Cesena IN Magazine 03 2025

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MARIA ADELE CARRAI

LE SFIDE DELLA CINA GLOBALE

FABRIZIO GAVELLI

L’ETICA DEL CAPITALISMO

GIARDINI RITROVATI

IL CUORE VERDE DELLA CITTÀ

Leggi la rivista online

DOVE LE IDEE PRENDONO FORMA E IL DESIGN DIVENTA EMOZIONE. Progettiamo soluzioni uniche per spazi abitativi che parlano di te.

In copertina di questo numero, Fabrizio Gavelli, top manager forlivese, presidente e amministratore delegato di Ferrero Commerciale Italia e Grecia, e la cesenate Maria Adele Carrai, professoressa associata di Studi sulla Cina Globale presso la New York University di Shanghai. La passione di Nicolas Brunetti, fotografo e documentarista dopo un viaggio in Nepal; tre storie di coaching, allenare la mente tra sport e business; alla scoperta dei giardini ritrovati nel cuore verde della città; solidarietà a tavola grazie ai volontari delle Cucine Popolari; Fabrizio Bernabei, il divulgatore social in arte ‘Il Romagnolista’; una dimora che fonde antico e moderno nella prima campagna di Cesenatico; infine, il sogno e l’amore per l’agricoltura nella biografia di Luciano Mattarelli. Buona lettura!

Edizioni IN Magazine s.r.l. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì | T. 0543.798463 www.inmagazine.it | info@inmagazine.it Anno XXVI N.3 agosto/settembre Reg. di Tribunale di Forlì il 23/11/1998 n.27

Direttore Responsabile: Andrea Masotti Redazione centrale: Clarissa Costa, Paola Francia Coordinamento di redazione: Roberta Invidia Artwork e impaginazione: Francesca Fantini

Ufficio commerciale: Gianluca Braga Stampa: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) Chiuso per la stampa il 30/07/2025

Collaboratori: Barbara Baronio, Dolores Carnemolla, Elide Giordani, Cristina Mazzi, Francesca Miccoli. Fotografi: Andrea Bonavita, Nicolas Brunetti, Manuel Zani, Gianmaria Zanotti.

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte. In ottemperanza a quanto stabilito dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR) sulla privacy, se non vuoi più ricevere questa rivista in formato elettronico e/o cartaceo puoi chiedere la cancellazione del tuo nominativo dal nostro database scrivendo a privacy@inmagazine.it

Scopri IN Magazine Romagna, il nuovo portale che raccoglie storie di eccellenza e territorio.

PILLOLE

GHERARDINI ALLA GUIDA DI LEGA BASKET

FORLÌ | Il forlivese Maurizio Gherardini è il nuovo presidente della Lega Basket Serie A. Eletto dall’assemblea nel mese di giugno, succede a Umberto Gandini in carica dal 2020 ed è il diciannovesimo presidente dell’organismo nato nel 1970. “Ringrazio i club per l’opportunità e la fiducia e desidero ringraziare Umberto Gandini per il lavoro svolto a favore di Lega Basket in questi anni,” ha dichiarato. “Cercherò di aiutare i club attraverso lo sviluppo e i grandi cambiamenti che il mondo del basket sta vivendo: sarà una sfida interessante e conto sull’aiuto di tutti. Mi piacciono parole come condivisione, sostenibilità, visibilità e positività.”

IBRIDA FESTIVAL DECIMA EDIZIONE

ACCADEMIA PERDUTA PRIMA IN ITALIA

FORLÌ | Prestigioso riconoscimento del ministero della Cultura ad Accademia Perduta - Romagna Teatri, che ha ottenuto il più alto punteggio a livello nazionale tra i ‘Centri di produzione 450’ nelle valutazioni della qualità artistica per l’ammissione a contributo dei progetti del triennio 2025-2027 e del 2025. Si tratta di un importante riconoscimento, insieme a quello della Regione Emilia-Romagna che ha inserito Accademia Perduta tra i progetti più meritevoli del territorio.

FORLÌ | Appuntamento con la decima edizione di Ibrida Festival Internazionale delle Arti Intermediali, in programma dal 25 al 28 settembre, con un prologo dal primo settembre, dal titolo Moltitudine. Saranno presenti opere di oltre 50 artisti e, ospite speciale, l’americano Gary Hill, Leone d’oro alla Biennale di Venezia e pioniere della videoarte.

Creazioni

GIOIELLERIA PRETOLANI FORLÌ

PH UFFICIO STAMPA LBA

Centro Porsche Pesaro

Augusto Gabellini S.r.l.

Strada Romagna, 121/1 61121 Pesaro (PU) Tel. 0721 279326 www.pesaro.porsche.it

FABRIZIO

PRESIDENTE E AMMINISTRATORE

DELEGATO

DI FERRERO

COMMERCIALE

ITALIA

GAVELLI

Leggi business e pensi alla massimizzazione del profitto. Fortunatamente, ci sono ancora aziende che non operano solo in nome del dio denaro, attraverso un capitalismo ‘predatorio’, ma diffondendo benessere, con ricadute sulla società, le persone e l’ambiente: è il caso di Ferrero. Filosofia che condivide anche Fabrizio Gavelli, top manager forlivese, che ha sempre sposato nella sua già lunga carriera: 57 anni, vissuti da nomade in giro per l’Italia e l’Europa a nobilitare la causa di multinazionali quali Procter & Gamble, Reckitt, Mellin, Danone, per ben vent’anni e, dallo scorso ottobre, Ferrero Commerciale Italia, di cui è Presidente e Amministratore Delegato

Sguardo pulito e sorriso empatico, ha costruito il proprio percorso sui valori saldi appresi in famiglia e nel corso di incontri illuminanti. “Dai miei genitori ho imparato la dedizione agli affetti e al lavoro, l’onestà, il non dover mai scendere a compromessi,” racconta Gavelli dal suo ufficio di Alba. “E anche il

coraggio nelle scelte”. Per spiegare l’accezione della parola coraggio, il manager ricorre a un episodio potente. “Durante la guerra, mio padre scappò dal campo di lavoro forzato nazista nella Foresta Nera. Gli spararono alla schiena, ma riuscì a scappare con altri cinque romagnoli, diventati poi suoi migliori amici.”

Racconto che alimenta la consapevolezza di essere un privilegiato in chi, come Fabrizio, ha sempre condotto una vita errante per assecondare la passione per i viaggi e riempire l’esistenza di stimoli.

“Da bambino sognavo di diventare pilota di aerei, mi sembrava il modo più semplice per viaggiare.” Un’apertura mentale acquisita giovanissimo negli anni di militanza nel Cisv, sodalizio che costruisce ponti tra persone e culture differenti. “Dopo la laurea in Economia, ho vissuto in 12 città di 6 Paesi diversi. Ogni località mi ha dato qualcosa: Londra la libertà di fare ciò che vuoi, Amsterdam mi ha insegnato cos’è l’inclusione; a Lubiana e Zagabria ho vissuto un’avventura

DI FRANCESCA MICCOLI

umanamente impattante poco dopo la guerra nei Balcani. La città a cui sono più legato è Varsavia, dove la mia primogenita ha vissuto i primi dieci mesi. La fortuna di lavorare in grandi aziende mi ha fatto crescere circondato da persone molto stimolanti.” Tra queste purtroppo non c’è stato il tempo di conoscere Michele Ferrero, scomparso nel 2015, che tuttavia ha lasciato un’eredità straordinaria, preziosamente raccolta dal figlio Giovanni “Amo ascoltare le persone che operano in azienda da quarant’anni e ne conoscono la storia,” spiega. “Ho abbracciato appieno la filosofia di Ferrero e la sua idea di capitalismo condiviso. Dal primo giorno ho fatto mio quanto letto nel libro dedicato a Michele Ferrero, che ha sempre concepito una forma di capitalismo non rapace, ma illuminato ed etico, moralmente rigoroso, irreprensibile

FABRIZIO GAVELLI, TOP MANAGER FORLIVESE, DALLO SCORSO OTTOBRE È PRESIDENTE E AMMINISTRATORE DELEGATO DI FERRERO COMMERCIALE ITALIA. LA FAMIGLIA, I VIAGGI E LO SPORT, CON UN’IDEA CHIARA DI CAPITALISMO, CITANDO GIOVANNI FERRERO: “NON PREDATORIO, MA ETICO E CONDIVISO.”

nei comportamenti e convinto del ruolo decisivo che nella società ha la forza del bene.”

