Il tesoro di Cibola

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il tesoro di cibola

Il tesoro di Cibola di Sergio Toppi © 2016, Mosquito – Eredi Toppi © 2023, Solone srl

Tutti i diritti riservati. Collana Sergio Toppi, 16

Direttore editoriale: Nicola Pesce Ordini o informazioni: info@edizioninpe.it Caporedattore: Stefano Romanini Ufcio stampa: Gloria Grieco ufciostampa@edizioninpe.it Coordinamento editoriale: Valeria Morelli Trascrizione testi e correzione bozze: Cristina Fortunato

Si ringrazia Erasmo Frascaroli per la gentile consulenza.

Stampato tramite Tespi srl – Eboli (SA) nel mese di febbraio 2023

Il tesoro di Cibola fu pubblicato per la prima volta in Spagna da Planeta DeAgostini e Sociedad Estatal Quinto Centenario (1492-1992) nella collana dedicata alla scoperta dell’America «Relatos del Nuevo Mundo», con il titolo Las fabulosas ciudades de Arizona: Los tesoros de Cibola.

Edizioni NPE è un marchio in esclusiva di Solone srl Via Aversana, 8 – 84025 Eboli (SA) edizioninpe.it facebook.com/EdizioniNPE twitter.com/EdizioniNPE instagram.com/EdizioniNPE #edizioninpe

Il tesoro di Cibola di Sergio Toppi

Sergio Toppi, aedo del fumetto

È pensiero comune, tra appassionati e studiosi, considerare il fumetto come l’ambiente in cui si sono sviluppate, nel corso del xx secolo, una nuova epica e una mitologia moderne, aferenti soprattutto al genere supereroistico americano. Allargando lo sguardo, sempre restando all’interno del medium, possiamo altresì afermare che se gli eroi in tute di spandex hanno dato vita a nuovi pantheon dei giorni nostri, la Nona Arte più in generale ha ospitato voci e segni di autori che, andando oltre le strette divisioni di genere, è assolutamente lecito defnire cantori professionisti di un’epica contemporanea raccontata attraverso parole e immagini. E tra questi novelli aedi, che hanno sostituito la cetra con matita e penna a china, un posto di primo piano spetta senza ombra di dubbio a Sergio Toppi.

L’intero corpus di opere realizzate dall’autore milanese, soprattutto quelle in cui si è occupato in prima persona anche della sceneggiatura oltre al disegno, può essere benissimo accostato a una raccolta di racconti epici, narrazioni di gesta eroiche e leggendarie nelle quali mito e storia si contaminano e si fondono, ma in cui, oltre agli eroi, trovano spesso spazio semplici uomini, coinvolti in vicende più grandi di loro e sovrastati da ambientazioni altrettanto titaniche. All’afato epico Toppi ha poi sempre accompagnato uno sguardo curioso e indagatore e un piglio da etnografo e antropologo, ma anche da zoologo e archeologo, arricchendo le sue tavole di immagini degne di trovare posto in trattati scientifci. Questa maniacale attenzione (“artigianale” l’avrebbe defnita l’autore stesso, nel senso più completo e alto del termine) verso il realismo e il dettaglio storico si sposa a un segno grafco che si traduce in potenza mitologica, esplicando un lavoro letterario altrettanto pregno, e attraversa tutta la produzione toppiana di illustratore e fumettista, trasformandosi di fatto in quel f lo rosso che lega ogni sua opera e permette di trovare, in ciascuna di esse, gli elementi fondanti della sua poetica.

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Dunque, anche il racconto che vi apprestate a fruire, esattamente come tutti quelli che lo hanno preceduto in questa collana (accompagnati ciascuno da testi introduttivi meritori di andare a comporre un saggio analitico sull’autore), può essere preso a esempio dell’arte di Sergio Toppi e in esso il lettore può unire alla lettura il divertimento di riconoscere e scoprire gli elementi fondanti di tale arte.

Il tesoro di Cibola, uscito in origine per l’editore spagnolo Planeta DeAgostini nel 1992 con il titolo Las fabulosas ciudades de Arizona: Los tesoros de Cibola, fa parte delle opere realizzate dall’artista per il mercato estero e si inserisce nel f lone a colori della sua produzione.

