Metafisica del sesso _ C'era una volta la psicanalisi

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Edizioni Psiconline速 - 2011 - Tutti i diritti riservati - Riproduzione vietata - ISBN 9788889845523


Piero Priorini

C’era una volta la psicanalisi L’epopea di Maria e Mario Rossi

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LA METAFISICA DEL SESSO

L’anziano e distinto signore che aveva suonato alla mia porta si accomodò, visibilmente impacciato, sulla poltrona del mio studio. Di media statura, magro, capelli bianchi tagliati cortissimi, occhi celesti che emanavano una mitezza inusitata, vestito sobriamente, con un pullover nero girocollo che stringeva il colletto bianco della camicia. Sembrava non sapere dove mettere le proprie mani e si guardava attorno con aria smarrita, quasi fosse indeciso se fosse o meno il caso di aprire bocca e raccontarmi cosa lo avesse spinto ad interpellarmi. I primi minuti di analisi per molti – anche se non per tutti – sono i peggiori: è come se ci si dovesse spogliare di ogni pudore e mostrare le proprie “presunte” deformità ad un illustre sconosciuto. Provo molto rispetto per le persone che decidono di affrontare e superare questa prova e, più li vedo soffrire e tormentarsi, più mi sforzo di farmi discreto, quasi inconsistente… pura presenzaassenza che concede all’altro tutto il tempo di cui ha bisogno per decidere se e fin dove osare mostrare se stesso. Gli occhi celesti e buoni del distinto signore vagavano nervosi per tutta la stanza, studiavano con cura i minimi particolari del mio tappeto finto-persiano poi, all’improvviso e di scatto, si alzarono su di me e mi sfidarono con un’aggressività che era chiaramente provocatoria e difensiva. « Io sono un prete… » buttò lì. « Stia tranquillo Padre – risposi subito – in tanti anni di attività ho avuto l’onore di poter essere di aiuto anche ad altri suoi “confratelli”, si dice così? Questa stanza, se mi concede l’ardire, è un po’ l’equivalente del vostro confessionale… tutto ciò che qui è raccontato, qui rimane… per sempre ». « Sono il parroco della parrocchia di S. Michele – mi rispose appena più sollevato

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PUNTI DI VISTA il mio interlocutore – una minuscola canonica di un ancor più minuscolo paese in provincia di Roma ». « Bene… » in un qualche modo intuii che il “rospo” non era ancora stato sputato per intero.

Lasciai passare con indifferenza una manciata di secondi che al buon parroco saranno sembrati una eternità. Perché, alla fine, di nuovo sbottò: « Mi chiamo Mario Rossi, ho settantadue anni, sono omosessuale…». « Padre…non ho ancora capito qual è il problema che l’ha condotta qui…».

Mi guardò interdetto. L’avevo spiazzato, perfetto… c’ero riuscito! Con una sola piccolissima frase gli avevo fatto intendere che quel problema non era un problema, che ero abituato a ben altro e che, se lo desiderava, potevamo passare a parlare piuttosto delle eventuali implicazioni del caso. I secondi ripresero a scorrere nel silenzio di entrambi. Poi: « É che sono ossessionato dal desiderio… non ho mai avuto rapporti con nessuno, questo è vero… almeno da quando sono stato ordinato sacerdote… la prego, mi creda… prima si… poi non più. Credevo di aver superato il problema, insomma… tanti anni di dedizione ai miei parrocchiani. Mi vogliono tutti molto bene, sa. E ormai, l’età… pensavo di essere al sicuro! Invece… mi sembra incredibile. Ho continue fantasie e mi sembra di controllarmi a stento. Allora ho paura, sospetto che tutti possano accorgersene… che possano scoprire i miei turpi pensieri. Che mi possano denunciare al vicariato e che io possa essere cacciato via. Ho molta paura. Io non ho nessuno, sono solo al mondo… che fine farei… ».

