Dialogo 2/12 - Il lavoro al di là della frontiera

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FRONTALIERI continuazione dalla pagina 3

approvazione dal Parlamento tedesco. L’Italia di Monti non ha tolto la Svizzera dalle black-list dei paesi fiscalmente non chiari in cui Tremonti l’aveva relegata e vuole un accordo come UE. La tensione aumenta in una specie di braccio di ferro ed è di questi giorni l’appello delle principali associazioni economiche ticinesi perché siano sbloccati i ristorni dei frontalieri nella speranza che la Svizzera venga tolta dalle quattro liste nere che stanno creando seri proble-

mi agli ambienti economici. La ricchezza ed il progresso economico e sociale della Svizzera è dovuto anche a tanti lavoratori stranieri, frontalieri o residenti, che in questo Paese hanno progredito e l’hanno fatto progredire. Questo si verifica ancora oggi e speriamo finalmente che i governanti di riferimento si siedano al tavolo delle trattative, senza strumentalizzazioni e prove di forza, fissando regole, indicando vie condivise e guardando ad un futuro di

cooperazione nell’interesse generale di chi lavora aldilà dei confini. Le ACLI ed il Patronato in particolare hanno molto a cuore questi argomenti ed operano a cavallo delle fasce di confine in un difficile lavoro di assistenza, tutela e sostegno alle persone e segnalano necessità e avanzano proposte alle autorità per contribuire con l’esperienza acquisita giornalmente sul campo. Franco Plutino vice presidente ACLI Svizzera

continuazione dalla pagina precedente che anziano locale comunicavamo solo a gesti. Una volta riuscimmo a capire che ci chiedeva come mai noi fossimo li, giovani ragazzi, a divertirci e a fare vacanze quando i loro ragazzi, in estate, dovevano salire nelle malghe più alte dove pascolavano le loro mandrie di bovini ed ovini e dove, con genitori ed adulti, dovevano lavorare alla cura degli animali e nella lavorazione dei formaggi. Noi siamo poveri, faceva capire, e non possiamo permetterci di mandare i nostri ragazzi in vacanza nelle colonie estive. Tornato a casa, noi in famiglia non eravamo certamente ricchi, mi ricordo che raccontai a mia madre quel fatto e lei mi rispose: “Ringraziamo Dio del nostro benessere del quale anche tu hai potuto godere, ci sono sempre altri più bisognosi di noi”. Quel fatto mi ritorna spesso in mente e sopratutto quel “confine” che, la sopra nei rigogliosi e verdi boschi di abeti, larici e pini, non c’era. Confine che invece solo a qualche chilometro di distanza giù nella bassa valle, con ferree ed invalicabili barriere e presidiato da una parte e dall’altra da austeri gendarmi in divisa, segnava una netta spaccatura tra paesi e popoli vicini ed in natura fratelli. Quel ricordo mi ha fatto sempre affermare che i “confini” sono la più deleteria invenzione che l’uomo abbia messo in pratica. Per i confini sono state messe in atto e vengono tutt’ora fatte le peggiori divisioni e devastanti guerre con tanti lutti e dove nessuno ne esce, e può uscirne, vincitore. Guerre che come già accennato, sono state e sono guerre per pura supremazia economica.

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il dialogo 2/12

“Io sono meglio di te”; “Tu non sei gradito perché disturbi e prevarichi la mia tranquillità e la mia sicurezza”; “Tu mi rubi spazio e lavoro”; “Vai e resta a casa tua, vai… vai aldilà del confine”. Confine e confini che abbiamo purtroppo tracciato anche nei nostri rapporti reciproci e nulla facciamo per liberarcene. Un giorno, in uno dei miei viaggi di lavoro, mi trovavo nella lontana isola di Vancouver, all’estremo ovest del Canada e la ho conosciuto un signore tedesco che aveva due lauree ma faceva solo lavori saltuari nel ramo delle applicazioni tecniche degli acciai speciali. Nei vari colloqui che abbiamo avuto mi confidava quanto inutile è l’affanno che ci imponiamo con ritmi di lavoro stressanti solo per guadagnare di più e rinunciamo ad essere (cioè ad esistere). “Io” – diceva – “cerco di vivere con poco e vivo le meraviglie di quest’isola così selvaggia e meravigliosa con serenità e bellezza, dove ognuno è libero di scegliere i propri tempi e non ci sono confini”. Gli bastava poco, qualche dollaro guadagnato ogni tanto, una piccola barca, una canna da pesca e dei libri da leggere. Il resto era tutto superfluo e commiserava noi europei costretti ad angustiarci continuamente per tutto e per ogni cosa buttando al vento il nostro tempo da notabili ottusi e irriverenti del bene che non vediamo e che solo il contatto con la natura si può godere. Non ebbi nulla da ridire. Le uniche parole che ho avuto il coraggio di esprimergli sono state: “Beato te Heinz, godi della tua libertà!”.3


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