La leggenda racconta delle sette città di Cibola, conosciute anche come le “sette città d’oro”, luogo leggendario del continente americano, posto oltre il mondo conosciuto, dove sette vescovi fondarono sette città nelle quali i bisogni materiali erano appagati. Questo racconto mitico cominciò a difondersi intorno all’ottavo secolo, dopo la conquista da parte degli arabi della città spagnola di Mérida: fu da quell’assedio che nacque la leggenda di sette canonici fuggiti al di là dell’Oceano Atlantico fondatori di altrettante mitiche città d’oro. Luoghi che furono cercati dall’esploratore e conquistatore spagnolo Francisco Vázquez De Coronado nella sua spedizione che tra il 1540 e il 1542 visitò il Nuovo Messico e altri territori del sud-ovest di quelli che oggi sono gli Stati Uniti, segnando la prima esplorazione europea del Grand Canyon e del fume Colorado.

Il fumetto, prima e dopo Toppi, si è avvicinato varie volte a questa leggenda, a cominciare da Carl Barks nel 1954 con la storia Zio Paperone e le Sette città di Cibola, passando per Hugo Pratt che le fa cercare a Corto Maltese in L’angelo della fnestra d’Oriente (1971), fno ad arrivare all’avventura in due albi di Zagor del 1995 (numeri 355-356 della serie mensile) frmata Mauro Boselli e Alessandro Chiarolla.

Il racconto di Toppi, ambientato proprio negli anni della spedizione di De Coronado, ha per protagonisti non degli eroi, bensì dei disperati che scontano nel loro destino fnale la folle scelta di aver intrapreso il cammino di ricerca di un luogo leggendario e, dunque, proibito.

Ci si potrebbe chiedere quindi dove stia l’epicità nella narrazione di una vicenda fallimentare di personaggi qualunque, comparse di ultima fla al cospetto della Storia o delle storie. Come accade quando si ha a che fare con l’arte di Toppi, quell’epicità la si ritrova nella potenza della messa in scena, tanto nella rappresentazione dei soggetti quanto nella scelta dei modi e delle soluzioni visive attraverso cui tale rappresentazione si materializza nelle pagine.

Il tipico “verticalismo” della composizione della tavola toppiana, che predilige questa dimensione come direttrice strutturale della pagina, si fa carico in questo racconto di esprimere grafcamente l’immensità dimensionale della

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natura, dei suoi paesaggi e delle sue asprezze, al cui confronto l’uomo ha la dimensione di una formica («È come se fossimo delle formiche che attraversano una piazza» aferma uno dei protagonisti). Ed è secondo quel rapporto e quelle dimensioni che Toppi rappresenta i suoi personaggi nelle tavole in cui il paesaggio naturale la fa da padrone, piccoli segni ai piedi delle vignette, quasi invisibili agli occhi del lettore, a sottolinearne il valore insignifcante rispetto all’ineluttabile potenza dell’ordine naturale delle cose.

Allo stesso modo, altre componenti naturali come le piante (cactus del deserto, in questo caso) e gli animali selvatici – un’iguana, una tartaruga – assurgono a dimensioni titaniche nelle vignette rispetto ai protagonisti umani, permettendo all’autore di far godere il lettore di una loro rappresentazione realistica che sfora la simulazione fotografca.

E allora, ai protagonisti, che ruolo è riservato nelle tavole dall’autore?

Rappresentanti di una umanità sconftta di cui è testimonianza il loro aspetto, le rughe nei volti, le occhiaie pronunciate, i vestiti logori e sgualciti, sono relegati da Toppi in primi piani o mezzi busti incastrati in piccole vignette, saturate dalla presenza contemporanea di più fgure a occupare totalmente lo spazio, in contrasto con il vuoto dei cieli immensi e sconfnati dei paesaggi naturali. L’uomo prigioniero di sé stesso e delle proprie smanie di ricchezza e potenza, così come è prigioniero nelle pagine di spazi angusti, incapace di comprendere o solo intuire il ruolo insignifcante che ha di fronte alla potenza della natura.

Intuizione che però arriva nel delirio del sogno e della droga, quel piano onirico che in questa storia sostituisce l’elemento fantastico a cui Toppi torna in tante delle sue opere e che permette a uno dei protagonisti, da un lato di realizzare il proprio desiderio e dall’altro, di capire quanto immenso possa essere un racconto leggendario al confronto della quotidianità umana.

È in queste sequenze che le tavole riacquistano verticalità e spazio, per provare a contenere l’immensità di architetture e divinità fantastiche che danno origine a paesaggi impossibili, per tutto e tutti tranne che per un disegnatore di talento con a disposizione un foglio di carta e una penna a china.