E si accasciò, in parte devastato dall’ansia che ora poteva palesare, in parte come sgravato e alleggerito da un peso che da troppo tempo si portava dentro. Lasciai che riprendesse fiato. Poi: « Stia calmo Padre. Non credo che la cosa sia così grave come le appare. Come le ho già accennato ho affrontato altri problemi simili con alcuni suoi confratelli. Lei è solo molto agitato perché si confronta da solo con tutte queste fantasie… « Sono sempre stato molto ansioso, dottore, sempre». « Come mai non ha cercato conforto all’interno della sua confraternita?». « Tanti anni or sono l’ho fatto. Sa… abbiamo dei sacerdoti psicoterapeuti».

Figuriamoci! Senza volerlo mi scappò una smorfia di disgusto ma Don Mario non se ne accorse. Anzi… ebbi l’impressione che lui avesse scoperto da solo l’assurdità di una cosa del genere. « Perché non si è rivolto a loro anche questa volta? ». « Scherza? No! Ho paura… Non sono più un giovane sacerdote da “correggere”

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C’ERA UNA VOLTA LA PSICANALISI... con frasi evangeliche. Sono un vecchio parroco che ne sa quanto loro… potrebbero rovinarmi. Magari per interessi di successione. E poi nessuno mi capirebbe». « Ma queste problematiche nella vostra aggregazione sono molto frequenti e comuni. Mi permetto di credere che lei stia esagerando ». « Glielo ho detto dottore, io sono sempre stato divorato dall’ansia. Non vorrebbe aiutarmi? Una mia parrocchiana mi ha parlato molto bene di lei. Non mi fido di nessuno ».

Probabilmente Don Mario era affetto da una grave forma di sindrome ansiosa che degenerava, a tratti, in leggere fantasie paranoidee. « Ne sarei onorato, Padre, stia tranquillo ».

Il suo corpo si rilassò, suoi occhi celesti si acquietarono e mi guardarono, per la prima volta, con speranza e gratitudine. « Che ne direbbe di raccontarmi tutto da capo, cominciando dalla sua infanzia? ». « La mia infanzia? Un secolo fa? Se proprio lo desidera…»

Scoprii così che Mario era stato figlio di due braccianti contadini che vivevano nella campagna laziale abitando in una baracca poco diversa dal pollaio che l’affiancava. Il padre era un lavoratore instancabile che la sera, però, tornava a casa ubriaco fradicio e angariava la moglie in tutti i modi possibili. La madre era una buona e santa donna, abituata a vivere nei disagi e nella miseria ma che, nonostante tutto, riuscì a comunicare al figlio amore e tenerezza. Purtroppo morì quando Mario aveva appena otto anni, lasciandolo solo a gestirsi il difficile rapporto con il padre. Fu in queste contingenze che si verificarono, per Mario, le prime esperienze fuorvianti sulla sua futura scelta degli oggetti d’amore. Alcune sere il padre, quando non era troppo ubriaco, prendeva il piccolo in braccio e si accomodava con lui su una vecchia poltrona sfondata. Mario non ricordava che si fossero mai verificati episodi espliciti di abuso sessuale; ricordava però come in quelle sere egli registrasse la potente erezione del padre sotto i pantaloni e come, strofinandosi a lui, avvertisse un piacevole languore nel basso ventre e un profondo senso di benessere. In quello stesso periodo, a scuola, alcuni dei suoi compagni più grandi cominciarono ad esibire atteggiamenti sempre più strafottenti e prepotenti. Il bullismo, in quel retroterra contadino, era endemico. Mario, però, era troppo mite, timido ed introverso per trovare in sé la forza di opporsi a tutte quelle ciniche forme di violenza. Finì per divenire la vittima prediletta dei suoi compagni che, alla fine, giunsero a violentarlo e a considerarlo per molti anni l’oggetto prediletto sul quale soddisfare i propri più urgenti bisogni. In un clima di miseria e povertà economiche, culturali e morali come quello in cui la vita di Mario si trascinava, le sue possibilità future erano già molto com-

