La Terapia Reichiana. Nuove ricerche e applicazioni

Page 1


Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


Punti di Vista

Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


Fabio Nardelli

La Terapia Reichiana Nuove ricerche e applicazioni

Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


Prima Edizione: 2017 ISBN 9788898037988 © 2017 Edizioni Psiconline - Francavilla al Mare Psiconline® Srl 66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/A Tel. 085 817699 Sito web: www.edizioni-psiconline.it e-mail: redazione@edizioni-psiconline.it Psiconline - psicologia e psicologi in rete sito web: www.psiconline.it email: redazione@psiconline.it I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi. Finito di stampare nel mese di febbraio 2017 in Italia da Universal Book srl - Rende (CS) per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psiconline® Srl)

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


INDICE

Prefazione Capitolo I - Breve storia della psichiatria La nascita del Sistema Manicomiale Il trattamento morale La psichiatria positivista La Psicoanalisi Dopo Freud Il Corpo in psichiatria Gli psichiatri all’opposizione: la psichiatria sociale L’antipsichiatria in Italia: l’esperienza di Franco Basaglia Il pensiero di Basaglia Influenza del pensiero esistenziale Influenza del pensiero di Minkowski Influenza del pensiero di Merleau-Ponty e J.P. Sartre Bibliografia essenziale per la storia della psichiatria

9 11 12 14 14 18 20 23 27 29 32 35 36 38 40

5

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


PUNTI DI VISTA

Capitolo II - Lo stato dell’arte: proposta di un modello di psicopatologia funzionale reichiana La clinica e i disturbi psicopatologici I tre cervelli di MacLean Il concetto energetico e il principio funzionale comune di Reich Il carattere e le sue variabili Livelli Reichiani e caratterialità Variabili determinanti la formazione del carattere L’uso di frequenze sonore (e luminose) coerenti e livelli Reichiani corrispondenti Bibliografia essenziale per il secondo capitolo

41 44 45 46 49 52 53 58 60

Capitolo III - Wilhelm Reich periodo europeo

61

Capitolo IV - Wilhelm Reich periodo americano Bibliografia essenziale di Wilhelm Reich

71 81

Capitolo V - Note dell’autore su Wilhelm Reich

83

Capitolo VI - Federico Navarro La Somatopsicodinamica. Un nuovo sguardo sulla patologia Il sistema neurovegetativo Le emozioni e i sintomi I blocchi e i livelli Le malattie Bibliografia essenziale di Federico Navarro

87

Capitolo VII - Campo energetico, biologico, quantistico, morfogenetico e motorio 6

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata

89 90 91 91 92 99 101


LA TERAPIA REICHIANA

Breve introduzione al concetto di bioenergia Il campo energetico vitale La coerenza Campo morfogenetico, motorio e causalità formativa En, germe morfogenetico e germe cristallino Bibliografia di Sergio Scialanca

101 105 109 110 112 115

Capitolo VIII - L’uso di frequenze sonore coerenti e livelli reichiani corrispondenti La Luce Blu Ipotesi funzionale La somministrazione di luce blu Il Suono Costruzione dei file sonori Specifiche e ipotesi costruttive dei file sonori Differenze con la blue sound Considerazioni particolari Considerazioni finali

117 117 119 120 122 127 130 130 131 132

Capitolo IX - Nuove considerazioni finali

135

Appendice - Il paziente psicotico Due casi clinici

141 143

7

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


PREFAZIONE

“...Quelli che, come Reich, vanno così lontano... nel principio di cercare oltre la parola... l’ineffabile espressione organica...” J. Lacan, Scritti

Mentre le attuali correnti Psicoanalitiche e Psicoterapeutiche tendono a spostarsi sempre più su versanti deerotizzati, “mentali”, e si allontanano dai principi economici, positivistici ed energetici che furono di Freud in ottemperanza alle correnti culturali e filosofiche dell’epoca, esistono per contro posizioni post-reichiane che si allontanano sempre di più dal Reich psicobiologico, vegetoterapeuta ed Orgonomista, perdendo, secondo chi scrive, la peculiarità tipica, dirompente ed innovativa che Reich ci ha lasciato in eredità: cioè il superamento della dicotomia corpo-mente, il problema che da due millenni affligge la cultura medica e filosofica occidentale. Questo scritto, così come tutto il lavoro e le pubblicazioni lasciateci da Federico Navarro (il più grande studioso e teorico reichiano) e dell’ultima scuola da lui fondata e riconosciuta l’IFeN, prosegue invece nella direzione indicata dal “cattivo maestro...” Il tentativo di superare il dualismo mente-corpo tramite il concetto di energia biologica, ormai in accordo con i più recenti studi nei campi della biofisica quantistica, della medicina olisti9

