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Il gusto di camminare Sul cammino della pace. Muovendo passi e pensieri attraverso Elena Simonini Abruzzo, Molise e Puglia
Il “PIG-nic” di Antica Corte Pallavicina (photo © Infraordinario).
di ninfee, il “cestino” per il picnic è preparato dallo chef PETER GIRTLER e dalla sua brigata di cucina. Le proposte tra cui scegliere sono due: il picnic “Stafl er”, che include insalata di melone con prosciutto crudo, involtini di salmone, insalata di pasta e verdure, insalata di pollo con salsa tonnata, insalata con salsiccia, chicken wings con salsa al peperoncino, vari pani con formaggio cremoso alle erbe, spiedini di frutta, frullato di stagione, acqua fresca e un dolce, proposto a 35 euro a persona, oppure il picnic “Stafl er De Luxe”, che comprende pomodorini con mozzarella, insalata di gamberi e cetrioli, salmone affumicato con crema di rafano, tartare di manzo con Schüttelbrot, vitello tonnato, vari pani con ricotta alle erbe, selezione di formaggi locali, frutti di bosco, pasticcini, frullato di stagione, acqua e un dolce a 45 euro per persona. Su richiesta vengono preparati anche piatti speciali e per bambini.
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>> Link: www.stafl er.com
UN CONTESTO SUGGESTIVO IN CUI IMBANDIRE LA TOVAGLIA DA PICNIC? SOTTO GLI ULIVI DI UN BAGLIO SICILIANO, SUL MORBIDO TAPPETO D’ERBA DI UNA VILLA VENETA DEL XVII SECOLO O NEL PARCO DI UN HOTEL PER BUONGUSTAI CON VISTA SULLE VETTE ALTOATESINE E CESTINO DELLO CHEF
Il cestino dove vuoi
La famiglia Spigaroli, famosa nel mondo per il suo Culatello, è da sempre votata alla propria terra, a cui continua a ispirarsi sia per i piatti dei ristoranti di famiglia — lo stellato Antica Corte Pallavicina, Al Cavallino Bianco e Hosteria del Maiale, tutti a Polesine Parmense (PR), sulle rive del Po — sia per il rito primaverile del picnic. Sullo shop on-line, in occasione della Pasqua, era possibile acquistare e ricevere direttamente a casa propria un cestino in vimini contenente le eccellenze della Bassa parmense, ovvero una vaschetta di Culatello di Zibello affettato, un salame Spigarolino, due pezzi di Parmigiano Reggiano (Vacche Rosse e Pianura), una bottiglia di Tamburen rosato, una Colomba, un vasetto di confettura extra di ciliegie, praline di cioccolato al latte e una tovaglia con logo Antica Corte Pallavicina. Costo: 80 euro.
>> Link: www.salumianticacortepallavicina.it

