Rosso Stenton - integrale

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rosso stenton integrale

attilio micheluzzi

Rosso Stenton – Integrale di Attilio Micheluzzi

© 1982 Attilio Micheluzzi / eredi Micheluzzi © 2022 Solone srl per questa edizione Tutti i diritti riservati Collana Attilio Micheluzzi, 9

Direttore Editoriale: Nicola Pesce Ordini o informazioni: info@edizioninpe.it Caporedattore: Stefano Romanini Ufcio Stampa: Gloria Grieco ufciostampa@edizioninpe.it Coordinamento Editoriale: Valeria Morelli Correzione bozze: a cura della redazione Progetto, elaborazione grafca e colorazione cover: a cura della redazione

Shanghai è stato pubblicato per la prima volta su «L’Eternauta» nn.10-13 dal dicembre 1982 al marzo 1983 Avventura in Manciuria è stato pubblicato per la prima volta su «L’Eternauta» nn.20-24 dal dicembre 1983 all’aprile 1984

La lunga notte è stato pubblicato per la prima volta su «Orient Express», I Protagonisti n. 16, Edizioni L’Isola Trovata, aprile 1986 Yellow Christmas è stato pubblicato per la prima volta su «L’Eternauta» nn.50-54 dal settembre 1986 al gennaio 1987

Si ringrazia Agnese Micheluzzi per la gentile consulenza Stampato tramite Tespi srl – Eboli (SA) nel mese di novembre 2022

Edizioni NPE è un marchio in esclusiva di Solone srl Via Aversana, 8 – 84025 Eboli (SA) edizioninpe.it facebook.com/EdizioniNPE twitter.com/EdizioniNPE instagram.com/EdizioniNPE #edizioninpe

Rosso Stenton Integrale di Attilio Micheluzzi

Il fascino dell’esotico e della narrazione adulta

Estremo Oriente, fne anni Trenta del Novecento. Basterebbe quest’ambien tazione per far pensare subito a un’avventura esotica in grado di ammaliare chiunque, come certe canzoni di Paolo Conte o di Vinicio Capossela. Se poi si aggiunge la capacità di risucchiare il lettore nelle vicende narrate dai testi e i disegni di Attilio Micheluzzi, il gioco è fatto: e anche dopo duecento pagine, non se ne vorrebbe più uscire.

Capitale economica e spesso anche culturale di tutto l’Est asiatico per la prima metà del XX secolo, la “Parigi d’Oriente” aveva visto tante prime volte in Cina: telegrafo e telefono, energia elettrica e automobili a motore, ferrovia e fognature moderne… Nonché la prima rivista di fumetti: «Shanghai Manhua» nel 1928-1930, settimanale dalla vita breve ma intensa, dalle copertine provo catorie e foriero di numerose imitazioni in tutto il Paese. Quando agli inizi degli anni Ottanta per la rivista «L’Eternauta» Attilio Micheluzzi la sceglie come scenario nelle storie del palombaro di prima classe Roscoe “Rosso” Stenton, la metropoli è da tempo la più popolosa al mondo – superata soltanto a fine millennio dallo sviluppo forzato di Chongqing – ed è apparsa in film fortemente iconici come Shanghai Express (1932) di Erich von Stroheim con Marlene Dietrich e La signora di Shanghai (1947) di Orson Welles con Rita Hayworth, ma non ancora sullo sfondo di fumetti come avviene soltanto di recente, con la serie transalpina «Shanghaï» scritta di Mathieu Mariolle e di segnata da Yann Tisseron (2010-2013) e la miniserie bonelliana «Shanghai Devil» realizzata da Gianfranco Manfredi e una dozzina di valenti disegnatori italiani nel 2011-2013 (sequel diretta della precedente «Volto Nascosto» dello scrittore/cantautore milanese), nonché la collana made in USA «Shanghai Red» (2018) firmata da Christopher Sebela per le immagini di Joshua Hixson.

