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L’attuale approccio regolamentare non privilegia in modo coerente le sostanze più pericolose, pertanto non si riscontra nemmeno una logica nell’adozione di un approccio più precauzionale per disciplinare determinati gruppi di sostanze, rispetto ad altre meno nocive. Non bastasse, poiché lo scambio di informazioni sulla sicurezza e la conformità nella catena di approvvigionamento è scarso, anche la capacità di garantire conformità è messa a rischio. Ma più di ogni altra ragione, una riforma è opportuna se si considera che l’applicazione delle norme sui MOCA è mediamente scarsa, poiché gli Stati Membri hanno serie difficoltà nel farle applicare. Ci sono pertanto grandi differenze di approccio tra imprese,
IL PESCE, 2/21
che però operano tutte nello stesso mercato. Si denuncia da più parti la mancanza di regole chiare per le materie non plastiche e una gravosità eccessiva per quelle specifiche, considerate troppo tecniche ed oltremodo gravose per la maggior parte degli Stati Membri, che attualmente non dispone né di risorse né di competenze sufficienti per applicarle, con conseguenze sul piano pratico
operativo ma poi a cascata anche in sede giudiziaria, nei casi in cui si generino contenziosi. L’attuale normativa non tiene conto delle specificità delle PMI, né in termini di organizzazione e struttura interna né di dimensioni, delegando talvolta all’imprenditore un compito fuori dalla sua portata. Mentre gli operatori più dimensionati dispongono infatti di competenze
Le migliori intenzioni ambientaliste dell’UE si infrangono di fronte all’operatività pratica. Sarebbe opportuna l’introduzione di un sistema normativo omogeneo a tutti i livelli, che garantisca sicurezza alimentare e salute pubblica, e dia certezze a chi le norme le deve applicare
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