Desiderare la genitorialità. Il mondo interiorizzato nel disturbo dell'infertilità

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Ricerche e Contributi in Psicologia

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Emmanuella Ameruoso

Desiderare la genitorialità Il mondo interiorizzato nel disturbo dell’infertilità

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Prima Edizione: 2015 ISBN 9788898037759 © 2015 Edizioni Psiconline - Francavilla al Mare Psiconline® Srl 66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/A Tel. 085 817699 - Fax 085 9432764 Sito web: www.edizioni-psiconline.it e-mail: redazione@edizioni-psiconline.it Psiconline - psicologia e psicologi in rete sito web: www.psiconline.it email: redazione@psiconline.it I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi. Finito di stampare nel mese di Aprile 2015 in Italia da Universal Book srl Rende (CS) per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psiconline® Srl)

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A mia madre e al suo infinito amore

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Ringraziamenti Ringrazio di cuore la professoressa Chiara Simonelli, Docente di Psicologia e Psicopatologia del comportamento sessuale della Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università Sapienza di Roma e Presidente dell’European Federation of Sexology per aver contribuito alla realizzazione di quest’opera non soltanto con la sua presentazione iniziale, ma per il suo insegnamento che ha accresciuto in me, anno dopo anno, la passione per la psicosessuologia.

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INDICE

Prefazione della Prof. Chiara Simonelli Introduzione

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Quando tutto nasce: l’adolescenza tra corpo e mente Introduzione Una rivisitazione storico-antropologica dei riti adolescenziali Il percorso della crescita: teorie a confronto Lo sviluppo psicosessuale: identità, genere e ruolo L’investimento libidico: il passaggio dalla famiglia agli oggetti esterni. Il mondo relazionale in età evolutiva L’età di mezzo: nuove tappe evolutive

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La coppia e la genitorialità Un’interpretazione psico-antropologica della genitorialità Idealizzazione e amore: la formazione della coppia La generatività e l’identità di genere La genitorialità e i suoi ruoli

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L’infertilità psicogena: le cause e i suoi significati L’eziopatogenesi fisiologica nell’infertilità Aspetti psicologici e psicodinamici dell’incapacità procreativa Il significato e l’interpretazione psicoanalitica dell’IP

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Storie di vita... Il percorso dell’adozione e le sue motivazioni La raccolta dei dati nel contesto delle adozioni Caso A: La fantasia mortifera Caso B: Il fratello problematico Caso C: Il desiderio di un secondo figlio Caso D: La prigionia

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Indicazioni terapeutiche per le coppie infertili Aree di intervento a. Le esperienze adolescenziali e le relazioni genitoriali b. I retaggi traumatici c. Il vissuto dell’infertilità La consulenza psicosessuologica con le coppie infertili

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Conclusioni Bibliografia Sitografia

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PREFAZIONE

Tutti condividiamo la condizione di figli ma solo alcuni decidono di diventare genitori mentre altri evitano di cimentarsi in questo ruolo. Altri ancora si confrontano dolorosamente con la dimensione dell’infertilità non riuscendo a raggiungere il loro obiettivo esistenziale nonostante i grandi progressi scientifici e le nuove tecniche a disposizione. Il lavoro della collega Emmanuella Ameruoso indaga in quell’area di difficoltà riproduttive non riconducibili a problematiche mediche conosciute: nei paesi occidentali l’infertilità è in crescita e si ritiene che, sia il partner di sesso maschile che quello femminile, abbiano rispettivamente circa un 40 per cento di ostacoli biologici individuabili. Resta un 20 per cento di cause ignote e spesso è proprio in questa popolazione di coppie che l’origine psicologica e relazionale dell’infertilità trova un suo spazio. Questo volume sottolinea quanto l’identità di genere, il sentirsi maschi o femmine, sia all’origine di molte vicissitudini personali che troveranno riscontri positivi e negativi nelle scelte di ogni persona e che necessariamente fanno riferimento ai modelli di coppia a cui si è esposti fin dalla più tenera età. In particolare, l’Autrice pone alla nostra attenzione la fase dell’adolescenza come il periodo del ciclo di vita in cui, ciò che è stato appreso e immagazzinato in precedenza, viene verificato attraverso l’espressione di sé nei rapporti d’amore. Elementi chia-

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ve precipitano nelle scelte successive quando razionalmente si decide di formare una coppia progettuale e magari si ricerca una gravidanza che non arriva. La paternità e la maternità richiedono un confronto serrato ed emotivamente profondo e coinvolgente col genitore dello stesso sesso: non per tutti questo processo risulta privo di forti ambivalenze e timori. Con l’aiuto di casi clinici e di storie di vita, oltre che col supporto di una bibliografia mirata, vengono svelati i complessi meccanismi relazionali di una collusione che in realtà va incontro ai bisogni delle due persone che formano la coppia ma non ne consente l’allargamento a un terzo. L’intervento psicologico con queste coppie non è semplice, ma quando c’è un buon margine di manovra, che risiede essenzialmente nella disponibilità e motivazione al cambiamento, il ruolo dello psicosessuologo è cruciale. Con onestà intellettuale E. Ameruoso ci indica limiti e direzioni per poter migliorare ulteriormente le nostre conoscenze in quest’area così importante della vita. Auguro a tutti una buona lettura! Chiara Simonelli