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


PUNTI DI VISTA

ca, della medicina orientale e MTC, che da sempre hanno questa concezione del vivente su basi energetiche. Che poi si debba per forza dare un nome a questa bioenergia, che sia Libido, Orgone, Soffio vitale, Ch’i o Prana poco importa. Il vero problema secondo me, è che pensare in termini energetici ed olistici rende estremamente complesso l’oggetto di studio per noi occidentali di discendenza e formazione cartesiana... chissà, forse perché “pensare e lavorare” in termini psicobioenergetici ci obbliga anche a “Sentire” le emozioni del paziente ma anche le nostre, penso (e sento) che questo dovrebbe essere ormai un dato di fatto imprescindibile per chi si voglia occupare di emozioni a scopo terapeutico. Il libro è diviso sostanzialmente in due parti: la prima, che va dal primo capitolo fino al sesto, è propedeutica alla seconda parte sviluppata negli ultimi tre capitoli. Questo per dare la possibilità a chi non sia un “addetto ai lavori” cioè un laureato in psicologia o psichiatria, di poter avere le conoscenze storiche minime essenziali per comprendere meglio gli argomenti trattati negli ultimi tre capitoli. Come diceva Reich: “L’amore, il lavoro e la conoscenza sono le fonti della nostra vita. Dovrebbero anche governarla...” Questo umile scritto lo dedico ai miei colleghi e amici dell’IFeN, che negli ultimi anni mi hanno ridato la gioia e la convinzione necessari per continuare ad esercitare il non facile lavoro di psico-terapeuta, anche se il termine “psico” ormai lo trovo francamente un po’ stretto.

10

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


CAPITOLO I

BREVE STORIA DELLA PSICHIATRIA

Per comprendere che cosa è la psichiatria (o psicopatologia, cioè la psicologia patologica) è necessario ripercorrere la sua storia nell’età moderna. La psichiatria ha sempre avuto una doppia faccia. Per certi aspetti appare come un ramo della medicina (per cui alcune persone volenterose credono di concludere oggi come allora che le malattie mentali vanno curate in quanto malattie come tutte le altre): per altri appare come uno strumento di repressione e di controllo di comportamenti “devianti”, indipendentemente da qualsiasi finalità medica o terapeutica. Questa ambiguità esiste sotto forme diverse fin dai tempi più antichi, e può essere rintracciata in tutte le culture. Le culture pre-industriali sono caratterizzate dalla presenza di interpretazioni magico-religiose della follia (possessione) e dalla presenza di atteggiamenti di tolleranza per le persone svantaggiate ed improduttive. Inoltre ritroviamo in queste culture dei sistemi rituali di recupero di certi soggetti considerati devianti. Anche nelle culture pre-industriali però, la interpretazione magico-religiosa della follia ha coesistito con una sua interpretazione “medica” e ambedue le interpretazioni si sono variamente prestate a trattamenti basati sia sull’aiuto della persona, sia sulla difesa della società. 11

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


PUNTI DI VISTA

Ovunque a certi individui è stata attribuita l’etichetta di malati dello spirito o dell’anima, o anche malati nella testa. La teoria psichiatrica moderna è nata quando è entrata in crisi l’interpretazione magico-religiosa della follia, e quando si è cominciato a voler usare criteri sistematici per distinguere tra i vari comportamenti devianti, quelli di competenza della religione, della repressione giudiziaria e quelli di competenza medico-psichiatrica.

La nascita del Sistema Manicomiale Il problema principale non era mai stato di tipo curativo. Già nel ‘600 e nel ‘700 lo stato fu confrontato con la necessità di gestire alcune categorie di persone malamente distinguibili fra loro che, pur non essendo classificabili come delinquenti, minacciavano la tranquillità sociale e la stabilità dell’ordine costituito. Il compito fin dall’inizio fu duplice: da un lato si trattava di fornire a queste persone “anormali” alcune forme di assistenza caritativa individuale (e secondariamente di cura) da un altro lato si trattava di tutelare lo stato con un sistema di controllo coercitivo e di repressione. L’assistenza fu concepita come concentramento e reclusione in luoghi separati di persone, non in grado di vivere senza minacciare l’assetto e la tranquillità sociale. L’assistenza psichiatrica fu quindi inscindibilmente legata alla repressione. Fin dall’inizio quella disciplina che oggi chiamiamo psichiatria ricevette una definizione manicomiale, cioè un mandato sociale che non aveva nulla a che fare con la scienza. Gli ospedali psichiatrici accoglievano certe persone il cui destino era definito dalla ragione di stato: si arrangiassero poi i medici a capire qual era il loro compito e di quale natura doveva essere la loro attività “scientifica”. Lo sviluppo della rivoluzione industriare, fra la fine del ‘700 12