SUL CAMMINO DELLA PACE. MUOVENDO PASSI E PENSIERI ATTRAVERSO ABRUZZO, MOLISE E PUGLIA


di Elena Simonini








Sin dal principio, in questa rubrica, ho parlato della meravigliosa semplicità e della naturalezza del camminare, della bellezza di ascoltare il rumore dei propri passi che si muovono nel mondo, e dell’importanza, anche simbolica, di poter raggiungere luoghi distanti e impervi sulla sola forza delle proprie gambe. Ma ancora non c’è stata occasione di rappresentare quanto camminare sia anche una sorta di particolare attività intellettuale, o comunque un’attività che favorisce il dipanarsi dei pensieri, i quali, infatti, proprio camminando, sembra possano semplicemente infi larsi ordinatamente, uno dopo l’altro, in una qualche specifi ca direzione, proprio come fanno i passi che, uno dopo l’altro anch’essi, scandiscono lo spazio dinanzi a noi. Nondimeno, e non a caso, molti illustri pensatori sono stati anche infaticabili camminatori: Rousseau, Kant, Nietzsche, Kierkegaard e Wittgenstein, per citarne alcuni. Senza dimenticare gli antichi e, soprattutto, Aristotele, il quale, dando avvio alla scuola peripatetica, iniziò a svolgere le sue lezioni fi losofi che passeggiando insieme agli allievi nel Perípatos (in greco antico passeggiata), che era una specifi ca parte del giardino del Liceo di Atene, deputata proprio al conversare camminando.
Allora se i tempi, come questi che viviamo, sono diffi cilissimi, se le questioni da affrontare sono intricate, malamente annodate nonché insormontabili, se il pensiero si blocca continuamente e si arrovella su se stesso nell’angoscia del futuro imminente e prossimo, ecco, in questa situazione, a me viene in mente, ancora una volta, solo di infi lare le consunte ma fedeli scarpe da trekking e di mettersi semplicemente, naturalmente e instancabilmente a camminare, e camminare, e camminare.
Come forse, magari, dovremmo fare tutti, nella speranza di mettere in fi la, contemporaneamente ai passi, anche i pensieri affi nché possano di nuovo radicarsi a terra, nel mondo, nel meraviglioso mondo che abitiamo e che abbiamo la ineguagliabile fortuna di poter percorrere, se semplicemente lo vogliamo, con la sola forza delle nostre gambe.
In un contesto così faticoso come quello che ho provato a tratteggiare,
Mangiarsi la Majella: un concentrato di biodiversità anche a tavola
Concentrato di spiritualità, luogo di eremi, conventi e abbazie, ma anche e soprattutto area di incredibile bellezza naturalistica, entrato a far parte della lista dei geoparchi UNESCO, il Parco Nazionale della Majella è un unicum sul territorio abruzzese. Il Parco, nei suoi 75 000 ettari, ospita il secondo massiccio più alto del gruppo montuoso — la “Maiella Madre” — 6 aree faunistiche dedicate alle specie di maggiore importanza e 2 giardini botanici, a Sant’Eufemia a Maiella e Lama dei Peligni. Nel suo territorio, che si estende su 39 comuni, trovano sede oltre 2300 specie fl oristiche e il 45% dei mammiferi italiani. Un concentrato di biodiversità che si esprime anche a tavola, nei prodotti che nascono dentro il Parco Nazionale della Majella e nelle zone limitrofe. Aglio rosso di Sulmona, Broccolo riccio, Salsicciotto Frentano e Ventricina del Vastese e miele… Produrre miele alle pendici della Majella è un’arte. Occorre conoscere alla perfezione le essenze e seguire il ritmo delle stagioni. Da questi loghi vengono alcuni tra i migliori mieli d’Italia, come quelli prodotti dall’Apicoltura Bianco di Guardiagrele (CH). L’azienda conduce il nomadismo apistico, seguendo l’andamento stagionale e territoriale delle fi oriture. «Quando in quelle località stanno per sbocciare i fi ori, portiamo le nostre api in villeggiatura» racconta Alfonso Bianco (in foto). «Questa moderna transumanza viene effettuata di notte quando le api sono negli alveari. Carichiamo l’apiario sul camion dopo il tramonto, lo spostiamo di notte e il mattino seguente le api sono già libere e operative. Le bottinatrici escono dalle loro casette e trovano un ambiente nuovo, dove si orientano in fretta e trovano nuova fi oritura. È grazie a questa alleanza con l’apicoltore che le api possono produrre più miele di quanto occorre loro per superare l’inverno e lasciare l’eccedenza all’uomo». Un motivo di riuscita per l’azienda è il progetto di monitoraggio dei mieli e dei pollini all’interno del Parco Nazionale della Majella, realizzato dall’Ente Parco nel 2010-2011. L’obiettivo è quello di avere risonanza nella marcatura del territorio, attraverso lo studio del carico mellifi co esistente, in grado di valorizzare maggiormente i mieli di Millefi ori di montagna e Lupinella, recuperando l’antica foraggera leguminosa ed incentivando il rinnovo dei prati da sfalcio. Nel marzo 2016 la rivista Gambero Rosso ha inserito il Millefi ori dell’Apicoltura Bianco tra i 14 migliori d’Italia: “Raccolto nel Parco Nazionale della Majella, in un areale di bottinaggio tra i 700 e i 1400 metri d’altezza, ricco di prati stabili, bosco e pascolo arido. Commercializzato nel circuito Eataly, è un miele che si avvicina molto a un unifl orale di agrumi. È chiaro, giallo pallido, cristallizzato ma morbido, con cristalli medio-grandi scioglievoli e tutt’altro che ruvidi. Le note al naso e al palato sono quelle tipiche e centrate della zagara e dei fi ori bianchi, fresche, inebrianti e pervasive, accompagnate da ricordi di frutta estiva e da una dolcezza importante, stemperata da una lieve vena sapida. Molto buono, esuberante, piacevole e persistente, e che non stanca il palato” (fonti: www.gamberorosso.it, www.apicolturabianco.it).

