ARTIGIANI
Servizio publiredazionale a cura dell’Ufficio Stampa di Confartigianato Vicenza
TRANSIZIONE 5.0 Fondi dedicati a innovazione e sostenibilità
È noto come Transizione 5 0 il piano che dovrebbe portare le aziende a fare un ulteriore passo verso la transizione tecnologica e la sostenibilità Definita, appunto, come l’evoluzione “green” del già noto Piano 4 0, la nuova misura nasce infatti per incentivare i progetti di innovazione, realizzati a partire dal 1° gennaio 2024 e per tutto il 2025, che prevedano investimenti in nuovi asset digitali. Più precisamente si parla di beni materiali e immateriali nuovi, strumentali all’esercizio di impresa a condizione che, con gli stessi, si ottenga una riduzione dei consumi energetici a livello di struttura produttiva almeno pari al 3%, o a livello di processo produttivo per almeno il 5%.
Confartigianato Vicenza
Raggruppamento di Bassano
Viale Pio X, 75 - Bassano del Grappa Tel 0424 838300
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La norma consente inoltre di inserire nel progetto di innovazione, insieme con gli investimenti 4 0, anche quanto favorisce l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili (eolico, idroelettrico etc.) destinata all’autoconsumo, a eccezione degli impianti alimentati a biomassa, compresi gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta Possono accedere al credito Transizione 5 0 tutte le imprese, mentre il credito di imposta è modulato con aliquote proporzionate e diversificate in base all’importo dell’investimento e alla percentuale di riduzione dei consumi energetici
Il credito di imposta Transizione 5 0, che funzionerà “a prenotazione” secondo un iter specifico, è utilizzabile esclusivamente in
compensazione tramite modello F24 entro il 31 dicembre 2025. Per Confartigianato Vicenza si tratta di una misura che va nella direzione di una concreta transizione green e digitale, due aspetti sui quali molte delle piccole e medie imprese investono per il valore di innovazione e competitività, interna ed estera, che possono fornire alle loro produzioni. In particolare sono coinvolte le imprese inserite in catene di valore che vanno oltre i confini locali, e spesso nazionali, per le quali sostenibilità e innovazione vogliono dire continuare a far parte di quelle catene Per questo Confartigianato auspica che l’incentivo possa essere di più ampio respiro e non cessare con la fine del prossimo anno Confartigianato Vicenza, con la partnership di figure professionali dedicate, assiste le imprese per l’analisi preventiva dell’investimento e delle sue caratteristiche tecniche, la redazione della perizia asseverata 4.0, l’analisi e il calcolo dei consumi energetici, il rilascio delle certificazioni energetiche e legali, la valutazione della documentazione contabile e tecnica, la predisposizione del calcolo del credito di imposta, la predisposizione e l’invio al GSE delle comunicazioni periodiche, la predisposizione dei modelli F24 per la compensazione del credito e l’assistenza in caso di finanziamento e richiesta del contributo Sabatini Per Sandro Venzo, presidente del Raggruppamento Confartigianato
di Bassano del Grappa, “la misura persegue obiettivi condivisibili che aiutano le imprese a intraprendere appieno la strada della transizione tecnologica e sostenibile. Allo stato attuale, dopo il 2025, gli incentivi cesseranno con il rischio di assistere a una ‘corsa’ per recuperare il tempo perduto, di attesa dei decreti attuativi, con inevitabile intasamento a livello di ordini, consegne e installazione Tra le condizioni, queste ultime tre, necessarie e vincolanti per accedere all’incentivo” “Come Confartigianato - continua Venzo - abbiamo evidenziato fin da subito la necessità di rendere pienamente operativa la nuova misura in tempi congrui, pena il perdere una buona occasione per permettere al nostro sistema produttivo un salto di qualità importante e di allinearsi anche con le politiche green europee, che da qua a qualche anno entreranno in vigore. A fronte del ‘tempo perduto’ e dell’importanza della misura, l’auspicio è che l’incentivo fiscale 5 0 possa essere di più ampio respiro e non cessare con la fine del prossimo anno”.
Nel frattempo gli esperti di Confartigianato sono a disposizione per ogni chiarimento
Tradizionale pizzeria con forno a legna. Fantasiose proposte di carne e di pesce della migliore cucina italiana
Siamo chiusi dal 27 agosto al 9 settembre
Il piacere di degustare le nostre specialità anche nelle DUE TERRAZZE
di Matteo Piotto
Fotografie di Enrico Celotto
Servizio publiredazionale a cura di Officine micrò
In programma per domenica 6 ottobre “Latterie in festa”
Formaggi con latte di malga. Latterie Vicentine celebra la tradizione casearia veneta
Tra le più grandi realtà venete del settore lattiero-caseario, la dinamica cooperativa di Bressanvido trasforma ogni anno - in prodotti genuini e di elevata qualità - oltre un milione di ettolitri di latte, provenienti anche da malghe di montagna che operano in zone impervie e difficili da raggiungere
Valorizzare la millenaria tradizione casearia veneta: è questa la missione di Latterie Vicentine, la cooperativa di Bressanvido (VI) che lavora quotidianamente il latte raccolto nelle stalle delle 250 aziende agricole associate, situate nelle province di Vicenza, Treviso, Padova e Trento, in un territorio che si sviluppa tra pianura, collina e montagna
E proprio sul territorio montano e sulle sue tradizioni, un patrimonio inestimabile da preservare e tramandare, Latterie Vicentine ha scelto di investire sostenendo i soci allevatori che durante i mesi estivi praticano l’alpeggio
Un impegno quotidiano per l’azienda: ogni giorno il latte
raccolto in malga, in zone impervie e difficili da raggiungere, viene trasportato nello stabilimento di Bressanvido, dove è lavorato e trasformato in Asiago Dop Fresco 7 Malghe e Oro di Malga, due formaggi che raccontano la montagna e i suoi sapori, i pascoli incontaminati e le mucche libere di brucare erbe spontanee
Sono due formaggi che racchiudono in sé i profumi e i sapori autentici dell’alpeggio, dal colore giallo intenso, con aromi di erbe e fiori dei pascoli montani, caratteristiche organolettiche derivanti dall’alimentazione dei bovini liberi di nutrirsi di essenze foraggere pregiate, diverse a seconda delle zone di malga di
provenienza.
L’Asiago Dop Fresco 7 Malghe ha una stagionatura di 40 giorni e una pasta pressata, mentre l’Oro di Malga presenta una pasta dura che matura circa 12 mesi
L’esclusività di questi formaggi deriva dalla loro produzione limitata, dovuta all’eccezionalità della materia prima
I formaggi di malga - come tutti gli altri formaggi dell’azienda, comprese le box degustazionesono acquistabili comodamente da casa con un semplice clic grazie allo shop online https://shop latterievicentine it Un modo semplice e veloce per portare in tavola la qualità e la tradizione di Latterie Vicentine. La tradizione della monticazione
è molto importante non solo per il benessere dell’animale ma anche per la tutela del territorio. Oltre al pascolo, i malgari si occupano della pulizia dei prati dalle erbe infestanti, dei sentieri, opere di esbosco, tutti lavori che contribuiscono alla prevenzione del dissesto idrogeologico. Un lavoro duro e faticoso, al quale Latterie Vicentine ha scelto di dare il sostegno e la visibilità che merita, raccogliendo il latte anche in zone impervie e difficili da raggiungere, proprio per salvaguardare un’antica pratica e soprattutto supportare le stalle di montagna che altrimenti avrebbero difficoltà a continuare la loro attività
A fine stagione le mandrie scendono a valle per ritornare nelle stalle: è la Transumanza, un momento di grande festa per tutta la comunità.
Quella di Bressanvido è la più lunga d’Italia, con 3 giorni di cammino per oltre 600 capi e ha ottenuto il riconoscimento Unesco, come Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità. La tradizione della Transumanza di Bressanvido, ripresa dagli allevatori della Fattoria Pagiusco, soci della cooperativa, è celebrata anche da Latterie Vicentine con una giornata speciale, che attira migliaia di persone Latterie in Festa, questo il nome
dell’evento che si svolgerà domenica 6 ottobre 2024, rappresenta un’occasione imperdibile per vedere da vicino le tradizioni del territorio e immergersi in un mondo di sapori genuini. Una manifestazione di grande richiamo, ricca di appuntamenti, che riesce a rinnovarsi anno dopo anno e a raggiungere un pubblico sempre più ampio rivolgendosi a bambini, giovani, famiglie e adulti con un programma variegato e trasversale. La giornata sarà come sempre scandita da sapori, musica e divertimento Dal mattino fino a sera si alterneranno animazioni, show cooking, laboratori e visite agli stabilimenti del polo produttivo, alla scoperta dei segreti dell’Asiago Dop.
E per i più piccoli?
Giochi gonfiabili, aia con gli animali, trucca-bimbi e tante altre novità. Attivo tutto il giorno anche uno stand gastronomico con i prodotti di Latterie Vicentine: un’occasione da non perdere per assaporare la lunga giornata di festa e vivere un’esperienza indimenticabile
Tanti gli eventi che caratterizzano la festa e tante le novità che ogni anno sorprendono il pubblico, ma l’evento clou della giornata rimane l’arrivo - e il tagliodella forma gigante, un formaggio
di oltre 1000 kg di peso per 2 metri di diametro, prodotto da esperti casari con 11.000 litri di latte raccolto anche nelle malghe dell’Altopiano dei Sette Comuni. Il ricavato della vendita sarà destinato ad alcune associazioni benefiche locali
Un momento emozionante per tutta la popolazione, ma anche e soprattutto il giorno più importante dell’anno per soci, collaboratori e dipendenti della cooperativa vicentina, tra le più grandi realtà venete del settore lattiero-caseario, come confermato dai numeri: in un anno sono oltre un milione di ettolitri di latte trasformati in circa 340.000 forme di Asiago Fresco Dop, 43.000 di Asiago Stagionato Dop e 77 000 di Grana Padano Dop Latterie in Festa rappresenta il momento conclusivo della nuova edizione di “Transumando. Vieni, scopri e gusta” Forte del successo riscosso lo scorso anno, Transumando torna per valorizzare la 26a edizione della Festa della Transumanza, la 10a edizione del Festival dell’Agricoltura e, naturalmente, la Festa di Latterie Vicentine latterievicentine.it FB @LatterieVicentine IG @latterievicentine www.transumandobressanvido.it FB @transumandobressanvido IG @transumandobressanvido
TRADIZIONI
di Andrea Minchio
In
visita alla sua propulsiva Officina...
