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Musei San Domenico

Un impegno per grandi restauri. Emiliana Restauri ha svolto un importante ruolo nel restauro del complesso del San Domenico ed è coinvolta nella sua attività quotidiana in significative opere di ristrutturazione e restauro architettonico. In particolare l’impresa è attualmente impegnata nei lavori di ristrutturazione di due importanti teatri emiliani. Il primo è il Teatro Comunale di Cento, danneggiato dai sismi del 20 e 29 maggio 2012, in cui l’intervento di messa in sicurezza si rivolge alla soddisfazione di una duplice esigenza: in primo luogo tutelare il bene monumentale, proponendosi cioè di prevenire il rischio di crollo del fabbricato o dell’aggravamento del danno, poi limitare l’interferenza e il pericolo che ora è trasferito sia agli spazi pubblici che a quelli privati. Emiliana Restauri è impegnata inoltre in opere di rifunzionalizzazione del Teatro San Leonardo a Bologna, con un intervento che prevede la ristrutturazione dei due spazi teatrali indipendenti e dei rispettivi locali di pertinenza.

riconvertirsi ad una sorta di manutenzione permanente, più spartana ed essenziale, che permetta di utilizzare spazi ora abbandonati, magari in modo nuovo, più semplice, meno raffinato, ma possibile. Due esempi. Il primo riguarda proprio il San Domenico, restaurato e funzionante, ma non ancora completo. Manca la ricostruzione di un’ala del secondo chiostro, necessaria per dare continuità al percorso museale. Mancano i depositi e laboratori interrati. Queste sono lacune strutturali importanti, che mettono a rischio l’utilità finale dell’investimento già realizzato. Quindi è economicamente prioritario portare a termine anche queste parti. Nella chiesa mancano gli allestimenti: la parte essenziale è finanziata, e si farà, mentre il completamento di complesse tecnologie meccaniche ed acustiche, finalizzate all’uso come auditorium, può e deve essere rimandato. Altro esempio: l’ex stazione e deposito delle autocorriere di Forlì, edificio a tipologia industriale degli anni ‘30 del XX secolo, ora abbandonato. In questo caso si potrebbe sperimentare un approccio non tradizionale al tema del restauro, una sorta di manutenzione conservativa che punti essenzialmente alla messa in sicurezza statica e impiantistica, lasciando allo spazio interno la propria identità di luogo di lavoro, di officina. Le funzioni culturali e commerciali si potranno/dovranno adattare a condizioni insolite, che pongono a prima vista alcune limitazioni, ma che in realtà stimolano nuovi modi di abitare e gestire l’architettura storica. La nostra cultura del restauro fa scuola nel mondo, ma ora dovremmo avere l’umiltà di farci contaminare un poco dal pragmatismo anglosassone, salvando i fondamentali.

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