Autorizzazione del Tribunale di Bassano del Grappa n 4/94 R P del 2 giugno ‘94
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Redazione
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Collaborazioni
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Museo-Biblioteca-Archivio Bassano del Grappa
R Bosa, A Calsamiglia, C Caramanna, P Casotto, F Cavuto, S Daynes, A Faccio, S Falcone, C Ferronato, R Frattin, G Giolo, D Lazzarotto, S Los, A Martinato, C Mogentale, S Mossolin, M P Pace, A Pegoraro, C Pirazzini, N Pulitzer, M Rossi, M G Sabbadin, A Sana, D Sana, G Spagnol, M Stocchero, S Venzo, V Vicariotto, R Viero Corrispondenti
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p. 5 - Civitas
La meccanizzazione prende il comando
p 8 - #amoibassano
Eques o non eques: questo è il problema per Leandro Bassano
p 10 - Capital News
Quanto costa la vostra attuale gestione finanziaria?
p 12 - I nostri tesori
Due studi di Jacopo Bassano sul tema del Cristo deriso
p 14 - Restituzioni
Artemisia Restauro: così abbiamo recuperato opere di Norman Raeben
p 16 - Curiosità
Bertel Thorvaldsen, il danese che voleva battere Canova
p 18 - La lezione del passato
Quanto è difficile interpretare lo stoicismo antico
p 20 - Venustas
Casa Sonda vs Palazzo Compostella
p 22 - Afflatus
Demenza. Terapie a supporto del malato e della sua famiglia
p 25 - Focus
Reperti d’epoca romana sul Grappa
p 27 - Schegge
Bassano-Londra in vespa? Un gioco
p 31 - Sì, viaggiare
Capodanno in Oman
Atmosfera natalizia a Copenaghen
p 32 - Renaissance
La Festa della Rificolona
p. 34 - Artigiani
Transizione 5.0. Fondi dedicati a innovazione e sostenibilità
p 36 - Tradizioni
Latterie Vicentine celebra la tradizione casearia veneta
p 38 - Art News
Manuel Pablo Pace L’arte, alchimia necessaria per aprire cuore e mente
p 40 - Il Cenacolo
Il libro di testo
p 43 - Memorie
I cosacchi arruolati nel Regio Esercito
p 44 - Le terre del vino
Tenuta Le Risere
p 46 - Tempi moderni
Gruppo Frattin Lavoro e famiglia, valori di un successo aziendale
p 48 - Star bene
AISC. Dare voce ai pazienti
p 51 - Personaggi
Domenico Lazzarotto
Scoop, ma nel rispetto dell’etica
p. 53 - Scenari
L’Africa tra conflitti, recessione e declino politico
p. 56 - Indirizzi utili
p 58 - Idee
Rachele Bosa e Sofia Daynes
p. 61 - In vetrina
Mario Giuseppe Sabbadin, La leggenda del bambino del Popolo Lucertola
p 62 - Pungoli
Cogliere lo spirito di un luogo
Manuel Pablo Pace,
di
Maddalena, olio su lino, cm 100x150, 2019 Fondazione The Bank, Bassano Al noto artista internazionale e al suo studio creativo è dedicato il servizio a pagina 38
Sopra al sommario La chiesetta di San Martino a Campese. Esitono luoghi in grado di sprigionare energie positive Forse anche per tale ragione l’abate Ponzio di Cluny scelse di fermarsi nel piccolo borgo allo sbocco della Valbrenta Almeno questo è ciò che pensa l’architetto Claudio Calderoni, nostro corrispondente da Stoccolma (pag 62)
Qui sotto Francesco Bonfanti, Casa Sonda a Bassano, schizzo a china, copertina delle tavole di progetto (pag 20)
Copertina
Estasi
Maria
Il mondo non è minacciato dalle persone che fanno il male ma da quelle che lo tollerano (Albert Einstein)
LA MECCANIZZAZIONE PRENDE IL COMANDO
Come uscire dalla meccanizzazione delle pratiche progettuali, incompatibile con la vita della biosfera e quindi con la convivenza degli umani.
A - Nel tuo testo del numero di Gennaio-Febbraio 2024 su Palladio e Scamozzi, riprendevi un problema che contraddistingueva l’emergere delle scuole di architettura dalla combinazione delle Accademie di Belle Arti con le nuove Scuole politecniche di ingegneria Rilevavi allora un problema che avrebbe dovuto essere considerato ma che non trovava alcuna attenzione da parte di tali scuole Potresti ora spiegare di cosa si trattava?
B - Intanto volevo citare una frase di Einstein che spiega il discorso che voglio fare qui: a minacciare il mondo più delle persone che fanno il male, sono quelle che lo tollerano Nel creare persone che tollerano/naturalizzano quel fare il male hanno un ruolo centrale gli interventi sul linguaggio: di questo parleremo Allo stesso modo che gli scrittori sapevano, avendolo appreso, come dedurre da frasi e parole i contenuti letterari che permettevano loro di scrivere un romanzo, anche gli architetti sapevano, per averlo appreso, come dedurre dalle figure architettoniche vari contenuti tipologici che consentivano loro di disegnare figure che avessero i contenuti richiesti dal luogo e dall’istituzione per la quale stavano progettando e costruendo l’edificio Carlo Scarpa insegnava e disegnava ancora così, come aveva appreso all’Accademia prima che arrivassero i politecnici, e i disegni lo aiutavano a correlare i contenuti che essi esprimevano con quelli desiderati e rispondenti ai contenuti istituzionali dell’opera che veniva comunicata Il linguaggio architettonico condiviso dalla comunità simbolica, cui appartenevano sia l’architetto che i suoi abitanti, rendeva comprensibili quei disegni e quella costruzione Chi abitava la casa la sentiva appropriata nei suoi
vari contenuti per questa comunicazione tra architetto e abitante mediata dall’opera
I contenuti esperiti da chi vedeva l’opera erano considerati come comunicati dall’architetto, e non, come accade oggi, dalle prestazioni meccaniche delle murature A portare era l’architetto mediante i muri, non le prestazioni calcolate, e questo valeva anche per gli altri contenuti dell’architettura Se oggi guardiamo un edificio non vediamo più i contenuti perché non ci sono, ci chiediamo se ci piace o meno: focalizzando un solo contenuto, quello estetico, con una propaganda mediatica internazionale che anticipa e influenza le nostre valutazioni e i meriti dell’autore che sono individuali.
Negli anni ’80 ai tre contenuti vitruviani - firmitas, utilitas, venustas - avevo aggiunto quelli ambientali, che si riferivano alla climatizzazione, illuminazione, ventilazione, e correlavano perciò in modo più esplicito gli edifici ai luoghi, e alle caratteristiche che li distinguevano dagli altri luoghi, caratteristiche che mi aiutavano a insegnare quel ‘regionalismo architettonico’ che perseguivo all’Università Oggi che la biosfera lo richiederebbe più di allora, non se ne parla quasi.
Interessato alle ricerche sul processo di progettazione, ricordo che il progetto veniva normalmente suddiviso in tre fasi, una prima dedicata alla proposta di varie soluzioni ipotetiche al problema posto dal progetto che usava un linguaggio analogico, una seconda che simulava i risultati attesi di tali soluzioni, anche per renderli confrontabili, supportata dalla semantica del linguaggio, e una terza, volta a valutare attraverso i risultati simulati le soluzioni più evolutive,
di Sergio Los Università
IUAV - Venezia
quelle che meglio si avvicinavano ai requisiti posti dal programma di progetto di chi doveva abitare l’edificio progettato come abitante tipo che usava un linguaggio digitale. Fino all’epoca moderna queste tre fasi comprendevano riflessioni effettuate attraverso l’uso di un linguaggio architettonico operante nell’ambito delle comunità culturali interessate dal progetto
A - Era il processo del progettare caratteristico degli architetti artisti che proveniva dalla tradizione della cultura architettonica, prima dell’arrivo degli ingegneri?
B - Proprio così A metà degli anni ’70 però, Lionel March nel proporre una ridefinizione critica del processo progettuale, riuniva queste tre fasi come caratterizzanti le tre forme di inferenza sviluppate dalla semio-
Qui sopra
Sergio Los, La Città Macchina Progetti di Sant Elia & Tchernikov Copertina del catalogo della mostra in Palazzo Chiericati, 1973-’74
Il titolo del servizio rimanda a un testo di S. Giedion, Mechanization Takes Command, apparso nel 1948, che si riferiva a una progressiva meccanizzazione dell’architettura e della città. Le immagini del manifesto evidenziano l’incapacità della cultura architettonica di fornire risposte pertinenti ed efficaci all’emergente crisi ambientale ed energetica Quelle crisi rivelavano per la prima volta l’incompatibilità della Macchina Termo-Industriale con la biosfera che abitiamo e le difficoltà che incontrano le pratiche progettuali degli architetti nello sviluppare soluzioni appropriate
A fianco
Questo schema del processo di progettazione, tratto da L March, The Architecture of Form, 1976, mostra sia come le diverse fasi hanno luogo nel tempo, sia il modo in cui ogni progetto riprenda tipi precedenti per procedere, sempre attraversando le tre fasi, a una evoluzione interpersonale che ne migliora progressivamente i contenuti
Disegno di Sergio Los, in S. Los & N. Pulitzer, L’architettura dell’evoluzione. Il sistema abitazione tra industrializzazione edilizia e tecnologie alternative, Edizioni Luigi Parma, Bologna, SAIE, 1977
Sergio Los, Disegni critici del ponte di Cismon progettato nel 1554 da Palladio per Giacomo Angarano
La soluzione elaborata da Palladio esemplifica l’uso di una logica figurativa per risolvere un problema costruttivo. Il ponte, lungo 30 metri, aveva tre capriate portate da due supporti, che la forte corrente del fiume abbatteva continuamente. Palladio decide di sospendere i supporti rispettando il vincolo dei pali, non superiori a 10,15 metri, e inventa una capriata intera che integra le tre precedenti Riflettendo sulle capriate, egli inventa una “capriata di capriate” che risolve il problema
tica di C S Peirce in una catena evolutiva di progetti, come se ogni progettista imparasse dal progetto precedente, riprendendo le tre fasi e affinando così le soluzioni. Ho ripreso e applicato queste ricerche nel libro L’architettura dell’evoluzione nel 1977, come se i vari progetti costituissero nel loro insieme quell’evoluzione artificiale che comprende l’architettura multi-scala di edifici e città Questi processi progettuali operavano attraverso il linguaggio architettonico e anche le inferenze/ riflessioni proposte da Peirce agivano nell’ambito semiotico linguistico fondate sulla competenza dei progettisti nell’accoppiare in modo rispondente figure architettoniche a contenuti performativi, sia simbolici che materiali Il portare comunicato dal muro doveva essere reale oltre che espressivo, in Brunelleschi lo era L’arrivo delle pratiche ingegneristiche nelle scuole di architettura confonde questa situazione e distingue il comunicare il portare, simbolico, architettonico, dal portare effettivo, materiale, ingegneristico Le immagini avevano già subito l’attacco della Riforma iconoclasta, prima che dalle Accademie emergessero le Scuole di architettura, ora le immagini diventano estetiche,
multiculturali, da oggettive e concettuali diventano soggettive e sensoriali con capacità cognitive non confrontabili con quelle delle tecno-scienze Questa è la storia
A - Quindi impongono un mutamento che non è discutibile, è nei fatti, e i numeri sostituiscono quelle arcaiche immagini che la modernità rende sospette, imitazioni di realtà, non realtà, imitazioni del portare, non il portare effettivo
B - Quando arrivo allo IUAV nel 1953, vedo due mondi, quello degli antichi artisti e quello dei nuovi tecnici, quello degli architetti e quello degli ingegneri, negli studenti, nei professori e anche nelle figure professionali che nonostante gli sforzi non troveranno mai alcuna integrazione Nelle scuole di architettura queste tre modalità di riflettere, anzi di inferire, caratteristiche di ogni progetto, vengono divise nelle relative discipline, la prima che produce, o abduce, soluzioni ipotetiche da controllare del progetto, rimane ancorata alla tradizione accademica del disegnare figure analogiche, ma le altre due che simulano i risultati, i contenuti, delle forme proposte e ne effettuano delle valutazioni, passano alle discipline del calcolo numerico della scienza delle
costruzioni e della fisica tecnica Prima la simulazione dei risultati aveva luogo confrontando soluzioni analoghe già collaudate e pure le valutazioni erano effettuate comparando precedenti esperienze e usando sempre linguaggi figurativi condivisi nell’ambito di comunità culturali che fornivano repertori di soluzioni collaudate e una semantica volta a tradurre in risultati le figure oggetto del progetto Ora, invece, ci troviamo in una situazione dove l’abduzione continua a proporre figure come soluzioni ipotetiche da controllare, ma le simulazioni prestazionali e le valutazioni dei risultati cambiano completamente le procedure che sono radicalmente diverse dalle precedenti. Un’ampia casistica conosciuta del patrimonio architettonico nel linguaggio operante, può aumentare la probabilità di inferenze efficaci nelle tre fasi del progetto, ma i corsi politecnici e compositivi dividono gli studenti e le relative fasi progettuali, a partire dalle differenze radicali nelle pratiche che svolgono le azioni relative alle diverse fasi
A - Quali sono le conseguenze di questa introduzione dei nuovi strumenti progettuali ingegneristici?