MANUEL PABLO PACE
L’arte, alchimia necessaria per aprire cuore e mente
Sotto, da sinistra verso destra Un giorno d’ottobre ritraendo un giorno di marzo, acquerello e penna a biro su carta Saunders Waterford 300 gr , cm 40x35, 2023
Collezione privata
Take on me, olio su lino, cm 160x300, Fondazione The Bank, Bassano
In basso
L’allestimento di una mostra dedicata alla stampa, in occasione di Print Day in May, evento tenuto presso Officina Arte Alchemica lo scorso 4 maggio Nella foto, di spalle, l’artista e, sullo sfondo, la designer Marisol Ebner.
Prima l’Accademia e poi Sociologia a Trento L’esperienza in una comune in Spagna fra pittura e cinema, l’approdo a Barcellona e i primi successi internazionali Il rientro in Italia e il recupero di ritmi più cadenzati La fondazione di una scuola all’avanguardia, anche nel rapporto con le aziende Storie e idee di un artista ormai maturo e consapevole
Bassanese d’adozione (è nato a Montecchio Maggiore, ma per molti anni è stato cittadino del mondo), Manuel Pablo Pace vive oggi a Campese, dove ha trovato quella tranquillità e quel silenzio che ritiene congeniali alla sua indole creativa e sempre alla ricerca di ispirazione.
Dopo l’Accademia di Venezia, nel corso della sua carriera ha frequentato molteplici realtà artistiche nel nostro Paese e all’estero
Un afflato cosmopolita, in qualche modo preconizzato dalla scelta dei suoi nomi, regolarmente registrati all’anagrafe, frutto del grande amore dei suoi genitori per la cultura spagnola e, in generale, per quella ispanica. “Entrambi nutrivano inoltre una grande ammirazione per Picasso; casa nostra era letteralmente tappezzata dalle riproduzioni di sue opere”
Carattere inquieto ed estroso, terminati gli studi in laguna, Manuel Pablo si iscrisse a
Sociologia a Trento, facoltà che frequentò per un paio d’anni... “Avvertivo il bisogno di fare, per così dire, un po’ di chiarezza nella mia mente; indispensabile radicare alcune idee in maniera più rigorosa, ammorbidire certe emozioni che mi accompagnavano fin dall’infanzia. Nel complesso un’esperienza quasi terapeutica, che è tornata estremamente utile nell’esercizio della mia attività. In fin dei conti l’arte e la sociologia sono intimamente correlate. Un concetto che potremmo anche sintetizzare considerando l’arte quale medio proporzionale fra spiritualità e società”.
Da Trento Manuel Pablo è migrato con Sara, sua compagna di allora, alla volta di Jerez de la Frontera, in Andalusia. Città che aveva conosciuto appena concluso il liceo, partecipando al Progetto Leonardo Dunque, un ritorno in una terra che lo aveva conquistato. “Imprescindibile, per me, vivere in prima persona le atmosfere
che avevo conosciuto anche attraverso i film di Almodóvar e Buñuel e che ritenevo quindi essenziali per potermi esprimere in pienezza”
All’inizio, per campare, il nostro giovane, accettò l’impiego in un’agenzia immobiliare, dove resistette per ben cinque mesi “La fortuna mi venne incontro: durante uno dei miei giri ebbi l’opportunità di visitare una casa gestita da una comune di artisti Genio e sregolatezza, come si suol dire Oppure, se preferite, un vero casino! Mi ci tuffai a corpo morto e fu un’esperienza formativa straordinaria sotto tutti i punti di vista Assieme ad altri ragazzi, alcuni dei quali provenienti da diverse nazioni europee, mi dedicai al mio sogno di sempre: l’arte a tempo pieno Ci mantenevamo vendendo le nostre opere e partecipando a mostre e fiere. Un autentico bailamme all’insegna della creatività... Fino a quando uno di
noi, Juan Miguel del Castillo, vinse nel 2003 un concorso indetto dal Ministero della Cultura spagnolo, per la realizzazione di un cortometraggio 25 mm di 12 minuti (con un premio di 50mila euro) Mi chiese di assisterlo in veste di direttore artistico. Così lo seguii a Sabadell (vicino a Barcellona) e assieme girammo Rosario, questo il titolo dell’opera con la quale vincemmo premi in tutto il mondo!”
A quel punto Manuel Pablo si trasferì nel capoluogo della Catalogna, centro di una vivacità culturale senza paragoni
Abbandonato temporaneamente il pennello, si concentrò nella produzione di video, lavorando pure per la Miramax
“Essendo un cinefilo fanatico (appassionato di Kubrick e dei registi francesi della Nouvelle Vague), realizzai - pure con la collaborazione di Marisol, che poi divenne mia moglie - video di vario genere, sempre curandone la direzione artistica Un impegno esaltante ma, progressivamente, anche causa di stress ”
Fu per questo che, nel 2005, Manuel Pablo Pace decise di interrompere quei ritmi, troppo intensi e frenetici per chi, come lui, attribuiva all’indagine e allo studio una funzione essenziale nel percorso di un artista
“Mi trasferii nelle Langhe, in Piemonte, ritrovando le cadenze del tempo e le atmosfere di un paesaggio strordinario; si trattò di una pausa corroborante, una sorta di rigenerazione”.
Ma, con il rientro in Italia, piano piano si fece sentire anche il tarlo della nostalgia per il Veneto e per la sua città...
“Tornai a Montecchio, poi passai a Vicenza, città dalle mille suggestioni architettoniche Giunsi infine qui, a Bassano, fermandomi però a Campese e tornando con gioia a dipingere”.
Fatalità, proprio in occasione del ritorno nel Belpaese, Manuel Pablo venne contattato da un gallerista cileno, Francisco Stuardo, alla ricerca di talenti emergenti
“Con lui ebbi l’opportunità di esporre dapprima a Santiago, poi (nel 2008) a New York: fu un formidabile trampolino di lancio, un’evenienza tanto inaspettata quanto gratificante
Alla quale si sommò, poco dopo, l’avvio di una proficua collaborazione con Diego Knore, fondatore del Collettivo Infart, del quale divenni ipso facto direttore artistico, tornando a occuparmi di cinema!” Esperienze che portarono gradualmente Manuel Pablo a farsi conoscere da una platea sempre più vasta di collezionisti e cultori dell’arte in tutto il mondo. Fra questi, sicuramente anche il bassanese Antonio Menon, presidente della Fondazione The Bank (dove sono tuttora raccolte numerose sue opere)
Una delle ultime creazioni di Manuel Pablo Pace è l’Officina Arte Alchemica, un dinamico e poliedrico laboratorio di forma-
zione artistica, incubatore di esperienze e promotore di eventi Ma anche una sorta di originale unità produttiva, da cui escono ceramiche, quadri, sculture, stampe Creazioni d’ogni sorta, realizzate spesso sulla base di collaborazioni attivate con aziende a livello nazionale.
“Pur essendo partiti da poco, ci proponiamo come un partner all’avanguardia nella ricerca visiva Si tratta infatti di alzare il tiro e immaginare un rapporto nuovo, dinamico e propositivo Mi piace ricordare che non si nasce creativi, lo si diventa. Non esistono menti poco creative, ma solo poco allenate. La creatività non è un dono che illumina pochi, ma un processo di ricerca e sperimentazione che coinvolge il quotidiano. La trasmutazione alchemica che la nostra Officina propone, punta dunque a trasformare il metallo in oro, cioè a liberare il potenziale che è in noi, sviluppando una nuova energia con la quale affrontare la quotidianità in modo nuovo e più consapevole”.
Where is my mind?, pittura su ceramica, diametro cm 27 Collezione privata
A fianco
Speculum sine macula / La trasfigurazione, olio su tela, cm 100x120, 2019
Fondazione The Bank, Bassano
Qui sotto
Mimesis, olio su tela, cm 150x100, 2021. Collezione privata.
Via Maria Prosdocimo, 22 Bassano del Grappa - San Lazzaro Tel 339 7864575
officina arte alchemica
Officina Arte Alchemica
di Chiara Ferronato
In collaborazione con Il Cenacolo
Associazione Scrittori Bassanesi
Angiolo Tricca, Caricatura di Carlo Collodi (Firenze, 24 novembre 182626 ottobre 1890), olio su tavola, 1875 Collezione privata
Qui sotto
Il frontespizio dell’Istradamento al comporre, “opera tradotta in parte dal tedesco e accomodata ad uso delle Scuole elementari italiane” Milano, Imperiale Regia Stamperia, 1838
L’Abbecedario di Pinocchio IL LIBRO DI TESTO
E... l’“Istradamento al comporre” - 1838
Quando si riaprono le scuole, è lui a trovarti, è già nello zainetto, è sul banco, ti insegue, ti segue, (se lo dimentichi o lo perdi la chat delle mamme impazzisce): è il libro di testo (uno per ogni materia). Pinocchio vendette il suo, (l’Abbecedario per il quale Geppetto aveva dato via la vecchia casacca) per andare a vedere il teatro di burattini e da là inizia il bello. Ma, in genere, i bambini, ed anche gli alunni più grandi, non lo ritengono un estraneo o un oggetto qualunque: se lo fanno amico. E i libri di testo di oggi fanno di tutto per essere degli amici: sono ammiccanti, come giochi cinesi che nascondono sovrapposizioni di esercizi di bravura a facili inseguimenti di errori e soluzioni. Immaginiamo le autrici o gli autori di questi libri con in mano una bacchetta magica al posto
Il traduttore ai lettori
L’opera presente è tratta per la maggior parte dal libro intitolato Anleitung zu schriftlichen Aufsätzen über Gegenstände des bürgerlichen Lebens, stampato in Vienna del 1820 e prescritto qual testo alle Scuole elementari maggiori dell’Impero Austriaco Il titolo di essa spiega abbastanza chiaramente a quale scopo essa tenda, come a sufficienza è spiegato nell’Introduzione che le sta in fronte il modo da tenersi per farne uso con frutto. Questo libro presuppone chi avrà ad usarne istruito di già più che mezzanamente delle regole gramaticali della propria lingua, come anche esercitato nell’arte di ben esprimere in voce i proprj pensieri, tramutando il dialetto provinciale nella lingua colta italiana
Racconto delle proprie occupazioni giornaliere. D’estate m’alzo per solito alle sei del mattino, mi lavo, e ravviati i capelli e accomodatemi d’intorno le vesti, fo la preghiera del mattino, e mi metto attorno ai lavori di scuola. Alle otto e mezzo fo colazione con un panetto e un bicchier di latte, e poscia m’avvio alla scuola, la quale incomincia alle nove e dura fino alle undici e mezzo Indi ritorno direttamente a casa, dove per un’ora buona fo studio di pianoforte, ovvero di lingua francese. Alle dodici e mezzo per solito si va a tavola Dopo pranzo mi fermo a chiacchiere co’ miei fratelli, o sibbene mi
di una penna. In verità, c’è chi si lamenta che siano troppi e che gli zaini siano pesanti, tanto da dover ricorrere a dei trolley, per fare la spesa di cultura. A consolazione, a farci dire “forse è meglio adesso”, ci sono i libri di testo dell’Ottocento, stampati per le scuole dell’Impero Austriaco, tradotti per quelle del Lombardo Veneto. Per noi. Non tutti, si dirà, allora andavano a scuola! Ma parecchi, sì. E avevano l’“Istradamento al comporre” come libro di testo, “Intorno al modo di esprimere per iscritto i propri pensieri”. Esempi di scuse, di amorevolezza, di affetti. Un secolo dopo ci furono altri istradamenti al comporre... Quindi teniamoci i nostri libri di testo, finché ce li lasciano così.
