend trasversale a livello mondiale, seppur con importanti eccezioni, leggasi Stati Uniti, che sta influenzando le dinamiche interne al mercato svizzero che sino a questo momento si era comunque dimostrato per certi versi, e in specifici ambiti, sensibilmente refrattario. «Escludendo il Regno Unito, una cultura bancaria di persone e istituzioni senza eguali in Europa, non aveva reso necessarie regole e normative eccessivamente stringenti, lasciando alla Piazza svizzera un’invidiabile libertà di manovra, che l’aveva aiutata a crescere velocemente. Il tentativo messo in campo dai Governi di garantire maggiori tutele alla clientela sta progressivamente standardizzando l’industria, in termini di servizi e prodotti, ma se è ancora da dimostrarsi quali vantaggi con-
I più importanti popoli che invasero l’Impero d’Occidente prima del 476
I regni romano-barbarici nati dopo la caduta dell’Impero d’Occidente
Le invasioni barbariche, ma non solo, portarono alla dichiarazione di morte dell’Impero d’Occidente nel 476 d.C., aprendo una fase inedita e convulsa che ha dato alla luce nuovi regni che evolveranno nell’Europa di oggi.
creti potrà recare in dote, quello che deve essere a ogni costo tutelato è il tailor made, che è l’anima del banking svizzero», sottolinea Alfredo Piacentini, Cofondatore e Managing Partner di Decalia Group. Nella fattispecie la marcia di avvicinamento della Confederazione agli standard globali è da tempo che è iniziata, e da Berna non si segnalano intenzioni di voler invertire la rotta, non fosse che per le oggettive difficoltà nel farlo. «Una prima tessera, di un mosaico sempre più complesso, è stata la compliance, e dunque lo scambio automatico di informazioni tra Paesi e l’armonizzazione della loro gestione. In Svizzera sono seguite poi la LserFi, definizione e mitigazione del rischio, e la Lpd, regole vincolanti nella
in cybersicurezza, in ambiti che sarebbe difficile approcciare per realtà troppo piccole. In questo senso il consolidamento non sarà necessariamente la somma delle parti», nota Alida Carcano, Managing Partner di Bg Valeur. Quella svizzera. Considerata nel suo insieme, la Piazza, si sta dimostrando particolarmente resiliente e capace di tenere la barra dritta, e affrontare acque inesplorate, sino a pochi anni fa nemmeno considerate. «La Svizzera sta affrontando bene il problema, e senza straordinarie difficoltà. Certo, ha richiesto sforzi e molto lavoro, e in particolare le dimensioni degli operatori hanno fatto in molti casi la differenza. Le strutture più grandi ne escono avvantaggiate, avendo spesso già gettato le basi di servizi di compliance e risk management interni e all’altezza, adeguarsi al nuovo corso è stato più semplice, e laddove necessario le risorse hanno supplito. La geografia non è sempre un’amica; nei prossimi anni verrà dedicata un’attenzione normativa massima alla clientela europea, spesso di dimensioni contenute, rispetto invece a clienti molto più grandi e strutturati residenti in altri continenti», riflette il Partner di Decalia.
Dimensioni molto variabili all’interno della stessa Confederazione, con implicazioni oggi particolarmente manifeste. «Le pressioni in primo luogo sui costi stanno spingendo molti indipendenti a rimettere in discussione la copertura del mercato e l’offerta dei servizi, per quanto gran parte del settore abbia il proprio potenziale di crescita nel mercato domestico e più in generale in Europa occidentale. Va però sempre considerata la dimensione media di un indipendente, che come illustra l’Università di San Gallo è di 227 milioni di franchi di masse, e 83 clienti, per la metà svizzeri. Cifre che sicuramente sollevano più di un problema», nota il Cio di Ubs.
Una Piazza che dunque resiste, e pur nelle difficoltà continua anche a crescere, mantenendo forte la sua identità. «Lo Swiss made sopravvive, nonostante siano ormai anni che in molti si affrettano a intonarne il De profundis all’emergere di ognuna delle molte insidie che sono accorse. In generale una Piazza popolata da attori più grandi e strutturati non può essere un male, è un bene in primo luogo per la clientela che potrà accedere a un servizio migliore. Se guardiamo ad esempio a Lugano, che sarebbe dovuta uscire penalizzata dall’evolvere del contesto e
«Al termine del processo di consolidamento avremo una Piazza segnata da professionalità e lungimiranza, e chi deciderà di partecipare a questa sfida dovrà essere disposto a investire, lavorare sodo, e rimettersi in discussione, attento alle esigenze della clientela e ovviamente ai mercati»
Alida Carcano, Managing Partner di Bg Valeur
La finanza in Svizzera Incidenza sul Pil e sull’occupazione complessiva
dei rapporti con l’Italia, ha molti attori che sono comunque cresciuti. Ha perso qualche cliente, senza dubbio, ma è altrettanto vero che la maggior parte sia rimasta», prosegue Piacentini. Quella luganese. Piazza che vai, peculiarità che trovi? Se la Svizzera è il Paese dei particolarismi e del federalismo, in cui profonde differenze riescono a convivere pacificamente, è vero anche nel caso dei suoi tre poli finanziari, che reagiscono
Quindici anni più tardi la situazione è molto cambiata, come l’ultimo Gfc ben fotografa. Il Nord America e gli Emergenti hanno scalato le classifiche, a danno principalmente del Vecchio Continente che ha perso posti anche a livello di quasi tutti i sottoindici. Particolarmente deludente la performance degli hub svizzeri, Ginevra e Zurigo in testa, con Lugano entrata in classifica per la prima volta.
«Se guardiamo a Lugano un primo grande passo da compiersi sarebbe un avvicinamento tra le realtà più grandi, per dialogare
creduto all’ipotesi del magnete intorno cui altre realtà possano aggregarsi con successo, ci sono stati molti tentativi, e stanno nascendo molte piattaforme con l’ambizione di farlo, ma il risultato è tutto fuorché scontato, in primo luogo per l’eccessivo livello di autonomia cui sono abituate le realtà meno strutturate», precisa Andrea Poretti, Ceo di Crossinvest.
Andrea Poretti,Una spinta in questa direzione che dovrebbe però essere anche capitalizzata, soprattutto dai reduci del processo, che quanto meno muoverebbero dalle migliori premesse. «Qualunque misura che consenta di accrescere la qualità dell’offerta non dovrebbe essere osteggiata, concentrazione e aggregazione di più operatori libererebbe le risorse necessarie per disporre di profili più specializzati, grazie a ritrovate economie di scala oggi difficili, ma particolarmente necessarie ad esempio in ambito It. La digitalizzazione consente infatti di automatizzare i processi a minor valore aggiunto privilegiando la consulenza, che è però sempre più bisognosa di professionisti più qualificati e aggiornati, e dunque anche ricercati e costosi», nota il Ceo di Fidinam.
Tra le principali preoccupazioni di tutti gli operatori del settore la Finma ricopre certo una posizione apicale. L’aumento dei costi di legal e compliance sta anche alla base dell’inedita spinta che gli indipendenti stanno ricevendo per infine consolidarsi, dando vita a una nuova Piazza, animata da realtà meno numerose, ma molto più grandi, prestanti e strutturate.
quindi anche molto diversamente agli stessi impulsi. «Lugano è molto diversa da Zurigo e Ginevra, è una Piazza eterogenea e ricca di varietà, che dunque si presta a ragionamenti anche molto diversi. Il relativamente grande del Ticino, è molto piccolo a livello svizzero, e specie in questa fase è un dettaglio ricco di conseguenze, ma soprattutto le esigenze dei grandi in questo momento sono molto diverse da quelle dei piccoli. Non ho mai
Digitalizzazione al centro spesso di un forzato cambio di paradigma nella maggior parte degli operatori ticinesi. «Gli istituti bancari per recuperare i ritardi verso altri settori dell’economia hanno investito miliardi in tecnologie, i cui costi, combinati alla compressione non solo dei margini, ma quale conseguenza degli scudi fiscali italiani anche delle masse, hanno spinto molti dei più grandi a cercare economie di scala, e molti dei più piccoli nuovi alleati. L’effetto è stata la concentrazione del settore, particolarmente manifesta nel caso del bancario, il numero degli istituti a Lugano è passato da 77 nel 2008 a 39 nel 2020, e di compressione dei livelli occupazionali», rileva il presidente dello Ftaf.
La vera forza di una Piazza sta nel capitale umano, e per attrarre i migliori talenti è indispensabile che sia la stessa a essere appetibile. Ma come ci si profila tali? «Nel caso del Ticino è imprescindibile attingere a Zurigo per il personale specializzato, che è però molto più probabile trovi attraenti realtà grandi e strutturate, e che offrano concrete opportunità di crescita. La posizione di Lugano è geograficamente molto interessante, al centro degli assi, a due ore da Zurigo e una da Milano, si pensi che a New York andare e tornare
su quanto possa concretamente essere fatto, rispetto alle banche depositarie o guardando al resto della Svizzera. Insieme potremmo fare davvero la differenza»
Ceo
Crossinvest
dal lavoro richieda mediamente 90 minuti al giorno. In questo senso, e ampliando il discorso, la Svizzera può ambire a diventare un’unica grande metropoli, a misura dei giovani talenti, di cui necessitiamo», prosegue il Ceo di Crossinvest.
Nonostante le maggiori difficoltà andate acuendosi negli ultimi anni, la Piazza ha sempre saputo intercettare le esigenze del mercato, si tratta dunque ora di rimettersi semplicemente in discussione? «A Lugano ci sono delle competenze, e sono reali. Così è sempre stato, ha avuto la fortuna, e dunque anche la bravura, di gestire per lungo tempo i patrimoni di molti, il che ha gettato i semi di una cultura che è poi fiorita. Non deve dunque temere la concorrenza di Zurigo o Ginevra, e la vicinanza al Nord Italia rende comunque improbabile una fuga della clientela verso le altre Piazze svizzere, o peggio il ritorno in patria», rileva il Partner di Decalia. Una clientela che nel corso del tempo ha assunto sfumature diverse, e che potrebbe forse continuare a cambiare, senza stravolgerne i tradizionali equilibri. «Storicamente la Piazza ticinese ha sempre attratto una clientela benestante, professionisti e imprenditori, oltre che individui Hnwi e Ultra Hnwi, residente nel Nord Italia, tra Lombardia, Piemonte e Veneto. È improbabile che il mutamento del quadro normativo e il consolidamento del settore possano portare alla perdita di parte di questa clientela, per quanto alcuni cambiamenti siano in atto da tempo: clienti internazionali, oltre che italiani, stanno sempre più spesso scegliendo di trasferire il proprio centro d’interessi in Ticino per beneficiare delle molte comodità del nostro territorio», nota Colombo. Il futuro della sartoria. Ovviamente in presenza di un’importante premessa, che non è mai scontata, laddove alla strategia subentri la tattica: contenere i costi, sacrificando il resto. «I maggiori adempimenti amministrativi, sorte condivisa dal resto della Piazza svizzera, e non solo, non dovrebbero rappresentare un ostacolo per la clientela a patto che la qualità del servizio rimanga soddisfacente, il che non dovrebbe essere difficile. Un miglior controllo dei costi e maggiori economie di scala potrebbero anzi consentire a molti indipendenti, nuovi e vecchi, di affiancare ai servizi tradizionali di gestione patrimoniale, altri ancillari ma rilevanti, come la pianificazione successoria e fiscale, e quella aziendale», chiosa Guglielmin.
«Qualunque misura che consenta di accrescere la qualità dell’offerta non dovrebbe essere osteggiata, l’aggregazione di più operatori libererebbe le risorse necessarie per disporre di profili più specializzati, grazie a ritrovate economie di scala oggi difficili, ma particolarmente necessarie»
Roberto Grassi, Ceo di Fidinam GroupEd ecco che l’attualità, per quanto segnata da circostanze imprevedibili e dal convergere di più elementi avversi in un’unica direzione, con raro tempismo, potrebbe aver dato un segnale importante. «L’andamento dei mercati quest’anno ha certo contribuito a ricordare a molti i rischi che investire sempre comporta, e che anche i bull market possano terminare repentinamente: un fattore che condizionerà a lungo il comportamento
La Svizzera, nonostante i profondi cambiamenti di classifiche e del settore stesso, rimane saldamente in testa quale principale Piazza mondiale nella Gestione di patrimoni crossborder. Gli attori che animano l’industria sono del resto realtà con anni di tradizione alle spalle, chiamati a gestire le fortune di privati, ma anche e soprattutto gli averi di attori istituzionali.
ma costretto a finanziarsi tra Ginevra e Zurigo», evidenzia Maderni.
Eppure, nonostante tutto cambi, qualcosa sopravvive, indice del fatto che forse non tutto, almeno quello che conta, è davvero cambiato. «Le esigenze della clientela cambiano, ma i fondamentali restano. La personalizzazione del servizio e la flessibilità nel trovare le migliori soluzioni sono sempre state la grande forza degli indipendenti, un approccio completamente diverso da quello del sistema bancario. Il comune obiettivo dev’essere che così rimanga», riflette il Ceo di Veco.
Se da un lato il comparto bancario in Svizzera, e dunque anche in Ticino, ha storicamente ricoperto un ruolo economico di primo piano, anche in termini occupazionali, è anche vero siano ormai anni che buona parte del suo peso si sia lentamente spostato verso realtà più piccole e indipendenti, spesso composte da una manciata di collaboratori, specie nella Svizzera meridionale.
della clientela. A beneficiarne sarà il Private Banking tradizionale che quindi non rischia di essere diluito come poteva sembrare sino a pochi mesi fa, a vantaggio di modelli più aggressivi. A livello di Piazza qualcosa può essere sicuramente migliorato nel settore del credito, trovando soluzioni più flessibili per venire incontro alle esigenze del cliente imprenditore. O ancora, rispetto alle esigenze del commodity trading ben radicato a Lugano,
Il sopravvivere, o il rimanere, non significano però immobilismo, ma un diplomatico adeguamento alle mutate circostanze. «La natura del cliente è comunque cambiata, spesso imprenditori e spesso generazioni diverse di una stessa famiglia, hanno inevitabilmente bisogni diversi e in costante evoluzione, di cui non si può non tener conto. Sono molti gli ambiti nuovi su cui lavorare, ad esempio l’Esg, e questo inevitabilmente apre a nuove opportunità per la Piazza, sia business sia formative, destinate ai più giovani talenti perché si creino una cultura adatta alla clientela attuale, e alla futura. Le esigenze degli imprenditori, invece, spingono i private banker a specializzarsi in ambito corporate, interessandosi di passaggio generazionale e immobili, che spesso rappresentano una voce importante del patrimonio», sottolinea il Partner di Bg Valeur.
Una domanda di mercato che sta inevitabilmente spingendo l’offerta a concentrarsi su nuove materie, non esclusive di quanto tradizionalmente garantito, ma con altro valore. «L’obiettivo cui mirare è offrire un pacchetto completo di servizi di qualità e competitivi, in grado di coprire tutte le esigenze del cliente, il che però richiede anche un personale estremamente specializzato, di non immediata reperibilità. Il sistema formativo gioca dunque un ruolo critico che non va sottovalutato, al pari dei datori di lavoro che devono consentire e incentivare la crescita professionale e personale del capitale umano, che andranno a diretto beneficio della Piazza, svizzera e ticinese, nel suo insieme», chiarisce il Ceo di Colombo Wealth.
In questo ambito ‘saper leggere tra le righe’ è sempre stata la chiave di volta di un’offerta andata progressivamente personalizzandosi, un tempo guidata da un approccio pragmatico, oggi decisamente formalistico. «Gli indipendenti dimostre-
«Se Berna riuscirà a ottenere un accordo ragionevole con Roma, Lugano potrebbe segnalarsi quale perfetto hub per tutta la clientela italiana in Svizzera. Milano e la gestione italiana sono cresciute molto negli ultimi anni e non è detto che domani non possa diventare un importante alleato»
Stefano Fiala, Ceo e Partner di Veco Invest
ranno il loro vero valore nella profondità dell’attenzione e per le intuizioni che li porteranno a soddisfare le esigenze della clientela, come hanno sempre fatto. L’eccellenza del servizio sarà importante, ma ancor di più la sensibilità per catturare le informazioni necessarie ad agire tempestivamente, che segnalerà i migliori dal resto del mercato. I clienti di domani non accetteranno di lavorare con gestori che non siano digitalmente all’avanguardia, potendo accedere a tutti i servizi in qualunque momento, qualcosa che le migliori banche già offrono», rileva il Cio di Ubs. Si sposta il baricentro? La vera domanda è però come potrebbe reagire il cliente a un cambio troppo repentino e profondo dei tradizionali equilibri della Piazza, che in chiave storica rappresentano un sostanziale cambio di paradigma. «Il problema è in larga misura nelle mani dell’industria; sarà compito nostro gestire il processo con la massima flessibilità e delicatezza, a patto di riuscirci il cliente non dovrebbe esserne minimamente impattato, seppur debitamente informato, e dunque non dovrebbe verificarsi alcuna ripercussione. In aggiunta è possibile un ulteriore ridimensionamento dei mercati geografici di sbocco, a causa delle restrizioni regolamentari, che rendono quindi le regioni più vicine, storiche, culturali e linguistiche ancora più importanti. In questo senso l’accordo tra Berna e Roma sarà un elemento chiave», chiarisce Fiala. Modifiche di natura normativa che però non sono una novità, nonostante in questa circostanza il loro impatto sarà certamente molto più invasivo. «Considerando anche solo gli ultimi decenni le regole sono cambiate più volte, l’Euro ritenuta prima, lo scudo fiscale poi, la voluntary disclosure, oltre allo scambio automatico d’informazioni. Vi è una normale tendenza all’adattamento da parte degli operatori e della clientela alle nuove leggi, incentivata dalla fornitura di servizi efficienti tipici del solo territorio elvetico, e dall’inserimento di nuove professionalità apprezzate. Senza dimenticare che la Svizzera non sia la sola a introdurre tali modifiche. Se si guarda ad esempio al mercato italiano, tali problematiche sono all’ordine del giorno, il che rende la Confederazione ancora interessante, e attrattiva», riflette Colombo.
Un cambiamento, questo, nemmeno dell’ultimo minuto, ma un percorso iniziato da diversi anni anche a livello locale.
Gli
N.
«Per rispettare la normativa abbiamo tutti introdotto man mano processi di ‘know your client’ molto più completi. Ai clienti vengono poste molte domande, su tematiche confidenziali, e se inizialmente c’era stata una certa resistenza nel tempo è venuta meno, anzi. È stato sufficiente spiegare che fosse anche nel loro interesse. Non farlo oggi solleverebbe domande, e il sospetto di avere a che fare con operatori ‘poco seri’. Si perdono clienti se si è poco
Se la reputazione è un aspetto particolarmente critico per qualunque hub finanziario, e sia dunque spesso ‘sostenuta’ da marketing di stato, è anche vero che in passato sia stata spesso un ostacolo a diverse operazioni di aggregazione tra strutture piccole e molto piccole. A squadernare tutte le carte sul tavolo, seppur annunciato, l’ottenimento e il mantenimento della licenza Finma.
«L’obiettivo è offrire un pacchetto completo di servizi competitivi, in grado di coprire tutte le esigenze del cliente, il che però richiede personale specializzato. La formazione gioca dunque un ruolo critico, al pari dei datori di lavoro che devono incentivare la crescita professionale dei loro collaboratori»
Dario Colombo, Ceo di Colombo Wealth
professionali, non per semplici cambiamenti normativi», prosegue Carcano. Via alle danze. Eppure qualche rischio è comunque in agguato, ed è bene non dare molto troppo per scontato. Il consolidamento della Piazza sarà del resto una storica sfida per molte realtà che stavano ancora facendo i conti con i piani di successione, in molti casi nemmeno avviati. «Il rischio di perdere una parte delle masse è concreto, soprattutto se si considera che l’offerta di molti indipendenti a livello locale si è sempre concentrata sulla relazione personale tra gestore e cliente.
«Fusioni e successioni viaggiano in parallelo. Non è da escludersi l’emergere di soluzioni fantasiose, che potrebbero anche essere ben viste da autorità che non hanno alcun interesse a sacrificare il comparto, ma sarà fondamentale il ruolo giocato da un leader che guidi il processo di aggregazione»
Alfredo Piacentini, Cofondatore e Managing Partner di Decalia GroupÈ difficile che dopo così tanto tempo un cliente possa accettare di tornare in banca, o di affidarsi in tempi così rapidi a un perfetto sconosciuto. Al pari, è difficile che le strutture più grandi possano standardizzare parte del loro servizio, centralizzando la componente amministrativa i singoli banker hanno infatti molto più tempo da riservare al loro vero lavoro. Nonostante la chiusura del mercato italiano, sarà difficile anche per una Piazza più concentrata insistere su mercati troppo lontani, non tanto per le difficoltà normative, quanto per la natura stessa del nostro lavoro, che
Mentre i gestori patrimoniali in molti casi per esigenze operative del comparto sono divenuti società articolate e molto grandi, la situazione appare invece molto variegata per il segmento dei fiduciari commercialisti, trovatisi però a loro volta a confrontarsi con mesi di cambiamenti molto impegnativi. «L’aggiornamento della Legge cantonale sull’esercizio delle professioni di fiduciario ha confermato l’attuale regime di autorizzazione e controllo. La società nel suo insieme comprova la fiducia che riponiamo tutti in una figura professionale capace di mantenere relazioni durature con la clientela, di supportarla con competenza, autoregolamentandosi ed evolvendo per adattarsi alle mutevoli esigenze del mercato, investendo in formazione e rispettando gli standard internazionali più elevati», nota il presidente della Ftaf
Un comparto in controtendenza rispetto al resto della Piazza, con buoni risultati anche negli ultimi anni, in termini occupazionali, e di gettito fiscale. «Il caso dei fiduciari commercialisti è emblematico di un settore che riesce a difendere la propria autonomia grazie all’imprenditorialità dei singoli. Le crescenti pressioni al consolidamento sono sfociate spesso nella messa in comune di competenze, nella ricerca di nuovi Partner e in un maggiore controllo sui costi. Un ruolo decisivo di supporto, specie in chiave tecnologica, l’hanno sicura-
vive del contatto con il cliente e dell’essere in Svizzera», rileva Poretti.
Ma se inevitabilmente il processo dovrà proseguire, o iniziare, gli esiti appaiono tutt’altro che certi, con una significativa alea d’incertezza anche su quale sarà l’esito finale del processo. «Sono oltre 2500 i gestori che si sono annunciati a Finma, di cui oltre 270 ticinesi, per l’ottenimento dell’autorizzazione, i quali dovranno dimostrare di avere un sistema adeguato di gestione del rischio, di predisporre controlli interni efficaci e garantire il rispetto delle normative e dei regolamenti interni. I piccoli non potranno dunque che cercare di aggregarsi, e questo è anche l’auspicio sottaciuto di Finma, che preferisce un numero minore di entità da supervisionare», nota Grassi.
Ottenere l’autorizzazione è però solo il primo passo di un’avventura destinata a proseguire anche negli anni successivi, ben più esemplificativi. «L’ottenimento della licenza non è stato troppo difficoltoso, e solo un 20% degli operatori dovrà cessare l’attività entro fine anno. Il bello deve ancora venire, starà infatti agli autorizzati dimostrare anno per anno il rispetto dei requisiti, che porteranno a un sistematico aumento dei costi fissi. Il
mente giocato gli istituti bancari mettendoci a disposizione, in qualità di loro clienti, i ‘tool’ sviluppati», prosegue Maderni. Un impegno confermato anche per un prossimo futuro, in cui la Piazza prenderà certo una nuova configurazione. «Aggiornando regolarmente i modelli operativi siamo sempre riusciti a mantenere la fiducia della clientela, privata e corporate, e continueremo nel nostro ruolo. Chiediamo alla Politica di supportarci, garantendo condizioni quadro stabili, anche a fronte di una situazione che rimane complessa, in primo luogo per la persistente chiusura del mercato italiano. Rebus sic stantibus è dunque indispensbile concentrarci sulla clientela raggiungibile, e che continua a dimostrare interesse per quanto siamo in grado di assicurarle, in primo luogo proprio localmente», conclude il presidente dello Ftaf.
prossimo biennio sarà decisivo, e il dado sarà tratto solo nel 2025, quando arriveremo ad avere una Piazza svizzera popolata da 5-600 indipendenti, di dimensioni e strutture tali da poter crescere anche all’estero», evidenzia il Ceo di Veco.
Ma qual è la scintilla in grado di innescare il processo, che sino a questo momento nella maggior parte dei casi è mancata? «Ci troviamo in una fase storica singolare, da un lato c’è sicuramente Finma, ma dall’altro c’è un’intera generazione che sta uscendo dal mondo del lavoro, e in questo senso fusioni e successioni viaggiano in parallelo. In passato è spesso mancata la compatibilità tra persone, culture e strutture, oltre che il prezzo, oggi in moltissimi non possono più aspettare. È più facile che realtà concentrate in regioni e ambiti diversi possano trovare la quadra, del resto a livello locale tutti parlano con tutti. Non è da escludersi l’emergere di soluzioni fantasiose e impreviste, che potrebbero anche essere viste di buon occhio da autorità che non hanno alcun interesse a sacrificare il comparto, ma sarà fondamentale il ruolo giocato da un aggregatore, un leader che unisca e guidi il processo», chiosa Piacentini. Chi succede? La convergenza tra regolamentazione e anagrafe potrebbe dunque imprimere una svolta decisiva alla situazione, spingendo la Piazza ticinese nel suo insieme fuori dalle sabbie mobili degli ultimi anni, in cui solo una sparuta minoranza aveva fatto bene. «La natura del problema è il tempo: servono anni per pianificare il successo di una successione, che deve vedere quali parti attive sia il gestore, che il cliente. La riuscita di un semplice ‘travaso’ è pressoché nulla, e molti operatori non hanno mai affrontato la questione. Da qui il rischio che una parte della loro clientela imbocchi la strada di casa, e sono proprio i gestori dei Paesi di origine i nostri principali concorrenti. Il passaggio generazionale della clientela non cambia gli ingredienti alla base della Gestione, ne altera i pesi relativi. In questo senso una clientela più finanziariamente formata avrà richieste più specifiche, e sarà più propensa ad accettare strategie e strumenti più sofisticati», precisa il Ceo di Crossinvest.
Un cambiamento di età, e quindi sensibilità e preferenze, condiviso da ambo le parti. «A invecchiare non sono stati solo gli indipendenti, una nuova generazione di clienti è subentrata, ed è molto spesso
un cambiamento relativo alle circostanze personali del cliente la molla che spinge a lasciare il gestore, come può esserlo un’eredità. Le prossime generazioni potrebbero avere una filosofia d’investimento molto diversa, maggiori affinità al digitale, e la necessità di accedere online a informazioni di trading, reporting e ricerca. Da qui l’esigenza di valutare attivamente i bisogni degli attuali, ma soprattutto dei futuri clienti», riflette Guglielmin.
È da molto tempo che la vera forza della terza Piazza svizzera si è spostata sugli indipendenti, il folto sottobosco di realtà che operano di concerto con il sistema bancario, locale e nazionale. Migliaia le realtà che inevitabilmente saranno coinvolte nel processo di consolidamento della Piazza, e che sotto molti aspetti rappresentano una ricchezza che dovrebbe essere salvaguardata.
«Le pressioni in primo luogo sui costi stanno spingendo molti indipendenti a rimettere in discussione la copertura del mercato e l’offerta dei servizi, per quanto gran parte del settore abbia il proprio potenziale di crescita nel mercato domestico e più in generale in Europa occidentale»
Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management
Il comparto parabancario in Ticino
N. aziende e livelli occupazionali per settore (dati parziali)
Quello che sopravvive tra banche e indipendenti e che ha fatto grande la Piazza svizzera è un rapporto di reciproca dipendenza, e che almeno storicamente è stato anche molto spesso di leale collaborazione. «I prossimi anni vedranno entrambi misurarsi con il diffondersi delle nuove tecnologie, dunque automazione e digitalizzazione per potersi meglio concentrare sulla clientela. Data l’interdipendenza di ambo le parti la sfida è poter garantire insieme, al cliente finale, servizi all’altezza, che contengano la pressione sui ricavi», nota il Cio di Ubs. Un tema, quello dei costi, al centro dei rapporti Svizzera-Europa. «Viviamo in un Paese la cui moneta è decenni che continua a rivalutarsi, il che erode margini e ricavi. La produttività e un forte controllo dei costi sono certamente due alleati importanti della Piazza, ma è nell’efficienza di tutti gli operatori sul mercato che risiede la miglior garanzia del suo successo», prosegue Carcano. Pressioni sul fronte di ricavi e margini stanno di fatto già cambiando il rapporto tra le parti, e potrebbero continuare a farlo. «Sempre più spesso le banche riservano il vero Private Banking a una clientela con patrimoni molto importanti, un problema almeno per ora non condiviso dagli indipendenti. L’aumento dei costi, causa regolamentazione, potrebbe però spingere presto a rivedere certe scelte anche per i gestori, fissando nuovi vincoli», riflette il Ceo di Veco. Ma del resto la condivisione di competenze diverse è alla base di una qualunque alleanza di successo. «Le banche hanno la tecnologia, gli indipendenti l’imprenditorialità, la cui unione è alla base del successo di Lugano, e della Svizzera. In un contesto di standardizzazione i gestori hanno un ruolo di ancor maggiore importanza di vicinanza al cliente, essendo al tempo stesso clienti e fornitori delle banche. Da qui la necessità di una proficua collaborazione», conclude Maderni.
Amici o alleati? Eppure il vero tema sta anche nello stringere nuove alleanze, non solo a livello locale, ma soprattutto a livello nazionale, guardando anche all’estero dove qualche opportunità potrebbe palesarsi. «Se guardiamo a Lugano, un primo grande passo da compiersi sarebbe un avvicinamento tra le realtà più grandi, che condividono gli stessi problemi, per dialogare su quanto possa concretamente essere fatto, in primo luogo rispetto alle banche depositarie. Avendo a disposizione masse importanti, e accettando di farsi carico di buona parte dei processi
amministrativi preliminari, potremmo ottenere condizioni migliori dagli istituti intervenendo con un’unica voce. Allo stesso tempo è necessario guardare al resto della Svizzera, unendo le forze per incidere maggiormente su Ginevra e Zurigo, ottimizzando i costi, e massimizzando i benefici», evidenzia Poretti.
Un settore, quello finanziario, sempre più internazionale e concorrenziale, dunque in cui non è più possibile star fermi, e aspettare che ‘venga buona’. «Le rendite di posizione sono ormai venute meno quasi ovunque, e l’attenzione della
La compressione dei margini del bancario ha spinto a esternalizzare molti servizi a società dell’indotto, spingendone numero e collaboratori.
clientela si è spostata sui rischi e sui costi. Se geograficamente Lugano ha perso d’importanza, continuiamo ad avere competenze e tradizione, che ci garantiscono un’autorevolezza confrontabile alle altre Piazze svizzere, almeno su alcuni mercati di nicchia, talvolta più interessanti dei semplici volumi. Nonostante non sappia giudicare lo sviluppo delle criptovalue e lo sbocco che può avere il PlanB, quest’ultimo ha avuto sicuramente il merito di creare una dinamica nuova, e una grande attenzione internazionale, in una fase storica in cui non è più possibile stare alla finestra», rileva il Ceo di Fidinam.
Un settore certamente dubbio, che potrebbe a sua volta essere presto affondato dagli istituti centrali, ma che comunque almeno nell’immediato potrebbe rappresentare un nuovo punto d’inizio. «La recentemente annunciata collaborazione tra la Città di Lugano e Tether Operations Limited potrebbe aiutare la terza Piazza svizzera a profilarsi quale polo di competenze per criptovalute a livello europeo. Tether e un gruppo di aziende del settore dovrebbero creare un fondo milionario per finanziare start up locali attive nel settore, e mettere a disposizione 500 borse di studio grazie alla collaborazioni con università e istituti del territorio. Al contempo ci si dovrebbe relazionare con Zurigo e Ginevra per guardare insieme al mercato italiano, forti di mezzo secolo di tradizione», riflette Colombo.
Una Piazza, quella svizzera, tripartita in più d’un senso ma che ancora una volta, negli ultimi anni, ha incassato significativi attestati di stima da parte di una clientela che è comunque cambiata, in meglio. «La Svizzera ha sempre prosperato nelle fasi più geopoliticamente tese, ma è da ormai diversi anni che qualcosa è cambiato anche a livello di mentalità dei suoi operatori e dei clienti. Non è più dove si nasconde qualcosa, ma dove ci si rivolge per professionalità del servizio, ed è a livello etico e morale che anche l’industria è cambiata, grazie principalmente al passaggio generazionale. Certo, Zurigo ha guadagnato in lustro e attrattività, come Piazza e come città, con Ginevra rimasta indietro, ma per promuovere un’efficace
collaborazione fra le tre è indispensabile che Berna garantisca trasporti efficienti e regolari. È vergognoso che uno stato benestante e federale faccia venir meno l’integrità territoriale, ma del resto se è più semplice raggiungere Londra che Lugano da Ginevra, un problema oggettivo c’è», chiarisce il Partner di Decalia.
Data la contingenza del Ticino, e la sua posizione geografica, se è particolarmente impegnativo rebus sic stantibus raggiungere Ginevra, non è lo stesso per altre località. «Se Berna riuscirà a ottenere un accordo ragionevole con Roma, Lugano potrebbe segnalarsi quale perfetto hub per tutta la clientela italiana in Svizzera, come lo è stata Ginevra per il Sud America e Zurigo per l’Europa orientale. Milano e la gestione italiana sono cresciute molto negli ultimi anni, e se al momento può rappresentare un interessante concorrente, non è detto che domani non diventi un importante alleato», nota Fiala.
Nonostante la vicinanza geografica, e una clientela non troppo diversa, le due Piazze sono infatti concentrate su ambiti diversi, da qui interessanti opportunità per molti, se non tutti. «Lugano non dovrebbe temere l’ascesa di Milano, anzi. Tradizionalmente ci siamo concentrati nel Private Banking, mentre il capoluogo lombardo ha sviluppato forti competenze in M&A, mercati privati e investimenti alternativi; una maggior interazione e un dialogo più frequente potrebbero dar vita a servizi più integrati ed efficienti, nell’interesse della clientela. Al termine del suo consolidamento la Piazza sarà animata da attori meno numerosi ma più strutturati, in grado di raccogliere nuove stimolanti sfide, anche guardando verso Sud», sottolinea il Ceo di Colombo Wealth.
Opportunità nuove, sfide inedite, ma non per tutti. Che non sia semplicemente una strada da affrontare con nuovi compagni di viaggio? «Avere vicini forti, professionisti affermati che sappiano creare ricchezza, in una delle regioni più benestanti e produttive d’Europa, è sempre stato uno dei nostri punti di forza, e non dobbiamo dimenticarlo. Insieme possiamo crescere, e molto, andando anche oltre i semplici aspetti finanziari, ma avviando collaborazioni in ambito formativo, e sostenendo nuove promettenti start up. Al termine del processo di consolidamento avremo una Piazza segnata da professionalità e lungimiranza, e chi deciderà di partecipare a questa sfida dovrà essere anche disposto
a investire, lavorare sodo, e rimettersi in discussione, sempre attento alle esigenze della clientela e con un occhio a un fattore esogeno ma comunque fondamentale: i mercati», conclude Alida Carcano, Managing Partner di Bg Valeur.
Quello che si sta aprendo è dunque un grande gioco che in pochi mesi vedrà nascere una Piazza ticinese rinnovata, sia a livello di potenziale di crescita, sia per rilevanza degli attori in campo, finalmente in grado di guardare con ritrovata fiducia a Nord e a Sud. Realtà più grandi e strutturate avranno infatti la forza di attrarre quel capitale umano, altamente specializzato, di cui negli ultimi anni si è sentita molto la mancanza, dopo che i principali istituti bancari hanno iniziato a spostare con insistenza sempre più competenze su Zurigo e Ginevra, ‘mollando gli ormeggi’.
Allo stesso tempo la ritrovata fiducia e un’indispensabile lungimiranza dei ‘sopravvissuti’ dovrà spingerli a stringere nuove alleanze, andando oltre il vaiolo dei campanilismi che in larga misura ha contribuito a frenare qualunque movimento negli ultimi anni.
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La crescita della Piazza ticinese non può prescindere dallo sviluppo del mercato europeo, ma soprattutto italiano. L’accordo tra Roma e Berna sarà dunque fondamentale.
Se i più grandi dovranno far squadra, è al tempo stesso vero che un occhio di riguardo dovrà essere riservato alle realtà più piccole ma al tempo stesso giovani e aitanti, e volenterose di correre come mai hanno potuto fare. Se la concentrazione non dev’essere vista con timore, allo stesso tempo un eccesso potrebbe sortire l’effetto opposto di quanto sperato, un eccessivo impoverimento di un tessuto nato e prosperato nel corso degli anni, e che ha accumulato un capitale prezioso, non tanto finanziario quanto culturale.
Il grande gioco è iniziato, quale sarà l’esito della più grande sfida di sempre per Lugano è tutto fuorché scontato, servirà però molta fantasia, per trovare soluzioni, e disegnare quelle che saranno le orbite dei prossimi decenni, cercando nuovi pianeti e plasmando nuovi sistemi. ❏
We make your festive season sparkle.
Anche il mercato immobiliare locale soffre le incognite attuali: più evidenti le conseguenze sugli immobili a reddito, con gli istituzionali in ritirata. Per l’edilizia si prospettano tempi difficili.
l’immobile butta ogni mese e l’investimento-carta in fatto di patemi d’animo gli è senz’altro superiore. Senza parlare di volatilità, costi occulti e plusvalenze sognate.
C’è chi sostiene che una crisi congiunturale faccia bene all’economia perché costringe a qualche aggiornamento strategico prima di passare a una fase di rilancio. Insomma, sarebbe la classica inversione a U. Sarà pur vero, ma ora siamo in fondo alla curva e la vera incognita è la risalita. Questo clima d’incertezza interferisce ovviamente anche sul mercato immobiliare. Prima di cominciare, è bene ricordare che sarebbe sempre meglio occuparsi del proprio territorio senza deviare su Zurigo e dintorni. Oppure confondere la Leventina con l’Engadina.
Fatta questa precisazione, limitiamoci al mercato regionale iniziando dall’uso proprio. La classica casetta o l’appartamento in proprietà per piani.