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PUNTI DI VISTA promesse. Si salvò, come spesso accade in simili casi di indigenza, solo grazie alla frequentazione della parrocchia prima, e alla possibilità che gli fu offerta in seguito di entrare in seminario. Ne uscì ordinato sacerdote intorno ai ventiquattro anni molto più educato, colto e preparato alla vita di quanto mai avrebbe potuto sperare di realizzare partendo dalle condizioni nelle quali precedentemente era vissuto. Durante il noviziato, tuttavia, non si era risparmiato furtive esperienze omosessuali, sia con alcuni compagni di fede (si era addirittura innamorato di uno di questi) sia con alcuni dei più anziani insegnanti e confessori spirituali. Poi, come mi aveva raccontato fin dalla prima ora in cui ci eravamo conosciuti, una volta ordinato sacerdote queste concessioni si erano diradate per poi scomparire del tutto tra i mille impegni del sacerdozio. Molti anni dopo, a seguito della condotta esemplare da lui sempre espressa e – dedussi io – grazie anche ad un candore e una dolcezza d’animo che lo fecero individuare come soggetto scomodo agli alti gradi della curia, fu nominato parroco di un insignificante sobborgo della provincia di Roma. Dove Don Mario ben esercitò, amato e stimato da tutti i parrocchiani che, come lui, erano di cuore generoso ma di spirito semplice. Dopo aver ascoltato la storia – che qui ho riportato in maniera fin troppo succinta – diagnosticai una omosessualità indotta ma, tuttavia, ego-sintonica. Quando gli espressi il mio parere, ovviamente con un linguaggio molto più semplice ed essenziale, Don Mario mi confortò raccontandomi come, alcuni anni prima, quando era iniziato il suo tormento, avesse consultato anche uno psichiatra che aveva tratto le mie stesse identiche conclusioni diagnostiche. Solo la sua freddezza professionale – tipica di molti medici – aveva indotto Don Mario ad allontanarsene senza prendere in considerazione le sue proposte terapeutiche. Come che sia… significativo era il fatto che, nel vasto mondo della omosessualità (caratterizzato da vissuti lontani e diversissimi tra loro) il piccolo Mario avesse sviluppato le sue preferenze sessuali solo a seguito di complesse esperienze morbose che lo avevano condizionato poi in maniera irreversibile. Davvero particolare, invece, era il fatto che tutto questo fosse rimasto celato – forse dovrei dire sublimato – per più di quarant’anni e che solo in età avanzata, quando Padre Mario avrebbe potuto cominciare a tirare i remi in barca e a godersi l’affetto e la stima dei suoi parrocchiani, tornasse invece prepotentemente in superficie, obbligandolo a rocambolesche strategie di fuga. Quando meno se lo aspettava, infatti, lo sguardo dolce dei suoi occhi cerulei era capace di fissarsi sulla patta dei pantaloni di qualche giovane fedele e lì restare, come incatenato, sfuggendo all’attenzione vigile del suo Io. Quando rientrava in sé: “forse era troppo tardi, forse il giovane di turno se ne era accorto, avrebbe diffuso la voce, sarebbe stato smascherato, sarebbe stato cacciato con ignominia dal suo santo ufficio”. Il tormento di Don Mario cominciava così, quando meno se lo aspettava, e continuava la notte costringendolo sveglio a rigirarsi in preda ai propri dubbi:

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C’ERA UNA VOLTA LA PSICANALISI... « Stavolta se n’è accorto… ho visto come mi guardava disgustato… diffonderà la voce… tutti verranno a saperlo, sarò richiamato dal vescovo e mi sospenderanno… ».

Fu così che Don Mario prese a telefonarmi, qualche rara volta, nelle ore più impensate ma sempre con molta discrezione, solo per sentirsi rassicurato da me che: « Padre, cerchi di calmarsi… non credo che nessuno si sia accorto di nulla. Lei è sempre stato irreprensibile. Tutti nel paese la conoscono da almeno venticinque anni. Le vogliono bene… Cerchi di riposare, Padre, stia tranquillo. E poi, in Vaticano, sono abituati a storie di questo tipo… Anche se fosse, non sarà la fine del mondo, lei dovrebbe saperlo ».