Chiara Ferronato
diverto al pianoforte. Alle due ritorno a scuola, e mi vi fermo fino alle quattro Uscito di lì, torno d’ordinario a casa, ove bene spesso mi aspetta una merenduccia Alle cinque mi rifò da capo allo studio, e terminato che ho i lavori impostimi in iscuola, passo a divertirmi colla lettura di qualche bel libro, o col suono del pianoforte, e talvolta, permettendolo i miei genitori, vo a far visita agli amici Alle otto si cena, ed alle nove si fa la preghiera della sera, dopo la quale io me ne vo a letto soddistatto e contento perchè so di avere utilmente impiegata tutta la giornata
Stimatissimo signor zio,
Lo scorso lunedì fu un giorno di gran gioja per me e per molti de’ miei condiscepoli Erano appena sonate le nove, che il nostro signor direttore comparve in iscuola. Un certo che di solennità con cui egli entrò, il bel libro che egli aveva in mano, e il suo aspetto giojoso e ridente ci fecero ben tosto pensare ch’egli intendesse di scriverci nel libro della lode Nè c’ingannammo, poichè egli dopo una breve parlata sulle conseguenze del buon costume e della diligenza lesse i nomi degli scolari più costumati e diligenti; e poscia a tenore del maggior numero dei biglietti di diligenza da ciascun di essi ottenuto li venne di mano in mano scrivendo nel libro della lode. Io pure mi trovo fra quei bravi condiscepoli i quali hanno ottenuta una siffatta distinzione Sono certo che an-
ch’ella, mio caro signor zio, avrà di ciò piacere, e l’assicuro che l’onore ottenuto mi sarà stimolo a sempre più dimostrarmi ben costumato e diligente, tanto più che spero per tal modo di rendermi sempre più degno di essere da lei amato.
Ubbidientissimo nipote Agostino
Miei cari genitori,
Col principiar del nuovo corso scolastico io passerò dalla terza nella quarta classe Nell’esame fattosi ultimamente ho avuta la prima classe con avanzamento, cioè a dire sono stato giudicato capace di passare nella classe superiore che già dissi In questa però, miei cari genitori, vengo ad aver bisogno di alcuni nuovi libri ed anche degli stromenti necessarj pel disegno, poiché in questo pure fra gli altri utili studj veniamo in essa classe ammaestrati Vi prego quindi a mandarmi trenta lire, giacchè tante me ne abbisognano per provvedere i libri e gli oggetti specificati nella cartolina qui annessa Io ben veggo d’esservi sempre più cagione di molte spese, ma vi prometto altresì che non le vedrete andar perdute, giacchè procurerò di far buon uso dei nuovi oggetti che debbo comperare, e farò sì che possiate essere contenti e soddisfatti di me Vostro ubbidientissimo figlio Donnino
Dei titoli per le donne.
Alle donne si danno, generalmente parlando, quei titoli stessi che competono ai loro mariti Così per esempio chi scrive dovesse ad una contessa, usar dovrebbe:
Nel titolo, Illustrissima signora Contessa Nel corpo, Illustrissima signora Contessa Nella sottoscrizione, Ossequiosissimo servitore. Nell’indirizzo, All’illustrissima signora e padrona colendissima la signora Contessa o pure Alla nobil signora la signora Contessa, ecc Reggono quindi per questo riguardo le formole esposte nel § 1 del presente articolo, colle sola avvertenza che alle giovani nubili di condizion nobile si sostituirà ai titoli ordinarj nel corpo e nel titolo della lettera la parola Signora, ed alle altre la parola Madamigella.
Carissimo amico, Grande fu il mio dolore allorchè sentii il grave danno da voi sofferto nella scorsa settimana per cagione della grandine caduta È dura cosa il vedersi rapire in un’ora di tempo tutte le sue più dolci speranze, ed io, che di vero cuore prendo parte come ad ogni vostra contentezza, così anche ad
ogni vostro dispiacere, sento nel vivo dell’animo l'importanza e gravezza della perdita da voi fatta Pure quando io penso alle migliaja di persone cui la stessa sciagura deve aver tolta ogni speranza di un miglior avvenire e condannate a perpetua miseria, trovo di che racconsolare me e voi, e ringraziar la Provvidenza che vi ha fatto ricco d’altri mezzi e possessore di ragguardevole quantità di derrate per la fertilità della scorsa annata. Molte sono le facoltà vostre, ed io voglio sperare che l’Altissimo vi compenserà del danno presente col benedire i vostri futuri raccolti. Portatevi dunque con pazienza la presente sciagura, sperate meglio dell’avvenire, e credetemi sempre pronto a vostro servigio Chioggia, 7 giugno 1820
Vostro sincero amico
Gio. Battista Zinale
Esempi di chiuse d’amicizia.
Addio mio caro; amatemi e datemi spesso novelle di voi e della salute vostra, ecc.
Addio caro amico; riamatemi e state sicuro della inalterabile mia stima e tenerezza, ecc
Fatemi sentire che vivo tuttavia nella grazia vostra, ch’è quanto sa e può desiderare il vostro amico, ecc.
Ti abbraccio e sono tutto tuo, ecc
Vi abbraccio caramente e di cuore, e sono, ecc
Vi prego a continuarmi la vostra cara amicizia, e sono, ecc.
Bramo incontri per farti conoscere che sono di cuore, ecc
Esempi di chiuse di confidenza.
Dio vi guardi, ecc.
Dio vi salvi, ecc
Addio, ecc
Vi saluto, ecc.
State sano, ecc.
Abbiatevi cura; addio, ecc Vivete felice; addio
Testamento compendioso pel caso d’imminente pericolo di morte o di alienazione di mente.
Onde impedire ogni litigio fra i miei parenti dopo la mia morte dispongo quanto segue come atto di mia ultima volontà.
Primo Voglio che le mie esequie siano fatte in modo decente, esclusa però ogni e qualunque pompa Secondo Istituisco in erede universale di tutta la mia sostanza mio fratello Agostino.
Terzo Voglio che al mio servitore Giacomo sia pagata dopo la mia morte un’annata di salario Bozzolo, 15 agosto 1820 N.N., testimonio.
Sopra
La copertina de Le avventure di Pinocchio, prima edizione Firenze, Felice Paggi Libraio-Editore, 1883
Due illustrazioni di Enrico Mazzanti, tratte dal libro (Collezione Chiara Ferronato)
Sotto
La copertina di Qua la zampa, opera progettata per la didattica digitale integrata, di Laura Valdiserra e Anna Vivarelli Mondadori Education, 2024
I COSACCHI ARRUOLATI NEL REGIO ESERCITO
L’iniziativa partì dal maggiore Ranieri di Campello, allora ufficiale del Savoia Cavalleria.