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INTRODUZIONE

Parlare di adolescenza in termini di definizione ed elaborazione del concetto significherebbe ripetersi su aspetti già largamente trattati dalla letteratura scientifica. Quest’opera vuol essere, invece, una rivisitazione del territorio crescita con l’approfondimento di alcuni punti finora illustrati marginalmente. Il mondo adolescenziale si definisce e diviene manifesto in quello adulto, con le sue problematiche, i suoi conflitti e le sue perplessità: l’idea di questo libro nasce dal tentativo di esaminare proprio questi aspetti. I cinque capitoli forniscono uno spunto per un’indagine più specifica sul tema dell’infertilità di coppia ad eziologia psicogena e come manifestazione di esperienze legate allo sviluppo psicosessuale. La pubertà e l’adolescenza divengono un percorso fondamentale per il ridefinirsi della propria identità sia in termini di corporeità che di evoluzione psicologica. Tramite il riconoscimento del proprio genere sessuale si esplica la capacità generativa, mentre l’identificazione nel proprio ruolo si definisce attraverso la genitorialità una volta che l’individuo è divenuto adulto. Le relazioni con i propri genitori, la percezione ed il vissuto della propria sessualità, i conflitti interiorizzati, in riferimento ad una identità vissuta come ambivalente, risultano essere, di conseguenza, prodromiche al manifestarsi di alcuni disturbi durante la crescita. Mentre la procreazione è una capacità fondamentalmente bio-

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logica ed organica, la genitorialità ha peculiarità psicologiche e comportamentali che evidenziano come il concetto di assunzione e gestione del proprio ruolo si manifesta all’interno del contesto sociale e delle dinamiche di coppia. L’analisi e la valutazione di specifiche aree si intersecano con i conflitti generativi inconsci e conducono alla scelta di un partner idoneo al mantenimento dello status quo. Questi diviene, quindi, un complice poiché assume un ingaggio che sceglie di mantenere ma che in realtà mostra a livello psicosomatico la sua natura squisitamente patologica. Gli studi effettuati da Dicks sugli aspetti collusivi della coppia trovano conferma nell’ipotesi proposta.

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QUANDO TUTTO NASCE:

L’ADOLESCENZA TRA CORPO E MENTE

Introduzione A differenza di ciò che si può pensare, l’esordio della genitorialità avviene nel periodo adolescenziale. È dalla pubertà che tutto ha origine. Nel corso della storia, e in diversi contesti, si è constatato che tale periodo ha sempre rappresentato un momento critico al quale attribuire una certa importanza proprio perché l’individuo, con la maturità sessuale, acquisisce uno specifico ruolo nella società. L’ambiente tende, cioè, a condizionare fortemente l’evoluzione psicologica ed in base anche all’organizzazione, alla collocazione geografica della società e alla cultura di riferimento aderisce ai propri stereotipi. Una rivisitazione storico-antropologica dei riti adolescenziali I riferimenti storico-culturali delle società primitive ci rimandano ad un’organizzazione semplice ed omogenea delle collettività. In esse, il processo di sviluppo lento ed impercettibile rendeva naturale e per niente traumatico il passaggio dall’età infantile alla maturità. La vita attraversava, infatti, tre sole fasi: l’infanzia, l’età adulta e la vecchiaia. I bambini, non essendo ancora formati, venivano esclusi dalla vita collettiva e non avevano, di conseguenza, un proprio ruolo; gli adolescenti (attorno ai quindici o sedici anni d’età), una volta divenuti maturi a livello

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sessuale, entravano immediatamente a far parte della comunità adulta - come succedeva in Samoa - e spronati ad allontanarsi dalla famiglia d’origine per attivarsi socialmente. Nel favorire il percorso, talune comunità, come gli Arapesh della Nuova Guinea, adempievano a specifiche regole e seguivano rituali unici nel proprio genere: il tabù della verginità era considerato un’abitudine imprescindibile da adottare da parte delle giovani donne fino alla celebrazione del matrimonio, momento in cui le ragazze venivano deflorate, dall’anziano del villaggio o dal suocero, per iniziarle alla sessualità di coppia (Mead, 1967). Anche nell'antica Roma, i puer divenivano adulescens al raggiungimento dei quindici anni d’età e tale periodo durava fino ai trenta. Essi venivano comunque inseriti nella società adulta ma restavano sempre sotto la vitae cenisque potestas detenuto dal pater familias1 fino al sopraggiungere della sua morte. Molte usanze, nonostante sembrino tanto lontane dalla nostra attualità, sono ancora espressione di usi popolari e tradizioni religiose recenti tanto che in alcuni paesi le iniziazioni vengono ancora attuate sebbene vìolino apertamente i diritti umani2: la pratica delle mutilazioni genitali, è ancora una consuetudine presente in 27 paesi africani, in Asia (India, Indonesia e Malaysia) e nel Medio Oriente (Yemen, Kurdistan iracheno, Arabia Saudita). I riti iniziatici all’età adulta quali la circoncisione femminile o la clitoridectomia (taglio parziale o totale della clitoride), l'escissione (asportazione della clitoride e delle piccole labbra), l'infibulazione o la circoncisione faraonica (clitoridectomia, escissione e raschiamento delle grandi labbra ricucite tra loro) 1 Il pater familias detentore della patria potestas permetteva all’uomo di avere un inconfutabile potere di ius vitae necisque, ossia di vita e di morte, sui figli e sui discendenti maschi, anche con proprie famiglie, fino a che egli stabiliva che facessero parte della famiglia di cui era a capo; sulle donne nate nella stessa o acquisite per adozione fino a quando non passavano ad altra familia con la conventio in manum; sugli schiavi e su tutto il patrimonio da lui amministrato. 2 Nel 2001 l’Unione Europea ha vietato la pratica delle mutilazioni genitali. Nel 2006 l’Italia approva la legge Consolo che titola “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile”.

