INFORMAZIONE LOCALE APRILE 2013

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DISINFORMAZIONE

MARIOTTI RIFORMISTA

Mensile gratuito di informazione Autorizzazione del Tribunale di Perugia n. 27 del 01/10/2008 Direttore responsabile Giovanni Codovini - Stampa Digital Editor S.r.l.

Anno VI - N. 4 Aprile 2013

IMPIANTO A BIOGAS

LIBERTÀ Nessun giornalista o direttore di giornale vorrebbe scrivere un articolo o fondo come questo poiché, da una parte, rischia di finire nel vicolo cieco della sterile polemica - il contrario della valenza pubblica della notizia - e, dall’altra, di salire in cattedra, che è il contrario della libera stampa. Appunto la libera stampa: tale il nodo che intendiamo porre all’attenzione dei Lettori. Questi i fatti: nello scorso numero abbiamo pubblicato in prima pagina un articolo a firma di Giovanni Natale, “L’altra faccia della termovalorizzazione”, nel quale il giornalista poneva delle domande sull’eventualità della costruzione di un biodigestore nei pressi di Spedalicchio. Articolo interrogativo senza alcuna accusa a chicchessia. Ebbene. Alcuni giorni dopo l’uscita, il sito del Comune di Umbertide pubblica una “Nota” nella quale stigmatizza le affermazioni di Natale. Fin qui tutto giusto; solo che poi trancia con affermazioni improprie il contenuto dell’articolo, parlando di “infamanti affermazioni”, “oltraggio”. Già qui qualcosa non quadra. Ma è nella conclusione della “Nota” che emerge il significato del tutto: l’Amministrazione minaccia di adire le vie legali per il contenuto dell’articolo. Basta: la misura è colma. Perché querelare un giornalista e un giornale? Se dice cose inesatte o false esiste il diritto di rettifica (qui l’articolo a fianco in prima pagina); se non si è d’accordo si apre un dibattito pubblico; se si vuol ulteriormente informare si scrive e si pubblica in tutti i mass media. Ma querelare un libero giornalista e un libero giornale, equiparandolo ad un delinquente e mafioso che sparge veleni, nasconde qualcosa di altro. Si chiama tentativo di mettere il bavaglio alla libertà di stampa. NO; no pasáran. Il fondamento costituzionale della libertà di pensiero e opinione e della libera stampa non si tocca. Questa la posizione anche del Gruppo giornalisti umbertidesi che subito ha risposto, con lettera (vds pag. 4), all’Amministrazione. Il terreno sul quale si è posta l’Amministrazione (il Consiglio ha del resto approvato un ordine del giorno sulla tutela della libertà di stampa) è comunque scivoloso: il vulnus c’è stato. Per tale ragione, Informazione Locale intende ribadire le ragioni per il quale è nato e che nella presentazione del primo numero aveva già messo in evidenza: «non siamo un giornale né di lotta né di governo, ma non per questo la beviamo sempre; rifuggiamo dai pettegolezzi eppure avremo occhi, orecchie e gambe per cogliere le notizie e approfondire con inchieste». Questo abbiamo fatto per rimanere in-di-pen-den-ti.

La posizione del Comune di Umbertide A norma dell'art.8 L. 8/2/1948 N.47 pubblichiamo l'articolo di rettifica da parte dell'amministrazione comunale di Umbertide, relativo all'articolo di Giovanni Natale apparso nel numero di marzo. el gennaio 2012 un soggetto privato con sede a Bologna ha presentato formale richiesta per la realizzazione di un impianto a biogas di potenza pari

dal momento che il soggetto proponente non ha ancora ottemperato a tutti gli obblighi previsti per legge. Innanzitutto è importante precisare che gli impianti a biogas sono cosa assolutamente differente dai termovalorizzatori: mentre infatti il termovalorizzatore funziona mediante la combustione di rifiuti e/o di altri materiali, l’impianto a biogas produce gas/

a 999 kwe (chilowatt elettrici) in località Spedalicchio. Attualmente il procedimento autorizzativo risulta sospeso,

metano ed energia elettrica attraverso la fermentazione di letame e determinate tipologie di vegetali, specificate per legge,