Da quanto si percepisce, l’ostacolo maggiore è il costo del denaro che impone una certa pausa di riflessione nella ricerca dell’oggetto e nella trattativa con gli istituti di credito. Il mercato regge ancora ma è un po’ balbuziente.
Leggermente diversa è la situazione nel comparto del lusso. Gli oggetti sono quelli che sono e se uno desidera il fuori catalogo non ha che adeguarsi.
Nel comparto ‘uso proprio’ si inserisce indirettamente anche l’acquisto di un’unità da mettere a reddito. Ora è evidente che in presenza di un maggiore costo del denaro con il conseguente effetto leva meno invitante e con la piena occupazione che si confronta con uno sfitto ormai cronico questo tipo d’investimento ha perso parecchio slancio. Insomma vi è del rischio anche se alla lunga rimane pur sempre una buona stampella al previdenziale. Per riassumere: nell’uso proprio la situazione per il momento è sul sereno variabile, con la prontezza a cogliere qualche opportunità.
Diversa la situazione sul mercato a reddito dove i problemi sono più evidenti. Intanto le modeste rendite, dovute in buona parte al gioco della domanda e dell’offerta, lo sfitto rilevante, la popolazione stagnante e l’aumento del costo del denaro impongono delle correzioni dei valori. La prova del nove è la pesante riduzione dell’aggio degli istituzionali quotati, a testimoniare che l’euforia era in tutti i casi eccessiva. Ma per un proprietario consolidato non vi sono particolari problemi, al massimo può pentirsi di non aver azzeccato il momento magico per una vendita. Ma forse è stato meglio così,
Degno di nota il fatto che gli istituzionali stiano sbaraccando. Qualcuno motiva questa ritirata con il mercato appiattito, con spazi limitati per migliorare la redditività; altri con la volontà di mettersi dietro la siepe per agganciare qualche complesso in difficoltà.
Da ultimo, tempi cupi per la nostra edilizia. Il mercato è saturo, lo sfitto stenta a rientrare, i costi sono aumentati e il risanamento soffre la sindrome del tessuto funzionalmente meno aderente alle necessità odierne. Magari spazi minori ma lavanderia in casa, terrazza vivibile, vicinanza a infrastrutture pubbliche e servizi!
L’esposizione del datato alla vetustà risulta sempre più evidente malgrado sia in grado di offrire una dotazione formidabile di appartamenti a pigione moderata. Insomma il sotto-tettoia dell’usato non interessa più del tanto l’utenza. Ed è un peccato. Andrà a finire che questa dotazione, in genere ben ubicata, verrà demolita e ricostruita ex novo. Ed allora riprenderanno le solite litanie di chi polemizza per professione. Per intenderci, un qualche “giù le mani” oppure “la speculazione divora le pigioni accessibili”.
Può fare qualche cosa il politico? Certamente. Modulando gli interventi secondo la vetustà e introducendo nel limite del ragionevole qualche spazio di libertà nella legge edilizia.
Abbiamo tutti bisogno di punti fermi, di certezze e di sicurezze. Noi vi offriamo il costante impegno di essere da sempre con il Ticino e per i ticinesi.
La crescita nominale dei prezzi dell’immobiliare in alcune metropoli ha superato il 10% in un anno, e intanto anche i tassi ipotecari sono mediamente quasi raddoppiati.
Luca Henzen, Derivatives Analyst Cio Ubs Global Wealth Management. A lato, Amsterdam. In Olanda il valore dei mutui è superiore all’80% del Pil.
Le bolle immobiliari sono un fenomeno ricorrente in quei mercati caratterizzati da un’elevata leva, cioè da un uso aggressivo dell’indebitamento. Normalmente le prime avvisaglie sono un forte aumento dei prezzi rispetto a stipendi e canoni di locazione o un eccesso di nuove costruzioni. Spesso questi segnali seguono un periodo di bassi tassi d’interesse.
Nelle 25 metropoli mondiali prese in considerazione dall’Ubs Global Real Estate Bubble Index i prezzi sono saliti mediamente del 10% in un anno, il più rapido incremento dal 2007. Questo andamento in parte è giustificato dal fatto che in molte città non c’è sufficiente offerta di abitazioni e l’attrazione esercitata dalle metropoli implica che a lungo termine i prezzi continueranno a salire.
Tuttavia, l’andamento degli affitti rispecchia quello degli stipendi e quindi l’incremento delle valutazioni nell’ultimo decennio non sembra venire dai fondamentali economici ma dalle Banche Centrali e dal periodo nel quale hanno offerto tassi bassi e liquidità illimitata, com’è il
Ora lo scenario è cambiato drasticamente perché l’impennata dell’inflazione ha spinto ad alzare i tassi d’interesse e quindi anche quelli dei mutui. Per esempio negli Stati Uniti il costo medio di un mutuo a tasso fisso a vent’anni è oggi oltre il 6% ed è più che raddoppiato rispetto a un anno fa. Anche in Svizzera si è passati da un valore minimo dell’1% lo scorso anno al 3 attuale per i decennali. Questi incrementi inevitabilmente avranno un impatto sul mercato immobiliare riducendo il numero di transazioni e, laddove si erano accumulati eccessi, creando pressione anche sulle valutazioni.
Considerando l’aumento dei prezzi e dei tassi, se si prende in considerazione un ipotetico professionista nelle città in esame, oggi può permettersi mediamente un terzo della metratura in meno rispetto alla situazione pre-Covid. Infatti, circa la metà delle città considerate presenta un rapporto prezzo/canone di locazione da 30 volte in su che costituisce un segnale di una possibile correzione in arrivo.
Nelle città che riscontrano una forte
spinta demografica, dove le valutazioni non presentano eccessi o l’utilizzo di leva non è stato eccessivo, il rialzo dei tassi potrebbe semplicemente rallentare la corsa delle valutazioni. Ma altre presentano un insieme di fattori che fanno pensare a possibili bolle, per esempio: Toronto, Francoforte, Zurigo, Monaco e Ginevra. Ma anche il nord Europa sembra presentare squilibri, è il caso di Stoccolma, Parigi, Londra e Amsterdam.
Non è quindi un caso che i Reit europei (Real Estate Investment Trust, società quotate che possiedono e amministrano beni immobili), principalmente investiti in nord Europa, abbiano perso la metà del proprio valore in borsa da inizio anno, più del doppio rispetto all’Euro Stoxx 50.
Occorre considerare che il livello di indebitamento delle famiglie è molto diverso tra Paesi. Per esempio, il valore dei mutui rispetto al Pil è superiore all’80% in Svezia, Olanda e Danimarca; del 68 nel Regno Unito; del 44-45 in Francia e Germania; ben oltre il 100% in Svizzera.
Tra le poche città che non presentano eccessi troviamo San Paolo, Dubai, Varsavia e Milano. Ad esempio, l’Italia ha beneficiato in modo solo marginale delle politiche monetarie espansive della Bce per via dello spread sul Bund. Le valutazioni degli immobili sono così rimaste ancorate ai fondamentali. Infatti, i prezzi a Milano, depurati per l’inflazione, negli ultimi dieci anni sono scesi mediamente dell’1,4% mentre sono saliti del 3,7% a Zurigo e dell’1,6% a Ginevra.
Un’incapacità al lavoro prolungata grava su tutti, causando costi elevati. Un Case Management tempestivo aiuta il personale interessato a tornare prima al lavoro.
Il Case Management è un processo collaborativo che, attraverso la comunicazione e l’uso delle risorse disponibili, vuole rispondere al meglio ai bisogni del collaboratore. Solitamente è inteso quale coordinamento di tutti i servizi socio-sanitari disponibili, spesso non connessi tra loro, per massimizzarne l’efficacia e accelerare i tempi di rientro in azienda. Quando serve un Case Management tempestivo? In base alla situazione, si consiglia un primo accertamento con il case manager all’inizio dell’incapacità al lavoro.
Assistenza già dopo una settimana di assenza: non è precipitoso? Dipende. Dopo un intervento al ginocchio si conosce la durata del recupero. E se la guarigione non procede come dovrebbe o una malattia ha un decorso incerto? Il fattore tempo è decisivo. Meglio reagire al più presto.
Perché agire presto è importante?
Più a lungo non si lavora, più difficile sarà il rientro. Già dopo 30 giorni, il rischio di una cronicizzazione o incapacità al lavoro permanente raddoppia.
Le nostre e i nostri case manager esperti aiutano nel ristabilimento medico e sociale e sostengono voi e i vostri collaboratori nel reinserimento professionale, dall’accertamento del caso al miglioramento della situazione di vita e lavorativa. Coordiniamo le procedure con medici, avvocati, assicurazioni di responsabilità civile e assicurazioni sociali e altre parti coinvolte. La persona infortunata o malata può così concentrarsi sulla guarigione e sul ritorno alla vita lavorativa.
Chi comunica la necessità di un Case Management? L’azienda? Sarebbe la via più rapida. Spesso però siamo noi a rilevare il potenziale per un Case Management quando veniamo a conoscenza del caso. Dopodiché contattiamo la persona malata.
In che consiste la prima fase? Conoscere la persona, le sue esigenze e la sua situazione attuale per capire come sta. Oltre all’aspetto medico e alla situazione professionale, anche i problemi privati contano. Perché le terapie funzionino bisogna agire sulle cause e sui fattori che influiscono.
A cosa serve il primo colloquio? Senza collaborazione, nemmeno le misure migliori funzioneranno. Motivare le persone è il primo obiettivo e in assoluto il più difficile.
Perché è difficile? Le persone colpite spesso sono bloccate: devono uscire dalla ‘modalità malattia’. Noi guardiamo al potenziale di una persona, mai alle sue mancanze. Quali sono
i suoi punti di forza? Le sue risorse? Cosa può fare? E soprattutto: essere malati non è un fallimento!
Che ruolo ha il case manager? Coordina le misure per il rientro al lavoro, così che la persona possa concentrarsi su guarigione e reinserimento. Se il fattore scatenante o amplificatore dell’incapacità lavorativa è nell’ambiente di lavoro mediamo, contribuendo alla soluzione. Oltre agli aspetti medici servono soluzioni creative, situazionali e una prospettiva condivisa.
Quali sono i principali benefici per i datori di lavoro? Il Case Management è un grande aiuto per le aziende: si fa carico dell’assistenza alla persona inabile al lavoro e del coordinamento delle misure, alleggerendole dalle incertezze. Inoltre garantisce il successo, una pronta reintegrazione fa risparmiare costi e salvaguarda il know-how.
Quali vantaggi per i dirigenti? Uno specialista sempre al loro fianco che li aiuta quando sorgono domande sul rientro della persona, ciò che le serve per guarire o come comportarsi.
La reintegrazione ha sempre successo? No, a volte è necessario un nuovo orientamento e anche il datore deve fare la sua parte. Pretendere che i collaboratori ritornino abili al lavoro non funziona. All’inizio, l’obiettivo non è la produttività, ma restare nel processo lavorativo. In base alla situazione economica può essere una sfida, ma alla fine è nell’interesse di tutti.
casemanagement.ug@helsana.ch
La scarsa offerta di abitazioni di proprietà, che ha contribuito al rialzo massiccio dei prezzi nell’ultimo decennio, si è trovata improvvisamente a far i conti con il raffreddamento della domanda a fronte del venir meno dell’altro suo indiretto ma fondamentale motore, il traino delle Banche Centrali con condizioni di finanziamento particolarmente favorevoli. Mentre il potere d’acquisto dei privati inizia a ridursi, si scorgono i primi segnali di una correzione.
Francoforte si è riconfermata la città più sopravvalutata insieme a Toronto. In cinque anni i prezzi del residenziale nella capitale finanziaria tedesca sono aumentati del 60% spinti al rialzo soprattutto dalla domanda di investitori stranieri, analogamente al mercato londinese.
l’evoluzione dei mercati immobiliari urbani di 25 fra le principali città mondiali. Il periodo di osservazione va fino a questo giugno, quando già i tassi ipotecari risultavano mediamente quasi raddoppiati rispetto al punto più basso di metà 2021, da cui si parte.
Un anno fa, sospinto dai tassi ipotecari ai minimi storici e dalla domanda di proprietà ravvivata dalla pandemia, che confinando in casa ha avuto però il merito di far rivalutare l’importanza dello spazio domestico, il mercato della proprietà immobiliare - perlomeno residenziale - veleggiava a pieno regime, controbilanciando l’inevitabile crescita dei prezzi grazie all’ulteriore miglioramento delle condizioni finanziarie, complice l’allentamento degli standard di prestito. Comprare era incontrovertibilmente più vantaggioso che affittare. Tuttavia proprio l’accelerazione della crescita del volume dei mutui ipotecari e il conseguente aumento dei rapporti debito/reddito facevano temere le conseguenze di un’inversione di rotta della
politica delle Banche centrali, che se allora era improbabile, quest’anno è stata invece forzata dall’impennata dell’inflazione. Allo stesso tempo, diversi shock hanno scosso i mercati finanziari.
«Per effetto dei bassi tassi d’interesse, nell’ultimo decennio l’andamento dei prezzi degli immobili residenziali si è allontanato da quello di redditi e locazioni. Le città nell’odierno territorio a rischio bolla hanno registrato durante il periodo aumenti di prezzi medi del 60% in termini rettificati per l’inflazione, mentre i redditi e le locazioni reali sono aumentati solo circa del 12%», evidenzia Matthias Holzhey, Head Swiss Real Estate del Chief Investment Office di Ubs Gwm, commentando i risultati dell’Ubs Global Real Estate Bubble Index di recente pubblicato, che prende in considerazione
«L’inflazione e le perdite patrimoniali dovute alle attuali turbolenze dei mercati finanziari stanno riducendo il potere d’acquisto delle famiglie, che frena la domanda di ulteriori spazi abitativi. Di conseguenza gli immobili residenziali stanno diventando meno interessanti come investimento, poiché le spese per i prestiti in molte città eccedono in misura sempre maggiore i rendimenti degli investimenti buy-to-let.», conferma Matthias Holzhey, «La solidità del mercato del lavoro rimane quindi l’ultimo pilastro della proprietà a uso proprio, ma con il deterioramento delle condizioni economiche rischia di vacillare. Pertanto, nella maggior parte delle città ad alta valutazione ci si aspetta una significativa correzione dei prezzi nei prossimi trimestri».
Al momento però i prezzi non sono ancora sincronizzati con i crescenti tassi d’interesse e gli squilibri dei mercati
immobiliari residenziali metropolitani globali sono molto elevati. Quasi metà delle 25 città presentano multipli prezzo-affitto superiori o prossimi a 30, in testa Francoforte, Ginevra e Zurigo. «A eccezione di tre città - Parigi, Hong Kong e Stoccolma - tutte quelle analizzate hanno visto aumentare i prezzi dei loro immobili residenziali, per una media del 10%, il maggior incremento dal 2007, cui risponde un’accelerazione della crescita dei mutui ipotecari. Per il secondo anno consecutivo il debito delle famiglie è salito in misura significativamente più rapida rispetto alla media di lungo periodo», sottolinea l’Head Swiss Real Estate di Ubs.
L’acquisto di un appartamento di 60 metri quadrati supera il salario annuale mediamente percepito da un lavoratore qualificato nel settore dei servizi. A Hong Kong, anche chi guadagna bene farebbe fatica. A Parigi, Tokyo, Londra e Tel Aviv i multipli prezzo-reddito superano di gran lunga il 10. «L’inaccessibilità degli alloggi è spesso segno di una forte domanda di investimenti stranieri, una stretta zonizzazione e una rigida regolamentazione del mercato degli affitti. Se la domanda si indebolisce, il rischio di una correzione dei prezzi aumenta e le prospettive di rivalutazione a lungo termine si riducono», avverte Matthias Holzhey.
Per contro, a Miami, Madrid, Dubai, San Francisco e Boston gli alloggi sono relativamente accessibili e, con buoni redditi anche a Los Angeles, Milano, Ginevra o Zurigo. «Certo, tutto dipende anche dai tassi di interesse e dagli obblighi di ammortamento: se sono elevati, l’onere sul reddito mensile può essere pesante anche in città con multipli di prezzo/reddito bassi come gli Stati Uniti. E viceversa, come si vede in regioni come la Svizzera e i Paesi Bassi», aggiunge l’esperto.
Il mercato europeo. Toronto e Francoforte si riconfermano le città più a rischio bolla delle 25 analizzate. Se i recenti aumenti dei tassi intrapresi dalla Bank of Canada potrebbero rappresentare la goccia che farà traboccare il vaso, a fronte di livelli dei prezzi immobiliari reali a Vancouver e Toronto più che triplicati negli ultimi 25 anni, con un’ulteriore impennata del 35% registrata dall’ultimo rilevamento dell’Ubs Real Estate Bubble Index per effetto dell’insostenibilità della pandemia, dal canto suo la capitale finanziaria tedesca, che insieme a Monaco è la più surriscaldata nell’Eurozona, ha però
«L’inflazione e le turbolenze sui mercati finanziari stanno riducendo il potere d’acquisto e frenando la domanda di spazi abitativi. La solidità del mercato del lavoro rimane l’ultimo pilastro, ma potrebbe vacillare. Nella maggior parte delle città ad alta valutazione ci si aspetta una significativa correzione nei prossimi trimestri»
MatthiasHolzhey, Head Swiss Real Estate Chief Investment Office di Ubs Gwm
Squilibri elevati sui mercati immobiliari residenziali metropolitani UBS Global Real Estate Bubble Index, Q3 2021 - Q2 2022
Prezzi in crescita media del 10% Tassi crescita prezzi annuale (Q2) in %, in alcune città dell’Indice
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Fonte: Ubs
visto fermarsi l’aumento dei prezzi a due cifre, assestandosi sul 5%, la metà del tasso medio degli ultimi cinque anni e di quello nazionale. Tuttavia i prezzi nominali delle abitazioni rimangono superiori di oltre il 60% rispetto a cinque anni fa, un dato decorrelato dalla crescita di redditi e affitti. «La domanda di investimenti ha svolto un ruolo cruciale nel surriscaldamento. Il tasso di sfitto è estremamente basso, ma le nuove costruzioni hanno subito un’ac-
Anni necessari a un professionista del terziario per finanziare 60 mq
Anni prima che l’affitto compensi il costo dell’investimento buy-to-let
Surriscaldamento non solo climatico, ma anche immobiliare. Prezzi elevati, non ancora sincronizzati con i tassi d’interesse in rialzo, per i principali mercati immobiliari residenziali metropolitani. Acquistare un alloggio di 60 mq quadri diventa proibitivo in sempre più città anche per lavoratori qualificati con un buon reddito. Ma il boom immobiliare globale dell’ultimo decennio sta arrivando al capolinea.
celerazione negli ultimi anni. Mentre la popolazione ha ristagnato dopo la pandemia, è stata soprattutto la tendenza a ridurre le dimensioni dei nuclei familiari a mantenere alto l’assorbimento. Poiché è probabile che le nuove costruzioni rimangano ai livelli attuali, la carenza di alloggi potrebbe attenuarsi. Al contempo, l’aumento dei costi di finanziamento e la scarsa crescita economica nel 2023 dovrebbero sgonfiare l’esuberanza del mercato. Inoltre, gli investimenti buy-to-let stanno diventando sempre meno attraenti, riducendo la domanda di immobili in vendita», commenta Matthias Holzhey.
Restando ai mercati europei, a muoversi in zona bolla è anche Amsterdam che ha registrato la più sensibile crescita dei prezzi, pari al 17% in termini nominali, mentre Parigi è la sola ad aver conosciuto una stagnazione uscendo dal territorio a rischio bolla, benché rimanga il mercato meno accessibile dell’Eurozona. Milano ha approfittato degli incentivi fiscali per le ristrutturazioni edilizie che insieme alla ripresa economica post pandemica e ai tassi d’interesse più bassi hanno supportato la crescita dei prezzi dopo un de-
cennio di stagnazione. Anche il mercato immobiliare londinese si è lasciato alle spalle un periodo di magra con il terzo anno consecutivo di rialzo dei prezzi, del 6%, compresi quelli del segmento di alto standard, appetibili per gli investitori internazionali in cerca di beni rifugio. «Nel complesso, lo squilibrio strutturale tra la forte domanda e la limitata crescita dell’offerta sostiene i prezzi delle abitazioni londinesi. Il rischio di una bolla è leggermente diminuito rispetto a un anno fa, ma lascia ancora il mercato immobiliare in territorio di sopravvalutazione. In prospettiva, l’abolizione del requisito che obbliga i mutuatari a potersi permettere un aumento di tre punti percentuali dei tassi di interesse, dovrebbe portare a un modesto aumento dei prestiti, che potrebbe incrementare sia la domanda che i prezzi. Tuttavia, diverse nubi incombono all’orizzonte. I tassi sono triplicati rispetto ai minimi da metà 2021 e la fine della politica di esenzione dall’imposta di registro per le prime 500mila sterline che aveva spinto le transizioni durante il Covid ridurrà probabilmente anche la domanda di proprietà. Inoltre, sebbene la debolezza
della sterlina renda le proprietà in città attraenti per gli acquirenti stranieri, questi ultimi terranno presente che il deprezzamento della valuta ha cancellato gran parte delle plusvalenze in passato», commenta l’Head Swiss Real Estate di Ubs. Scenari d’Oltreoceano. Nonostante la forte inflazione, i multipli prezzo-affitto in diverse città statunitensi sono recentemente aumentati. Il dato può adombrare anche scenari divergenti, come quello di Miami, che continua a beneficiare della sostenuta immigrazione e del forte interesse degli investitori esteri, e di San Francisco, per cui si delinea un futuro difficile se si considerano le assunzioni contenute nel settore tecnologico e le prospettive di prosecuzione di modelli di lavoro ibrido e remoto. Nel complesso, va ricordato che le città statunitensi osservate presentano i multipli più bassi tra i mercati analizzati. Ciò riflette, tra l’altro, tassi di interesse più elevati e una regolamentazione relativamente blanda del mercato degli affitti. «Al contrario, le leggi sugli affitti in Francia, Germania e Svezia sono fortemente favorevoli ai locatari, impedendo che gli affitti riflettano i veri livelli di mercato. Tuttavia,
Zurigo e Ginevra, le due città svizzere prese in considerazione dall’Ubs Global Real Estate Bubble Index, rimangono in territorio sopravvalutato. Da inizio pandemia, i prezzi immobiliari nella regione di Zurigo sono aumentati circa del 20%, leggermente più della media nazionale e molto rispetto agli affitti, sul 7%, di per sé percentuale già elevata. La carenza di alloggi nelle aree urbane, determinata dalla domanda, si è intensificata e i tassi di sfitto sono scesi a un minimo storico. La domanda let-to-buy è destinata a crollare, poiché i costi di finanziamento con un rapporto prestito/valore del 60% assorbono già la maggior parte del reddito netto da locazione. Inoltre, dal punto di vista dei costi puri, l’affitto è diventato significativamente più conveniente dell’acquisto ai tassi di interesse attualmente elevati. I prezzi delle case dovrebbero quindi tornare a un livello giustificato dai fondamentali. Ma grazie alla continua forte crescita della popolazione nell’area economica di Zurigo, potrebbe verificarsi nel tempo un aggiustamento senza che vi sia una forte correzione a
breve termine dei prezzi nominali. Analogamente, a Ginevra il rapporto prezzo/locazione ha raggiunto livelli elevati, non sincronizzati con i tassi di interesse positivi, e il mercato è sopravvalutato. Tuttavia, il primato rimane a Zurigo, poiché a Ginevra le persone si spostano verso regioni più accessibili. Anche i risultati dell’Ubs Swiss Real Estate Bubble Index confermano come a livello nazionale nel terzo trimestre 2022 i prezzi delle abitazioni a uso proprio non abbiano ancora risentito della crescita dei tassi, aumentando di un ulteriore 1,4% rispetto al trimestre precedente, contestualmente a un incremento del 3,1% del volume dei mutui in essere sull’anno precedente. Su dell’1,1% le pigioni richieste, mentre il reddito delle famiglie dovrebbe crescere di circa l’1,8% su base annua. Pertanto l’Ubs Swiss Real Estate Bubble Index rimane ben al di sotto del livello registrato durante la bolla immobiliare dei primi anni Novanta. Tuttavia, il valore dell’indice è aumentato significativamente da metà 2020 e attualmente suggerisce una chiara sopravvalutazione del mercato svizzero delle abitazioni occupate dai proprietari. I maggiori costi di finanziamento dovuti all’aumento dei tassi ipotecari rendono poco attraenti i nuovi investimenti buy-to-let e hanno annullato il vantaggio finanziario dell’acquisto di un immobile rispetto all’affitto. La domanda potrebbe essere ulteriormente rallentata da una contrazione dei redditi nel prossimo anno. Tuttavia, a causa della scarsità di offerta di alloggi di proprietà è improbabile una correzione dei prezzi nei prossimi dodici mesi.
i multipli prezzo-affitto stratosferici non rispecchiano solo i bassi tassi di interesse o la forte regolamentazione del mercato degli affitti, ma anche le aspettative di aumento dei prezzi, come nel caso di Zurigo e Monaco. Gli investitori si aspettano di essere compensati con plusvalenze per i rendimenti da locazione molto bassi. Se queste speranze non si concretizzano e le aspettative si deteriorano, i proprietari di case nei mercati con multipli prezzo-affitto elevati rischiano di subire perdite di capitale significative», avverte l’Head Swiss Real Estate di Ubs.
Nella regione Asia-Pacifico, forte della sua posizione di business hub internazionale Singapore continua a vedere salire i prezzi (+11% tra metà 2021 e metà 2022), ben lontana dal rischio bolla cui invece tendono Hong Kong, che malgrado la correzione del 4% continua a gravitare nella zona rischio, e Tokyo, dove continua ininterrotto da due decenni l’aumento dei prezzi, trainato da condizioni finanziarie attrattive e dalla crescita demografica,
seppur quest’anno a un ritmo minore.
In Medio Oriente, Dubai prosegue nel saliscendi degli ultimi due decenni correlato all’andamento del petrolio. Dopo sette anni di calo, i prezzi delle abitazioni, hanno registrato una crescita nominale del 10% tra metà 2021 e metà 2022, tornando ai livelli del 2019, ma ancora del 25% al di sotto del picco del 2014. «In prospettiva, il mercato dovrebbe beneficiare di un nuovo programma di visti con requisiti di residenza meno rigidi per i professionisti qualificati e di nuove norme che aumentano la trasparenza delle transazioni. E man mano che i nuovi inquilini si insedieranno, diventeranno potenziali acquirenti. La crescita dei prezzi delle case rimarrà probabilmente elevata nei prossimi trimestri, ma gradualmente frenata dall’aumento dei costi di finanziamento. A lungo termine, con l’eccesso di offerta esistente e le nuove costruzioni che continuano a superare la crescita della popolazione, il percorso immobiliare di Dubai rimarrà probabilmente accidentato», con-
Su entrambe le sponde dell’oceano, le principali metropoli si confrontano con mercati surriscaldati: oltre a Francoforte e Toronto, anche Zurigo, Monaco, Hong Kong, Vancouver, Amsterdam, Tel Aviv e Tokyo presentano un rischio elevato. Sempre più evidente, lo scollamento dell’andamento dei prezzi della proprietà da quello di affitti e redditi.
clude l’Head Swiss Real Estate di Ubs. Se molte restano le incognite per poter definire l’evoluzione - o la più probabile l’involuzione - del mercato immobiliare sul medio e lungo termine, vero è che per la prima volta dopo almeno un decennio di crescita esponenziale dei prezzi sono all’opera i fattori che potrebbero sgonfiarli, anche senza per forza far traumaticamente scoppiare la bolla, e la proprietà vede vacillare i suoi punti di forza.
Con una struttura più semplice, agile e robusta, meno costosi da sviluppare di quelli classici, i nanoanticorpi attirano crescenti investimenti in un mercato nuovo, promettendo applicazioni terapeutiche e diagnostiche all’avanguardia in ambito oncologico e per malattie croniche e infettive. Il Ticino delle scienze della vita può diventarne protagonista grazie a una start up specializzata nello sviluppo preclinico, forte di avanzate tecniche di ingegneria genetica.
Già nell’autunno 2023, soltanto a un anno dall’inizio dell’attività, la start up Choose Life Biotech, con sede a Bellinzona, prevede di raccogliere i primi risultati a livello di ricerca preliminare dei tre progetti avviati grazie a una prima importante partnership sottoscritta con Ibsa, la multinazionale farmaceutica che ha il suo quartier generale in Ticino.
Nella top ten dei farmaci che nel 2021 hanno generato il maggior fatturato sei erano anticorpi. Prima di essere scalzato di peso dal vaccino anti-Covid Pfizer-BioNTech, nel 2019 era Humira (un anticorpo monoclonale utilizzato per alcune malattie artritiche) a guidare la classifica con un fatturato di 22 miliardi di dollari l’anno, nonostante si tratti di un off patent. Gli anticorpi sono molecole-chiave per il sistema immunitario, in grado di legarsi a un patogeno e neutralizzarlo. Ad esempio, chiunque abbia fatto la varicella, sviluppa anticorpi che resteranno con lui tutta la vita, proteggendolo da un secondo attacco. Virus invece come quelli influenzali o del Covid, che continuano a mutare, richiedono di svilupparne di nuovi. Un vaccino, iniettando
un ‘pezzettino’ del virus in un organismo sano, consente al sistema immunitario di costruire anticorpi efficaci nel giro di alcune settimane, dunque ha una funzione preventiva. Ma è anche possibile usare direttamente gli anticorpi come terapia, ad esempio proprio quando non si può aspettare l’effetto del vaccino o nel caso di persone che non possono o vogliono ricorrervi, tipicamente pazienti immunodepressi durante una cura chemioterapica oppure dopo un trapianto. Scoperti negli anni Settanta ed entrati massicciamente nel mercato da una ventina di anni, hanno trovato applicazione terapeutica dapprima in ambito oncologico e, più di recente, un forte sviluppo anche nella cura di malattie infettive e infiammatorie.
Se le previsioni stimano una crescita annuale del mercato degli anticorpi at-
torno al 10%, si sale al 25% quando si parla di nanoanticorpi: simmetricamente i valori in gioco sono del tutto diversi150 miliardi di dollari per i primi, 240 milioni i secondi, che rappresentano però un mercato estremamente promettente, ancora in larghissima parte da esplorare e che sta perciò attirando crescenti investimenti, che l’anno prossimo potrebbero portarlo a sfondare la soglia del primo miliardo. Come ha scelto di fare Choose Life Biotech (Clb): «Fino al 2017-2018 il mercato è rimasto sostanzialmente bloccato per questioni di patent. Negli ultimi due anni il numero brevetti per nanoanticorpi e di molecole che stanno entrando in clinical trial sta iniziando a crescere a ritmi vertiginosi, quindi abbiamo reputato che fosse il momento giusto per investire ed entrare in campo», dichiara Vincenzo Martino, che mette l’esperienza manageriale maturata in ambito farmaceutico e in contesti finanziari a disposizione di Choose Life Biotech, di cui è cofondatore insieme al Dr. Luca Varani, che porta invece le competenze scientifiche sviluppate in 15 anni alla guida del Laboratorio di Biologia strutturale dell’I-
stituto di Ricerca in Biomedicina (Irb) di Bellinzona. Si conoscono sin dall’infanzia, le loro madri erano migliori amiche; ritrovatisi qualche anno fa, è nata l’idea di ‘scegliere la vita’. In quella che ormai è non solo la capitale politica ma anche del cluster nelle scienze della vita del Ticino, hanno voluto insediare una start up che ha tutti i requisiti - idee, strategia, expertise, visionarietà e unicità - per un solido futuro. Un’acquisizione di cui la città si è ampiamente felicitata.
Ancora piccoli, ma con un grande potenziale, proprio come il loro campo di indagine: «I nanoanticorpi sono molecole naturali, scoperte per caso, una ventina di anni dopo quelle tradizionali, nei camelidi (cammelli, lama, alpaca). Grandi circa un decimo dell’anticorpo classico, che ha una forma a Y, sono invece costituiti da un unico braccio, con una struttura più semplice, stabile, robusta e facile da ‘maneggiare’. A livello pratico, questo si traduce in costi di sviluppo e produzione nettamente inferiori: cento volte meno - in letteratura si arriva a leggere anche mille - di una dose di anticorpi, che può costare anche migliaia di dollari, prezzo che rappresenta uno dei loro principali svantaggi rispetto ai vaccini, ben più economici. A livello terapeutico, grazie alla loro piccola dimensione i nanoanticorpi hanno importanti atout, ad esempio riescono a passare attraverso la barriera emato-encefalica del cervello, cosa impossibile a quelli normali, o ad arrivare dallo stomaco fino all’intestino senza bisogno di rivestimenti o riformulazioni particolari, o ancora si possono somministrare tramite spray nasale. Rimangono inoltre intatti anche a temperature molto elevate, fino ad 80 gradi, il che ne facilita la conservazione e l’impiego anche in aree del mondo come l’Africa», specifica Luca Varani.
Anche quello che parrebbe un difetto, la breve emivita, ovvero il tempo durante il quale la loro concentrazione nel sangue si riduce del 50% può essere sfruttato proficuamente. Evidentemente è problematica qualora li si voglia impiegare, ad esempio, contro il Covid, come peraltro è stato fatto, potendo dare una copertura ad hoc, solo di due o tre giorni. Gioca invece a favore quando vengono associati a meccanismi di rilascio controllato, ad esempio collegati a un chemioterapico, come spesso accade dato che i nanoanticorpi possono essere programmati per raggiungere bersagli ben precisi, quali le
«Altamente ingegnerizzate, modulari e flessibili, le nostre librerie di nanoanticorpi umani sono pronte anche a guardare in direzione della medicina personalizzata, per sviluppare terapie più efficaci e mirate, basate sulle caratteristiche genetiche individuali»
monoclonali tradizionali
Nanoanticorpi:
• Naturali, umani, piccoli, stabili,
• Minori costi di produzione, sviluppo e regolatori
• Raggiungono aree dove i tradizionali non arrivano
• Ottimi per terapia e diagnostica
• Innovativi, versatili, ampio margine di crescita
Il boom dei nanoanticorpi bispecifici in fase di sviluppo Numero di nanoanticorpi bispecifici in sviluppo (fase preclinica o early clinic), per destinazione, 2005-2022
cellule tumorali, oppure insieme a traccianti diagnostici. Scomparendo in tempi brevi, portano con loro anche le sostanze tossiche, dopo averle condotte a destinazione e averle lasciate agire per il tempo necessario.
Poiché il settore, pur essendo ancora una nicchia, si sta popolando, occorreva una proposta in grado di differenziarsi scegliendo il giusto bersaglio. «Abbiamo deciso di concentrarci sullo sviluppo pre-
Esponenziale crescita per il mercato dei nanoanticorpi, con decine di progetti avviati negli ultimissimi anni. I loro atout promettono applicazioni terapeutiche e diagnostiche all’avanguardia, in ambito immunooncologico e nella cura di malattie infettive e croniche. Con le sue librerie di nanoanticorpi altamente ingegnerizzate, Choose Life Biotech ha il twist per aprire nuove strade.
Sopra, i primi tre ricercatori del team R&D di Choose Life Biotech. Da sinistra, Raoul de Gasparo, Protein Chemistry; Federico Bertoglio, Protein Production; Lorenzo Deho’, Library Design.
Ha appena inaugurato, a fine ottobre, il suo nuovo stabilimento a Lugano, cosmos: non solo il più grande sito produttivo del Gruppo Ibsa, che conta 17 filiali in Europa, Cina e Stati Uniti, oltre 2000 collaboratori e un fatturato consolidato di 800 milioni di franchi, ma anche l’espressione dell’impegno verso il territorio secondo la filosofia aziendale del Presidente Arturo Licenziati. Qui si è concretizzata in un’infrastruttura innovativa che si inserisce nel nuovo distretto industriale CorPharma di Ibsa in un’ottica di sostenibilità e riqualificazione del tessuto urbano, mettendo al centro le persone. Impegno verso il territorio e capacità di individuarne le risorse che si applicano anche alla partnership sottoscritta a luglio con Choose Life Biotech. «Oggi Ibsa vanta un ampio portafoglio prodotti che copre 10 aree terapeutiche e rappresenta uno dei maggiori operatori a livello mondiale nell’area della Medicina della Riproduzione e uno dei leader mondiali nei prodotti a base di acido ialuronico», evidenzia Tiziano Fossati (in foto), Head of R&D Pharmaceutical di Ibsa. Gli anticorpi rappresentano il futuro della farmacologia in oncologia e nelle malattie croniche e infettive, con importanti benefici per il paziente, come l’assenza o la riduzione di effetti indesiderati grazie alla loro specificità mirata. «Le immunoterapie stanno crescendo in modo esponenziale, con un numero sempre più elevato di prodotti sul mercato per il trattamento di patologie oggi con poche opzioni terapeutiche disponibili. Nel corso dei prossimi decenni, grazie alla partnership con Choose Life Biotech estenderemo le nostre attività di ricerca e sviluppo verso queste nuove aree caratterizzate da un elevato interesse terapeutico, con un approccio mirato ad attivare e rinforzare il sistema immunitario spingendolo ad attaccare bersagli specifici, per esempio le cellule cancerose», specifica Tiziano Fossati. Il lavoro della start up bellinzonese si focalizza sulla parte preclinica, ma proprio grazie all’alleanza con Ibsa sarà possibile aprirsi alle successive fasi e sperimentazioni, progredendo nel campo della medicina personalizzata, con grandi potenzialità di cambiare le prospettive di cura di diverse patologie per molti pazienti in tutto il mondo.
clinico di farmaci mediante ingegneria molecolare di nanoanticorpi. In primavera saranno pronte le librerie di nostri anticorpi proprietari unici in costruzione e a partire dalle quali i nostri ricercatori potranno lavorare ai diversi progetti. Sono una sorta di gigantesco archivio: in parole semplici, al posto di sviluppare i nanoanticorpi a partire da un alpaca o un lama, con tutte le problematiche, i costi veterinari e le tempistiche che pone possedere una farm, nonché i rischi di rigetto passando alla somministrazione all’uomo, noi invece li costruiamo in vitro, creando un repertorio di 10 miliardi di diversi nanoanticorpi compatibili con il nostro sistema immunitario, a cui attingere per sviluppare soluzioni potenzialmente adatte a tutti i target», spiega Luca Varani.