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provocano delle gravi conseguenze sul piano igienico-sanitario e forti ripercussioni su quello psicologico (Amnesty International, 1998). Nelle società islamiche viene praticata soltanto la circoncisione maschile che consiste nell'asportazione degli organi genitali ossia la fallectomia, la castrazione e l’emasculazione. Una tradizione appartenente a tutti i musulmani ed alle popolazioni dell’Africa settentrionale, dell’Egitto e degli Emirati Arabi Uniti (Aldeeb, 1994). In virtù di una maggiore autoconsapevolezza, sollecitata in molte donne grazie anche agli interventi di organizzazioni non governative, la tutela e il diritto alla sessualità ed alla salute sono divenuti imprescindibili. Molte delle ragazze più giovani riescono a sottrarsi alla pratica, ragion per cui l’intervento viene effettuato su bambine molto più piccole. Circa il 90% dei casi di MGF in Egitto ha riguardato bambine di età compresa tra i 4 e i 15 anni. In altri paesi quali l’Etiopia, la Mauritania e Mali le mutilazioni vengono eseguite su soggetti con un’età inferiore ai 5 anni. Ed ancora, nello Yemen circa i tre quarti degli interventi riguardano neonate che hanno appena due settimane di vita. Il significato socio-culturale e religioso3 eloquentemente diverso nelle società islamiche e musulmane non trova sicuramente riscontro nelle popolazioni occidentali. La strutturazione di una propria identità è indiscutibilmente conforme all’ambiente in cui l’individuo stesso cresce. Il percorso della crescita: teorie a confronto Per la giurisdizione italiana la maggiore età coincide con il raggiungimento dell’età adulta, ma tale momento non è identificabile in ambito psicologico in modo così categorico; il concetto, 3 L’origine di tale pratica è ancora avvolta nel mistero, ma è comunque preislamica. Probabilmente già in uso nell’antico Egitto, sarebbe giunta a Roma (infibulazione deriva dal latino fibula, spilla, fibbia) e utilizzata come modalità per controllare la sessualità delle schiave.

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infatti, è alquanto esteso e complesso. Molti Autori parlano di adolescenza in termini di crisi: Debesse (1936), ispirandosi ai lavori di Stanley Hall (1935) e di P. de Mendousse (1909), descrive la crisi di originalità giovanile come effetto di eventi che perturbano il desiderio, non più soddisfatto, di percepirsi individui unici e singolari come avveniva nell’infanzia. La crisi puberale è prodromica al manifestarsi di quella giovanile e può protrarsi ben oltre i 25 anni. Nonostante i segnali evidenti della propria fanciullezza, il fisico mostra l’evoluzione dello sviluppo sessuale e le pulsioni, gestite da una fiorente genitalità, entrano in contrapposizione con le difese psichiche ancora scarsamente strutturate. È possibile, quindi, che si sviluppino delle discrepanze tra mente e corpo generando delle difficoltà nel percorso della crescita. L’adolescenza rappresenta, quindi, un periodo di definizione della propria identità che è considerata come ‹‹il senso preciso e stabile di chi si è e di quali siano i propri compiti nella vita›› ed è proprio in questi frangenti che può prospettarsi una crisi: la confusione e l’ambivalenza conseguenti delineano un’incapacità da parte dei ragazzi di rispondere alle sfide dello sviluppo, cioè di stabilire delle relazioni durature e significative attraverso l’amicizia e l’amore, manifestando un’incompetenza ad ‹‹abbracciare la strada offerta loro dalla società e di creare o di mantenere per se stessi una moratoria specifica e personale›› (Erikson,1968). Il percorso dell’individuazione è determinato dalla perdita dell’oggetto edipico4 investito di sentimenti d’amore, di odio e di ambivalenza e, nel liberarsi dell’ascendente genitoriale, l’adolescente si dirige verso una propria indipendenza. Secondo al4 L’oggetto ha una accezione psicoanalitica ed indica la figura di riferimento quale un genitore, un fratello o una persona amata investita affettivamente e psichicamente tramite processi mentali. Nella teoria freudiana l’oggetto edipico è rappresentato dal genitore del sesso opposto verso cui sono rivolte le prime pulsioni sessuali. La teoria delle relazioni oggettuali si riferisce alle interazioni tra degli individui con altre persone esterne e interne (reali e immaginarie) e alla relazione tra i mondi oggettuali esterni e interni (interiorizzati).