Ma era evidente che bisognava trovare una qualche definitiva soluzione. O, almeno, io dovevo provare a trovarla e a proporgliela. Don Mario aveva settantadue anni, perciò – a parte il fatto che io non avevo mai ritenuto che l’omosessualità dovesse essere “curata”, bensì solo ben integrata nella personalità – sarebbe stato inutile ripercorrere le tappe del suo manifestarsi per svincolarla dall’ansia che la caratterizzava. Questa, piuttosto, sembrava dovuta più al contrasto con la funzione e con il ruolo da lui svolto in seno alla società che a un suo pregiudizio nei confronti dell’omosessualità in quanto tale. Sembrava più in contrasto con l’ipocrita fobia sessuale della confessione cattolica della quale lui era il rappresentante che una condanna morale interiorizzata. Decisi perciò di puntare il tutto per tutto trattando il suo problema né più né meno alla stessa maniera con cui avrei trattato il desiderio eterosessuale di un suo confratello. « Le sue scelte sessuali, Padre, riguardano solo lei. Non rappresentano alcun problema. L’ansia che prova deriva in buona parte dall’intensità dei suoi desideri inappagati, e in parte dal contrasto tra questi desideri e i divieti morali – o forse dovrei dire moralistici – della chiesa di cui lei è il rappresentante. Se lei fosse un sacerdote attanagliato da fantasie e desideri eterosessuali la problematica sarebbe la medesima ».

Ebbi ragione. Don Mario mi seguì su questo impervio sentiero con una naturalezza e una spontaneità confortanti. Era troppo “semplice di spirito”, troppo innocente e puro per non intuire la “follia” che si celava dietro le elucubrazioni speculative della dottrina cattolica in merito alla sessualità umana. Il mio obiettivo – non troppo mascherato – era quello di spingerlo a concedere una qualche “discreta” soddisfazione al suo desiderio, nei limiti di ambienti protetti e permissivi, e con soggetti che condividessero le sue stesse inclinazioni. Così, le volte successive, cominciai ad inoltrarmi nello scabroso territorio della sessuofobia del cattolicesimo e nelle ben peggiori perversioni (quelle sì meritevoli di condanna) che si nascondono nella penombra dei corridoi vaticani.

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PUNTI DI VISTA « Si è mai chiesto Padre, come mai tutte le più grandi visioni religiose del mondo – con esclusione del cattolicesimo – hanno sempre riconosciuto la natura occulta, misteriosa e sacra della sessualità? Dall’antica India ai regni Aztechi, Maya e Inca, dall’antico Egitto all’antica Cina e al Giappone, dall’Africa all’America, i ricercatori dello spirito hanno sempre intuito come, dietro l’uso ed abuso della sessualità ordinaria si celassero delle immense energie, la cui natura occulta era appunto spirituale ».