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


LA TERAPIA REICHIANA

e nella prima metà dell’800, provocò la formazione di nuovi strati di marginalizzati e introdusse nuove necessità nella gestione della devianza. Il forte sviluppo del sistema manicomiale obbedì ad esigenze politico-sociali, ma corrispose anche ad un compito quanto mai arduo: quello di separare secondo l’umanità la ragione e il diritto, il colpevole dal malato. Fino a che punto questi “devianti” andassero considerati malati di mente non era chiaro a nessuno (e forse neanche è cosi chiaro adesso...). La distinzione fra colpa e malattia rimase largamente incompleta fino alla Rivoluzione Francese, epoca in cui fu introdotto il principio psicologico, ma anche morale di una responsabilità del folle. Con l’Illuminismo e l’inizio dell’800 il disturbo mentale fu considerato malattia ed alterazione della capacità morale, perversione della volontà. La cura divenne più complessa. Essa si trasformò in una mescolanza inestricabile di trattamenti “medici” tradizionali (purghe, salassi, digiuni, bagni caldi o gelati ecc.) e di trattamenti educativi e rieducativi. Questa concezione di derivazione illuministica fu dominante per tutta la prima metà del diciannovesimo secolo. Si deve osservare che i criteri allora in auge nell’educazione dell’infanzia nelle famiglie e nei collegi, cosi come la rieducazione dei delinquenti comuni, facevano affidamento su una idea ben precisa di “disciplina della mente”. Sia i giovani da educare, sia i carcerati, sia i malati di mente, venivano sottoposti a forme di tirocinio repressivo con lo scopo di modellare lo spirito, in funzione di una sottomissione all’autorità. Gli orari dettagliati, i regolamenti durissimi, la regola del silenzio, l’isolamento, il lavoro (concepito spesso come lavoro fine a se stesso, quindi inutile, come scavare buche per poi ricoprirle), le punizioni corporali, tutto ciò non era che la base “normale” di qualsiasi tipo di educazione all’inizio dell’800. 13

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


PUNTI DI VISTA

In certe istituzioni del resto questi principi e metodi non sono scomparsi neppure oggi. La pedagogia dei folli si caricava poi di un rigore particolare, cioè forme di terrorismo e disciplina (come ad esempio i quasi annegamenti in apposite vasche, la minaccia dei ferri roventi ecc.) che venivano perseguite intenzionalmente per sottomettere la volontà del malato e di spezzare alla radice la perversione della sua mente. Ridurre la mente ad una “tabula rasa”, ad un foglio bianco su cui riscrivere nuove cose e sani principi.

Il trattamento morale Nell’ambito di questi orientamenti si affacciarono man mano tentativi meno repressivi, più umanitari e “liberali”. Secondo nuove idee si trattava in sostanza di fare assorbire piu fiduciosamente ai malati di mente una personale autodisciplina e autorepressione: anche a loro si poteva insegnare la comprensione delle regole democratiche, l’assimilazione disciplinata della tolleranza reciproca, lo sviluppo della civile bontà senza passare attraverso il terrore, l’umiliazione e la violenza. Fu questo lo sviluppo da Vincenzo Chiarugi e da Pinel in poi, del “Trattamento Morale” della follia. Esso nasceva in polemica contro la psichiatria più distruttiva e oppressiva, ma sulla base di principi non sostanzialmente differenti. Verso la metà del’800 il trattamento morale nei manicomi, con il sistema delle porte aperte e della non contenzione aveva raggiunto considerevoli vittorie rispetto ai rigori psichiatrici più tradizionali.

La psichiatria positivista Nella seconda metà dell’800 prevalse soprattutto il tentativo 14