Poter mettere mano a un nuovo progetto a partire da queste librerie permette di evitare tempi morti di set up ogni volta che si passa a studiare un nuovo antigene, ottenendo già una risposta in 8 settimane contro 6 mesi. Ricorrendo a una similitudine: quando si vuole sviluppare un nuovo nanoanticorpo contro un antigene X, si lancia quest’ultimo nella libreria come se fosse legato a una canna da pesca, prelevando tutti quelli che reagiscono attaccandosi alla lenza. Poi si comincia a studiarli e a lavorare sulla parte di R&D.
«Di per sé di librerie anticorpali ne esistono tante, ma quando si passa ai nanoanticorpi se ne contano ancora pochissime di quelle animali, mentre di umane, come le nostre, non ne abbiamo individuata nessun’altra, perlomeno fra quelle pubblicamente note. La tecnologia su cui si basano esiste dunque già, è stabile, a basso rischio, ma le nostre hanno un twist che le caratterizza, una parte di rational engeneering che viene dalla mia esperienza biologo molecolare. Altamente ingegnerizzate, modulari e flessibili, sono pronte a guardare in direzione della medicina personalizzata, per sviluppare terapie più efficaci e mirate, basate sulle caratteristiche genetiche individuali», sottolinea Luca Varani, forte delle competenze maturate nel campo delle proteine e degli anticorpi ricombinanti in 15 anni alla testa del Laboratorio di Biologia strutturale dell’Irb, dove è arrivato dopo un post-doc a Stanford e prima il dottorato a Cambridge presso il Mrc Laboratory of Molecular Biology - per intendersi, quello che ha letteralmente inventato la biologia molecolare, fra l’altro con la sco-
perta della doppia elica del Dna e degli anticorpi monoclonali. A Bellinzona ha portato anche l’attitudine imprenditoriale di chi, avendo assistito alla creazione di molte start up biotech di successo, sa bene come e quando valga la pena di muoversi.
A tre mesi dall’inaugurazione, i laboratori si stanno popolando di macchinari e materiali, 450mila franchi di investimento per iniziare. Sono già predisposti per accogliere fino a 16 postazioni, delle quali per il momento ne verranno occupate tre dai primi ricercatori assunti: uno è stato ‘strappato’ niente meno che a Roche, un altro è tornato a casa a Bellinzona dopo il dottorato all’Eth, il terzo viene dalla Germania. Posti altamente qualificati a cui in futuro si prevede di aggiungerne altri con il primo scale up a sette ricercatori nel 2024.
«I primi tre progetti che abbiamo iniziato a sviluppare sono nati dalla partnership con Ibsa, nostra prima sostenitrice. Abbiamo preso i primi contatti questo gennaio e a maggio già firmavamo l’accordo. Il Presidente Arturo Licenziati ci ha dato fiducia quando ancora dovevamo partire, e anche il team direzionale del Gruppo ha lavorato con grande velocità ed efficacia. Una bellissima intesa che ci permette di creare una sinergia con un leader della farmaceutica che ha sede sul nostro territorio. Insieme abbiamo individuato tre linee di sviluppo di loro interesse e il prossimo autunno, quindi soltanto a un anno dall’inizio dell’attività, prevediamo di raccogliere i primi risultati a livello di ricerca preliminare», anticipa Vicenzo Martino.
Clb si concentra dunque sulla parte di ricerca e sviluppo preclinico, puntando all’alleanza con aziende farmaceutiche per creare economie di scala e affrontare le fasi successive di clinical trial, con costi altrimenti inaccessibili, che si aggirano in una forchetta da 20 a 50 milioni di franchi in fase 2, per schizzare da 80 a 400 in fase 3. «In parallelo a quanto stiamo realizzando con Ibsa, ci piacerebbe dall’anno prossimo mettere mano anche ad altri progetti, sempre sulla base delle nostre librerie. Abbiamo già diverse idee concrete, anche molto innovative, che potrebbero vederci primi al mondo sviluppare un proof of concept. Sappiamo cosa fare, abbiamo i reagenti iniziali, un business plan ben definito e modulare, serietà professionale. La volontà è quella di crescere in Svizzera, convinti che la qualità premi
«Negli ultimi anni, il mercato dei nanoanticorpi sta crescendo a ritmi esponenziali. Noi ci mettiamo in gioco con idee concrete, anche molto innovative, competenze scientifiche altamente qualificate, un business plan ben definito e modulare. La volontà è di crescere e rimanere in Svizzera»
Vincenzo Martino, cofondatore e Presidente di Choose Life Biotech
Se il mercato degli anticorpi monoclonali, scoperti nel 1975, è oggi di 150 mld di dollari, i nanoanticorpi sono ancora all’inizio, ma con una rapida ascesa che già l’anno prossimo dovrebbe portarli a raggiungere il primo miliardo di valore. A guidarne lo sviluppo R&D Usa ed Europa.
malgrado i costi più elevati. Chi volesse sostenerci in questa fase d’avvio nello sviluppo di un nuovo progetto preclinico, si prenderebbe qualche rischio, ma sono certo che fra tre anni venderemo le partnership a un costo molto più elevato», sottolinea il Presidente di Clb.
Naturalmente sono già previste sinergie con i due istituti dell’associazione Bios+ - l’Irb per la ricerca di base in ambito immunologico e lo Ior nell’oncologicoanche fisicamente a pochi passi, con Clb che ha trovato ospitalità nello stabile in via Pometta appena liberato dallo Ior. Sulla porta di ingresso, il logo non lascia dubbi: la doppia spirale aperta che richiama l’e-
lica del Dna e il simbolo dell’infinito verso il quale si vuole andare. Restando in Ticino: un radicamento esplicitato dal ‘ch’ in rosso di biotech. Innovativi, in un settore ancora di nicchia che rappresenta l’avanguardia dell’immunoterapia, forse il mercato in maggiore espansione, attualmente, della ricerca biomedica nel mondo.
CattaneoAbilitante, pervasiva, strategica: l’informatica si muove alla frontiera dell’innovazione, continuamente riplasmata da nuove esigenze e dal moltiplicarsi degli ambiti applicativi, che richiedono profili specializzati, ma al contempo aperti all’interdisciplinarietà.
Società dell’informazione, era dei dati: espressioni che fotografano, più nobilitante la prima più prosaica la seconda, la pervasività delle tecnologie informatiche pressoché in ogni settore e attività lavorativa e quotidiana - produttiva o contemplativa, creativa o ricreativa. Se il computer-calcolatore è entrato in scena come strumento di supporto operativo, l’esponenziale sviluppo ha portato nel giro di una manciata di decenni l’informatica ad acquisire una valenza strategica e abilitante, il presupposto della rivoluzione digitale che ha ridisegnato gli equilibri produttivi, sociali e culturali della contemporaneità. Eloquente che il digital divide sia assurto a indicatore di disparità di chances, quando dall’accesso a tecnologie e rete dipende ormai la possibilità di usufruire di diritti e servizi fondamentali.
«Se fino a non molti anni fa l’informatica si occupava sostanzialmente di sviluppare software e gestire sistemi, reti e sicurezza, più di recente si sono visti emergere nuovi ambiti come Cloud, Blockchain, Internet of Things o la realtà virtuale e aumentata
associate a nuove forme di interazione, vocali e visive. Ambiti un tempo di nicchia, come l’intelligenza artificiale e la data science, sono diventati importanti. Inoltre anche in quelli storici, la complessità raggiunta richiede una quantità di competenze e un livello di approfondimento assolutamente superiore, basti guardare le architetture software moderne», osserva Roberto Mastropietro, Responsabile della formazione continua in informatica presso il Dipartimento tecnologie innovative (Dti) della Supsi.
La programmazione si confronta con nuovi paradigmi e linguaggi dell’ingegneria del software, nuovi elementi di descrizione e analisi, nuove metodologie e strumenti dell’algoritmica. Si richiede, ad esempio, di padroneggiare elementi di grafica, architetture software, sistemi distribuiti e di sicurezza, nuove modalità di utilizzo dei dati e di gestione dell’informazione.
Specializzata ma interdisciplinare. «Di fatto, l’evoluzione conosciuta esclude la figura del generalista, richiedendo di orientarsi verso una specializzazione per
trovare un posizionamento interessante sul mercato del lavoro. Anche il ruolo tipico dell’ingegnere informatico - lo sviluppatore di software - si è evoluto: non è solo un programmatore, ma si occupa di tutta la fase di sviluppo, compresa l’analisi dei requisiti e il coinvolgimento dell’utente. Proprio quest’ultimo diventa un elemento centrale: poiché, insieme alla quantità di dati, sono cresciuti enormemente il numero e la tipologia di utenti che le soluzioni devono sostenere, la user experience ha acquisito un peso rilevante nel successo finale. Realizzare prodotti e interfacce che risultino semplici e affidabili per l’utente generico ha causato il trasferimento della complessità all’interno della soluzione stessa, richiedendo competenze più ampie e approfondite a chi le progetta e le realizza», sottolinea Roberto Mastropietro.
Se mai ha avuto fondamento, il mito dell’informatico isolato nella sua stanzetta a scrivere codice non è più realistico: poiché i progetti informatici sono oggi interdisciplinari, è sollecitata la capacità di interagire con persone provenienti da
ambiti diversi, spesso non di estrazione tecnica, visto che la digitalizzazione ha esteso il ‘-tech’ a domini applicativi anche in origine estranei, dalla finanza alla sanità, dall’alimentare alla didattica.
«Dapprima si deve cercare di capire l’ambito applicativo delle soluzioni che si vanno a sviluppare e le persone con le quali ci si deve relazionare, per trovare un punto di incontro. Ragione per cui anche a livello di formazione si lavora anche sulle soft skill. Nel caso del nostro Bachelor in Ingegneria informatica, sono stati introdotti nel curriculum elementi e corsi per esercitare e migliorare la capacità di comunicazione, anche interculturale. Un esempio su tutti è quello di un progetto che vede collaborare per un semestre i nostri studenti con quelli della Penn State University, lavorando a distanza in gruppi misti e distribuiti. Fondamentali poi sono i lavori di gruppo, insieme a quelli di semestre e diploma, dove una prima collaborazione con aziende esterne, consente di interfacciarsi anche con il cliente, imparando a interpretare la sua idea di prodotto o servizio e a tradurla in un progetto reale», spiega Sandro Pedrazzini, Responsabile del corso di laurea in Ingegneria informatica del Dti. Il Ticino è stato tra i primi cantoni in Svizzera, con l’allora Scuola tecnica superiore, poi confluita nella Supsi, a proporre dal 1986 un ciclo di studi in informatica, solo pochi anni dopo il Politecnico di Zurigo.
Sviluppatore software e gestore di sistemi e di reti rappresentano tuttora i profili più ricercati dalle aziende, meglio se con qualche conoscenza in data science. «Altri profili più di nicchia hanno una significativa richiesta a livello nazionale e internazionale, ad esempio, Blockchain, cybersecurity, gaming, realtà virtuale sono specializzazioni per le quali il mercato offre importanti opportunità», commenta il responsabile della formazione continua in informatica del Dti.
Malgrado il settore sia tra i più appetibili, si continua a lamentare la carenza di informatici, una problematica non solo svizzera, dove si stima che nel giro di pochi anni potrebbero mancare 35mila effettivi. «In realtà non è così sorprendente che il boom dei posti di lavoro non riesca a essere soddisfatto internamente: il numero comunque cospicuo di studenti dell’area ingegneristica, pur di qualche punto percentuale sotto la media europea, si distribuisce sulle tante specializzazioni
«Anche il ruolo tipico dell’ingegnere informatico - lo sviluppatore di software - si è evoluto: non è solo un programmatore, ma si occupa di tutta la fase di sviluppo, compresa l’analisi dei requisiti e il coinvolgimento dell’utente. Proprio quest’ultimo diventa un elemento centrale»
Roberto Mastropietro, Responsabile Formazione continua in Informatica del Dti della Supsi
La trasversalità dell’Ict ai diversi settori Stima dell’impatto dei trend tecnologici su una selezione di settori
Impiegati nel settore Ict In migliaia, 2019
Totale: 176mila
■ Sviluppatori Soft. ■ Ingegneri informatici
■ Analisti di sistema ■ Specialisti di rete e sicurezza
■ Mediamatici ■ Altri informatici
Fonte: Ict-Berufsbildung Schweiz
possibili. Inoltre si contano ancora troppo poche presenze femminili, specialmente nelle aree più tecniche, mentre sono focalizzate soprattutto dove c’è un maggior coinvolgimento o spazio alla creatività, come nei settori del digital marketing o della user experience design», spiega Roberto Mastropietro. Fondamentale agire sin dalle scuole dell’obbligo con giornate e occasioni di sensibilizzazione oltre ad assicurare più posti di tirocinio, ingresso
Sulla strada della digitalizzazione Grado di digitalizzazione, in %, per ambito
L’informatica diventa il volano di sviluppo di sempre più ambiti, come dimostrano i trend di innovazione che più attirano industria e ricerca. Il livello di digitalizzazione della Svizzera, ancora insoddisfacente in settori come energia, mobilità e sanità, sta migliorando grazie alla strategia nazionale, ma già si prevede un forte ammanco di ingegneri informatici per sostenerlo, 36mila nel 2028.
«Il mito dell’informatico isolato nella sua stanzetta a scrivere codice non è più realistico: poiché i progetti informatici sono interdisciplinari, è sollecitata la capacità di interagire con persone spesso non di estrazione tecnica. Ragione per cui anche a livello di formazione si lavora anche sulle soft skill»
Sandro Pedrazzini, Responsabile del Corso di laurea in Ingegneria informatica del Dti
Fortemente orientato alla pratica e connesso al mondo professionale come nello spirito di una Sup, il corso di laurea in Ingegneria informatica del Dti forma diplomati con conoscenze approfondite delle metodologie di concezione e sviluppo di sistemi software e della gestione di sistemi nell’ambito delle tecnologie dell’informazione. «Partendo da un percorso generalista, i nostri studenti possono personalizzarlo attraverso moduli a scelta e opzionali, proposti nel terzo anno conclusivo. Ad esempio, è possibile approfondire la filiera della grafica computerizzata, con corsi in realtà virtuale e game development, crearsi un profilo in Cybersecurity oppure in Data science, con l’aggiunta di machine learning e in natural language processing», spiega il responsabile Sandro Pedrazzini. Negli ultimi anni si nota in alcune Sup la tendenza a una differenziazione dei curricula già nella formazione Bachelor, come accade ad esempio con proposte dedicate all’informatica per la medicina a Berna, alla cybersecurity a Lucerna oppure il Bachelor in Data Science in un paio di altre scuole universitarie professionali, tra cui la Supsi. Una specializzazione è comunque sempre disponibile anche dopo un Bachelor, attraverso un percorso di Master. Sempre più studenti, scelgono di proseguire con il Master, che nel caso delle Scuole universitarie professionali svizzere ha la particolarità di essere gestito in collaborazione da più sedi Losanna , Zurigo e la Svizzera italiana. «A livello di formazione continua, invece, le proposte di breve e media durata attirano soprattutto professionisti senza un particolare background informatico ma che desiderano espandere le loro competenze all’intersezione con un altro settore, come il Cas Fintech, il Cas Blockchain o quello su Privacy e protezione dei dati, per chi viene dall’ambito finanziario e legale, o Digital Marketing e E-Commerce Manager per chi viene da management e sales», conclude Roberto Mastropietro.
principale nel settore, così come può contribuire agire a livello di riqualificazione professionale.
Valore strategico. Se oggi la tendenza, soprattutto per le piccole e medie aziende, è a esternalizzare i servizi It quando riguardano attività di organizzazione dell’infrastruttura hardware e i sistemi software, l’archiviazione dei dati, i backup
o la sicurezza informatica, diverso è il discorso laddove assume un valore strategico: «C’è stata una fase storica in cui l’informatica era vista come un servizio, quindi un costo possibilmente da ridurre, esternalizzandolo a chi la gestisse in modo più efficace. Tuttavia nel tempo si è consolidata la tendenza a destinarle unità interne quando assumono una valenza mis-
sion critical, perché l’informatica fa parte dello sviluppo dei prodotti e servizi in cui è integrata, costituendone il fondamentale valore aggiunto, dunque diventando un asset strategico per l’azienda. Abbiamo visto anche grosse organizzazioni che avevano esternalizzato nell’Est Europa o in India tornare sui propri passi e ricostituire un settore interno dedicato», conclude Roberto Mastropietro.
La rivoluzione dell’e-Health. Un ambito efficace per esemplificare il discorso è quello della sanità, sempre più sollecitato dalla conversione al digitale che, se da una parte offre promettenti prospettive di miglioramento nella qualità delle cure e nella gestione delle infrastrutture, dall’altro richiede di far dialogare settori e culture distanti. Anche la Svizzera ha lanciato la propria ‘Strategia e-Health’, termine che include tutti i servizi sanitari elettronici per mezzo dei quali si intende migliorare le procedure e collegare tra loro gli attori della sanità pubblica. Un ambito in cui, sorprendentemente per una nazione che ha la spesa sanitaria più elevata in Europa ed è all’avanguardia sotto numerosi aspetti, si fatica ancora.
«In parte il ritardo è dovuto alla peculiare natura politico-organizzativa svizzera, dove tutt’oggi ogni cantone ha la propria legislazione sanitaria, con difficoltà di interoperabilità addirittura a livello delle singole strutture, anche se le varie organizzazioni sanitarie, compresa la nostra, stanno veramente investendo molte risorse ed energie», osserva Marco Bosetti, responsabile dell’Area Ict dell’Ente ospedaliero cantonale. Resa autonoma una quindicina di anni fa, quest’unità conferma come lo spettro delle attività si sia fortemente ampliato, dall’informatica ‘classica’ al supporto di nuovi servizi e ambiti. Oggi, nel suo genere, rappresenta un unicum a livello svizzero insieme a Ginevra, che ha adottato lo stesso approccio privilegiando lo sviluppo interno di competenze, applicazioni cliniche e business ritenute strategiche.
«Obiettivo primario è fornire “il dato giusto al momento giusto all’operatore giusto” per consentirgli di prendere le decisioni migliori sia dal punto di vista clinico, sia da quello amministrativo e per il facility management, poiché un ospedale è anche un’infrastruttura. L’utente deve avere un vantaggio misurabile, non solo soggettivo: nel caso del personale medico e curante significa poter prendere deci-
sioni migliori grazie al supporto che determinate soluzioni e processi forniscono all’intelligenza umana, al contempo permettendo di aumentare la sicurezza grazie all’accesso immediato ai dati sensibili e di aver più tempo da investire nella relazione con il paziente», spiega Marco Bosetti.
Determinante per il successo è un’user experience il più intuitiva e lineare possibile, facendo attenzione a fornire sempre sottinsiemi di informazioni ben profilate, il che impone a monte un grosso sforzo in termini di analitics, aspetto sul quale l’Eoc lavora insieme agli ingegneri informatici e agli studenti della Supsi. Dal canto suo, il team customer care dell’Area Ict, prima di ogni implementazione analizza bisogni e priorità degli utenti e segue l’adozione dei nuovi strumenti.
Un tassello molto importante della digitalizzazione del sistema sanitario è la Cartella informatizzata del paziente (Cip), attorno alla cui introduzione ruota la versione 2.0 della strategia nazionale e-Health lanciata nel 2018. ««Nel caso della Svizzera non è stato proposto un modello unico di Cip, lasciando lo sviluppo degli applicativi alle diverse comunità di riferimento regionali, nel nostro caso e-Health Ticino. L’obiettivo è che il paziente e tutti i professionisti sanitari autorizzati possano avere accesso ai dati clinici del paziente rilevanti ai fini del trattamento, dematerializzati e raccolti in un sistema di archiviazione centralizzato, indipendentemente da dove sia stato curato, ovviamente con le imprescindibili garanzie di sicurezza e privacy», spiega il responsabile dell’Area Ict dell’Eoc, ente che è stato molto attivo sul dossier.
Al contempo è fondamentale garantire il perfetto funzionamento delle proprie applicazioni, a partire dal sistema di gestione delle immagini la cui mole diventa sempre più monumentale, anche perché qualche anno fa l’Eoc ha acquisito l’Istituto cantonale di Patologia, che ne è un grande produttore, cui si aggiungono il sistema di laboratorio o quello di radiologia, così come l’integrazione del Cardiocentro ha richiesto un grande lavoro per omogeneizzare infrastrutture e dati.
Per gestire un servizio così complesso e sensibile, con la necessità di garantire la funzionalità 24/7, 365 giorni all’anno, l’Area Ict conta ormai un centinaio di collaboratori. In media, l’Eoc vi investe poco più del 2% della cifra d’affari annua di 850 milioni di franchi, in linea con al-
Marco Bosetti, responsabile dell’Area Ict dell’Ente ospedaliero cantonale Risparmiare
Una crescita esponenziale: in dieci anni gli investimenti mondiali nell’eHealth sono passati da 2 a 44 miliardi di dollari. Anche la Svizzera si sta attrezzando, seppur condizionata dalla decentralizzazione del suo sistema sanitario. Le prospettive di migliorare la qualità delle cure e ottimizzare costi e gestione sono incontestabili.
tri grandi ospedali cantonali come San Gallo e il Vallese, e poco meno di quelli universitari che superano il 3%. Siccome a un ente parapubblico si impongono dei doveri di gestione che escludono una ricerca puramente speculativa, per essere innovatori con un occhio di riguardo ai nuovi trend che permetta di discriminare gli hype effimeri da quello concretamente promettenti, ci si appoggia a enti di ricerca esterni: Supsi e Usi, con l’istituto comune dell’Idsia per esplorare il machine learning e Ai (ad esempio al momento si sta lavorando su modelli di previsione della lunghezza di degenza a partire da una serie di elementi della te-
rapia di ingresso), mentre partecipando alla prima edizione di Swiss Virtual Expo, promossa da ated-Ict Ticino, si è lanciato anche nel metaverso. E anche altre importanti realtà del territorio, come il neonato Istituto di tecnologie digitali per cure sanitarie personalizzate (MeDiTech) della Supsi, potranno aiutare a mettere a terra gli approcci oggi ancora sperimentali.
Susanna Cattaneo«Nostro obiettivo primario è fornire “il dato giusto al momento giusto all’operatore giusto” per consentirgli di prendere le decisioni migliori sia dal punto di vista clinico, sia da quello amministrativo e gestionale, sempre con al centro la qualità delle cure»
Attesissima ogni anno dai professionisti e dagli appassionati di orologeria, la cerimonia di premiazione del 22° Grand Prix d’Horlogerie de Genève quest’anno ha tributato l’ambìto premio ‘Aiguille d’Or’ a MB&F, laboratorio concettuale d’arte e microingegneria.
Al Théâtre du Léman di Ginevra, lo scorso 10 novembre, l’Accademia Gphg - che riunisce seicentocinquanta personalità della professione in tutto il mondo - e la Giuria 2022 presieduta da Nick Foulkes hanno premiato l’eccellenza e il know-how dell’orologeria assegnando ventuno premi, tra cui il famoso riconoscimento ‘Aiguille d’Or’ per il Grand Prix ‘best-in-show’, assegnato a MB&F per l’orologio Legacy Machine Sequential Evo. Anche i marchi Akrivia, Bulgari, Grand Seiko, Ferdinand Berthoud, Grönefeld, H. Moser & Cie, Hermès, Krayon, M.A.D. Editions, Parmigiani Fleurier, Sylvain Pinaud, Tag Heuer, Trilobe, Tudor, Van Cleef & Arpels e Voutilainen hanno ricevuto uno dei prestigiosi premi.
Tra i diversi premi, per la categoria orologi femminili, ad aggiudicarsi il premio è stato il segnatempo Tonda PF Automatic di Parmigiani Fleurier; nella categoria orologi da uomo, il premio è andato ad Akrivia, per il Chronomètre Contemporain II. I vincitori del 2022 saranno presentati a New York dall’1 al 4 dicembre. La complicazione premiata, sia nell’orologio da uomo sia in quello da donna, reca la firma di Hermès e si tratta di Arceau Le temps voyageur.
Ad essere insignito del premio come orologio iconico è stato Tag Heuer, Monaco X Gulf e, come tourbillon, H. Moser & Cie, Pioneer Cylindrical Tourbillon Skeleton. Bvlgari invece è stato premiato sia per l’audacia del suo Octo Finissimo Ultra 10th Anniversary sia per l’orologio gioiello Serpenti Misteriosi High Jewellery Artistic Crafts.
Il Grand Prix d’Horlogerie de Genève (Gphg), definito ‘Oscar’ dell’industria orologiera, è un evento imperdibile nel calendario dell’orologeria e una delle vetrine mediatiche più famose del settore.
Creato nel 2001, il Gphg è una Fondazione riconosciuta come ente di interesse pubblico dal 2011.
Il suo scopo principale è quello di mettere in evidenza e premiare annualmente le più notevoli creazioni contemporanee e promuovere l’arte orologiera in tutto il mondo.
In tale contesto, si inserisce l’annuale concorso, con il coinvolgimento di diverse centinaia di orologi commercializzati durante l’anno. Protagonisti sono le tradizioni, le competenze e i valori della cultura orologiera svizzera e universale.
La cerimonia di premiazione del Gphg, richiamando puntualmente l’élite dei rappresentanti dell’orologeria internazionale, è l’occasione per rendere omaggio alle creazioni e agli attori che ogni giorno infondono vitalità e creatività al mondo dell’orologeria.
Un modo per contribuire a valorizzare il settore e le sue eccellenze, anche fuori dai confini nazionali è la mostra itinerante che, organizzata dal Gphg, prima dell’assegnazione ufficiale dei premi, fa tappa nelle principali città del mondo per presentare gli orologi candidati. Ciascuna di queste mostre consente a un pubblico cosmopolita di scoprire e ammirare i più bei segnatempo dell’anno, eccezionalmente riuniti in varie località chiave.
Dal 2020, il Gphg ha ampliato il suo
Maximilian Büsser (fondatore e direttore creativo di MB&F); François Junod (produttore di macchine automatiche e scultore); Volcy Bloch (Ceo di Trilobe) e Gautier Massonneau (fondatore e direttore creativo di Trilobe); Christophe Chevalier (responsabile delle pubbliche relazioni di Tudor); Rexhep Rexhepi (watchmaker e fondatore di Akrivia); Frédéric Arnault (Ceo di TAG Heuer); Guido Terreni (Ceo di Parmigiani Fleurier); Laurent Dordet (Ceo di Hermès Horloger); Kari Voutilainen (proprietario e watchmaker di Voutilainen); Antoine Pin (Ceo divisione orologi Bulgari); Bart e Tim Grönefeld (co-fondatori di Grönefeld); Édouard and Bertrand Meylan (proprietari di H. Moser & Cie); Rémi Maillat (fondatore di Krayon); Karl-Friedrich Scheufele (presidente di Ferdinand Berthoud); Eric de Rocquigny (direttore pperazioni internazionali & Métiers Van Cleef & Arpels); Sylvain Pinaud (artigiano orologiero Sylvain Pinaud); Akio Naito (presidente di Seiko Watch Corporation) e Takuma
Kawauchiya (movement designer Grand Seiko); Jean-Christophe Babin (Ceo di Bulgari Group).
campo di promozione e azione con la creazione di un’Accademia che invita esperti, che credono nel destino comune dell’orologeria, a partecipare alle varie fasi della selezione degli orologi.
Un’esperienza effimera e immersiva in cui il visitatore segue la più iconica delle pantere attraverso il tempo, la forma e lo spazio, alla scoperta di un vivace universo creativo.
Una mostra itinerante porta nel cuore di Zurigo l’emblema della Maison Cartier. Sinonimo di sfida, potenza e libertà, la pantera si caratterizza per un magnetismo rimasto inalterato nel tempo.
un’esperienza effimera, e per ciò stesso ancora più affascinante, che inizia con un viaggio a ritroso nel tempo. Indietro fino alla prima apparizione della Pantera nel mondo Catier. Era il 1914.
AZ urigo, al 74 della Banhofstrasse, Cartier espone fino al 17 dicembre la sua emblematica Pantera, attraverso un pop-up nomade intitolato Into The Wild. Concepita come un happening culturale, l’installazione creativa viaggia in tutto il mondo e fa tappa ora nell’altrettanto
iconica strada di Zurigo.
Aperta al pubblico, Into The Wild accoglie i visitatori per trasportarli nel mondo della Pantera. In un percorso che si svolge attraverso oltre cinquecento metri quadrati di superficie, gli appassionati dell’universo Cartier, dei suoi codici e della sua storia, affronteranno
Schizzi, documenti d’epoca, video e fotografie provenienti dagli archivi della Maison svelano al visitatore il dietro le quinte dell’elegante felino, destinato a essere reiterpretato e declinato da allora infinite volte, assecondando i cambiamenti di gusto e delle mode, e l’estro dei creativi che vi hanno impresso il proprio sigillo stilistico.
Inoltre, la mostra presenta il knowhow dal quale scaturisce ogni realizzazione della Pantera. E lo fa presentando tutte le professioni della Maison gioielliera che concorrono a renderla, in tutte le sue versioni, un capolavoro d’arte. Designer, scultori, fonditori, gioiellieri, gemmologi, lapidari, lucidatori e incastonatori danno vita e movimento all’emblematico felino. Al primo piano dello spazio espositivo, Cartier presenta la collezione Panther, arricchita da creazioni scultoree, alcune delle quali interamente articolate. Un incontro che permette di addomesticare l’animale dal fascino magnetico in tutte le sue diverse espressioni, dalle più istintive alle più docili, dalle più realistiche alle più astratte. Rendendo il selvaggio charmant come non è mai stato prima
Il vostro patrimonio, i vostri obiettivi, la nostra competenza.
Vi aspettiamo nelle nostre sedi di Lugano e di Locarno.
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Nel Cantone Argovia convivono da un lato piccole realtà, dall’altro colossi dell’industria, le une perfettamente integrate nelle filiere delle seconde. Il risultato è quello di un tessuto economico che riesce ad assorbire e metabolizzare le crisi senza eccessivi scossoni.
La Richnerstutz di Villmergen, nel Canton Argovia, è una Pmi da oltre 140 collaboratori, ed è forse la più esemplificativa della regione. È infatti fortemente ancorata al territorio, ha sede da ben 28 anni nello stesso luogo, e solo a fine anno si sposterà in un nuovo stabile, ma all’interno dello stesso comune. È però un’azienda svizzera che opera a livello nazionale, e in questo senso la collocazione geografica del Cantone è delle migliori. Tuttavia, il settore di riferimento, la tecnica pubblicitaria e l’organizzazione degli eventi è stato tra i più colpiti dalla pandemia.
La forza dei grandi, l’agilità dei piccoli. Nel Canton Argovia le Pmi prosperano, e lo fanno anche molto bene. Delle circa 45mila aziende attive nel Cantone, la maggior parte è costituita da Pmi. Al contempo, a contraddistinguere l’economia locale, sono le grandi aziende, tra cui Abb,
Le Pmi sono molto spesso parti della filiera e dell’indotto delle aziende più grandi. In passato si è osservato che quando queste chiudono un reparto, lo spostano all’estero o lo ristrutturano, le Pmi sono così agili da saper cogliere le opportunità e colmare in pochissimo tempo le lacune, con un importante risultato: vengono persi molti meno posti di lavoro di quanto non si fosse stimato.
La Swissness è di casa. L’Argovia è famoso per le sue fortezze e i castelli. Baden, Aarau, Lenzburg o Laufenburg si sviluppano attorno a centri storici medievali. Il fatto che l’acqua termale argoviese provenga dal sottosuolo era noto già ai Romani e oggi ci sono terme a Schinznach, Baden, Zurzach e Rheinfelden.
Anche molti prodotti dell’agroalimentare quotidiano provengono da qui: pa-
Una veduta del comune di Baden, una piccola cittadina sulla riva sinistra della Limmat, poco distante da Zurigo. È particolarmente nota come centro termale di epoca romana.
tatine chips, confetture, birra, cioccolato o bibite dolci. Il Cantone propone con successo molti prodotti Swissness: Zweifel produce le sue patatine a Spreitenbach; Hero prepara le confetture a Lenzburg; Rivella viene imbottigliata a Rothrist; a Buchs, nei pressi di Aarau, Frey produce i suoi dolciumi nella fabbrica di cioccolato più grande della Svizzera, mentre a Rheinfelden si trova l’iconico birrificio Feldschlösschen.
Posizione di spicco in termini di concorrenzialità. Il Cantone primeggia quindi anche a livello di concorrenzialità. Secondo le rilevazioni più recenti,
l’Argovia si colloca al quarto posto dopo Zugo, Basilea Città e Zurigo. Per il calcolo dell’indicatore vengono utilizzati otto criteri, tra cui innovazione, raggiungibilità, zona di attività e costi.
In fatto di innovazione al Cantone non manca proprio nulla, forte della presenza di scuole universitarie professionali, dell’Istituto Paul Scherrer o per esempio dei reparti di ricerca di Roche e Abb. La raggiungibilità è garantita grazie al buon collegamento con le autostrade. Il Cantone spicca quindi anche per la sua ampia zona di attività.
I punti deboli riguardano, almeno stando al Governo cantonale, il fronte dei costi, ed è per questo che saranno intraprese delle contromisure, anche grazie all’esito favorevole delle urne. Il governo sta abbassando progressivamente l’imposta sull’utile dal 18,6 al 15,1%. Dunque un calo, ma un dato che resta comunque ancora superiore alla media svizzera, del 14,68% e superiore in particolare ai valori di Zugo, all’11,85 e di Basilea Città al 13,04%, ciononostante è indiscusso che stia migliorando in attrattività. Contributo allo sviluppo delle regioni periferiche. Sebbene l’Argovia sia uno dei siti economici principali e pur trovandosi in una posizione ideale dal punto di vista dei trasporti e condividendo un confine con il suo partner di esportazione principale, la Germania (25% del volume delle esportazioni), ci sono anche delle aree che faticano a decollare. Si tratta per esempio di Zurzach e dintorni e dell’Argovia meridionale che confina invece con il lago Hallwilersee.
Entrambe le regioni hanno un forte orientamento rurale e una quantità molto contenuta di secondario, anche avanzato. Secondo la Segreteria di Stato dell’economia e lo Standortmarketing (marketing a livello locale) del Canton Argovia le cose devono cambiare. Hanno quindi lanciato un progetto pilota: “Innovation vor Ort” (Innovazione sul posto) si prefigge l’obiettivo di fondare e insediare nuove aziende, di aiutare le imprese esistenti a svilupparsi ulteriormente e di promuovere concetti innovativi e lungimiranti.
La Seco e la promozione della regione mirano ad alleviare i problemi delle Pmi nella ricerca dei successori e a frenare l’emigrazione. Il progetto pilota intende anche portare avanti, guidandolo nei limiti del possibile, lo sviluppo economico locale. Sono richiesti imprenditori
«Se l’immagine dell’Argovia è quella di una piccola e concentrata realtà, in cui a livello locale ‘tutti conoscono tutti’, è anche vero che in tempi non sospetti di grande crisi e profonda incertezza, il tessuto economico ha saputo far fronte comune, reggendo l’impatto della crisi»
Marc Hofer, ConsulenteRichnerstutz a Villmergen è specializzata in tecnica pubblicitaria, allestimenti di eventi, fiere e negozi. È una Pmi radicata nella regione, ma attiva in tutta la Svizzera, con oltre 140 collaboratori, che nel corso della pandemia ha dimostrato di sapersi reinventare. Intervengono André Richner e André Stutz (in foto), i due Ceo della società. Cosa fa un’azienda specializzata nell’allestimento di eventi durante una pandemia? «Il 2020 è stato per noi un anno difficile, i fatturati hanno subito una forte contrazione, ma lo sviluppo di CountMe è stato ottimale», nota André Stutz. Di cosa si tratta, dunque? «CountMe conta automaticamente le persone che entrano ed escono da un negozio. Una volta raggiunto il numero massimo consentito, viene prodotta una segnalazione. Nei primi mesi del 2020 ha guadagnato molta popolarità, specie per i negozi di alimentari», prosegue André Richner. A distanza ormai di diversi mesi, cosa ne è stato? «Una parte non esiste più, ma in molti casi almeno una parte continua a funzionare. Lo abbiamo affinato, certo, e oggi misura i flussi di clientela, sembra infatti che il baricentro commerciale dell’azienda si sia spostato altrove», chiarisce Richner, che rileva: «Sino a questo aprile il lavoro ridotto ha tamponato l’emergenza, da maggio sono tornati ad arrivare gli ordini, in pubblicità ed eventi. Da allora c’è carenza di personale». Un problema diverso, ma comunque da risolvere. «Nonostante non abbiamo quasi mai licenziato, due importanti ordini, la Festa federale della lotta svizzera e il Wef di Davos, hanno sollevato il problema», evidenzia Stutz.
Con l’energia quale perfetta candidata per la prossima crisi. «Non abbiamo consumi eccessivi, e non mancano gli ordini in portafoglio, ma le più recenti difficoltà ci hanno insegnato che le cose possono cambiare molto, e in maniera significativa. Oggi siamo più preparati di prima ad affrontare le crisi, e se ne arriveranno saremo in grado di fronteggiarle continuando a investire» conclude Richner.
disposti a condividere le loro conoscenze. Nel progetto rientra anche una migliore interconnessione delle regioni rurali con i centri urbani vicini.
Se dunque l’immagine dell’Argovia è quella di una piccola e concentrata realtà, in cui a livello locale ‘tutti cono -
scono tutti’, è anche vero che in tempi non sospetti di grande crisi e profonda incertezza, come gli ultimi due anni, il tessuto economico ha saputo far fronte comune, reggendo l’impatto della crisi, e ripartendo migliori di prima. Un approccio concreto, e molto pragmatico.
solo digitale e da App, che mira a colmare una lacuna nel mercato dei servizi di Wealth Management, rivolgendosi a un segmento di clientela ad oggi escluso dai grandi del settore.
Tremendamente concreto, sorprendentemente reale, inaspettatamente attuale. Quello che un rispettabile cittadino della Roma del I secolo avrebbe sbrigativamente etichettato quale Hic et nunc. Dunque qui ed ora. Anche se, soprattutto in questo caso, il qui non è una dimensione spaziale eccessivamente ‘statica’. Si tratta infatti della prima banca privata svizzera, interamente mobile, ossia priva di una sede in cui la clientela possa recarsi, ma sempre a portata di mano, o meglio, di smartphone. La grande protagonista dell’ancor molto breve storia di Alpian è infatti la tecnologia, oltre ovviamente, quando si parla di finanza, alle persone.