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cuni Autori, in tale percorso si ripresenta un secondo processo di separazione-individuazione come avviene nei primi tre anni di vita: il piccolo interiorizza la relazione con la propria genitrice e si distacca da lei, il ragazzo, invece, si separa dalle figure genitoriali interiorizzate per rivolgere il proprio amore verso oggetti esterni alla famiglia. Durante questo periodo, lo sviluppo e la stabilità di un narcisismo5 adulto sono essenziali per la crescita. La capacità di preoccuparsi per sé e per gli altri, l’empatia e la giusta dose di amor proprio sono indicativi di un sano narcisismo. La ricerca di oggetti che diano, invece, conferma al proprio Sé infantile e nel quale l’adolescente tende ancora ad identificarsi è espressione di una fissazione patologica: la conservazione di un sé grandioso induce a provare un sentimento esagerato della propria importanza e dell’idealizzazione6 del proprio sé, di conseguenza, la proiezione di un Sé primitivo grandioso7 e patologico sull’oggetto, è rivelazione di un disagio narcisistico più profondo (Kernberg, 1975). Il sano narcisismo, conduce alla ricerca di un’immagine di sé che possa essere conforme ad un 5 Il termine, introdotto in sessuologia da H. Ellis (1923) con narcissus like, teso ad indicare l’eccessiva masturbazione per cui l’individuo diviene il suo stesso oggetto sessuale, deriva il nome dal personaggio della mitologia greca, Narciso che si innamora della propria immagine. È utilizzato soprattutto con accezione negativa, ma il narcisismo è fondamentale per strutturare una buona immagine di sé quando si sviluppa in modalità sana. 6 L’Idealizzazione è un meccanismo di difesa dell’Io secondo cui l’altro viene percepito come migliore, perfetto. Il primo investimento effettuato dal bambino è sui genitori che risultano onnipotenti ed onniscienti. In seguito, la deidealizzazione come processo che permette una visione realistica delle persone e della loro natura permette all’individuo di realizzare il processo di separazione-indviduazione divenendo capace di relazionarsi in modo più maturo. 7 Il sé primitivo e grandioso fa riferimento al senso di onnipotenza intrinseca nella prima infanzia. In essa, vi è una mancata capacità di discriminare e di riconoscere gli oggetti e la differenza tra sé e l’altro poiché non sono ancora sviluppate le facoltà percettive. Crescendo il bambino perde la dimensione magica secondo la quale può controllare l’intera realtà, acquisendo, viceversa, una conoscenza dei propri limiti e dei confini. La sua persistenza, invece, è indicativa di una evoluzione patologica del proprio Sé.

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ideale dell’Io, cioè un ideale a cui l’Io vuole aderire, facilmente distinguibile in adolescenza: una netta distinzione viene posta anche tra l’ideale dell’Io e l’idealizzazione tipica del narcisismo primario del bambino nel quale ha l’illusione della perfezione (Blos, 1985). Quando questi crescendo si rende conto di non corrispondere ad un modello perfetto, lo recupera proiettandolo sull’Ideale come sostituto di ciò che lui stesso era nella sua infanzia. Le ingiunzioni narcisistiche, l’interiorizzazione di una immagine paterna dell’ideale dell’Io e l’identificazione con il genitore rimpiazzano una posizione di precedente passività libidica. Alla relazione edipica precedente segue una relazione intrapsichica tra l’Io e l’ Ideale dell’Io che si evolve in termini di progettualità (Marcelli, Braconnier, 1996). La formazione di una propria identità si delinea, quindi, attraverso un rigetto di precedenti identificazioni8 e la ricerca di nuove altre scelte sessuali (Freud, 1962) che il giovane sperimenta in diversi contesti: col gruppo dei pari, nelle relazioni interpersonali con gli adulti, i genitori e gli insegnanti e con l’altro sesso. Tutte queste situazioni permettono all’adolescente di rappresentarsi, di identificarsi in un proprio ruolo definendosi ed integrandosi socialmente. Lo sviluppo psicosessuale: identità, genere e ruolo La grande complessità dello sviluppo psicosessuale, così come viene delineata dalla letteratura scientifica, ha origine nella prima fase dell’adolescenza: la pubertà. Sono i fattori genetici e biologici che, grazie alla manifestazione dei cromosomi sessuali XX e XY, si palesano nei caratteri primari e secondari del genere femminile e maschile diventando 8 Fu Freud il primo a distinguere tra identificazione difensiva e non difensiva riferendosi alla modalità d’appoggio (idem fieri dal lat. divenire il medesimo) che assume la funzione dell’altro. Le prime figure con cui il bambino si rapporta, e nelle quali si identifica, sono i genitori.