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


LA TERAPIA REICHIANA

dei medici di ricondurre il problema della follia ad un concetto naturalistico di processo morboso, cioè di malattia. Ciò avvenne attraverso la progressiva faticosa distinzione tra decorsi clinici diversi, e quindi tra entità patologiche dotate ciascuna di una prognosi adeguata e suscettibili di future cure appropriate. Si cominciava a distinguere con un po’ più di chiarezza la follia e l’insufficienza mentale, la melanconia ed il delirio; Con Morel e poi con Kraepelin una serie di casi psichiatrici venivano raggruppati sotto il concetto di “Demenza precoce”, ciò che oggi chiamiamo schizofrenia. L’ideologia ottocentesca della scienza, lo sviluppo del metodo anatomo-clinico e i grandi successi della medicina contribuirono allo sviluppo dell’ideologia medica positivista in psichiatria. Questa non fornì però un vero fattore di comprensione del disturbo mentale, né un elemento di liberazione nei confronti dell’oppressione manicomiale. Fino a quel momento i principi del trattamento morale avevano lasciata aperta la porta ad una concezione della malattia come stravaganza e deviazione morale della volontà, quindi come evento da reprimere: questi principi avevano però mantenuto vivo il concetto di una crisi ancora umana, e quindi avevano favorito l’idea di un itinerario psicologico rieducabile attraverso la dignità, il lavoro, il rapporto interpersonale. Il nuovo modello medico-positivista non lasciava spazi; così come una malattia infettiva produceva macchie rosse sulla pelle, la malattia mentale produceva i sintomi psichiatrici. Il malato di mente non era più una persona che si comportava in modo abnorme, ma solo un organismo che funzionava male, secernendo movimenti scoordinati, posture isolate, frammenti di frasi, allucinazioni e deliri privi di significato. Il comportamento del malato psichiatrico ridiventava incomprensibile. La psichiatria nel momento in cui raggruppava i sintomi ed i 15

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


PUNTI DI VISTA

decorsi clinici li cristallizzava al loro interno, uccidendone l’immagine e qualsiasi aspetto di dramma umano ed ogni residuo di problemi storici. Il determinismo della filosofia positivista seguiva una sua logica ferrea e la malattia le si doveva adattare: il decorso di quest’ultima segnava un destino, non delle possibilità ed era sempre un destino maligno. Il trattamento morale entrava in crisi: gli ospedali psichiatrici tornavano ad essere dei luoghi chiusi, governati questa volta dalla disciplina sanitaria. Il determinismo meccanicistico ed il pessimismo andarono al di là della psichiatria; la medicina positivista ambiva ad interpretare anche i casi umani considerati fino ad allora di competenza non psichiatrica. Il visionario, il vagabondo, lo straccione ma soprattutto il criminale, dovevano essere il risultato di un oscuro determinismo analogo a quello della follia, insito nella stessa costituzione fisica dell’individuo. La società doveva quindi disfarsene, rimuovere questi oggetti dal suo seno, in attesa di trovare i mezzi adeguati per curarli. Di fatto questa società (capitalista) nel momento in cui rifiutava le proprie contraddizioni politico-sociali, non poteva considerarsi responsabile dei frutti guasti che nascevano, già estranei al suo interno. Lo sviluppo e la repressione dei conflitti di classe, il formarsi di strati medio-borghesi spaventati dall’emergere della violenza dei ceti più bassi, il tentativo di formulare nuove giustificazioni ideologiche al predominio delle classi al potere, furono i fattori che favorirono la diffusione di un razzismo della scienza (ma anche negli Stati Uniti, di un embrionale “scienza del razzismo”). Il disprezzo per i malati di mente, per gli asociali, per i criminali dei popoli coloniali, per i pezzenti delle classi subordinate, si accompagnava all’immagine trionfante del diritto storico 16

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


LA TERAPIA REICHIANA

e “biologico” dell’uomo borghese bianco, dominatore e colonizzatore, della sua cultura e della sua moralità. Le cause delle malattie psichiatriche venivano ricercate nella predisposizione ereditaria, nella devaprazione biologica oppure in una ignota affezione progressiva del cervello. La riduzione del malato a malattia e quindi la sua pretesa estraneità alle contraddizioni storiche, l’estraneità del caso ai problemi civili, il suo essere ridotto ad un meccanismo rotto, lasciavano inevitabilmente aperta la porta ad una gestione puramente repressiva della follia. L’autoritarismo repressivo e punitivo nei confronti del folle non veniva più esercitato nel nome della religione (medioevo) del diritto di stato (settecento) o della morale illuministica (rivoluzione francese): ma nel nome della scienza e del progresso. Le cause dei disturbi mentali e della degenerazione erano precise: lo stesso pauperismo, la miseria, non poteva che essere il risultato di una selezione biologica naturale (i peggiori meritano il loro posto), ma anche indissolubilmente, di colpe morali (sono degenerati, schiavi dei loro vizi, non sanno utilizzare niente, non imparano mai). La scoperta dell’origine sifilitica della paralisi progressiva sembrò indicare il modello ideale per lo sviluppo della psichiatria positivista. Finalmente si era scoperta la natura di una malattia mentale: c’era un germe, esso infettava il cervello, c’erano le cause (ed anche delle colpe morali), c’era un’evoluzione, una anatomia patologica e c’erano delle conseguenze ereditarie. Ancora oggi molti psichiatri ritengono che questa costituisca l’unica via da seguire; il problema della schizofrenia consisterebbe nel cercarne il bacillo!!! Nell’insieme però, la speranza di fondare una psichiatria tutta interna alla medicina era già andata delusa nell’800. Gli sfor17