Magari zoppicando, ma Don Mario mi seguiva. Era come se le informazioni che gli suggerivo e i libri che gli consigliavo andassero confermando in lui pensieri propri che aveva appena osato sospettare, senza però aver mai trovato il coraggio di formulare pienamente. Io ero più stupito di lui e non sapevo fin dove mi sarei potuto spingere: in fin dei conti era pur sempre un sacerdote, anzi… un buon sacerdote, capace di ispirare fede e timor di Dio tra i suoi fedeli. Quanto potevo osare? Fin dove mi avrebbe seguito? Potrà sembrare incredibile, ma io sono convinto che la sessualità sia la Grande Sconosciuta di questa epoca decadente. Sconosciuta ai rappresentanti della ricerca scientifica accreditata, che presumono di poterla risolvere nell’istinto (anche se, si badi bene, nessuno allo stato attuale della scienza è in grado di dire cosa sia un istinto), sconosciuta alla coscienza collettiva (che la usa e ne abusa solo ed esclusivamente per finalità egoiche) e sconosciuta infine ai rappresentanti della conoscenza religiosa popolare (sia essa cattolica, islamica o ebraica). Solo la Gnosi (come componente mistica ed occulta del cristianesimo delle origini), il Sufismo (l’antica pratica ascetica dell’islam) e la Cabala (la componente misteriosofica arcaica dell’ebraismo), si erano avvicinati a questo segreto dei segreti, intuendo la sessualità come un flusso di corrente spirituale la cui essenza giace invertita nella natura materiale del mondo. La stessa cosa avevano scoperto gli antichi Yogi che chiamavano, appunto, Kundalini questo flusso energetico invertito che rappresentavano come serpente acciambellato nel basso ventre dell’essere umano. Un serpente che, risvegliato con precise tecniche e condotto a rifluire dal basso in alto lungo la spina dorsale dell’asceta, aveva il potere di ricondurre l’Io alla natura spirituale da cui un giorno era disceso. Tuttavia, proprio in quanto dimensione in cui massimamente si inverte e si corrompe il flusso originario di energia spirituale, la sessualità si sostanzia in una forza oscura, immane, capace di travolgere ed irretire l’Io spengendone ogni facoltà di coscienza. Si potrebbe anzi dire che presenza cosciente e trasporto erotico, per esistere, si escludono reciprocamente: se c’è l’una non c’è l’altro, e viceversa. Per questo l’eros ha sempre rappresentato, e ancora rappresenta, un abisso inesplorato dove naufraga ogni buon intendimento umano, perde valore qualunque progetto razionale, si smarrisce la ragione e l’Io si perde tradendo se stesso e tutti i suoi più alti valori morali. Solo l’Eroe compiuto può osare guardare nell’abisso e, senza perdersi, redimerne e consacrarne le forze. È questo il tema che troviamo celato nel “Parsifal” di Wagner, dove il “Puro Folle” (questa

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C’ERA UNA VOLTA LA PSICANALISI... è l’etimologia del nome Parsifal) resiste alle tentazioni di Kundri – la Donna Natura, portatrice dell’Eros selvaggio – che Klingsor (il Mago Nero) gli aveva inviato contro, e ne riscatta la natura attraverso un atto di fedeltà assoluta verso colei che gli era moglie devota. Può essere interessante ricordare come nel mito, anche Klingsor, il Mago Nero, fosse stato un giorno un cavaliere del Graal; solo che, insuperbitosi, aveva creduto di poter superare la prova estrema rappresentata dall’incontro con la sessualità castrandosi. La castrazione, tuttavia, non poteva essere considerata il superamento della prova, bensì il suo evitamento. Cacciato con ignominia dal cerchio dei cavalieri, Klingsor diventò così il loro peggior nemico potendo vantare, appunto in quanto castrato, un potere assoluto sull’Eros che nella natura della donna affonda le sue radici ultime. È grazie a questa forza immane che Klingsor ferisce mortalmente “all’inguine” Amfortas, il re dei cavalieri del Graal, e ne usurpa il posto esercitando il suo potere sul mondo. Parsifal, resistendo a Kundri non in quanto castrato, bensì come uomo nel pieno possesso delle sue capacità, sconfigge Klingsor, redime Kundri, invertendone il flusso energetico, e ritrova il Santo Graal. Con ciò guarendo Amfortas – e potenzialmente tutto il mondo – dalla mortale ferita che Klingsor, il Mago Nero, gli aveva procurato. Nel libretto di Wagner sono descritte compiutamente, anche se sotto forma immaginifica, le dinamiche che si celano sotto la funzione della sessualità umana. È senz’altro vero che pochissimi sono coloro in grado di comprenderne il messaggio, ma è un fatto che la sua precisione sia assoluta. È un fatto che in ognuno di noi – uomo o donna – si cela un Amfortas ferito mortalmente all’inguine che attende l’Eroe in grado di risanarlo attraverso la redenzione e la consacrazione delle forze dell’eros. È l’amore sacro che redime le forze possenti del sesso, disincantando l’inversione e permettendo loro di riprendere a scorrere secondo la direzione originaria. Perciò, se proprio vogliamo, nella condanna del sesso operata dalla Santa Romana Chiesa, Cattolica ed Apostolica è possibile cogliere un atteggiamento di paternalistica protezione dei suoi seguaci. Solo che questo protezionismo è più l’espressione di una Guida Castrata piuttosto che di una Guida Vittoriosa, la quale, a sua volta, pur senza rendersene consapevole, invita alla castrazione tutti i suoi vicari e molti dei suoi fedeli piuttosto che incitarli alla tenzone e alla vittoria. È senz’altro vero che è pericolosissimo e assai profondo l’abisso nel quale occorrerebbe calarsi per confrontarsi con le forze basali della sessualità. Così come è impossibile immaginare di sconfiggere e redimere tali forze senza un bagaglio straordinario di risorse come quello che solo pochi Eroi portano con sé. Ma una battaglia rifiutata non è una battaglia vinta; piuttosto è una battaglia persa. Invitando i suoi vicari e i suoi fedeli all’astinenza, il cattolicesimo li condanna alla sconfitta, con ciò perpetuando la vittoria delle forze della sessualità che, in natura, scorrono nella direzione inversa a quella originaria.