«Ufficialmente l’idea è nata nell’ottobre del 2019, ed è circa un anno più tardi che abbiamo presentato domanda a Finma per l’ottenimento di una licenza bancaria completa, processo che si è poi effettivamente concluso questa primavera. Nella sua semplicità, il nostro progetto si è subito saputo distinguere tra molti; non si trattava di sviluppare soluzioni e-banking migliori o più user-friendly, ma di cambiare alla radice un intero paradigma, rivolgendosi a un segmento di clientela rimasto scoperto, in un Paese, la Svizzera,
dove tali inefficienze non dovrebbero presentarsi», esordisce così Gianmarco Bonaita, cofondatore e responsabile dei progetti strategici di Alpian.
Alla base di tutto alcune semplici evidenze: anni di compressione dei margini e taglio dei costi hanno spinto il sistema bancario elvetico a concentrare gli sforzi nel garantire servizi di prim’ordine a un segmento di clientela sempre più alto, specie nel caso di quelle banche che ne sono l’ossatura, medio piccole e soprattutto private. Al contempo un mercato del lavoro particolarmente efficiente e un ceto medio decisamente ampio danno luogo a squilibri non certo unici, ma sicuramente più evidenti che in altri Paesi europei. «Le banche svizzere offrono proverbialmente ottimi servizi alla loro clientela, e questo da sempre, ma a dipendenza del segmento le differenze si fanno sentire. Il nostro target è il cliente affluent, un individuo che abbia un patrimonio tra i 100mila e un milione di franchi e che oggi è escluso da buona parte dei servizi di Wealth Management delle banche tradizionali. Stimiamo che siano oggi in Svizzera circa 2,6 milioni di persone, comprese tra i 18 e 75 anni di età. Noi guardiamo alla platea di quelli tra i 25 e i 55 anni, e che
abbiano maturato una certa affinità con la tecnologia», prosegue il responsabile, che al suo attivo può vantare importanti esperienze nel settore della consulenza.
Del resto la Svizzera offre da sempre interessanti peculiarità specie per il lancio di un nuovo prodotto, costringendo a cimentarsi con un mercato piccolo e concentrato, ma plurilinguistico e pluriculturale, benestante ed esigente, al centro di un mercato potenziale da oltre 400 milioni di persone. «Un lungo biennio segnato dall’emergenza pandemica ha impresso una decisa svolta alla diffusione dell’utilizzo di quelle che oggi possiamo definire tecnologie ben note e di uso quotidiano, ma che solo tre anni fa lo sarebbero state certamente molto meno. Se si pensa che stiamo lavorando a questo progetto dal 2017 non è un dato di poco conto, eravamo preparati nel cogliere l’occasione, e ci stiamo riuscendo, in larga misura per il costante sostegno fornitoci sin dal principio da Banca Reyl. Al termine di una fase pilota durata qualche mese, in cui sono stati aperti i primi conti e gradualmente implementati una parte dei servizi, è dall’11ottobre che siamo sul mercato e stiamo accogliendo nuova clientela», rileva Bonaita.
Al centro della strategia una user experience rivoluzionaria, specie se rispetto a un’industria, quella bancaria, decisamente lenta nell’abbracciare uno sviluppo tecnologico ormai esponenziale, e un mosaico di servizi ancora molto da scoprire. «Il perno della relazione con la clientela è rappresentato dalla App, ormai perfettamente funzionante, e con tutti i servizi disponibili in quattro lingue, le nazionali oltre all’inglese, indispensabile per la forte presenza di stranieri nel segmento. Sono invece solo tre i pilastri della strategia: servizi bancari retail tradizionali, con la peculiarità di avere un unico conto articolato in quattro valute; servizi d’investimento, dunque di Gestione e Wealth Management; e un nuovo tipo di relazione tra utente e istituto. Non ci siamo limitati e ‘trasporre tutto’ in online, nonostante l’App e gli ingenti investimenti in tecnologia siamo comunque convinti che nel nostro settore a contare, e molto, sia ancora la relazione tra persone, cliente e consulente», chiarisce il responsabile. I servizi. Un mosaico complesso, una gamma molto variegata cui attingere, e in parte ancora da svelare. Ma è soprattutto nel secondo e terzo pilastro, meno tradizionali, che si trovano le peculiarità di un business model certamente originale. «In ambito investimenti l’offerta si concentra su tre direttrici, con un crescendo di difficoltà nell’implementazione: execution only, l’advisory, ma soprattutto il mandato discrezionale, dunque con tutte le caratteristiche di una banca private, reso possibile solo dal supporto di Banca Reyl. Eppure anche alla relazione banca-cliente abbiamo voluto dare un taglio innovativo, grazie proprio alla tecnologia. Il cliente ha a sua disposizione, in qualunque momento, tramite videochiamata, due team: il client success advisor, e lo specialist. Da un lato le esigenze di tutti i giorni, dall’altro una vera consulenza specialistica. Quello che vogliamo ottenere è una perfetta combinazione di persone e tecnologia, le prime sono infatti fondamentali per creare una relazione di fiducia duratura, imprescindibile in ambito finanziario, la seconda è altrettanto importante per farlo con fluidità, creandone quindi le premesse», nota Bonaita.
Sono queste le note caratterizzanti un’offerta, almeno nelle intenzioni, più completa della concorrenza e a un ‘costo’ ancora impensato. «Quei 2,6 milioni di potenziali clienti, domiciliati fiscalmente
«È evidente che in un Paese come la Svizzera competere con nomi che hanno dalla loro centinaia di anni di storia non è semplice. Noi però ci vogliamo rivolgere a quel tipo di clientela insoddisfatta dei servizi riservatigli dai grandi del settore, proponendo un nome nuovo, e nuovi strumenti»
Gianmarco Bonaita, Cofondatore e responsabile dei progetti strategici di Alpian
Distribuzione popolazione in Svizzera per patrimonio
Il target di clientela è da affluent a salire
in Svizzera, cui guardiamo, hanno in media 2,7 relazioni bancarie, il nostro attuale obiettivo è diventare una di queste, custodendone dunque circa un terzo del patrimonio. Per accedere ai servizi retail è necessario un capitale iniziale di 10mila franchi, esattamente un terzo del necessario per accedere a quelli di Wealth Management. Se attualmente il mercato sta accogliendo con molto trasporto il mandato
Capitale umano e tecnologico sono state le due stelle polari che hanno sino a ottobre guidato la strategia della società nel preparsi al lancio sul mercato. Si è però aperta una nuova fase, a contare sono oggi i clienti e quello di cui necessitano, un primo decisivo banco di prova per capire potenzialità e limiti, almeno temporanei,
discrezionale, saremo pronti a fine anno a introdurre anche l’Advisory, il secondo grande passo. Vogliamo farci conoscere, in rete e di persona, ai molti eventi che organizziamo, nella consapevolezza che non vi sia alcun automatismo tra apertura di un conto e un mandato, ma conosciuti i servizi che offriamo, e le persone dietro gli stessi, siamo sicuri che seguirà molto altro», riflette il responsabile.
Alla base di tutto, dove ogni cosa nasce e muore, una semplice questione: la fiducia. La linfa di qualunque sistema finanziario, nazionale e su base aggregata mondiale, ma il cui atomo è proprio nella relazione tra banca e cliente. «È evidente che in un Paese avanzato, come può esserlo la Svizzera, specie se in questo ambito, competere con nomi che hanno dalla loro centinaia di anni di storia non è semplice. Quello che però noi stiamo facendo è rivolgerci a quel tipo di clientela insoddisfatta dei servizi riservatigli dai grandi del settore, proponendo un nome nuovo, e nuovi strumenti, dopo aver completato un accurato processo di approvazione da parte di Finma, sostenuti da importanti partnership, come possono esserlo Banca Reyl e Visa, e da collaboratori con esperienze pregresse nell’industria, il cui unico obiettivo è e sarà la soddisfazione del cliente, non tanto la vendita di servizi non necessari», evidenzia Bonaita.
Se dunque un ruolo decisivo nel gettare le fondamenta di quella che potrebbe germogliare in fiducia sono le persone, ecco allora che le stesse devono essere l’epicentro di molti sforzi, in primo luogo nel dettare un fil rouge comune. «Da un lato abbiamo la necessità di un capitale
umano già formato e con alle spalle molti anni nel settore, dall’altro stiamo lavorando da tempo alla definizione di standard operativi comuni, scontrandoci spesso con filosofie anche molto diverse derivanti dalle esperienze pregresse, il che è perfettamente comprensibile per l’eterogeneità dell’industria, e soprattutto per le peculiarità di una banca che è mobile. Nel definire questi standard, improntati
«Mi piace pensarmi come un architetto, e nel farlo sento quella sensazione di soddisfazione che percepirà il cliente interagendo con quanto stiamo pazientemente creando ormai da anni.
Ci stiamo confrontando con qualcosa di inedito, stiamo scrivendo su un foglio bianco, con tutti i pro e contro di farlo»
al dialogo, ci siamo appoggiati, almeno inizialmente, all’esperienza dei responsabili di grandi catene alberghiere, come il Four Seasons, in cui il cliente è il vero protagonista. Oggi la nuova priorità è la competenza, e la padronanza della materia», mette in evidenza il responsabile.
Se l’unico canale che veicola la relazione è quello tecnologico, è sì possibile contenere le spese, sono solo due le sedi destinate a un uso esclusivamente interno, a Zurigo e Ginevra, ma è anche indispensabile continuare a investire in It. «Sin dal principio abbiamo fatto un’analisi
A lato il quartier generale svizzero della società a Ginevra, una delle due sedi che nascono a uso esclusivo del personale, e non della clientela.
del settore tecnologico da un punto di vista d’innovazione, quanto è emerso è stato il ruolo chiave che avrebbe dovuto avere il Cloud, mentre è Spotify che ci è stata d’ispirazione in termini di user experience. Quanto abbiamo rilevato è infatti che spesso i desiderata del cliente, nel nostro settore, restano lettera morta proprio per vincoli tecnici, e non potevamo ovviamente permettercelo. Abbiamo risolto il problema in scioltezza, e abbiamo anche stretto una parternship con l’italiana Fideuram proprio rispetto allo sviluppo di prodotti tecnologici nel Wealth Management», nota Bonaita. Ma come nasce lo stesso nome ‘Alpian’, in un progetto tutto tecnologico? «Il nonno del nostro Ceo, Schuyler Weiss, era un pilota d’aereo ancora nella Ginevra degli anni Quaranta. Dopo essere incappato in un denso banco di nebbia, e considerata la strumentazione dell’epoca, tornare incolume a casa gli fu possibile solo orientandosi rispetto alle Alpi. Nel caso di Alpian vogliamo essere pionieri di un nuovo modo di far banca, guidando il cliente verso quello che siamo convinti essere il futuro. Del resto, nel logo precede il nome un anonimo ‘+’ che rappresenta specificamente l’aspirazione a fare sempre di più e meglio», sottolinea il responsabile.
Un’ambizione profondamente legata anche alle persone che animano questa storia, navigando in acque inesplorate. «Mi piace pensarmi come un architetto, e nel farlo sento quella sensazione di soddisfazione che percepirà il cliente interagendo con quanto stiamo pazientemente creando ormai da anni. Ci stiamo confrontando con qualcosa di inedito, stiamo scrivendo su un foglio bianco, dunque con tutti i rischi e i pregi del farlo, ma nella consapevolezza che miglioreremo la vita delle persone. Un aspetto, per me, fondamentale», conclude Gianmarco Bonaita.
Quanto Alpian si è proposta di fare, competere con eccellenze mondiali del settore da decine di anni, non è dei più semplici, ma se la sfida è ormai stata lanciata, alla base si trova anche un’intuizione che potrebbe fare molta strada.
Federico Introzzichiusura del terzo trimestre dell’anno fotografa una situazione particolarmente difficile anche per l’industria dei fondi, che torna ai dati di circa due anni fa, in termini di masse.
Il mercato svizzero dei fondi nel corso del terzo trimestre dell’anno, continua a registrare una certa sofferenza andata diffondendosi sin dai primi mesi di questo 2022, segnato da crisi multiple, geopolitiche ed economiche.
Nell’arco dei primi nove mesi il bilancio che si può trarre non è certamente dei migliori, con perdite registrate per 242 miliardi di franchi, che riportano le masse amministrate circa due anni fa. Se infatti alla fine dell’anno scorso la colonnina di mercurio registrava la cifra monstre di 1516,9 miliardi di franchi, a fine settembre dell’anno successiva si era scesi a un comunque ragguardevole, ma non certo in prospettiva, 1274,9 miliardi.
Da inizio anno la performance dell’industria è stata dunque di -15,3% in gran parte dovuta a perdite registrate sui mercati, e un ben più modesto 9,5 miliardi di fuoriuscite, di cui circa la metà nel terzo trimestre (-5,1 miliardi). In controtendenza solo i fondi monetari, in positivo di 6,5 miliardi, mentre sia gli azionari (-6,3) che gli obbligazionari (-3,3) hanno proseguito nella loro corsa al ribasso.
Anche i fondi sostenibili (aldilà di una querelle ancora in corso su quanti e quali potranno essere definiti tali anche in futuro) non sono stati esenti da questa dinamica, nonostante abbiano comunque registrati importanti flussi in entrata, pari a 13,9 miliardi di franchi. Complessivamente, nei primi nove mesi, la perdita riportata dal settore è in linea con quella dell’industria, ossia del 16,9%.
Particolarmente appesantiti dall’avverso contesto d’investimento gli azionari, che da inizio anno riflettono una flessione media del 23,1%, seguiti dagli obbligazionari all’11,5 e dai misti all’11,3. Meglio gli alternativi, con perdite limitate al 5,2%, e solo immobiliare e materie prime in controtendenza. Se il franco ha guadagnato sulla moneta unica un significativo 6,62% ha comunque perso l’8,4% sul dollaro.
Quota di mercato per tipologia (in %)
L’Angolo dell’investitore: (Industrial, Real Estate, Tech; Isin):
▲ Airbus Group Nv (NL0000235190)
▲ Siemens (DE0007236101)
▲ FedEx Corp (US31428X1063)
▲ Unibail Rodamco (FR0013326246)
▲ British Land (GB0001367019)
▲ American Tower C. (US03027X1000)
▲ Cisco Systems (US17275R1023)
▲ Oracle Corp. (US68389X1054)
▲ Amazon (US0231351067)
Ordine di merito della produzione energetica europea
Roberto Cerratti, responsabile Investment Consulting, di Credit Suisse (Svizzera). A lato, l’ordine di merito europeo: come si determina il costo dell’energia in Europa.
Il sistema elettrico europeo è stato messo di recente fortemente sotto pressione, con conseguenti rialzi dei prezzi. Gli interventi dei Governi, volti ad alleviarne gli effetti, hanno quale effetto secondario di limitare la capacità di generare profitti per le società del settore. L’allargamento degli spread non è stato, sinora, accompagnato da un peggioramento della qualità del credito. Un anno di crisi energetica. La crisi energetica europea ha avuto inizio poco più di un anno fa quando a causa di una minore produzione di energia eolica obbligò a ricorrere alle più onerose centrali a gas. La riduzione delle forniture di gas russo ha spinto poi i prezzi a livelli estremi rimettendo in discussione il sistema che governa il mercato elettrico europeo ed evidenziando la necessità di riforme.
L’Unione europea sta lavorando a una riforma strutturale del mercato dell’elettricità che però richiede tempo e un coordinamento politico che mal si concilia con l’emergenza attuale. Quindi sia l’Unione che i singoli Paesi hanno introdotto misure volte ad attenuarne gli effetti come
ad esempio limitazioni dei prezzi del gas (“price caps”), tasse sui profitti straordinari delle aziende produttrici, riduzione volontaria dei consumi, ecc. Tali misure potranno essere estese e portare ad una maggior regolamentazione del settore. La determinazione degli equilibri. I prezzi del mercato europeo dell’elettricità sono definiti secondo il cosiddetto ordine di merito che classifica gli impianti produttivi a seconda del loro costo marginale di produzione per ogni singolo Mwh nelle condizioni attuali di mercato. L’obiettivo è di ottimizzare l’offerta favorendo i produttori più a buon mercato. Il prezzo è determinato dal produttore con il costo marginale più elevato necessario a soddisfare la domanda. Il declino dei costi di produzione delle rinnovabili ha portato a importanti modifiche dell’ordine di merito. Centrali eoliche e solari, che hanno costi marginali minimi, hanno di fatto spostato agli estremi della curva.
Il recente forte rialzo dei prezzi del gas ha fatto sì che le centrali a gas sono quelle che attualmente definiscono il prezzo. Il sistema è oggetto di critiche in quanto
apporta importanti benefici ai produttori di energia idroelettrica, eolica e solare che vendono la loro energia a prezzi superiori senza nessun costo supplementare. Da qui le proposte, per ridurre l’impatto a breve termine, di introdurre dei cap al prezzo del gas o di tassare i profitti straordinari delle utilities. A medio-lungo termine sono diversi gli scenari possibili, come abbandonare il sistema attuale (‘pay-as-cleared’) a favore meccanismi alternativi come il “pay-as-bid” (sistema in cui ciascuna offerta di vendita viene remunerata al prezzo dalla stessa indicato, oppure introdurre dei limiti al prezzo o sussidiare le centrali a gas.
L’equilibrio tra domanda e offerta. In una situazione di mercato libero, domanda e offerta definisco quello che è il prezzo equo. La tensione sul mercato dell’elettricità è sì causata dalla guerra in Ucraina, ma è anche conseguenza delle politiche adottate da alcuni Paesi che hanno deciso di uscire da carbone e nucleare, entrambe fonti di energia continua e a basso costo. Stime dell’Agenzia internazionale per l’energia prevedono che oltre la metà delle capacità produttive a base di carbone e ca. il 15% di quelle nucleari verranno dismesse entro il 2030.
La strategia europea si basa su un forte potenziamento delle rinnovabili, sia per sostituire gli impianti che verranno disattivati che per soddisfare l’aumento della domanda. A breve termine questo appare difficoltoso perché i flussi di gas, che nei
Le forti pressioni cui è soggetto il mercato energetico europeo stanno contribuendo a enfatizzarne il ruolo strategico, e nel medio termine potrebbero facilitarne l’evoluzione.Fonte: Credi Suisse
piani europei ha il ruolo di energia di transizione sono stati rimessi in questione. La sua sostituzione con il Gnl richiede tempo e investimenti. Una minore domanda di gas europeo è già stata osservata, ma al momento appare difficile distinguere se si tratti di una riduzione o di un effetto di distruzione della domanda. Interventi dei Governi. In attesa di una riforma più ampia, i Paesi hanno adottato approcci diversi. Gli interventi sono apparsi inevitabili in quanto la quota di reddito destinata a coprire i costi dell’energia è aumentata vertiginosamente divenendo di fatto un problema politico e sociale, oltre che economico visto che va a incrementare il rischio di recessione. La Francia ha nazionalizzato Edf e obbligato la società a fornire più energia sul mercato regolamentato a un prezzo massimo predefinito. La Spagna ha definito un cap sui prezzi del gas utilizzato per la produzione di elettricità, mantenendo quindi i prezzi regolamentati artificialmente bassi. Italia e Regno Unito hanno introdotto tasse sui profitti straordinari delle aziende produttrici, una mossa che potrebbe essere introdotta anche in Germania.
In Svizzera sinora è stato adottato un pacchetto di misure volto a fornire assistenza finanziaria alle società elettriche in caso di necessità al fine di poter assicurare la produzione di energia anche in caso di importanti incrementi dei prezzi.
Queste misure di sostegno per i consumatori finali hanno implicazioni negative per i produttori limitandone la capacità di generare profitti e, in alcuni casi, hanno obbligato i Governi a intervenire per salvare società come Uniper in Germania. Le difficoltà non riguardano unicamente coloro che erano fortemente dipendenti dagli approvvigionamenti di gas russo, ma anche i produttori che si pensava potessero beneficiare del rialzo dei prezzi. In Svizzera, ad esempio, Axpo e Alpiq si sono trovate in difficoltà a causa del forte incremento delle coperture richieste per operare sul mercato dei derivati dell’energia. A lungo termine, in qualità di produttori queste società vedranno crescere i loro flussi di cassa, ma a breve si trovano in difficoltà a fornire la liquidità necessaria per continuare a operare. In un contesto economico difficile, per i produttori aumentano anche i rischi di controparte, in particolare nei confronti dei clienti industriali che si rifornivano sul mercato libero e che si trovano ora a far fronte ad
incrementi importanti delle loro spese. Resiste la qualità del credito. Nonostante questo scenario, sinora non si è osservato un peggioramento della qualità del credito tra le utilities europee, con poche eccezioni. Il mercato dell’elettricità deve affrontare importanti sfide ma offre anche opportunità: il rialzo dei prezzi potrà accelerare la transizione energetica pur allungando la durata di vita del carbone.
Difficilmente i prezzi torneranno sui livelli pre-crisi (20-30 Eur/Mwh) e questo implica maggior capacità di generare cash flow per i produttori. Le limitazioni introdotte da alcuni Governi comportano una minor redditività, un problema più per l’azionario che non per il reddito fisso.
Nel breve termine le metriche di credito potrebbero risultare sotto pressione a causa di un incremento dell’indebitamento dovuto però principalmente ai maggiori requisiti di liquidità da fornire quale collaterale per le operazioni di copertura che non alla capacità di generare utili. A medio termine, le utilities elettriche beneficeranno dell’incremento dei prezzi, in particolare sul mercato regolamenta-
Le obbligazioni emesse dalle Utility europee nonostante le difficili condizioni di mercato tengono botta, e l’allargamento degli spread è sotto controllo. Intanto prosegue l’epopea sul gas russo e non russo.
to. Per questo motivo ci si attende che la qualità del credito resti stabile, a meno di sorprese negative legate al persistere della situazione attuale e/o a ulteriori interventi dei Governi. La crisi degli ultimi 12 mesi ha evidenziato l’importanza sistemica del settore e per questo motivo è interessante investire sul credito, beneficiando dell’effetto combinato del rialzo dei rendimenti e dell’allargamento degli spread.
La raccomandazione è di restare su obbligazioni investment-grade o crossover (BBB-BB). Investitori con una maggiore propensione al rischio potrebbero anche valutare l’acquisto di ibridi societari di utilities con un profilo creditizio senior solido e tassi di default molto contenuti che ci si aspetta vengano richiamati alla prima data di richiamo.
Investire nel settore immobiliare tramite un fondo dedicato può portare numerosi vantaggi al portafoglio: ad esempio, di diversificazione, e di protezione dall’inflazione.
In termini di diversificazione, i fondi immobiliari tendono ad avere una bassa correlazione con azioni e obbligazioni. La loro correlazione, storicamente bassa con le altre asset class, è sicuramente un vantaggio. Recenti analisi mostrano come, in passato, i rendimenti immobiliari diretti
abbiano avuto solo un legame piuttosto debole con i titoli di Stato e con il comparto obbligazionario, e uno ancora più debole con le azioni globali.
In base all’esperienza, la correlazione dei rendimenti è ancora più bassa per quelli che sono chiamati investimenti immobiliari ‘value-add’ (o a valore aggiunto), vale a dire che possono essere valorizzati attraverso interventi di tipo strutturale o gestionale. In questo caso, per generare rendimenti, gli investitori
non si affidano solo al reddito da locazione e all’aumento passivo dei prezzi degli immobili, ma creano attivamente valore intervenendo sugli edifici acquistati con opere di miglioramento.
Tali lavori possono includere ristrutturazioni o rifacimenti, cambi d’uso (per riflettere i cambiamenti nelle dinamiche dei locatari, come la crescita dello shopping online o la necessità di spazi dedicati alla salute fisica delle persone), nonché revisione dei contratti di locazione. I portafogli a valore aggiunto possono includere inoltre progetti edilizi.
Ma anche protezione almeno parziale contro l’inflazione, attraverso il pagamento degli affitti, tradizionalmente indicizzati al livello dei prezzi (indice dei prezzi al consumo, Cpi): se l’inflazione aumenta, lo stesso accade infatti agli affitti. In che modo l’inflazione influisce sui rendimenti? Il settore immobiliare è una delle poche asset class che gli investitori considerano una buona copertura contro l’inflazione. Il reddito da locazione generato da un bene immobiliare varia infatti in base a una serie di fattori, tra cui rapporto tra domanda e offerta o miglioramenti apportati all’immobile. Tuttavia, gli affitti sono generalmente legati all’indice dei prezzi al consumo (Cpi) e, soprattutto in tempi di inflazione a rialzo, tendono ad aumentare con esso. A lungo termine, ciò attenua l’impatto dell’inflazione sui rendimenti. Ad esempio, se l’indice dei prezzi al consumo aumenta del 3%, un
In periodi di alta inflazione investire nell’immobiliare, specie se attraverso fondi dedicati, è particolarmente indicato. Diversi i vantaggi, e molte le opportunità, soprattutto in Europa.
L’aggiunta di strumenti legati all’immobiliare può migliorare la performance di un portafoglio bilanciato, ma anche proteggere dalla corsa dell’inflazione.
canone annuo di locazione interamente indicizzato al Cpi e pari a 100 dovrebbe aumentare a 103. Supponendo che tutto il resto resti invariato
Dove investire? Nell’ambito degli immobili a valore aggiunto, le opportunità in Europa sono decisamente interessanti.
Innanzitutto, l’Europa si trova in una fase diversa del ciclo dei tassi d’interesse.
La Banca Centrale Europea è stata meno aggressiva della Federal Reserve nell’alzare i tassi; inoltre, i timori sul livello di indebitamento di alcuni Stati membri dell’Eurozona (in particolare l’Italia) potrebbero disincentivarla dall’imporre una stretta monetaria troppo severa. Ciò, a sua volta, pone un limite all’aumento dei costi di finanziamento.
In secondo luogo, le dinamiche di domanda e offerta sono molto favorevoli. A partire dalla crisi finanziaria globale, l’offerta in Europa è stata limitata da una più rigorosa legislazione urbanistica e dalla riluttanza delle banche a prestare denaro per progetti di sviluppo immobiliare.
La domanda, nel frattempo, è però stata forte: Deloitte stima che la richiesta di abitazioni abbia raggiunto livelli record nell’ultimo anno. Con il rallentamento dell’economia, è lecito quindi aspettarsi un ulteriore raffreddamento generale dell’attività edilizia e dunque un allargamento del divario tra domanda e offerta nella maggior parte dei settori correlati e delle regioni europee.
Anche le peculiarità degli acquirenti europei favoriscono l’Europa rispetto ad altre regioni. Negli Stati Uniti, una parte significativa dell’economia (e quindi di chi occupa gli uffici) è rappresentata da attività tecnologiche o legate a questo settore. La situazione economico-finanziaria attuale rende infatti più difficile reperire nuovi finanziamenti per queste aziende che, in molti casi, hanno dato il via a licenziamenti. Ciò potrebbe ridurre la domanda di spazi per uffici.
In Europa, gli occupanti provengono invece principalmente da settori più tradizionali e, tendenzialmente, meno volatili, come possono ad esempio esserlo i servizi finanziari, o il perimetro pubblico.
«L’immobiliare è un investimento di lungo termine, in particolare quando ci si riferisce alla Gestione attiva. La trasformazione delle attività richiede tempo, il che significa che quando si deciderà di chiudere la posizione, il mondo sarà molto diverso»
Di conseguenza, mentre a San Francisco gli uffici sfitti hanno già ora superato il 20%, a Londra il livello si attesta su un ben più modesto 8%.
Perché ora? È utile ricordare che l’immobiliare è un tipo di investimento a lungo termine, in particolare quando ci si riferisce alla Gestione attiva. La trasformazione delle attività richiede tempo e l’orizzonte d’investimento dovrebbe essere tra i tre e i sette anni. Ciò significa che, quando si deciderà di chiudere la posizione, il mondo sarà molto diverso da quello in cui ci si trova oggi.
Investitori esperti e votati al lungo termine possono trovare opportunità di
ingresso nel settore molto interessanti, specie se nel contesto attuale. Il grande interesse nell’ingresso risiede ad esempio in una semplice evidenza, molti attori di mercato si trovano ora a sospendere parte delle loro attività. E in alcune aree si registrano prezzi scontati del 5-15%.
A ciò si aggiunge il fatto che, con l’aumento contemporaneo dei tassi di capitalizzazione, ossia il rendimento che gli investitori sono disposti ad accettare in caso di investimenti immobiliari, e dei tassi d’interesse da parte delle Banche Centrali, spingerà a un aumento ancora maggiore degli affitti che, nella maggior parte dei casi, sono indicizzati all’inflazione. Per gli investitori, il difficile sarà trovare immobili adatti, ovvero quelli in cui il potenziale di crescita degli affitti supera quello dei tassi di capitalizzazione.
Per tutti questi motivi, è legittimo pensare che, nonostante il rallentamento economico e l’aumento dei tassi di interesse, gli immobili europei a valore aggiunto possano offrire interessanti opportunità di generare rendimenti e proteggere un portafoglio diversificato da quella volatilità che impatta i restanti mercati.
Morgane Delledonne, Head of Investment Strategy Europe, di Global X Etf. A lato, le riserve di litio e i suoi mercati di destinazione.
briche’ per la produzione di batterie al litio? Il termine stesso nel settore delle batterie ben descrive gli enormi impianti produttivi di ioni di litio che trasformano le materie prime in batterie e che, generalmente, hanno una produzione annua di oltre 1 GWh. Per fare un confronto: 1 GWh rappresenta la capacità di batterie necessaria per l’alimentazione di circa 20mila veicoli Tesla.
Come suggerisce già il nome, il litio è un materiale importante che viene utilizzato nelle batterie agli ioni di litio che assumono un ruolo di crescente importanza in ambiti quali i veicoli elettrici e gli accumulatori di energia rinnovabile. La crescita di questi settori e la loro dipendenza dalle batterie determina una crescita senza precedenti della domanda di litio che spinge molte aziende del settore a espandere rapidamente la loro attività. Cos’è e come viene utilizzato? È il metallo più leggero al mondo e, a causa del suo colore e del suo crescente impiego, viene ormai soprannominato il ‘petrolio bianco’. Lo ione di litio è generalmente più leggero, efficiente e ha una longevità maggiore rispetto alle sostanze chimiche concorrenti contenute nelle batterie. Questa caratteristica lo rende una scelta preferibile per l’accumulo di energia, soprattutto nei veicoli e nell’elettronica di consumo, ambiti nei quali il peso e le forti sollecitazioni contano molto.
Cosa determina l’aumento della domanda? Nel segmento delle batterie,
la maggiore opportunità di crescita per la domanda di litio è rappresentata dai veicoli elettrici (Ev). Un’auto elettrica media, per garantire l’autonomia del veicolo, consuma 5mila volte di litio in più rispetto a uno smartphone. Quelle con un’autonomia maggiore e ad alta intensità energetica come la Tesla Model S, possono consumare tanto litio quanto 10mila smartphone. La crescita del mercato delle auto elettriche avrà dunque un impatto profondo sulla domanda globale.
Dove e come viene estratto? Viene ottenuto da due fonti principali: acqua salina e roccia dura. I depositi salini si trovano nei laghi salati, dove viene estratto per evaporazione. L’acquisizione dai depositi salini tramite evaporazione è, storicamente, il metodo più semplice e utilizzato, nonostante generalmente quello ricavato con questo procedimento è di qualità inferiore. L’estrazione dalla roccia dura, metodo che sta crescendo di importanza, richiede studi geologici e perforazioni di rocce che determinano costi elevati ma che, spesso, portano a un litio di qualità superiore. Quali effetti ha la crescita di ‘mega fab-
Con l’annuncio della quarta mega fabbrica di Tesla, il loro numero a livello globale dovrebbe raggiungere le 115 unità. Queste fabbriche dovrebbero produrre complessivamente oltre 2000 GWh all’anno entro il 2028, dato equivalente a quasi sette volte la produzione attuale e che rappresenta una capacità sufficiente per la produzione di 40 milioni di veicoli. Quali sono le potenziali prospettive future per il litio? Ci sono tre tendenze importanti che potrebbero supportare ulteriormente la crescita della domanda di litio e delle batterie: la produzione di veicoli elettrici e gli investimenti correlati continuano ad aumentare. Si stima che entro il 2040 i veicoli elettrici rappresenteranno più del 50% di tutte le vendite di nuovi veicoli; i Governi di tutto il mondo continuano a supportare la diffusione dei veicoli elettrici e adottano disposizioni per far cessare nei prossimi decenni la produzione e la vendita di veicoli con motori a combustione.
Le reti elettriche utilizzano inoltre le batterie al litio come accumulatori di energia, in particolare per le rinnovabili.
Nei prossimi anni la domanda mondiale di litio continuerà a crescere, sostenuta da rinnovabili e rapida diffusione dei veicoli elettrici. Com’è dunque possibile posizionarsi?
L’attuale crisi dei mercati finanziari coincide con una crisi strategica delle Banche Centrali ed è il frutto di politiche ‘non convenzionali’ perseguite per troppo tempo e per motivi finanziari e non economici. Il tentativo di stabilizzare un sistema finanziario instabile, annullando il costo del debito, ha gettato le basi per alta instabilità prospettica e stagnazione economica.
In realtà, quello che sta accadendo ora, è il frutto di un modello economico e finanziario nato dopo la crisi del 2000-2002, già andato in crisi nel 2008 e che si è poi trascinato fino al 2021, grazie al Qe e a una pronunciata deregulation finanziaria.
In seguito allo scoppio della bolla speculativa sul Nasdaq nel 2001 e agli attentati al World Trade Center, l’economia americana ha impostato un modello di crescita basato più sul debito e meno sulla crescita dei redditi reali. Questo tipo di strategia è servita per uscire rapidamente dalla crisi economica ma si è poi radicata come modello di lungo termine. Si è quindi passati da un sistema di crescita income driven a uno debt driven, aiutati da un
contesto di bassa inflazione, crescita contenuta, bassi tassi d’interesse e contenimento salariale. La ‘domanda finanziata’ è diventato il principale fattore di crescita economica, scaricandosi inizialmente sul Real Estate e poi sui consumi, che oggi sono quasi il 75% del Pil americano, di cui il 20% finanziato da credito al consumo, carte di credito e fondi di Private Credit.
Il problema principale di un modello economico basato sul debito è che non può permettersi il deleverage, dato che il suo motore è supportato dal debito e non dal reddito. Il modello di sviluppo persegue il suo punto di equilibrio in una costante crescita dell’indebitamento, che consente ai consumatori di acquistare beni e servizi che non potrebbero permettersi. Per questo motivo, la crescita del Pil può essere ottenuta prevalentemente grazie al leverage, che però non può mai fermarsi. Il sistema innesca un elevato sviluppo finanziario, inventando strumenti di debito speculativo finalizzati a fornire credito a tutti i segmenti dell’economia.
Quando il modello va in crisi, l’unico meccanismo d’intervento sono i bailout o
salvataggi a carico del bilancio pubblico, mentre la Banca Centrale è obbligata ad intervenire con il Qe per impedire un deleverage che il sistema non potrebbe reggere. Il ruolo delle banche d’investimento diventa invece quello di continuare a raccogliere denaro per sostenere il leverage e questo rende il modello estrememente propenso alla creazione di bolle.
Le previsioni sugli scenari futuri devono quindi essere sempre positive, per non interrompere i flussi di capitale necessari a sostenere il leverage ed indurre i risparmiatori a non vendere. Dal momento che, un sistema di crescita basato sul debito richiede politiche monetarie sempre espansive, le Banche Centrali perdono la loro indipendenza. Questo è il principale motivo per il quale oggi si assiste a una crisi di credibilità delle Banche Centrali e a una totale confusione nella politica monetaria, dove la lotta all’inflazione appare più teorica che effettiva, dato che nessuna è in grado di ridurre il bilancio o portare i tassi reali in territorio positivo.
Il collasso del modello debt driven non viene innescato da un cambiamento delle politiche che lo sostengono, ma quando, per vari motivi: il sistema privato non può più indebitarsi; il reddito reale perde tanto potere d’acquisto che il nuovo debito non riesce più a compensare; o eventuali fattori esogeni non possono essere efficacemente contrastati da politiche monetarie o fiscali che rischiano di compromettere leverage e domanda finanziata.
Affidare la crescita economica quasi esclusivamente alla sottoscrizione di nuovo debito risolve nell’immediato qualche problema, ma ne crea di diversi e peggiori nel lungo periodo.
L’Europa
Il denaro fisico è stato per millenni il perno del commercio mondiale. Conchiglie, frammenti di meteoriti, animali vivi, pietre preziose e fogli di corteccia di gelso hanno sostenuto le transazioni in vari momenti della storia. Più recentemente, le banconote e le monete hanno svolto un ruolo importante. Ma i giorni in cui si rovistava in tasca per cercare spiccioli sembrano ormai contati. Anche a fronte della spinta del Covid, la
dipendenza dal contante è in declino. Al suo posto nuovi potenti strumenti si stanno ritagliando un nuovo ruolo, i portafogli digitali, le transazioni via smartphone e a una serie di servizi che consentono livelli di flessibilità finanziaria molto più elevati.
La transizione sta avvenendo rapidamente e viene agevolata da un piccolo numero di aziende altamente innovative, guidate da fondatori, che sostengono gli esercenti nell’adottare il crescente nume-
Tim Garratt, Partner e Direttore dei servizi alla clientela di Baillie Gifford. A lato, le abitudini di pagamento dei cittadini europei e nord americani pur differendo nella sostanza si stanno comunque spostando nella stessa direzione, con un ruolo crescente giocato dalle nuove tecnologie.
ro di opzioni di pagamento. L’imperativo per gli esercenti di accogliere questa nuova era è significativo. L’impossibilità di accettare Apple Pay o Google Pay alla cassa di un negozio, o PayPal o Klarna sulla pagina di checkout di un sito web, può indurre sempre più spesso i clienti ad andarsene.
La fine del contante. Il mercato globale dei pagamenti ammontava a 35 trilioni di dollari nel 2019, prima della pandemia, ma nel 2020 l’utilizzo di banconote e monete nei negozi è diminuito di circa un terzo rispetto all’anno precedente, secondo una recente indagine. La pandemia ha condensato oltre un lustro di progressivi ma lenti cambiamenti in un solo anno e ha modificato il modo in cui le persone spendono, probabilmente per sempre.