B - Con linguaggi figurativi omogenei i progetti precedenti venivano controllati dai successivi che fornivano controlli retroattivi volti a migliorarne la formulazione dei progetti, arricchendo così le tre fasi di progettazione, i repertori figurativi e la semantica operante delle figure implicate nei vari progetti, con linguaggi differenti, figurativi e matematici, gli architetti disegnano soluzioni senza conoscerne la semantica poiché quella non si trovava più nei codici del linguaggio ma nel calcolo con gli strumenti diversi degli ingegneri.
A - Quali conseguenze comporta tale differenza di linguaggio nelle
università e nella professione?
B - Gli effetti di questa separazione disciplinare non consentono di effettuare controlli retroattivi che correlino i nuovi progetti ai precedenti correggendone gli errori, influenzando così la elaborazione delle soluzioni ipotetiche della fase abduttiva Come se il singolo progetto avesse guadagnato maggiore sicurezza nella sua individuale stabilità costruttiva, ma la comunità dei progetti avesse perduto la capacità di evolvere nel tempo delle generazioni. Una separazione cui ho dedicato l’ultimo convegno internazionale organizzato nel 1999 allo IUAV prima del mio ritiro dall’insegnamento.
A - Questa separazione è molto riconoscibile anche a chi non sia direttamente coinvolto in queste professioni, uffici diversi, persone diverse, pare impossibile che la divisione interessi un momento cruciale del progetto, dove esso apprende dagli errori precedenti e correggendoli fa evolvere la cultura progettuale Invece tutto è rimasto con quella separazione che pare irrilevante agli effetti della qualità del progetto B - L’origine militare dell’ingegneria, la sua necessità di essere efficace in località sconosciute agli operatori perché in via di conquista o di colonizzazione, spiega la differenza tra il linguaggio architettonico relativo a comunità culturali la cui stanzialità è invece cruciale nella formazione di uno stesso linguaggio, mentre il nomadismo vincola l’utilità degli strumenti ingegneristici che devono essere indipendenti dai luoghi e dalle culture in cui devono agire, che restano per principio imprevedibili. Ciò significa anche che l’introduzione di queste strumentazioni politecniche in uso dai nuovi laureati, intendono mettere il progettista più vicino alla condizione di operare in situazioni
coloniali o militari, che nelle diverse situazioni culturali civiche presupposte da tali lauree Oggi l’opera non presenta più dei contenuti che siano diversi da quelli estetici, consentiti dall’attuale cultura moderna Questo è stato il problema che intendevo affrontare nel mio primo libro sull’architettura di Carlo Scarpa, Carlo Scarpa Architetto Poeta, eliminato poco dopo la pubblicazione dall’editore CLUVA, libro che intendeva mostrare come il progetto scarpiano non si fermasse ai soli contenuti estetici ma comprendesse i vari contenuti dell’architettura secondo le teorie di Vitruvio e dei successivi trattatisti Una situazione che spiega anche il paradossale internazionalismo architettonico - presente nelle facoltà di architettura dell’intero Occidente - che obbediscono alla programmatica ‘comunità universale’ presupposta dall’imperante ideologia illuminista.
A - Come si spiega un evento come questo in una disciplina fondamentale come architettura e città?
B - La naturalizzazione che contraddistingue questa situazione, che rende tutto tollerabile, è l’esito della coesistenza di due linguaggi radicalmente diversi in uso nell’età moderna, linguaggi che Charles Taylor definisce in un suo recente libro, The Language Animal pubblicato nel 2016, uno ‘designativo’ o anche ‘HLC’ dai nomi degli autori che lo hanno elaborato, Hobbes, Locke e Condillac, e l’altro ‘costitutivo’ o anche ‘HHH’ sviluppato da Hamann, Herder e Humboldt. Il primo muove dalle intenzionalità che contraddistinguono l’Occidente moderno con le sue tecno-scienze, la macchina termoindustriale, le colonizzazioni, la transizione ecologica e l’assurdo programma militare di mondializzazione; il secondo è invece
costituito dalle comunità culturali che hanno resistito alle varie colonizzazioni e che condividono i linguaggi che attraverso diverse forme di vita fanno convivere i componenti di tali comunità. Vi sono anche stati tentativi di rendere il primo un linguaggio normale, effettuati per esempio da Rudolf Carnap nel 1928, nel libro La costruzione logica del mondo (tradotto in Italia negli anni ’60) Il linguaggio di Carnap contava di essere fondato su primarie fisiche, non fenomeniche, quindi direttamente determinato dal cosiddetto mondo esterno, pre-esistente, senza mediazioni culturali, ma la critica formulata da Nelson Goodman nel 1951 col titolo La struttura dell’apparenza, dimostra come pure il linguaggio proposto da Carnap sia fondato su primarie fenomeniche non fisiche, quindi basate su convenzioni culturali Restano valide quindi le convenzioni fondative delle comunità linguistiche, simboliche, anche se parevano eluse dalla proposta carnapiana Non sono a conoscenza di ulteriori tentativi e quindi quel linguaggio, che Taylor chiama HLC, su cui si fondano primariamente le istituzioni dell’Occidente, rimane la controfigura di un linguaggio effettivo anche se molti lo credono tale.
Sergio Los, Plastico del progetto di riqualificazione della ex Caserma
Ferrari a Bassano, 1985 Un altro esempio di progetto fondato su ’valutazioni semiotiche e fattuali’ che preserva, senza negare l’apporto degli strumenti politecnici, anche quelli simbolici tradizionali Esso esemplifica l’uso di una ‘grammatica tipologica’ per un linguaggio architettonico che riprende le riflessioni figurative coerenti della tradizione nel processo progettuale multi-scala Anche il suo inserimento nell’architettura civica della città storica appare congruente con la situazione in cui si trova Esso ha ancora i quattro contenuti storici e contemporaneamente adotta risultati emergenti da ricerche di architettura bioclimatica, nella rigenerazione di uno spazio urbano con destinazioni abitative e civiche per valorizzare la relazione con il Viale delle Fosse La ‘stanza a cielo aperto’ è resa nella pavimentazione che riprende il ritmo dei portici visibile nei prospetti
Cimberle
di Claudia Caramanna
La testimonianza di Ridolfi
“E perchè si predicava dall’universale la bellezza de’ suoi ritratti, volle il Doge
Marin Grimano esser da lui ritratto, che fù posto nelle stanze della Procuratia, del quale così quel Principe si compiacque, che lo creò suo Cavaliere”
Carlo Ridolfi, Le Maraviglie dell’Arte, Venezia, 1648, Vita di Leandro Bassano
Il
Eques o non eques: questo è il problema per Leandro Bassano
A fianco e qui sotto
Leandro Bassano, Miracolo di santa Lucia, 1596
Venezia, chiesa di San Giorgio maggiore Particolare della firma (LEANDER / BASS IS / F ) e assieme
Negli studi bassaneschi esiste una data che tradizionalmente svolge il ruolo di spartiacque nel catalogo delle opere di Leandro Bassano: il 1595.
Nell’aprile di quell’anno, infatti, Marino Grimani fu eletto doge della Serenissima Repubblica di Venezia e, secondo Carlo Ridolfi, commissionò all’artista il proprio ritratto ufficiale. Rimase così soddisfatto da insignirlo del Cavalierato di San Marco
Da quel momento in poi Leandro poté fregiarsi del titolo di “Eques” e talvolta inserì l’appellativo nella firma dei suoi dipinti, come accade nel Martirio di santo
Stefano e nella Pala del Rosario del duomo di Bassano del Grappa Talvolta, ma non sempre Questo punto è stato ben chiarito da Alessandra Pattanaro in un
articolo dal titolo Per Leandro Bassano e i domenicani Un bilancio e un nuovo ritratto, apparso sulla rivista scientifica Arte Veneta nel 2018.
La studiosa ha rammentato, infatti, come in passato si ritenesse che tutti i dipinti firmati senza la parola “Eques” precedessero il 1595 e che Leandro, dopo quella data, avesse sempre inserito il titolo nella firma, senza eccezioni. Viceversa, Pattanaro ha indicato alcuni casi di dipinti sicuramente posteriori al 1595, in cui l’appellativo non compare “Eques” manca, per esempio, nella firma sulla grande pala con il Miracolo di santa Lucia per la chiesa di San Giorgio Maggiore a Venezia, sebbene l’artista avesse già ricevuto l’onorificenza e avesse firmato il contratto di
commissione di quel dipinto, nell’aprile 1596, come “Leandro Ponte Bassano Cavalier”.