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PUNTI DI VISTA Sì! Certo… l’incontro a tu per tu con le forze dell’eros di tutti coloro che non possiedono le armi adeguate per difendersi ed attaccare, è pericoloso e foriero di perdizione. È indubitabile. Tuttavia solo dalle sconfitte si può imparare e solo attraverso il dolore, l’umiliazione e la vergogna possono attivarsi nell’anima quelle forze di riscatto che arriveranno un giorno a guadagnarsi la vittoria. È inutile e poco intelligente credere di potersi astenere dal peccato. Il peccato va redento! Dall’interno! Il peccato va estinto, consacrando le forze con le quali lo si compie. Solo l’amore sacro può redimere l’amore profano, ma non attraverso la sua rinuncia, bensì attraverso la sua estinzione radicale dall’anima. L’astinenza, allora, è una castrazione inutile. Sempre! A meno che non sia l’autentica espressione della maturazione interiore di una singola individualità eroica. Un numero significativo di mistici, di asceti e di monaci di tutte le religioni del mondo hanno testimoniato delle incredibili potenzialità offerte loro dall’astinenza: estasi, stati di illuminazione, conoscenza globale. Ma si è trattato ogni volta di individualità speciali – in questo senso eroiche – e che, molto spesso, anche se non sempre, sono arrivati per gradi, appunto attraverso una lenta maturazione interiore, a scegliere autonomamente di perseguire l’astinenza. Di solito dopo aver vissuto una lunga e normale esperienza sessuale la cui forza, ad un certo punto, sentono di voler strumentalizzare. Come compimento interiore. Come espressione di una coerenza interiore. L’astinenza obbligata è una menzogna spirituale. Un insulto alla libertà dell’uomo. È il frutto di dottrine incapaci non solo di riconoscere o, almeno, di ricordare il senso e lo scopo dell’antica sfida; ma, soprattutto, di dottrine che ne ostacolano il superamento. Non producono evoluzione dell’anima, bensì repressione, inibizione, coartazione. Con tutti i rischi e gli svantaggi che tutto ciò comporta. Fin dal primo momento storico in cui la castità dei sacerdoti fu statuita come obbligo, infatti, la loro caduta in esperienze eterosessuali è stata all’ordine del giorno; quando non anche, invece, in esperienze orgiastiche, omosessuali o, quel che è ancora peggiore, di pedofilia. Non c’è nulla da fare: tutte queste aberrazioni sono il risultato di un’ignoranza e di una mala fede che, avendo perduto anche il ricordo delle proprie radici, si sono trasformate in una grave forma sessuofobica. Una fobia feroce, pervasiva, violenta, che come un fiume sotterraneo attraversa tutti i duemila anni di cultura cattolica e che solo l’arroganza ipocrita di chi sa di esercitare un potere indiscutibile riesce a tenere a mala pena occultata. Don Mario mi seguì ansimando attraverso tutti questi pensieri… ma mi seguì. Leggendo, documentandosi, informandosi attraverso di me… sebbene molte relazioni concettuali gli sfuggissero completamente, riuscì in maniera graduale a farsi un quadro del tutto diverso del grandioso tema che insieme stavamo affrontando. Io lo sostenevo per come potevo. Quest’uomo buono, innocente, gentile e sensibile non meritava un simile tormento. La tenerezza che evocava in