Tra i grandi meriti di Gavelli, la capacità e l’umiltà di fare tesoro dell’esperienza di chi è venuto prima. Un impegno ripagato da grandi soddisfazioni. “Poco prima di entrare in Ferrero ho avuto l’opportunità di pubblicare sull’Harvard Business Review un inserto di 50 pagine su Il megafono sociale, un nuovo modello di business per la sostenibilità sociale delle aziende.” La gratificazione maggiore resta l’essere “a capo di una delle aziende italiane di maggior successo, con brand iconici e parte della vita quotidiana di tutti, capace di trasferire costante innovazione al mercato.”

Guardando avanti, gli obiettivi sono altrettanto sontuosi. “Per il futuro dovrò concentrarmi sullo sviluppo commerciale e promuovere il ruolo chiave di Ferrero in Italia e per l’Italia. Già ora vale lo 0,2 del Pil italiano. Vogliamo far brillare ulteriormente questo gioiello,” spiega dal suo ufficio di Alba.

Tra i tanti progetti consolidati ci sono Pane e Nutella, che celebra l’arte della panificazione italiana e la varietà gastronomica dei pani regionali nel nostro Paese, quindi Kinder Joy of Moving, in collaborazione con il ministero della Pubblica istruzione per avviare i giovani alla pratica sportiva e alla gioia del movimento. “Poi c’è il Torneo Estathé di basket 3 contro 3, che vivrà l’ultimo atto a Riccione.”

Lo sport è da sempre una grande passione di Fabrizio, ereditata con i cromosomi paterni. “Mio papà ne era talmente innamorato da acquistare, vicino alla pensione, il chiosco del Totocalcio affacciato su piazza Saffi dopo essere stato per lungo tempo presidente del Centro sportivo italiano. Io dagli 8 ai 23 anni non ho perso una sola partita casalinga della società cestistica forlivese.” Curiosamente fu proprio quell’amore giovanile a far muovere a Fabrizio i primi passi nel mondo imprenditoriale. Da poco maggiorenne, assieme a un amico, decise di stampare una t-shirt dedicata a Bob McAdoo, il più grande

PH VALERIA LENNER
Ph. Julia Upali

SULLO SVILUPPO COMMERCIALE E PROMUOVERE IL RUOLO CHIAVE DI FERRERO IN ITALIA E PER L’ITALIA. GIÀ ORA VALE LO 0,2 DEL PIL ITALIANO. VOGLIAMO FAR BRILLARE

ULTERIORMENTE QUESTO GIOIELLO,” SPIEGA DAL SUO UFFICIO DI ALBA.

NELLA PAGINA PRECEDENTE, FABRIZIO GAVELLI CON LA FAMIGLIA DAVANTI AL CHIOSCO IN PIAZZA SAFFI CHE FU DEL PADRE. SOPRA, IL PROGETTO PIZZAUT IN COLLABORAZIONE CON STEFANO BELISARIO DELLA BAND ELIO E LE STORIE TESE E NICO ACAMPORA. “PER IL FUTURO, CONCENTRARMI

campione transitato dalle parti del Palafiera, oggi Unieuro Arena. Con l’approvazione ‘di un certo’ Maurizio Gherardini, forlivese doc, già dirigente Nba a Toronto, oggi presidente della Lega Basket.

Non si tratta dell’unico grande personaggio incontrato lungo il cammino. “Leonardo Bonucci, vicecapitano della nazionale di calcio campione d’Europa,” racconta, “è stato testimonial di una mia campagna per accompagnare le persone anziane ai centri vaccinali nel periodo Covid.” È legato a un’attività solidale anche l’incontro con Stefano Belisario, leader della band Elio e Le Storie tese, papà di un ragazzino affetto da sindrome autistica. “Siamo entrati in grande sintonia realizzando una campagna pubblicitaria che ci ha permesso di far conoscere PizzAut, la pizzeria gestita da ragazzi autistici. Ne vado molto fiero.”

Poi c’è Gino Strada. “L’ho accompagnato a casa a Milano dopo una convention in Liguria,” ricorda Gavelli. “Abbiamo cenato assieme più volte chiacchierando per ore: lo ascoltavo come un figlio ascolta un padre e in questo momento ‘folle’ sento molto la sua mancanza.” Altra fonte di ispirazione Carlin Petrini di Slow Food, che ho recentemente

conosciuto, nell’ambito di una collaborazione tra Ferrero e l’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, a pochi chilometri da Alba.

Pur essendo cittadino del mondo, Gavelli conserva salde radici in Romagna, “dove torno meno spesso di quanto vorrei,” dice. “Mi mancano le chiacchierate con la famiglia e gli amici di Forlì, le passeggiate in piazza Saffi, il mare e il basket la domenica pomeriggio.”

L’agenda gonfia di impegni non rappresenta un peso ma uno stimolo. “Amo tantissimo il mio lavoro. La sede è in Piemonte, ma viaggio spesso.” La vita extralavorativa è tutta per la famiglia. “Il mio primo hobby sono le mie figlie e i loro interessi: danza classica, ginnastica ritmica, atletica. Sto con loro molto meno di quanto vorrei, obbligato a privilegiare la qualità alla quantità.” Pronunciando la parola qualità, l’ad imita lo slang di quel Pier Luigi Pardo conosciuto 30 anni fa in P&G: “un caro amico, capace di unire professionalità e divertimento come pochi altri.” “Nuove sfide, stessa passione,” chiosa, “potrebbe essere il titolo della prossima convention Ferrero, ma anche una sorta di pay off della mia storia.”

De Stefani Group.

MARIA ADELE

ESPERTA DI CINA GLOBALE TRA NEW YORK, SHANGAI E LA ROMAGNA

CARRAI

Ha sempre guardato oltre i confini dell’Italia, tanto che oggi la sua vita si divide tra New York e Shangai. Dal cuore della piazza del Popolo di Cesena, dove è cresciuta e ha abitato fino agli anni dell’università, oggi vive a Manhattan vicino a Central Park con il marito, un chirurgo ortopedico di origini nigeriane, ma cresciuto negli Stati Uniti, e i loro due figli.

Ecco Maria Adele Carrai, brillante ricercatrice cesenate, è oggi professoressa associata di Studi sulla Cina Globale presso la New York University di Shanghai e associata alla Harvard e Columbia University. La sua ricerca esplora la storia del diritto internazionale nell’Asia orientale e indaga come l’ascesa della Cina, potenza globale, modelli le norme e ridefinisca la distribuzione internazionale del potere. È direttrice dell’iniziativa di ricerca Mapping Global China ed è autrice di Sovereignty in China. A Genealogy of a Concept since 1840 (CUP 2019) e co-curatrice di The China Questions 2 - Critical In-

sights into US-China Relations (HUP 2022).

Prima di entrare alla NYU Shanghai, ha ricevuto una borsa di ricerca triennale Marie-Curie presso la KU Leuven. È stata inoltre Fellow presso l’Accademia italiana della Columbia University, il Princeton-Harvard China and the World Program, il Max Weber Program dell’Istituto universitario europeo di Firenze e la New York University Law School. Oltre a parlare correttamente inglese, cinese e francese, ha studiato anche giapponese ed arabo.

“Sin da adolescente ho desiderato esplorare il mondo e, terminati gli studi al Liceo della Comunicazione a Cesena, sono subito uscita dai confini della regione per studiare. Quando ho capito dove volevo indirizzare la mia formazione, ho iniziato a impegnarmi seriamente per il raggiungimento dei miei obiettivi,” racconta. “Ho studiato a Roma e Venezia, poi a Bologna, ho conseguito un master in Scienze internazionali e diplomatiche. L’interesse per la Cina affonda le ra-

DI BARBARA BARONIO
FOTO GIANMARIA ZANOTTI

dici nell’infanzia. Tutto è cominciato grazie a una bambina con cui giocavo spesso: era la figlia dei proprietari del primo ristorante cinese aperto a Cesena, proprio in piazza del Popolo, a due passi da casa mia. Passavamo interi pomeriggi insieme, tra giochi e risate e, senza che me ne rendessi conto, grazie a lei ho iniziato a entrare in contatto con una cultura profondamente diversa dalla mia. Da allora, quella curiosità non si è mai spenta, anzi è cresciuta in me.”