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È tuttavia soltanto nella saga di Micheluzzi – qui integralmente raccolta in un volume unico per la prima volta in Italia – che le vicende s’intrecciano intorno alla seconda guerra sino-giapponese tra l’esercito nazionalista del Dragone e quello imperiale del Sol Levante (il più grande confitto avvenuto nel conti nente asiatico nel Novecento), signifcativamente conosciuta nel continente anche come “Guerra degli otto anni di resistenza”. In particolare, tutte le vicende di Rosso Stenton raccontate nelle sue quattro avventure si svolgono in meno di un anno, dall’aprile 1937 al febbraio 1938. All’inizio la Shanghai fra le due guerre mondiali, poi una Manciuria splendidamente innevata (e per i lettori afezionati di Micheluzzi è impossibile non pensare a certe immagini balcaniche di Petra Chérie…), una lunga notte nella Cina centrale poco dopo e una storia di Natale per concludere (non Bianco come quello della White Christmas di Bing Crosby – ovvero la canzone più venduta di tutti i tempi – bensì inevita bilmente Giallo come la pigmentazione asiatica: «Ma non cercate la glorifca zione dei buoni sentimenti. È solo una coincidenza di date», avverte sorniona la didascalia iniziale). Come si fa a non immaginarsi avventure mozzafato, con queste premesse?

Suggestioni e notazioni di stile

Interessi politici internazionali intrecciati fra di loro come nella più classica spy-story di realissima ispirazione dagli intrighi dei servizi segreti d’ogni tem po, tipi umani di ogni risma afancati l’un l’altro in poco spazio come in ogni porto e situazioni al limite, tensioni sociali ed economiche nel mondo di allora come quello di oggi.

Già dall’esordio è evidente come l’intera saga racchiuda tutte le atmosfere avventurose, il periodo storico e gli stilemi narrativi dell’Attilio Micheluzzi maturo, che nei pochi anni in cui scrive e disegna le peripezie del suo bel marinaio (pubblicate dal dicembre 1982 al gennaio 1987) – e si capisce che si diverte un sacco – ha soltanto dieci anni di carriera alle spalle ma è già un au tore afermato, premiato con lo Yellow Kid al 14° Salone Internazionale dei Comics di Lucca nel 1980 e in grado di alternare romanzi a fumetti di stampo ottocentesco a serie rafnate pubblicate a puntate, senza disdegnare biografe

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non banali su valenti riviste per ragazzi di illuminati editori cattolici come «Messaggero dei Ragazzi» e «Il Giornalino».

I fan di Attilio Micheluzzi lo sanno bene, ma non è inutile ricordare che il suo è un caso più unico che raro nella storia del fumetto italiano ed europeo: dopo aver svolto la sua professione di architetto per grandi opere (realizzando aero porti e ospedali, strade e studi di urbanistica dal Senegal alla Tunisia, dalla Nigeria al Marocco), a 42 anni è costretto – un mese prima di diventare archi tetto ufciale della casa reale in Libia – dalla presa di potere del colonnello Gheddaf a riconvertirsi in fumettista peraltro soprafno, capace in pochissimo tempo di passare a scriversi e disegnarsi autonomamente le proprie storie. Nel raccontare il suo lavoro sul purtroppo unico numero della rivista «European Cartoonist» confezionata in lingua inglese nell’estate 1984 dall’edi tore amatoriale Nino Bernazzali (in realtà una ripartenza dopo un analogo n.1 nel 1973), è lui stesso a rivelare in poche ma efficaci parole quanto sia stata «la Cina degli anni Trenta, l’epoca dei Signori della guerra, del Kuomintang, dei giapponesi, delle concussioni, del contrabbando, il canto del cigno della razza bianca in Asia ad afascinarmi, più del marinaio rissoso, cialtrone e di sertore», che guida il lettore nelle vicende, in una miscela esplosiva di temi e situazioni che rimane ammaliante ancor oggi per il suo miscuglio di esotismo e cliché, agevolmente irrisi e superati proprio nel momento in cui vengono messi in scena dalla narrazione soprafna dell’autore istriano.