Durante la campagna di Russia le armate italiane hanno incontrato combattenti di tutte le regioni del territorio sovietico. L’esercito russo, in base alle caratteristiche del suo popolo, inseriva i soldati in unità interamente costituite da uomini e ufficiali provenienti dalla stessa zona: un accorgimento studiato per garantire maggiore coesione e fiducia reciproca, oltre che per facilitare la comprensione fra persona e persona, considerate le molte lingue e dialetti parlati nell’URSS
È sicuramente significativa, in tale contesto, la vicenda delle popolazioni cosacche, da sempre fedelissime alla parte per cui sceglievano di combattere Nel caso della campagna napoleonica di Russia, per esempio, il corpo dei cosacchi fu essenziale per indebolire le fila dei francesi Nella guerra civile russa (1918-’22) i cosacchi si allinearono con le armate bianche, contro i bolscevichi Nel corso della Seconda Guerra Mondiale essi fornirono il braccio su entrambi i fronti: servirono la Russia, certamente, ma anche le truppe dell’Asse Straordinari cavalieri per doti naturali e tradizioni antichissime, si distinguevano per la forza e la determinazione Probabilmente fu per questo motivo che il maggiore Ranieri di Campello, ufficiale del Savoia Cavalleria, propose al Comando dell’8^ Armata di arruolare tra le sue fila una formazione irregolare di cosacchi a cavallo: reparto che nel luglio del 1942 venne effettivamente costituito a livello di sotnja, cioè di squadrone, e chiamato Banda Campello Il personale indossava l’uniforme della cavalleria italiana, conservando però il tradizionale mantello e il colbacco. La maggior parte degli appartenenti erano prigionieri, ai quali era stata offerta l’opportunità di combattere a fianco dell’Asse. All’inizio, per motivi di sicurezza, questa formazione autonoma straniera fu impiegata come unità esplorante,
da ricognizione e di presidio
Dopo un periodo di prova, tuttavia, si scontrò più volte contro i mezzi corazzati russi, dimostrando il proprio valore in combattimento Il 19 gennaio 1943, gravemente ferito a Nikitowka, Campello fu portato in salvo dal capitano Vladimir Ostrowsky e da altri due cosacchi. Trasferito dapprima all’ospedale di Kharkiv, fu quindi condotto a Roma all’Ospedale Militare del Celio A seguito del suo rimpatrio, l’unità assunse il nome di Gruppo Cosacco Savoia, al comando del capitano di cavalleria Giorgio Stavro Santarosa Nel giugno del 1943, a seguito del II° Corpo d’Armata, il reparto venne spostato in Italia per un riordino, a causa delle perdite subite e per funzioni logistico-amministrative. L’intenzione era quella di colmare i vuoti con ausiliari russi. L’unità cambiò nuovamente denominazione, divenendo allora Banda Irregolare Cosacca, fu accasermata in località Maccacari presso Verona e amministrata dal Deposito del Reggimento Novara Cavalleria. Nel luglio del ’43 lo Stato Maggiore del Regio Esercito emanò disposizioni per il suo riordino e completamento in vista dell’invio in Albania, a disposizione del Comando della 9^ Armata. Il mese successivo vennero apportate varianti alla formazione, che prevedevano un comando italiano, un comando cosacco e tre sotnje con personale cosacco L’armamento era italiano, anche se vennero mantenute le armi bianche tradizionali del corpo: i cosacchi della sotnja del Don erano armati di sciabola, quelli della sotnja del Kuban di pugnale. Si ricorda che il soldato cosacco, a cavallo oppure a piedi, era un combattente scaltro e veloce, in grado di maneggiare ogni arma da taglio, e mantenere la visione delle operazioni militari. L’organico di una sotnja era di tre ufficiali, sette sottufficiali e settantuno cavalieri Ognuno curava perso-
nalmente il proprio cavallo, dalla striglia alla pulizia degli zoccoli; il veterinario, ufficiale italiano coadiuvato dal maresciallo maniscalco, ogni settimana controllava i cavalli, particolarmente dopo scontri a fuoco o percorsi lunghi Con l’8 settembre e l’occupazione delle truppe germaniche in Italia, il comandante dell’unità cosacca ne dispose lo scioglimento
Molti cosacchi, con la perdita di riferimenti e comandanti, finirono nei reparti germanici, qualcuno anche nelle file partigiane
Il 28 maggio 1945 circa 50.000 collaborazionisti cosacchi furono consegnati dagli inglesi alle truppe sovietiche, in base agli accordi della Conferenza di Yalta. Ma i britannici si spinsero oltre, consegnando a Mosca molti cosacchi emigrati che non erano cittadini sovietici e che quindi non potevano essere considerati “traditori della patria” I leader del movimento cosacco furono giustiziati e gli altri vennero spediti nei campi di lavoro forzato
In Carnia, durante la campagna d’Italia ’43-’45, reparti cosacchi presidiavano l’Alto Friuli sotto comando germanico. Avendo però compreso che la guerra era ormai persa (le scorte di fieno andavano esaurendosi, mancava il foraggio per i cavalli e il pane per gli uomini), molti scelsero di non consegnarsi né ai partigiani slavi né agli alleati, ma di rimanere in Italia e di nascondersi. Parecchi di loro, al termine delle ostilità e dopo un periodo alla macchia nei boschi, cercarono un lavoro e si sposarono, trovando una nuova casa nel nostro Paese
I cosacchi della Banda Campello alla carica, sul finire del 1942
In alto Pugnale cosacco in dotazione alla sotnja (squadrone) del Kuban
Qui sotto
Una cartolina propagandistica con un cavaliere italiano del Savoia Cavalleria e un “collega” cosacco
LA MEDAGLIA D’ARGENTO A RANIERI DI CAMPELLO
Motivazione
“Proposto insistentemente ed ottenuto di formare e comandare un Gruppo Squadroni volontari cosacchi, ne curava con entusiasmo la costituzione e vi infondeva il suo entusiasmo e la sua fede Chiesto ripetutamente d’essere impiegato al fronte veniva accontentato In ogni incarico era primo nell’offerta e nell’esempio Guidava il Gruppo in situazione difficile per insidie nemiche, clima e disagi, in modo esemplare In ogni occasione ha dato più di quanto richiesto Ferito, continuava a guidare il Gruppo dando sagge disposizioni per sfuggire all’accerchiamento”
Rossoch - Nikitowka (fronte russo), 15-19 gennaio, anno 1943
di Alberto Calsamiglia
Il vino è poesia imbottigliata.
In visita a una cantina del nostro territorio
TENUTA LE RISERE Il futuro della viticoltura? È già presente!
Alle pendici meridionali del Grappa, una realtà innovativa che ha puntato su una produzione biologica ad alto grado di sostenibilità, ottenendo così la prestigiosa certificazione ambientale
Qui sopra
Due bottiglie di Asolo Prosecco
Superiore DOCG Brut, vino biologico della Tenuta Le Risere.
A Semonzo, subito a est del Colle di Dante, tra Col Roigo e le prime pendici del Monte Grappa, la Tenuta Le Risere coltiva le sue viti nei lievi saliscendi di queste colline. Alture che son parte di un territorio assai umido, che un tempo era utilizzato persino per la produzione del riso Proprio da questa antica coltura prende il nome la cantina La risaia è da sempre sorella dell’ambiente, generando un favorevolissimo ecosistema dove vige grande biodiversità di flora e di fauna Nicola Cenere e Orfeo Cecchin, imprenditori dell’occhialeria e titolari della bellunese Spectales srl, discendenti da storiche famiglie bassanesi, nel 2007 si sono avventurati anche nel mondo dell’enologia Spinti dal desiderio di produrre un vino per le loro mense, che fosse quindi sano, naturale e buono, hanno piantato vigneti di Glera in convenzione biologica, ottenendo finalmente, nel 2017, la prima annata di Asolo Prosecco Biologico DOCG Il metodo di produzione biologico ad alto grado di sostenibilità ha subito ottenuto la certificazione ambientale di “Prodotto Bio” da Valoritalia, l’ente certificatore, che ha riconosciuto la capacità della Cantina di tutelare il territorio coltivandolo consapevolmente Infatti tutte le attività nel vigneto sono fatte a mano,
utilizzando solo prodotti della filiera biologica e rispettando amorevolmente l’ambiente. L’uva prodotta non vede sostanze chimiche né Ogm ed è trattata esclusivamente con concimazioni naturali Il vigneto ha una splendida posizione, trovandosi felicemente esposto al sole per l’intera giornata, affiancato da un bio-laghetto che favorisce la presenza e il benessere degli impollinatori, così come il terreno argilloso e le correnti termiche della località donano alle viti le migliori condizioni per ben maturare e donare infine al prosecco piacevole profumo, armonico gusto in bocca e fine perlage. Con Nicola Cenere ho potuto conoscere e apprezzare i loro tre prodotti: Asolo Prosecco col fondo biologico; Asolo Prosecco superiore DOCG Brut biologico e Asolo Prosecco superiore DOCG extra Brut biologico Il primo gustato è il prosecco col fondo, detto anche sur lie (in francese significa “sopra lo sporco”) che nello specifico indica “sopra i lieviti” Si tratta del Prosecco prodotto come una volta, seguendo la tradizione, ovvero un vino spumante rifermentato in bottiglia trattenendo tutti i lieviti che si adagiano sul suo fondo Era il sistema di produzione delle famiglie contadine delle nostre terre fino all’arrivo del metodo Martinotti, che ha brevettato una seconda fermentazione in autoclave (di Federico Martinotti ricorrono proprio quest’anno i cento anni dalla morte il 2 luglio 1924).
L’Asolo Prosecco col fondo biologico, annata 2021, ha gradazione alcoolica 10,5%; la bottiglia si presenta naturalmente un po’ torbida, ma la bollicina è leggera e il sorso morbido, fresco e vivace. Segue l’Asolo Prosecco Superiore
DOCG extra Brut biologico del 2022, limpido e fragrante col suo sentore di frutta e fiori. Risulta cremoso in bocca e di grande piacevolezza con i suoi 12 gradi e un sapore rotondo e minerale. Infine l’Asolo Prosecco superiore DOCG Brut biologico 2021 chiude la produzione de Le Risere, suadente, sapido e asciutto, minerale e gradevolmente acido, ma fruttato dalla grande fragranza. A Le Risere le uve, tutta Glera, provengono da un’unica vigna collocata nei pressi di un bosco Parlando infine del futuro della viticultura, Federico Zen, responsabile dei vigneti, afferma: “Personalmente penso che il futuro della viticoltura, in realtà, sia il presente. Nell’ultimo decennio stiamo assistendo a un rapido cambiamento climatico, perciò il viticoltore deve essere sempre più attento alle innumerevoli problematiche in campo, tenendosi costantemente al passo con le innovazioni scientifiche. Ovviamente tempestività e impegno costante sono e rimarranno le parole chiave per una viticoltura moderna e futura, scegliendo, come nel nostro caso, metodi rispettosi e sostenibili. Basta pensare solamente all’anno in corso, caratterizzato dai primi sei mesi molto piovosi, in cui sono scesi quasi 1200 millimetri di pioggia Ogni giorno è una sfida, ma io amo le sfide e soprattutto amo il mio lavoro! La soddisfazione più grande, quando un cliente stappa una nostra bottiglia, è sentire la sinfonia del tappo di sughero mentre esce dal collo della bottiglia. Lì, in quel momento, rivivo tutte le gioie e le fatiche provate in vigna, dalla potatura invernale fino al tanto atteso momento della vendemmia, per concludere infine con la vinificazione”
Stefano Falcone e Andrea Minchio
Incontro con Mattia Rossi, responsabile dell’area marketing
GRUPPO FRATTIN
Lavoro e famiglia, valori alla base di un successo aziendale
Dalle automobili, comprese le dream car più iconiche, ai camper e ai caravan E ora, in una nuova sede dall’architettura avanzata, anche gli yacht Imprese e conquiste che confermano come l’unione possa effettivamente fare la forza Anche se si parte da condizioni svantaggiate
Sopra, da sinistra verso destra
Stefano Falcone, Mattia Rossi, responsabile area marketing
Gruppo Frattin, Romano Frattin, amministratore delegato Frattin Auto e Andrea Minchio, nella sala esposizione del quartier generale di Cassola.
Qui sotto
Antonio Frattin, fondatore del Gruppo
Circa un migliaio di vetture in esposizione, duemilacinquecento auto vendute all’anno (a privati), oltre centocinquanta milioni di fatturato e un centinaio di dipendenti, tutti motivati grazie all’attenzione che l’azienda riserva al personale (il quale può anche beneficiare di una mensa interna e di una palestra dedicata) I numeri del Gruppo Frattin sono davvero impressionanti e, ancor prima di recarci in una delle sue sedi (a partire dal quartier generale di Cassola), ce ne possiamo fare un’idea visitandone il portale digitale. Una sorta di “contenitore” che rimanda a sei diversi siti e - di conseguenza - ad altrettanti settori merceologici:
- Frattin Auto (vetture nuove, usate oppure a Km 0);
- Frattin Camper & Caravan (concessionaria ufficiale Adria e Sun Living);
- Frattin Shop (accessoristica per camper, caravan, campeggio, con ottomila articoli);
- Frattin Yachting (novità che sta prendendo sempre più piede);
- Frattin Service (a favore di qualsiasi tipo di veicolo);
- Viaggiare Rent (noleggio a breve e a lungo termine)
Una realtà di tutto rispetto, dunque, che - in base al carattere di questa rubrica - desideriamo conoscere soprattutto sotto il profilo della comunicazione e, in particolare, dell’utilizzo degli strumenti digitali impiegati per il conseguimento degli obiettivi.