La stessa cosa accade per la paletta su ardesia con l’Allegoria del battesimo di Chiara Maria Minotto (Padova, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo), che è vincolata alla data 1604 in cui la bambina ricevette il sacramento, ma è firmata senza accennare al cavalierato. Dal punto di vista del metodo è stato cruciale mettere a fuoco il problema e dimostrare come solo nel caso dei dipinti firmati da Leandro come “Eques” si possa essere certi che siano posteriori al 1595, mentre in assenza del titolo siano necessarie altre valutazioni per collocare le opere al di qua o al di là della data spartiacque
A cura di Renato Viero Servizio publiredazionale a cura di RV Capital Partners
Tipologia di costo
Costi e oneri di prodotto (1)
Costi e oneri di servizio (2)
Oneri fiscali (8)
Trasparenza a tutela di investitori e risparmiatori
Il Rendiconto costi e oneri MiFID II Quanto costa la vostra attuale gestione finanziaria?
Continua la collaborazione con Renato Viero, consulente finanziario indipendente, che in questa circostanza affronta un tema forse meno conosciuto, ma assolutamente non trascurabile
del costo
Spese una tantum (3)
Spese correnti (4)
Costi per le operazioni (5)
Costi accessori (6)
Totale costi e oneri del prodotto
Spese una tantum (3)
Spese correnti (4)
Costi per le operazioni (5)
Spese per servizi accessori (6)
Costi accessori (6)
Retrocessioni ricevute da soggetti terzi (7)
Totale costi e oneri di servizio
Totale costi e oneri
Un esempio di Rendiconto costi e oneri MiFID2
1) Sono i costi legati agli strumenti finanziari che si comprano, come per esempio i fondi comuni e gli Etf.
2) Sono i costi applicati dalla banca per offrire al cliente i servizi di investimento, come per esempio il costo di tenuta del conto titoli
3) Sono le spese pagate una volta sola, in genere all’inizio o alla fine dell’investimento Nel caso dei costi di prodotto, possono essere incluse nel prezzo dello strumento finanziario
4) Sono le spese del prodotto finanziario o del servizio in sé, legate alla sua gestione, che quindi si ripetono ogni anno Per esempio i costi di gestione dei fondi
5) Sono costi legati ad acquisto e vendita dei singoli strumenti finanziari, per esempio le commissioni di intermediazione
6) Sono ulteriori voci di costo che si aggiungono all’investimento, per esempio le spese di performance nel caso di prodotti del risparmio gestito. 7) Chiamati anche “incentivi”, sono le commissioni che la banca riceve da soggetti terzi per vendere un prodotto 8) Sono le tasse In genere c’è il bollo e, in molti casi, la tassazione sulle plusvalenze realizzate vendendo in guadagno
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Nel mondo finanziario la trasparenza è fondamentale per tutelare investitori e risparmiatori. In Europa uno strumento chiave per garantire tale trasparenza è costituito dal Rendiconto costi MiFID II, documento che fornisce informazioni dettagliate sui costi e gli oneri dei servizi di investimento e sulle transazioni finanziarie dell’anno precedente
In base alla normativa MiFID, entro il 30 aprile di ogni anno le banche e gli altri intermediari finanziari sono obbligati per legge a inviare ai clienti il rendiconto relativo a costi e oneri sostenuti nell’anno solare precedente
A differenza di altri report e rendicontazioni che l’investitore riceve direttamente, questo documento viene spesso caricato all’interno dell’home banking senza avvisi o notifiche di sorta (probabilmente per evitare l’attenzione dei risparmiatori ) L’obiettivo di tale disposizione è infatti quello di permettere agli investitori e ai risparmiatori di capire quanto i costi incidano effettivamente sulla propria gestione finanziaria
Fino a qualche anno fa, prima della rendicontazione MiFID, anche per gli investitori più esperti era difficile avere una panoramica dettagliata dei costi e
degli oneri sostenuti in rapporto al patrimonio.
Ricordo che in Italia il carico commissionale totale pagato da chi non si avvale di un consulente finanziario indipendente è spesso tra il 2% e il 3,5% all’anno.
La rendicontazione deve includere le seguenti informazioni.
1) Costi diretti, che comprendono commissioni di negoziazione, spese di gestione, oneri di custodia e altre commissioni specifiche. La rendicontazione deve fornire dettagli su ciascuno di questi costi e indicare l’importo esatto pagato dall’investitore
2) Costi indiretti, che includono spese non immediatamente evidenti all’investitore: costi di transazione impliciti, differenze di prezzo tra l’acquisto e la vendita di un titolo La rendicontazione deve fornire informazioni sulle modalità di calcolo
3) Oneri accessori, che includono qualsiasi altra spesa o onere connesso all’investimento, come i costi di consulenza o di ricerca Tali oneri devono essere inclusi nella rendicontazione con dettagli sulla loro natura e importo
4) Totale dei costi e degli oneri sostenuti dall’investitore durante il periodo coperto, in percentuale rispetto al patrimonio investito
Si tratta di un’informazione strategica per l’investitore perché costituisce un riassunto di tutto
Abbiamo appena visto come il Rendiconto costi e oneri MiFID II sia fondamentale per capire quale sia il costo effettivo pagato nel corso dell’anno precedente Anche il confronto tra i vari intermediari e le diverse gestioni ne risulta facilitato. In altre parole, l’analisi del rendiconto migliora la concorrenza!
Per trovare la rendicontazione MiFID II è importante:
1) consultare i report periodici e i documenti informativi ricevuti nella prima parte dell’anno; 2) contattare la propria banca e richiedere direttamente il documento di rendicontazione costi MiFID;
3) chiedere assistenza a un consulente finanziario indipendente, che faciliti la ricerca del documento o che assista nel dialogo con la banca e nella lettura del documento MiFID
Ma... quando preoccuparsi per costi e oneri di gestione troppo elevati?
La cosa più semplice è confrontare i costi degli investimenti con le alternative disponibili sul mercato La diversificazione del portafoglio può essere raggiunta a costi diversi È necessario valutare le varie opzioni e, nel caso, rivolgersi a un consulente finanziario indipendente, figura professionale che opera senza conflitti d’interesse e che può quindi aiutare nella scelta delle opzioni più interessanti
In conclusione
La rendicontazione ex-post dei costi e degli oneri è una prassi fondamentale per garantire la trasparenza nei servizi di investimento Essa fornisce infatti una panoramica completa dei costi effettivamente sostenuti, promuovendo una maggiore fiducia nei mercati finanziari e un migliore controllo sulle finanze
I lettori interessati ad approfondire il tema possono scaricare il documento dei costi dal proprio home banking (o richiederlo direttamente alla banca) e contattarci per un’analisi approfondita della loro situazione.
di Claudia Caramanna
A fianco
Jacopo Bassano, Studio di uno sgherro e della testa di Cristo, circa 1565
New York, Metropolitan Museum, inv 1999 390, pastelli su carta azzurra sbiadita, mm 383 x 243
Fra i pittori del Cinquecento, il grande bassanese
è stato senza dubbio il più assiduo nell’adoperare i pastelli
Due studi di Jacopo Bassano sul tema del Cristo deriso
L’artista si sentiva infatti a proprio agio con questa particolare tecnica, che gli dava la possibilità di disegnare dipingendo e dipingere disegnando, con effetti che ancor oggi risultano molto attraenti.
Qui sotto
Jacopo Bassano, Cristo deriso, olio su tela, particolare, circa 1565. Venezia, Gallerie dell’Accademia
Jacopo Bassano è stato un disegnatore singolare Si sono conservati suoi disegni eseguiti con la pietra nera, la sanguigna, l’acquerello, i pastelli, che testimoniano quanto abbia spaziato nelle tecniche grafiche La sua fama in questo campo fu ampia già prima della scomparsa, visto che i collezionisti ne ricercavano i fogli presso il figlio Francesco Lo testimonia una
lettera, molto nota agli studiosi, che Francesco inviò al gentiluomo fiorentino Niccolò Gaddi nel 1581 e nella quale si accenna a una compravendita in corso di fogli del padre. Non si può immaginare, però, che in quel momento sia stata alienata una parte consistente del prezioso patrimonio di invenzioni grafiche dell’artista, che erano ancora indispensabili
ai pittori di famiglia per continuare a replicarne le composizioni di maggiore successo
La vera e propria dispersione dei disegni iniziò solo a metà del Seicento, dopo la scomparsa dei principali protagonisti e l’esaurimento del ciclo vitale di tutte le botteghe bassanesche. Solo da quel momento in poi, quindi, è avvenuta la grande diaspora dei disegni di Jacopo che, seguendo le tortuose strade del collezionismo, hanno viaggiato per il mondo raggiungendo terre anche molto lontane.
Nel Metropolitan Museum di New York e nella National Gallery di Washington, per esempio, sono arrivati due suoi studi sul tema del Cristo deriso, che testimoniano momenti diversi del processo di elaborazione dei dipinti Il più antico è conservato a New York ed è datato intorno al 1565. Entrato in museo nel 1999, in realtà si conosceva sin dagli anni Quaranta. I due studiosi austriaci Hans Tietze e Erica Tietze-Conrat lo avevano inserito, infatti, nel loro capillare repertorio dei disegni dei pittori veneziani - Drawings of the Venetian Painters in the 15th and 16th century (1944)quando era ancora conservato nella raccolta Maconachie in Inghilterra. Vi sono tratteggiati la figura di uno sgherro, in atteggiamento aggressivo, e la testa di Cristo reclinata, coronata di spine e sanguinante Si tratta, dunque, di un disegno con il quale Jacopo aveva messo a punto gli atteggiamenti e le espressioni di due protagonisti della storia ed è ritenuto dagli studiosi preparatorio per il Cristo deriso su tela oggi presso
le Gallerie dell’Accademia di Venezia (inv. 412) o per altra tela dalla simile composizione
Nel disegno di Washington, viceversa, l’attenzione è tutta rivolta all’organizzazione generale della scena, della quale non si conoscono versioni in pittura Vi sono tracciate le linee dell’architettura e descritti sommariamente i protagonisti, mentre sono del tutto trascurati i dettagli e la definizione delle fisionomie In alto, sopra lo sgherro con la giubba verde, si legge a matita l’iscrizione “1568 da agosti”, che fissa cronologicamente l’invenzione in un preciso momento della carriera del pittore Il foglio è entrato in museo nel 1980 e, anche in questo caso, era già
ben noto agli studi bassaneschi grazie al repertorio dei Tietze, che ne segnalavano la presenza nel 1944 nella collezione di Hans Calmann a Londra Molto interessante è anche la sua provenienza più antica, testimoniata dall’iscrizione sulla montatura: “B.B. n° 87”. Le lettere si sciolgono in “B [ottega] B.[assano]” e sono una sigla caratteristica dei fogli bassaneschi appartenuti al grande fondo grafico della famiglia Sagredo, creato tra Seicento e Settecento attingendo a piene mani dalla dispersione delle grandi botteghe del Rinascimento veneto. L’ultima annotazione riguarda la tecnica a pastello utilizzata in entrambi i disegni, che rammenta come Jacopo sia stato il pittore del Cinquecento più
precoce nell’uso di questo speciale mezzo grafico. Introdotto in Italia da Leonardo all’inizio del secolo, il pastello dava la possibilità di disegnare dipingendo e dipingere disegnando, ma fu solo sporadicamente adoperato dagli artisti di quel tempo, eccezion fatta per il più giovane Federico Barocci Viceversa risultò congeniale alla personalità di Jacopo e fu da lui adottato molto presto. Lo ha dimostrato Alessandro Ballarin, individuando un pastello databile già negli anni Quaranta (vedi Bassano News Luglio-Agosto, p. 8) e non scartando l’ipotesi che la scoperta di esemplari più antichi ne faccia retrocedere l’inizio della pratica addirittura agli anni Trenta.