La sua è una ricostruzione meticolosa di ambienti e cronologie che non si fa mai asfssiante, semmai impreziosisce la trama come nei migliori romanzi sto rici (e con i fumetti è ancor più divertente, perché appaga anche l’occhio) aiu tata dall’attenzione per i particolari. Lo si vede plasticamente nell’iconica illu strazione fnale, una foto in cornice che chiude come da tradizione molti romanzi a fumetti di Micheluzzi (avvalorando l’ipotesi che le avventure di questo volume siano in realtà quattro capitoli di un’unica vicenda: «Un anno vissuto pericolosamente», per dirla con il titolo di un noto f lm australiano uscito proprio mentre Stenton debuttava su «L’Eternauta») citando lo studio realmente esistente Grifth and Afong Lai Photographers, Shanghai, uno dei più attivi nel sud-est asiatico a cavallo fra Otto e Novecento.

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Come sempre la leggibilità delle tavole è assoluta, la griglia delle vignette è regolare (perché non si noti se non quando serve) senza essere mai uguale a se stessa, mentre il dinamismo delle inquadrature e dei tagli di luce, ma anche gli immancabili caratteristi e le fgure femminili, guardano con afetto al cinema americano classico: «Per un ragazzo di oggi bombardato da immagini e mes saggi non è possibile immaginare cosa voleva dire per noi vedere un f lm con Gary Cooper», come dichiara l’autore al mensile «Fumo di China» nel marzo 1989 citando l’attore odiato da Stenton per la sua altezza. Non manca un evi dente riferimento a un f lm più tardo come Quelli della San Pablo (1966) di Robert Wise dal romanzo di Richard McKenna, che servì nel 1936 da soldato sullo Yangtze Kiang o Fiume Azzurro (in cui confuisce l’Huangpu di Shanghai) pur ambientando il libro nel decennio prima.

La freschezza narrativa e il divertimento per chi legge – e si nota ancor più, spiace rilevarlo, in questa nostra epoca avara di sceneggiatori capaci di andare al di là di banali copia-incolla di formule stantie più che standard – si basano anche sulla benemerita attenzione di Micheluzzi ai personaggi minori. «Come si può costruire una storia decente senza un adeguato supporto di tipi umani, che ne sono il sale e il pepe e, in un certo senso, la piattaforma luminosa su cui si esibiranno i primi attori?», scrive l’autore istriano nel 1986.

La vita stessa, non è la successione infnita dei casi umani dei comprimari? (benché ognuno di essi si senta protagonista dei suoi casi personali, e giustamente).

Quando il destino ha promosso personaggio il comprimario, l’universo infnito da cui è balzato non muore per questo, ma gli resta disciplinatamente accanto, per diventarne quasi la cassa di risonanza. È il piccolo personaggio laterale che dà al prim’attore la statura che lo fa tale. Come fare a trascurarlo in una storia? Che autore sarei? E a parte tutto, la gente mi interessa.

Naturalmente non mancano omaggi all’amata Nona Arte, vale a dire il medium fumetto secondo l’ormai canonica defnizione del critico francese Claude Beylie nel 1964. Nella tavola 16 dell’ultimo episodio, pagina 176, gli appassionati di fumetti probabilmente trattengono a stento un sobbalzo, nell’incontrare il ragazzino protago nista della celebre saga Terry e i pirati del

cartoonist d’eccellenza Milton Canif (capolavoro di riferimento per il mezzo espressivo, a tal punto da rientrare nel 1995 fra i venti francobolli commemo rativi statunitensi Comic Strip Classics ), ambientata fin dalla sua prima apparizione nel 1934 tra i mari della Cina: e – nessuno spoiler alert! – non vi anticipiamo la gustosa battuta che Micheluzzi fa intercorrere fra i due.