Toppi, ne Il tesoro di Cibola, non rappresenta però solo l’uomo piccolo e vittima della sua stessa frustrazione. A far assurgere l’essere umano alla dimensione dei paesaggi naturali, della fora e della fauna è l’occhio dell’etnologo e dell’antropologo propri dell’autore, ciò che fa sì che i nativi americani abitanti del deserto infuocato del Nuovo Messico assumano quasi l’aspetto di dèi, con i loro costumi, le loro capigliature, le loro armi. Quell’umanità cancellata dalla Storia, calpestata da chi la Storia l’ha scritta, diventa con Toppi elemento mitologico della narrazione, capace di comprensione e perdono quasi divini nei confronti di coloro che sono ben consci essere i loro sterminatori.

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Prima di lasciarvi alla meritata lettura di questa storia, non resta che parlare di come un artista del bianco e nero, come spesso viene considerato Sergio Toppi, sia stato capace anche di un talento cromatico raro. Ne Il tesoro di Cibola, l’uso del colore non annulla il certosino lavoro di tratteggio, intarsio e arabesco che caratterizza la cifra stilistica toppiana, bensì lo valorizza e lo esalta. L’acquerello steso sulle tavole, nei colori delle terre ma anche in quelle dei lapislazzuli, dell’oro e del rosso setta la temperatura emotiva del racconto, aggiunge un ulteriore “strato di complessità” all’opera compositiva dell’autore. Complessità che non deve essere però vista come un detrimento alla godibilità della lettura: come ogni artigiano che si rispetti, come ogni artista che si rispetti, Toppi si diverte e trae soddisfazione non solo nel risultato fnale – la realizzazione defnitiva di una pagina – ma anche nel lavoro che a quel risultato porta, ovvero in quell’apparato certosino di tratteggi e linee in cui lo sguardo, per primo quello dell’autore, si perde.

Ed è dolce naufragar in questo mare di segni.

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culiacan, avamposto più a nord della nuova Galizia, anno 1541.

per il sangue di cristo! oste, prendi questo, intanto… è tutto ciò che ho!

se non hai denaro, non hai vino; qui pagano tutti, persino i vecchi soldati!

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e non prendertela con l’oste… c’è chi si guadagna la vita con la spada e chi con gli otri di vino!

smetti di borbottare, cuchillo! vieni, bevi con noi e non andare in collera… la vita è dura per tutti!

me ne vado… non ho voglia di bere. Se i miei guai si pesassero in maravedi*, io sarei l’uomo più ricco del mondo!

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* Antica moneta degli stati iberici, il cui nome deriva da una moneta coniata dalla dinastia musulmana berbera degli Almoravidi (secc. xi-xii).

sole, polvere e nemmeno un centesimo in tasca… questo è cuchillo: una vecchia pelle piena di cicatrici cucite male.

questo mulo… da dove viene? …sì… qualcuno mi sta seguendo!

forse non è niente, ma… ho la sensazione che qualcuno mi stia seguendo…

ficcatevelo in testa, chiunque voi siate! Non ho niente da darvi, tranne una coltellata!

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vecchio pazzo… chi potrebbe avere interesse a seguirmi?

no, signore! così no, vi prego…

ecco il nobile cuchillo che ritorna al suo palazzo pieno di…

l’avvicinamento è stato un po’ brusco, lo riconosco. ma non abbiamo cattive intenzioni. mettete via il coltello, per favore…

fermi! ancora un passo e giuro che vi scanno!

ascoltateci, signore. credetemi, ne varrà la pena!

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sappiamo molto di più: siete un soldato che ha combattuto mille battaglie… ma, perdonate, non mi sembra che tanta gloria vi abbia portato la meritata ricchezza…

permettete che mi presenti: martin de urria, laureato, e impiegato alla segreteria di sua eccellenza il presidente della nuova spagna, don nuño de guzman.

il perché mi presenti in questo modo a voi, vi risulterà chiaro tra poco…

il mio nome è kaloumi-ba, kaloumi il grande… io sono un artista, signore…

un dottore e un artista… bah! chiamatemi cuchillo, perché di me è l’unica cosa necessaria da sapere!

ricchezza? vi sembra che uno con il mio aspetto possa essere un uomo ricco?

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la fame, la sete, le fatiche… di queste, sì, ne ho avute tante! …ferite, battaglie, e notti senza sonno…

…fino al punto di desiderare di dormire per anni. ho visto cadere un impero ai piedi di cortés; ho nella pelle i morsi delle macuahuitl* azteche, e ho sentito molte volte il fiato fetido della morte sulla nuca… e l’oro… sì, ricordo di averne visto molto, però sempre in mano d’altri. quel poco che ho ottenuto è sfumato nella “notte triste”** e giace nel fondo della laguna di tenochtitlan***… perciò, di che ricchezza parlate?