E così, Maria Adele Carrai, dopo aver approfondito i suoi studi alla School of Oriental and African studies di Londra, aver ricevuto una borsa del ministero degli Affari esteri per

PROFILI

RICERCATRICE

CESENATE, PROFESSORESSA

ASSOCIATA DI STUDI

SULLA CINA GLOBALE

PRESSO LA NEW YORK UNIVERSITY

DI SHANGHAI, SI DIVIDE TRA NEW YORK, SHANGAI E LA ROMAGNA.

studiare a Pechino e Wuhan, e aver conseguito un dottorato in Diritto a Hong Kong, è diventata un punto di riferimento internazionale nell’ambito degli studi su ‘Global China’. “Vi sono tanti pregiudizi e stereotipi sulla Cina, un tempo vista solo come la fabbrica del mondo,” spiega. “Ma è sufficiente visitare città come Shanghai e Shenzhen per rendersi conto dell’incredibile sviluppo in atto. Per molti aspetti, noi europei siamo anni luce indietro rispetto a loro. Certo, esiste un’enorme differenza tra le cittadine rurali e le metropoli super digitalizzate cinesi, ma se solo avessimo un atteggiamento più curioso e aperto potremmo imparare molto da loro. A partire dall’approccio alla vita: i cinesi, in generale, riescono a guardare al futuro con speranza e ottimismo.”

“Hanno un senso del lavoro impressionante, ma sanno anche essere dinamici e con una forte spinta all’imprenditorialità e innovazione,” prosegue. “Nella mia ricerca ho e sto continuando a raccogliere dati per mappare il fenomeno della ‘Global China’, dimostrando come gli investimenti, modelli di sviluppo e di cultura cinesi siano assolutamente diffusi in tutto il mondo.”

Il suo team è costituito da collaboratori collocati in diverse parti del mondo, incluso l’Uzbekistan. “Ad oggi abbiamo sui 70.000 data points aggregati,” dice. “Il mio obiettivo è continuare ad ampliare questa base dati e costruire una piattaforma che renda facilmente accessibili, anche a chi non è esperto, dati affidabili sulla presenza della Cina nel mondo, dagli investimenti agli Istituti Confucio.” I corsi che la professoressa Carrai propone alla NYU di Shanghai spaziano dal Global China al Diritto internazionale “Cerco sempre di unire competenze diverse all’interno dei miei percorsi di ricerca e di insegnamento,” dice. “Oltre all’analisi della diffusione dell’influenza cinese nel mondo, a partire dal passato fino ai giorni nostri, integro lo studio del diritto con strumenti innovativi come la visualizzazione dei dati e lo storytelling applicato alla data science.

Il tempo di vivere la vita che hai sempre immaginato

Pianifica la tua prossima destinazione con Viaggi Manuzzi: dal 1958 contribuiamo a realizzare i desideri di chi vuole partire e scoprire il mondo.

Con il progetto ‘Visualizing Global China’ offriamo la possibilità di imparare a leggere e a rappresentare le informazioni e a visualizzarle anche con l’uso di mappe.”

Oggi vive tra New York e Shanghai, ma ogni estate torna qualche settimana in Romagna, dove vivono la sua famiglia e i suoi fratelli. “New York ha un’energia pazzesca, qui si può costruire qualcosa tutto da zero,” racconta. “Ho notato che gli italiani in America sono visti con rispetto e apertura: c’è fiducia nelle idee nuove. Per il futuro non escludo di poter diventare imprenditrice, sono tendenzialmente molto attiva, credo che ogni 5 e 6 anni occorra ridefinire i propri obiettivi, per continuare a crescere e rinnovare entusiasmo e senso di direzione. Questo tipo di dinamismo a mio parere, tiene viva la mente, costringe a restare aggiornati e impegnati.

“L’INTERESSE PER LA CINA AFFONDA LE RADICI NELL’INFANZIA. OLTRE ALL’ANALISI DELLA DIFFUSIONE DELL’INFLUENZA CINESE NEL MONDO, A PARTIRE DAL PASSATO FINO AI GIORNI NOSTRI, INTEGRO LO STUDIO DEL DIRITTO CON STRUMENTI INNOVATIVI.”

È un approccio culturale diverso rispetto a quello prevalente in Italia, ormai il concetto di ‘posto fisso’ per me non ha più senso: il cambiamento spinge a creare, a non aspettare che le cose vengano decise da altri. Si è padroni della propria vita e si può contribuire alla crescita della società, portando qualcosa di nuovo. Ho fatto molti sacrifici, ho studiato tanto ma non cambierei nulla del mio percorso. Oggi sono mamma di due splendidi bambini e vedo che tutto quello che ho scelto e fatto finora come investimento ha dato i suoi frutti. È la mia ricompensa per l’impegno e la passione con cui ho costruito il mio cammino. Ad oggi le prospettive che mi si aprono potrebbero includere anche qualche importante collaborazione magari più vicino all’Europa, ad esempio nel Regno Unito, vedremo.”

SENZA

NICOLAS BRUNETTI, UNA PASSIONE NATA IN VIAGGIO

FILTRI

“Scappando dal monsone, in Nepal, sono finito a Lumbini, città dove nacque il Buddha. Lì mi sono trovato davanti a una fabbrica di mattoni dove lavoravano donne e bambini, in condizioni sanitarie pessime. Ho sentito il bisogno di documentare, così ho preso la macchina fotografica e ho iniziato a scattare. Quella foto è arrivata in finale al contest di National Geographic. Mi piace pensare che la professione di fotografo documentarista sia partita proprio da lì, da quello scatto.” La passione di Nicolas Brunetti – 35 anni, cesenate – per il fotogiornalismo è nata così, in viaggio. Dopo un passato stabile da contabile che gli stava stretto, ha lasciato tutto, senza il cosiddetto ‘piano b’. “Dopo sette anni trascorsi davanti ai numeri, seduto a una scrivania, qualcosa si è rotto e avevo bisogno di cambiare vita, anche se nessuno attorno a me sembrava capirlo, famiglia compresa,” dice. All’orizzonte, in

IL CESENATE NICOLAS

BRUNETTI, FOTOGRAFO

E DOCUMENTARISTA, DOPO SETTE ANNI

DA CONTABILE HA

SCOPERTO LA SUA

PASSIONE DURANTE

UN VIAGGIO IN NEPAL. I

SUOI SCATTI SARANNO

ESPOSTI ALLA GALLERIA

D’ARTE PESCHERIA

NELLA MOSTRA

INSHALLAH

quel momento, non c’era nulla. “Eppure da quel viaggio in Nepal ho capito la mia strada. Mi sono detto: devi provare!”

Ma come fare il salto da (classico) fotografo di viaggi a fotogiornalista? “Ho iniziato a studiare,” spiega Brunetti, “a chiedere consiglio a professionisti, a con-

dividere la mia passione con fotografi documentaristi. Mi interessavano i reportage, così ho deciso di partecipare a una masterclass a Bologna con Fulvio Bugani. Ho continuato a studiare e a sperimentare. Con il fotografo Federico Borella ho fatto un workshop e un percorso ‘one to one’ durato due anni. Ho vinto il Master di Fotografia documentaria a Milano con Antonio Faccilongo, grande professionista che ha vinto il World Press Photo nel 2021. E nei prossimi mesi partirò con lui per un importante progetto come suo assistente.”

Nel tempo, il suo linguaggio fotografico è cambiato. “Ho sempre preferito una modalità di racconto lenta, non strettamente legata ai fatti di cronaca, dove invece si gioca tutto in un attimo, come accade nei reportage di guerra. Da un passato troppo didascalico e timido nel raccontare, oggi cerco di entrare il più possibile in intimità con

DI CRISTINA MAZZI
FOTO NICOLAS BRUNETTI

chi intervisto, fino a sapere tutto di loro, a conoscere la famiglia, a calpestare lo stesso campo da calcio, a condividere la quotidianità,” prosegue. “Mi interessa realizzare reportage che indagano aspetti sociali e ambientali,” racconta, “e per farlo cerco di fondermi con le loro vite, fino a ritrarre lo sguardo più vero, senza filtri.”