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dichiaratamente evidenti in virtù dell’azione specifica di ormoni secreti dal sistema endocrino e gonadico. A partire dell’ipotalamo, si genera un fenomeno a catena: la produzione ipofisaria di gonadotropine induce la liberazione di ormoni a livello delle gonadi che determina le modificazioni morfologiche periferiche dei recettori. Questo permette di raggiungere la maturità sessuale che si compie attraverso la comparsa del menarca nella femmina e della polluzione nel maschio. Tale evento può anche evolvere in manifestazioni disfunzionali o patologiche come nella pubertà ritardata o precoce: il fenomeno traccia una conferma sul rapporto esistente tra gli ormoni ed il comportamento sessuale. Il ragazzo che matura oltre l’età media indugia a ricercare un'attività sessuale, a differenza del coetaneo che ha raggiunto lo sviluppo prima. La maturità biologica permette all’adolescente di ricevere conferme sulla propria identità sessuale definendo e delineando la sua crescita e la sua evoluzione in termini di strutturazione della propria personalità. Le mestruazioni, infatti, anche se a carattere prettamente fisiologico, sono vissute come un organizzatore del corpo, di un sano narcisismo e come segno di maturazione e di potenza biologica (Kestemberg, 1969). È proprio il corpo a cambiare per primo esternando la dimensione più profonda del Sé psichico, e poiché rappresenta un elemento di confronto e di valutazione con i coetanei, l’adolescente percepisce la propria adeguatezza sul piano fisico e la capacità di sentirsi attraente attraverso la sua esteriorità: il corpo rappresenta, quindi, un richiamo. Ciò permette ai ragazzi di identificarsi e ridefinirsi sul piano dell’identità sessuale rafforzando la propria autostima, confrontandosi con i pari nella condivisione delle esperienze e dei vissuti. Una dispercezione9 tra un’immagine di sé mentale e una reale, percepita attraverso l’altro, genera smarrimento e depersona9 La dispercezione è una alterazione della capacità di percepire e di acquisire informazioni su di sé e sugli altri.

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lizzazione: le dismorfofobie, come visione distorta della propria immagine corporea, ne sono una manifestazione evidente. La stabilità percettiva della rappresentazione mentale del proprio corpo è fondamentale per ottenere conferma della propria identità di genere10 e diviene espressione di originalità nello stile dell’abbigliamento, nella capigliatura o nell’attenzione ai particolari. Il corpo è il mezzo con cui i ragazzi interagiscono e con cui stabiliscono una propria intimità relazionale. Da adulti assume altri significati che si estendono alla capacità di procreare e alla genitorialità. Secondo Kernberg (1976, 1980,1992) ‹‹l’identità si costruisce in base alle identificazioni con la relazione con l’oggetto piuttosto che con l’oggetto in sé›› ed evidenzia come per strutturarsi assume una doppia identificazione: con il Sé11 e con l’oggetto della sua interazione e con il loro reciproco ruolo nell’ambito di tale interazione. Lo stabilirsi di una identità sessuale nucleare - cioè di un concetto integrato di sé che definisce l’identificazione dell’individuo con l’uno o con l’altro sesso - non può avvenire separatamente dallo stabilirsi di un corrispondente concetto integrato dell’altro, che includa una relazione con esso in quanto oggetto del desiderio sessuale. Questo legame tra identità sessuale e scelta dell’oggetto del desiderio sessuale spiega nello stesso tempo la bisessualità insita nello sviluppo umano: noi ci identifichiamo sia con il nostro sesso che con il nostro oggetto del desiderio (Kernberg, 1995). 10 Si considera l’identità di genere di un individuo, il sesso a cui sente di appartenere, indipendentemente dalla sessualità biologica determinata geneticamente: XX per la femmina e XY per il maschio. 11 L’istanza psichica del Sé è la totalità psichica del soggetto. Evolve e si consolida in funzione dell’Io, emergendo tramite il riconoscimento dell’altro, diverso da Sé. Si forma nei primi tre anni di vita del bambino e si struttura grazie alle relazioni con gli altri, nelle quali l’individuo si identifica introiettandole.