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* arma bianca diffusa presso gli Aztechi, Maya e altre civiltà precolombiane dell’America centrale. ** la notte del 1 luglio 1520 la spedizione guidata da Hernán Cortés fu quasi totalmente distrutta dagli Aztechi. *** capitale dell’impero azteco.

l’ho aspettato per tanto tempo che ormai non ci credo… ma, intanto, se vi posso servire in qualcosa, tutto ciò che ho è vostro, e potete disporne a piacimento.

non voglio offendervi, credetemi… ma, a volte, il vento della fortuna torna a soffiare nella direzione più favorevole.

…tortillas rancide e acqua salmastra!

che

per noi va bene, signore… sappiate, però, che in questa tazza, tra poco potreste bere un malaga* degno d’un re!

volete dire? spiegatevi!
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* vino dolce o liquore prodotto nella regione di Malaga.

degnatevi di ascoltare con attenzione…

nuño de guzmán* aveva un indio della valle d’oxitipan**. costui gli aveva raccontato di suo padre che aveva portato, al ritorno da un viaggio al nord, una gran quantità di oro proveniente da alcune grandi città, dove se ne trovava in abbondanza, ancora di più che a città del messico. le indicazioni per arrivare a queste città vennero trascritte in una mappa, che fu nascosta presso la residenza del viceré. la speranza era quella di poter intraprendere una spedizione…

un giorno, la sentinella che custodiva quel luogo venne trovata morta, e della mappa non si ebbe più traccia. forse l’aveva rubata colui che l’aveva trascritta, e che, perciò, ne conosceva il contenuto…

* Nuño Beltrán de Guzmán è stato esploratore spagnolo, amministratore coloniale della Nuova Spagna. ** provincia azteca.
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…il quale, penso, e non credo di sbagliarmi, che assomigliasse molto a voi…

vedo che possedete una mente acuta come la punta del vostro coltello… ma non divaghiamo.

guardate alla straordinaria circostanza: questa mappa è ora nelle mie mani, e con lei quella grande occasione che nella vita si presenta a ciascun uomo solo una volta…

risposta sensata… ma lasciatemi finire!

ho sentito troppe storie di mappe e di tesori, e di come sono finite…

ci sono parole speciali, parole che aprono orizzonti illuminati dallo splendore dell’oro… che evocano ricchezza e potere. ne pronuncerò una che vale per tutte: cibola.

dio onnipotente! cibola… le sette città dell’oro!

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sì, avete capito bene. Quelle città dove l’oro è usato per lastricare le strade e luccica sulle pareti delle case; un tesoro immenso a disposizione di chiunque voglia farsela con lui, un premio per uomini decisi…

uomini, avete detto… e questo moro, che è un artista, cos’ha a che fare con tutto ciò?

kaloumi-ba, apri il tuo sacco e mostra ciò che sei capace di fare!

ho sentito parole irrispettose verso il mio signore. chi sei, tu, che osi mancare di rispetto a kaloumi-ba il grande?

vade retro! cos’è questa stregoneria?! allontanati da me, moro!

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non è stregoneria, calmatevi! kaloumi-ba è solo un abile mistificatore della sua voce: gli artisti come lui si chiamano ventriloqui.

io sono kaloumi-ba il grande. a siviglia ho avuto tra i miei ammiratori nobili e principi, e quando stavo con cabeza de vaca*, la mia arte terrorizzò una torma di indigeni che volevano la nostra morte!

gli uomini rossi hanno paura dei prodigi, tanto quanto delle pallottole: per questo kaloumi-ba ci sarà molto utile; come, d’altra parte, lo sareste voi, con la vostra esperienza e il vostro coraggio di soldato.

una cosa da circo, un’attrazione da baraccone…

sento che il vento della buona sorte si sta alzando e accarezza il mio viso. partiremo domattina.

* Álvar Núñez, detto “Cabeza de Vaca”, è stato un condottiero, scrittore e avventuriero spagnolo.
desiderate condividere con noi i rischi e i guadagni di questa impresa? che cosa rispondete?
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tre uomini si muovono nella luce incerta che precede l’alba… rumori di sassi che rotolano, di zoccoli ferrati che il silenzio inghiotte al loro passaggio.

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sulle rocce, delle immagini dipinte osservano con occhi senza età: sono le sentinelle degli spazi infiniti che si estendono alle loro spalle… se qualcuno sapesse decifrare i loro messaggi, forse tornerebbe sui suoi passi.

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ma il richiamo dell’oro è forte e non si può resistergli. avanti, allora, avanti! attraverso spazi che sembrano dilatarsi con il passare dei giorni.

volete che ci fermiamo, urria? no, è meglio continuare… ma è come se fossimo delle formiche che attraversano una piazza.