Ne parliamo con Mattia Rossi, responsabile marketing del gruppo, a capo di un ufficio dove opera una decina di persone.
Prima di affrontare l’argomento è però doveroso compiere un salto all’indietro di un’ottantina d’anni e ripercorrere rapidamente
la storia di Antonio Frattin, fondatore di questa realtà: un vero romanzo d’avventura, peraltro pubblicato anche in una fortunata autobiografia
Nato a Loria in una situazione di decorosa povertà a seguito della prematura scomparsa del padre (“avevo solo cinque mesi quando un’appendicite perforata, divenuta peritonite, ce lo portò via”), Antonio Frattin dovette fin da piccolo darsi parecchio da fare Una laboriosità, la sua, che partì quindi da lontano e che lo condusse, adolescente, a lavorare la terra in Piemonte in una grande azienda agricola (“niente divertimenti, niente ferie, niente riposi settimanali”) Poi fu la volta del Belgio, in miniera a cottimo con il “motopicco” e, a seguire, dell’Australia, in una piantagione di canna da zucchero, dimenticata da Dio e dagli uomini (“si sgobbava anche con temperature di 38 gradi, molta umidità e la possibile visita di qualche serpente”). Infine il rientro in Italia, la gestione di una trattoria a San Giuseppe di Cassola, aiutato dalla fidanzata Assunta, poi divenuta sua moglie. E, dulcis in fundo, l’acquisto di un paio di Seicento usate (per sé e per Assunta), il loro restauro, la successiva vendita, quasi casuale, e l’acquisizione di altre vetture per iniziare a commercializzarle. Era la nascita di un’attività felice, il germe del futuro gruppo...
“La nostra realtà - spiega Mattiacontempla anche una sezione BtoB, denominata Masterycar e destinata a rapporti commerciali con aziende e concessionari, e un sottosito dedicato alle auto di lusso, Frattin Luxury Si tratta pertanto di una “macchina” assai complessa Aggiungo che il gruppo si articola, propriamente
in termini fisici, su otto sedi: Cassola (come abbiamo visto), Altivole (service ufficiale Dacia Renault), Cittadella (service ufficiale Fiat e Fiat professional), Rossano Veneto, Vicenza, Garbagnate Milanese, Lignano Sabbiadoro e Rodi Garganico (quest’ultime sotto l’egida di Frattin yachting)”
Venendo alle tecnologie digitali, come state operando rispetto alle esigenze del mercato?
“È quasi superfluo dire che rappresentano una necessità vitale e che ci forniscono un supporto strategico in termini di visibilità. E questo non solo a livello locale, ma in tutta Italia. Il mercato dell’automotive sta andando verso la concentrazione dei punti vendita fisici attraverso la logica dell’accorpamento. L’obiettivo dei produttori è quello di rivolgersi direttamente al consumatore, potendo poi contare su strutture territoriali. Un discorso che vale soprattutto per il nuovo Trattando prevalentemente vetture a Km 0 oppure usate (per le quali non valgono opzioni particolari quali la personalizzazione del modello), noi esuliamo da tale logica La tecnologia digitale costituisce dunque il mezzo ideale per farci conoscere e giungere al cliente. Poi passiamo la palla ai nostri commerciali”
Il digitale, allora, come vetrina interattiva
“Esatto Ci facciamo conoscere attraverso i nostri siti, i social e i
portali di settore. Poi forniamo ai potenziali clienti tre opportunità: telefonarci, entrare in comunicazione con noi tramite whatsapp oppure compilare un modulo di contatto Se il possibile acquirente abita in zona, lo invitiamo in sede, in caso contrario gestiamo il colloquio in videochiamata, illustrando la vettura (e spesso anche accendendone il motore)”.
Disponete di tecnologia CRM?
“Certo E personalizzata in funzione delle nostre esigenze Sostanzialmente un software (Customer Relationship Management) che utilizziamo per gestire relazioni e interazioni con i clienti, ottenendo così anche dati sulla genesi del contatto Ci interessa sapere come siamo stati individuati, per poi intervenire con correttivi e miglioramenti. Ma adoperiamo il CRM pure per costruire azioni di re-marketing, cercando di ingaggiare il cliente che in un primo contatto non siamo riusciti a prendere Il dato, con le statistiche che ne derivano, è un valore fondante, sul quale lavoriamo per destrutturarlo e pulirlo Se si considera che i portali registrano circa 120mila utenti al mese, risulta chiaro che il nostro reparto ha il suo bel daffare Oltretutto ci siamo imposti la regola di non lasciare mai trascorrere più di quattro ore lavorative per richiamare il cliente che ci ha cercato E, comunque, ribadisco che per il Gruppo Frattin il rapporto umano con l’interlocutore rimane un
pilastro imprescindibile”.
E dopo la vendita?
“Nei giorni immediatamente successivi proponiamo al cliente un questionario (non troppo impegnativo), attraverso il quale veniamo a conoscere dove ci ha visti, se l’auto acquistata è effettivamente quella visionata in rete, se è rimasto soddisfatto del primo contatto e poi anche del venditore. Infine se la vettura è stata presentata in maniera adeguata. Ne ricaviamo così l’indice di gradimento”
Profilate la clientela?
“Lo facciamo, sì, ma è uno degli aspetti sui quali intediamo investire ulteriormente per fornire un servizio sempre migliore alla clientela.
E, per quanto riguarda il service, utilizzate un CRM?
“Allo stato attuale lavoriamo sulle statistiche, ma è chiaro che oggi anche il service è divenuto un fattore di vendita, dal cui racconto si possono ottenere dati strategici”
Abbiamo già tratteggiato la figura del fondatore Antonio Frattin, che è ora il presidente onorario del gruppo Ma è anche doveroso ricordare che le posizioni rilevanti di gran parte dell’organigramma sono occupate proprio dalla famiglia Frattin. I suoi figli Romano e Fabio rivestono infatti la carica di amministratori delegati del Gruppo Pure i loro figli, Luca e Stefano per Romano, Denis, Matteo e Nicola per Fabio, e il nipote Christian Fietta, ricoprono ruoli di responsabilità nei vari settori. A dimostrazione che uno dei valori basilari trasmessi da Antonio Frattin alla sua numerosa progenie (cinque figli, quindici nipoti e numerosissimi pronipoti) è appunto quello della centralità della famiglia.
A sinistra, nel testo
Dream car in bella mostra a Cassola
Sotto, dall’alto verso il basso
Un dettaglio dell’area Camper nella sede di Rossano Veneto
La facciata principale del nuovissimo complesso
www.stefanofalcone.info
di Antonio Minchio
Il Camper Ambulatorio dell’AISC Associazione Italiana Scompensati Cardiaci davanti al Municipio di Pove del Grappa, lo scorso 7 giugno Foto di gruppo per i volontari dell’Associazione Amici del Cuore di Bassano, impegnati nell’attività di prevenzione in quella circostanza.
Informazioni e contatti
Tel. 338 7473575
Tel. 06 54220296 segreteria@associazioneaisc org
Per informazioni e/o iscrizioni
Tel. 338 7806929
robertodonazzan50@gmail.com
Gli Amici del Cuore e l’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci
Una collaborazione, una sinergia, un unico obiettivo
DARE VOCE AI PAZIENTI AISC e scompenso cardiaco
Lo scorso 7 giugno è giunto a Pove del Grappa, direttamente da Roma, il Camper Ambulatorio dell’associazione La finalità? Una giornata dedicata alla conoscenza e alla prevenzione
Ritroviamo, dopo qualche tempo, la dottoressa Fiorella Cavuto, cardiologa, per conoscere AISC Associazione Italiana Scompensati
Cardiaci, realtà ancora poco nota nel nostro Paese (ma in costante crescita) che opera a favore della prevenzione delle patologie cardiache e cardiovascolari
Ricordiamo ai nostri lettori che una significativa occasione di presentazione di AISC nel nostro territorio è avvenuta lo scorso 7 giugno a Pove del Grappa (nei pressi del Municipio), grazie alla preziosa e dinamica collaborazione degli Amici del Cuore di Bassano
In quella circostanza, con l’arrivo da Roma del Camper Ambulatorio dell’associazione, è stato offerto alla popolazione un graditissimo servizio gratuito di informazione e prevenzione
“Si è trattato - ci spiega Fiorella Cavuto - di un’iniziativa messa a fuoco assieme agli Amici del Cuore di Bassano che, come altri sodalizi italiani, aderiscono in qualità di soci ad AISC Mi piace poi ricordare che una volta all’anno, compiendo un lungo giro attraverso il nostro Paese, un vero e proprio tour itinerante, il Camper fa tappa in diverse località; è necessario però che ne sia concordata la presenza con le associazioni collegate ad AISC L’automezzo è ben attrezzato, poiché dispone di due ambulatori e diversi apparecchi
per gli esami clinici”.
Se AISC provvede a inviare il Camper (con l’unica presenza dell’autista), il personale medico e sanitario viene fornito - su base volontaria - dalle associazioni territoriali. A Pove erano presenti, con Fiorella Cavuto, i cardiologi Antonio Celotto e Beatrice Segafredo, assistiti dalle infermiere Marilena Lievore ed Emanuela Bragagnolo. Immancabile, poi, il presidente degli Amici del Cuore, Roberto Donazzan, con alcuni associati
In seguito il Camper, grazie alla collaborazione del Centro Polispecialistico Enne di Maser, si è spostato dapprima a Paderno, agli Istituti Filippin, e poi a Maser
“Diverse le prestazioni erogate: dall’elettrocardiogramma alla valutazione cardiologica, dagli esami ematochimici con dosaggio rapido di BNP ed emoglobina glicata, sempre per individuare eventuali scompensi cardiaci o possibili rischi di diabete (nei diabetici la probabilità di contrarre malattie cardiovascolari è molto più alta)”.
Un servizio, dunque, estremamente apprezzato e in linea con gli obiettivi dell’AISC: allargare la conoscenza scientifica della patologia cardiaca, creare una rete di contatto tra i pazienti e incoraggiarli ad aiutarsi e sostenersi reciprocamente attraverso la condivisione di esperienze.