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Benjamin ne Il fenomeno transessuale considera l’identità come l’integrazione di diversi sessi: un sesso cromosomico e immutabile; un sesso genitale in base al quale viene definito il sesso legale e, quindi, di attribuzione della mascolinità o della femminilità; un sesso gonadico determinato dal sesso germinale (testicoli o ovaie) e dal sesso endocrino (dal quantitativo di ormoni sessuali secreti); un sesso psicologico che può opporsi a tutti gli altri (Benjamin, 1968). Un insieme di diversi elementi o nell’aspetto più semplicistico di un binomio, genere e ruolo, legato alla consapevolezza che l’individuo ha del proprio sesso e della propria competenza sociale e che esprime attraverso uno specifico comportamento. È cioè un’entità dinamica che tende a modificarsi nel corso della vita, ma con processi differenti: la femminilità e la mascolinità biologicamente determinate, si scostano dall’evoluzione psichica che procede lentamente. In questo contesto, l’individuo potrà considerare il proprio Sé maturo nel momento in cui avrà stabilito la sua relazione con la figura materna e si sarà integrato nell’ambito familiare assumendovi un ruolo che verrà riconosciuto da tutti. Il processo di individuazione permette, quindi, l’estrinsecarsi di diverse parti. Una prima basilare spiegazione psicoanalitica, fornita a suo tempo da Freud, propone una distinzione tra due diversi periodi dello sviluppo psicosessuale: una fase edipica nella quale il bambino, accorgendosi di essere differente sul piano genitale dall’altro sesso, si diversifica rivolgendo le proprie spinte istintuali verso la madre; la stessa cosa avviene per la bambina che, riversando le proprie attenzioni verso il padre, scopre la propria femminilità. Lo spostamento degli interessi relazionali, dall’interno all’esterno della famiglia, costituisce la fase post edipica spingendo il bambino alla ricerca di nuovi scambi. Secondo Freud (1905) il padre ha una funzione fondamentale in tale percorso: per evitare la castrazione punitiva, il maschio rivolge i propri impulsi verso Edizioni Psiconline © 2015 - Riproduzione vietata

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il genitore con il quale si identifica e la femmina che, riversando il proprio amore sull’oggetto desiderato e invidiato, il padre, scopre la sua natura: entrambi riverseranno all’esterno le proprie scelte sessuali e relazionali (Freud, 1905). A tale spiegazione si conformano Horney (1933) e Jones (1935) stabilendo che la scelta dell’oggetto eterosessuale nella bambina è determinata dalla sua femminilità innata. Secondo Stoller (1968), l’identità di genere si stabilizza prima della pubertà e deriva dal conflitto edipico: sia la mascolinità che la femminilità (che lui definisce protofemminilità come primo stadio di femminilità) si sviluppano come conseguenza del fantasma edipico. Tale identità tende ad evolversi fino al termine dell’adolescenza e consiste nella consapevolezza interiore che ogni persona ha del proprio genere sessuale. L’identità sessuale differenzia, quindi, il sesso biologico dal sesso psichico, quest’ultimo considerato parte integrante dell’identità dell’Io e definito gender identity (identità di genere) o il senso di se stesso (Money, 1965). Una consapevolezza che si acquisisce e che viene attribuita ancor prima che l’individuo nasca: dal momento in cui i genitori conoscono il sesso genetico del nascituro, la scelta del nome, dell’abbigliamento, dei colori e dei giochi rappresentano il primo processo di attribuzione sociale del genere sessuale. Durante il percorso della sua crescita, il bambino sperimenta un momento particolarmente cruciale che determina la conferma della propria appartenenza di genere, intorno ai 18 mesi d’età quando, cioè, comincia a sviluppare il linguaggio. È con l’abbigliamento, l’uso di giochi specifici, i capelli (elemento di vanto sin dalla tenera età, soprattutto per le femminucce) che i bambini acquisiscono, intorno ai 3-4 anni, una piena cognizione del proprio sesso genetico senza avere una chiara percezione della propria sessualità. Questa sensazione «intima, privata, diffusa, squisitamente psicologica» (Berivi, Della Giusta, 1991) dell’appartenenza genetica risulta meno tangibile dell’identità legata al ruolo che è, 22

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invece, espressione esteriore dell’identità di genere (Simonelli, 1996). Il ruolo è attribuito a livello sociale ed è strettamente legato ai rapporti interpersonali. Son proprio gli stereotipi culturali ad aver identificato il maschio nel ruolo attivo, il cosiddetto “sesso forte”, determinando in molti ragazzi una difficoltà a riconoscere tale attribuzione poiché connesso ai processi di rimozione12 e ad aspetti emotivi che si esprimono nella dipendenza, nella debolezza e nella passività, conferiti, invece, al “sesso debole” (Simonelli, 1996). Il processo di separazione-individuazione che ne consegue è fondamentale anche per il ragazzo e si genera attraverso il padre: il ruolo del genitore è quello di stabilire una differenziazione nel legame tra madre e figlio. Quest’ultimo, disidentificandosi dalla figura materna, si immedesima nel genere maschile rappresentando se stesso. Questa rivelazione permette una diversificazione psichica definibile in termini di ruolo che diviene l’espressione esteriore e sociale del proprio genere sessuale esplicandosi attraverso una serie di messaggi: la definizione della propria identità, la potenza biologica e la capacità procreativa. Un esempio eclatante è il desiderio di gravidanza, che può emergere nelle giovani adolescenti come tentativo di divincolarsi dal legame edipico (se il padre risulta troppo autoritario, intrusivo o troppo vicino) o come necessità di rompere un legame di dipendenza-sottomissione eccessiva dalla mamma (per offrire un dono liberatorio o per dichiarare in maniera aggressiva un riconoscimento in termini di identità) (Marcelli, Braconnier, 1996), e può essere preponderante rispetto al desiderio di maternità che si 12 La rimozione è un dimenticare o ignorare motivato. La teoria freudiana considera questo processo come modalità difensiva dell’Io in riferimento ad eventi traumatici. La successiva applicazione del termine si riferisce ad idee generate interiormente piuttosto che a traumi. Un ricorso eccessivo a questo meccanismo di difesa viene associato alla personalità isterica, tendenzialmente attribuita al genere femminile (Mc Williams, 1999).

