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Plasma iperimmune, raggiunta quota 1800 unità terapeutiche
intervista di / Beppe Castellano /
Intanto confermiamo la notizia circolata questa estate: il dottor Giovanni Roveroni lascia la direzione del Crat (Centro regionale attività trasfusionali). Tornerà a indossare il camice di medico di Immunoematologia trasfusionale. Non si sa ancora in quale Centro trasfusionale, ma probabilmente in uno del veneziano dove tornerà in “trincea”, fra donatori di sangue e plasma. Aveva preso servizio presso gli uffici dell’Azienda Zero di Padova a settembre dello scorso anno. E questo settembre 2020 siamo tornati a intervistarlo sulla situazione trasfusionale veneta, durante l’anno “nero” del Covid-19.
Questa primavera-estate durante l’emergenza Covid-19, nonostante il personale ridottissimo, il Crat ha seguito ogni fase dell’altalenante andamento delle donazioni e dei consumi fornendo, anche alle associazioni di volontariato, report settimanali. A ciò si è aggiunta anche l’organizzazione della raccolta di plasma anti-Covid-19 da convalescenti, per la “Banca del Plasma iperimmune” del Veneto.
Ecco, dottor Roveroni, partiamo da qui: obiettivo raggiunto?
Sì, grazie allo sforzo dei colleghi in “prima linea” dei Dimt provinciali, tutti nessuno escluso, siamo riusciti a raggiungere l’obiettivo di avere una scorta di oltre 1800 unità terapeutiche. Di queste diverse sono state utilizzate dai clinici. Questo grazie ai circa 600 convalescenti guariti dal Coronavirus che, idonei secondo i parametri di sicurezza “normali” per i donatori di sangue e, soprattutto, idonei per l’alto titolo anticorpale ancora in circolo si sono resi disponibili a donare il proprio plasma.
Ma per averne 600 idonei a donare, quanti ne sono stati contattati e presentati?
Circa il doppio, ma non tutti ovviamente avevano i requisiti richiesti o il titolo di anticorpi utile per poter essere prelevati. Sembrano pochi, rispetto ai dimessi/guariti in Veneto, ma dobbiamo considerare proprio i parametri stringenti di selezione. Erano escluse le donne con figli, chi era stato trasfuso in passato, gli ultra 70enni (la maggioranza dei Covid-positivi), ecc.
In caso di ritorno autunnale della pandemia, quindi, il Veneto ce ha un’arma in più?
Un’arma che va ancora standardizzata, anche se i risultati clinici parrebbero essere positivi.
Per quanto riguarda la raccolta di sangue e plasma “normali”, come va?
Siamo messi come tutto il resto d’Italia, male. Le donazioni in estate sono calate - dopo la fiammata di marzo-aprile - mentre riprendevano le attività ospedaliere rallentate dall’emergenza. La carenza di medici nei Centri trasfusionali è peggiorata, i concorsi si fanno, ma vanno deserti. Ma sappiamo che è una carenza che si registra in tutte le specialità mediche. Fatto sta che la Medicina trasfusionale, pur perno di ogni altra attività ospedaliera, è scarsamente attrattiva. In ogni caso c’è la buona notizia che 31 tra medici e infermieri non specializzati (una decina a Belluno) hanno concluso il corso per prelevatori ed entreranno in servizio con contratti a tempo determinato.
Riusciamo a porgli un’ultima domanda prima che ci lasci, chiamato urgentemente a impellenti impegni di lavoro.
Influenza stagionale e vaccino?
Assolutamente da fare, per gli operatori sanitari sarà obbligatorio. E spero che tutte le categorie a rischio, in particolare, ma anche i donatori per la loro funzione di “operatori sanitari” ne recepiscano l’importanza. Anche per questi ultimi è gratuita. Se infatti ritorna con una recrudescenza la pandemia di Covid-19 questo autunno si sommerà all’influenza. E oltre a non poter fare lo screening immediato fra le due malattie (possibile se vaccinati per l’influenza), ricordiamoci che se si sommano insieme i due virus, la patologia si aggrava ulteriormente.

Giovanni Roveroni:
Dopo un anno di “ufficio”, torna al camice e ai donatori. (foto di repertorio)