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C’ERA UNA VOLTA LA PSICANALISI... me era inversamente proporzionale alla collera furiosa che provavo per la cultura cattolica perversa dalla quale il nostro paese era sempre stato condizionato. Dio mio… che immensa, abissale ipocrisia! Ricordo, che in un momento di intensa rabbia, per sfogarmi scrissi una lettera ad una famosa scrittrice italiana di chiaro indirizzo cattolico ma che stimavo, tuttavia, sufficientemente libera e spregiudicata. Fui gentilissimo e delicato: mi presentai e in sei pagine dattiloscritte le illustrai il caso che tanto avevo a cuore, chiedendole infine di come lei riuscisse a conciliare la dottrina cattolica con le tante realtà aberranti simili a quella che io mi permettevo di portare a sua conoscenza. Per molti mesi non si degnò nemmeno di rispondermi. Chissà? – dissi a me stesso – Forse la congenita mancanza di tempo delle celebrità. Poi un giorno mi arrivò una busta con dentro un foglio di quaderno a quadretti tutto spiegazzato, scritto per metà con una penna verde e l’altra metà con una matita nera. In poche righe la grande scrittrice riassumeva tutti i luoghi comuni e le più sordide ipocrisie che un qualsiasi idiota cattolico avrebbe potuto scrivermi. Mi ero sbagliato: la grande scrittrice era solo un grande bluff. Ma io avevo il problema urgente di Don Mario da risolvere. Le attenzioni coattive verso i giovani uomini che incontrava nell’esercizio quotidiano delle sue funzioni non lo abbandonavano un solo istante e la paura di essere scoperto, di conseguenza, lo tormentava giorno e notte. Se invece spariva dalla scena sociale, magari fingendo esercizi spirituali, era assalito da fantasie erotiche che lo lasciavano stordito, insoddisfatto e angosciato. Il livello di ansia che era chiamato a sostenere era davvero enorme. Sarebbe stato troppo per chiunque! « Padre - esordii un giorno, sperando che fosse maturo per ascoltare ciò che volevo proporgli - perché non pensa di allentare almeno un poco la sua tensione. Se ha compreso buona parte delle cose dette nei nostri colloqui, oramai dovrebbe sapere che non ci sarebbe nulla di male ad avere una relazione… o un rapporto fisico ogni tanto ».

Mi guardò con l’incredulità negli occhi buoni. « Così come viene da me - incalzai - in incognito, vestito con abiti civili, così potrebbe allontanarsi dal circondario della sua parrocchia… magari potrebbe andare in un’altra città, lontano, per un giorno o due di riposo. Anche voi avrete le ferie, o sbaglio? Un’altra città… che ne pensa? Il mondo è pieno di omosessuali come lei. Basterà lasciarsi avvicinare…».

Quel giorno se ne andò meditabondo. La volta dopo, però, era pieno di obiezioni: « Ma come ci si comporta… come si fa, dottore? Come potrei segnalare ad altri la mia inclinazione? E poi, se incontrassi per caso qualcuno che mi conosce? Se lo immagina lo scandalo… ».

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PUNTI DI VISTA « Padre, ma chi vuole che se ne accorga? Forse altri uomini, interessati a una esperienza di incontro con lei. Questo sì! Ma: “persone che potrebbero riconoscerla”? In un’altra città, lontano da Roma? Ma andiamo Padre… ». « Non potrei sopportarlo. Ho troppa paura… ». « E poi le sto parlando di rapporti tra adulti consenzienti. Del tutto legittimi ». « Ma io sono un sacerdote… ». « Padre… non mi dica che ignora quello che hanno sempre fatto molti dei suoi confratelli. Non ne ha mai sentito parlare? Non conosce quello che accade nei corridoi dei vostri istituti? Non legge mai i giornali? ». « Ma io sono solo un povero parroco di campagna… non sono un vescovo o un cardinale che qualcuno, dall’alto, potrebbe voler proteggere. Magari per convenienze politiche. Io non sono nessuno… non ho nessuno, sono solo al mondo. Se mi scomunicassero e mi cacciassero via… alla mia età… dove potrei mai andare? Chi mi vorrebbe più? ».