A fianco
Jacopo Bassano, Studio sul Cristo deriso, 1568
Washington, National Gallery, inv 1980 30 1, pastelli su carta
azzurra sbiadita, mm 413 x 525
Courtesy National Gallery of Art, Washington
Lettera di Francesco Bassano a Niccolò Gaddi, 25 maggio 1581 «Li molti travagli e l’indisposizione che ha avuto mio padre, non mi ha lassato più presto che ora mandar li disegni; e prometto a V S ill che con fatica ne ho potuto avere da mio padre, perché ormai non disegna più, né può operar molto con gli pennelli sì per la vista, come anco per esser di molti anni; ma ho fatto trovar questi, i quali erano a caso in casa, li quali mando insieme con questi di mia mano Se a V S ill non saran così a modo suo, ella ne avrà per iscusati, perché noi non avemo disegnato molto, né avemo mai fatto profession tale, ma ben avemo messo ogni studio in cercar di far le opere, che abbiano a riuscir al meglior modo che sia possibile […]». La lettera fu pubblicata nella seconda metà del Settecento dall’erudito fiorentino Giovanni Gaetano Bottari nella sua Raccolta di lettere sulla Pittura, Scultura ed Architettura scritte da più celebri personaggi dei secoli XV, XVI e XVII
RESTITUZIONI
di Elisa Minchio
Sopra, da sinistra verso destra Norman Reaben nel suo atelier, a New York, all’inizio degli anni Cinquanta
La fase di consolidamento di alcune scaglie di pellicola pittorica, a opera di Antonella Martinato, su due eloquenti ritratti dipinti a olio su tela
In alto
Norman Reaben, Ballerina, pastelli colorati su carta vellutata, 1965 circa. Qui sotto
La restauratrice bassanese durante una conferenza (ph Fulvio Bicego)
E, a dicembre, il Museo Ebraico di Venezia dedicherà una mostra al pittore newyorkese, maestro (mentore) di Bob Dylan
ARTEMISIA RESTAURO “Così abbiamo recuperato sessanta opere di Norman Raeben”
In accordo con la committenza, che ha conferito ad Antonella Martinato il delicato incarico, il laboratorio bassanese ha curato con professionalità ed entusiasmo la conservazione di originali opere contemporanee, maturando al tempo stesso un ’esperienza nuova e gratificante
Di origini russe, il pittore newyorkese Norman Raeben (1901-1978) non è ancora molto conosciuto nel nostro Paese. Oltreoceano, però, gode di una notevole fama, tanto nella sua veste di artista colto e poliedrico, quanto in quella di insegnante carismatico e di teorico raffinato Fra gli allievi che frequentarono assiduamente il suo atelier figura anche Bob Dylan, che nel 1974 ne seguì con passione le lezioni, per poi praticare con ottimi risultati la pittura ed esporre le sue opere (dipinti, acquerelli, disegni e sculture) in numerose rassegne internazionali. Proprio a Norman Raeben sarà dedicata un mostra antologica, curata da Fabio Fantuzzi e in programma al Museo Ebraico di Venezia dal 10 novembre 2024 alla fine di gennaio 2025. Un bella occasione per poterne ammirare le opere, anche alla luce del fatto che del loro restauro, tuttora in corso, si sta occupando la nostra concittadina Antonella Martinato con il team di Artemisia
“Sono stata contattata - spiega la restauratrice - direttamente dalla
famiglia Fantuzzi, che nel corso degli anni ha raccolto circa una sessantina di opere di Raeben (il nucleo della mostra lagunare) e che me ne ha commissionato il recupero. Per noi di Artemisia si è trattato di un anno buono di lavoro. Di trimestre in trimestre ci venivano spedite, in vari lotti, le opere su cui intervenire (pastelli, carboncini, acquerelli, dipinti a olio...) per lo studio, la diagnostica e le modalità di conservazione”
Un’attività impegnativa “Certamente. Sia per il fatto che, amando la sperimentazione, Reaben utilizzava spesso supporti insoliti (per esempio la carta vetrata), sia per l’effettivo stato di conservazione dei suoi lavori Alcuni importanti pezzi della collezione, per lo più disegni, provenivano da una galleria d’arte che aveva subito un incendio: nonostante si fossero salvati dalle fiamme, apparivano coperti da un fitto strato di affumicamento e impregnati di una forte umidità Con molta pazienza e delicatezza siamo riuscite a ripristinare il ph nei supporti cartacei e a ripulire a secco i bellissimi disegni. Le
tele dipinte a olio presentavano invece problemi di tensionamento e quelle molto materiche (con spesse pennellate di colore) notevoli perdite di colore. Altre ancora rivelavano zone di muffa in superficie, soprattutto nelle cromie scure: un fenomeno imputabile alla natura del legante organico o al medium utilizzato per miscelare il colore. In ogni caso, dopo alcune indagini al microscopio e diversi test preliminari, abbiamo agito con cura e attenzione nelle fasi di restauro: dalla pulitura mirata al consolidamento dei supporti e del colore; in alcuni casi anche nella restituzione plastica e cromatica delle zone perdute”
Quali le maggiori difficoltà?
“Le abbiamo riscontrate nei pastelli su carta vetrata, tecnica probabilmente inventata dallo stesso artista per consentire il rilascio di una maggiore quantità di materia sul foglio e creare così effetti plastici molto dinamici Per questo abbiamo dovuto consolidare anche la grana della carta vetrata; trattandosi di prodotti degli anni Cinquanta, la tenuta era ormai compromessa. Grazie al cielo, dopo alcuni tentativi, siamo riuscite a restituire anche a queste opere la loro vivacità originale”.
Una bella responsabilità...
“Infatti Fortunatamente il confronto con il collezionista è stato costante e attivo, anche in vista dell’imminente mostra veneziana. Per il nostro laboratorio lavorare su opere contemporanee ha certamente rappresentato una fantastica esperienza che ne ha ulteriormente arricchito il bagaglio professionale”
CURIOSITÀ
di Stefano Mossolin
Sopra, dal basso verso l’alto Friedrich von Amerling, Ritratto di Bertel Thorvaldsen, olio su tela, 1843 Vienna, Liechtenstein Museum
All’epoca del dipinto lo scultore aveva settantatré anni Il pittore, fra i maggiori ritrattisti dell’epoca, ci restituisce l’immagine elegante di un artista ormai conosciuto e affermato
Ninfa danzante, xilografia dalla scultura di Bertel Thorvaldsen, 1868.
Sotto ai titoli Bertel Thorvaldsen, Le Grazie con Cupido, marmo di Carrara, 1820-’23 Copenaghen, Thorvaldsen Museum
BERTEL THORVALDSEN Il danese che voleva battere Canova
Accademico di San Luca, nonostante l’impegno non riuscì a godere del prestigio del grande scultore possagnese. Ebbe però l’incarico, da non cattolico, di realizzare la tomba di un papa.
Il buon gusto, che va sempre più diffondendosi sulla terra, cominciò a formarsi sotto il cielo greco. Johann Winckelmann
Nell’arte neoclassica non vi è stato, a detta di molti, uno scultore che potesse competere per talento e celebrità con Antonio Canova. Sarebbe tuttavia ingiusto far cadere nell’oblio l’opera di altri grandi scultori attivi in Italia a quell’epoca Fra costoro va sicuramente annoverato il danese Bertel Thorvaldsen (19 novembre 1770 - 24 marzo 1844) che, come l’illustre artista possagnese, sposò il pensiero di Winckelmann Egli fu, per così dire, il grande rappresentante del Neoclassicismo nordico, sebbene moltissime opere della sua ricca produzione - oggi in buona parte conservata
al Thorvaldsen Museum di Copenaghen - furono realizzate nella Città Eterna Tra queste, il famoso Pastorello, la Venere con il pomo d’oro e il Ganimede. Dopo aver terminato gli studi accademici a Copenaghen nel 1793, con la soddisfazione di avere vinto la Gran medaglia d’oro (per il bassorilievo con Gli apostoli Pietro e Giovanni che guariscono uno storpio), consapevole dell’importanza di un’ulteriore formazione, nel marzo del 1797 egli raggiunse Roma grazie a una borsa di studio ottenuta qualche anno prima assieme alla medaglia. Qui iniziò una fiorente attività scultorea, culminata nel 1808
con l’elezione a membro della rinomata Accademia di San Luca. Nonostante il suo impegno, tuttavia, l’apprezzamento e il prestigio dei quali godeva Canova pesarono non poco sul suo operato. Non a caso per una celebre scultura realizzata durante la lunga permanenza a Roma, Thorvaldsen si ispirò a un tema da poco affrontato proprio da Canova: le Tre Grazie con Cupido Quasi una “versione alternativa” a quella del rivale italiano, creata tra il 1817 e il 1819, alla quale il pastore protestante Frederik Schmidt dedicò un sonetto, così come in precedenza aveva fatto Ugo Foscolo per le Grazie del possagnese È comunque abbastanza evidente, osservando la scultura, che la posa e l’espressione delle figure sono più rigide e formali rispetto a quelle del Canova, forse frutto di un’interpretazione ancor più rigorosa dell’arte greca antica Fatto interessante, la figura di Cupido non appariva nel bozzetto del 1817, ma venne modellata l’anno seguente e poi aggiunta al gruppo Il putto sembra inoltre derivare direttamente da un lavoro di Canova, cioè La Naiade giacente con Cupido del 1815-1817 (Bjarne Jørnaes, Bertel Thorvaldsen. La vita e l’opera dello scultore, De Luca Editori, 1997) Anche tale gruppo è oggi conservato a Copenaghen Un’opera di grande rilievo, e fin dal primo momento destinata a rimanere a Roma, fu invece la Tomba di Papa Pio VII. Dopo la morte di Canova (che se fosse stato ancora in vita avrebbe ricevuto l’incarico), fu necessario individuare un artista per tale commissione. Fu proprio Thorvaldsen ad aggiudicarsela nel 1823 e a completarla otto anni dopo: uno scultore non cattolico realizzò dunque il sepolcro per il pontefice Un fatto molto inconsueto
di Gianni Giolo
Un problema non da poco, anche per gli studiosi di filosofia
Quanto è diff i cile interpretare lo STOICISMO ANTICO...