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evolve, viceversa, in età adulta: questo desiderare è spinto da un bisogno sostanziale di dimostrare la propria funzionalità corporea adulta sia alla madre che a se stessa. L’identità di ruolo è, quindi, attribuita socialmente e risulta strettamente legata ai rapporti interpersonali. Essa si stabilisce a partire dall’infanzia in ordine alle attese dei genitori nei confronti del bambino. Il ruolo viene interiorizzato in base al sesso, all’età, alla posizione all’interno della famiglia, attraverso i processi d’identificazione. Al termine dell’adolescenza, l’identità progredisce attraverso l’acquisizione di un’ulteriore consapevolezza di appartenere ad uno specifico genere sessuale che si concretizza nella maternità e nella paternità. L’identificazione con le figure genitoriali è quindi una tappa fondamentale della crescita. Un eccesso di identificazione nel ruolo acquisito, nel delicato periodo della crescita, ostacolerebbe l’affermazione di una identità autentica (Erikson, 1950). A questo punto si può affermare che l’identità di genere e l’identità di ruolo possono coincidere, divergere o manifestarsi maggiormente l’una piuttosto che l’altra. L’investimento libidico: il passaggio dalla famiglia agli oggetti esterni. Il mondo relazionale in età evolutiva È ben chiaro che gli adolescenti ricerchino l’intimità e la relazione. Attraverso l’amicizia, che ha la funzione di sostenere l’Io nella crescita, si strutturano i processi di integrazione e di identificazione: la condivisione emotiva delle esperienze, lo scambio di informazioni e il confronto hanno il compito di aiutare l’adolescente a definire la sua personalità. La scelta di un partner consente, con l’innamoramento, di vivere le fantasie, i desideri e le paure legate allo sviluppo sessuoaffettivo. Contribuiscono, cioè, allo spostamento delle pulsioni erotiche dagli amori familiari a quelli extrafamiliari. La scelta dell’altro richiama una forte somiglianza con il 24

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genitore del sesso opposto; in alcuni casi l’amore persisterà nel tempo, in altri, come nella maggior parte, cambierà oggetto. Quest’identificazione, maggiormente accettabile dall’Io, evita il rinnovarsi del conflitto edipico (Aiello et al., 1986). Proprio perché i cambiamenti legati alla crescita inducono modificazioni dell’equilibrio interno, nella ‹‹conversione degli impulsi pregenitali in impulsi sessuali genitali›› l’adolescente può rimanere smarrito dirigendo la scelta oggettuale, anziché verso l’esterno, all’interno della sfera familiare sviluppando delle fantasie incestuose causa delle alterazioni dell’Io. È attraverso una serie di meccanismi di difesa, quali la rimozione, la formazione reattiva13, l’identificazione, la proiezione14, l’intellettualizzazione15 e la sublimazione16 che l’Io difende la propria identità (A. Freud, 1966). Nel rapporto con gli altri, una sofisticazione del giudizio comporta una modalità conflittuale di relazionarsi. L’adolescente può, quindi, adottare un comportamento denigratorio e pregiudizievole asserendo di poter fare a meno dei genitori, oppure mettere in atto un atteggiamento ribelle assolutamente contrario ai loro insegnamenti. Secondo la Aiello (1986), la scelta del partner soddisfa diverse funzioni: 1. genitale come capacità di gestire l’ambivalenza e di accettare il rischio di abbandono da parte dell’oggetto d’amore o la rottura del legame affettivo; 13 La formazione reattiva è definita come la conversione di un affetto negativo in positivo o viceversa. 14 La proiezione è il processo tramite cui qualcosa di interno viene considerato proveniente dall’esterno. L’empatia è una forma positiva di questo meccanismo psichico. 15 L’intellettualizzazione consiste nell’isolamento dell’affetto dall’intelletto. L’individuo viene percepito come anaffettivo. L’idea cioè di provare un sentimento è espressa verbalmente ma non emotivamente. 16 Lo spostamento di una pulsione biologica o aggressiva verso una mèta opposta viene considerata sublimazione. È il caso classico del chirurgo che sublima il suo impulso sadico, l’avvocato il suo impulso omicida.