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


PUNTI DI VISTA

zi degli psichiatri, nell’impossibilità di costruire la psichiatria come una scienza naturalistica si erano sfogati nella elaborazione di un sistema basato sulla classificazione dei comportamenti; questi elencati uno per uno furono chiamati sintomi psichiatrici e sostituiti a quelle alterazioni organiche cerebrali che ora nessuno riusciva più a ritrovare nel corpo del malato di mente. Dopo l’inizio del ‘900 il modello medico del disturbo mentale è andato in crisi in modo più decisivo: contrariamente alle speranze non solo non sono state trovate le cause biologiche delle psicosi e delle nevrosi, ma non è stato trovato nessun metodo di cura biologico risolutivo. Lo shock insulinico, inventato nel 1935, fu considerato per alcuni anni una cura risolutiva contro la schizofrenia, finchè non ci si accorse che oltre ad essere pericoloso, determinava miglioramenti solo momentanei nei pazienti. Agli stessi anni risalgono la lobotomia e l’elettroshock, che hanno seguito il medesimo destino. Gli psicofarmaci, diffusi a partire dagli anni ’50, sono soprattutto dei sedativi e dei medicamenti sintomatici e non dei veri curativi, e quelli maggiori dotati di effetti collaterali piuttosto nocivi.

La Psicoanalisi Il contributo principale al rinnovamento della psichiatria del ‘900 è stato portato dalla psichiatria dinamica e in particolare dalla dottrina di Sigmund Freud, la psicoanalisi. Al centro delle teorie psicodinamiche sta il concetto di “Inconscio”, così come la psicoterapia sta al centro delle proposte terapeutiche che ne scaturiscono. Con Bleuler, Janet, Freud, Jung e altri, prese piede un nuovo modo di considerare i disturbi psichici, in polemica con il positivismo. Merito di Freud fu introdurre una concezione psicologica e dialettica del disturbo mentale: quest’ultimo fu visto come il 18

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


LA TERAPIA REICHIANA

risultato di un contrasto, di uno squilibrio di tensioni, di un conflitto non risolto fra esigenze umane e sociali contraddittorie. Il soggetto nevrotico acquisiva il diritto ad una sua psicologia, ad una sua vita interiore. Ciò che più conta è che questa psicologia non solo era finalmente comprensibile, ma era fondamentalmente la stessa per il sano e per il malato: le dinamiche dell’inconscio ubbidivano a leggi universali. La distinzione tra salute mentale e nevrosi finiva in gran parte per scomparire. La Psicoanalisi oltre a fornire un valido strumento interpretativo generale, oltre ad indicare un nuovo metodo di cura, costituì una formidabile critica nei confronti delle concezioni morali del’800. L’ipotesi che i disturbi mentali avessero origine nella vita sessuale, che la nevrosi fosse sostanzialmente un sottoprodotto inevitabile della civiltà, che la repressione e la negazione puritana dei desideri in definitiva non funzionassero, significò una critica culturale alla ideologia “trionfante” della borghesia colonialista dell’Europa dell’800. Al suo rispettabilismo e anche alle concezioni che ne derivavano in psichiatria. La cultura borghese più avanzata seppe accogliere ed utilizzare negli anni ’20 e ’30 il pensiero freudiano come una nuova visione del mondo. Rinunziando per il momento al recupero terapeutico e sociale degli ospiti poveri dei manicomi, e a quello dei più gravi pazienti psicotici, il trattamento psicanalitico prometteva ai soggetti ansiosi e nevrotici (e a tutti coloro che potevano permetterselo) non solo il miglioramento delle loro fobie, dei loro fastidi ed inibizioni, ma anche e soprattutto un più libero, spontaneo, articolato, efficace gioco di possibilità psicologiche nei rapporti con le altre persone. L’influenza delle teorie e delle tecniche psicanalitiche sulla psichiatria in generale e in particolare il modo di intendere e di curare le psicosi (e soprattutto la schizofrenia) si 19