Alcune aziende che guidano questa ondata di cambiamenti tecnologici e comportamentali si sono guadagnate la capacità di diventare veri e propri outlier in termini di crescita. Ma con l’afflusso di una grande quantità di capitali in questo settore, la vera sfida degli investitori consiste nell’individuare le aziende con un reale vantaggio in una fase ancora iniziale.
Adyen e Stripe sono due di questi candidati. Entrambe supportano alcuni dei più grandi marchi di Internet, sostenuti da culture insolitamente a lungo termine e da livelli di adeguamento più che im-
Le operazioni di pagamento sono importanti fonti di ricavo per una parte dell’industria finanziaria, che in tempi di margini bassi e sotto pressione vede proprio nelle commissioni di questo piccolo ma cruciale segmento un alleato chiave. In testa a tutte le classifiche l’Asia, non fosse che per la popolazione.
pressionanti. Quando nel 2016 Netflix si è espansa in 130 Paesi contemporaneamente, è stata l’infrastruttura di Adyen a permettere al gigante di accettare e poter gestire abbonamenti pagati in valuta locale attraverso un’ampia gamma di metodi di pagamento diversi.
Stripe si concentra invece sulla fornitura di servizi ai piccoli commercianti. Ad esempio, i clienti di Shopify utilizzano la tecnologia e i servizi di analisi di Stripe per pagare le fatture, tenere traccia delle spese e monitorare il flusso di cassa. Stripe si sta quindi configurando come un’ampia piattaforma che consente alle aziende di tutti i tipi di accedere facilmente al FinTech e di toccarlo con mano, misurandosi nella loro quotidianità. Questo passaggio ricorda molto il modo in cui il servizio Aws di Amazon ha democratizzato l’accesso al cloud computing.
Nessuna tassa di mora. L’ascesa delle società ‘compra ora paga dopo’ rappresenta un’ulteriore forza dirompente. Queste aziende rappresentano ancora oggi una percentuale relativamente piccola della quota complessiva degli acquisti online, ma hanno il potenziale per fare breccia nei fornitori di carte di credito tradizionali nell’arco dei prossimi anni.
Affirm è uno dei leader più affermati in questo campo ed è fermamente intenzionato a ripulire un settore che storicamente è stato piuttosto opaco e caratterizzato da pratiche ben più che discutibili. Offre livelli di trasparenza molto più elevati e molti consumatori non pagano interessi sui prestiti erogati. Affirm guadagna infatti applicando una commissione direttamente ai venditori online, che sono disposti a pagare perché può fare la differenza nel garantire o meno una vendita.
Per esempio, nel caso del legame di Affirm con l’azienda di fitness collegata Peloton, i clienti non pagano interessi se pagano completamente l’attrezzatura entro un periodo di tempo concordato che può arrivare fino a 43 mesi. Non vengono
Quanto rende pagare?
Ricavi derivanti da operazioni di pagamento
Corsa tutta asiatica Ricavi da operazioni di pagamento, 2020 in % (100% = mld usd)
1. Servizi di pagamento Cross-border (B2B, B2C)
2. Interessi netti da conti correnti e conti scoperti
3. Commissioni su pagamenti nazionali e mantenimento dei conti (senza carte di credito)
4. Rimesse e servizi di pagamento transfrontaliero C2B
nemmeno addebitate le spese di mora se una qualsiasi delle rate è in ritardo. Alcuni hanno espresso il timore che tali offerte possano indurre le persone a indebitarsi, sollevando l’esigenza di un intervento normativo. Tuttavia, come modello di business, l’offerta di Affirm appare molto più equa rispetto ai metodi alternativi di dilazione dei pagamenti, ad esempio delle tradizionali società di carte di credito, che sono incentivate a offrire prestiti ai consumatori che faticano a onorare i loro debiti perché traggono ampi profitti dalle multe che ne derivano. Denaro programmabile. L’ecosistema in evoluzione delle criptovalute rappresenta una seconda opportunità, anch’essa molto vicina, in quanto consente trasferimenti di valore che eludono completamente i canali di pagamento tradizionali. Stanno portando verso un nuovo paradigma di denaro programmabile che può essere speso solo per articoli specifici o
in luoghi altrettanto specifici. Blockstream è una delle aziende che sta cercando di sviluppare una nuova infrastruttura finanziaria costruendo servizi finanziari sulla rete Bitcoin. L’azienda è gestita da Adam Back, uno dei pochi crittografi che ha visto il proprio lavoro citato nel fondamentale libro bianco di Satoshi Nakomoto sul Bitcoin. Il suo obiettivo è quello di rendere sempre più facile per i privati e le aziende la sicurezza e la transazione dei loro beni digitali e, soprattutto, di migliorare la nota dolente dell’industria: l’efficienza energetica del processo di estrazione dei Bitcoin.
La perdita del denaro fisico sarà indubbiamente rimpianta da alcuni. Per quanto possa sembrare anacronistico scambiare un pezzo di metallo modellato, di carta stampata o addirittura una mucca per beni e servizi, ogni transazione alla vecchia maniera fornisce un senso di tangibilità, di cui ancora molti sentono il bisogno.
L’esigenza di diminuire la dipendenza dalla Cina e le crescenti tensioni geopolitiche si sommano a prospettive già favorevoli per il subcontinente indiano. Cosa sarà di Nuova Delhi?
Giacomo Malinverno, analyst di Lagom Family Advisors. A lato, un confronto del mercato azionario indiano, rispetto a quello cinese e statunitense.
entro la fine del decennio), la popolazione è giovane e di medio-alta istruzione (se paragonata alla media dei Paesi in via di sviluppo), i salari sono molto bassi il che la rende attrattiva per esternalizzare la produzione, da qui l’aumento degli investimenti nel manifatturiero. Inoltre, la rivoluzione tecnologica è in corso: il 99% di tutte le attività on-line è fatto da smartphone e il Paese punta a diventare un hub globale nella filiera dei semiconduttori. Ciononostante, il settore digitale e tecnologico pesa solo per l’1% della capitalizzazione di mercato, segno che esistono ampi margini di miglioramento, e la performance del Nifty It è sostanzialmente in linea con quella del Nasdaq 100.
Nel 2021 il mercato azionario indiano è stato il migliore in Asia e secondo al mondo.
Nel 2022, in un contesto di forti rischi recessivi e alta inflazione, l’India si distingue per le buone prospettive di crescita, vicine al 7%. In un anno di profondo rosso, tiene anche in Borsa: mentre sia l’indice S&P 500 sia il cinese Cci 300 perdono oltre il 20%, il Sensex indiano è sostanzialmente piatto. Anche
dopo l’adeguamento per il deprezzamento della valuta, è al minimo storico di oltre 82 rupie per dollaro, il benchmark azionario è sceso meno del 10%. In confronto, il Csi 300 cinese è in calo di oltre il 30%.
Le premesse sono dunque allettanti per gli investitori occidentali, in cerca di geografie che permettano ulteriore diversificazione. Le caratteristiche socio-economiche possono essere così riassunte: la classe media è in crescita (400 milioni
Ulteriori opportunità per il mercato indiano derivano dall’incremento degli investimenti, sulla scia della strategia di diversificazione della produzione fuori dalla Cina, e dall’aumento della competitività delle aziende a causa degli elevati costi energetici in altri mercati. L’India è il candidato chiave per ricoprire il ruolo di hub produttivo, in un approccio che è stato soprannominato ‘Cina Plus One’.
Queste informazioni non sono nuove; tendenze e opportunità del Paese erano note già prima del 2022. Eppure, proprio adesso sembra svilupparsi un maggior interesse. Ciò che spinge gli investitori a focalizzarsi sul subcontinente è quello che accade in Cina. La pandemia ha reso manifesta la dipendenza internazionale dal manifatturiero cinese e quindi la necessità
di arginarla. Inoltre, i prezzi di produzione non sono più bassi come un tempo; consolidatasi e specializzatasi, la classe media cinese rivendica salari più alti.
Il ritorno di Xi Jinping a forme evidenti di centralismo e accentramento del potere spaventa. Nei prossimi cinque anni la Cina potrebbe prendere strade imprevedibili, mettendo in discussione il mantenimento in portafoglio di fondi e titoli. Sullo sfondo delle tensioni geopolitiche, prima ancora degli investitori, sono le aziende occidentali a cercare alternative.
Ecco, dunque, la grande opportunità dell’India, quella di sostituirsi all’immensa fabbrica globale cinese. Numeri e opportunità ci sono. Apple, ad esempio, ha annunciato che produrrà l’iPhone 14 in India, con l’intenzione di realizzare il 25% dei suoi dispositivi fuori dalla Cina entro il 2025. Anche Nuova Delhi ha corteggiato le aziende manifatturiere affinché si in-
sediassero nel Paese, offrendo incentivi.
Nonostante le prospettive ampiamente positive, la finanza globale non ha ancora abbracciato pienamente le azioni indiane sulla scia di un ampio spostamento degli investitori dai titoli emergenti a rischio più elevato a favore delle attività in dollari. Inoltre, da quando la Russia ha dato inizio all’invasione dell’Ucraina, l’India non si è allineata al gruppo delle democrazie: non ha condannato l’aggressione di Mosca e non ha imposto sanzioni. Al contrario, ha
cercato di sfruttare la situazione per portare avanti i propri interessi economici.
La transizione verso l’India, sia a livello produttivo sia di investimenti finanziari, potrebbe richiedere del tempo e trovare ostacoli lungo il cammino. Tuttavia, già in passato si è assistito a cambiamenti nelle basi produttive globali e nell’orientamento dei portafogli. L’attuale economia della globalizzazione impone questo tipo di cambiamenti, motivo per cui è necessario valutare attentamente il ‘Make in India’.
composizione del Sensex indiano, con l’It ampiamente sottovalutato, ne evidenzia le ottime prospettive di crescita nei prossimi anni.
Artificiale potrà portare ad arginare la crescita delle minacce informatiche. Aziende e investitori l’hanno capito.
L’intelligenza artificiale in campo
Creazione di valore potenziale annuale mondiale per settore (mld usd)
Rolando Grandi, Gestore azioni internazionali tematiche, La Financière de l’Echiquier (Lfde). A lato, la creazione di nuovo valore in settori strategici è possibile.
da record per le sue soluzioni di cybersecurity e un aumento del 61% del fatturato nel corso dell’anno. Allo stesso modo, le aziende di cybersicurezza, come l’americana Cloudflare, stanno beneficiando di questa tendenza.
Gli hacker sono sempre dei lupi solitari? Di fronte al proliferare degli attacchi informatici nel mondo, la risposta è diventata evidentemente no: la criminalità informatica sembra essersi industrializzata. Lo dimostrano il furto, quest’estate, dei dati di quasi 10 milioni di clienti del secondo operatore di telecomunicazioni australiano, e quello più recente dei dati di pazienti di centri ospedalieri francesi. Si sono moltiplicati i ransomware, i malware che bloccano l’accesso a un computer in cambio di un riscatto, o il phishing, a danno dei privati cittadini.
La cybersicurezza è una sfida importante per le aziende e gli Stati, come ha ricordato di recente il Consiglio federale svizzero dato che, in materia, l’economia svizzera è un bersaglio particolarmente interessante. A livello globale e nell’ultimo anno, il numero di cyberattacchi è in crescita, del 31%. Il costo della criminalità informatica stimato nel 2021 dall’Fbi è pari a 6,3 miliardi di euro, come emerge dal suo Internet Crime Report, con un aumento dell’81% rispetto al 2019. Per
le aziende francesi, la perdita di fatturato è stata già stimata in un miliardo di euro dall’inizio del 2022.
La digitalizzazione perseguita da molti settori e in accelerazione a partire dal 2020, ha enormemente ampliato il perimetro di attacco degli hacker che si sono dotati delle tecnologie più avanzate.
L’Intelligenza Artificiale è al centro delle sfide della cybersicurezza ed è in grado di fornire soluzioni per la costruzione di strategie di protezione dei dati e di rilevamento delle minacce. Nonostante l’inasprimento del contesto macroeconomico congiunturale, è ormai inevitabile accrescere gli investimenti in cybersicurezza. Tutti i settori chiave sono coinvolti, e nessuno è escluso: la sanità, i trasporti, l’energia, le istituzioni finanziarie…
Se gli hacker sono sempre più ingegnosi, lo sono anche le aziende di cybersecurity che stanno sviluppando soluzioni volte a rafforzare la cybergovernance aziendale o soluzioni di protezione dei dati, come la messa in sicurezza dei data center. Il gruppo californiano Zscaler, leader nella sicurezza cloud, ha registrato una doman-
Lotta alle frodi digitali. Mastercard, pioniere nelle tecnologie di pagamento, ha stretto una nuova partnership con Microsoft nell’aprile 2022 per combattere le frodi e rendere più sicure le transazioni. La soluzione cloud ideata dal gigante del software si basa principalmente sull’Intelligenza Artificiale adattiva e sul machine learning per rilevare le frodi in tempo reale. Fornisce inoltre alle banche informazioni per l’autenticazione delle transazioni. La posta in gioco è alta dato che Nilson stima il costo delle frodi a danno delle carte di credito in 409 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. Un ampio orizzonte di investimento. Vista l’ascesa dell’Intelligenza Artificiale e lo spostamento dell’architettura verso il modello Zero Trust, le aziende di nuova generazione sempre più spesso vedono aumentare gli investimenti da parte dei clienti. È difficile immaginare di poter fare un passo indietro nel pieno di questa nuova era digitale. L’Intelligenza Artificiale è sicuramente il miglior alleato della cybersicurezza, un alfiere di importanza crescente man mano che le società e le vite di molte persone saranno sempre più connesse online. Si apre dunque un vasto orizzonte di investimento.
almeno in Occidente, ha spinto a un repentino rallentamento delle attività pubblicitarie online. Ma quanto durerà?
La crescita della spesa pubblicitaria digitale negli ultimi anni è stata a dir poco spettacolare. Da una penetrazione relativamente bassa un decennio fa, oggi la pubblicità digitale è la piattaforma principale del marketing. Più efficiente e quantificabile di qualsiasi altra soluzione, il digitale ha offerto alle aziende ritorni sugli investimenti superiori. Recentemente, tuttavia, diversi fattori negativi si sono combinati. Le sfide che la pubblicità digitale si trova ad affrontare, nel breve, dovrebbero essere una battuta d’arresto temporanea.
La spesa pubblicitaria digitale si è impennata durante i lockdown, grazie all’aumento del tempo trascorso sullo schermo e ai nuovi canali digitali, ma di recente una confluenza di fattori ha fatto sì che il mercato si raffreddasse notevolmente.
In primo luogo, i lockdown hanno fornito un vasto pubblico digitalmente vincolato. Ora che sono finiti, le persone stanno tornando alla vita di tutti i giorni. Meno tempo sugli schermi e quindi meno tempo per vedere gli annunci.
L’ambiente di mercato è diventato più
difficile. L’aumento dell’inflazione ha indotto le aziende a rivedere le spese, spingendo al contempo i consumatori a spendere meno. Gli ultimi 12 mesi hanno mostrato quanto rapidamente la spesa digitale possa essere spenta nel breve termine, molto più facilmente della pubblicità televisiva, ad esempio. Se nel medio termine si prevede che la pubblicità digitale si riprenda, è probabile che i contratti televisivi vengano rinegoziati al ribasso al momento del rinnovo.
Il panorama è stato fortemente scosso dalle modifiche alla privacy e al tracciamento introdotte da Apple sulla sua piattaforma iOs nell’aprile 2021. Per le aziende che si occupano di pubblicità digitale, per le quali la raccolta e l’analisi dei dati degli utenti è fondamentale, questo ha cambiato di fatto le regole del gioco. Cambiamenti nella privacy e nel tracciamento dei dati. Quest’ultima sfida, l’introduzione della funzione Att da parte di Apple, è particolarmente degna di nota perché ha avuto un impatto variegato.
Ad esempio, Meta ha registrato una significativa sottoperformance negli ul-
timi 12 mesi. L’Att ha rappresentato un duro colpo soprattutto per i social media interattivi, poiché società come Meta si affidano a questi dati per indirizzare e misurare gli annunci pubblicitari nelle App. Un impatto che Meta stima sia di 10 miliardi di dollari di mancate entrate nel solo 2022, in quanto la maggior parte degli utenti di iPhone e iPad sceglie di rinunciare al tracciamento degli annunci. Alphabet, in confronto, ha registrato una performance più solida. Raccoglie organicamente grandi quantità di dati attraverso il suo motore di ricerca, il che la rende molto meno vulnerabile alle scelte degli utenti. Inoltre, raccoglie dati dai 3 miliardi di dispositivi Android, poco influenzati dalle modifiche di Apple. Alphabet ha dunque conservato una maggiore quantità di informazioni preziose, il che la rende più interessante.
Indipendentemente dalla natura del calo della spesa pubblicitaria digitale, l’impatto a breve termine del contesto post-pandemia sulla pubblicità e sui settori correlati è innegabile. Si prevede che il mercato rimarrà solido, in quanto un numero sempre maggiore di inserzionisti si rivolge al digitale per i notevoli vantaggi che offre rispetto ai canali tradizionali, tra cui una maggiore targetizzazione e misurabilità. Per quanto riguarda i principali operatori, sono da preferirsi le aziende che sono padrone della propria fortuna, in questo caso la raccolta dei dati - la linfa vitale degli inserzionisti digitali - piuttosto che affidarsi alla raccolta di altri.
La fine di buona parte delle restrizioni e delle quarantene,
p. 84
p. 88
Introduzione
Piattaforme di Gestione
p. 90 Istruzione digitale
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Intelligenza Artificiale
p. 94 App
p. 96 Protezione dei dati
p. 98 Criptovalute
p. 99
Eventi FinTech
p. 100 Telefonia mobile
p. 102 Piattaforme e-learning
Nasce quale semplice erbetta, i cui fiori hanno la forma di un ditale, a uso medicinale ma con importanti controindicazioni. Nel corso del Novecento, assume però ben altra postura, per diventare poi rapidamente quello che oggi tutti conoscono. Il digitale!
Il digitale: chi è questo sconosciuto, ma non troppo? Sembrerebbe che il primo ad aver scomodato il termine in un contesto di un certo peso sia stato il botanico e fisico tedesco Leonhart Fuchs, nel Cinquecento, poi ripreso dal francese Joseph Pitton de Tournefort, e infine consacrato dal padre nobile della sistematica, lo svedese Carl von Linné.
Il termine richiama il ‘ditale’, e indica un genere di pianta erbacea o arbustiva della famiglia delle Plantaginaceae. Le specie di questo genere si presentano con
un’altezza che varia da pochi centrimetri a poco meno di un metro, sono piante perennanti con gemme alla base del terreno e con fusti a infiorescenza terminale. Hanno cicli biologici bienni, se nel primo anno presentano infatti una rosetta basale di foglie, è nel secondo che invece fioriscono. È una pianta tipicamente mediterranea, diffusa in Europa e Asia centrale.
Eppure ha una storia lunga, e molto antica, risalente a ben prima del Cinquecento. È sempre stata nota a uso medicinale, contiene infatti sostanze che
hanno un potente effetto sul cuore, ed era dunque usata in terapie ante litteram di insufficienza cardiaca.
Se dunque da un certo punto di vista ha sempre avuto un alto valore medicinale, dall’altro, al pari di molte altre erbe, un uso eccessivo risulta altamente nocivo, se non mortale. Come del resto se ne dev’essere accorto, o forse no, Cangrande I della Scala, signore di Verona nonché amico e protettore di Dante Alighieri (che gli dedicò il Paradiso), che molto probabilmente morì avvelenato proprio di digitale.
Nel corso dell’ultimo secolo ha certamente accresciuto la sua fama per ben altri motivi, e in ambiti molto distanti dalla botanica. Ma come è cominciato tutto?
È nel 1936 quando lo scienziato inglese Alan Turing ideò la macchina che prese il suo nome e a cui può farsi risalire la nascita del moderno ‘digitale’. Turing pensò che si potesse costruire un marchingegno che seguendo solo due istruzioni sequenzialmente impostate come ‘vero’ o ‘falso’, ossia ‘1 e 0’, si potessero realizzare calcoli di qualsiasi complessità.
Da quella semplice intuizione nacque nel 1946 il primo vero computer elettronico con oltre diecimila valvole chiamato Eniac. Occupava lo spazio di una palestra con un peso di alcune tonnellate e del costo di milioni di dollari.
Constatata l’utilità anche per le attività aziendali di disporre di strumenti che in base a ben congegnati programmi potessero in poco tempo risolvere problemi che fino ad allora richiedevano schiere di addetti, iniziò una gara competitiva a costruirne sempre di più potenti.
Aziende come Ibm, Univac, Sperry Rand, e molte altre invasero il mercato per impieghi militari e civili. Un forte sviluppo lo ebbero i programmi per tradurre i problemi reali in termini che i computer potessero elaborare come gli Assembly Language, Fortran, Cobol, List, ecc.
Ma il vero archetipo che avrebbe portato allo sviluppo attuale fu il transistor che, scoperto nel dicembre 1947, dette il via allo sviluppo di componenti allo stato solido sempre più sofisticati e veloci, ideali
In apertura, un esemplare di digitalis purpurea. Da sopra, la macchina di Turing. Recente esempio che realizza fisicamente l’intuizione di Turing. Su un nastro si scrivono (programmazione) e si leggono (esecuzione) una sequenza di 1 e 0. Sotto, Eniac. Il primo computer elettronico realizzato nel 1946 con 18mila valvole e del peso di 30 tonnellate. Era velocissimo ma doveva essere fermato continuamente per sostituire le valvole che si guastavano.
A lato, i tre premi Nobel del 1958: Walter Brattain, John Bardeen e William Shockley, che contribuirono allo sviluppo dei primi transistor, dal 1946 nei laboratori Bell.
come materia prima per la realizzazione di computer potenti e meno costosi.
Fu quasi automatico riuscire nel 1958 a integrare più componenti allo stato solido in un unico microchip che la legge di Moore del 1965 sintetizzò così: L’industria dei semiconduttori sarà in grado di inserire in un unico chip il doppio di componenti ogni 18
mesi. Legge esponenziale che non si è ancora esaurita oggi, consentendo la produzione di singoli microchip contenenti dieci miliardi di componenti.
Per la prima volta da quando l’Homo Sapiens ha cominciato a sfruttare la tecnologia, l’umanità si trova oggi a maneggiare un fenomeno tecnologico che
In alto a sinistra, Gordon Moore nel 1965 pubblicò una sua osservazione di carattere industriale in base alla quale un circuito integrato in monocristalli di silicio avrebbe raddoppiato il suo contenuto di transistor ogni 18 mesi, dimezzandone il costo. Sopra, il primo microprocessore 4001 realizzato nel 1971 alla Intel da Faggin, Hoff e Mazor. Conteneva oltre 5mila transistor e rappresentava la prima struttura completa di una Cpu in un singolo monocristallo di silicio utilizzando la tecnologia ‘planare’. A lato, la domanda dal mercato di sempre maggior potenza indusse Intel a cavallo del 2000 a integrare in unico chip più Cpu. E poi nel 2019 e con i computer quantistici, Google integra in un unico chip, il Sycomore, 53 qubit che forniscono al computer quantistico di cui è il cuore, una potenza di calcolo che in secondi trova il risultato che un computer troverebbe in millenni.
procedendo esponenzialmente rende disponibili all’intera umanità sempre più petabyte di informazioni digitali su una rete universale, internet, diventata di accesso pubblico all’inizio dei Novanta.
Con il termine “digitale” oggi ci si riferisce a tutto questo e non solo, ed è un semplice inizio. Impressionante la strada che ha fatto una semplice erbetta, no?
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mercato una piattaforma che dando una lettura innovativa alle esigenze del mercato potrebbe sostenere il settore della gestione patrimoniale, sin da subito, in una fase particolarmente complessa di concentrazione e implementazione delle nuove normative.
L’industria della finanza sono ormai anni che si trova in una fase di significativa trasformazione, a fronte di pressioni concentriche su molti fronti, non solo dal lato compliance che ha certo un ruolo, ma più in generale dal lato margini. Nel caso della Svizzera, pur muovendo da una situazione più florida rispetto ad altre Piazze, il problema sta iniziando a farsi sentire, anche grazie alla stretta promossa da Finma, in ottemperanza a standard internazionali; da qui la necessità per molti attori del settore, soprattutto medio-piccoli, di aguzzare l’ingegno. E che non vi sia qualcuno disposto a facilitargli il compito?
«Nel corso degli ultimi anni il processo di frammentazione della catena del valore nel Private Banking è andato accelerando, l’esigenza di molti attori del settore era dunque di rivolgersi a un numero crescente di fornitori per soddisfare le richieste di Finma, non avendo le figure necessarie in casa. È su tali premesse che
abbiamo da poco lanciato la Outsourced Investment Management Services, una piattaforma digitale in cui molti operatori possano attingere liberamente i servizi necessari a soddisfare richieste puntuali e molto specifiche, a un costo concorrenziale», esordisce così Michele Lischetti, responsabile business development e membro del comitato esecutivo del Gruppo Ashenden Finance.
Tradizionalmente i gestori più piccoli hanno potuto contare sul supporto garantitogli dal sistema bancario, e dai tool sviluppati per la sua clientela, specie nel caso delle banche depositarie più grandi, ma qualora tale aiuto dovesse venir meno, o se restasse ma a un costo ben maggiore in ottica di maggiori risparmi? «L’esternalizzazione dei servizi non considerati Core da parte di un’azienda è un trend ormai consolidato, non solo per la finanza, e vogliamo che tale rimanga, rispettando le richieste di Finma: tutti i servizi imposti dalle normative vigenti devono es-
sere erogati da specialisti del comparto, riconosciuti come tali da Berna, e tutti i Partner che sono stati coinvolti nello sviluppo della piattaforma soddisfano tali requisiti. Quello che vogliamo fare è mettere a disposizione di realtà che altrimenti non potrebbero permetterselo servizi di leader affermati di settore, fatturando la singola prestazione. Creare dunque economie di scala dove e quando non si potrebbe ottenerle», nota Luca Di Fede, responsabile vendite e membro del comitato esecutivo del Gruppo.
Del resto pagare la consulenza di uno specialista Esg su una richiesta puntuale e ben circoscritta, è ben diverso dall’avere ‘in casa’ tale figura anche soltanto a tempo parziale. «Nel progetto sono stati coinvolti i migliori professionisti, possiamo infatti contare su Conser, per quanto riguarda l’implementazione di criteri Esg; Indigita per le problematiche transfrontaliere; Chartered Opus per il lancio di prodotti d’investimento su misura; Marex per i prodotti strutturati; Heravest quale Cio indipendente. La piattaforma si presenta quale interlocutore unico, anche amministrativamente, per accedere ai servizi di tutte queste parti, e non solo. Se il comprensibile obiettivo della normativa era la Best Execution, e non è scontato venga garantita, quanto cerchiamo di fare noi è sì garantire questo, ma conciliarlo anche con il Best Pricing, a fronte di un’esperienza pluridecennale nel brokeraggio», prosegue il responsabile business development.
A essere confrontati si trovano sostanzialmente due diversi modi di concepire le dinamiche del settore, che se da un lato stanno obtorto collo cambiando, dall’altro lo fanno comunque lentamente, muovendo da equilibri pregressi. «Da un punto di vista squisitamente tecnico, l’industria della Gestione patrimoniale deve diventare più integrata e trasparente, soprattutto se la Svizzera vuole restare leader mondiale nel settore. Fino a oggi i processi sono sempre stati centralizzati dalle banche, e per troppo tempo ci si è concentrati sul come tenere in ostaggio i clienti, ostacolando l’accesso a soluzioni sviluppate da più fornitori di servizi; ed è questo che vogliamo fare. Dall’altro si è diffusa l’idea fallace, del mondo bancario, che i servizi possano essere gratuiti, e se effettivamente la sola esecuzione può anche esserlo, la consulenza no. In questa direzione proponiamo alla nostra clientela di pagarci a fattura, o in commissioni generate dagli ordini, laddove percorribile», riflette il responsabile vendite.
Un deciso cambio di passo, e uno scossone agli equilibri tradizionali della Piazza svizzera, sta del resto già arrivando, e nell’arco di poche settimane qualcosa dovrà accadere. O almeno iniziare a farlo. «Tutti gli operatori che entro fine anno non risulteranno regolati, e dunque al termine del processo di approvazione di Finma, si troveranno nella condizione di non poter operare. Il sistema bancario ha già ricevuto chiare indicazioni da Berna in questo senso, e non potrà garantire il servizio. Al termine della fase di consolidamento si troveranno sul mercato attori mediamente più grandi e strutturati, e anche i più piccoli cercheranno di sopravvivere in un qualche modo, ma tutti avranno un’unica esigenza: restare competitivi in termini di prezzo, e dunque di ottimizzare i costi. Nell’ottica di una specializzazione crescente degli operatori riteniamo che la piattaforma possa dunque avere un certo ruolo», nota Lischetti.
Un progetto ambizioso, che ha almeno in parte saputo anticipare le richieste del mercato, e lanciato da poco al termine di quasi un anno di lavori di costruzione e sviluppo, ma che è comunque emblematico della natura di una realtà sul mercato dal 1988. «Il Gruppo nasce dalle ceneri di Finbro e Finance, per integrare un team diversi ma con competenze importanti che non dovevano andare perse, il che ben rappresenta la nostra dinamicità.
Abbiamo sempre creduto nella regolamentazione per stare al passo con i tempi e oggi con Finma. Siamo infatti certificati su tutti i principali mercati per poter operare con tutte le nostre controparti a livello globale, una prassi di mercato fuori dalla Svizzera da moltissimo tempo», sottolinea il responsabile vendite.
Un’esperienza internazionale che potrebbe tornare utile, in un secondo tempo, anche nel caso dell’attuale progetto, ma con quali prospettive? «Quello che vogliamo creare è un ecosistema completo di scambio di servizi per gli operatori del settore, interconnesso e di respiro europeo. Siamo partiti dalla Svizzera per semplicità, ma è un modello che si presta senza problemi anche a mercati esteri, e limitandosi a veicolare servizi non si espone nemmeno a problemi legali. Ovviamente la premessa di tutto è l’onboarding del cliente, che compete a noi quali garanti nel sistema nei confronti di tutte le controparti. Un processo particolarmente spedito per tutte le realtà già regolamentate, questione di qualche
Da sinistra, Luca Di Fede, responsabile vendite e Mischele Lischetti, responsabile business development di Ashenden Finance. Sotto, il funzionamento di una piattaforma svizzera di brokeraggio, pronta a espandersi anche fuori dai confini nazionali, in una fase complessa.
giorno, ma che potrebbe chiederne molto di più per altri», conclude il responsabile del business development.
La regolamentazione non è una novità dell’ultimo minuto, se in Svizzera era stato annunciato anni fa quale fosse l’intenzione delle autorità, nel resto d’Europa la situazione è sempre stata molto diversa, e la maggior parte degli attori sul mercato erano già certificati semplicemente per poter operare. Dovendo molti risolvere il problema in tempi brevi, se non brevissimi, una prima soluzione potrebbe essere già stata inventata. Ma basterà?
Giulio De Biase
Tra i più colpiti dalla lunga emergenza pandemica si trova certamente il settore dell’istruzione, nonostante oggi si abbiano a disposizione strumenti potenti, ad esempio digitali. Il suo ruolo resta però cruciale per uno sviluppo migliore del pianeta.
L’istruzione è il fondamento di una società sviluppata e della responsabilità civica. Infatti, la capacità di leggere e scrivere, di acquisire una formazione di base e competenze professionali sono essenziali per comprendere il mondo, per mettere in prospettiva, per innovare, per costruire il proprio futuro, per garantirsi un reddito e diventare un cittadino attivo.
Come disse Nelson Mandela, “L’istruzione è l’arma più potente che puoi usare per cambiare il mondo”. L’educazione permette di contribuire a gestire i grandi temi di oggi: la lotta alla povertà, la lotta alla disinformazione e alla propaganda, il rispetto dei diritti umani e delle libertà individuali, la promozione del liberalismo e della democrazia, la lotta al riscaldamento globale, il rispetto della biodiversità e lo sviluppo delle energie alternative.
È con questa convinzione che Reyl&Cie ha deciso di rafforzare il proprio impegno in ambito sociale e ambientale analizzando lo stato dell’educazione digitale a livello globale. Il nuovo rapporto Forward esplora come il mondo dell’istruzione si è evoluto dall’ambiente pre-pandemia alla rapida adozione dell’apprendimento online, analizzando i cambiamenti radicali a lungo attesi nel settore, nonché l’impatto fuori misura che la pandemia ha avuto sulle comunità più svantaggiate.
L’educazione, che storicamente è iniziata come uno scambio interattivo tra insegnante e studente attraverso libri e scrittura, ha fatto un grande salto verso l’ignoto negli ultimi tre decenni con l’emergere del web. Un’istruzione di qualità, inclusiva ed equa è l’obiettivo numero 4 degli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) delle Nazioni Unite. In effetti, l’accesso all’istruzione è un elemento chiave della resilienza nella società.
2mila miliardi di ore scolastiche perse. Secondo le stime contenute in un rapporto congiunto della Banca Mondiale,
«L’educazione, che storicamente è iniziata e si è sviluppata quale scambio interattivo tra insegnante e studente attraverso libri e scrittura, ha fatto un grande salto verso l’ignoto negli ultimi tre decenni con l’emergere del web»
Jérôme Koechlin, Responsabile della comunicazione di Reyl Intesa San Paolo
dell’Unesco e dell’Unicef, a più di due anni dall’inizio della pandemia, meno della metà dei 197 Paesi del mondo sta implementando strategie di recupero dell’apprendimento su larga scala per aiutare i bambini a rimettersi in pari, mentre 2mila miliardi di ore di scuola in presenza sono state perse negli ultimi due anni, in larghissima parte per la chiusura forzata degli istituti scolastici.
La trasformazione della classe tradizionale è irrevocabile, compreso l’uso della tecnologia e la distribuzione differita dell’insegnamento a discrezione di ogni studente. Benché l’istruzione sia sempre
più accessibile in tutti i momenti e in tutti i luoghi per un piccolo numero di persone, i benefici dei progressi tecnologici potrebbero ancora rimanere fuori dalla portata di molti.
L’invasione russa dell’Ucraina ha anche evidenziato il fatto che i bambini sono spesso tra i più colpiti dallo spostamento migratorio della popolazione. Secondo i dati diffusi in giugno dall’Unicef, quasi due bambini ucraini su tre hanno dovuto fuggire dai combattimenti, quindi è essenziale capire il ruolo che la tecnologia può svolgere nell’aiutarli a recuperare alcuni o tutti i loro bisogni educativi. Più sostenibilità e inclusione. L’allocazione del capitale privato e istituzionale diventa così un fattore essenziale per un cambiamento radicale verso una maggiore sostenibilità e inclusione.
Il caso dell’Africa è illuminante al riguardo. Di fronte alle numerose sfide dell’istruzione in Africa, sta emergendo una dinamica imprenditoriale con soluzioni innovative. Gli impact investor, caratterizzati dalla loro intenzione di generare un impatto sociale e ambientale positivo, vogliono fornire un supporto decisivo a questa dinamica. Dalle soluzioni di e-learning alle piattaforme di corsi Sms alle sessioni di coaching per insegnanti, quello che si colloca sotto il cappello dell’Ed-Tech, imprenditori e filantropi stanno sperimentando nuovi modelli pedagogici per superare i vincoli materiali che hanno a lungo ostacolato interi sistemi educativi.
Come disse il poeta inglese William Wordsworth, “Impariamo dal passato per goderci il presente, e dal presente per vivere meglio nel futuro”. L’importanza dell’uso delle tecnologie digitali nell’istruzione è una priorità strategica fondamentale ed è necessario di intensificare gli sforzi per capirlo, e quindi per aiutare la prossima generazione, e le successive, a prosperare e continuare a crescere.
Il balzo tecnologico sta aprendo le porte a quella che si prefigura essere una rivoluzione copernicana per il mondo della Gestione: integrare l’Intelligenza Artificiale nel processo d’investimento, in piena indipendenza, senza avere competenze informatiche avanzate.
Tempi moderni, gestori moderni, portafogli moderni: è un’epoca in cui i superpoteri, specialmente nel mondo degli investimenti, sembrano a portata di Intelligenza Artificiale. Se è vero infatti che si è aperta l’epoca dei Big Data, è anche vero che si è per la prima volta nella storia dell’umanità sommersi dall’informazione e affamati di conoscenza. Prendere atto della crescente complessità dei mercati finanziari è un tassello chiave per comprendere la fame di tecnologia da parte delle istituzioni finanziarie.
Due indizi mettono in prospettiva l’entità della transizione, destinata a durare almeno tutto il prossimo decennio. Il primo è che, secondo Ibm, circa il 90% dei dati è stato creato negli ultimi due anni. Il secondo, invece riguarda la spesa mondiale per software di Ia: 64 miliardi di dollari di investimenti stimati fino al 2025, stando alle analisi di Forrester, che saranno messi sul tavolo per vincere la nuova sfida tecnologica. Una gara, un “survival of the fittest” finanziario avrebbe commentato Darwin, che se fosse stato anche un gestore avrebbe osservato le mosse di banche, assicurazioni, società di gestione e family office per cercare i nuovi vincitori e vinti dell’era digitale. Ma la tecnologia è solo una faccia della medaglia.
A una riflessione più attenta, i dati non sono che l’inizio della comprensione del mondo, fotografie di informazione in attesa di essere montate nella giusta sequenza. Per questo, soprattutto nella gestione di portafoglio, la giusta chimica arriva quando si intrecciano intuito, esperienza e analisi per catturare le nuove opportunità dei mercati, traducendo il rischio in decisioni lungimiranti e precise. La ricerca di un approccio misto, complementare, e tecnologico, una sintesi tra quantitativo e fondamentale, ha trasformato gli strumenti e il processo d’investimento, che oggi si avvalgono
«Si è aperta una nuova era in cui il balzo tecnologico arrivato da software e piattaforme di Ia cosiddette No-code, ossia che possono essere utilizzate anche senza saper programmare in codice, sta riportando l’uomo al centro dell’intero processo d’investimento»
Tommaso Migliore, Ceo & fondatore di MdotM
sempre più dell’Ia per svolgere analisi di scenario avanzate e comprendere in maniera più profonda gli impatti trasversali degli eventi macroeconomici.
Per navigare l’incertezza dei mercati bisognerà abbracciare una visione moderna della probabilità e spingerci a riflettere su cosa significa fare Alpha nell’epoca della complessità. Per battere il mercato non basta più riconoscere pattern che gli altri non vedono ma fare la differenza mantenendo i nervi saldi, le mani sul volante nei momenti di stress e calibrare dinamicamente il posizionamento portafogli attraverso i diversi regimi di mercato.