In poche parole: dar loro voce. AISC intende inoltre porsi come interlocutrice con le istituzioni per portare avanti le esigenze dei pazienti cardiopatici
In fin dei conti le campagne di prevenzione stanno iniziando a dare risultati soddisfacenti Si tratta di iniziative che riscuotono grande apprezzamento fra la popolazione e che contribuiscono a identificare i soggetti scompensati prima che accedano alle liste d’attesa o, peggio, ai Pronto Soccorso
Scompenso cardiaco: un cuore che diventa insufficiente “Potremmo anche usare questa espressione Però, per meglio dire, si parla di scompenso cardiaco quando il cuore non riesce ad assolvere correttamente alla funzione contrattile di pompa e, quindi, a garantire il necessario apporto di sangue ai nostri organi. Le cause possono essere molteplici: insufficienza o stenosi valvolare, infarto, miocardite, cardiopatia dilatativa, ipertensione... È importante, allora, intercettare per tempo lo scompenso, prima che evolva in termini peggiorativi, e adottare le contromisure del caso Guarire si può, soprattutto se si interviene sollecitamente”.
Tutto chiaro, dunque, compresa l’assoluta rilevanza della prevenzione Come quella che viene offerta dall’AISC!
Giornalista bassanese, ha all’attivo interviste prestigiose...
DOMENICO LAZZAROTTO Scoop, ma nel rispetto dell’etica
Una passione, la sua, nata a scuola e poi sfociata in una professione esercitata con garbo e distinzione Una vita nel giornalismo, Quando è nata la passione?
“Sin dai primi anni del liceo, contemporaneamente alla mia passione per lo sport, calcio e ciclismo in particolare I primi articoli li ho firmati nel giornalino della scuola, dove scrivevo in libertà senza paura del voto. L’incoraggiamento è giunto dal prof. Giamberto Petoello, che mi spinse a bussare alla Redazione de Il Gazzettino, dove trovai immediatamente le porte aperte come corrispondente da Tezze, il mio paese Una volta iscritto all’università, iniziai a collaborare con maggiore assiduità, seguendo partite dilettantistiche e corse giovanili Un po’ alla volta mi inserii nell’ambiente, spaziando anche negli altri ambiti della cronaca. Il mio Dna, però, era già quello del cronista sportivo, nato in un contesto che negli anni ’80 e ’90 era una vera fucina di campioni: Miki Biasion, due volte iridato nel rally; Gabriella Dorio, oro nei 1500 a Los Angeles; il fischietto internazionale Gigi Agnolin; Sergio Campana fondatore e presidente dell’Associazione Italiana Calciatori; Giovanni Battaglin vincitore del Giro d’Italia e di una Vuelta. Senza dimenticare lo squadrone dell’Hockey Bassano e i successi dei canoisti Pierpaolo Ferrazzi e Ivan Pontarollo Il mio trampolino di lancio è comunque arrivato nel 1985 ai Mondiali di ciclismo su pista a Bassano e su strada nel Montello, con il Gazzettino che pubblicava un inserto sportivo quotidiano Un lavoro apprezzato dal direttore Giorgio Lago, indimenticabile maestro che mi promosse inviato: oltre a seguire il Vicenza Calcio, diventai pure punto di riferimento per il ciclismo”
Quali gli eventi sportivi che hanno segnato il tuo lavoro?
“I 28 Giri d’Italia e le Olimpiadi di Los Angeles del 1984, con quattro azzurre bassanesi (oltre alla Dorio, la velocista Cosetta
Campana, la fondista Paola Moro e l’ondina Carlotta Tagnin): un record storico per Bassano! E poi i Mondiali di ciclismo in Colombia nel 1995, con Pantani terzo, e quelli di Verona nel 2004, con l’argento della bassanese Tatiana Guderzo Purtroppo con uno stato d’animo opposto ho invece vissuto in prima persona la mattanza dell’Heysel del 25 maggio 1985: fra le 39 vittime c’erano pure i bassanesi Amedeo Spolaore e Mario Ronchi”
C’è qualche articolo che avresti preferito non scrivere?
“Oltre all’Heysel, quello della funivia del Cermis, con venti morti, e anche il tragico scontro fra due auto sulla Gasparona che stroncò sei ragazzi (quattro di Valle San Floriano). Scioccante il rogo in una casa di Cismon, con la morte di tre fratellini”.
L’intervista che mai avresti pensato di fare?
“Durante una vacanza a Cuba ho avuto la fortuna di incontrare Fidel Castro all’inaugurazione di un complesso turistico sulla spiaggia di Varadero, il giorno successivo a quello in cui sua figlia Alina era fuggita negli Usa (il 22 dicembre 1993). Quando il lider maximo comprese che eravamo turisti italiani, lì per caso, si è avvicinato e mi ha salutato con una forte stretta di mano Ho pensato: questo è lo scoop della mia vita. «Presidente, sono un giornalista di Venezia » E lui, a ruota libera: «L’Italia è un Paese amico per Cuba » Pochi giornalisti occidentali, eccezion fatta per Gianni Minà, hanno potuto avvicinarlo. Conservo la pagina del Gazzettino, così come quella del più recente incontro con Papa Francesco, che mi ha autografato il libro su don Antonio Belluzzo”
Uno scoop sportivo?
All’indomani di Juventus-Roma, campionato ’80/’81 del famoso gol-scudetto annullato a Turone,
con il presidente Dino Viola che a fine partita venne preso a calci in tribuna. Viola si rifugiò poi a Bassano, dove era di casa, facendo perdere le sue tracce. Il giorno successivo, cercato da tutti i giornali e dal Processo di Biscardi, con gli amici Bonotto (del Belvedere) andò a cena - in anonimo - al Capello di Breganze Grazie a soffiata mi precipitai lì. Antonio Bonotto mi invitò a tavola e Viola, che conoscevo in quanto presidente onorario del Bassano Calcio, mi accettò a un patto: non si parla di calcio! Dopo qualche divagazione, la lingua batté dove il dente doleva L’Ingegnere raccontò la gazzarra del giorno prima lanciando una precisa accusa: A darmi i calci è stato un primario delle Molinette, cugino degli Agnelli... Non sapevo più come svicolare per tornare in Redazione: fu uno scoop anche perché in chiusura, a tarda ora, il Processo mostrò la prima pagina del Gazzettino abilmente confezionata da Lago”
Momenti di apprensione?
“Una notte al telefono con mons. Giuseppe Lazzarotto, Nunzio apostolico in Iraq. Durante il colloquio si sentivano le bombe degli americani. Il giorno dopo mi sincerai della sua incolumità”
La miglior dote di un giornalista?
“Obiettività, imparzialità e sensibilità Il giudizio spetta al lettore, ma in merito alla sensibilità mi sento con la coscienza a posto Conservo ancora un bigliettino, per un mio articolo, di una giovane coppia di genitori che aveva perso il bimbo di quattro anni per malattia: il miglior complimento in tanti anni”
L’avvento dei social ha cambiato il giornalismo?
“Oggi è più frenetico, appiattito e meno curioso È quasi scomparso il giornalismo d’inchiesta Il digitale svilisce la professione, con il giornalista che non è più in strada, ma davanti al pc”
di Andrea Minchio
Il giornalista deve avere sempre e comunque una religione: il dubbio. Ferruccio De Bortoli
Domenico Lazzarotto, classe 1953, bassanese di Tezze sul Brenta, maturità scientifica al Liceo Da Ponte, laurea in Scienze Politiche a Padova, giornalista professionista, corso in Giornalismo all’Università di Urbino, già capocronista de “Il Gazzettino”, testata per cui ha seguito da inviato numerosi eventi in tutto il mondo Ha pubblicato alcuni libri tra i quali: L’ex scalpellino diventato famoso a Parigi (SE Edizioni, 1998); La leggenda gialloazzurra (Tassotti Editore, 2004);
1985 Stadio Heysel 2015 Per non dimenticare (Edizioni Rumor, 2015) scritto con l’arbitro internazionale Luigi Agnolin e il collega Luca Pozza e selezionato al Premio Bancarella Sport, pubblicazione dalla quale nel 2022 è stato tratto un docu-film Netflix; 70 anni di passione (AC Tezze, 2019); Se te ghè fede (Artegrafica Munari, 2020)
Attualmente fa l’opinionista sportivo in alcune emittenti locali e collabora con diverse riviste del settore.
Qui sotto
Papa Francesco si appresta ad autografare l’ultimo libro di Domenico Lazzarotto, Se te ghè fede (Roma, 2022).
Sono ancora molti i pregiudizi sul Continente Nero
Per questo la sua vera storia merita di essere conosciuta
L’Africa tra conf l itti, recessione e declino politico. Quali conseguenze per l’Europa e per l’Italia?
A tutt’oggi la nostra visione risente di logiche, di matrice ottocentesca, che non rendono giustizia alla cultura dei suoi popoli e che non tengono conto di quanto avvenne prima delle varie colonizzazioni
Premessa
Siamo soliti guardare l’Africa e gli africani dall’alto in basso. Non solo perché il canone cartografico rappresenta l’Europa sopra all’Africa, ma anche perché riteniamo l’Africa sottosviluppata, incivile, retrograda. Soffriamo di un complesso di superiorità “Il dramma dell’Africa è che l’uomo africano non è entrato abbastanza nella storia”, afferma Sarkozy a Dakar, il 26 luglio 2007. Nulla di più falso Bisogna superare la nostra proiezione coloniale L’Africa ha la sua storia, precedente alla colonizzazione europea
La Costituzione più antica del mondo
È bene ricordare, per coloro che non ne abbiano cognizione, che nel 1236 Soundiata Keïta, fondatore dell’impero del Mali, redige la Costituzione il cui incipit recita: “Lo spirito dell’uomo vive grazie a tre cose: vedere ciò che ha voglia di vedere, dire ciò che ha voglia di dire, fare ciò che ha voglia di fare. Perciò ora ciascuno risponde della sua persona, è libero nei suoi atti, nel rispetto delle leggi del suo Paese” Nel 2009 l’UNESCO la inserisce nel Patrimonio Culturale
Immateriale dell’Umanità
La Costituzione più antica del mondo (Carta Manden) consta di 7 Capitoli e 44 Articoli. Di seguito se ne riportano alcuni Ogni individuo ha diritto alla vita Una vita non è superiore a un ’altra
Il rispetto per gli altri è la regola e la tolleranza deve essere il principio.
Non umiliare il nemico, perché così facendo saresti considerato codardo.
L’educazione dei giovani spetta
all’intera società
Nessuno offenda le donne, che sono le nostre madri
Il divorzio è legale e viene concesso su richiesta di uno dei coniugi
L’esistenza della schiavitù si estingue in questo giorno
Chiunque non rispetti queste regole sarà punito
Ognuno è responsabile di garantire il rispetto della legge
La carovana del sultano.