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


PUNTI DI VISTA

è sviluppata dopo Freud nel corso dei decenni. L’attuale concezione delle nevrosi non è molto lontana da quella impostata da Freud; l’interpretazione più accreditabile delle psicosi, invece, seppur utilizzando largamente il contributo della psicoanalisi si differenzia oggi in modo sostanziale da quello del suo fondatore. Al di là delle cautele di Freud, si sa oggi non solo che la condizione schizofrenica può trarre giovamento dalla psicoanalisi e da altre psicoterapie, ma anche che il rapporto di comprensibilità tra il normale e lo psicotico è maggiore di quanto si supponesse venti o trenta anni orsono. Malgrado questo, la penetrazione della psicoanalisi nei circoli accademici psichiatrici è stata lenta e parziale. La psichiatria pare divisa in due: per i pazienti sottoprivilegiati ha continuato ad essere conveniente la vecchia psichiatria oppressiva, mentre per gli impiegati, i tecnici, gli intellettuali affetti da nevrosi, il valore di una forza lavoro qualificata (quindi da non perdere) rendeva e rende giustificata una terapia lunga e costosa.

Dopo Freud La concezione psicoanalitica della psichiatria è psicologica piuttosto che medica. Ma non propriamente sociale. L’apparato psichico freudiano, con le sue forze, con gli equilibri tra Es, Io e Super Io, pur non essendo una struttura anatomico-fisiologica è in Freud un aspetto costitutivo della struttura biologica dell’individuo. La dialettica stessa fra l’esigenza degli istinti individuali e la repressione sociale, che secondo Freud sta alla base della sofferenza nevrotica è considerata una dialettica “perenne”, non storica, fra degli istinti biologici sempre uguali ed una repressione universale. Come è considerata perenne la costituzione istintuale dell’individuo cosi è anche considerata inevitabile e sostanzialmente invariabile l’esigenza repressiva posta dalla esi20

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


LA TERAPIA REICHIANA

stenza della “Civiltà”. La filosofia di Freud, sotto questo aspetto, riproponeva ancora un modello ottocentesco. Esisteva un uomo universale, dotato di quelle esigenze che erano evidenti nel maschio adulto borghese europeo; così le forme della società borghese venivano ancora considerate come le uniche possibili. Il fine della terapia analitica si poneva (e si pone quindi anche oggi) come la ricerca di un ragionevole adattamento ad un assetto sociale “dato”; quest’ultimo, per quanto oppressivo, non può essere messo in discussione ne dal paziente ne dall’analista, ma non può neppure sfuggire alla propria natura mediante cambiamenti politici rivoluzionari, esplicitamente respinti da Freud come illusori. Nel secolo scorso, lo sviluppo della sociologia, il tramonto della criminologia positivista, la nascita della etnologia culturale, lo sviluppo stesso della psicologia hanno costituito fattori determinanti nello scuotere gli schemi biologici-individualisti e astorici, tipici della psicologia e della psichiatria ottocentesche ed anche della stessa psicoanalisi. Si è fatta strada l’idea che il disturbo mentale, la normalità del comportamento rispondono non solo allo stesso modo di funzionare del cervello, ma soprattutto alle stesse logiche sociali che regolano i comportamenti normali. Pur potendo essere il frutto di disagi e di contraddizioni interne, i comportamenti “anormali” così come quelli “normali” non nascono originariamente nella “natura dell’individuo”, ma sono il riflesso e la conseguenza di contraddizioni della società. Il 12 Dicembre del 1929 Wilhelm Reich decise di rompere una situazione di disagio che durava da tempo, e attaccò Freud con una serie di domande. Con queste domande egli pose per la prima volta in modo aperto un problema che da 21

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


PUNTI DI VISTA

allora non ha cessato di complicarsi: 1) È normale che il 60-80% dei giovani soffrano di disturbi nevrotici? 2) È normale che su un 80% di persone malate solo il 30% possano ricorrere alla psicoanalisi? 3) Che rapporti esistono fra la società moderna e la prevenzione della nevrosi? 4) Che ruolo hanno l’educazione, la morale, il sistema capitalista nella genesi di questa miseria psichica? 5) Vi è da stupirsi se l’80% degli operai di Vienna, che vivono con tutta la loro famiglia in una sola stanza soffrano di conflitti ed inibizioni sessuali? Reich pose alla psicoanalisi una sfida; la miseria materiale ma anche psicologica della classe operaia, la sua parziale sottomissione alle menzogne del potere, non rinviavano forse alla necessità di fondare il problema della malattia mentale in modo diverso e più ampio da quello che Freud era andato escogitando con i suoi pazienti alto borghesi? Non si doveva forse pensare che l’oppressione sociale diretta, l’ubbidienza ad una morale sessuo–repressiva, il rapporto di quest’ultima con la sottomissione all’autorità, erano le vere cause dei disturbi e dei disagi nevrotici ancora più vasti si quelli analizzati da Freud? L’insegnamento di Reich è ancora oggi attuale, soprattutto per quanto concerne i suoi scritti fino al 1935 (dopo iniziò ad approfondire molte altre discipline che lo portarono alla sua concezione Orgonomica della vita), che gli costarono l’espulsione dalla società psicoanalitica, la persecuzione poliziesca prima in Europa e poi in America, il rogo a cui furono sottoposti i suoi libri, pubblicazioni ed esperimenti, e infine la morte in carcere 22