Se la conoscenza sensibile è soggettiva e particolare, quella logica è oggettiva e universale? Qui sotto
Il ritratto del filosofo Epitteto (Ierapoli, 50 d C - Nicopoli d’Epiro, 130 d C ) in un’incisione del XVII secolo
Sono al bar per il mio solito aperitivo quotidiano. Sul tavolo c’è una rivista femminile, Amica, con in copertina la bellissima Nicolas Ghesquière che dice: “Il futuro? Per me è adesso” Era il principio della morale pratica del mondo antico e di Orazio in particolare: “Vivi ogni giorno come fosse l’ultimo della tua vita” (Epistole, I, IV)
Apro la rivista e mi trovo davanti a una pagina di filosofia, firmata da Ilaria Gaspari (ha studiato alla Normale di Pisa e si è addottorata alla Sorbona di Parigi), che scrive: “Possiamo parlare delle nostre sofferenze, ma chi sente davvero ciò che proviamo noi?”. E poi cita come esempio il filosofo Ludwig Wittgenstein, che si dava un pugno sul petto e che diceva “un altro non può avere questo dolore”, il tutto per dire che la sofferenza di ciascuno è individuale e particolare, e quindi diversa l’una dall’altra
La Gaspari, autrice del famoso libro Lezioni di felicità, conclude il suo articolo con queste parole: “Il mio dolore non lo sente nessuno, ma forse un’amica lo sa sentire con un’apertura sincera, antiretorica, e per questo tanto più commovente Perché spinge al sorriso, con la cocciutaggine delle bambine sensibili che cercano di allontanare le ombre stoicamente accogliendole, con la generosità che solo nell’infanzia, e nell’arte, è concessa”.
Cosa significa? Che la conoscenza sensibile è soggettiva e particolare, mentre quella logica è oggettiva e universale?
Per gli Stoici la conoscenza non
Una pagina dell’Enchiridion di Epitteto, nella traduzione in latino di Angelo Poliziano (dalle trascrizioni di Arriano di Nicomedia), in un’edizione del 1554
La copertina del noto mensile di moda Amica, n 6 - giugno 2024
si esaurisce nell’ambito della sensazione, ma deve arrivare alla capacità di pensare e di ragionare.
Se non abbiamo sensazioni, non possiamo avere rappresentazioni intellettive o concetti
Come avviene il passaggio dalla sensazione alla intellezione?
Su questo punto le interpretazioni divergono. Le nozioni che si riscontrano in tutti gli uomini sono universali. Il logos dell’uomo altro non è che una parte del logos universale e, come tale, deve essere capace di raggiungere la verità. Qual è la natura degli universali?
La risposta comporta notevoli difficoltà, a causa delle premesse sensistiche del loro sistema
Epicuro aggirava l’ostacolo abolendo il problema dell’universale, ma gli Stoici dissero che questa era una soluzione semplicistica I corpi sono corpi, ma i pensieri non sono corpi e quindi sono non-corporei
Ma come è possibile che la causa sia corporea e l’effetto incorporeo?
Essi fanno l’esempio: il fuoco (corpo) brucia il legno (corpo), ma l’effetto è l’essere bruciato (non corpo) I tentativi di spiegare questa sconcertante concezione degli Stoici sono stati diversi e non hanno raggiunto risultati concordi. Ilaria Gaspari non si pone questi problemi e si consola con il Manuale (Enchiridion) del filosofo Epitteto Questi, quando morì, era talmente famoso che un ammiratore comprò per ben tremila dracme una lampada a olio che gli era appartenuta Come oggi si mettono all’asta, per cifre astronomiche, i vestiti della Monroe e le mazze da golf del presidente Kennedy. E nessuno pensa più di comprare la lampada di un filosofo d’oggi, tanto sono cambiati i valori antichi da quelli moderni!
VENUSTAS
di Andrea Minchio
Si ringraziano il Museo Civico, nella persona di Giorgio Detogni, e il geometra Walter Todesco per la preziosa collaborazione
Due epoche, due culture. Fianco a fianco nel cuore di Bassano
CASA SONDA VERSUS PALAZZO AGOSTINELLI
Architetture a confronto
Nei primi anni Cinquanta Francesco Bonfanti, reduce dalle fortunate realizzazioni per i Marzotto, accostò il suo nuovo edificio alla storica costruzione, dando un’impronta originale a via Da Ponte
Francesco Bonfanti, Disegno prospettico con Casa Sonda e Palazzo Compostella in via Da Ponte a Bassano, dalle tavole di progetto, 1952
L’elaborato porta anche alcune indicazioni (qui non riprodotte), che forniscono ulteriori elementi di conoscenza sui materiali impiegati: “Rivestimento inferiore in travertino romano, superiore in tessere di porcellana bianca opaca Finestre con sole leggere persiane di alluminio a inclinazione regolabile, ringhiere grigio perla, invetriate di ferro in rosa chiarissimo, telai di legno in bianco avorio. Cristalli dei negozi incastrati nel marmo senza contorno apparente. La soprelevazione in Terranova lamato e coperta in lamiera di alluminio a leggerissima pendenza”.
Nel corso del XVI secolo, in particolare dopo la conclusione della Guerra di Cambrai (15081516), Bassano conobbe una progressiva e significativa opera di riqualificazione urbana. Diverse vie vennero lastricate, compresa l’attuale Piazza Libertà, e molti edifici furono innalzati, sia su iniziativa privata che pubblica Si pensi per esempio alle Logge comunali: quella del Municipio e quella su piazzetta Guadagnin (in seguito inglobata nella chiesa della Madonna del Patrocinio). Verso la metà del Cinquecento anche Palladio si trovava a Bassano, dapprima attivo per conto di Giacomo Angarano, suo grande mecenate,
nella villa progettata a nord della città - sue sono le barchesse che ancor oggi possiamo ammiraree poi, sul finire degli anni Sessanta, all’opera sul Ponte. Proprio in quell’epoca, permeata da un grande fermento locale (che correva di pari passo con i contemporanei splendori della Serenissima), i nobili Compostella eressero - su preesistenze medievali - il loro palazzo in contrà di Rigorba, a pochi passi dal portello dei Riformati L’edificio si caratterizza per l’architettura austera e rigorosa (forse anche troppo ), con il prospetto principale sull’attuale via Da Ponte: una facciata sobria, interrotta al piano nobile dalla scansione di forature archivoltate e accompagnate da balconi con
balaustra Un ritmo lineare e uniforme, nel quale s’inserisce coerentemente anche il maestoso portale, centrato e simmetrico, al pianterreno A ben vedere, però, la distanza fra le finestre del livello inferiore e i sovrastanti balconi è forse insufficiente: circostanza che - a nostro parereconferisce una certa pesantezza al prospetto Sebbene, per ora, non si conosca il progettista, sicuramente si doveva trattare di un professionista preparato e aggiornato; stiamo comunque lavorando sui documenti per individuarne il nome
Si sa invece che, a causa di incerti economici, i Compostella dovettero alienarlo, probabilmente all’inizio del XVIII secolo; ma ne tornarono poi in possesso nel 1783 Da allora ne mantennero
la proprietà fino ad anni recenti, quando fu ceduto dalla contessa Francesca (ultima proprietaria della famiglia). Qualche secolo dopo, nella stessa centrale via cittadina, l’architetto Francesco Bonfanti (noto per aver ideato alla fine degli anni Venti il Quartiere assistenziale dei lavoratori tessili della Marzotto a Valdagno), progettò per Valerio Sonda un edificio modernissimo che, per certi versi, appare ancor oggi rivoluzionario. L’elaborato fu esaminato dalla Commissione di Edilizia ed Ornato del Comune
di Bassano il 24 marzo 1952
E, sebbene a più di qualcuno l’accostamento della nuova costruzione con lo storico Palazzo Compostella sembrasse quasi irriverente (e il progetto ne prevedesse pure l’abbattimento di una parte della barchessa), la cosa andò in porto A beneficio della via - potremmo anche dire - che presenta oggi una discreta gamma di tipologie edilizie ed edifici di pregio Una sedimentazione che vede in Casa Sonda l’ultima tessera di un lungo percorso, nel quale la realizzazione nel 1859 di
Palazzo Lugo Vinanti, a opera di Ludovico Cadorin, rappresenta il tassello precedente. Bonfanti affiancò con coraggio la casa al palazzo, evidenziando l’audacia dell’accostamento anche attraverso schizzi molto eloquenti. Consapevole dell’impresa che stava compiendo (e del prevedibile confronto), pensò di assegnare a Casa Sonda una notevole qualità architettonica, puntando sia su un disegno asimmetrico, leggero, quasi aereo e trasparente (a fronte del massiccio volume dell’edificio cinquecentesco) sia sulla proposta di materiali di pregio. Significativa anche la scelta della vetrata continua al primo piano, in corrispondenza della terrazza che corre lungo la facciata, così come quella di collocare il fregio delle Quattro stagioni, opera dello scultore Danilo Andreose, sopra la porta d’ingresso
Sopra, a fianco e sul testo Palazzo Compostella all’inizio degli anni Cinquanta, poco prima della demolizione di parte della barchessa (p.g.c. Museo Civico di Bassano). Francesco Bonfanti, Prospetto di Casa Sonda su via Da Ponte, 1952 Palazzo Compostella nei Catasti Napoleonico, Austriaco e Italiano. Danilo Andreose, Le quattro stagioni, ceramica policroma, 1952
UN INTERVENTO CHE HA SUSCITATO POLEMICHE
E c’è chi, ancor oggi, lo trova inadeguato
È il caso di Luizio Capraro, designer e grafico pubblicitario, che ne dà un giudizio severo: “Fin da quando, una cinquantina d’anni fa, camminavo per via Da Ponte il trovarmi dinnanzi a Casa Sonda mi creava un senso di disagio Guardando lo storico palazzo alla sua destra, alla ricchezza dei dettagli, alla classicità delle linee, l’anima si riposava in un senso di bellezza Poi lo sguardo scivolava a sinistra, alle linee squadrate, marcate dai muri che stringono Casa Sonda in una morsa Come in quasi tutta l’architettura degli anni ’50, anche in questo edificio manca il concetto di armonia: c’è sì il ritmo, ma è asimmetrico e non mitigato da alcun dettaglio che abbia un riferimento o un ricordo - almeno concettuale - a Palazzo Compostella Non si fonde con esso, ma costituisce un’interruzione (per me) ingiustificata Ecco perché non la ritengo un’opera particolarmente riuscita Estranea alla via”
AFFLATUS
di Carla Mogentale
Direttore sanitario Centro Phoenix
Publiredazionale a cura del Centro Phoenix
La dottoressa Carla Mogentale, psicologa-psicoterapeuta, specialista del Ciclo di Vita
“La demenza è in crescente aumento nella popolazione generale ed è stata definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e da Alzheimer Disease International una priorità mondiale di salute pubblica. Attualmente si stima che nel mondo oltre 55 milioni di persone convivono con una demenza I dati del Global Action Plan 2017-2025 dell’OMS indicano che nel 2015 la demenza ha colpito 47 milioni persone in tutto il mondo, una cifra che si prevede aumenterà a 75 milioni entro il 2030 e 132 milioni entro il 2050, con circa 10 milioni di nuovi casi all’anno (1 ogni 3 secondi). Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la Malattia di Alzheimer e le altre demenze rappresentano la 7a causa di morte nel mondo. Attualmente il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre 1 milione (di cui circa 600.000 con demenza di Alzheimer) e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza”
Fonte
Ministero della Salute, 20-9-2023
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DEMENZA. Terapie a supporto del malato e della sua famiglia
Serenità e dignità come presupposti, personalizzazione delle terapie e adattamento dell’ambiente come strumenti.