Da Timbuctù a La Mecca
Nel 1312 Mansa Musa, pronipote di Soundiata Keïta, è il sultano del Mali. Timbuctù è uno dei principali centri culturali in Africa e in tutto il mondo islamico e ha un’università (fondata nel XII secolo) in cui si studiano i testi di Avicenna, filosofo, medico e matematico persiano Il Mali detiene il controllo delle rotte commerciali dell’oro e del sale
Nel 1324 Mansa Musa guida un pellegrinaggio a La Mecca a capo di un immenso corteo, lungo decine di chilometri e composto da migliaia di uomini e da altrettanti dromedari carichi di quintali e quintali d’oro Il pellegrinaggio risponde a scopi religiosi, ma anche politici,
di Giorgio Spagnol Analista di politica internazionale
strategici ed economici
Il percorso della carovana del sultano (5 000 chilometri) coincide con il tratto finale occidentale delle Vie della Seta, che vanno dall’Oceano Pacifico all’Oceano Atlantico
Colonizzazione Americana
Con il Trattato di Tordesillas del 1494, papa Alessandro VI divide con un meridiano l’Oceano Atlantico creando un duopolio: a est il Portogallo, a ovest la Spagna Inizia la colonizzazione delle Americhe: al vertice gli europei, alla base gli indigeni decimati da malattie portate dagli europei Le piantagioni create nel frattempo (tabacco, cotone, zucchero e caffè) divengono carenti di manodopera Si risolve il problema con l’acquisto di schiavi africani Nel XVIII e XIX secolo si registra l’arricchimento di mercanti e stati europei, con la stessa Africa che partecipa al commercio di venti milioni di schiavi mediante guerre tra regni africani, allo scopo di catturare i nemici sconfitti e venderli poi come schiavi. Ma si crea criticità nello sviluppo delle attività produttive, con troppi lavoratori e artigiani venduti come schiavi
Sopra, da sinistra verso destra Adolphe Portier, Indigeni della Senegambia nei costumi tradizionali, incisione acquerellata, da un disegno di J L Williams, metà del XIX secolo Uno sciamano guaritore congolese in una stampa ottocentesca
Sotto
Abraham Cresques, Mansa Musa, imperatore del Mali, assiso in trono con in mano una pepita d’oro, disegno a penna su pergamena, dall’Atlante catalano, 1374 Parigi, Bibliothèque Nationale de France
La sezione trasversale di una nave negriera in una xilografia del XIX secolo. Gli schiavi, fatti progionieri in Africa e destinati alle piantagioni d’America, si trovano compressi nel ponte di coperta. Solo il 50% degli schiavi giungeva vivo a destinazione.
Sotto
Guerriero Zulu, incisione, 1851
Nonostante l’abolizione del commercio degli schiavi al Congresso di Vienna (1815), si crea un buco enorme e insanabile nell’economia africana
Qui sotto
Maurice Toussaint, Cacciatori d’Africa con tenente-alfiere e sottufficiali in alta tenuta a cavallo, illustrazione a colori 1920.
Colonizzazione Africana
Il collasso di regni e imperi africani in piccole entità statali, deboli e povere, facilita la creazione di insediamenti territoriali litoranei (in primis del Portogallo) allo scopo di acquisire le abbondanti materie prime presenti in Africa
Nel 1885, con la Conferenza di Berlino, le potenze europee possono rivendicare possedimenti all’interno delle zone costiere occupate Inizia così la Corsa per l’Africa e la conseguente Oppressione Indigena È ricorrente, ora come allora, il leitmotiv “gli europei sfruttano gli indigeni ma portano civiltà e infrastrutture”. Niente di più ipocrita
Le colonie sono incentrate solo sulle materie prime Infatti le infrastrutture sono limitate alla loro raccolta e al trasporto fino ai porti Non di certo allo sviluppo di un tessuto produttivo industriale e di una rete di trasporti interna (indispensabili per la creazione di un’economia efficiente) Le istituzioni sono gestite solo da europei, con i locali esclusi da governo e amministrazione L’economia è dipendente dall’esportazione di materie prime, con la totale assenza di una classe locale dirigente formata
Eurafrica
Al termine della Seconda Guerra Mondiale l’Europa è un
continente distrutto e in crisi. Come salvarla? Tramite l’Africa, naturale appendice dell’Europa. Nasce così il Progetto Eurafrica, molto europeo e molto poco africano. L’Unione Europea, in realtà, è stata concepita all’inizio come un progetto per europeizzare i possedimenti coloniali africani.
Grazie alla somma delle proprie colonie vetero-continentali è la Francia che fa la parte del leone Nel 1951 Italia, Francia, Germania, Olanda, Belgio e Lussemburgo creano la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA). Nel 1957 è prevista la creazione della Comunità Economica Europea (CEE) e di Eurafrica
Guy Mollet, capo del governo francese, può trionfalmente proclamare, il 25 febbraio 1957 a Washington: “L’unità dell’Europa ormai è un fatto (la CEE verrà proclamata il successivo 25 marzo) Oggi è nata un’unione ancora più larga: l’Eurafrica”
Decolonizzazione Africana Ma il processo di decolonizzazione africana, iniziato negli anni Cinquanta, procede inarrestabile e mina pesantemente la neocostituita Eurafrica rendendola da subito obsoleta e inefficace. Si assiste purtroppo alla diffusa corruzione dei politici africani per i diritti di sfruttamento delle risorse del sottosuolo L’economia non decolla a causa della formazione di un’élite disonesta. Gli aiuti allo sviluppo provenienti dall’Occidente vengono intascati dai governanti, anziché essere utilizzati a favore della popolazione, con totale disinteresse per lo sviluppo economico dei Paesi africani
Corruzione di governi e di istituzioni
Al termine della Guerra Fredda, l’Occidente vuole liberalizzare l’economia africana: è questa
la condizione per ricevere nuovi aiuti Così industrie e aziende pubbliche vengono privatizzate e affidate a élite governative, amici e parenti Dalla padella alla brace!
Nel 2002 nasce l’Unione Africana (UA), un’area di libero scambio per i Paesi africani Ma mentre il Nord Africa presenta analogie incoraggianti con il Medio Oriente in merito a sviluppo economico e commerciale, l’Africa Subsahariana (Sahel) registra condizioni di sviluppo precarie con il 34% di estrema povertà
L’esperienza neo-coloniale in salsa francese. Colonizzazione o Decolonizzazione = Sfruttamento
Secondo Jules Ferry, Primo Ministro nel 1885: “La colonizzazione è una missione civilizzatrice Le razze superiori hanno il diritto e il dovere di civilizzare le razze inferiori”
Per Charles de Gaulle: “Decolonizzazione è proseguire la stessa missione con altri mezzi Per la maggior gloria e grandezza della Francia”
La relazione neo-coloniale viene attuata tramite reti extra-diplomatiche (servizi segreti, imprese, franco CFA) e ingerenza diretta delle autorità francesi nella politica interna delle antiche colonie. Jacques Chirac dichiara, invece, nel 2008: “Dimentichiamo solo un fatto. Una gran parte del denaro che si trova nei nostri portafogli proviene dallo sfruttamento, da secoli, dell’Africa Quindi, bisogna avere un po’di buon senso Non dico di generosità, ma di buon senso, di giustizia per restituire agli Africani quello che abbiamo loro sottratto
E questo è necessario se si vogliono evitare i peggiori sconvolgimenti e difficoltà, con le conseguenze politiche che ciò comporterà in futuro”
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MUSEO HEMINGWAY Via Ca’ Erizzo, 35 0424 529035
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AGOSTINELLI
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Via Roma, 11 0424 522412 09/09-11/09 03/10-05/10 27/10-29/10
ALLE GRAZIE Via Passalacqua, 10/a 0424 35435 13/09-15/09 07/10-09/10 31/10-02/11
ALL’OSPEDALE Via J da Ponte, 76 0424 523669 05/09-07/09 29/09-01/10 23/10-25/10
CARPENEDO
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COMUNALE 2 Via Ca’ Baroncello, 60 0424 34882 21/09-23/09 15/10-17/10
POZZI Via Scalabrini, 102 0424 503649 01/09-03/09 25/09-27/09 19/10-21/10
RAUSSE dott. MARIO Piazza Libertà, 40 0424 52222 15/09-17/09 09/10-11/10
ROMITO dott MASSIMO Via Mons Rodolfi, 21 0424 566163 19/09-21/09 13/10-15/10
TRE PONTI Via Vicenza, 85 0424 502102 11/09-13/09 05/10-07/10 29/10-31/10
XXV APRILE Viale Asiago, 51 0424 251111 03/09-05/09 27/09-29/09 21/10-23/10
del genio perché non richiede spiegazioni. Oscar Wilde
Sopra, da sinistra verso destra Rachele Bosa e Sofia Daynes È possibile seguirle sui social, anche separatamente, sul blog switchblog (di Rachele) e sull’archivo creativo guaiseriproject (di Sofia)
L’installazione Dear, ai dettagli, alla poesia e al buon vino, esposta nel parco di Villa Caffo a Rossano Veneto, lo scorso 2 giugno.
Indagine a tutto sesto su un concetto affascinante...
A c o n f r o n t o c o n l a B e l l e z z a
R a c h e l e B o s a e S o f i a D a y n e s
Un progetto, una ricerca, molte interviste e un esito forse inatteso, ma sorprendentemente positivo Così due giovani artiste hanno sintetizzato in un ’originale installazione il frutto del loro lavoro.
Si sono conosciute nel 2016, frequentando la stessa scuola di danza a Rosà, Rachele Bosa e Sofia Daynes. Bassanese la prima, di Rossano Veneto la seconda, in breve tempo hanno stretto un’amicizia sincera, presto sfociata in una feconda collaborazione anche al di fuori di quel particolare contesto
Sotto
Una delle stanze dell’installazione, con una citazione di Alessandro Baricco: “È uno strano dolore morire per qualcosa che non vivrà mai”.
“Provenivamo tutte due - spiega Rachele - dalla danza classica ed entrambe avevamo poi scelto di dedicarci a quella contemporanea Evidentemente un comune sentire ci legava a quel genere, più consono ai nostri caratteri...”.
Non a caso, proprio in virtù di una condivisa inclinazione per l’arte, Rachele e Sofia hanno in seguito messo assieme le proprie competenze ed esperienze.
“Tutto è iniziato - prosegue Rachele - con la creazione del mio blog, un contenitore che inizialmente avevo pensato nei termini di una rubrica dedicata a schegge di moda, arte e attualità.