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


LA TERAPIA REICHIANA

negli USA nel 1957. La sua influenza, comunque, non tardò a farsi sentire (sebbene nel primo decennio che seguì alla sua morte, si fece di tutto per nascondere ed insabbiare i suoi studi e le sue teorie): Fromm, Horney, Sullivan, Kardiner e altri ripresero la posizione “freudo-marxista” tracciata dal “cattivo maestro” e segnarono profondamente la storia della psichiatria, che poco più tardi partorirà il primo movimento della cosiddetta “Antipsichiatria” che cambiò per sempre la storia ed il modo di approcciarsi ai disturbi mentali, da parte degli stessi addetti ai lavori. L’ostacolo teorico principale nei confronti del tentativo di stabilire una reale continuità fra psicologia normale e psichiatria (cioè psicologia patologica) risiede nel carattere apparentemente incomprensibile, irrazionale ed imprevedibile del comportamento e del linguaggio delle persone etichettate come psicotiche. Varie scuole hanno però smontato il pregiudizio di incomprensibilità. La psichiatria Fenomenologica, quella Esistenziale ed altre correnti, hanno portato un contributo decisivo alla comprensione del mondo soggettivo dello psicotico, insieme alle correnti di studio che prendendo le mosse da Baeteson, si sono dedicate all’analisi della comunicazione interpersonale nella Famiglia e nei gruppi. Gli sviluppi stessi della psichiatria negli ultimi 50 anni hanno aperto la strada ad un’affermazione sempre più precisa di una concezione “storico-sociale” del disturbo mentale e dei suoi metodi di cura.

Il Corpo in psichiatria Il corpo, prima di W. Reich, era il grande assente, veniva in qualche modo ignorato, era posto fuori dall’osservazione anali23

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


PUNTI DI VISTA

tica, in quanto prevaleva l’interesse per lo studio e la descrizione dei meccanismi e delle dinamiche intrapsichiche. Le ricerche erano concentrate solo sulla psiche come luogo d’incontro e di scontro tra l’Io, l’Es, il Super io, come sede di complicati vissuti emozionali. Quello che succedeva nel corpo contemporaneamente alle vicissitudini psichiche era preso in considerazione solo marginalmente prima dell’avvento della corrente psicosomatica (avvenuto molto tempo dopo le prime intuizioni di Reich). Eppure Freud stesso aveva affermato primariamente che il nostro io è il nostro corpo. Le indicazioni di Freud hanno dato avvio a varie posizioni, diverse e indipendenti tra loro, che, tuttavia, hanno preso in considerazione il corpo e la corporeità. Così, per la visione psicosomatica non si può parlare di vissuti psichici senza entrare nella profondità dei vissuti del corpo, che non vanno intesi come separati e come dualità, ma come espressione dell’unità psicosomatica del vivente, dato che non vi è frattura tra il nostro io e il nostro corpo, ma totale identità. Per molti ricercatori il corpo non rimanda al semplice organismo: ogni discorso sul corpo esige un interrogarsi sull’esperienza di una corporeità vissuta, mai estranea alle vicende quotidiane del soggetto agente, in quanto il corpo rappresenta il luogo dove si ha la sensazione della continuità di sé. Nell’ottica antropofenomenologica, la scoperta e l’esperienza della corporeità sono essenziali per il costituirsi della coscienza e della soggettività. Il corpo, in quanto io-corpo, come corpo viene vissuto e fa dire a Mearlau-Ponty che il corpo è l’unico mezzo che ho per andare al cuore delle cose. Emozioni e sentimenti vivono nel corpo dell’individuo in maniera unica, 24

