L’avisina volante e l’adesivo di Vo’ di / Beppe Castellano /
V
o’ in provincia di Padova - da scrivere rigorosamente con l’apostrofo e senza “Euganeo” - ha poco più di 3000 anime ed è stato forse il paese più famoso, e citato, nella “tempesta” Covid-19 di primavera. Qui, infatti, si è registrata la prima vittima italiana ufficiale della pandemia. Qui c’è stata la prima “zona rossa”, con isolamento totale dal resto del mondo. Qui è però nato anche il “riscatto sanitario” - i tamponi di massa del prof. Andrea Crisanti - grazie al quale il Veneto ha subito la pandemia meno di altre grandi regioni del nord. Non è per questo, però, che siamo andati a Vo’ (e scusate la rima petrarchesca). E neanche per il Presidente Mattarella, che pur ha inaugurato l’anno scolastico proprio qui, il 14 settembre scorso. Su segnalazione della Provinciale di Padova ci siamo andati due giorni dopo, il paese ancora pavesato di tricolori, per raccontarvi la storia di Giada Vezzù. Giada, 28 anni, è campionessa di Supermoto, in gara sfoggia da sempre il logo Avis, ma non solo... Giada, grafica di professione, durante il lungo confinamento ha “inventato” due adesivi che hanno fatto il giro del Veneto permettendo pure di raccogliere circa 2000 euro desinati allo IOV (Istituto oncologico veneto). Cominciamo dallo sport, Giada? Quando hai iniziato e come mai una passione così inconsueta in una ragazza? Avevo 12 anni. Dei vicini stavano per buttare una vecchia moto da cross, mio padre meccanico la prese, la sistemò. Io per caso ci balzai in sella facendo un giro sul prato. Da lì iniziò una passione mai spenta, cominciai a gareggiare. Ora in Supermoto gareggio, ormai unica donna, contro tutti maschi. Preferisco un buon piazzamento lottando, che vincere in quella che era una sparuta categoria femminile. È impegnativo, ma mi diverto. E tuo padre continua a seguirti? Certamente. È il mio capo meccanico, mentre mia madre si occupa dell’hospitality della “scuderia” ai box, il team è tutto in famiglia... E poi sfoggi sempre il logo Avis sulla moto. Da quanto sei donatrice? Portare Avis sulla moto è un orgoglio. A volte
gli avversari mi chiedono come diventare donatori. Sono avisina da quando ho compiuto 18 anni, sono entrata nel gruppo giovani, ho fatto per anni attività nelle scuole grazie a Gino Peota e ho donato circa 40 volte. Salute! A proposito di salute, quella vera, come hai vissuto le note vicende di Vo’? Guarda, sinceramente i primi due giorni neanche ci siamo resi conto di che cosa ci stava capitando addosso. Quel 21 febbraio era venerdì, quando è morto il signor Trevisan, la domenica eravamo isolati dal mondo. Con l’esercito ai confini del comune. Una situazione surreale. poi è scattata la campagna dei tamponi a tutti. Tra l’altro eravamo tutti sani e l’8 marzo avrebbe dovuto essere riaperto tutto, ma proprio quel giorno ci siamo ritrovati di nuovo nel confinamento generale. E siccome noi eravamo “sani”, anche se tutti in Italia ci consideravano “appestati”, siamo rimasti in Paese. Ma è proprio in quelle due settimane che ti è nata l’idea del primo adesivo? Sì, è stato uno scatto di orgoglio. Per dire “Io sono di Vo’”, non sono un untore. Ho pensato di stamparne un centinaio, di venderli per raccogliere tutti insieme una corona per il funerale del nostro concittadino. Sono andati “bruciati” in mezz’ora. Poi abbiamo dovuto ristamparne più di 1500 anche nell’altra versione “io sono con Vo’”, perchè anche da fuori volevano essere solidali. La cosa era finita sui giornali... E poi 150 mascherine circa. Abbiamo raccolto circa 2000 euro che sono stati dati allo IOV, per la ricerca. Ci sono andata di persona, a consegnarli. E proprio mentre eravamo lì, a chiacchierare al sole, è arrivata la mail di ringraziamento ufficiale dall’Istituto oncologico. Che dire? È una storia semplice, di ordinario volontariato e solidarietà, dopotutto. Grazie Giada, grazie Vo’.
3/2020
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