quindi, non posso che pensare di suggerirvi di partire per un percorso impegnativo, importante, e, in questo momento storico, anche fortemente simbolico, per via delle diverse realtà territoriali e delle culture locali che vi si incontrano che, grazie ad un solo e unico itinerario, è comunque possibile coniugare e unire fattivamente.
Vi propongo dunque di andare a muovere passi e pensieri sul Cammino della pace, un lungo sentiero, attraverso Abruzzo, Molise e Puglia, dal nome così altamente evocativo che pare subito necessario avviarsi.
Si tratta di un tragitto di recente costituzione, e ancora in fase di sviluppo e di defi nizione, ma con la grande vocazione di candidarsi a “primo cammino interculturale e interreligioso”, il quale si sviluppa su 3 regioni, 29 comuni, per oltre 500 km totali da percorrere in 29 o più tappe.
Si parte dal meraviglioso scrigno della Basilica di Collemaggio, poco fuori dalle cinta murarie de L’Aquila, città bellissima (e allo stesso tempo dolorosissima, a causa delle tuttora visibili ferite inferte dal terremoto del 2009), e si procede nell’entroterra, attraversando lo stupefacente Parco Nazionale della Majella, che costituisce una vera e propria immensa oasi naturale, con diverse specie vegetali, rare specie di animali, alte vette, altipiani tondeggianti e indimenticabili panorami mozzafi ato.
Si giunge poi, piano piano, passo dopo passo, verso un mare sempre luccicante, affacciandosi così alla meravigliosa e romantica Costa dei trabocchi. Si continua quindi, in direzione Sud, calpestando gli incantevoli tratturi, antichissime vie d’erba battuta, caratteristiche della zona tra l’Abruzzo, Molise e Puglia, lungo le quali, sin dall’epoca pre-romana e fi no ad un paio di secoli fa, i pastori spostavano stagionalmente le proprie greggi.
Infatti, la transumanza del bestiame, principale risorsa del meridione contadino, seguiva tradizionalmente percorsi netti e rigorosi: in estate ci si trasferiva dalle aride zone del Tavoliere delle Puglie ai freschi pascoli montani dell’Abruzzo, mentre in autunno si percorreva il cammino inverso.
E così voi, sulla traiettoria di questi lunghi e sconfi nati tratturi, proseguirete verso Sud-Est, scorgendo in lontananza

il profi lo di antiche abbazie, di eremi, di borghi disabitati e di luoghi sconfi nati in cui regna assoluto solo il silenzio, trovandovi ad un certo punto, quasi improvvisamente, sul promontorio del Gargano, il quale vi accoglierà come in un immenso abbraccio luminoso e appoggiato sul mare.
Ed è proprio seguendo il luccichio del mare, che mai tradisce i viandanti che lo scorgono all’orizzonte, che arriverete alla fi ne di questo lungo e impegnativo Cammino della pace che si conclude a Monte Sant’Angelo, e precisamente in un luogo simbolico quale la chiesa di San Michele Arcangelo, primitivo tempio pagano, successivamente assunto a santuario cristiano e unanimemente considerato il primo di tutta la cristianità, meta di pellegrini a partire almeno dal VI secolo, e oggi anche patrimonio UNESCO.
A conclusione, occorre ribadire che non sarà un cammino facile. La strada è lunga, i sentieri sono spesso anche impervi e non sempre riconoscibili, e inoltre il grado di diffi coltà a tratti è anche alto. Tuttavia, si può fare, anzi, si può e si deve fare. E comunque, come sempre, come su tutti gli itinerari, si comincia solo con il primo passo, e con il coraggio e la voglia di camminare.
E poi, infi ne, mi viene da dire che è proprio avviandoci sul Cammino della pace che dovremmo avere sempre presente, come faceva Aristotele, che i passi e i pensieri si muovono meglio se si muovono assieme.
Elena Simonini
La Basilica Santuario di San Michele Arcangelo si trova a Monte Sant’Angelo, sul Gargano, in provincia di Foggia. Il Santuario viene comunemente indicato come “Celeste Basilica”, in quanto non consacrato dagli uomini ma dallo stesso Arcangelo Michele.