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


LA TERAPIA REICHIANA

irripetibile, perché si svolgono in quella persona, in quel corpo. Perché il mio corpo, come dice Sartre, non è un corpo, uno dei tanti oggetti-corpo. Il corpo in quanto soggettività e fisicità, è la nostra storia. Callieri osserva che il mio corpo è irriducibilmente e originariamente mio, perché è fuso con il soggetto che io sono; non è una cosa tra le altre cose… è mio, ma in un senso differente da quello con cui dico che il libro è mio. Pertanto il corpo, in quanto soggettività, è un corpo soggettivo, e non è qualcosa che posseggo. Su questa scia anche Galimberti distingue il corpo anatomico dal corpo vissuto, in quanto avere un corpo è diverso dall’essere un corpo. La prima è, secondo Callieri, un’esperienza riflessiva, la seconda pre-riflessiva, poiché si costituisce come coscienza incarnata, cioè come esserci al mondo. Il corpo è l’intermediario della relazione con l’altro, in quanto l’incontro pone in primo piano l’esperienza psicofisica soggettiva e al contempo interpersonale, poiché spesso è l’altro che mi rivela il mio corpo. Diventa fonte di un’infinita varietà di vissuti, di emozioni piacevoli e spiacevoli, di fughe, di imbarazzo, di ritiri nevrotici e psicopatologici, di somatizzazioni, ma anche di emozioni positive e gratificanti. L’aspetto energetico del corpo,ossia il corpo energetico, è stato trascurato totalmente dalla psicoanalisi. Essa lo ha considerato in un’ottica simbolica, immaginaria, cosi come l’antropoanalisi ha enfatizzato la soggettività e la corporeità esistenziale. Ma nella visione reichiana, in cui il corpo visto come nucleo energetico è centrale, è ben diverso da quello freddamente descritto nei manuali di anatomia. Il corpo è ciò che un individuo vive, è ciò che sente, è ciò di cui ha coscienza, è sofferenza e gioia, malattia e benessere. Navarro dice che la percezione e la coscienza dell’io-corpo 25

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


PUNTI DI VISTA

sono le premesse all’esistere per essere e all’essere per divenire, perché esse sono mediate dalle emozioni e dai sentimenti che hanno una loro vita nel corpo. Il corpo, dunque viene segnato dalla storia individuale come quella sociale, viene segnato dalla paura, dall’insicurezza, tanto che gesti e posture riflettono atteggiamenti esistenziali con ancor più sicurezza della parola. In lui si iscrivono le costruzioni, le pene, le repressioni, cosi come i costumi, gli usi, i rituali, i rifiuti, che ci son stati trasmessi, lasciati in eredità, imposti dalla famiglia, dalla cultura, dall’ambiente di vita. Quando le emozioni vengono inibite creano tensioni muscolari, secondo la terminologia reichiana “bloccano l’energia vitale”, limitando le capacità espansive ed espressive dell’organismo. Si apre così la via a manifestazioni nevrotiche e psicosomatiche. La visione psicologica reichiana (e le sue derivazioni) si basa dunque sull’asserzione che ogni persona è il proprio corpo. Il corpo non può che esprimere ciò che si è, il proprio modo di essere nel mondo. Il corpo esprime chi siamo, e dice come siamo attraverso un suo linguaggio, poiché i sentimenti e le sensazioni di una persona possono essere letti nell’espressione fisica. Le esperienze negative rimarranno registrate nei ricordi e nella struttura del corpo, formeranno la base della personalità di ogni individuo, con le sue stratificazioni, con le sue repressioni, con i suoi conflitti (in realtà, per fortuna, questo vale anche per le esperienze positive). Tali conflitti possono essere compresi tramite il linguaggio del corpo, proprio perché esiste un legame profondo tra vita psichica ed espressione del movimento che permette di intuire molte altre e più sottili sfumature. Le parole potrebbero invece, non comunicare o addirittura nascondere, mentre l’espressione corporea è involontaria e non 26

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


Edizioni Psiconline Š 2017 - Riproduzione vietata


Network PSICONLINE

Passione per la psicologia Una Rete di siti tematici per una corretta e costante diffusione culturale e scientifica della psicologia online

www.psiconline.it dal 1999 articoli, notizie, interviste, informazioni, servizi offerti gratuitamente ai professionisti e a chi si interessa di psicologia

www.psychostore.net la più grande libreria di psicologia on line, dedicata a tutti coloro che sono interessati a questa scienza, professionisti e non

www.psicologi-italiani.it gli indirizzi e le informazioni utili degli psicologi e psicoterapeuti professionisti consultabili gratuitamente online da chi è alla ricerca di uno specialista del settore

www.scuoledipsicoterapia.it tutte le informazioni sulle Scuole di specializzazione autorizzate dal MIUR, per una scelta consapevole e ragionata del proprio futuro professionale

www.studentidipsicologia.it forum, chat, informazioni, approfondimenti... il luogo di incontro per gli studenti delle facoltà italiane di psicologia

www.parlaneconnoi.it il servizio gratuito che ti aiuta nella scelta di chi, pubblico o privato, è capace di aiutarti

www.edizioni-psiconline.it la casa editrice specializzata in psicologia, psicoterapia e scienze umane

Edizioni Psiconline © 2017 - Riproduzione vietata


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.