Ambiti ai quali ho affiancato ben presto anche altri interessi, per spostarmi su un piano maggiormente programmatico,
più concreto e tangibile
È così che è nato Dear, ai dettagli, alla poesia e al buon vino, un progetto che ho subito condiviso con Sofia, potendo contare sulla sua preziosa adesione”
“Proprio nella sfera della danza - interviene Sofia - avevo nel frattempo potuto dar corpo al mio hobby di sempre: la fotografia e la realizzazione di video. Ambiti nei quali, grazie allo studio e a una continua sperimentazione, avevo maturato una discreta competenza Dear, (abbreviato, e con la virgola, n d r ) mi regalava dunque l’opportunità di esprimere, grazie a un vocabolario a me congeniale, valori e messaggi in cui credo” I lavori, per così dire, sono partiti nel 2022 con l’obiettivo dichiarato di sensibilizzare il pubblico sul tema del Bello, indagandolo sotto molteplici sfaccettature e punti di vista Certamente un argomento molto frequentato, che le due amiche hanno deciso di approfondire confrontando l’immagine patinata e stereotipata, che attualmente è fornita dai media, con quanto viene invece elaborato e poi
articolato a livello personale “Dalla nostra esplorazione, condotta attraverso numerose interviste, è emerso che oggi ci si confronta con canoni che spesso non rappresentano la prospettiva del singolo. Abbiamo sezionato il classico concetto di Bellezza in cinque macrocategorie, materializzate poi in altrettante stanze all’interno di un’idonea installazione”
Sostanzialmente l’analisi di Rachele e Sofia ha considerato i seguenti distretti: l’estetica, cioè l’esperienza sensibile, quella della percezione immediata; il piacere, inteso dal punto di vista sensoriale; il gusto, quale inclinazione, propensione soggettiva; la perfezione matematica, sintetizzata nelle formule (sezione aurea, serie di Fibonacci ); l’intangibilità e l’imprecisione ossia l’incompiuto o l’indefinito, dai quali è tuttavia possibile generare il Bello. “Il progetto è stato presentato in anteprima a Villa Caffo, lo scorso 2 giugno Entrando nelle diverse stanze dell’installazione, dove avevamo preventivamente collocato oggetti e materiali in linea con i risultati della ricerca, i visitatori hanno trovato spunti di riflessione e di confronto, potendo lasciare una propria testimonianza. Si è trattato di un’esperienza positiva: molti, infatti, i feedback e i riscontri!”. Per il futuro, visto il consenso ottenuto con Dear,, Rachele e Sofia hanno programmato altre iniziative. Vale sicuramente la pena di seguirle!
È in libreria con La leggenda del Bambino del Popolo Lucertola
MARIO GIUSEPPE SABBADIN
Dalla Sarmazia al Vallo di Adriano
Un viaggio nell’Europa del II secolo d.C.
per promuovere il valore della
pace
Si tratta di un racconto lungo, basato sugli appassionati studi dell’autore, che evoca le atmosfere di un ’ epoca caliginosa Accurato e prezioso il corredo iconografico
Tuttavia in pochi sanno che il drago è anche il simbolo della Sarmazia, regione che oggi coincide con l’Ucraina e la Russia meridionale. Appunto da tale constatazione è nata l’idea di sviluppare una storia ambientata al tempo della dominazione romana”.
Tiridate, nemico degli oppressori romani, coincide allora con quella del vecchio Ewan, reduce dalla Prima Guerra Mondiale e angustiato dal prolungarsi di un’altra catastrofe bellica, che rischia di mettere in ginocchio la sua Inghilterra (e forse il mondo intero).
di Elisa Minchio
“Alcuni anni fa mi trovai a leggere un articolo che parlava dei draghi e della loro presenza, in ogni cultura, nell’immaginario collettivo. Nel Nuovo Testamento, e precisamente nell’Apocalisse di San Giovanni Apostolo, una delle visioni riguarda un enorme drago rosso con sette teste e dieci corna Anche i Greci e i Romani fornivano un’immagine precisa di quest’animale, dalla vista acuta, agile come un’aquila e forte come un leone: una sorta di serpente con zampe e ali
Ha appena dato alle stampe il suo primo libro, Mario Giuseppe Sabbadin, un racconto lungo che evoca proprio la travagliata epopea del popolo sarmata (oggi fatalmente caduto nell’oblio) e che ha intitolato, con un pizzico di mistero, La Leggenda del bambino del Popolo Lucertola Recuperando dai suoi studi storici le atmosfere e i frammenti di un’epoca caliginosa, l’autore accompagna il lettore in un viaggio insidioso e tormentato, ma carico di speranze, attraverso l’Europa del II secolo d.C. Un’opera, quella di Mario Giuseppe Sabbadin, che si sviluppa su più piani storici e che utilizza l’artificio di una doppia narrazione per lanciare un messaggio assolutamente chiaro e inequivocabile: promuovere, pur all’interno di un contesto lacerato da scontri e conflitti, i valori universali della pace e della tolleranza La “missione” del guerriero
“Ho scelto di affidare la storia a un narratore, ormai avanti negli anni, al quale si rapporta un gruppo di ragazzi curiosi Nell’infuriare delle ostilità, il suo scopo è appunto quello di distrarre il giovane pubblico dalle sofferenze e infondere negli ascoltatori il principio della pace”.
Intrigante ed enigmatica la relazione che unisce il coraggioso Tidirate a Ewan. Forse, attraverso un finale inatteso e sorprendente, sarà possibile comprendere il motivo della somiglianza che li lega.
Il libro si caratterizza, oltre che per l’indubbia originalità e per i documentati riferimenti storici, anche per la presenza di un ricco e accurato corredo iconografico, volutamente inserito nella pubblicazione per fornire al lettore informazioni delle quali non tutti sono in possesso
Bassanese doc, dopo le superiori e il servizio di leva, Mario Giuseppe Sabbadin ha esercitato diverse attività lavorative. Da sempre è interessato alla storia, sua grande passione. Con La Leggenda del bambino del Popolo Lucertola è alla sua prima esperienza editoriale (ph. M. Hoxha).
Qui sotto
La bella copertina del libro, curata dal grafico Luizio Capraro (Eab, 2024, euro 15,00)
PUNGOLI
Perché in certi contesti si sprigionano energie positive?
Ci pare sempre di essere vissuti a lungo nei luoghi in cui abbiamo vissuto intensamente.
Marguerite Yourcenar
COGLIERE LO SPIRITO DI UN LUOGO PER VEDERE OLTRE
È però necessario ritarare il cervello, in maniera tale da consentire al nostro corpo di percepire intimamente il “genius” del posto in cui ci troviamo in quel preciso momento
Qui sopra Il Col Bastia a Romano d’Ezzelino, meglio noto come Colle di Dante, allo sbocco della Valle Santa Felicita nella fascia pedemontana Diversi studiosi lo identificano con il luogo descritto dal Sommo Poeta nel IX Canto del Paradiso: [ ] In quella parte de la terra prava italica che siede tra Rïalto e le fontane di Brenta e di Piava, si leva un colle, e non surge molt’alto [...].
Attivo nella progettazione sostenibile e nel design, Claudio Calderoni opera nell’ambito dell’innovazione trasversale tra architettura bioclimatica, fisiologia e studi sulla leadership. A ottobre terrà a Stoccolma, dove vive, un workshop specifico sul tema del Change management attraverso il ridisegno della comfort zone. linkedin.com/in/claudio-calderoni-architect Tel. +46 761 334 788
In ogni luogo, specie in quelli d’acqua, possiamo identificare un carattere distintivo, un genius che li governa. Una presenza il cui profilo non sfugge a persone dotate di grande sensibilità, ma che tutti possiamo imparare ad apprezzare se messi nelle condizioni di poterlo cogliere
Trovo che tra le rive e i versanti di Bassano, luogo di incontro e transizione per eccellenza, questa presenza sia particolarmente loquace e che il suo invito al ritorno al corpo e alla natura sia tra i più perentori e ricorrenti
Proverò dunque a dimostrare che il riconoscerlo è determinante nel rendere fluido quel che ci appare impervio, anche nella vita quotidiana
Nove secoli fa, il disinvolto abate di Cluny, Ponzio di Melgueil, crociato e abile mediatore tra Papa e Imperatore, una volta caduto in disgrazia scelse Campese, con l’appoggio di Ezzelino, per fondare un nuovo monastero votato a un ritorno alle origini dell’ordine monastico.
Una visita all’odierno monastero potrebbe allora aiutarci a vedere l’imbocco della Valsugana con gli
occhi di un maestro del ritorno alle origini, in cerca di casa Tra i tanti luoghi visitati, Dante scelse proprio il Bassanese per ambientare uno dei Canti più suggestivi del Paradiso, quello degli Spiriti Amanti. Giunto al terzo Cielo, il poeta fa raccontare a Cunizza da Romano che l’amore carnale, da intendersi come espressione suprema del sentire del corpo, è la via maestra per l’amore assoluto, perché ci permette di attingere a un’energia che riserviamo per compiere il necessario salto cognitivo Giunti al fondo della scoscesa via Gamba, fossimo in Palladio, accetteremmo non senza un fremito l’incarico per un nuovo ponte Non tanto per le brentane, ma perché la terra che ha ispirato figure come Ponzio, Dante e Cunizza ci obbligherebbe a quel salto cognitivo, a vedere oltre. Lo stesso spirito guidò i Dal Ponte a rifondare l’umanesimo in chiave ambientalista Qualcosa di simile devono percepire anche imprenditori come Renzo Rosso che sul “padiglione di contemplazione” progettato da Palladio riescono a vedere al di là
dell’orizzonte Un genio guidò la mano del grande architetto nell’offrirci, in preda alle correnti, l’agio di restare al coperto, potendo contemplare da una loggia la calma solennità delle montagne Suggerisco vivamente di rileggere il Nono Canto del Paradiso, magari come le istruzioni della lavatrice, ormai una delle rare letture che ci concediamo - tu lettore escluso
L’utile lavaggio del cervello ci aiuterebbe ad affrontare qualsiasi sfida, semplicemente ricorrendo a un sentire del corpo, immerso nel luogo che sta occupando in quel frangente. In termini di psicologia cognitiva salteremmo da un’elaborazione autonomica per accedere al rilevamento della novità. Operazione che impone maggior dispendio di energia - specie nel cervello, da cui la ritrosia, ma che fondamentalmente consiste nel consentire al corpo che qualcosa gli accada in un determinato contesto.
Yoga, dieta e docce fredde fanno bene E per questo tipo di attività un luogo vale l’altro purché si sia in compagnia del suo genius.