Questo porta alla fase attuale: una fase complessa, certamente non complicata. Uno spaccato in cui, in un fragile equilibrio geopolitico, si intrecciano volatilità, opportunità e si rimescolano le fonti di rischio e rendimento. Gestori e wealth manager, nel frattempo, non perdono tempo. 8 su 10, secondo le stime del Cfa Institute, sono già pronti a portare l’Ia nel processo d’investimento per filtrare la confusione e vederci chiaro. L’assisted decision-making, le decisioni d’investimento assistite dal Machine Learning, ultimo capitolo di una storia cominciata agli inizi degli anni 50, sono l’esito di un processo che ha unito all’intelligenza umana quell’elasticità e quella prontezza che può solo arrivare da un costante apprendimento dai dati e l’utilizzo dei modelli di Ia.
Una rivoluzione copernicana? O piuttosto una nuova era in cui il balzo tecnologico arrivato dai software e piattaforme di Ia cosiddette No-code, ossia che possono essere utilizzate anche senza saper programmare in codice, sta riallineando i piatti della bilancia in un gioco dove l’epicentro, metro e misura delle decisioni sarà (e deve essere) sempre l’uomo.
Come per ogni innovazione tecnologica, l’adozione di massa passa soprattutto per un livello di affidabilità e maturità che si raggiunge anche in corrispondenza di una rinnovata e più fluida esperienza d’uso. In questo senso, il passaggio dalle righe di codice dei terminali a interfacce con scenari di rischio interattivi e analisi di regime in tempo reale ha permesso a Cio, direttori investimenti, e gestori di alzare il ritmo e portare nella routine quotidiana una ventata di innovazione per costruire portafogli a prova di incertezza.
Alle domande se valga o meno la pena di usare l’Ia negli investimenti, si dovrebbero forse sostituire i dubbi su cosa si perda a non usarla. Di sicuro non c’è tempo da perdere. È arrivata l’era del nocode per il mondo degli investimenti?
Oltre 200 milioni di transazioni all’anno e quattro milioni di utenti, circa la metà della popolazione svizzera. Sono i numeri con cui l’App Twint, nata cinque anni fa, semplifica il quotidiano dei suoi fruitori, guardando al futuro per anticiparne le necessità e le possibilità.
Twint è di proprietà delle maggiori banche svizzere: Bcv (Banque Cantonale Vaudoise), Credit Suisse, PostFinance, Raiffeisen, Ubs, Zürcher Kantonalbank, nonché Six e Worldline.
Garantendo la comodità e la sicurezza di pagamenti digitali senza contatto, l’App ha l’obiettivo di semplificare le attività quotidiane dei suoi utenti.
Appena introdotta, la funzione ‘Regalare esperienze’, permette all’utente di scegliere tra diverse gite, avventure ed esperienze. Dal giro in mongolfiera alla cena a lume di candela e al fine settimana in montagna. Quando si individua il regalo giusto, si può acquistarlo, scaricare il buono, decorarlo a piacere e spedirlo al destinatario con un messaggio personalizzato. Tutti i buoni esperienziali acquistati possono essere convertiti in un semplice buono acquisto. Il destinatario potrà quindi approfittare appieno del regalo anche se deve cambiare data.
Una funzione nuova, quella proposta dall’App Twint, ideale per il periodo prenatalizio - quando il tema del regalo si fa sentire in tutta la sua vivace attualità -, ma pratica in ogni momento e circostanza. La scelta è ampia e la praticità dell’operazione è ottimale. La nuova funzione ‘Regalare esperienze’ è disponibile nell’App Twint cliccando il pulsante Twint+.
La più recente offerta di buoni avventura e buoni esperienziali è resa possibile dalla collaborazione dell’App Twint con e-surprise, la piattaforma di e-guma, azienda leader del mercato svizzero dei buoni acquisto. Gli utenti hanno così a disposizione una grande varietà di possibili eventi. L’opzione di regalare buoni avventura e buoni esperienziali si aggiunge a quella già esistente di regalare carte regalo, disponibili da tempo in un ampio assortimento. L’ampia gamma di proposte di regalo integra le attuali funzioni di Twint, ossia i pagamenti online e in negozio, l’invio di denaro a parenti e amici, i Super Deal settimanali e la funzione per le donazioni.
Che sia alle casse del supermercato, negli shop online, negli spacci agricoli, tra amici, sui mezzi pubblici o nei parcheggi, Twint consente infatti di pagare comodamente e in modo sicuro con lo smartphone. Con oltre quattro milioni di utenti attivi, Twint è l’App di pagamento probabilmente più utilizzata in Svizzera.
Oltre alla possibilità di pagare con lo smartphone, l’App consente di donare denaro a organizzazioni benefiche, di pagare la tariffa del parcheggio o addirittura di prelevare contanti. Inoltre nell’App bastano pochi clic per stipulare una polizza assicurativa o ordinare un caffè. Oltre alla semplicità d’uso che la connota fin dalla sua creazione, la nuova funzione ‘Regalare esperienze’ offre una buona dose di action, avventura e fantasia di proposte a loro modo tutte particolari; un mondo di idee regalo originali per esperienze indimenticabili, da subito a pochi click di distanza nell’App Twint. Non solo per privati, ai clienti commerciali, l’App consente di incassare in modo semplice, sicuro e senza contanti. Indipendentemente dalla circostanza che l’utente commerciale abbia un terminale di pagamento, sia attivo con dispositivi mobili, voglia incassare quote per la sua associazione o offrire suoi prodotti online - la proposta di servizi include possibilità adatte ad ogni canale di vendita e ogni situazione di pagamento. E, in aggiunta, dispone di una vasta community.
L’App si ottiene scaricandola della propria banca nell’App Store. Ci si registra, si collega il proprio conto bancario o si registra la propria carta di credito.
Ermenegildo PeverelliTrovate gli esperti più vicini a voi:
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www.zurich.ch/agenzia
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Tutelare le informazioni riservate richiede oggi un controllo più preciso e appropriato. Da un lato, infatti, il perimetro non offre una protezione sufficiente e, dall’altro, l’accesso non avviene più tramite la rete aziendale apparentemente sicura. È quindi fondamentale verificare costantemente tutte le connessioni.
richiesti al fine di ridurre per quanto possibile il potenziale di danno a lungo termine; fondamentalmente, si presume che ogni sistema It abbia lacune rilevanti per la sicurezza e che gli aggressori siano onnipresenti.
Le architetture di sicurezza classiche non sono sufficientemente affidabili per proteggere i dati aziendali da accessi non autorizzati. Il livello di attenzione dell’utente di conseguenza deve rimanere sempre alto; senza cedere alla fiducia, occorre verificare costantemente le connessioni. È sulla base di queste premesse che Zero Trust Network Access (Ztna) si occupa di tenere al sicuro i dati.
Come? La rete può essere pensata come una via pubblica, particolarmente trafficata in una città con molte persone sconosciute. In questo ambiente, tutti noi consegniamo informazioni riservate solo a qualcuno che conosciamo al di là di ogni dubbio, che ci aspettiamo di incontrare in questo luogo e il cui comportamento consideriamo affidabile. Inoltre ci si assicura che lo scambio di informazioni
avvenga in modo tale che il contenuto delle informazioni scambiate non sia visibile ad altre persone non coinvolte. È inoltre evidente che vengono trasmesse solo le informazioni necessarie (la cosiddetta minimizzazione dei dati).
Questi stessi principi sono alla base di Ztna, di conseguenza: tutti gli attori e le entità della rete sono generalmente considerati inaffidabili; le minacce esterne e interne sono considerate possibili in ogni momento; la località della rete non è un criterio sufficiente per l’attendibilità; ogni dispositivo, ogni utente e ogni accesso ai dati deve essere sempre e continuamente autenticato e autorizzato; i criteri di accesso devono essere creati in modo dinamico e fare riferimento al maggior numero possibile di parametri specifici del contesto; ad ogni accesso vengono concessi solo i privilegi minimi
Qualsiasi dispositivo, account o servizio, indipendentemente dalla posizione in cui si trova nella rete o nella sottorete, non è, per principio, attendibile. Ogni connessione tra utenti, servizi e dispositivi deve essere reciprocamente autenticata (identità univoca) e autorizzata dinamicamente (legittimità e profilo di rischio di accesso). Poiché si presume che ogni rete o elemento della rete non sia attendibile, è necessario crittografare qualsiasi tipo di traffico, sia su una rete pubblica che su quella privata. L’accesso ai dati è autorizzato solo per una quantità minima di risorse o una quantità minima di risorse determinata dai privilegi. Per ogni accesso, deve essere continuamente controllato (secondo il metodo Kipling) chi vuole accedere a cosa, quando, da dove, perché e come.
Rispetto all’architettura perimetrale, in cui l’autorizzazione viene eseguita a livello di rete per un’intera subnet e di solito si basa solo su indirizzi Ip (a volte indirizzi Mac), la superficie di attacco e il suo impatto possono essere drasticamente ridotti utilizzando Zero Trust
Centralizzando il controllo degli accessi (single sign-on) con servizi di directory, politiche di accesso e inventari, l’esperienza utente e la sicurezza possono essere notevolmente migliorate.
Network Access. Ztna implica infatti che ci siano sempre l’autenticazione e l’autorizzazione. Tuttavia, ciò non significa che gli utenti debbano autenticarsi ogni volta manualmente. Va considerato che in ogni accesso sono incluse quante più informazioni contestuali possibili, ivi compresi l’identità del dispositivo, la data e l’ora; l’attuale geolocalizzazione del dispositivo (ad esempio, per limitare l’accesso a determinate regioni o nazioni); quello che è il normale comportamento dell’utente e del sistema rispetto alle anomalie; la configurazione del dispositivo (ad esempio, è possibile verificare se sono state installate determinate patch di sicurezza); la restrizione deliberata del numero massimo di utenti o sessioni attivi simultaneamente (limitazione).
L’accesso viene concesso solo se tutte le informazioni di contesto determinate dinamicamente rientrano nei parametri specificati. Inoltre, l’apprendimento automatico può essere utilizzato per confrontare i parametri di destinazione calcolati automaticamente con le informazioni di contesto correnti. Questo approccio basato sui dati rende sostanzialmente più difficile per gli aggressori concretizzare le loro intenzioni dannose. Sicurezza e convenienza con l’accesso alla rete Zero Trust. Le prestazioni limitate o la scalabilità delle classiche soluzioni Vpn per l’utente finale possono indurre i dipendenti a dover attivare selettivamente il servizio Vpn, ma anche a disattivarlo nuovamente (ad esempio, per videoconferenze, streaming, accesso a file più grandi archiviati nel cloud). Questo dipende dalla circostanza che vogliano accedere alle risorse nella rete aziendale o in Internet. Una soluzione, tuttavia, che non favorisce la facilità d’uso e neppure la produttività, poiché la creazione del tunnel Vpn è solitamente associata a un nuovo login, una fase di inizializzazione, la quale comporta un’interruzione del lavoro. Con Ztna, le Vpn per gli utenti finali sono in gran parte un ricordo del passato, poiché tutte le connessioni sono comunque crittografate e le risorse sono accessibili direttamente. L’accesso sicuro alle risorse aziendali avviene in background, senza interazione dell’utente e indipendentemente dalla posizione. È quindi consigliabile implementare successivamente Vpn per utenti finali tramite Ztna e tecnologie complementari (ad esempio, Cloud Access Se -
«Gli utenti devono spesso sopportare diversi accessi e procedure di autenticazione. Centralizzando il controllo degli accessi (single sign-on) l’esperienza utente e la sicurezza possono essere migliorate. L’autenticazione a più fattori (Mfa) come Mobile Id aumenta ulteriormente la sicurezza»
Daniele Menotti, Director solutions & Services di Swisscom
curity Broker, rilevamento e risposta alle minacce, ed altro.). Zero Trust Network Access è molto più della tecnologia di successione delle Vpn. Con i principi dell’architettura Zero Trust, non solo la comunicazione tra utenti e applicazioni può essere affrontata, ma anche la comunicazione tra diversi server o servizi (ad esempio la mesh di servizi) con l’aiuto della ‘segmentazione basata sull’identità’, per fare un esempio.
Single sign-on come base per migliorare l’esperienza utente. Un altro aspetto della sicurezza e della semplicità riguarda il controllo degli accessi e la gestione delle policy di accesso. Oggi, gli utenti devono spesso sopportare diversi accessi e procedure di autenticazione per risorse diverse (applicazioni proprietarie, soluzioni SaaS, e così via). Centralizzando il controllo degli accessi (single sign-on) con servizi di directory, politiche di accesso e inventari, l’esperienza utente e la sicurezza possono essere notevolmente migliorate. L’autenticazione a
più fattori (Mfa) come Mobile Id aumenta ulteriormente la sicurezza ed è ora un requisito minimo.
Poiché gli utenti, con tali soluzioni, raramente devono eseguire nuovamente l’autenticazione, diversi fattori di autenticazione non comportano alcuna perdita di produttività. I metodi di autenticazione avanzata protetti crittograficamente offrono agli utenti un’esperienza end-to-end, indipendentemente dal dispositivo e dal servizio utilizzato. In sintesi. Zero Trust Network Access rappresenta un cambiamento di paradigma nel modo in cui viene concesso l’accesso ai dati e alle applicazioni. L’approccio include l’autenticazione reciproca di tutti gli utenti, dispositivi e servizi nonché il controllo dei singoli accessi e il monitoraggio del comportamento per anomalie. Ztna consente inoltre di implementare i cambiamenti nel panorama It più rapidamente e di migliorare in modo sostenibile ma comunque significativo l’esperienza dell’utente.
Per comprendere e usare gli asset digitali come le criptovalute, sono imprescindibili i cosiddetti wallet, che forniscono un accesso diretto e sicuro al denaro digitale.
Tuttavia, l’attenzione è d’obbligo: non tutti i wallet offrono la stessa protezione.
Contante, oro, titoli. Portare con sé i propri beni non sarebbe sicuro né pratico. Nel mondo degli asset digitali, invece, è diverso: la tecnologia blockchain permette di tenere con sé i propri beni in modo sicuro e mobile. E, diversamente dall’e-banking classico, per la loro custodia non sono richieste terze parti. Con il vantaggio che non c’è bisogno di passare attraverso un’istituzione finanziaria, non ci sono commissioni e si ha il pieno controllo dei propri asset. Il wallet come cassaforte Chiunque voglia detenere asset digitali come le criptovalute ha bisogno di un indirizzo pubblico, la cosiddetta public key. Per questo indirizzo, gli utenti devono prima generare una private key, ossia una chiave segreta privata.
L’indirizzo pubblico è visibile a tutti sulla blockchain e consente di ricevere transazioni. La chiave alla base di ogni indirizzo, invece, rimane segreta e può essere nota soltanto al proprietario: con essa infatti si possono autorizzare le transazioni per inviare gli asset. Per generare questa importante chiave e proteggerla da accessi non autorizzati è necessario un wallet sicuro.
Il wallet è come uno strumento con cui si salvano le chiavi di accesso ai propri asset digitali. Ce ne sono di due tipi: gli hot wallet, che sono collegati a internet o funzionano direttamente su un dispositivo con accesso internet. E i cold wallet, che non sono collegati a internet e salvano la chiave offline.
Con un buon wallet, non sono necessarie deviazioni tramite terzi. Gli utenti hanno accesso diretto ai propri beni e possono, per esempio, comprare e vendere criptovalute. Questo controllo indipendente permette l’accesso 24 ore su 24. Inoltre, i wallet riducono la vulnerabilità rispetto a potenziali frodi. “La capacità
tiamo a rendere l’autogestione degli asset digitali quanto più sicura e facile possibile”, sintetizza il Ceo di Shift Crypto. Con BitBox02, l’azienda offre uno dei principali hardware wallet sul mercato. Il dispositivo è delle dimensioni di una chiavetta usb, è sviluppato in Svizzera ed è compatibile con tutti gli smartphone Android così come con i computer. Le chiavi di accesso memorizzate nel wallet sono generate dall’utente stesso e sono memorizzate offline. Questo sistema offre una sicurezza elevata contro gli attacchi internet.
di gestire in autonomia gli asset basati su blockchain è uno dei principali segni distintivi che li rende unici”, secondo quanto affermato da Douglas Bakkum, Ceo di Shift Crypto, società privata con sede a Zurigo; il suo team internazionale di specialisti in ingegneria, criptosicurezza e sviluppo del nucleo di Bitcoin costruisce i prodotti BitBox e fornisce servizi di consulenza.
Il BitBox02, un portafoglio hardware di seconda generazione, consente alle persone di conservare, proteggere e transare le criptovalute. Il suo compagno, la BitBoxApp, fornisce una soluzione all-in-one per gestire in modo sicuro e semplice i propri asset digitali. “Pun-
“Grazie alla possibilità dell’autogestione, i clienti accedono direttamente ai propri asset digitali. Questo si traduce in nuove opportunità di fruizione di servizi finanziari”, ha affermato Bakkum. Anche Swisscom ne è convinta e promuove il potenziale di innovazione di Shift Crypto che, come evidenziato da Aetienne Sardon, FinTech Innovation Manager di Swisscom: “è uno dei fornitori di hardware wallet più esperti sul mercato. L’azienda è un eccellente esempio di start-up svizzera leader mondiale nel campo degli asset digitali”.
In conclusione: gli asset basati su blockchain sono in crescita e si sta gradualmente sviluppando un sistema finanziario decentralizzato. Insieme a Shift Crypto, Swisscom vuole quindi offrire alla propria clientela la possibilità di beneficiare da subito di questa innovazione.
Carlo Hildenbrand, Direttore Swisscom Business TicinoAll’indomani del Singapore FinTech Festival, si delineano gli scenari futuri. Verso una nuova infrastruttura finanziaria.
Il Singapore Fintech Festival, che si è tenuto dal 2 al 4 novembre 2022, è già storia. Dopo due anni, la scena globale della finanza e del fintech si è riunita, di nuovo fisicamente, a Singapore. Oltre 60mila visitatori e molto fermento. Tanti i concetti innovativi, le prospettive, i servizi e i prodotti presentati. Si sta avanzando rapidamente nello sviluppo di una nuova infrastruttura finanziaria. Il ruolo di guida del regolatore Mas-Monetary Authority of Singapore (controparte della Finma) è importante. Tra i tanti emersi, alcuni punti fermi:
• Il tema del fintech e soprattutto del Web 3.0, e quindi anche degli asset digitali, è centrale. Tutti credono nell’argomento e nella trasformazione del settore finanziario.
• La sostenibilità e l’Esg. Non c’è offerta che non affronti il tema della sostenibilità, anche con soluzioni innovative. In particolare, in tema di dati attendibili sottostanti: per potersi fidare di questi dati, si utilizzano sistemi supportati da Dlt, volti a fornire la ‘fiducia’ necessaria.
• Nessun servizio, prodotto o prestazione può fare a meno della ‘fiducia’. Se ne parla dalle presentazioni ai panel di esperti ed alle brochure. La fiducia digitale è necessaria come base per la trasformazione.
• Il sistema monetario cambierà radicalmente. Nonostante le sfide, specie per quanto riguarda le ‘valute vincolate’. I concetti di stablecoin, asset tokenizzati e Cbdc, in cui il denaro diventa programmabile e il suo utilizzo può essere determinato e controllato (donazioni, fondi per la ricerca, sussidi, ecc.), serviranno principalmente a questo scopo.
• I Cbdc non vengono più messi in discussione. La comunità di esperti concorda in particolare su quelli all’ingrosso.
Le domande sui Cbdc al dettaglio sono più aperte. In particolare, il modello di business in questo àmbito continua ad essere una sfida per le istituzioni finanziarie.
• Il portafoglio digitale diventerà l’elemento centrale per le transazioni affidabili. I beni digitali e le identità digitali vanno di pari passo, e l’identità digitale o le credenziali digitali sono il perno.
• L’onboarding, ovvero la transizione dell’io in un io digitale, viene spinto molto e diversi fornitori sono pronti. Il Kyc digitale è onnipresente. Ne ho parlato con fornitori tra cui Au10tix, Daon, Innov8tif.
• Ravi Manon della Monetary Authority of Singapore chiarisce il ruolo centrale di leadership dell’autorità di regolamentazione. La Mas si considera un facilitatore e sostiene l’innovazione del futuro centro finanziario di Singapore con innumerevoli iniziative e PoC. Si stanno concludendo diversi accordi di cooperazione con altri Paesi, inclusa la Banca Nazionale Svizzera, al fine di posizionarsi e affermarsi come futuro hub.
• Il Singapore Fintech Festival, con il supporto della Mas, è stato utilizzato come PoC dove i visitatori hanno potuto testare vari casi d’uso basati sui token, come soluzioni di pagamento, Nft o token.
• Un’occhiata al Singpass mostra la gamma completa di un servizio eGov ben progettato e le diverse offerte che sono ampiamente accettate. Le preoccupazioni relative alla fiducia e alla sicurezza nell’uso dei dati non vengono citate e non sono mai considerate critiche. Di conseguenza, l’argomento Ssi per le applicazioni di eGov non è ancora diffuso o considerato. Questo può essere spiegato anche dalle differenze culturali nella per-
cezione della protezione dei dati e della privacy. Tuttavia, i primi fornitori come Affinidi sono già attivi nel settore Ssi e sono finanziati da Temasek.
• Vitalik Buterin ha parlato delle sue visioni e degli sviluppi nel campo dell’Etherum, la piattaforma web 3.0 da lui fondata. Degne di nota le implicazioni che potrebbero realizzarsi nel corso di ‘The Merg’. Ad esempio, il consumo di energia potrebbe ridursi del 99,95% passando da Proof of Work a Proof of Stake. Insomma, è stata raggiunta un’altra pietra miliare per un’infrastruttura di transazioni scalabile, efficiente e radicalmente nuova.
Il Festival ha evidenziato come la tecnologia, combinata con nuovi concetti, talenti e idee e con un terreno di coltura adeguato, garantisca l’innovazione. Innovazioni che da un lato hanno un immenso potenziale di rottura, ma dall’altro possono anche vincere molte sfide che a oggi non hanno ancora una soluzione. Il ruolo dei sistemi decentralizzati e del Web 3.0 è indiscutibile!
La Svizzera nel suo complesso farebbe bene a seguire da vicino l’argomento per non accettare dolorosi tagli alla rilevanza della futura piazza finanziaria e degli ecosistemi vicini. Digital Trust sostiene tutte le iniziative e le idee nella loro attuazione. Senza la fiducia digitale, concetti e idee sono obsoleti. La Fiducia Digitale deve anche affrontare la questione emergente del Web 3.0. Il ruolo di azienda/istituzione affidabile è di grande importanza, soprattutto nella fase di transizione. Una risorsa assolutamente da realizzare.
Argomento di punta quando si parla di digitale, il 5G tiene sempre viva la discussione. Proposto con soddisfazione pensando all’apporto di funzioni e soluzioni, da alcuni accolto con diffidenza. Gli elementi da considerare... racchiusi sulle dita di una mano.
rete e nel tempo il suo uso si è consolidato al punto che un’intera generazione non ha mai vissuto direttamente la comunicazione ‘com’era prima’. E il 5G? Breve storia in cinque capitoli...
Orgoglio per alcuni, problema per altri. Nel 2019 è stata la volta del 5G. Un’evoluzione della quarta generazione che da molti punti di vista consiste in un aggiornamento dei software e un ulteriore sviluppo dell’hardware.
Pochi temi sono riusciti ad accendere e tenere costantemente attivo il dibattito sul digitale come accade per il 5G. Quando si parla di reti mobili sembra che si stia perdendo la bussola.
A che punto siamo? Bilancio del dibattito sulle reti di telefonia mobile negli ultimi anni: tra passi in avanti e battute d’arresto, il difficile cammino per uscire dal vicolo cieco.
È passato più di un decennio da quando sul mercato è arrivato un piccolo apparecchio che ha cambiato il mondo: l’iPhone! Non aveva i tasti, ma tutti abbiamo imparato immediatamente ad usarlo. Oggetto del desiderio per tutti.
Senza la telefonia mobile, che in quel
periodo era giunta alla terza generazione (3G), niente di tutto questo sarebbe successo. È solo grazie all’Internet mobile, infatti, che l’iPhone e gli smartphone hanno potuto dimostrare tutto il loro potenziale.
Parallelamente al loro successo, è cresciuto anche il fabbisogno di dati trasmessi nell’etere.
Nel 2012, la quarta generazione della rete di telefonia mobile (4G) ha rappresentato un enorme salto in avanti in termini di larghezza di banda disponibile e ha reso possibile il consumo di streaming e social media a cui siamo abituati oggi. L’introduzione del 4G è avvenuta in modo molto sereno: gli utenti hanno iniziato a utilizzare i dispositivi sulla nuova
I gestori di rete pensavano che la sua introduzione sarebbe avvenuta come per il 4G. E che in Svizzera l’avremmo vissuta con orgoglio: i primi apparecchi, le prime reti: un primato mondiale... Sbagliato! La rabbia è esplosa un po’ ovunque. Tanti cittadini sono scesi in piazza e hanno iniziato a fare pressione sulla politica. Nessuno poteva immaginare che le reazioni sarebbero state così intense. Non rispondevano a nulla di razionale: i fatti dimostravano - e continuano a dimostrare - l’utilità del passaggio al 5G. Il settore delle telecomunicazioni è in parte responsabile di quanto accaduto. Ha scelto una comunicazione incentrata su visioni di futuro e queste, anziché entusiasmare, hanno intimorito. Ha parlato di tecnologia anziché mettere l’accento sull’utilità dei nuovi servizi o sulla riduzione delle emissioni possibili grazie alle nuove antenne. Indipendentemente dalle responsabilità, ‘il dado era tratto’. Quando mancano le regole, nasce l’insicurezza. La parte difficile doveva ancora venire: le tecnologie erano disponibili, ma per due anni sono mancate le disposizioni su come gestire le funzionalità migliorate e il nuovo hardware (come le antenne adattive). L’amministrazione annaspava. Alcuni hanno visto in que -
sta assenza di regolamentazione una conferma della necessità di bloccare il passaggio al 5G.
Il risultato: tra la popolazione si è diffusa l’insicurezza. Come spesso accade quando le regole mancano o sono poco chiare. Si moltiplicano le supposizioni più fantasiose: il 5G farebbe male alla salute e la sua introduzione starebbe avvenendo sottobanco. Non un senso di fiducia ma, ad installarsi, è piuttosto un senso di impotenza. Quando iniziano a diffondersi, le affermazioni di questo tipo sono difficili da confutare. In determinati contesti sono vissute come verità assodate. Nella lotta tra fatti e sospetti, i fatti rischiano di soccombere. Ancora oggi, le dichiarazioni di voto nelle assemblee pubbliche contengono spesso affermazioni prive di fondamento. La soluzione tanto attesa. Il passo in avanti, la soluzione, sarebbe dovuto arrivare all’inizio del 2021: disposizioni chiare attese sin dalla ripartizione delle frequenze nel 2019. La tanto agognata chiarezza, però, non è arrivata. Si è giunti a due perizie legali: una su richiesta della Conferenza dei direttori cantonali delle pubbliche costruzioni e una commissionata dagli operatori di telefonia mobile. Le conclusioni divergenti a cui sono giunte le perizie hanno indotto quasi tutti i cantoni a sospendere i processi semplificati per la manutenzione della rete. Le domande di costruzione inevase
«Pochi temi sono riusciti ad accendere e tenere costantemente attivo il dibattito sul digitale come accade per il 5G. Quando si parla di reti mobili sembra che si stia davvero perdendo la bussola»
Ivana Sambo, Responsabile affari istituzionali e relazioni con i media per la Svizzera italiana di Swisscom
continuano ad accumularsi. Secondo le associazioni di settore, a giugno 2022 avevano superato le tremila.
Nel frattempo, la Confederazione ha cercato di sbloccare la situazione fornendo delle indicazioni. In parte sono state recepite a livello di ordinanza. Sicuramente, le definizioni elaborate vent’anni fa non possono tenere il passo con la rapida evoluzione della radiocomunicazione mobile.
La luce in fondo al tunnel. Come da tradizione federale, le parti coinvolte hanno cercato un compromesso. La Conferenza dei direttori delle pubbliche costruzioni (Dcpa) ha fatto pervenire ai cantoni due suggerimenti sulle procedure semplificate. Uno riguarda la manutenzione della rete (mantenimento
Evoluzione della quarta generazione, il 5 G da molti punti di vista consiste in un aggiornamento dei software e un ulteriore sviluppo dell’hardware. I gestori di rete pensavano che la sua introduzione sarebbe avvenuta come per il 4 G, ma così non è stato.
della qualità), mentre l’altro semplifica l’aggiornamento delle reti.
A livello cantonale, però, l’applicazione dei due suggerimenti è in sospeso. Tuttavia, è evidente che a lungo termine il mero mantenimento dell’esistente non è praticabile. Mentre i gestori delle reti e la politica cercano un modo per uscire dall’impasse in cui si trovano, la popolazione continua ad usare la rete mobile, a piene mani. Attualmente, oltre un terzo dei dispositivi sono compatibili con la più recente generazione della telefonia mobile e circa otto milioni di schede Sim permetterebbero l’uso della rete 5G. La posta in gioco. Il dibattito sul futuro delle reti di telefonia mobile si è avvitato su se stesso e si perde da anni in questioni di dettaglio. Abbiamo smarrito la visione d’insieme. A livello nazionale, abbiamo già perso molto tempo.
La difficoltà sta nel fatto che anche se dall’oggi al domani venisse autorizzato tutto quanto richiesto dai gestori di rete, per mettere insieme le necessarie squadre di specialisti e reperire materiali e mezzi sarebbe comunque necessario del tempo. Per il momento, i sistemi reggono. Ma le riserve di capacità sulle reti sono sempre più risicate. Le conseguenze dei ritardi accumulati si faranno presto sentire. Ma come si fa a spiegare a qualcuno che sta davanti a uno scaffale pieno di merce che presto arriveranno tempi di penuria?
Rispondere all’esigenza di una nuova formazione imprenditoriale, sviluppando e potenziando la sua portata, flessibilità ed efficacia attraverso l’implementazione di una strategia Hybrid Learning, applicata al contesto degli incubatori d’impresa. Per trasformare il modo in cui le aziende apprendono e si adattano alla nuova normalità.
Per la crescita verticale di un’azienda in avvio è fondamentale poter accedere ai servizi di consulenza It, legale, contabile, al mentoring e al supporto per l’ideazione e lo sviluppo del business plan. Anche a distanza, grazie a un modello di incubatore ibrido, che offre l’alternativa fra insegnamento da remoto e in presenza, o la loro combinazione.
manageriale con sede in Svizzera, ma focalizzata a livello globale, ha lanciato di recente un’innovativa formula che si concentra sullo sviluppo e sulla gestione di incubatori con istituzioni accademiche/ organizzazioni settoriali, per ‘attrezzarle’ a supportare le nuove realtà in avviamento in quelli che identifica come i quattro passi fondamentali:
• Sviluppare un business plan, per trasformare una grande idea in un grande business;
Ormai classicamente, un incubatore d’impresa è una strategia aziendale volta ad aiutare start up e realtà in fase di avviamento a decollare, fornendo loro servizi quali formazione manageriale, coaching, consulenza insieme a strutture per uffici dove ricreare le condizioni di business del mondo aziendale. In questo modo, imprese ancora prive di risorse, esperienza e reti, possono usufruire di spazi, finanziamenti, servizi legali, contabili, informatici e altri prerequisiti necessari per gestire e superare gli ostacoli iniziali dell’avvio di un’impresa, quali l’identificazione del team di gestione,
l’assistenza e la ricerca marketing, risorse per l’istruzione superiore e collegamenti con partner strategici, angel investor o venture capital. Di solito, il periodo di incubazione può andare dai 3 ai 36 mesi, più ampio dunque di quello degli acceleratori, che sono invece finalizzati a supportare la start up nello scalare il mercato e nella fase di fundraising, con una rigida selezione per accedere al programma.
A proporre incubatori sono tipicamente istituzioni accademiche, società di sviluppo senza scopo di lucro, imprese di sviluppo immobiliare o società di capitale di rischio Management Business Consultants (Mbc), azienda di formazione
• Affiancare l’avvio dell’attività, per trasformare il business plan in realtà (registrazione, deposito e avvio);
• Gestire l’attività: organizzazione delle operazioni quotidiane e prepararsi al successo;
• Crescita: trovare nuovi finanziamenti, sedi e clienti quando gli affari vanno bene.
«Tra le sue attività nell’ambito della formazione aziendale, Mbc si occupa di sviluppare e gestire start up studio», spiega il Ceo Mario Curatolo, «vale a dire degli incubatori d’impresa con aziende di portafoglio interagenti. Noto anche come start up factory, start up foundry o venture builder, cerca di costruire diverse società in successione, stile che viene definito “imprenditorialità parallela”. Differisce
dai costruttori di imprese, che le sviluppano internamente, così come dal classico acceleratore che si limita a selezionare start up già formate e ad accompagnarle nell sviluppo. Lo start up studio invece le crea da zero, fornendo il proprio capitale umano e finanziario, assegnando loro team interni di ingegneri, consulenti, sviluppatori di business, responsabili delle vendite, ecc.», illustra Mario Curatolo.
Poiché il cuore di un vero programma di incubazione d’impresa per Mbc è costituito dai servizi forniti alle aziende in fase di avvio, si è voluto che potessero beneficiarne anche le start up troppo distanti dalla struttura per poter partecipare in loco. «Questi clienti affiliati, anche con sede in altro Paese, possono comunque beneficiare dei servizi dell’incubatore, ricevendo consulenza e altra assistenza a distanza, spazio ufficio e servizi amministrativi condivisi», sottolinea Curatolo.
Poiché le istituzioni accademiche e aziendali hanno bisogno di rafforzare le competenze dei loro docenti e professionisti, che fungeranno da allenatori e facilitatori, Mbc propone di condurre congiuntamente con loro l’insegnamento di un corso di Business Plan. «Il profilo e
«La
di Hybrid Learning applicata all’ambito degli incubatori d’impresa consente di offrire un sistema di formazione innovativo per preparare gli studenti e i professionisti a competere, reinventando il modo in cui lavoreranno in un contesto di mercato post pandemico»
Mario Curatolo, Ceo di Management Business Consultatntsle aspettative dei clienti e dei partecipanti a questo corso richiedono l’adozione e la padronanza di un processo di consulenza aziendale. Pertanto, la teoria e la pratica devono essere integrate come una tecnica unificata per evidenziare la rilevanza della teoria rispetto all’applicazione», osserva Curatolo.
I consulenti Mbc sottoporranno i docenti universitari e i professionisti aziendali interessati a un seminario di “formazione dei formatori” dove verranno introdotti al concetto di apprendimento attivo
Cambiare il modo di operare delle aziende attraverso la leva della formazione aziendale è l’obiettivo con cui è nata nel 2019 Mbc Management Business Consultants, con sede nel Luganese, ma un mercato internazionale come riferimento. In quest’ottica, va l’impegno a sviluppare e condurre iniziative di formazione su misura per aiutare le aziende a reinterpretare il modo in cui dovrebbero lavorare, competere e sopravvivere in un contesto di mercato futuro. Per realizzare questa trasformazione, Mbc si avvale di un team internazionale di specialisti che formano Ceo, Dirigenti e Senior Manager di aziende a pensare fuori dagli schemi. Rendere gli amministratori delegati, i dirigenti e i manager co-partecipi della propria trasformazione, li aiuta a sviluppare e ad attuare la roadmap di cui le loro aziende hanno bisogno per intraprendere i cambiamenti organizzativi e culturali necessari per sopravvivere in modo sostenibile nel lungo periodo. Il dilemma umano ed economico creato dal blocco del Covid ha solo contribuito a rendere più evidente il ruolo chiave della formazione aziendale come strumento di trasformazione dell’impresa moderna. Delineando il passaggio a un nuovo paradigma in cui il benessere sociale prevale sugli interessi economici, la formazione Mbc prepara ulteriormente i partecipanti ad adottare un nuovo tipo di relazioni commerciali in linea con il futuro contesto di mercato post pandemico.
e ai suoi principi, confrontandosi con tecniche per aumentare l’efficacia della comunicazione, attirare e coinvolgere i partecipanti attraverso strumenti come rompighiaccio, studio di casi, feedback di gruppo, narrazione di storie, disposizione dei posti a sedere e così via. Si imparerà a creare un ambiente di apprendimento adeguato per massimizzare l’elaborazione, la comprensione e la connessione preparando i partecipanti ad applicare le conoscenze e competenze acquisite.
«L’apprendimento ibrido è il nuovo modello che consente l’erogazione simultanea di insegnamenti ai partecipanti sia in sede che virtualmente. In base all’esigenza di soluzioni di apprendimento e formazione digitali, abbiamo progettato con cura questo approccio per garantire la massima interazione tra i partecipanti virtuali e quelli in presenza e offrire un’esperienza di apprendimento senza soluzione di continuità», spiega Mario Curatolo. Coloro che decidono di frequentare il programma virtualmente avranno anche l’opportunità di partecipare a una futura iterazione faccia a faccia per massimizzare ulteriormente le opportunità di networking con professionisti affini.
«Sono tecniche che ci consentono a di offrire un sistema di formazione innovativo integrando le più recenti tecnologie con un’interazione fra virtuale e faccia a faccia che rappresenta il modo futuro in cui le aziende e le istituzioni accademiche condurranno la formazione di studenti e dipendenti preparandoli a competere reinventando il modo in cui lavoreranno in un futuro nuovo contesto di mercato normale», conclude il Ceo di Management Business Consultants
Ermenegildo Peverellistrategia
Nati dal genio di Henry Steinway e dei suoi figli, i pianoforti da concerto più ambiti e utilizzati al mondo sono prodotti dal 1853. Con l’ausilio di oltre140 brevetti depositati e specifiche abilità tecniche e manuali di chi li realizza. Agli antichi saperi artigianali si abbinano tecnologie pionieristiche. Il risultato è sorprendente e irresistibile.
Il lancio di Spiriocast ha aperto una nuova frontiera nella produzione e nella fruzione della musica. Appena presentato, ad Amburgo con un evento memorabile, si tratta di un software rivoluzionario che consente di trasmettere in tempo reale le esecuzioni dal vivo e a distanza da un pianoforte Steinway & Sons Spirio I r a un altro, in qualsiasi parte del mondo esso si trovi.