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e vanno avanti, sotto la sferza del sole, in mezzo alla polvere, sfiniti, assetati. avanti, sino al calare improvviso delle ombre violette della notte.

dove siamo? cosa dice la mappa? cosa ci aspetta, nei prossimi giorni?

un territorio scosceso, d’ora in avanti…e il cammino più duro!

basta, per oggi: vi siete comportato bene, per essere un uomo di lettere, urria!

non come avrei voluto… domattina mi piacerebbe svegliarmi con le ali ai piedi come un dio pagano! ma, per ora, accampiamoci…

sì, un detto: “è meglio un serpente a sonagli attorno al collo che uno yaqui a una lega di distanza!”

molti nomi di tribù…

tepehuanes, opates, yaqui*… ma cos’avete?! Questa parola vi ricorda qualcosa?

* popolazioni dell’antico messico.

yaqui… non saranno peggiori di quegli indios che kaloumi-ba ha terrorizzato con la sua testa di morto! d’altronde, finora, la sorte ci è stata propizia!

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kaloumi-ba, mio signore, oggi è triste… la strada è lunga, l’oro è lontano… kaloumi-ba non vedrà né l’oro, né la fine del cammino…

speriamo che possa continuare, perché ne avremo bisogno! ora riposiamoci.

le ore passano, tra i riverberi delle rocce arroventate, e l’acqua va calando e riscaldandosi sempre più nelle borracce…

smettila con queste stupidaggini e preparati a quello che ci aspetta: accingiamoci a proseguire il viaggio!

che ne dite se lasciamo qui kaloumi-ba con il mulo? Sono sfiniti, e questo luogo mi pare sicuro!

ripariamoci qui, all’ombra.

Secondo la mappa non siamo lontani dall’acqua, dovremmo incontrarla prima che si faccia buio.

così sembra… ma mi piacerebbe avere tra le mani un moschetto carico!

vedete quella piccola cresta, laggiù? la mappa segnala che dietro la cima c’è un ruscello!

lì troveremo l’acqua!

pochi giorni dopo, al levare dell’accampamento…
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Volumi di Sergio Toppi già pubblicati in questa collana:

Sharaz-de – isbn: 978-88-88893-86-0 Blues – isbn: 978-88-88893-94-5

Bestiario – isbn: 978-88-88893-98-3

Lo spazio dentro il corpo – isbn: 978-88-94818-66-6 Finché vivrai – isbn: 978-88-94818-08-6

Il Collezionista – isbn: 978-88-94818-16-1

Tanka – isbn: 978-88-94818-39-0 Solitudinis Morbus – isbn: 978-88-94818-48-2 Chapungo – isbn: 978-88-36270-20-0 Ogoniok – isbn: 978-88-36270-33-0

Il dossier Kokombo – isbn: 978-88-36270-53-8 Dio Minore – isbn: 978-88-36270-71-2

Myetzko – isbn: 978-88-36270-87-3 Krull – isbn: 978-88-36270-93-4 Isola gentile – isbn: 978-88-36271-02-3

La casa editrice del fumetto d’autore edizioninpe.it

Il mito delle “sette città d’oro” afonda le radici nel XII secolo, quando i Mori conquistarono la città di Mérida, in Spagna. Si narra che sette vescovi lasciarono la città portando via reliquie e tesori inestimabili. Li avrebbero nascosti sulla misteriosa isola di Antilia, nell’allora ignoto Nord America. Nei secoli si sono susseguite numerose spedizioni,

ma nessun avventuriero è mai tornato per descrivere quelle terre preziose. Attraverso l’afascinante storia di un ex soldato detto “Cuchillo”, Sergio Toppi ci conduce in quei luoghi tra lunghe traversate nel deserto e incredibili visioni oniriche. Pagine che risplendono come l’oro della leggendaria Cibola.

Sergio Toppi (Milano 1932 – 2012), è stato un illustratore ed un fumettista italiano. Oggi è considerato uno dei più grandi autori mai esistiti.

“Dalle sue tavole così incise e così bulinate, dalla ricchezza traboccante delle sue storie misteriose e tragiche ci viene costantemente il conforto che può esistere un uomo così responsabile, così pronto a rispettare il suo impegno. Come una religione. Il suo lavoro tende alla perfezione, per semplice senso del dovere”. edizioninpe.it

euro 17,90 ISBN: 978-88-36271-09-2
«Oro nel quale perdersi e annullarsi, prima che i sogni svaniscano in un sonno senza luce.»
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