Convivere con un malato di demenza è difficile, ma non impossibile. Preservare la dignità del malato e della sua famiglia è necessario per una patologia che dura anni e anni, in continuo e lento deterioramento.
Tra tutte le forme di demenza l’Alzheimer è la più frequente e conosciuta.
Ma come evolve la malattia di Alzheimer (AD) nel tempo? E per ogni fase quali terapie sono adottabili? E quale autonomia è possibile?
Una scala molto utile per comprendere l’evolvere della malattia è la Global Deterioration Scale (GDS) di Reisberg che correla la fase clinica, i sintomi presenti e le reazioni del malato nonché le sue strategie di adattamento. Ogni malato poi è diverso in funzione della Riserva cognitiva (dotazione cognitiva, allenamento, interessi coltivati nella vita, relazioni sociali, stato di salute...) che incidono sulla velocità e sulla gravità con cui la malattia si presenta nel tempo
Per ognuna delle seguenti fasi esistono terapie e indicazioni precise per il malato e per il supporto al familiare o al personale di assistenza (caregivers) con azioni di prevenzione e di potenziamento e adattamento al cambiamento in atto
Stadio 1 - Normale
Non si registrano disturbi soggettivi di perdita di memoria
Non si è riscontrata alcuna perdita di memoria all’esame clinico del soggetto
Una Palestra della memoria è un intervento di stimolazione adeguato a questa fase per tenere attive le funzioni cognitive quali attenzione e memoria con esercizi individuali o di gruppo.
Stadio 2 - Amnesie Ricorrenti
Si registrano più frequentemente disturbi soggettivi di perdita di memoria, nei seguenti settori: a) dimenticarsi il posto in cui sono stati messi oggetti familiari; b) dimenticarsi nomi che erano ben noti precedentemente
Non si ha alcuna prova oggettiva di perdita di memoria all’esame clinico del soggetto
Non si riscontra un deficit oggettivo sul lavoro e nelle situazioni sociali Adeguata preoccupazione per la sintomatologia. In questa fase e nella successiva un intervento di Stimolazione cognitiva specifica per il rallentamento della sintomatologia è molto importante per evitare l’instaurarsi precoce di disturbi dell’umore (ansia, depressione) o disturbi del comportamento (agitazione, aggressività, ecc) Il deterioramento potrebbe essere limitato alle funzioni mnestiche oppure coinvolgere altre funzioni. Una valutazione neuropsicologica accurata permette di stabilire quanto le difficoltà presenti siano gravi e ingravescenti rispetto al profilo personale permettendo di attuare terapie personalizzate
Stadio 3 - AD incipiente Prime lacune ben definite Più di una delle manifestazioni seguenti:
1. il paziente si può perdere trovandosi in un luogo non familiare;
2 sul lavoro i colleghi si rendono conto di un minor rendimento del paziente;
3 le persone vicine notano nel paziente anomia ingravescente; 4 il paziente ricorda poco di ciò che legge;
5. il paziente può aver smarrito un oggetto di valore; 6. durante la visita il paziente può manifestare mancanza di concentrazione;
7 l’evidenza oggettiva del difetto di memoria risulta all’esame clinico;
8 il paziente inizia a manifestare una certa rinuncia nelle attività quotidiane; 9 i sintomi sono accompagnati da ansia lieve e moderata.
Stadio 4 - AD lieve Le seguenti lacune sono evidenti all’indagine clinica: a) ridotta conoscenza degli eventi attuali e recenti;
b) difetti nella memoria di fatti della propria storia personale; c) difetti di concentrazione evidenziabili nell’esecuzione di operazioni di sottrazione in serie; d) diminuite capacità nel viaggiare, nella gestione del denaro, ecc ; e) ridotte capacità nello svolgere compiti complessi; Per lo più nessun deficit nei seguenti domini:
a) orientamento nel tempo e nello spazio;
b) riconoscimento delle persone e volti familiari;
c) capacità di spostarsi nei luoghi familiari
La rinuncia nelle situazioni impegnative e il diniego sono meccanismi predominanti di difesa. Si manifestano sintomi di cambiamenti di personalità (per esempio, appiattimento emozionale, apatia, diffidenza, irascibilità)
Nel prossimo articolo vedremo come nelle fasi successive della malattia (AD moderata, moderata grave, grave-avanzata) terapie che modificano l’ambiente rendendolo protesico, Terapie di Reminescenza, Orientamento alla Realtà (ROT), Validation Therapy, possono rallentare anche di un anno l’evolversi della malattia e permettere un maggior grado di autonomia in sicurezza nel proprio ambiente, preservando la serenità quotidiana del malato e dei caregivers Si può dunque fare sempre molto per garantire maggiore autonomia e dignità al malato nonché serenità a tutta la famiglia! In seguito illustreremo le fasi successive della malattia di Alzheimer e le terapie utili per affrontarla al meglio!
REPERTI D’EPOCA ROMANA
SUL
GRAPPA
Nell’area interessata, in località Ardosetta, è tuttora in corso una campagna di scavi Gli oggetti rinvenuti, in lamina di bronzo e di forma circolare, sono attualmente in fase di restauro
Il nostro territorio non finisce mai di stupire. Talvolta, poi, ci riserva sorprese davvero impensabili e straordinarie È caso dei recenti ritrovamenti archeologici in località Ardosetta sul Grappa Da circa un centinaio d’anni il Monte Sacro alla Patria è setacciato in lungo e in largo da recuperanti e collezionisti di reperti bellici. La Grande Guerra ha inferto ferite profonde. I crateri scavati dall’esplosione delle granate sono ancora ben riconoscibili e gli oggetti che a volte affiorano dal terreno, magari a seguito di smottamenti o a causa dei sempre più violenti fenomeni naturali, si trovano anche a margine dei sentieri più battuti Si tratta dei residui di battaglie sanguinose, spesso metallici e in gran parte molto deteriorati: elmetti, borracce, fibbie, cartuccere Talvolta, come è capitato di vedere nel corso di una cerimonia militare a chi scrive, appaiono ancora i poveri resti di qualche ignoto soldato
Eppure in Grappa c’è anche altro: chi avrebbe mai pensato, per esempio, che a circa 1 400 metri di quota - in una zona poco distante dalla cima del massicciosi potessero (casualmente) rinvenire alcuni frammenti di oggetti d’epoca romana! La scoperta è avvenuta un paio d’anni fa, quando un gruppo di escursionisti ha notato spuntare dal terreno, probabilmente rimosso da qualche animale,
FOCUS
di Antonio Minchio
Si ringrazia Carla Pirazzini, funzionario della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso
oggetti dalla foggia inusuale È stato sufficiente un rapido esame per comprendere che si trattava di qualcosa di importante e per decidere di informare tempestivamente il Comune di Pieve del Grappa. Immediato il coinvolgimento del Museo di Storia Naturale e di Archeologia di Montebelluna e, soprattutto, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso. L’eccezionalità del rinvenimento ha indotto proprio i responsabili di quest’organo dello Stato a effettuare una serie di sondaggi e di scavi, dai quali sono emersi oggetti in lamina di bronzo e di forma circolare, forse riproduzioni miniaturistiche di scudi militari Sui lusinghieri risultati della campagna, tuttora in corso, è stata tenuta lo scorso 7 maggio una serata divulgativa presso Palazzo Reale a Crespano del
Grappa In quella circostanza Carla Pirazzini, funzionario della Soprintendenza, ha fornito le prime informazioni sull’entità della scoperta, ricordando che - fino ad allora - non erano note attestazioni archeologiche in quella zona In quanto alla natura dei reperti, è stato confermato che sono databili all’età romana, poiché su uno di essi compare la formula rituale latina V S L M (Votum Solvit Libens Merito), che può essere tradotta con Volentieri scioglie un voto (avendolo) meritato “In relazione alla loro morfologia - ha ancora affermato la dott. Pirazzini - essi potrebbero essere ricollegati alla tradizione preromana della lavorazione del bronzo e alla caratteristica produzione di lamine” Attualmente alcuni di questi reperti si trovano presso un laboratorio di restauro a Torino per essere recuperati nel migliore dei modi
Tre dischi in lamina di bronzo, rinvenuti in Grappa A scoprirli, nel 2022, sono stati gli escursionisti Giovanni Callegari, Alfredo Cucciol, Sara Giacobbo, Piergiorgio Nave e Andrea Torresan, che si trovavano nei pressi del Rifugio Ardosetta. Su concessione del Ministero della Cultura, Archivio SABAP Ve Met
Qui sotto
Il Rifugio Ardosetta (m 1 450 slm)
Oltre quarant’anni fa Danilo e Alfredo Sana raggiunsero la capitale del Regno Unito in scooter. Ecco come andò...
Bassano-Londra in Vespa? UN GIOCO DA RAGAZZI!
L’idea nacque in piazza, di getto, ma poi fu pianificata con la massima cura La 200 Rally della Piaggio venne attrezzata di tutto punto e si dimostrò all’altezza della sfida Come peraltro la determinazione dei due giovani bassanesi che, dopo aver studiato l’itinerario a tavolino (compreso il ritorno per Parigi), si alternarono alla guida macinando oltre tremila chilometri Senza l’ausilio degli attuali strumenti digitali
I veri viaggiatori, era solito dire Baudelaire, “partono per partire e basta!” In pratica se la meta è importante, lo è ancor di più il senso stesso del muoversi in libertà nello spazio e nel tempo Chissà? Forse, senza che se ne rendessero troppo conto, è stata questa la motivazione che - più di quarant’anni fa - ha portato due ragazzi bassanesi (di origini bergamasche) ad affrontare con un pizzico di sana spavalderia la sorte e a raggiungere Londra a cavalcioni della loro fiammante Vespa 200 Rally Un’impresa nata all’ombra del Bar Sport, fra le due principali piazze bassanesi, allora gestito dai fratelli Gasparini, quotidianamente alle prese con una clientela eterogenea ma tutto sommato ben assortita: da un lato, nella parte anteriore del locale, gli avventori più anziani, giocatori seriali di schedine, impegnati in improbabili previsioni calcistiche; dall’altra, i ragazzi (e le ragazze!) delle superiori, concentrati invece nella retrostante e fumosissima sala, quasi interamente occupata da un biliardo molto frequentato. Proprio in quel luogo epico i fratelli Danilo e Alfredo Sana lanciarono la loro sfida al destino. “Un’avventura - spiega Daniloispirata al viaggio compiuto dal sottoscritto, un anno prima, assieme a tre cari amici: Roberto Bizzotto, Lucio Baggio e Vittorio Trani. Con una piccola differenza, però Alfredo ed io avremmo raggiunto la capitale del Regno Unito non a bordo di una vettura (come in precedenza era capitato a me), bensì in sella a uno scooter E per quanto la 200 Rally fosse allora una delle più superbe creazioni della Casa di Pontedera, sempre e solo due ruote aveva!”. Detto fatto, con la benedizione dei genitori (preoccupati per i
di Andrea Minchio
Se vuoi essere migliore degli altri, caro amico, viaggia!