Illustrando le nuove possibilità assicurate da Spiriocast, Lang Lang, tra i pianisti oggi più acclamati al mondo, si è esibito in un concerto privato nell’iconica Elbphilharmonie di Amburgo. Il pianista superstar ha eseguito un breve set presso lo Steinway & Sons Spirio Studio, situato di fronte alla fabbrica Steinway alla periferia della città tedesca, mentre gli ospiti hanno assistito al concerto in
Sopra, con il rivoluzionario software Spiriocast, è ora possibile la trasmissione in tempo reale di esecuzioni dal vivo, in tutto il mondo, da un pianoforte Steinway & Sons Spirio I. Il sistema continua la tradizione pionieristica di Steinway & Sons, fondata da Heinrich Engelhard Steinweg a New York, dove era arrivato dalla Germania.
A destra, Guido Zimmermann, Presidente di Steinway & Sons Europe. L’azienda realizza pianoforti da 170 anni e ha oggi due sedi, a New York e Amburgo.
Sotto, Lang Lang, pianista di fama mondiale, affiancato dalla moglie, la musicista Gina Alice Redlinger, al termine dello speciale concerto tenutosi alcune settimane fa all’Elbphilarmonie di Amburgo, tra le più iconiche sale da concerto al mondo.
Un’esibizione straordinaria per celebrare il nuovo capitolo nella lunga storia dell’azienda.
tempo reale, con una trasmissione video in diretta, presso la Elbphilharmonie nel centro di Amburgo. Una performance ‘live’ in tutta la città che ha segnato il passo successivo nell’evoluzione di Spirio I r, il pianoforte ad alta risoluzione più raffinato al mondo, lanciato nel 2019. La tecnologia alla base di Spirio I r e di Spiriocast è estremamente elaborata e, sin dal suo debutto, è stata parte di un
processo in continua evoluzione. Spiriocast consente la trasmissione di dati musicali ad alta risoluzione agli strumenti Spirio I r ovunque si trovino. Il sistema di sensori brevettato da Steinway presente in Spirio I r cattura i movimenti dei martelletti e della pedaliera del pianoforte e Spiriocast trasferisce i dati ad alta risoluzione per ricreare un’esperienza audio, video e acustica identica, perfettamente
sincronizzata e non filtrata, qualunque sia il numero di strumenti Spirio I r collegati che ricevono il cast. Il video e l’audio dell’esecutore vengono catturati dall’iPad fornito con ogni Spirio I r e trasmessi via Internet in sincronia con i dati musicali.
Mentre Spirio I r consente agli utenti di registrare, modificare, riprodurre, cercare e salvare le proprie performance, Spiriocast porta la tecnologia a un livello superiore e offre l’opportunità di assistere a concerti dal vivo nel comfort della propria casa. «Siamo entusiasti di presentare Spiriocast che, primo nel suo genere, rivela il potere dell’innovazione e la modalità attraverso la quale si può avere rilevanza nel mondo digitalizzato e connesso di oggi», nota Guido Zimmermann, presidente di Steinway & Sons Europe. «Inoltre, offre agli appassionati di musica un’esperienza unica e, a tutti i pianisti, possibilità creative completamente nuove», sintetizza Guido Zimmermann.
Sfruttando la tecnologia, con questo sistema si ricrea e trasmette un’esperienza acustica musicale che, come evidenziato da Eric Feidner, responsabile della tecnologia e dell’innovazione di Steinway & Sons, sarebbe stata impensabile prima di Spirio. Catturando ogni sfumatura del modo di suonare dei più acclamati pianisti al mondo, si sviluppano software e hardware che riproducono fedelmente quelle performance sui migliori pianoforti acustici oggi esistenti.
Spiriocast trasforma realmente l’esperienza delle esecuzioni dal vivo e a distanza. I pianoforti Spirio I r di tutto il mondo sono già pronti per l’attivazione
del software e tutti gli altri modelli Spirio potranno essere aggiornati a tempo debito. Dunque, capace di catturare e riprodurre performance dal vivo, lo Spirio I r è una miscela rivoluzionaria di arte, artigianato e tecnologia che dona agli artisti potenti strumenti di espressione. Offre agli utenti la possibilità di registrare, riprodurre, salvare, accedere, condividere e vivere le proprie performance in alta risoluzione. Tramite l’iPad Spirio I r permette agli ascoltatori di accedere a una vasta libreria di musica, virtualmente indistinguibile da una performance dal
Heinrich Engelhard Steinweg nasce nel 1797 in Germania, a Wolfshagen nella regione dello Harz. Ventenne, costruisce i suoi primi strumenti a corde. Otto anni dopo apre a Seesen il suo primo laboratorio. Gli era consentito allora di occuparsi solo della loro riparazione, così nel 1836 realizzò, segretamente nella cucina della sua abitazione, il suo primo pianoforte a coda.
Molte delle innovazioni pionieristiche della costruzione dei pianoforti, come per esempio il ponte della cassa armonica in un solo pezzo, si ritrovano già
vivo, che include musica e video di artisti Steinway, nonché di ‘Immortali Steinway’ come Duke Ellington, Glenn Gould, Arthur Rubinstein e Art Tatum.
Ogni mese la libreria di contenuti disponibili sull’app Spirio si amplia, aggiornata automaticamente dal Cloud. Nativo dell’app Spirio, l’editor Spirio offre l’unica capacità di editing ad alta risoluzione al mondo basata su iPad per i file Spirio, preservando tutta la musica e consentendo agli utenti di modificare anche la più piccola sfumatura delle loro registrazioni Spirio.
Costruita su progetto dello studio svizzero di architettura Herzog & de Meuron, Elbphilharmonie di Amburgo, è una delle sale da concerto più grandi e acusticamente avanzate al mondo. La costruzione in vetro assomiglia a una vela issata, a un’onda o a un cristallo di quarzo, ed è appoggiata sopra un vecchio magazzino (il Kaispeicher A, del 1963), nelle vicinanze dello storico Speicherstadt. La sala è stata inaugurata l’11 gennaio 2017, con la Ndr Elbphilharmonie Orchester diretta da Thomas Hengelbrock.
in questo strumento diventato celebre come il ‘pianoforte da cucina’. Una costruzione che trasforma in realtà la sua idea del miglior pianoforte possibile, ponendo i presupposti per la successiva fama mondiale. Deciso a migliorare costantemente le sue realizzazioni pianistiche, e ritenendo che gli Stati Uniti gli offrissero questa opportunità, vi si trasferì quando era ultracinquantenne. Ciò che era iniziato nella città tedesca di Seesen ha portato alla fondazione, a New York nel 1853, dell’azienda destinata a divenire presto leggendaria.
Dal 1853 i pianoforti dell’azienda, la cui produzione richiede circa un anno, hanno stabilito uno standard senza compromessi per quanto riguarda il suono, la maestria, il design e l’investimento.
Il sogno ottocentesco di Heinrich Engelhard Steinway di costruire il miglior pianoforte è divenuto realtà e modello per le generazioni a venire. L’azienda, nelle due fabbriche, ad Amburgo e a New York, continua a realizzare un prodotto che non ha eguali.
I pianoforti Steinway & Sons sono la scelta di nove concertisti su dieci e di innumerevoli professionisti e dilettanti.
Simona ManzioneP e r i v o s t r i E v e n t i A z i e n d a l i e P r i v a t i
A s o l i 5 0 " d a L u g a n o - 2 0 " d a M i l a n o c e n t r o - 3 0 " d a M a l p e n s a
1 0 . 0 0 0 m q . d i s p a z i o c o p e r t o - u n G i a r d i n o m o n u m e n t a l e d i 1 2 e t t a r i
A m p i o p a r c h e g g i o e s t e r n o - S e r v i z i o C a t e r i n g - A t t i v i t à p e r s o n a l i z z a b i l i
Un Galileo-Prometeo, in grado di portare all’uomo il fuoco della Scienza e della Sapienza tecnologica, insegnandogli a trasformare la natura stessa in strumento al suo servizio. Ma fin dove è lecito spingersi?
Quale il rapporto tra progresso e tradizione, conoscenza e mistero? Il nuovo lavoro dei registi Andrea De Rosa e Carmelo Rifici, presentato in anteprima al LAC, porta in scena interrogativi cruciali con grande efficacia e sensibilità drammaturgica.
sarebbero nate, come fotografia e cinema, ma a ben guardare anche il più elevato slancio letterario, pittorico o musicale nulla potrebbe senza gli strumenti, le tecniche e i supporti fisici che ne aprono lo spazio creativo ed espressivo.
Il 22 giugno 1633 un settantenne Galileo sconfessava pubblicamente davanti alla Santa Inquisizione “la falsa opinione che il sole sia centro del mondo e che non si muova e che la terra non sia centro del mondo e che si muova”. Ravvedimento? Codardia? Piuttosto la superiorità di chi era consapevole quanto poco importasse la sua parola, quando ormai non era più in questione il singolo uomo con una sua verità morale da sostenere, come era stato per Giordano Bruno, ma era “la certezza della sensata esperienza” a dimostrare una legge. Il cannocchiale che lui per primo aveva puntato al cielo era lì, incontrovertibile, per tutti gli occhi a venire. La cosmologia aristotelica e tolemaica non avrebbero potuto resistergli, la Terra avrebbe continuato
a muoversi. Se la scienza rappresentava allora un’aperta minaccia per l’ordine costituito, nei secoli qualunque forma di potere - spirituale e temporale, dittatoriale e democratico - si è confrontata con quello che è andato configurandosi nella forma di un apparato tecnico-scientifico, vuoi cercando di piegarlo ai suoi obiettivi, vuoi invece lasciandosene guidare verso il progresso, in un dialogo più o meno illuminato. Non occorre ricordare come proprio la scienza sia intervenuta a rispondere alle incognite della pandemia - tutt’altro scenario rispetto alla peste che imperversava proprio mentre Galileo si prestava all’abiura.
Dunque, scienza e politica. Ma anche: scienza e arte. Ci sono discipline che palesemente senza l’apporto della prima non
Con questo triplice campo di forze si misura Processo Galileo, lavoro teatrale che ha debuttato lo scorso 7 novembre sul palcoscenico del LAC. Inedita la formula che vede collaborare due registi - Andrea De Rosa, direttore di TPE - Teatro Piemonte Europa, e Carmelo Rifici, il direttore artistico del LAC, insieme ai loro autori di riferimento, rispettivamente Angela Dematté e Fabrizio Sinisi, affiancati dalla dramaturg Simona Gonella. Dopo la prima di Lugano, prosegue a novembre la sua tournée nelle sedi dei due coproduttori, TPE - Teatro Piemonte Europa al Teatro Astra di Torino, Emilia Romagna Teatro ERT /Teatro Nazionale allo Storchi di Modena. Farà poi tappa al Teatro Fraschini di Pavia, al Piccolo Teatro Strehler di Milano, al Teatro Civico di La Spezia e al Teatro Sociale di Brescia.
«L’origine di questo progetto è singolare: la forte esperienza vissuta a causa della pandemia ha spinto entrambi a lavorare sul rapporto con la scienza, per ragionare sull’impatto, sempre più forte, che l’apparato tecnico-scientifico esercita sulle nostre vite e sulla nostra socialità. Nel mio caso si trattava anche dell’ultimo
capitolo del trittico cui ho lavorato sempre insieme ad Angela Dematté che include Ifigenia, liberata, ispirato a una riflessione di matrice antropologica, e Macbeth, le cose nascoste, con una forte componente psicologica. Quando per caso ho scoperto che Andrea si stava muovendo nello stesso territorio, logica avrebbe voluto che uno dei due rinunciasse al progetto, ma contro ogni consuetudine abbiamo deciso di unire le forze», racconta Carmelo Rifici.
Stili, poetiche e linguaggi molto diversi, i loro: ma deposto ogni protagonismo, è nata una fratellanza che senza snaturare le rispettive identità, né limitandosi alla banale giustapposizione, è riuscita a trovare la sua cifra in un’originale forma drammaturgica. «Abbiamo stabilito di voler partire da Galileo Galilei, dagli atti del suo processo, dalla sentenza della Santa Inquisizione e la sua abiura, per approfondire i rapporti che, oggi più che mai,
«Siamo partiti dal processo a Galileo per approfondire i rapporti che legano scienza, società e potere. Cos’è cambiato da quel lontano 22 giugno 1633? La scienza, allora costretta ad abiurare, che cosa è diventata? Dove si spingerà? Insieme agli autori abbiamo affrontato la precarietà e le incertezze che l’oggetto stesso della nostra ricerca imponeva per darle una forma scenica»
legano la scienza alla società e al potere. Che cos’è cambiato da quel lontano 22 giugno 1633? La scienza, allora costretta ad abiurare, che cosa è diventata? Dove si spingerà in futuro la ricerca? Affinché tutte queste domande trovassero una ‘forma scenica’, abbiamo lavorato a lungo con l’ausilio di due autori e con loro abbiamo attraversato, con pazienza e dedizione, la precarietà e le incertezze che l’oggetto stesso della nostra ricerca imponeva», commenta Andrea De Rosa.
Un percorso di indagine e riflessione messo a tema sin dal titolo che allude tanto all’episodio storico, quanto agli interrogativi e alle riflessioni che innesca nello spettatore. Dimensione narrativa
e saggistica si intersecano, sottraendosi però al rischio di sclerotizzazione insito in un’opera a tesi. Processo Galileo è aperto nel suo stesso procedere, strutturato in tre sequenze che fluiscono senza soluzione di continuità, fiorendo organicamente l’una nell’altra. Temi, figure e interrogativi si proiettano da una dimensione all’altra, compenetrandosi in una tessitura di echi, rimandi, connessioni.
Se il prologo, nucleo generativo che porta in scena Galileo - un asciutto quanto intenso Luca Lazzareschi - rinchiuso nelle stanze della Santa Inquisizione, ha una precisa data, quel fatidico giugno 1633, e si basa su un’impostazione strettamente filologica, rievocandone parole e pensieri attraverso brani delle sue opere e delle lettere scambiate con la giovanissima e amata figlia, suor Virginia, e con il discepolo Benedetto Castelli, le due successive trasmigrazioni si spostano dapprima in
un generico presente, poi in un ipotetico futuro che si configura come proiezione filosofico-speculativa. Trasversale alle tre sezioni, il personaggio della giovane ricercatrice Angela, che sta svolgendo una ricerca su Galileo e l’evoluzione storica e culturale avviata dalla sua abiura: rappresenta l’alter ego degli autori, di cui condivide le fragilità - il desiderio di comprendere senza riuscirci, il rischio dell’approssimazione, il senso d’inadeguatezza dell’umanista che fronteggia il linguaggio scientifico. «Lungo tutto lo svolgimento, Angela torna costantemente a dialogare con la sua ricerca su Galileo: la letteratura del Seicento si incarna in personaggi che cominciano a prendere autonomia, a parlare. A sua volta, però, è chiamata in causa nella duplice identità di madre e, soprattutto, figlia, nella difficoltà di conciliare quanto le trasmette la tradizionale religiosa contadina da cui proviene con le chiavi di lettura del mondo odierno che le offre la scienza: risposte preziose, a cui si attacca quasi furiosamente, ma che contengono anche la minaccia di un futuro in cui l’uomo dovrà convivere con forme di vita che avranno una loro intelligenza e potranno esistere anche al di là di lui», commenta Carmelo Rifici.
Estremamente commovente il rapporto che in questa seconda parte, scritta da Angela Dematté, si crea tra Angela e la figura della Madre, la bravissima Milvia
Marigliano, altra presenza trasversale ai tre atti, potente e vulnerabile, ironica e drammatica. Entrata in scena nel prologo a rappresentare l’Inquisizione, qui con uno slittamento di piani assume il ruolo di custode di un’eredità arcaica ricordando alla Figlia la fondamentale appartenenza dell’uomo alla terra, la necessità di cura dell’altro, del pianeta e del cosmo.
«Sulla base di queste riflessioni e ‘scoperte’ nella terza parte, scritta da Fabrizio Sinisi, Angela viene proiettata come testimone all’interno di una finzione teatrale che ci dà nuove possibilità di sguardo sul futuro», evidenzia Andrea De Rosa.
L’allestimento minimalista, ‘dichiaratamente installativo’, insieme a luci e suoni dosati con sapienza, riesce a creare potenti effetti scenici con economia di mezzi. «Al centro della scena abbiamo voluto collocare un pianoforte, non solo perché Angela, che vi è sempre seduta, lo suona - il giovane talento Catherine Bertoni de Laet, che un mese fa ha anche debuttato proprio al LAC nelle vesti di regista teatrale - ma come perno fra le tre parti che compongono lo spettacolo e simbolo dell’unione fra scienza, tecnica e arte, in quanto si tratta di una delle macchine più perfette e sofisticate che l’uomo abbia mai inventato, senza la quale non sarebbero state scritte partiture che hanno fatto della nostra cultura ciò che è. D’altronde anche per il teatro l’arrivo dell’elettricità
In linea con la vocazione di un centro culturale che mette in dialogo le diverse espressioni artistiche e diventa polo propulsivo di visione e idee verso il territorio, il LAC ha concepito una costellazione di spettacoli e approfondimenti che, come Processo Galileo, ruotano attorno al rapporto fra arte, scienza e politica, costituendo un focus trasversale, La luce dell’ombra. Promosso dal settore di mediazione culturale nell’ambito di LAC edu, prevede 13 appuntamenti tra prosa, musica, danza, letture, arti visive, incontri, filmati, conferenze e laboratori. Fra quelli ancora in calendario, da non perdere Feeling Science. Un esperimento teatrale (01.12.22), che vede nuovamente all’opera Angela Dematté e Simona Gonella, qui con Andrea Chiodi: in scena una sola attrice professionista insieme a nove scienziate del Centro comune di ricerca di Ispra per cercare un dialogo fra teatro e scienza. Nasce invece dall’osservazione della permeabilità del corpo rispetto ai media Corpomemory (18.01.23), lavoro della coreografa e danzatrice Ariella Vidach e del videoartista Claudio Prati. Il Focus propone ancora due appuntamenti di LuganoMusica: sabato 11 febbraio il Quartetto Diotima omaggerà nel centenario della nascita György Ligeti, che fra i molteplici interessi della sua produzione, include quello per la scienza. Per la rassegna EAR Electro Acoustic Room del Conservatorio della Svizzera italiana, venerdì 10 marzo Cenere, lavoro diretto e composto da Nadir Vassena su testi di Fabio Pusterla, di cui è protagonista Anahì Traversi, volto noto e caro al LAC.
ha cambiato uno spazio che prima era illuminato in modo analogico», precisa il regista Andrea De Rosa.
I temi portati in scena sono gli immensi interrogativi della contemporaneità, che finiscono per interpellare i limiti del progresso, le responsabilità della politica, la conciliabilità fra le illusioni di cui l’uomo ha tanto bisogno e la conoscenza a cui anela. La domanda cade inevitabile e fragorosa: “Se conosciamo le leggi, se sappiamo scrivere le equazioni, perché allora la follia dilaga da ogni parte?”.
Da una parte la Madre-raccoglitrice, dall’altra il Padre-cacciatore: colei che, anche senza sapere come, custodisce e dà la vita, nel suo ventre, nella terra che coltiva, nel ritorno delle stagioni; colui che di quel mistero indaga implacabile il perché, nei cieli, nella materia, nei suoi laboratori, in un’estasi conoscitiva che l’impenetrabilità di quel disegno finisce in fondo per riconfermarla. È il contrasto tra la saggezza contadina che difende il frutto della terra e accusa il progresso di aver mandato in frantumi il suo mondo di piccoli rituali che nella loro ingenua genuinità esprimevano e preservavano la dimensione del sacro, contro l’afflato prometeico di una scienza che cerca, misura e tutto illumina della sua luce, piena e chirurgica, finché gli uomini si ritrovano a fissare il vuoto, con il rischio di scoprirsi niente più che “onde, nuvole di particelle, illuse per un momento di poter dire io”. La vertigine della conoscenza a prezzo della cacciata dal Paradiso e ad acquisto di una sete che non si può placare se non nel nostalgico rimpianto dell’innocenza perduta o nella sua irrisione.
Se con Galileo la lingua universale della matematica e delle sue figure geometriche si è sostituita alla babele degli alfabeti, nella certezza di sottrarre l’uomo al suo labirinto, quello spazio l’ha solo misurato e descritto in ogni sua piega, reso più confortevole e performante certo, ma senza per questo potervi sfuggire, anzi ancor più incatenato alla sua logica. Perché forse, come Processo Galileo ricorda, è solo l’alleanza tra scienza e arte a poter consentire a un Icaro ingegnoso e sognatore di sfuggire alla gravità delle leggi che lo avvincono alla sua terra e alla sua carne.
Susanna CattaneoPer informazioni: www.luganolac.ch
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Colori, consistenze, volumi e simmetrie. Una pietanza è molto più che cibo. È una sintesi di estetica, profumi e sapori. Unica. Come un’opera d’arte. Dinamica e interattiva, la cucina dello chef stellato Diego Della Schiava svela l’essenza della materia, esaltata con estro e sensibilità contemporanea.
A sinistra, una composizione che abbina emblemi mediterranei e rigore asiatico. Espressione di una ricerca che, nell’originalità, non perde di vista il minimalismo e l’eleganza. È la cifra stilistica di Diego Della Schiava, Executive Chef del ristorante The View Fine Dining di Lugano, recentemente premiato con una stella Michelin.
zione di Della Schiava indaga, aggiunge e sottrae. Osa ma mai per il gusto di osare, solo e sempre nel segno di una ricerca rigorosa e per questo affidabile. Operazione stimolante per chi prepara e per chi assapora.
St upire nella semplicità. Se fossero tre parole e definirne il tratto, sarebbero certamente queste. Sarà per quell’approccio organizzato e metodico, che traduce la grande creatività in preparazioni originali ma equilibrate, sarà per il desiderio di rispettare gli ingredienti e invogliare i destinatari dei suoi piatti alla consapevolezza verso ciò che si mangia. Sarà che non nasce cuoco ma che, pensando di diventare dentista, segue un percorso di studi scientifici. Salvo poi, a vent’anni,
lasciare che la sua latente passione per la cucina prendesse il timone della sua vita e delle sue scelte.
Sarà. Ma di sicuro, oggi, le proposte di Diego Della Schiava sono un viaggio nel gusto che coinvolge tutti i sensi. È una cucina italiana moderna su base classica. La rivisitazione è incessante. Non scevra da echi esotici, questa cucina apre alle spezie, pur non cedendo alle tentazioni di una dimensione prettamente ‘fusion’.
Ardita, a tratti funambolica, lungi dall’essere stravagante, la sperimenta-
L’obiettivo? È uno solo: «Esaltare e rendere protagonista il prodotto, dal più pregiato al più umile o meno conosciuto, nel totale rispetto della sua essenza», esordisce Diego Della Schiava, che ha appena ricevuto la prima stella Michelin. «La mia ambizione è far sfumare il confine con il cliente, affinché egli scopra il piacere del rispetto per il cibo e diventi parte attiva nel processo di trasformazione delle materie prime in esperienze sensoriali». Per questo interattiva, la cucina di Della Schiava, è prima di tutto dinamica. «Reinterpretare, anche le ricette più classiche, non significa snaturarsi o generare confusione. Anzi, è importante che uno Chef crei la propria identità, quella nella quale i clienti, al di là di ogni variazione nella proposta, si ritroveranno sempre», precisa Diego Della Schiava, oggi Executive Chef del The View Fine Dining, di Paradiso, ristorante gourmet del design hotel The
View, dove è a capo di una brigata di cucina con otto collaboratori.
Già apprezzato come ‘Talento Ticinese 2021’ da Gaultmillau, Della Schiava aveva ricevuto l’anno scorso 16 punti nell’autorevole guida gastronomica. Quest’anno, aggiudicandosi la prima stella Michelin, ha portato il ristorante The View a essere il quarto stellato di Lugano (con Meta, I Due Sud e Villa Principe Leopoldo, che avevano ricevuto l’ambìto riconoscimento nel 2021) e l’ottavo in Ticino.
Giovane talento dalla forte personalità, Della Schiava si è formato presso la Scuola Internazionale di Cucina italiana, sotto la direzione del celebre Gualtiero Marchesi, a cui sono seguite varie esperienze in diverse cucine stellate. Quella abruzzese di Niko Romito, da cui Diego ha assorbito alcuni punti fermi, ancora oggi bussola e porto per il giovane Chef. Dopo l’Abruzzo e diverse esperienze, il suo percorso è proseguito in Emilia Romagna (nella brigata del Grand Hotel Rimini), raggiungendo livelli importanti a Bologna dove, sotto la direzione di Guido Haverkock, chef di grande personalità, ha contribuito alla conquista della stella Michelin. Particolarmente formative anche le esperienze con gli chef stellati Andrea Berton ed Emanuele Scarello.
In Svizzera dal 2012, Diego Della Schiava, già Chef de Partie dell’hotel cinque stelle Villa Orselina a Locarno, è stato invitato nella cucina del The View Fine Dining di Lugano Paradiso. Dopo due anni come secondo di Mauro Grandi, la cucina gli è stata affidata a
pieno titolo. «Le circostanze sono state favorevoli», minimizza Della Schiava, «mi sono limitato ad accettare la sfida, che ho trovato stimolante».
La semplicità è quella di sempre. Quella di un cultore della cucina che, nel tempo libero, ama mangiare orientale «perché nutre la mente», commenta.
Neppure la stella Michelin ha scalfito l’approccio semplice di Della Schiava: «Sono molto onorato di aver ricevuto questo riconoscimento», nota lo Chef che non nasconde «la grande emozione provata quando ho ricevuto l’invito a partecipare alla cerimonia di premiazione che si è tenuta il mese scorso a Losanna, per la prima volta presso la rinomata Ehl Hospitality Business School, l‘Ecole Hôtelière de Lausanne’ fondata nel 1893». Della Schiava, tra i 150 invitati, è stato uno dei 36 premiati. I criteri con cui sono valutati i ristoranti ammessi nella
Guida Michelin sono cinque: qualità delle materie prime, originalità e personalità dello chef nei piatti proposti, la padronanza delle tecniche, il rapporto qualità/prezzo, la continuità nel tempo. «Le materie prime sono per me fondamentali. Da vegani e vegetariani ho ricevuto stimoli interessanti che mi hanno invogliato ad approfondire la potenza e i processi nella preparazione delle verdure. Anche delle verdure o addirittura delle erbe apparentemente meno significative è interessante individuare e valorizzare il potenziale», nota lo Chef che, solo per le carote ad esempio, usa cinque preparazioni diverse. «Delle verdure apprezzo anche l’estetica, generatrice di armonia», aggiunge. Infine, è proprio la versatilità delle verdure ad offrire spunti per realizzare con ogni piatto uno storytelling. Sperava in questa stella, lo Chef Della Schiava. Al di là di tutto, come conferma
«La potenza della materia prima è ciò che fa la differenza. Occorre capirne le potenzialità per declinarla con tecnica e fantasia in pietanze sorprendenti. Anche le preparazioni più semplici sono destinate a veicolare sempre un messaggio, generando una sensazione esclusiva»
che la strada intrapresa fosse quella giusta. «Quest’anno la Guida Michelin Svizzera ha segnato un record assoluto: con un totale di 138 ristoranti stellati Michelin di cui 36 novità», sintetizza Diego Della Schiava. Tra questi brillano anche 30 nuovi ristoranti una stella, compresa quella assegnata al The View, che portano il totale in Svizzera a centonove, distribuiti in tutto il Paese.
“È straordinario come la gastronomia svizzera abbia continuato a evolvere positivamente nonostante i recenti tempi difficili”, ha commentato Gwendal Poullennec, direttore internazionale della Guida Michelin, durante la cerimonia. “In ogni parte del Paese, gli ispettori hanno potuto apprezzare l’originalità,
l’artigianalità e lo spirito innovativo dei ristoratori. Rimanendo oltremodo colpiti dallo sviluppo dei tanti nuovi talenti che hanno continuato a fiorire nell’ultimo anno”, ha aggiunto Poullennec.
La Guida Michelin è senza dubbio la più antica e prestigiosa guida ristoranti (e alberghi) del mondo. Lanciata nel 1900, in occasione dell’Esposizione Universale, dalla società produttrice di pneumatici Michelin, che ne è ancora oggi l’editore. La prima edizione fu realizzata dai fratelli André ed Édouard Michelin. Allora era una guida pubblicitaria con una tiratura di 35mila copie. Si rivolgeva inizialmente ai ciclisti, ma allo stesso modo scommetteva sul mercato automobilistico ancora in embrione: la
A sinistra, la brigata di cucina capitanata da Diego Della Schiava. Sotto, tre diverse preparazioni, accomunate da rivelazioni cromatiche inaspettate e poetiche. L’armonia estetica fa da contrappunto alla giostra di sapori.
Francia, infatti, contava in quel momento appena 2400 guidatori. Questo piccolo annuario includeva una serie di consigli pratici: officine di riparazione dei pneumatici, lista di hotel, itinerari. Non erano invece menzionati ristoranti. Che saranno inseriti solo nel 1920. A fornire le informazioni sui ristoranti erano lettori e i primi ispettori anonimi. È nel 1926 che appare la prima Stella a segnalare la particolare qualità del ristorante. Mentre nel 1931 viene creata la celebre classifica-
zione, ancora valida: 1 Stella: interessante (très bon restaurant dans sa catégorie); 2 Stelle: merita una deviazione (excellente cuisine; mérite le détour); 3 Stelle: vale il viaggio (cuisine exceptionnelle; vaut le voyage). Fra i primi ristoranti 3 Stelle in Francia nomi ancora celebri (anzi mitologici), come La Pyramide di Fernand Point a Vienne e la Mère Brazier a Lione di Eugénie Brazier. «I riconoscimenti non sono un punto di arrivo, ma l’incoraggiamento a fare sempre meglio. Questo richiede uno studio incessante e una sperimentazione ragionata che, insieme, aprono nuove frontiere del gusto», conclude Diego Della Schiava.
Simona ManzioneLa globalizzazione ha determinato una dimensione internazionale che, a livello educativo, si ritrova in aule multilingue e multiculturali, come pure nell’incremento della mobilità di studenti e docenti o nella diffusione di English-taught programmes all’università.
Nel mondo del lavoro è diventata normale la migrazione di figure professionali e si affermano nuovi assetti lavorativi, favoriti anche dallo smart working. Forte è la necessità di intercomprensione e di competenze comunicative interculturali. Capaci di soddisfare questa esigenza, le conoscenze linguistiche possono generare sostanziali differenze salariali in favore di coloro che sviluppano repertori multilingue e contribuire alla creazione di valore aggiunto nell’economia. Inoltre, l’egemonia di una o di alcune lingue sulle altre può generare notevoli trasferimenti di risorse fra Paesi. In tal senso, si può parlare di ‘valore economico delle lingue’. Fermo restando che si può studiare in qualunque momento, «oggi si approccia una nuova lingua già da giovanissimi», esordisce Serena Dolci, dirigente EF Ticino, azienda che da sei decenni si occupa di formazione linguistica all’estero. «Per rispondere a questa esigenza, abbiamo creato corsi anche per i più piccoli, tra 10 e 14 anni. Una novità, declinata in tre corsi e tre soggiorni di gruppo, della durata di due settimane. Per l’estate 2023, con partenza dal Ticino e accompagnatore che parla italiano, si può studiare l’inglese all’Isola di Wight, oppure il tedesco a Monaco di Baviera o il francese a Saint Raphaël. Il pacchetto include corso, trasporto, pasti, alloggio e diverse attività. Sicuramente un’esperienza importante, non solo per l’apprendimento linguistico», nota Serena Dolci. Le proposte coniugano sempre formazione e attività sul campo, con soluzioni
su misura, volte a favorire l’apprendimento di una delle dieci lingue su cui si concentra EF, che si tratti di un corso di poche settimane, di un soggiorno più lungo o di un intero anno accademico. Una cinquantina di campus EF sono distribuiti In oltre 20 Paesi.
Le proposte hanno due elementi comuni: la filosofia ‘EF all the way’, in virtù della quale gli studenti sono seguiti passo per passo, e l’innovativo metodo di insegnamento ‘EF’, proposto da tutte le scuole EF, «un metodo che garantisce l’avanzamento di un livello linguistico ogni sei settimane», precisa Serena Dolci, che aggiunge: «realizzato in collaborazione con l’Università di Cambridge, questo metodo si basa sul concetto di ‘blended learning’, che combina lezioni in aula, strumenti didattici interattivi e immersione culturale, per testare quanto appreso in classe».
Se i più piccoli sono la novità di quest’anno, per tutte le altre categorie di studenti la proposta è quella di sempre: ricca, variegata, personalizzabile. La fascia di età 13-25 anni si suddivide in due gruppi: il primo comprende i
ragazzi tra i 13 e i 16 anni, il secondo quelli tra i 16 e i 25 anni. «Per i più giovani, la proposta è un pacchetto ‘all inclusive’, esattamente come per la categoria 10-14 anni ma, a differenza di quest’ultima, i 13-16enni possono partire da soli, per poi unirsi ad un gruppo supervisionato da un leader EF, e vivere esperienze che abbinano lezioni in classe e attività di diverso tipo. Con pensione completa, questa formula è disponibile in diverse destinazioni specificatamente scelte per i più piccoli», sintetizza la manager.
Agli ‘over 16’ sono aperte tutte le possibilità, con programmi anche di preparazione a esami internazionali, preparazione universitaria e abbinamenti stage e volontariato.
Invece per gli over 25 la proposta include anche specifiche attività ‘leisure’ dalle degustazioni enogastronomiche, ai musei, a escursioni. Infine: «Per le attività ‘Corporate’ una proposta, tra Cambridge e Boston, prevede corsi su misura o mini-gruppi. O l’abbinamento di lezioni individuali e di gruppo: si tratta di una formazione particolarmente adatta a manager e professionisti, superintensiva, che si svolge in una o due settimane al massimo», sintetizza Serena Dolci, che conclude: «Studiare le lingue è un’opportunità per iniziare, da giovani, ad investire sul proprio futuro, e per arricchire le proprie competenze professionali e il network, con un programma specifico e calibrato sulle proprie esigenze, alla scoperta di una nuova cultura e di uno spicchio di mondo».
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Strumento di comunicazione e conoscenza, le competenze linguistiche sono un asset per raggiungere profili e salari sopra la media. Un vero investimento sul futuro.Serena Dolci, Dirigente EF Ticino.
Ancor prima delle montagne, sono state le terme la prima attrazione turistica svizzera. Oltre alla funzione terapeutica delle loro acque sorgive, per secoli sono state luogo di incontro tra personalità influenti e di mondanità. Oggi hanno ritrovato la funzione curativa originaria, potenziata dai progressi della medicina, insieme alla qualità architettonica e alberghiera degli stabilimenti. Per ritemprare corpo e spirito.
Fu a Baden che venne firmato il primo trattato internazionale di pace su suolo confederato, inaugurando la tradizione diplomatica svizzera. Dopo 14 anni di contese seguite alla morte di Carlo II di Spagna, nel 1714 veniva finalmente siglato l’accordo tra Francia e Sacro Romano Impero che ridisegnava l’assetto delle sovranità territoriali europee insieme ai precedenti trattati di Utrecht e di Rastatt. Per tre mesi la cittadina elvetica fu teatro delle negoziazioni dei rappresentanti di Luigi XIV e dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo. Se era stata scelta, non era solo in quanto neutrale e sede della Dieta federale: i partecipanti non nascondevano infatti il loro interesse per i suoi famosi bagni, che frequentarono assiduamente. Alle origini, cure e mondanità. Ancor prima delle montagne, si può dire che
proprio le terme siano state la prima attrazione turistica svizzera. Già nei primi secoli dopo Cristo, Baden era una destinazione popolare, che attirava soldati, ufficiali, funzionari e membri di famiglie altolocate grazie ai grandi bagni che i romani vi avevano costruito, valorizzando con le loro conoscenze idrotecniche e mediche le sorgenti di acqua calda che sgorgavano a 47° C nell’ansa della Limmat. Anche se preceduta dagli stabilimenti di altre città romane sul territorio dell’odierna Svizzera, come Aventicum, che ne contava tre, e le due di Augusta Raurica, fu Baden a diventare meta termale per eccellenza. Tacito descriveva quella che era stata battezzata eloquentemente con il nome di Aquae Helveticae come “locus, amoeno salubrium aquarium usu frequens”: una graziosa cittadina molto frequentata per le sue sorgenti termali. In Gran Bretagna
e sull’Eufrate sono stati ritrovati portacoltelli del bronzista romano Gemellianus che recano inciso il nome di Aquae Helveticae, testimoniando la fama delle sue terme in epoca imperiale: possono essere considerati i primi souvenir provenienti dalla Svizzera, tanto popolari da essere persino contraffatti.
Baden divenne il modello della città termale nel tardo Medioevo. Le strutture risalenti all’epoca romana, sviluppate su larga scala nell’XI e XII secolo, rimasero in auge fino al XVII secolo, luogo di cura e di incontro fra personalità influenti. I conti di Lenzburg prima, i duchi e i re asburgici; ospiti di alto rango come la contessa Eleonora di Scozia nel Quattrocento o Papa Martino V, facevano notizia. Notabili, aristocratici, i loro emissari giungevano regolarmente, mentre si moltiplicavano i resoconti di viaggio e me-
dici che ne diffondevano la reputazione in tutta Europa. Su tutti non si può non ricordare la celebre lettera dell’umanista Poggio Bracciolini, che nel 1416, soggiornandovi di ritorno dal Concilio di Costanza, al quale aveva partecipato in qualità di segretario pontificio, rimase fortemente colpito - divertito più che scandalizzato - dalla sensuale goliardia cui era improntata la vita balneare della cittadina elvetica, descritta con sapidità dalla sua penna erudita.
In apertura, circondato dai quattromila del Vallese e immerso nel sole, il Walliser Alpentherme & Spa si trova sulla piazza di Leukerbad, che con quasi 4 milioni di litri di acqua prodotti ogni giorno da 65 sorgenti è la maggiore città termale d’Europa. Sopra, spettacolare nella sua eleganza, l’Helena Spa del Grand Resort Bad Ragaz, altra destinazione wellness svizzera per antonomasia. Qui è stata inaugurata nel 1872 la prima piscina coperta termale d’Europa. Le sue acque curative provengono dalla Gola della Tamina (a destra), che si può visitare con un percorso di 450 metri tra le viscere delle rocce fino alla grotta di acqua sorgiva, che sgorga a 36,5 °C, ottomila litri al minuto.