Il risultato è un racconto autentico per immagini, e per testi,

che arricchiscono le corpose e dettagliate didascalie. “Parto con un’idea che quasi sempre viene stravolta,” ammette, “e non torno a casa finché non sento di aver raccontato ogni aspetto di quella storia.” Così sono nati i primi progetti pubblicati, fra questi Inshallah, che porterà in mostra a Cesena. Inshallah, parola che in arabo significa ‘se Dio vuole’, esprime la speranza di un credente per

un evento futuro. Ambientato a Ceuta, in Spagna, il progetto sarà in mostra dal 6 settembre al 19 ottobre alla Galleria Pescheria di Cesena, in collaborazione con il Comune di Cesena e a cura di Lara Gaeta. Verrà inaugurato con la presenza del fotografo Antonio Faccilongo e di alcuni ragazzi ritratti che porteranno la loro testimonianza. Inshallah è nato durante un viaggio durato oltre quattro mesi,

“HO SEMPRE PREFERITO UNA MODALITÀ DI RACCONTO LENTA, NON STRETTAMENTE LEGATA AI FATTI DI CRONACA. MI INTERESSA REALIZZARE REPORTAGE CHE INDAGANO ASPETTI SOCIALI E AMBIENTALI.”

dal quale sono state selezionate le 30 fotografie che vedremo in Galleria.

I guardiani della montagna è invece un altro progetto scattato in Colombia, nel paesino El Cocuy, ai piedi della Sierra Nevada, circondato dall’imponente cordigliera andina e dai ghiacciai.

“Solitamente i turisti restano pochi giorni per fare trekking, io sono rimasto un mese perché volevo conoscere a fondo gli abitanti, che hanno tutti oltre

70 anni. Ho raccontato le loro storie attraverso ritratti, mettendo in evidenza i loro visi sui muri color pastello. Per dare voce a un popolo che, in silenzio, si spegne.”

Ma Brunetti non si ferma. “Sono stato selezionato fra i 100 fortunati al mondo che potranno partecipare al prestigioso The Eddie Adams Workshop di New York. Ai giovani colleghi dico: non abbiate paura di seguire l’istinto e rincorrere i vostri sogni!”

IN ALTO A SINISTRA, UNA FOTO DEL PROGETTO I GUARDIANI DELLA MONTAGNA REALIZZATO A EL COCUY IN COLOMBIA; IN ALTO A DESTRA E IN BASSO, LE FOTO DEL PROGETTO INSHALLAH AMBIENTATO IN SPAGNA.

ALLENARE

DA SOCRATE AL MENTAL COACH: ESPRIMERE AL MEGLIO SÉ STESSI

LA MENTE

Siamo nell’antica Grecia, più precisamente ad Atene. L’agorà è gremita di discepoli e Socrate, come un moderno public speaker, passeggia lentamente e ogni passo è scandito dalle domande che rivolge ai giovani allievi per condurli alla conoscenza. È qui che, nel IV secolo a.C., nasce la ‘maieutica’ (dal greco, l’arte della levatrice), ovvero la capacità di portare l’interlocutore verso la consapevolezza di sé attraverso il dialogo. Ed è proprio qui che affonda le sue radici millenarie il coaching, percorso nel quale il mental coach accompagna ‘l’allievo’ fino al raggiungimento dei suoi obiettivi, personali e professionali, sviluppandone le potenzialità e migliorandone le performance, e di cui il filosofo greco è stato l’antesignano. Una distanza spazio-temporale siderale, nella quale la parola, il dialogo e la comunicazione hanno però mantenuto tutta la loro centralità. Quella del mental coach è una figura ampia-

IL COACHING, PERCORSO NEL QUALE

IL MENTAL COACH

ACCOMPAGNA FINO AL RAGGIUNGIMENTO DI OBIETTIVI PERSONALI E PROFESSIONALI, SVILUPPANDO LE POTENZIALITÀ E MIGLIORANDO LE PERFORMANCE, AFFONDA LE RADICI NELL’ANTICA GRECIA.

Tim Gallwey, a pubblicare nel

1972 The Inner Game of Tennis: un libro di sport che per la prima volta non parla di tecnica ma della parte interiore del gioco. Gallwey riassume con la formula ‘P=p-i’ il metodo del gioco interiore, in cui la performance finale (P) è il risultato del potenziale (p) meno le interferenze (i) che ne ostacolano l’espressione.

mente riconosciuta non solo in ambito professionale, ma anche sportivo. Lo sanno bene i tifosi di Jannik Sinner che, dal 2020, è seguito dall’imprescindibile mental coach toscano, Stefano Ceccarelli.

Non a caso, è un saggista statunitense e giocatore di tennis,

“La stessa formula alla base del mio coaching, incentrato sul colloquio interiore e sulla comunicazione con sé stessi,” spiega Mario Guglielminetti, mental coach sportivo certificato Csen, ente di promozione sportiva riconosciuto dal Coni. Appassionato di sport, vent’anni nel settore assicurativo e quaranta sui campi da golf, svolge la sua attività al Circolo Golf Oasi di Magliano ‘I Fiordalisi’, in collaborazione con il maestro (Pga) Paul Battisti. “Nel golf la mente ha un’importanza preponderante: sapere come lavora e utilizzarla al meglio per raggiungere

il massimo delle proprie potenzialità è fondamentale. Il nostro fisico è un insieme di muscoli: se dalla mente parte un messaggio incerto, il muscolo non sa cosa fare. Ecco perché è importante la focalizzazione ed è altrettanto importante lavorare sulle interferenze che riducono le prestazioni,” spiega. “La neuroscienza ha dimostrato che il tarlo dell’indecisione è deleterio,” prosegue. “Non a caso il concetto che identifica il mio percorso di coaching è ‘love it or leave it’: ama quel colpo o cambialo. Ma una

volta che hai deciso, amalo e vai in buca.”

Cinque volte Ironman con un passato da pallavolista, laureata in Economia aziendale e Scienze e tecniche psicologiche, un master in Amministrazione, finanza e controllo e uno in Coaching e numerose certificazioni in ambito di Programmazione neuro linguistica, Sara Taroni, autrice del workbook Costruisci la strada. Trasforma la tua vita in quella che desideri, è specializzata in sport, business & life coaching. Originaria di Forlì, oggi vive in pro-

vincia di Torino.

“Il mental coaching è allenamento mentale e il mio obiettivo è quello di allenare le persone a esprimere al meglio il proprio potenziale per ottenere il massimo nei momenti che contano,” dice. “Dopo 12 anni in Sky e dopo aver raggiunto i miei obiettivi, ho deciso di intraprendere un’altra strada mettendo insieme le mie passioni: business e sport.” Con in più un sogno da realizzare: essere Ironman. “Un sogno che ho trasformato in realtà,” racconta. “Nel 2018 ho tagliato la finish line del mio primo Ironman in Emilia-Romagna riuscendo ‘nella sfida nella sfida’ di prepararlo in soli 9 mesi, non avendo mai praticato triathlon.” Il suo coaching si sintetizza nell’acronimo ‘PER’: professionalità/passione, eccellenza, risultati. “Una persona può avere tutti i talenti del mondo, ma ‘il lavoro duro batte il talento quando il talento non lavora duro’. Come si allena il corpo, si

TRE STORIE DI COACHING: MARIO

GUGLIELMINETTI, SPECIALIZZATO NELLA DISCIPLINA DEL GOLF; SARA TARONI, COACH NELLO SPORT E NEL BUSINESS; NICOLETTA

TOZZI SI DEDICA

AGLI SPORTIVI A FINE CARRIERA.

IN ALTO, SARA TARONI, SPECIALIZZATA IN SPORT, BUSINESS & LIFE COACHING. IN BASSO, NICOLETTA TOZZI, CESENATE, CONSULENTE NELL’AMBITO DELLA FORMAZIONE E DEL COACHING.

deve allenare la mente,” precisa. “Ciascuno di noi, con gli strumenti adeguati, può esprimere a pieno il proprio potenziale.”

In ambito business il percorso di coaching dura mediamente 5 o 6 mesi, nello sport si lavora per fasi. “In entrambi i casi,” conclu-

de Sara, “il mio scopo è rendere le persone indipendenti.”