Ed è impossibile non pensare che l’autore guardasse a femme fatale come la Dragon Lady a capo dei pirati nella stessa serie a fumetti (a volte accanto, a volte contro il ragazzino e i suoi amici) nel tratteggiare la sua Liu-Lu Sam, o alla famosa Ann May Wong (prima attrice sino-americana a Hollywood, ancor oggi icona di riferimento per entrambi i mercati) nel delineare l’altrettanto intraprendente Boccio di Rosa.

C’è poi un aspetto peculiare, una divertita e divertente abitudine nella narrazione di Micheluzzi, comprensibilmente molto amata dai lettori, che è il frequente scambio di dialoghi – anche qui, non insistito ma ironico, quasi a smorzare i toni e accompagnare il lettore nei cambi di scena più repentini – con il narratore: uno scambio a tratti per fno spavaldo e irridente, ma sempre colmo d’empatia per i personaggi (e a pensarci, non potrebbe essere altrimenti).

Per fno le onomatopee diventano componenti visive fondamentali, di solito con funzione drammatica («Anche se nella vignetta c’è solo un grande sbammm, puoi star sicuro che è uno sbammm funzionale alla storia», confdava Micheluzzi a Vincenzo Mollica nel 1986) e a volte per fno in procinto di balzare fuori dalla pagina. Lasciamo ai lettori il piacere di scovare i numerosi esempi: magari in una rilettura, un piacere che con Micheluzzi si apprezza ancor di più.

Quello che colpisce forse di più, in queste storie realizzate poco più di trent’an ni fa e ambientate mezzo secolo prima (fra grandi passioni come odio e amore, invidie e gelosie, ceti sociali e blocchi culturali contrapposti: in una parola, la vita), è quanto emerge con forza – che non diventa mai di sperazione – la nostalgia dell’autore per «un mondo a misura del singolo, e non a misura di masse».

Notazione non da poco, per un autore istriano nato a Umag (città austro-ungarica per i suoi genitori, ita liana alla sua nascita, a lungo jugoslava, oggi croata) e uso a viaggiare per diversi Paesi in una vita avven turosa che gli fa incontrare anche due colpi di stato.

E, tra piccole e grandi rivendicazioni intorno a conf ni e minoranze, incredibilmente attuale.

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Pubblicato per la prima volta su «L’Eternauta» nn.10-13, dal dicembre 1982 al marzo 1983
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«Sono un disertore. E se torno a casa ho chiuso, capito?»

Estremo Oriente, fne anni Trenta. Un palombaro della marina americana, Roscoe “Rosso” Stenton, si trova tra due fuochi: da un lato Wu Pei Fu, un trafcante d’armi che vuole sfruttarlo per recuperare alcuni carichi perduti; dall’altro Boccio di Rosa, un’afascinante donna a capo di un piccolo esercito di pirati.

Tra Storia, azione e ironia, cominciano così le incredibili avventure del “Rosso”, sullo sfondo di una Cina coinvolta nel più grande confitto asiatico del XX secolo: la seconda guerra sino-giapponese. La serie completa del maestro del fumetto d’avventura, raccolta in unico volume.

Attilio Micheluzzi (Umago 1930 – Napoli 1990), è considerato uno dei principali maestri della “linea chia ra” del fumetto mondiale.

Noto anche con lo pseudonimo di Igor Arztbajef, iniziò a dedicarsi all’attività di fumettista molto tardi –quando aveva già superato i quarant’anni – eppure la sua produzione è sconfnata e presenta un livello di perfezio ne tecnica costante.

Forte la sua predilezione per le storie con ambientazione d’epoca, per l’aviazione e per i periodi di grandi confitti in cui gli esseri umani si mostrano per quello che sono. edizioninpe.it

euro 29,90 ISBN: 978-88-94818-59-8
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