Johann Wolfgang von Goethe
I fratelli Danilo e Alfredo Sana posano divertiti su una Vespa degli anni Settanta
Nel 1983 raggiunsero Londra, in tre giorni, in sella a una 200 Rally
pericoli connessi a una simile iniziativa, ma fiduciosi nel buon senso dei loro ragazzi), ai primi di agosto del 1983 - la data precisa è stata dimenticataDanilo e Alfredo Sana hanno abbandonato Bassano per imboccare la Valsugana Nulla, comunque, era stato lasciato al caso: dall’analisi della cartografia (“avevamo studiato accuratamente il percorso a tavolino”) all’individuazione delle località di tappa, dall’equipaggiamento personale all’adeguamento della Vespa,
opportunamente munita di due robusti portapacchi e di borsoni, oltre che di un indispensabile parabrezza. Ma erano stati considerati pure altri aspetti, quali il cambio delle valute (l’introduzione dell’euro risale al 2002) e, facendo le corna, anche l’evenienza di qualche possibile guasto. Riguardo alle scorte alimentari, invece, i nostri temerari guasconi furono decisamente meno previdenti... “Bruciammo praticamente tutto già a Pergine Valsugana, dove sostammo una mezzoretta per
LONDRA
Canterbury
Dover
Calais
Bethune
Baden Baden
Stoccarda
Dachau
Monaco di Baviera
Garmisch
Partenkirchen
Innsbruck
Pergine Valsugana
BASSANO
Qui sopra
Così i fratelli Sana avevano attrezzato la loro Vespa per l’impresa: forte dei suoi 10 cavalli, lo scooter Piaggio potè affrontare il percorso senza troppo patire il peso dei ragazzi e dei bagagli, collocati su due portapacchi (anteriore e posteriore) e sulla pediera.
Anche la media tenuta durante il lungo viaggio (1.500 chilometri) è tuttora significativa: circa 90 Km/h
Sotto, dall’alto verso il basso Alfredo a Innsbruck, in posa con una sgargiante tuta da pilota della RAF (ricevuta in dono dal fratello, che l’aveva acquistata l’anno prima in un mercatino di Londra) Danilo, camicia azzurra e incedere signorile, passeggia in un parco della capitale inglese Così anche la Vespa potrà riposare per qualche giorno
uno spuntino benaugurante e per scongiurare possibili pentimenti. Fortificati nello spirito, e soprattutto nel fisico, dirigemmo quindi alla volta di Innsbruck, per poi raggiungere attraverso boschi sconfinati lo splendido centro turistico di Garmisch Partenkirchen, nelle Alpi Ma la destinazione della nostra prima giornata di viaggio era Monaco di Baviera, dove arrivammo alle cinque del pomeriggio dopo una cavalcata di oltre quattrocento chilometri, percorsi (comprese le soste) in circa sette ore” Nemmeno il tempo di montare la tenda in un campeggio nei pressi del capoluogo bavarese che subito Danilo e Alfredo raggiunsero la Stadtmitte (il centro della città) per una tonificante sosta in Marienplatz; foto di rito e, a seguire, un irrinunciabile boccale di birra alla Hofbräuhaus “Il giorno successivo reputammo doverosa una visita lampo al campo di concentramento di Dachau. Poi, sotto un diluvio estenuante e un freddo inusuale per la stagione, passammo Stoccarda e Baden Baden. Per la seconda tappa avevamo scelto Metz, in Lorena, dove fortunatamente trovammo un ostello per il pernottamento. Eravamo trafelati e intirizziti Recuperammo un po’ di energie con una cena alla francese, a base di piselli, pancetta affumicata e una montagna di aglio. Ma poi, per dormire e riuscire a scaldarci, ricorremmo ad alcune provvidenziali sorsate di whisky...”. Danilo e Alfredo puntarono poi verso Calais, obiettivo del giorno successivo, viaggiando inizialmente ancora sotto la pioggia; nell’arco della giornata, tuttavia, il tempo migliorò
regalando ai centauri bassanesi la bellezza di un paesaggio che ricordano ancora con piacere. Godendo del favore del sole poterono visitare alcune fortificazioni della Linea Maginot. “Prima di arrivare a Calais ci trovammo nel bel mezzo di un acquazzone, patendo nuovamente il freddo. Ci fermammo allora a Bethune, nell’Alta Francia, a circa una settantina di chilometri dalla nostra meta. Non parlando il francese, lasciammo fare a una ristoratrice del luogo, che elencava il menu a voce. Alla faccia della dieta mediterranea, finimmo per divorare alcune salsicce accompagnate da funghi piccantissimi: per l’ennesima volta avevamo sbagliato il tipo di alimentazione...”. La soddisfazione dei fratelli Sana, era comunque palpabile Il traguardo non era più così distante; alternandosi alla guida lungo diverse arterie stradali e autostradali avevano inoltre acquisito una discreta sicurezza, riscuotendo pure l’ammirazione dei motociclisti che incontravano lungo il percorso
“Tanto in Germania quanto in Francia anche la gente cominciava a salutarci con simpatia, alimentando in noi l’autostima: la nostra piccola impresa veniva accolta con favore da quanti ci vedevano sfrecciare lungo le strade, carichi a più non posso”. Il campeggio di Bethune faceva proprio al caso dei fratelli Sana: un posticino tranquillo, adatto a una tonificante dormita “Invece non fu così! Non ci eravamo accorti della vicinanza delle giostre, collocate nei pressi del campeggio per la sagra Morale della favola: fra la musica e il suono degli autoscontri, prima delle due non riuscimmo a chiudere occhio”. All’alba del terzo giorno (si fa per dire) i ragazzi ripartirono, ma la Vespa sembrava avere qualche problema Al punto che fu necessario raggiungere un’officina. Non fu semplice farsi capire (anche a gesti) dal meccanico, che parlava solo francese e che con fare furbesco aveva lanciato un’occhiata d’intesa a un suo compaesano “Forse - interviene Alfredocredeva di aver trovato in noi la classica gallina dalle uova d’oro
Fortunatamente mangiammo la foglia e Danilo, fattosi prestare una pinza dal neghittoso personaggio, con un po’ di fortuna individuò il guasto (un contatto elettrico dell’accensione che si era semplicemente scollato). Merci monsieur! Lo lasciammo a bocca aperta, allibito e deluso”. Giunti a Calais, Danilo e Alfredo trovarono una coda interminabile all’imbarco per Dover...
“Decidemmo di posticipare la partenza al pomeriggio, potendo così dedicare la mattinata alla visita di alcuni luoghi dello Sbarco anglo-americano Poi, finalmente, ci imbarcammo. L’arrivo a Dover rappresentò per noi una sorta di apoteosi: motociclisti di ogni sorte ci avvicinavano per complimentarsi e ammirare la nostra Vespa” Era ormai buio e tanto per cambiare piovigginava... Ma i due bassanesi pensavano di essere ormai vicinissimi alla destinazione. Invece la strada sembrava non terminare mai Passata Canterbury, a notte inoltrata sostarono in un’area di servizio per fare rifornimento e per chiedere indicazioni
“A un tratto apparve un classico taxi londinese, condotto da una persona di colore Comprese le nostre difficoltà, lo sconosciuto si offrì di guidarci a Londra Brixton, la nostra meta “Il dubbio se accettare era enorme ma, vista la situazione (e il fatto che eravamo in due), accettammo. Il costo? Nulla... poiché doveva andare proprio da quelle parti: evidentemente ce lo aveva mandato il cielo!”. Il taxista, senza volere neanche un cent, accompagnò Danilo e Alfredo fin sotto l’appartamento nel quale un’amica li avrebbe ospitati: “La prossima volta mi pagherete una birra!”. Il mattino successivo i nostri eroi aprirono i balconi animati da grande entusiasmo. L’impresa era compiuta e Londra era pronta ad accoglierli con tutte le sue straordinarie bellezze. Certo, dopo una meritata vacanza, Danilo e Alfredo avrebbero dovuto affrontare un viaggio di ritorno altrettanto impegnativo, con una tappa irrinunciabile nella splendente Ville Lumière Ma, come si suol dire, questa è un’altra storia
VIAGGIARE
di Alessandro Faccio Servizio publiredazionale a cura di Canil Viaggi
Tra splendidi scenari...
CAPODANNO IN OMAN
La capitale Muscat ci accoglierà con la sua bellezza solare e discreta, il canyon Wadi Shab ci lascerà senza fiato, il deserto di Wahiba ci ammalierà con i suoi scenari da sogno e il villaggio di Birkat al Mauz ci ruberà definitivamente il cuore.
Qui sopra, da sinistra verso destra Il fascino di un campo tendato nel deserto di Wahiba
La Grande Moschea di Muscat, capitale dell’Oman e fra le città più antiche del Medio Oriente.
Sotto
Il forte di Nizwa: venne edificato nel Seicento su strutture risalenti al XII secolo È il monumento più visitato dell’Oman
Quota individuale di partecipazione
Euro 2.790,00 (entro il 30 settembre)
Euro 2.990,00 (fino a esaurimento)
La quota comprende:
- i trasferimenti da e per gli aeroporti;
- il volo aereo di linea in classe economica; - tasse aeroportuali e adeguamento carburante alla data del 31/03/2024;
- sistemazione in hotel e in campo tendato 4 stelle in camere doppie con servizi;
- i pasti come da programma, acqua inclusa;
- bus e guida locale per tutto il tour;
- jeep safari nel deserto in 4x4;
- l’escursione in battello sulla baia;
- gli ingressi previsti da programma;
- assicurazione annullamento e medico bagaglio;
- accompagnatore
La quota non comprende:
- le camere singole (suppl di euro 390,00);
- le mance e gli extra di carattere personale
All’iscrizione acconto di euro 900,00
Dal 30 dicembre 2024 al 6 gennaio 2025
Viaggio di 8 giorni
1° giorno - Lunedì 30 dicembre 2024
Venezia - Muscat
Trasferimento in aeroporto a Venezia e partenza con volo di linea per Muscat via Istanbul Pasti e pernottamento a bordo
2° giorno - Martedì 31 dicembre 2024
Muscat
Prima colazione a bordo. Arrivo a Muscat, incontro con la guida locale e intera giornata dedicata alla visita della capitale del Sultanato, bianca perla incastonata tra mare e montagna La città, che vive un momento di intenso sviluppo, non ha però dimenticato il suo stretto legame con la tradizione La scoperta di questa doppia anima di Muscat inizia con la visita alla Grande Moschea, straordinaria opera dei record voluta dall’amatissimo Sultano Qaboos, e prosegue con la visita del museo Beit Zubair, prezioso per comprendere la storia e lo stile di vita del Paese: una vera immersione nella cultura omanita Pranzo in un ristorante locale Nel pomeriggio sosta fotografica all’Opera House di recentissima costruzione e visita esterna ai forti di Mirani e Jalali Al termine visita al vibrante e attivo mercato del pesce di Muttrah e al famoso suk cittadino In serata sistemazione in hotel per la cena di gala e il pernottamento.