Resoconti più scientifici si concentravano sui benefici dell’acqua termale, alla quale sarebbe state via via attribuite proprietà mediche nella cura della sterilità, di disturbi polmonari e renali, reumatici, dermatologici e muscolo-scheletrici, nel miglioramento della circolazione sanguigna e delle funzioni cardiache, nonché proprietà digestive e diuretiche, stimolazione del metabolismo, effetto calmante sulle condizioni reumatiche e sulle malattie del sistema nervoso.
Presto locande e bagni si unirono per diventare cantine balneari chiuse. Attorno fiorì anche l’industria dell’ospitalità con i primi grandi hotel, balli sontuosi, banchetti, spettacoli teatrali, giochi da tavolo e d’azzardo, ... Ma anche i più indigenti avevano la possibilità di frequentare le terme di Baden per curarsi. A loro era riservata la piscina di Santa Verena, all’aperto e gratuita, ma la sera furtivamente frequentata, quando finalmente era deserta e ripulita, da qualche nobil donna
attirata dalle presunte facoltà delle sue acque di stimolare la fertilità femminile.
Accanto a Baden, anche Lostorf, Yverdon-les-Bains e San Moritz vantano un’antichissima tradizione termale. In epoca medievale furono scoperte le terme di Leukerbad e le sorgenti minerali di Scuol. Anche in queste località, oltre alla funzione terapeutica e alla loro importanza per l’igiene corporale, gli stabilimenti termali divennero luogo di ritrovo pubblico, di attività economiche e politiche, di divertimento. Gli irrigidimenti dogmatici seguiti alla riforma contribuirono in maniera decisiva a smorzare la passione: il moralismo puritano, ma anche il dilagare della sifilide in parte imputato alla promiscuità nelle piscine, causarono un rapido declino, insieme alla carenza di legname nel XVI secolo, che rendeva troppo esoso il riscaldamento dell’acqua.
Fu dal Settecento che riprese la moda, sulla scia dello sviluppo della balneoterapia, toccando l’apice nell’Ottocento: vennero riattivate e ampliate in grande stile strutture antiche, cui si aggiunse la scoperta di nuove sorgenti. Nella sua celebre prima statistica del 1848, Stefano Franscini rilevava 350 sorgenti termali in Svizzera, fra cui 22 di prima classe. Tra le più importanti nuovamente Baden (che nel 1847 non a caso venne scelta come stazione di arrivo della prima tratta ferroviaria svizzera, che partiva da Zurigo), Schinznach Bad, Bad Pfäfers, San Moritz Bad, San Bernardino, Leukerbad, Lavey-les-Bains e Gurnigelbad. Grazie ai progressi della medicina, in particolare dell’idroterapia, i metodi curativi vennero raffinati e le prescrizioni diversificate: immersioni complete o parziali, bagni turchi o inalatori, fanghi minerali, docce, cure
idropiniche, come i bagni di luce, d’aria e di sole, assunzione di acqua.
Sul modello delle stazioni termali internazionali più prestigiose, gli stabilimenti divennero sempre più mete turistiche e sociali, dotandosi di sale di conversazione, saloni destinati alle signore, biblioteche, fumoir, padiglioni panoramici, atrii coperti; gli ospiti potevano inoltre scegliere tra varie possibilità di svago, concerti, passeggiate. Addirittura i bagni di Saxon (oggi nota come capitale delle albicocche), includevano un casinò, chiuso poi in seguito alla legge che vietava le case da gioco, non prima di aver attirato in Vallese tanta dell’aristocrazia europea e celebrità come Dostoevskij e Garibaldi. Sono state proprio stazioni termali come Leukerbad, Lenk, Scuol, San Moritz e Vals a porre le basi per lo sviluppo turistico dell’intera regione, anche grazie alla clientela bri-
Sotto, un’oasi del benessere aperta anche al pubblico esterno alle strutture alberghiere, come alle origini: dotate della più ampia gamma di trattamenti, le Terme Tamina di Bad Ragaz uniscono la cultura termale tradizionale con l’innovazione e lo stile moderno, su una superficie di 8.600 mq di raffinatezza architettonica, eleggendo acqua e luce a protagoniste. A sinistra, una chicca, questa gastronomica, del Grand Resort Bad Ragaz che ospita il ristorante due stelle Michelin Igniv by Andreas Caminada, con le esclusive creazioni dello chef de cuisine Joël Ellenberger.
tannica che diffuse la moda di andare a ‘prendere le acque’ nella stagione estiva, portando in Svizzera una clientela facoltosa da tutta Europa. Avrebbe poi lanciato anche la moda delle vacanze sulla neve. Il futuro, wellness e design. I mutamenti sociali e culturali intervenuti dopo la frattura della prima guerra mondiale hanno cambiato per sempre il volto dell’industria termale. È la componente medica oggi a prevalere, facendone una nicchia molto appetibile: le caratteristiche mineralogiche e terapeutiche delle singole sorgenti hanno assunto un’importanza centrale, insieme alla qualità architettonica e alberghiera degli stabilimenti. Baden, una nuova armonia. In questo scenario si inscrive il rilancio di Baden, firmato da Mario Botta. Dopo un lungo declino, finalmente è decollato il progetto che ha visto inaugurare lo scorso anno il nuovo centro termale Fortyseven°, nome che fa chiaramente riferimento alla temperatura dell’acqua alla sorgente, oggi come duemila anni fa. Obiettivo: attirare 350mila ospiti l’anno. Il physique du rôle c’è tutto: otto piscine interne ed esterne che sfruttano le 21 sorgenti di acque solforose, l’ampia area con undici sale fra sauna e bagni di vapore, l’area audiovisiva esperienziale Kosmos, Spa per massaggi e trattamenti di bellezza, l’offerta gastronomica. Tutto allo stato dell’arte. E un progetto architettonico di grande sensibilità e intelligenza, oltre che bellezza. Botta ha voluto creare un dialogo fra città, terme e paesaggio, per valorizzare l’energia del
luogo. L’idea è quella di omaggiarne la storia millenaria e riconnettere il centro abitato di Baden con il fiume, che si traduce a livello compositivo in un corpo di 160 metri longitudinale alla Limmat, all’interno del quale si incastrano un corpo basso posto di fronte al vecchio nucleo alberghiero e quattro altri corpi trapezoidali che traguardano il fiume, aprendosi come le dita di una mano. All’interno delle differenti vasche termali vi è un rapporto visivo continuo con il fiume e la collina urbanizzata sulla sponda opposta. Gli spazi sono scanditi dall’alternarsi di lucernari e colonne, pavimenti e pareti
Chiave del rilancio delle terme di Baden, la nuova struttura Fortyseven°, ideata da Mario Botta riconnettendo il centro abitato con il fiume e il complesso termale con il paesaggio, valorizzando l’energia del luogo. Sotto, un portacoltelli del bronzista romano Gemellianus, che reca inciso il nome di Aquae Helveticae, appellativo originario di Baden: ne sono stati ritrovati anche in Gran Bretagna e sull’Eufrate a dimostrazione della sua fama.
sono rivestiti in lastre di terracotta, i soffitti da pannelli fonoassorbenti in legno di acero, mentre per i prospetti esterni la scelta è caduta sulla pietra naturale. Al piano interrato si può ammirare un frammento dell’abside di una piscina risalente all’epoca romana o medioevale. Bad Ragaz, la classe non è solo acqua. Sgorga a 36,5° C - la temperatura corporea ed è la fonte termale più copiosa d’Europa, quella di Tamina, scoperta nel 1240. Le sue acque mineralizzate dalle eccezionali virtù curative, celebrate già nel Cinquecento da Paracelso, hanno dapprima fatto la fortuna dei bagni grigionesi di Pfäfers, per poi essere convogliate attraverso una conduttura lunga quattro
chilometri, 180 anni fa, a Bad Ragaz, nel Canton San Gallo, dove le sue sorgenti alimentano sia i bagni termali pubblici delle Terme Tamina, sia la Wellbeing & Thermal Spa del Grand Resort Bad Ragaz e il centro medico annesso, che si sono aggiudicati il titolo di primo resort di benessere e salute medica. È qui, in quello che allora si chiama Quellenberg Hotel, che è stata inaugurata nel 1872 la prima piscina coperta termale d’Europa. Nel 2019, in occasione del suo 150esimo anniversario, è stato completamente ristrutturato. Propone un’offerta benessere esclusiva, dalla storica Helena Spa alla moderna Sport Spa alla Family Spa alla Garden Pool con vista sulle montagne. Anche l’offerta
gastronomica è al top, con il due stelle Michelin di Igniv Andreas Caminada, che propone le esclusive creazioni dello chef de cuisine Joël Ellenberger.
La vicina area balneare pubblica delle Tamina Therme non è solo uno dei bagni termali più tradizionali e conosciuti in Svizzera, dalla notevole qualità architettonica, ma offre anche un’enorme varietà di piscine interne ed esterne su una superficie di 7.300 metri quadrati. L’inaugurazione di una sala trattamenti haki ha catapultato le terme Tamina ai primi posti nel settore europeo della salute e del benessere. Questa nuova forma di terapia combina musica, suoni, colori, odori e acqua termale curativa con la manipolazione del corpo e l’attivazione dei sensi.
E pensare che in origine, quando ancora non esisteva alcuna struttura, bisognava farsi calare direttamente nella Gola della Tamina per una settantina di metri in ceste, mentre i visitatori più facoltosi venivano fatti scendere con una lettiga.
Interessante è anche una visita ai bagni vecchi di Pfäfers, di cui sono conservate le vasche da bagno e la cucina del ristorante dello storico Hotel, con tanto di sala da pranzo nello stile lussuoso e barocco dell’epoca. Inoltre, sempre nei dintorni, si può vedere il monumento commemorativo al grande medico-filosofo Paracelso e accedere al Museo dedicato alla storia dei Benedettini di Pfäfers.
Leukerbad, regina con le sue 65 fonti. Storiche anche le terme di Leukerbad con la sua acqua termale rivitalizzante e ricca di minerali da 28 °C a 43 °C. Con dieci piscine rilassanti, scivoli per famiglie e una moderna area sauna con un’ampia gamma di trattamenti benessere/naturopatici, Leukerbad Therme è il più grande centro termale dell’intera regione alpina.
Direttamente sulla piazza storica del paese si trova il Walliser Alpentherme & Spa: il suo spazio sauna nello stile di un villaggio montano, il bagno romano-irlandese e il fantastico panorama montano sono unici.
Sempre a Leukerbad, l’hotel Therme 51°, quattro stelle più rustico, a condizione familiare, offre un’area benessere con sauna finlandese, sauna al fieno biologica, bagno di vapore alle erbe alpine, sala a infrarossi e relax; all’esterno comprende un hotpot, una vasca idromassaggio, una sauna al pino cembro, una vasca Kneipp, un percorso a piedi nudi e una splendida terrazza.
Yverdon-les-Bains, una garanzia. Già i romani, che la fondarono e battezzarono Eburodunum sfruttarono subito le sue acque termali ricche di magnesio e di zolfo che sgorgano a 29 gradi. Insieme a Lavey-les-Bains è il grande centro termale vodese. Pioniere fu il medico Pierre-François Chauvet, che nel 1688 costruì l’Hôtel des Bains, vicino alle antiche sorgenti di Henniez.
Yverdon-les-Bains ha inaugurato il suo primo hotel termale nel 1736, mentre la sorgente calda di Lavey, da quando è stata scoperta per caso nel 1831 da un pescatore, ha cominciato ad attirare un gran numero di pazienti. Le sorgenti di Lavey affiorano a 62° C nel Rodano, dopo un lungo viaggio nelle fenditure della roccia cristallina fino a 3000 metri di profondità dove raggiunge i 120°C. Engadina, dalle piste alla Spa. Il connubio tra vacanze sulla neve e soggiorno di cure termali raggiunge l’apice a St. Moritz. La sua sorgente sgorga a 1774 metri, la più alta d’Europa. Acidula, alcalina e ricchissima di acido carbonico, che la rende particolarmente frizzante, ha un alto tenore ferruginoso. Nel 1907 è stata scoperta la più antica presa di sorgente di legno intatta d’Europa, si stima risalente al 1400 a.C., come indicato dall’analisi di due tronchi cavi di larice. Già i Celti cercavano infatti di migliorare la loro salute con l’acqua minerale gassata e ricca di ferro di St. Moritz. L’antica sorgente e la sua storia sono presentate al Forum
Un gioiello della Svizzera termale, le “7132 Therme” di Vals: il perfetto equilibrio fra rigore e poeticità del complesso architettonico progettato dallo svizzero
Peter Zumthor, in profonda armonia con il paesaggio anche grazie alla scelta di lastre di quarzite verde per la costruzione, emana l’energia di un luogo mistico.
Dal 1893, Swiss Leaders (già ASQ Associazione Svizzera dei Quadri) ha per missione quella di salvaguardare gli interessi dei suoi membri e sostenerli nel loro percorso di carriera professionale.
ll mondo del lavoro sta subendo profondi cambiamenti: flessibilità, digitalizzazione, nuovi modi di prendere decisioni e di operare, crescente diversità e sostenibilità: oggi si tratta di mobilitare tutte le energie, innovare, riunire e far crescere tutte le idee.
Nel segno della tradizione e del continuo cambiamento, per affrontare nuove sfide, Swiss Leaders sostiene e accompagna i leader nel loro sviluppo professionale, dalla formazione continua certificata al sostegno legale a garanzia dei propri diritti.
Se le leggi della fisica non si possono sconfiggere, si possono almeno sfruttare grazie alla trazione integrale 4x4, particolrmente diffusa in Svizzera con le sue strade montane. Se poi si aggiunge anche l’efficienza delle motorizzazioni elettrificate, meglio ancora.
Con la nuova Mazda CX 60 la casa di Hiroshima non introduce solo il suo primo Suv di categoria superiore entrando nel settore premium, ma anche la sua prima motorizzazione plug-in hybrid. Da sempre Mazda è sinonimo di qualità, affidabilità e tecnologia innovativa e con la nuova CX 60 offre tecnologia high tech, ottima qualità dei materiali, una cura maniacale nella costruzione e una dinamica di guida scattante ma anche rilassata e silenziosa. Con le sue generose dimensioni garantisce ampio spazio e le linee riprendono la filosofia della nuova evoluzione Kodo Design. La nuova ammiraglia si riconosce subito come Mazda per la linea ricercata e dal vivo è meno grande di quello che sembra anche se lunga quasi 4,80 metri. Grazie alla coda allungata offre molto spazio agli occupanti posteriori e un bagagliaio da 570 a 1726 litri. Dentro è un tripudio di comfort e qualità e l’Exclusive Line offre pure sedili in pelle nera abbinati alla plan-
cia, in contrasto con elementi in alluminio su tunnel centrale e pannelli porta. In altri allestimenti cambiano i rivestimenti, con il massimo raggiunto nella Takumi, top di gamma con sedili e plancia in pelle Nappa White e tunnel centrale con cuciture con tecnica giapponese Musubu e pannelli porta in legno d’acero. Anche per l’infotainment il costruttore nipponico si distingue per ridurre al minimo le distrazioni, il display centrale è più lontano e alto rispetto ad altre vetture, touch solo a veicolo fermo e facile da controllare con il rotore in movimento.
La Mazda CX-60 è anche la prima con compatibilità wireless per i sistemi Apple CarPlay e Android Auto. Dietro il volante debutta il nuovo cruscotto interamente digitale con head up display proiettato sul parabrezza per avere tutto sotto controllo, senza guardare lo schermo centrale. Una scelta che rientra nella volontà del marchio di rendere le auto sempre sicure, anche grazie alla dotazione di serie dei
principali sistemi di sicurezza. Altra novità è il Kinematic Posture Control, che mantiene il conducente sempre nella corretta posizione di guida tramite una personalizzazione completa nel menu dell’infotainment. Con 327 cavalli è la Mazda da strada più potente che il costruttore abbia mai prodotto e in pura modalità elettrica percorre una sessantina di chilometri fino a 140 km/h e grazie alla tensione di 355 Volt, la batteria impiega circa un’ora a caricarsi alle colonnine pubbliche veloci. Prezzo da 61.050.- franchi per la versione Prime Line a trazione integrale.
La famiglia delle Audi e-tron si allarga sempre di più, con tanti Suv in particolare da qui al 2026. Da quell’anno, infatti, i nuovi modelli Audi introdotti sul mercato saranno solo elettrici, abbandonando diesel e benzina sulle auto con i quattro anelli, in un processo che si concluderà nel 2033. Noi abbiamo provato l’ Audi Q4 e-tron Sportback, con forme da Suv Coupé medio, lunga 4,59 cm, 10 cm in più della Q3 ed alta1,63 cm. Rispetto alla Q4 “classica”, la Sportback ha un lunotto più spiovente da coupé. Soluzione che permette un’aerodinamica più efficiente e si traduce in un’autonomia leggermente maggiore, su tutte le motorizzazioni . Gli elementi stilistici sono gli stessi della Q4, partendo dalla grande calandra anteriore singleframe dal design tridimensionale che ingloba il logo Audi. Ai lati i fari Led Matrix hanno una grafica configurabile tramite il touchscreen dell’infotainment. Le muscolose fiancate ospitano cerchi in lega da 19” a 21”, mentre il posteriore è caratterizzato da una fascia Led a tutta larghezza che, insieme all’ampio diffusore, snellisce le linee esaltando la sportività. Ben sfruttabile il bagagliaio a doppio fondo per nascondere il cavo di ricarica e capacità minima di 535 litri. L’head-up display è uno degli aspetti più innovativi e avanzati di quest’Audi. Il software ha richiesto 600 mila righe di codice per la programmazione, il 50% di quelle elaborate per il primo Space Shuttle. Una vera e propria realtà aumentata con indicazioni stradali del navigatore e altre informazioni di guida. Prezzo da 62.500.- franchi.
Sul mercato dal 2010, la Mini Countryman è alla sua seconda generazione dal 2017. Carrozzeria sempre più in voga, capace di fondere gli elementi stilistici tipici della più piccola Mini, con un’abitabilità decisamente superiore, aggiungendo anche un interessante contenuto tecnologico. Offre un’ampia gamma motori benzina, diesel e ibridi plug-in. La versione più efficiente è la Cooper SE All4 del nostro Testdrive, con propulsore ibrido plug-in. Nonostante il peso extra del powertrain elettrico, si muove allegramente tra le curve, regalando un piacere
di guida, una vera chicca in questa categoria. L’assetto digerisce senza problemi anche i cambi di direzione più sportivi con ottima taratura dello sterzo. Il suo sistema ibrido è assai efficiente, assicura oltre 48 km in modalità elettrica a batteria completamente carica e recupera energia per muoversi elettricamente per brevi tratti. Parsimoniosa nei consumi, al termine del nostro test risultavano 6,7 l/100 km a batteria scarica. Un buon risultato considerando che la Countryman SE a trazione integrale elettrica All4 pesa circa 1.800 kg. Prezzo da 46.300 franchi.
integra - sempre da inizio ottobre - la Direzione generale di Axion Swiss Bank (Gruppo BancaStato) con la responsabilità di guidare la nuova Area Rischi.
Èun autunno carico di novità per la Direzione generale di BancaStato: Glenda Brändli ha infatti assunto da inizio ottobre la conduzione dell’Area Finanza. Glenda Brändli raccoglie il testimone da Daniele Albisetti, il quale
L’Area Finanza racchiude i servizi legati alla contabilità analitica e finanziaria, nonché quelli preposti all’Advisory e gestione patrimoniale, alla tesoreria e al Forex&Trading.
Per informazioni: www.bancastato.ch
Swiss International Air Lines (Swiss) e le Ferrovie Federali Svizzere (Ffs) continuano ad ampliare la rete Swiss Air Rail con due nuove destinazioni: Lucerna e Interlaken. L’espansione della rete Swiss Air Rail è un ulteriore passo avanti nello sviluppo dell’intermodalità ferroviaria e aerea dell’azienda. Il primo passo è stato compiuto quest’estate con l’aggiunta di altri scali in Svizzera e il primo collegamento internazionale tra la Svizzera e Monaco. Swiss Air Rail serve attualmente 11 destinazioni. Lucerna e
Interlaken sono ora direttamente collegate alla rete Swiss. In senso opposto, queste due città sono anche tra le destinazioni più popolari per chi arriva dall’estero. E godono ora di connessioni veloci e dirette. I collegamenti ferroviari diretti con Interlaken e Lucerna consentiranno ai passeggeri provenienti da Tokyo, New York e San Paolo di arrivare a destinazione con un solo cambio. Come per tutte le destinazioni Swiss Air Rail, anche per le tratte da/per Lucerna e Interlaken i clienti potranno prenotare l’intero viaggio in un’unica soluzione. Il biglietto del treno è incluso nel prezzo del volo Swiss.
Per informazioni:
www.swiss.com
www.sbb.ch
Per la clientela in Svizzera e in Liechtenstein, Maximilian N. Beeck ha assunto l’incarico di Senior Sales Manager ed Eszter Biro di Sales Manager. Riportando entrambi a Fedor Plambeck, direttore vendite Svizzera, Maximilian N. Beeck lavora nella sede di Zurigo occupandosi di espandere ulteriormente la forte presenza dell’azienda nella sua attività di intermediazione presso la clientela prevalentemente di lingua tedesca. Biro Eszter lavora nella sede di Londra, occupandosi dell’ulteriore sviluppo della clientela costituita principalmente da germanofoni, con particolare
attenzione al mercato wholesale. Tra le principali società di gestione patrimoniale con approccio attivo a livello globale, Janus Henderson Group al 30 giugno 2022 contava circa 300 miliardi di dollari Usa in gestione, più di 2mila dipendenti e uffici in 23 città in tutto il mondo. La società ha sede principale a Londra ed è quotata al Nyse e all’Asx.
Per informazioni:
www.janushenderson.com
In un contesto internazionale sempre più sfidante, per ambire ad un successo duraturo, non si può prescindere da organi di governo ben strutturati, autorevoli e pro-attivi. Ne parla Cindy Martine Grasso, esperta di Governance of Organizations e Senior Compliance Manager di Cmg Group.
Èpresente in Ticino dallo scorso aprile, con servizi destinati alle imprese del nostro territorio che ambiscono ad avere successo nel lungo periodo. A queste aziende, Cindy Martine Group, ‘boutique’ di competenze in materia di governance delle organizzazioni, offre un supporto operativo e concreto.
Come? Attraverso l’implementazione e il mantenimento (nel tempo) di una cultura della governance che permetta loro di affrontare, e di superare, le sfide imposte da un mercato ormai globalizzato. La buona governance, infatti, non è solo la base da cui partire, ma anche e soprattutto un'opportunità per rimanere vincenti e sostenibili. In un contesto internazionale sempre più complesso e sfidante, per poter raggiungere un successo duraturo, alle organizzazioni si richiedono organi di governo ben strutturati, autorevoli e pro-attivi: persone giuste nelle posizioni giuste, accountability e capacità di dialogo con tutti gli stakeholder. Insomma, la buona governance - sostiene Cindy Martine Grasso, Ceo di Cindy Martine Group - è uno degli strumenti determinanti per la creazione di valore nel medio e lungo periodo.
Dai talenti manageriali ai capitali di rischio e di prestito, fino ai partner strategici: un buon governo non consente solo di attrarre risorse chiave, bensì di rafforzare l’impresa e di associare strategie di successo a performance economico-finanziarie più robuste.
Quali servizi di consulenza finalizzati ad una buona governance desiderate offrire alle imprese manifatturiere del nostro territorio?
Attraverso le nostre tre service line - Advisor, Support e Academy - affianchiamo le aziende nelle diverse fasi del loro ciclo di vita, ponendoci come punto di riferimento per la gestione del loro percorso di crescita e delle eventuali criticità. Il nostro approccio è pratico ed esecutivo. Entriamo nelle aziende e le viviamo in prima persona, al fine di sviluppare progetti su misura che consentano loro di raggiungere gli obiettivi prefissati. Le supportiamo concretamente, offrendo loro un ampio ventaglio di servizi: dall’elaborazione di una strategia a lungo termine, al miglioramento dell’organizzazione e della gestione dei processi; dal riposizionamento dell’offerta fino alla rimodulazione dei sistemi di controllo: strategico e operativo.
L’anima di Cmg è lei, con il suo importante bagaglio di competenze e di esperienze acquisite a livello internazionale…
Nasco dal mondo del giornalismo come redattrice in ambito arte e spettacolo ma, molto presto, ho imboccato la strada dell’imprenditoria. Ho fondato e diretto - per più di dieci anni - il Centro Europeo di Automazione e Robotica, sito presso la facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Brescia. Un realtà for-
mativa d’eccellenza in ambito meccatronico, riconosciuta a livello europeo. Negli ultimi anni la mia passione si è focalizzata sui temi di Grc (Governance, Risk e Compliance Management): elementi essenziali per la comprensione e la valutazione delle potenziali minacce e delle opportunità di business.
Attualmente sono Technical Member dei gruppi di lavoro Governance of Organizations di Uni (l’Ente Italiano di Normazione) e di Iso, l’Ente di riferimento internazionale; faccio inoltre parte del Board di Assocompliance, l’Associazione italiana dei Compliance Manager, e sono socio emerito di Assosinderesi per la diffusione di una cultura etica.
Nell’erogazione dei servizi di consulenza alle imprese, lei è supportata da una rete di specialisti … Sì, i nostri professionisti rappresentano un network molto ampio e assicurano quella capacità di guardare e di imparare da diverse prospettive, che rappresenta la chiave di volta per poter offrire con -
tributi di valore alle nostre aziende-clienti. Grazie alle loro competenze multidisciplinari, essi sono in grado di fornire un supporto completo nella risoluzione di qualsivoglia problematica, anche complessa, e nella ricerca della soluzione più adatta ad ogni specifica situazione.
Oltre che di Consulting Services, ci occupiamo anche di Temporary Management e di Professional Training.
Pensa dunque di mettere l’esperienza e la competenza del suo network anche a servizio di momenti di formazione all’interno delle imprese?
Certamente! Siamo convinti che sono le persone a rappresentare l’asset fondamentale della trasformazione in atto: il punto di forza e il motore del cambiamento. Pertanto siamo volentieri a disposizione delle imprese ticinesi per offrire le nostre competenze per momenti di formazione e di aggiornamento - in company - in ambito Administration, Risk & Compliance, Finance e Information Technology.
Per informazioni: cindymartinegroup.com aitiservizi.ch simona.galli@aitiservizi.ch
La Legge sull’infrastruttura finanziaria (LInFi) tutela il mercato considerando beni giuridici diversi rispetto al passato. Dov’è il confine tra protezione da una manipolazione dei corsi e normale andamento del mercato?
Per massimizzare i profitti durante accordi, acquisizioni, fusioni e quasi-fusioni tra società (M&A) è importante analizzare il valore di mercato delle società con cui si interagisce per poter attuare le migliori strategie.
Fondamentale è il valore attribuito all’azienda soprattutto nei periodi adiacenti agli accordi tra società. Questo, infatti, può venire alterato naturalmente oppure artificialmente da persone fisiche o giuridiche.
L’alterazione del valore attribuito ad un’azienda, provocata consapevolmente e con l’intento di manipolare il mercato per trarne profitto, è punibile secondo l’art. 155 cpv. 1 della LInFi (Legge sull'Infrastruttura finanziaria).
Una norma che, inizialmente racchiusa nel Codice penale svizzero (Cps), è ora contenuta nella LInFi. Questo in seguito ad una rivalutazione del bene giuridico preso in considerazione; se prima era il patrimonio il bene da proteggere, ora la norma tutela la fiducia in un mercato finanziario pulito, non falsato, ed equilibrato. Questo bene viene considerato come interesse astratto sovra-individuale, ovvero un bene giuridico collettivo.
La sanzione per la manipolazione del corso di valori mobiliari ammessi al commercio presso una sede di negoziazione in Svizzera o un sistema di negoziazione Trd (tecnologia di registro distribuito, nota in inglese come 'Distributed Ledger Technology') con sede
in Svizzera consiste in una pena detentiva sino a tre anni o una pena pecuniaria.
La manipolazione dei corsi è un caso specifico della manipolazione del mercato (art. 143 LInFi) che presuppone la conoscenza di alcuni concetti, analizzati qui di seguito. Precisamente: la sede di negoziazione, il corso ed i valori mobiliari.
Per sede di negoziazione si intende una Borsa, definita nell’art. 26 let. b LinFi, o un sistema multilaterale di negoziazione (art. 26 let. c LInFi) in Svizzera.
La sede di negoziazione può essere un sistema Trd ovvero un’infrastruttura tecnologica che permette l’accesso, la validazione ed il registro di cambiamenti indistintamente di un determinato network rispetto ai diversi utenti o geolocalizzazioni. Questo sistema decentralizzato, noto come tecnologia blockchain deve però avere sede in Svizzera.
In queste tipologie di sedi di negoziazioni l’elemento comune è lo scambio di valori mobiliari. Ovvero titoli stan-
dardizzati adatti alla negoziazione su vasta scala, come cartevalori, derivati e titoli contabili (art. 2 let. b LInFi). Recentemente si sono aggiunti anche i valori mobiliari Trd (art. 2 let. bbis LInFi) che sono il corrispettivo nel sistema di negoziazione Trd come ad esempio le criptovalute.
Il corso, comunemente noto come valore di mercato, è il prezzo dei titoli di borsa determinato dalla domanda e l’offerta del mercato, le quali possono tuttavia essere alterate artificialmente da terzi che slealmente ne traggono vantaggio per sé o altri.
L’azione sleale può essere svolta principalmente in due varianti. Per prima, diffondendo informazioni false o fuorvianti (let. a), questo significa una diffusione di informazioni in malafede che possa influenzare il valore di mercato dei titoli di un'azienda, ad esempio vociferando che un’azienda stia andando a gonfie vele quando in realtà è il contrario.
La seconda consiste nel compimento di transazioni fittizie di valori mobiliari con lo scopo di influenzarne il valore in Borsa (let. b). Le transazioni fittizie più ricorrenti sono i cosìddetti Wash Sales, Matched Orders e Circular Trades.
I Circular Trades, ad esempio, sono acquisti e vendite pianficati della stessa quantità, allo stesso tempo e dallo stesso proprietario, di un determinato valore mobiliare. Queste portano ad un aumento
del volume di scambio che essendo direttamente legato al valore ne provoca l’aumento del prezzo.
Questo fenomeno della manipolazione del mercato viene comunemente associato alla tecnica del 'Pump and dump' (letteralmente, 'Pompa e scarica'), la quale consiste appunto nel gonfiare artificialmente il valore di azioni, valute digitali o altro acquistato a basso prezzo per poi rivenderlo ad uno più alto. La realtà dei fatti però è molto più complessa di quanto si possa teorizzare e le analisi di mercato non sempre portano ad un risultato chiaro; si tratta di una fattispecie di reato elusiva e sfuggente, assolutamente unica e complessa in ogni sua apparizione. Per questo non è mai semplice definire con certezza quando si tratta di una vera e propria manipolazione del valore di un titolo o invece è semplicemente l’andamento del mercato che ne altera il valore.
Per informazioni: www.giovanigiuristi.ch
ÈSimon V. Jenny il nuovo Direttore Operativo delle Aziende Sud dell’esclusivo gruppo alberghiero e agricolo svizzero The Living Circle. La sua area di responsabilità comprende il resort cinque stelle superiore Castello del Sole di Ascona, l’azienda agricola e vitivinicola Terreni alla Maggia ed il Rustico del Sole. La fusione come One Resort amplierà e rafforzerà la gestione della Terreni alla Maggia.
Guendalina Rampazzi è stata promossa Direttrice Commerciale dei Terreni alla Maggia.
L’attuale Direttore di Terreni alla Maggia, Fabio Del Pietro, è nominato Direttore Agricol-
tura e Enologia. Sotto la sua guida, Terreni alla Maggia si è trasformata in un produttore di vini e specialità agricole di alto livello. Del Pietro, laureato in ingegneria agraria presso il Politecnico federale di Zurigo, potrà concentrarsi maggiormente sull’ulteriore sviluppo e innovazione dei prodotti agricoli e dei vini e sulla strada scelta per una produzione naturale e sostenibile. Con la riorganizzazione è stato posto un tassello importante per il futuro di Terreni alla Maggia come azienda vitivinicola con specialità agricole.
Per informazioni: www.thelivingcircle.ch
Aziende
Il cuore dello shopping di Lugano, la cui Associazione quest’anno compie 50 anni, si rinnova abbracciando il concetto di ‘Swiss Luxury District’.
Partners conferma che la Città è tra i luoghi, al mondo, dove quest’anno è aumentata maggiormente la presenza di ‘super ricchi’.
l 16esimo Grand Prix del vino svizzero ha assegnato il primo premio, lo scorso 11 novembre a Berna, alla Vinattieri Ticino di Ligornetto, nella categoria Merlot. Il suo ‘Ligornetto’ (vitigno 100% merlot), si presenta con un forte carattere fruttato e minerale e abbastanza tannico in gioventù. È prodotto in sedicimila bottiglie.
Per informazioni: www.vinattieri.ch
Pilastri del cambiamento sono un nuovo Comitato, la rivoluzione economica trainata dalle criptovalute e moderne strategie di marketing, digitali e offline, d’impatto e in linea con il mondo del lusso. Lusso che è da sempre un asset strategico per Lugano, luogo d’elezione per i molti che nel tempo vi hanno trovato le condizioni ideali per la propria vita professionale e personale. Numerose le personalità di spicco internazionali che, dal XIX secolo in avanti, hanno fatto di Lugano un punto di riferimento a livello europeo. Tanto che nel 2015 la Divisione della cultura e degli studi universitari (Dcsu) ha avviato un censimento che oggi può contare su un corpus di oltre oltre cinquecento profili biografici di altissimo livello, suddivisi in persone provenienti dall’estero e da oltre Gottardo, che hanno scelto Lugano e il Ticino come luogo privilegiato di residenza.
Inoltre, un recente studio pubblicato dalla Henley &
Sul podio New York, San Francisco e Londra, e a livello svizzero Ginevra, nona, e Zurigo tredicesima. Dal canto suo, Lugano nei primi sei mesi del 2022 ha visto aumentare dell’8% i residenti miliardari. I motivi sono diversi e, tra essi, anche l’immagine legata al lusso che da decenni Lugano, grazie soprattutto alla Via Nassa, ha ispirato a livello svizzero e internazionale. Tra collaborazioni storiche e nuove alleanze del Comitato con partner privati e istituzionali, si lavora a iniziative che mettono in luce l’enogastronomia stellata e l’immobiliare, mentre proseguirà, ancora più concreta e coesa, la collaborazione con Lugano Region, con Ticino Turismo, con la Divisione Eventi e Congressi della Città di Lugano, con il Lac e, a livello di eventi, con gli organizzatori della Lions in Classic, del Concorso d’Eleganza Città di Lugano, di Autonassa, di Nassa Boat Show, degli Swiss Harley Days e, più in generale, con tutti coloro che organizzano manifestazioni in grado di attrarre e coinvolgere il pubblico della Via Nassa.
Per informazioni: www.vianassalugano.ch
Sotto forma di un romanzo storico, che offre una visione della mentalità dominante nell’Inghilterra del Quattrocento, al lettore sono dati spunti di riflessione profondamente legati a tematiche rilevanti anche nel periodo storico attuale.
Immergendosi nelle ambientazioni gotiche medievali, il lettore è confrontato infatti con tematiche quali il pregiudizio nei confronti di ciò che è nuovo e sconosciuto; il pregiudizio nei confronti della donna; e, infine, la capacità dell’essere umano di generare benessere tramite la conoscenza della Terra, della natura umana e dei piani energetici che vanno oltre la dimensione tangibile dai sensi.
Luce nella Pietra (De Ferarri
Editore, 2022) nasce da un’idea con la quale Dominique Hort (chiropratico, kinesiologo e studioso di bionomica energetica ambientale) ha espresso alcuni degli elementi fondanti delle pratiche curative in ambito di bionomica energetica attraverso la forma del romanzo, con il contributo di Gerardo Bramati (esperto di comunicazione e marketing), già autore di un romanzo ambientato nello Yorkshire medievale.
Dominique Hort ha pubblicato in passato differenti libri di crescita personale, insieme al co-autore Tiberio Faraci.
Gerardo Bramati ha pubblicato il romanzo Il Giardino dei Semplici per Watson Edizioni (Roma) nel 2018. ‘Luce nella Pietra’ rappresenta il primo incontro tra questi due mondi. Destinato principalmente agli amanti del genere del romanzo storico medievale, può essere apprezzato dagli amanti di romanzi di formazione, così come da chi è interessato dalla saggistica di crescita personale.
Per informazioni: www.deferrarieditore.it www.carpediemvitae.com
Èdiventato una tradizione attesissima dell’Orchestra della Svizzera italiana per festeggiare l’arrivo dell’anno nuovo. Il Concerto di San Silvestro al Lac, che si terrà sabato 31 dicembre 2022 alle ore 18.00, avrà come protagonista d’eccezione la leggendaria pianista Martha Argerich, concertista fra le più grandi del nostro tempo, già star dei Concerti di San Silvestro al Lac nel 2018 e nel 2020. Martha Argerich ha un rapporto privilegiato con l’Orchestra della Svizzera italiana e la città di Lugano, dove è stata per quindici anni protagonista del festival Progetto Martha Argerich (2002-2017) e dove torna volentieri a suonare appena le è possibile.
Il programma scelto per la serata di San Silvestro prevede, sotto la direzione di Charles Dutoit, il Terzo concerto per pianoforte e orchestra di Prokof’ev, insieme alle celebri Danze di Galánta di Zoltán Kodály. A introdurre il con-
certo, la poetica Petite Suite di Claude Debussy. Quest’anno, per la prima volta, esiste la possibilità di trascorrere il Cenone di fine anno al Lac, dopo il concerto.
Per informazioni:
www.osi.swiss
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Immergetevi nell’affascinante mondo interiore della tormalina paraiba e scoprite le spettacolari strutture che hanno ispirato a Gübelin Jewellery la creazione dell’anello da cocktail «Grace of the Sea Anemone». Le gemme di colore creano bagliori sfavillanti, diffondendo intorno a sé gioia e leggerezza.
Gübelin – un’azienda di famiglia svizzera dal 1854
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