“Sia in azienda che nello sport, al centro del mio lavoro ci sono le persone e le persone devono lavorare per i loro sogni.” Ne è convinta Nicoletta Tozzi, cesenate, una carriera sportiva che

le è valsa 9 titoli italiani assoluti nell’atletica leggera, manager all’interno dell’azienda Amadori e ora consulente nell’ambito della formazione e del coaching “A 35 anni mi sono iscritta alla scuola triennale di Psicomotricità e poi c’è stata la chiamata del Cesena Calcio, dove ho aperto il primo ufficio marketing della società. Successivamente, per due anni, sono stata mental coach della squadra Primavera.” Oggi accompagna gli sportivi in una fase non facile, quella del fine carriera. “Spesso è un periodo buio,” dice, “io stessa ho vissuto una crisi di identità che si somma a un problema fisiologico perché il corpo si ribella. Un giocatore di calcio che fino a ieri era sotto i riflettori,” prosegue Nicoletta, “si trova a dover ripartire a 35 anni. Spesso è un problema sottovalutato. In ogni caso, nello sport come nella vita, fondamentale resta l’approccio mentale nella gestione dei pensieri negativi,” spiega. “Ultimamente mi capita di lavorare con giovanissimi delle scuole superiori: c’è molto bisogno di credere in sé stessi e, appunto, di sognare.”

PROMETEO SERVIZI AZIENDALI SRL

TRENT’ANNI DI ECCELLENZA AL SERVIZIO DELLE IMPRESE

PROMETEO SERVIZI

AZIENDALI SRL

COMPIE TRENT’ANNI:

UNA STORIA DI ECCELLENZA

COMINCIATA

NEL 1995 CON I SOCI FONDATORI

GIUSEPPINA

ROCCHI E ROBERTO

SIMONETTI

Prometeo Servizi Aziendali Srl compie trent’anni: una storia di eccellenza, di crescita e di fiducia. Era il luglio del 1995 quando i soci fondatori Giuseppina Rocchi e Roberto Simonetti, forti di quasi vent’anni d’esperienza nel settore tributario e contabile, hanno scelto di dare vita ad uno studio dedicato all’elaborazione dati e consulenza fiscale per imprese individuali, professionisti e società.

Un’intuizione quella di Giuseppina e Roberto che ha preso il nome di Prometeo e che in poco tempo ha raccolto un ampio apprezzamento tra gli imprenditori dell’area Romagna. Già nei primi anni di attività, grazie alla fiducia conquistata tra i professionisti

locali, lo studio è cresciuto rapidamente ampliando il team di professionisti e trasferendosi in una nuova sede in via Riccardo Brusi a Cesena Oggi Prometeo conta una quindicina di collaboratori, tra cui 9 soci, e un portafoglio clienti che supera le 350 aziende: dagli artigiani alle PMI e alle società più strutturate. “Abbiamo lavorato per oltre 18 anni in un’associazione che offriva servizi amministrativi alle aziende,” racconta Giuseppina Rocchi, socia fondatrice, “e volevamo offrire qualcosa di diverso: un’alternativa sul territorio basata su professionalità, competenza e un rapporto diretto e trasparente con chi fa impresa.”

Come Prometeo del mito greco che donò il fuoco agli uomini per aiutarli e sostenerli, allo stesso modo Studio Prometeo si pone al fianco degli imprenditori illuminando il percorso di chi ogni giorno affronta le sfide della gestione aziendale. Con competenza, cura e trasparenza il team supporta i clienti in tutti gli aspetti amministrativi, tributari e commerciali offrendo soluzioni su misura per ogni esigenza. Il tutto senza sorprese in fattura e senza dover rimodulare continuamente gli accordi con lo studio. “Da sempre,” spiega il socio fondatore Roberto Simonetti, “la chiarezza dei contratti e dei tariffari è un tratto distintivo dello studio. La trasparenza è per

PROMETEO CONTA

UNA QUINDICINA DI COLLABORATORI, TRA CUI 9 SOCI, E UN PORTAFOGLIO CLIENTI

CHE SUPERA LE 350

AZIENDE: DAGLI ARTIGIANI ALLE PMI E ALLE SOCIETÀ STRUTTURATE. “SIAMO MOLTO ORGOGLIOSI DEI RAPPORTI DI FIDUCIA CHE ABBIAMO COSTRUITO IN QUESTI 30 ANNI”.

noi, infatti, un valore irrinunciabile.”

Tra i professionisti e soci che compongono il team ci sono anche i dottori commercialisti Matteo Biondi e Andrea Vittori, la cui competenza ha arricchito ulteriormente l’offerta dello studio, permettendo di seguire le aziende dalla loro nascita fino ai passaggi generazionali o di proprietà.

“Negli anni la consulenza è diventata sempre più complessa ed articolata,” sottolinea Matteo Biondi, commercialista dello studio dal 2002, “ e la presenza interna di professionisti del settore ci ha consentito di lavorare con realtà aziendali molto strutturate garantendo un supporto completo e altamente qualificato.” Lo studio offre a tutti i clienti anche un notiziario digitale costantemente aggiornato per tenerli al passo con le novità in am-

bito amministrativo e tributario.

“Il punto di forza di Prometeo è la personalizzazione del servizio,” spiega Andrea Vittori, commercialista che fa parte del team dal 2013, “ogni cliente, infatti, ha una persona di riferimento all’interno dello studio con cui si relaziona in maniera continua e questo consente anche di agire rapidamente e senza disperdere energie e tempo.”

“ Siamo molto orgogliosi dei rapporti di fiducia che abbiamo costruito in questi 30 anni. Molti dei nostri clienti ci seguono da decenni e, anche nei passaggi generazionali, continuano a sceglierci. Questo per noi è il segno tangibile del valore che riusciamo a trasmettere, concludono Giuseppina e Roberto. “Crediamo che tutto questo sia dovuto anche al buon clima di collaborazione che si respira in studio. Spesso ci ritroviamo tutti, tra

soci e dipendenti e, in alcune circostanze, abbiamo anche coinvolto le famiglie. Questo spirito di condivisione ci ha permesso di lavorare sempre con serenità e coesione anche nei momenti più intensi e impegnativi”.

IN APERTURA, LO STAFF DELLO STUDIO PROMETEO. IN ALTO, I SOCI FONDATORI GIUSEPPINA ROCCHI E ROBERTO SIMONETTI. SOTTO, I CONSULENTI DOTT. ANDREA VITTORI, DOTT. MATTEO BIONDI E RAG. MATTEO PIRACCINI.

GIARDINI

RITROVATI

DI FRANCESCA MICCOLI
FOTO ANDREA BONAVITA

Polmoni verdi nel cuore cittadino, spazi ricchi di storia e storie restituiti alla quotidianità dopo un periodo di oblio, oggi tornati a vivere, e a essere vissuti, con rinnovate vesti e vocazioni.

Tra gli ormai ‘ex luoghi dimenticati’ al centro di un esteso progetto di rigenerazione urbana, va annoverato il giardino antistante il complesso del San Domenico, fiorito sulle ceneri del parcheggio della ‘barcaccia’ di piazza Guido da Montefeltro, riconvertita in area verde: una risposta alla via Gluck di celentaniana memoria. L’area porta il nome di Dino Amadori, oncologo, figlio illustre di Forlì, pioniere della ricerca scientifica, promotore dell’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce, primo sostenitore

dell’umanità della cura.

Nuova destinazione anche per il Foro Boario, scelto dai forlivesi come luogo del cuore nell’ambito di una partecipatissima iniziativa del Fondo per l’ambiente, trasformato da mercato – uno dei più importanti nell’Italia degli anni Cinquanta – a giardino. Ripristinati i viali alberati e riqualificati i camminamenti, il parco si presenta con una moderna illuminazione, videosorvegliato e impreziosito da un’area giochi: peculiarità che ne fanno un luogo di aggregazione e fresco ristoro nelle giornate più calde.