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2. di appoggio legata alla ricerca di un compagno che possegga le caratteristiche psicologiche delle figure genitoriali, in modo da soddisfare i bisogni di sicurezza, protezione, sostegno ed affetto. 3. di autorealizzazione come ‹‹fuga dal rischio ed investimento sull’Io›› mettendo in primo piano l’affermazione personale rispetto alla relazione sentimentale; 4. anogettuale considerata come la preferenza di un oggetto transazionale che risulta nella nostra società un oggetto “svalutato” in un’ottica di tipo sentimentale, vale a dire la ricerca di un rapporto sessuale a prescindere dalla relazione. La prima esperienza sessuale permette all’adolescente di sperimentarsi: è la curiosità e l’occasionalità che lo spingono verso l’emancipazione o la relazione sentimentale. Un’indagine pilota, riconfermata a distanza di 10 anni con le stesse percentuali (Sigo, 2010), ha stabilito che su 2268 ragazzi, tra i 15 ed i 25 anni, circa il 30% sceglie rapporti occasionali senza l’utilizzo di precauzioni (Asper, 1998). Il ragazzo, nell’8,4% dei casi, si sperimenta in rapporti promiscui e anaffettivi, quindi anche a pagamento e, a differenza della ragazza, tende a confessarlo più facilmente (Aiello et al., 1986:31): l’8% delle adolescenti ed il 5,5% degli adolescenti hanno dichiarato di aver avuto la prima esperienza sessuale in ragione di uno scambio economico, cioè di averlo mercificato. È facile comprendere, quindi, come il senso di delusione venga saggiato in oltre due terzi degli adolescenti italiani durante la “prima volta” (Cafaro, 1998). Fortunatamente, però, la percentuale più alta (il 47,5%) predilige il legame affettivo: lui è disposto ad aspettare la partner solo se realmente affezionato, mentre lei si concede con l’aspettativa di solidificare il rapporto di coppia. È facile dedurre quanto, in un contesto di intimità e di relazioni affettive, un’educazione sessuo-affettiva e un modello identificativo mal assimilati porteranno l’adolescente ad agire la prima 26

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esperienza senza avere avuto il tempo di arricchirla e contornarla di un’affettività matura e pronta ad integrare l’erotismo. L’avvio ad una sessualità precoce, associata a caratteristiche di personalità ancora prettamente infantili, indurrà a sviluppare una dissociazione tra la sfera sessuale e quella affettiva. Al contrario, una repressione coinvolgerà l’individuo in un processo di sublimazione culturale, artistica o sportiva tale da sopire la spinta pulsionale “imposta” dall’età. L’evoluzione psichica dei ragazzi condiziona fortemente la vita adulta: gli insegnanti, la famiglia, i coetanei, le prime relazioni permettono di sviluppare le capacità individuali di gestire ulteriori periodi critici e di crescere dando rilevanza alle proprie scelte in maniera autonoma. Le età di mezzo: nuove tappe evolutive Lo svincolo dal nucleo familiare originario rappresenta oggi un elemento particolarmente discusso sia sul piano socio-economico che psicologico. Con l’allungamento dell’età adolescenziale, il passaggio all’età adulta diviene un percorso evolutivo ostacolato da diversi fattori sia sociali che familiari. Già dal 1967, Blos distingue delle sottofasi: • una preadolescenza come aumento della pulsionalità ed il riattivarsi della pregenitalità; • una prima adolescenza improntata al primato genitale ed al rispetto degli oggetti genitoriali interni; • un’adolescenza vera e propria in cui prevale il riaffiorare del complesso edipico ed il distacco dai primi oggetti d’amore; • un’adolescenza tardiva, come fase di consolidamento delle funzioni e degli interessi dell’Io e come periodo di strutturazione della rappresentazione del Sé; • una post adolescenza nella quale il compito adolescenziale viene definito. La personalità è organizzata in modo tale che la paternità e la maternità possano contribuire alla sua crescita. Edizioni Psiconline © 2015 - Riproduzione vietata

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Il prolungamento diventa, quindi, una condizione statica nella quale si rimanda nel tempo la crescita: il distacco dalle figure genitoriali interiorizzate ed il processo di identificazione risultano frenati poiché il tentativo di elaborare i conflitti edipici e pre-edipici non sono più elementi di rottura con le figure di riferimento, bensì di congiunzione. In un’organizzazione infantile della famiglia, i figli rappresentano un prolungamento narcisistico di sé, la madre viene idealizzata e poi interiorizzata -come accade nel bambino piccolo- mentre i figli abbandonano precocemente la competizione con il padre e con la sua funzione rimanendo vincolati a lei. Il conflitto è così evitato, rimandando nel tempo la conquista della condizione di adulto che permette all’individuo di intraprendere il percorso genitoriale (Salvucci, 2010). L’acquisizione di un’autonomia, spesso difficoltosa sul piano psicologico, diventa problematica se a complicare la situazione subentrano anche altri fattori: l’età di inserimento nel mondo lavorativo, la precarietà dei contratti, la grande crisi economica che ha investito il nostro paese e l’allungamento del ciclo di vita fin oltre i 75 anni hanno reso ulteriormente “dipendenti” i giovani adulti e gli adulti dal nucleo familiare d’origine. Tali condizioni illustrano, a grandi linee, le cause per le quali, il rinviare negli anni il progetto di costituire una famiglia, diventa quasi obbligato, ponendo, di conseguenza, l’individuo ulteriormente in crisi dinanzi all’orologio biologico.

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