Lo capivo. Comprendevo tutte le sue motivazioni. Ma come potevo sperare di riuscire ad alleggerire la sua ansia se tutti i suoi pensieri, i suoi desideri e le sue fantasie, tutti i giorni convergevano sulla patta dei pantaloni dei suoi fedeli più attraenti? Per alcune settimane continuai a provocarlo inventando per lui situazioni possibilistiche. Arrivai persino a chiedere ad un mio ex paziente omosessuale l’indirizzo di alcuni locali pubblici che funzionavano come ritrovo per gay in cerca di avventure… e, ovviamente, lo sollecitai ad andarci. Magari solo per curiosità… Don Mario questa volta mi ascoltò con un’accentuata curiosità. La settimana successiva, tuttavia, quando ci ritrovammo mi disse: « Sa dottore, ci ho pensato. Ci ho pensato davvero… ma poi mi sono detto che il mio desiderio non è solo sessuale. Forse quello che davvero vorrei è una persona d’amare e dalla quale essere riamato. E in quei locali non credo che potrei trovarla. E la mia condizione di anziano sacerdote non permetterebbe quasi a nessuno di amarmi e di lasciarsi amare. Ci ho pensato davvero, dottore, sono stato tentato di darle ascolto… ma, ecco, non credo che ne uscirei appagato e soddisfatto. Forse il Signore ha voluto per me questa sofferenza senza soluzione ».

Aveva vinto lui! Lo intuii subito. E la mia sconfitta era senza appello. Avrebbe avuto bisogno di amore e non di una sessualità scissa come quella che io gli avevo proposto pur con tutte le mie migliori intenzioni. Aveva vinto la componente sana della sua personalità! Aveva vinto su di me e sulla sua parte omosessuale malata. Il nostro percorso insieme si era concluso. Quando mi salutò, alcune settimane successive, mi disse:

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C’ERA UNA VOLTA LA PSICANALISI... « Dottore, grazie di tutto. Davvero grazie… lei mi ha aiutato a sentirmi meno in colpa per le pulsioni che provo e a riconoscerle come una prova legittima che ogni uomo deve affrontare. Non si rattristi; lei ha fatto moltissimo per me. E poi… lo sa… credo che lei sia una persona con una forte e autentica spiritualità. Di sicuro lei è molto più spirituale della maggior parte dei confratelli che io ho conosciuto… e anche di molti dei miei stessi superiori. Sono molto contento di averla incontrata e di aver potuto parlare con lei. Pregherò per lei, dottore…». « Sono io, Padre - lo salutai, commosso, stringendogli entrambe le mani - che sono stato onorato di averla conosciuta. La porterò sempre nel mio cuore ».

Mi guardò ancora una volta con quei suoi occhi buoni, poi si girò e se ne andò per le scale. Una vittima della ipocrisia degli uomini. Un agnellino innocente. Uno dei tanti in cui il Cristo è crocefisso di nuovo, ogni giorno, dalla stupidità e dalla ipocrisia degli uomini.

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Prima Edizione: 2011 ISBN 9788889845523 © 2011 Edizioni Psiconline - Francavilla al Mare Psiconline® Srl 66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/A Tel. 085 817699 - Fax 085 9432764 Sito web: www.edizioni-psiconline.it e-mail: redazione@edizioni-psiconline.it I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi. Finito di stampare nel mese di Giugno 2011 in Italia da Arti Grafiche Picene Srl - Maltignano (AP) per conto di Edizioni Psiconline (Settore Editoriale di Psiconline® Srl)

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