Riconsegnata alla città la Rocca di Ravaldino nella primavera dello scorso anno, dopo tre lustri di chiusura, nell’estate sono tornati a verdeggiare gli storici giardini che abbrac-

TORNANO A VIVERE E

A ESSERE VISSUTI SPAZI

VERDI E GIARDINI NEL

CUORE DELLA CITTÀ. SPAZI RICCHI DI STORIA E DI STORIE, RESTITUITI ALLA COMUNITÀ CON RINNOVATE VESTI E VOCAZIONI, DOPO INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE E DI VALORIZZAZIONE.

ciano il maniero, imponente architettura quadrangolare, anticamente deputata alla difesa della città. Accessibile da corso Diaz e via Giovanni dalle Bande Nere, l’area naturale viene presentata come spazio sospeso tra paradiso – il richiamo è all’orto botanico, tempio delle alchimie erboristiche di Caterina Sforza – e inferno, in quanto già luogo di esecuzioni capitali. Il progetto di riqualificazione, incentrato su nuovi arredi e percorsi pedonali, moderni impianti di illuminazione, di videosorveglianza e di raccolta delle acque piovane, sarà completato con la realizzazione di un percorso ciclabile destinato a unire viale Corridoni a viale Salinatore, nell’ambito di una pianificazione con vista sul futuro trasferimento delle prigioni. Modernizzazione nel solco della storia per il Parco della Resistenza, inaugurato in occasione delle festività natalizie con un suggestivo percorso di installazioni luminose. Realizzato agli albori dell’Ottocento con l’impronta estetica tipica dei giardini all’italiana, il grande eden era considerato dai forlivesi l’unico vero ‘giardino pubblico’, alla luce dell’estensione di ben 49.000 mq. Nel tempo, il parco ha subito vari cambiamenti: risale agli anni Settanta l’ampliamento fino all’accesso di viale Spazzoli. Agli albori del ventesimo secolo, la parte più antica, affacciata su piazzale della Vittoria, ospitava passeggiate in carrozza e corse di cavalli, gare ciclistiche ed eventi istituzionali, e si connotava per la vocazione ricreativa e salottiera. La recente riqualificazione è avvenuta nel rispetto delle geometrie e della disposizione simmetrica di alberi e aiuole: i riconfigurati i vialetti in stile anni Trenta sono nobilitati da nuovi arredi in una prospettiva che sposa l’armonia estetica alla funzionalità. Risale a pochi mesi fa la riapertura dei giardini dell’ex Hotel della Città, oggi GiardinoGio in

AMBIENTE

omaggio al progettista, l’architetto Gio Ponti. Gli spazi sono stati integralmente rivisitati: la vasca dei pesci ha lasciato il posto a una pista da ballo mentre l’allestimento di un palco per eventi culturali riaccende i riflettori su corso della Repubblica. A pochi passi dal GiardinoGio hanno ripreso slancio vitale i giardini della Galleria Vittoria. Da tempo scomparso dai radar cittadini per lo stato di degrado, l’eterogeneo compendio immobiliare che aggrega spazi privati e spazi privati a uso pubblico, si presenta oggi rigenerato grazie a collegamenti tra le diverse direttrici, giochi di vialetti e rampe, cinte da muretti-sedute e nuove fioriere. Particolare attenzione è stata rivolta all’impatto ambientale e alla sicurezza: impianti di videosorveglianza monitorano giardini, galleria e il parcheggio interrato da oltre 100 posti auto.

Infine, un’autentica chicca: il giardino La Cócla, in dialetto romagnolo ‘lo scricciolo’, in omaggio al più piccolo dei numerosi abitanti che lo popolano. Un paradiso naturale nel cuore nascosto di via Andrelini, che ospita la sede del Centro di educazione ambientale, gestito dalle Guardie ecologiche volontarie a scopo didattico e divulgativo. Un tempo sede del brefotrofio provinciale e di una scuola materna, già luogo di prigionia per i dissidenti politici durante il nazismo, l’oasi consente ai visitatori di ritrovare lo stupore bambino della riscoperta di un mondo primigenio, fatto di arbusti, piante acquatiche e officinali, nidi artificiali e mangiatoie per l’osservazione degli uccelli, dai pettirossi alle cince, richiamati da semi e frutti. Un’autentica panacea per gli occhi e per l’anima.

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“Pensare, proporre, costruire e piantare un giardino cucito su misura per il cliente, un giardino che possa aiutare chi lo vive a viverlo.”

SAPORE

CUCINE POPOLARI A CESENA: IL PIATTO FORTE È LA SOLIDARIETÀ

DI CASA

Un fiume in piena, largo e profondo. Ma anche placido verso la meta. È così che appare Oriana Casadei quando racconta delle Cucine Popolari di Cesena. Né ristorante, né mensa, né consumo del pasto con gli occhi nel piatto, né cibo e basta, né mero esercizio culinario, né spesa quotidiana secondo canoni usuali, né solo slalom tra padelle e piatti da rigovernare puntando all’ordine necessario.

Dietro ad ognuna di queste azioni c’è l’anima imprescindibile di un progetto che fa deragliare ogni ovvietà e lei, presidente di una delle più riuscite operazioni di sintesi tra bisogni e volontariato, le mette in fila con passione e rigore. Basta ascoltare.

“Sono approdata alle Cucine Popolari stimolata da Elena Baredi,” dice, “amica, vicina di quartiere e sodale in iniziative all’interno della scuola, oggi assessore comunale, in passato sempre impegnata in politica. Elena, nell’estate del 2021, ha

LE CUCINE POPOLARI

HANNO ACCESO I FORNELLI NEL 2022

A CESENA: GRAZIE

AL LAVORO DEI

200 VOLONTARI, RIUNISCONO PERSONE

DELLE PIÙ DIVERSE

PROVENIENZE ALLA

STESSA TAVOLA.

IN FUTURO IL TRASLOCO NELLA

NUOVA SEDE VICINO ALL’IPPODROMO.

raccolto attorno a sé una quindicina di persone e ha raccontato loro di questo suo progetto che aveva già un esempio a Bologna. Io sono stata tra quelle.”

Insegnante di Lettere che ha concluso il suo percorso attivo nel 2009, Oriana Casadei ha ac-

cettato di mettere a disposizione la sua energia, tutt’altro che residua, anche per ridare vitalità ai suoi giorni e stemperare la mancanza del compagno di una vita, il marito Otello Orlandi mancato (e poco dopo anche la madre) cinque anni fa, che le ha lasciato un figlio di 40 anni, Giacomo, anche lui ingegnere come il padre.

“Ho avuto altre esperienze di volontariato ma non con la continuità e l’impegno richiesto dalle Cucine. Però,” aggiunge, “davanti a quel progetto ero rimasta incredula. Mi sembrava irrealizzabile. Ma non mi sono tirata indietro e sono stata tra le sette persone che hanno dato vita all’associazione. Elena si è tenuta fuori volutamente, per non incorrere in situazioni di incompatibilità con i suoi ruoli politici, e io ne sono diventata presidente. Ma la creatività e il supporto di Elena non sono mai venuti meno.”

Il 14 febbraio 2022, come un

DI ELIDE GIORDANI
FOTO GIANMARIA ZANOTTI

dono d’amore alla città in occasione di San Valentino, le Cucine Popolari hanno acceso i fornelli. E con un bel salto di tempo e di evoluzioni siamo ad oggi, alla boa dei tre anni di vita. Pochi sul calendario, tanti se si guarda a come si sono radicate sul territorio.

“Ai nostri primi appelli,” racconta Oriana Casadei, “la città ha risposto compatta. Tutte le attrezzature necessarie, dai fornelli, ai frigoriferi, agli abbattito-

ri, alle stoviglie, ci sono stati donati, altro ci è arrivato, in fondi, da un crowdfunding.” Le derrate necessarie vengono in parte donate dalle aziende del territorio e in parte acquistate. “A questo proposito,” dice Oriana Casadei, “mi piace citare l’azienda agricola E’ Carnàz che dalla terza settimana dal nostro avvio non ci ha mai fatto mancare gratuitamente verdura fresca.” Si è trasformata in opportunità persino la grande tragedia dell’alluvione

IN ALTO, ORIANA CASADEI, PRESIDENTE DELLE CUCINE POPOLARI A CESENA.

VOLONTARIATO

“ALL’INIZIO AVEVAMO 35 OSPITI E APRIVAMO DUE GIORNI A SETTIMANA,” DICE LA PRESIDENTE ORIANA CASADEI. “LA CITTÀ HA RISPOSTO COMPATTA. OGGI SIAMO APERTI PER CINQUE GIORNI, ALTERNANDO PRANZO E CENA, CON UNA RICCA COLAZIONE LA DOMENICA.”

che ha sommerso la sede fino al soffitto: le donazioni hanno contribuito largamente al ripristino del tutto.”