3° giorno - Mercoledì 1 gennaio 2025
Muscat - Biman Sinkhole - Wadi
Tiwi - Sur
Prima colazione Partenza verso sud costeggiando il Mare Arabico fino ad arrivare al Biman Sinkhole, spettacolare cratere colmo d’acqua azzurra circondato da pareti rocciose. Pranzo in un ristorante
locale Nel pomeriggio proseguimento per il Wadi Tiwi, canyon dalle grandiose pareti rocciose e dalla natura rigogliosa Passeggiata per godere di questi caratteristici paesaggi omaniti.
Arrivo a Sur, cittadina di pescatori racchiusa in una bella baia naturale, e visita al tipico cantiere dei dhow, le imbarcazioni arabe in legno ancora oggi utilizzate dai pescatori del luogo. In serata sistemazione in hotel per la cena e il pernottamento
4° giorno - Giovedì 2 gennaio 2025
Sur - Jalan Bani Bu Ali - Wadi Bani
Khalid - Wahiba
Prima colazione in hotel Al mattino partenza alla volta del deserto di Wahiba e sosta a Jalan Bani Bu Ali per ammirare l’antica fortezza e la particolare moschea di Al Samooda. Proseguimento per gli straordinari paesaggi del Wai
Bani Khalid che, con le sue acque blu, è un naturale invito a una breve siesta all’ombra delle palme che costeggiano le rive Pranzo in un ristorante locale
Nel pomeriggio partenza con fuoristrada 4x4 per le grandi dune dorate del deserto di Wahiba In serata sistemazione in un campo tendato per la cena e il pernottamento
5° giorno - Venerdì 3 gennaio 2025
Wahiba - Birkat Al Mauz - Castello di Jabrin - Nizwa
Prima colazione in un campo tendato
Al mattino partenza per Nizwa con sosta al bellissimo villaggio di Birkat
Al Mauz Passeggiata tra i suoi palmeti e giro tra le antiche case di fango Pranzo in un ristorante locale. Nel pomeriggio visita al Castello di Jabrin, risalente al XVII secolo In serata arrivo a Nizwa e sistemazione in hotel per la cena e il pernottamento
6° giorno - Sabato 4 gennaio 2025 Nizwa - Misfah Al Abreen - Jebel Shams - Muscat
Prima colazione in hotel Al mattino visita di Nizwa e in particolare al forte, costruito sulla cima di una collina per dominare la regione circostante, e al pittoresco souq. Al termine rientro verso la capitale con soste per le visite al villaggio di Al Hamra, immerso in un’oasi lussureggiante, dove le antiche case sono fatte di fango, e al tipico villaggio arroccato sulla montagna di Misfah Al Abreen. Arrivo al Jebel Shams, monte più alto dell’Oman, famoso per i bellissimi scenari naturali, tra cui il Wadi Gul e il Gran Canyon Pranzo in ristorante locale Nel tardo pomeriggio arrivo a Muscat e sistemazione in hotel per la cena e il pernottamento
7° giorno - Domenica 5 gennaio 2025 Muscat
Prima colazione, cena e pernottamento in hotel. Al mattino trasferimento alla marina e imbarco sul battello che porterà alla scoperta della baia di Muscat, con ottime possibilità di incontrare i delfini. La crociera, della durata di circa due ore, permetterà di ammirare la città da un punto di vista inconsueto. Pranzo in un ristorante locale Nel pomeriggio partenza alla volta della regione di Batinah e arrivo a Nakhal per visitare il forte, appena riaperto dopo un lungo e attento lavoro di restauro
8° giorno - Lunedì 6 gennaio 2025 Muscat - Venezia
Prima colazione in hotel. Al mattino trasferimento in aeroporto a Muscat e partenza con volo di linea per Venezia via Istanbul. Arrivo e proseguimento per le località di origine
Il momento migliore dell’anno per capire l’hygge, l’arte danese dello stare bene
ATMOSFERA NATALIZIA
A COPENAGHEN
A dicembre in Danimarca le notti sono lunghe Per questo si trovano candeline accese ovunque e le luci dei mercatini di Natale rallegrano le strade
Dal 5 all’8 dicembre 2024
Viaggio di 4 giorni
1° giorno - Giovedì 5 dicembre 2024
Venezia - Copenaghen
Trasferimento in aeroporto a Venezia e partenza con volo di linea per Copenaghen via Amsterdam. Arrivo e trasferimento in hotel per la cena e il pernottamento.
2° giorno - Venerdì 6 dicembre 2024
Copenaghen
Prima colazione e pernottamento in hotel Al mattino visita guidata alla città di Copenaghen, che durante il periodo natalizio si veste a festa con decorazioni che illuminano strade e palazzi. Lungo giro panoramico in bus per ammirare i principali monumenti e quartieri della città, per poi esplorarne il centro a piedi Pranzo libero. Nel pomeriggio passeggiata con l’accompagnatore alla scoperta dei mercatini di Natale che animano al-
cune piazze della città Cena in un ristorante locale
3° giorno - Sabato 7 dicembre 2024
Copenaghen
Prima colazione e pernottamento in hotel Al mattino continuazione della visita alla città di Copenaghen, ammirando la capitale da una prospettiva diversa grazie a una crociera sui canali che ci farà scoprire il centro storico navigando tra palazzi, monumenti e la parte moderna che si sviluppa lungo il porto. Pranzo libero. Nel pomeriggio ingresso ai Giardini di Tivoli, che durante il Natale si trasformano in un mondo incantato
Tempo a disposizione per girovagare tra le bancarelle di artigianato locale e assaggiare il cibo tradizionale natalizio Cena in un ristorante locale
4° giorno - Domenica 8 dicembre 2024
Copenaghen - Venezia
Prima colazione in hotel Al mattino
ultime visite con l’accompagnatore a Copenaghen Pranzo libero Nel pomeriggio trasferimento in aeroporto e partenza con volo di linea per Venezia via Amsterdam Arrivo e proseguimento per le località di origine.
Quota individuale di partecipazione
Euro 1.790,00 (entro il 30 settembre)
Euro 1.890,00 (fino a esaurimento)
La quota comprende:
- i trasferimenti da e per gli aeroporti;
- il volo aereo di linea in classe economica;
- le tasse aeroportuali e adeguamento carburante alla data del 30/04/2024;
- la sistemazione in hotel 3/4 stelle in camere doppie con servizi;
- i pasti come da programma;
- le visite e le escursioni come indicato;
- assicurazione annullamento e medico bagaglio;
- accompagnatore
La quota non comprende:
- le camere singole (suppl di euro 360,00)
- le mance e gli extra di carattere personale
All’iscrizione acconto di euro 600,00
di Alessandro Faccio Servizio publiredazionale a cura di Canil Viaggi
Sopra, da sinistra verso destra Mercatini di Natale nel cuore di Copenaghen
I giardini di Tivoli, noto parco divertimenti della capitale danese, vennero inaugurati nel 1843
ATTENZION
Tutti gli amici lettori sono invitati a ritirare in agenzia, da metà settembre 2024, una copia del nuovo catalogo “Inverno/Primavera 2024/2025” firmato Canil Viaggi
di Erica Schöfer corrispondente dalla Toscana
Il 7 settembre, nelle vie e nelle piazze di Firenze
FESTA DELLA RIFICOLONA
Appuntamento con la tradizione
Una scappata nel capoluogo toscano per vivere un evento del folclore popolare... Perché no?
Ona, ona, ona
Oh che bella rificolona!
Si narra che in tempi antichi i contadini scendessero dalle campagne fiorentine nella notte del 7 settembre, percorrendo sentieri bui e tortuosi, per rendere omaggio alla Vergine Maria e che, per aiutarsi nel difficile cammino, usassero lanterne dalle svariate forme, sorrette da un bastone. L’itinerario terminava alla Chiesa della Santissima Annunziata, a Firenze, dove i pellegrini si radunavano in preghiera per festeggiare il giorno dopo, cioè l’8 settembre, la nascita della Madonna. È una festa ancora molto sentita dai fiorentini, che ogni anno si riversano nella Piazza della Santissima Annunziata per celebrare la Vergine Maria, portando con sé le colorate lanterne e illuminando così, magicamente, le vie della città: anche l’occasione propizia per esporre in vari banchetti tanti prodotti tipici.
La tradizione vuole infatti che i campagnoli portassero nel capoluogo toscano specialità casalinghe: formaggio, pane di campagna, verdura, frutta Negli anni la festa si è allargata a quasi tutti i quartieri della città, nel Lungarno e anche sull’Arno, dove i barconi illuminati dai lampioncini di carta e dalle rificolone si danno appuntamento sotto il Ponte Vecchio.
La Festa della Rificolona è dunque un evento tradizionale del folclore popolare Ma, si chiederà senz’altro qualcuno, qual è l’origine di questo nome? Per comprenderla è necessario risalire alla metà del ’600, quando
si dice sia iniziata questa festa, e proiettarsi nella Firenze del tempo Anche allora i fiorentini si distinguevano per il carattere scherzoso, canzonatorio e soprattutto pungente. Ed era un vero divertimento prendere in giro le contadine, che indossavano abiti dalle forme vistose e non in linea con la moda dell’epoca. Proprio per la goffa maniera di vestire vennero chiamate Fierucolone, la sintesi cioè di fieruncola (piccola fiera) e colone (campagnole)
In seguito questa espressione venne contratta in Rificolona, che ancora oggi a Firenze si usa allegramente per indicare una donna vestita in modo troppo vistoso o dai colori non ben abbinati Ad accompagnare lo spirito sagace si intonava pure una filastrocca, tuttora cantata per le strade durante la festa
Ona, ona, ona
Oh che bella rificolona!
La mia l’è co ’ fiocchi e la tua l’è co ’ pidocchi. E l’è più bella la mia di quella della zia.
Oppure si canticchiava un altro stornello, andato dimenticato
Bello, bello, bello, chi guarda l’è un corbello
La festa terminava dopo la mezzanotte con lanci di bucce di cocomero contro le lanterne per farle spegnere e dandosi appuntamento l’anno successivo Il fulcro della festa, come già detto, è la Chiesa della Santissima Annunziata nell’omonima piazza, magistralmente cinta
dall’Ospedale degli Innocenti, uno dei primi orfanotrofi, con i loggiati del Brunelleschi e di Antonio da Sangallo. La chiesa, una delle più amate dai fiorentini, risale alla metà del Duecento e fu voluta dai fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria, devoti alla Madonna Nei secoli ha visto l’interesse di molti architetti e artisti che portarono il loro contributo. All’interno molte le decorazioni barocche che la impreziosiscono, ma non con esagerazione bensì mantenendo un giusto equilibrio. Un affresco raffigurante la Madonna è oggetto di grande devozione Si racconta che Fra’ Bartolomeo, al quale fu chiesto di dipingerlo, non riuscendo a raffigurare il volto della Vergine Maria fu preso dallo sconforto e si addormentò. Quando si risvegliò, il giorno dopo, trovò il dipinto completato con il volto della Madonna Michelangelo, quando lo vide, disse che “quivi non vi è arte di pennelli onde sia stato fatto il volto della Vergine, ma cosa divina veramente”. A fine agosto i fiorentini si mettono all’opera per costruire le più belle lanterne da esibire alla Rificolona. Se ne trovano già pronte in commercio, ma sono più originali e apprezzate quelle fatte a mano, in famiglia