Basterebbero i numeri a certificare il successo delle Cucine se non ci fossero anche gli occhi di chi, un tempo tra gli invisibili, oggi si siede a tavola – niente

bicchieri o piatti di carta ma una vera tavola di famiglia con tanto di tovaglia ad allegri quadretti rossi – come chi si ritrova tra amici e mangia conversando, se crede, con chi gli siede accanto. ‘Paghi se puoi, mangi ciò che vuoi’. Che dire di più oltre a quello che appare uno slogan ma

PH MANUEL ZANI
PH MANUEL ZANI

è la pura realtà? Non sono solo bisognosi quelli che vanno alle Cucine Popolari (oggi ancora ospiti sotto una delle strutture della casa di riposo Don Baronio in via Niccolò Machiavelli 40) ma i tanti che ne fanno proprio lo spirito e pagano per sé e per qualche altro commensale. I numeri, si diceva: 160 pasti al giorno, 70 posti a tavola da giostrare su due turni, 200 volontari. “All’inizio non avevamo più di 35 ospiti e aprivamo due giorni la settimana,” dice la presidente. “Oggi siamo aperti per cinque giorni, alternando pranzo e cena, con una ricca colazione la domenica.” Che aggiungere se

non che si mangia molto bene e che fioccano le iniziative pubbliche e private che scelgono le Cucine come location di eventi che portano in cassa altre risorse. Il prossimo step è il trasloco dall’indirizzo attuale in affitto a quella identificata con la sede dell’associazione Hobby Tre, davanti all’ippodromo. “Per l’allestimento della nuova sede abbiamo riservato 150.000 euro,” dice Oriana Casadei. “Il Comune, proprietario dello stabile, ce ne ha chiesti altri 50.000. Il preventivo è di 900.000 euro.” Il Comune metterà ciò che resta da circa altri 300.000 euro reperiti in vario modo.

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ANIMA

FABRIZIO BERNABÈ, IN ARTE

‘IL

ROMAGNOLISTA’, TRA POESIA E IRONIA

ROMAGNOLA

C’è chi apre un profilo Instagram per raccontare se stesso e chi invece lo fa per dare voce a un’intera terra. Fabrizio Bernabè, in arte Il Romagnolista, è uno di questi ultimi: un divulgatore che sui social – tra reel, vocaboli dimenticati e riflessioni in dialetto – sta riportando in vita l’anima della Romagna. Il romagnolo è una lingua che sembrava destinata a fare solo folclore da osteria e invece oggi emoziona. “Ricevo messaggi di persone che si sono commosse ascoltando un reel in dialetto,” racconta, “e non solo romagnoli. Anche chi si avvicina da ‘straniero’, come un ragazzo lombardo che mi ha scritto dicendo che il romagnolo lo ipnotizza. È come se il suono di questa lingua avesse in sé qualcosa di magico.”

Il profilo Instagram de Il Romagnolista raccoglie ogni settimana pensieri, note linguistiche, ma soprattutto voci. Voci dimenticate, voci lungamente taciute. Il linguaggio dei post e dei reel è spontaneo: “Nascono da quello che io chiamo ‘pensierini’,” dice Barnabè, “ma poi, per come suonano in romagnolo, sembrano poesie. Eppure, non nascono come testi poetici. È la lingua che si porta dentro poesia

e ironia in maniera automatica.”

Tra la lingua dei nonni e la visione c’è l’istinto, e c’è il presente. “Alla fine ho seguito un impulso, nella voce e nelle radici sento qualcosa che richiama l’antico, la struttura profonda delle cose. Ma da lì si può guardare all’oggi. E anche al futuro.”

Quel futuro per Barnabè non è solo digitale. È reale, tangibile, geografico. “Sono un megalomane, lo so. Ma il mio sogno è creare, nelle città delle sette sorelle di Romagna, dei centri linguistici e culturali dove la lingua romagnola sia al centro: in poesia, teatro, cinema, musica. Veri

DI DOLORES CARNEMOLLA FOTO ANDREA BONAVITA

luoghi di aggregazione.”

Nel frattempo, i corsi di romagnolo che tiene regolarmente raccolgono decine di persone. Non sono pensati per emozionare, eppure succede. “Alla fine dei corsi mi è capitato più volte di vedere occhi lucidi, persone in lacrime. E non lo spiego mai come un ‘merito’ mio. Lo leggo come un dono ricevuto, come un atto di fiducia. Chi studia il romagnolo oggi lo fa anche per motivi profondi, che hanno a che fare con il vissuto, con il passato, con la morte e con la vita.”

Questa consapevolezza è arrivata per gradi. All’inizio c’era una necessità pratica: produrre ma-

teriali didattici per i suoi corsi. Poi è emerso un vuoto. “Mi sono reso conto che non si sentiva più parlare in romagnolo,” spiega. “Era stato relegato alla trivialità, all’intrattenimento leggero, alla battuta da bar. Invece c’era l’anima di una cultura lì sotto. Ho avuto l’urgenza di ridarle spazio.”

Dentro al progetto del Il Romagnolista non c’è solo una voce individuale, ma una coralità. “Voglio dare voce agli antenati e alle antenate di Romagna. C’è una lunga serie di romagnoli e romagnole che non hanno potuto comunicare tutto. A un certo punto è stata tolta loro la voce. Il passaggio all’italiano è stato violento. Dopo il boom economico,

FABRIZIO BERNABÈ, IN ARTE ‘IL ROMAGNOLISTA’, È IL DIVULGATORE CHE SUI SOCIAL – TRA REEL, VOCABOLI DIMENTICATI E RIFLESSIONI IN DIALETTO – STA RIPORTANDO IN VITA L’ANIMA DELLA ROMAGNA.

il dialetto è diventato qualcosa di cui vergognarsi. E molti nonni sono diventati bruschi, silenziosi, perché avevano perso la possibilità di esprimersi.” Anche per questo Barnabè sta lavorando a una serie di video dedicati a voci femminili. “Mi piace mettermi nei panni che non sono miei. Sento che il mio compito è restituire quella voce.”

E se dovesse scegliere una sola parola da donare ai lettori, non avrebbe dubbi: maraveja. “In romagnolo non è solo ‘meraviglia’, è stupore. È la capacità di sorprendersi per qualcosa di bello che può ancora succedere.” Il romagnolo questo sentimento lo tiene vivo.

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L’ARMONIA

UNA DIMORA A CESENATICO CHE FONDE MODERNITÀ E TRADIZIONE

DEL DESIGN

Varcando la soglia della villa di Mauro Giovagnoli e Paola Mami, situata nella quiete della prima campagna cesenaticense, lo sguardo si apre immediatamente verso l’alto, incontrando un soffitto maestoso con travi a vista, candide come la luce estiva che le ispira. L’ingresso si fonde armoniosamente con il soggiorno, dove un sofà dalle linee morbide è adagiato su un tappeto etereo, simile ad una nuvola, accogliendo gli ospiti in un abbraccio di comfort e familiarità.

Un grande specchio di design, posizionato su un’intera parete, funge da punto focale della stanza, trasformandosi all’occorrenza in maxi schermo, mentre la scenografica scala in marmo e ferro battuto conduce con grazia al piano superiore, richiamando la bellezza di altri tempi. Qui modernità e minimalismo s’intrecciano sapientemente con la tradizione e i materiali pregiati, creando un dialogo tra stili e suggestioni.

Scelta oltre vent’anni fa da Mauro Giovagnoli, questa dimora, una volta che i figli

hanno lasciato il nido, è stata oggetto di un raffinato restyling nel 2024. Per questo progetto, la famiglia si è ancora una volta affidata alla visione e alla sensibilità progettuale di Manuela Briganti, interior designer di grande esperienza che da sempre ha consigliato e affiancato i coniugi Giovagnoli nelle scelte più adeguate per le loro abitazioni.

“Ci fidiamo ciecamente di Manuela,” racconta l’imprenditore. “Sa interpretare le nostre esigenze e il nostro gusto in modo autentico. Ha curato anche l’arredo della nostra casa in montagna e quella di nostra figlia.” Tra i dettagli mantenuti, spicca l’elegante battiscopa alto in perfetto English style, un omaggio al gusto di Paola. La zona giorno è stata ripensata per accogliere una nuova sala da pranzo, mentre la cucina è stata completamente riprogettata, diventando il cuore tecnologico e visivo della casa

Ed è proprio in cucina che si rivela uno degli elementi più sorprendenti dell’intero progetto. Allungando l’orizzonte visivo, subito si

DI BARBARA BARONIO FOTO GIANMARIA ZANOTTI

NELLA QUIETE DELLA

PRIMA CAMPAGNA

DI CESENATICO, LA

VILLA DI MAURO

GIOVAGNOLI E PAOLA

MAMI CONIUGA

SAPIENTEMENTE

TRADIZIONE E MINIMALISMO, IN UN EQUILIBRIO PERFETTO TRA ANTICO E MODERNO.

viene attirati da un geniale gioco di prospettiva realizzato grazie ad un’immagine tutta a parete del colonnato del Palazzo del Doge di Venezia che allarga lo spazio e lo allunga. Il contrasto tra l’estetica classica dell’immagine e le linee essenziali della cucina, firmata Arclinea, dà vita a un equilibrio perfetto tra antico e contemporaneo

“L’interior di questa villa è stato curato in ogni singolo dettaglio,” racconta Manuela Briganti. “È il frutto di un progetto sartoriale, realizzato con passione e dedizione.” Tra gli elementi di design spiccano il divano di Edra, gli specchi scultorei di Fiam e i corpi illuminanti di Flos affiancati da pezzi unici disegnati dalla stessa Briganti e realizzati

su misura da artigiani d’eccellenza. I pavimenti in autentico noce, levigati e trattati con cera naturale, aggiungono calore agli ambienti, mentre la balaustra in marmo – anch’essa progettata da Briganti – conferisce una nota scultorea alla composizione. Non mancano oggetti d’autore come preziose creazioni in vetro firmate Venini e le poltrone Cassina. “Il mio lavoro si fonda su sincerità, passione e fiducia reciproca. Ed è proprio questa relazione che permette di dar vita a spazi autentici, vissuti e perfettamente su misura,” spiega. Un’abitazione pensata per condividere momenti speciali con amici e familiari. “Amiamo aprire la nostra casa ai nostri affetti. Mi piace molto cucinare,” am-

mette Paola, “e sono contenta di riunire le persone che amo a tavola. Proprio per questo abbiamo ampliato il soggiorno e creato una sala da pranzo esclusiva, perfetta per accogliere i nostri ospiti. Quando siamo molto numerosi, adoro riunire tutti nella taverna al piano interrato dove è presente un grande tavolo che può ospitare comodamente fino a 25 persone sedute.” Amante del bello e dell’eccellenza artigianale, Mauro Giovagnoli porta avanti una storia familiare che affonda le radici nel cuore del distretto calzaturiero di San Mauro Pascoli. Dal 1950 la sua famiglia è protagonista del mondo delle calzature di qualità. Un’eredità nata con il nonno, ciabattino di talento, poi

cresciuta grazie al padre che ha saputo espandere l’attività con visione e passione. “Dopo una fase difficile e la chiusura dell’azienda paterna, è stata l’amicizia con Sergio Rossi, unita ad un pizzico di fortuna, a permetterci di ricominciare daccapo. Ricordo ancora,” racconta Giovagnoli, “quando Sergio Rossi ci chiese di realizzare delle ballerine per lui, nel giro di poco tempo siamo stati scelti da Gucci e dal 2000 produciamo per la maison.” Oggi l’azienda conta circa un’ottantina di dipendenti, a cui si aggiungono tanti artigiani che collaborano con l’impresa. Produce 400 paia di scarpe al giorno, 120.000 all’anno e mantiene altissimi standard qualitativi. “La qualità nasce dalle sapienti mani dei nostri artigiani che seguono con precisione i rigidi protocolli richiesti da Gucci, lavorando con passione.”

Il futuro dell’azienda è già in buone mani: il figlio Lorenzo da

qualche anno affianca il padre Mauro. “Ho iniziato dalla produzione perché per saper gestire, bisogna prima saper fare e conoscere tutto di come si realizza una scarpa. Ora sto seguendo anche l’organizzazione dell’impresa,” spiega con entusiasmo.

Nella loro elegante villetta, tra fotografie che raccontano la storia della famiglia e quelle

LA DIMORA È STATA OGGETTO DI UN RAFFINATO

RESTYLING NEL 2024 A CURA DELL’INTERIOR DESIGNER MANUELA BRIGANTI: “È IL FRUTTO DI UN PROGETTO COMPLESSO, CURATO IN OGNI SINGOLO DETTAGLIO.

d’autore firmate da Giulia Marchi, artista riminese, emerge un amore autentico per l’estetica, la cultura e l’arte made in Italy. “Anche quando siamo in viaggio, la mente torna spesso al lavoro,” confessa l’imprenditore. “Mi capita di visitare gli atelier di Gucci. Le nostre scarpe sono piccole opere d’arte che partono da qui per vivere il mondo.”

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IL SOGNO E LA PASSIONE PER L’AGRICOLTURA DI LUCIANO MATTARELLI

TERRA

Ripercorrere la storia del mondo agricolo attraverso la vita e i ricordi di uno dei suoi protagonisti. È questo il compito affidato al volume, fresco di pubblicazione, La terra nel cuore - Luciano Mattarelli e l’evoluzione del mondo agricolo, edito da ConsulenzaAgricola.it e narrato dal giornalista Gigi Mattarelli Pagina dopo pagina si dipana il racconto delle trasformazioni epocali di un settore vitale dell’economia e, in parallelo, la biografia di un uomo dalle origini contadine che ha vissuto in prima persona l’evoluzione del mondo agricolo in Italia. Perito agrario, tributarista e revisore contabile di fama nazionale, fondatore del gruppo Rete Servizi Agricoltura, che oggi supporta oltre 1.500 imprese agricole, Luciano Mattarelli è un vero e proprio “imprenditore civile” – come lo definisce, nella Prefazione, Stefano Zamagni, docente di Scienze economiche e aziendali di Unibo – che ha fatto del profondo legame tra l’uomo e la terra, la passione e

DI PAOLA FRANCIA

IL SOGNO DI UNA VITA

NELLA BIOGRAFIA LA TERRA

NEL CUORE - LUCIANO

MATTARELLI E L’EVOLUZIONE

DEL MONDO AGRICOLO

LE TRASFORMAZIONI

DI UN SETTORE VITALE

DELL’ECONOMIA

ATTRAVERSO GLI OCCHI

DEL FONDATORE DI RETE

SERVIZI AGRICOLTURA.

l’impegno di una vita. Luciano Mattarelli, la sua azienda agricola si chiama ‘Il sogno di una vita’: lo ha realizzato?

“Sì, lo sto realizzando ogni giorno. ‘Il sogno di una vita’ non è solo un nome evocativo, sono le mie radici, è la sintesi di un percorso fatto di scelte coraggiose, visione e resilienza. Ho sempre creduto che l’agricoltura non fosse soltanto fatica o tradizione, ma innovazione, impresa e libertà. Oggi la mia azienda è la realizzazione di un sogno, il ritorno alle origini, un riconoscimento ai miei genitori: diamo lavoro, coltiviamo, trasformiamo, vendiamo, ma soprattutto costruiamo valore per il territorio. Il sogno non si è ‘realizzato’ nel senso statico del termine; si evolve ogni stagione, con ogni semina e con ogni nuovo traguardo raggiunto. È un sogno che cammina sui miei passi e su quelli di chi ha scelto di condividere con me questa visione.”

Quale messaggio vuole dare ai giovani che guardano alla terra

e all’agricoltura come professione?

“Dico loro: credete nella terra, ma non accontentatevi di coltivarla. Studiate, formatevi, conoscete le leggi, i mercati, la fiscalità. L’agricoltura oggi è una delle poche attività capaci di coniugare autonomia e impatto. Non è un ripiego, è una sfida da raccogliere con intelligenza. I giovani possono trasformare l’impresa agricola in un laboratorio del futuro: tra agroenergia, filiera corte, biodiversità, tecnologia e carbon farming, le opportunità sono reali. Ma serve testa, non solo mani. La terra vi chiede visione e in cambio vi offre radici. Non serve solo stare seduti sul trattore, ma serve soprattutto fare i conti. Non abbiate paura di iniziare: ogni campo vuoto è solo un progetto che aspetta il vostro primo passo.”

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