N

RECUPERO ROTTAMI FERROSI DEMOLIZIONE VEICOLI

via dell’industria, fraz. calzolaro, umbertide (PG)


L’Inchiesta

continua dalla pagina precedente

dalle quali è escluso il tabacco. Gli impianti a biogas sono inoltre regolamentati da normative nazionali e regionali (a livello regionale sono in vigore ben due regolamenti, di cui uno, il n. 4 del 2011, specifico per gli impianti a biomasse) che ne incentivano la realizzazione visto che sono considerati appartenenti alla filiera della produzione di energia da fonti rinnovabili (green economy). Dal momento che l’impianto proposto dal soggetto privato ha una potenza inferiore ad un megawatt (999 kwe), il progetto è stato sottoposto a Procedura autorizzativa semplificata (Pas) che è condizionata dal parere di una serie di soggetti pubblici. Nel caso specifico si sono tenute sei sedute di Conferenza di servizi, a cui hanno partecipato ASL 1, ARPA Umbria, Umbra Acque, Vigili del Fuoco, ENEL, Ministero dello Sviluppo Economico, Provincia di Perugia, Regione dell’Umbria e

Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici dell’Umbria. Tutti i soggetti hanno espresso parere favorevole. Nel corso del procedimento autorizzativo l’Amministrazione Comunale, con atti di Giunta e di Consiglio Comunale, ha addirittura colmato aspetti non specificati dalla normativa vigente stabilendo che il biogas deve essere prodotto da letame e biomasse generati per almeno l’80% dal ciclo produttivo dell’azienda che realizza l’impianto e che il restante 20% può essere approvvigionato sfruttando la filiera corta, e quindi nel raggio di 30 km, e prevedendo anche che la disponibilità dei terreni sia garantita per tutta la durata del funzionamento dell’impianto. Attualmente il procedimento autorizzativo risulta sospeso dal momento che il soggetto proponente non ha ancora ottemperato a tutti gli obblighi previsti per legge. Sulla questione l’Amministrazione

Comunale ha incontrato anche la popolazione della Valle dei Niccone nel corso di un’assemblea aperta alla cittadinanza promossa dal locale Consiglio di Quartiere. I partecipanti hanno pienamente condiviso con l’Amministrazione Comunale l’applicazione stringente e rigorosa della normativa; inoltre nel corso dell’assemblea sono emerse da parte della popolazione forti perplessità in merito al fatto che, oltre a deturpare il paesaggio, l’impianto a biogas determinerebbe un consistente aumento del traffico pesante ed un elevato consumo di acqua per l’irrigazione dovuto alla previsione di doppi cicli colturali finalizzati ad aumentare i quantitativi annui. L’Amministrazione Comunale continuerà a monitorare attentamente l’evolversi della situazione, tenendo costantemente informata la popolazione. L’Amministrazione Comunale di Umbertide

Specificazione di Giovanni Natale riguardo l'articolo del numero di marzo, "L'altra faccia della termovalorizzazione". Riporto per chiarezza una sintesi delle principali fonti sulle quali ho basato l’articolo apparso sul precedente numero di Informazione Locale dal titolo “L’altra faccia della termovalorizzazione”. - Gazz. Uff. Comunità Europea e Gazz. Uff. Repubblica Italiana: normativa varia, tra cui Direttiva 2009/28/CE, Relazione (COM10) della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, D.M. 10/9/2010, D.Lgs. 28/2011. Si noti che nelle norme europee e nazionali gli impianti di incenerimento rifiuti sono sempre denominati, appunto, “inceneritori”. La “valorizzazione” ai fini energetici è di contro termine generico (di valenza tra l’altro positiva), utilizzabile quindi liberamente anche ad indicare un riutilizzo di

sostanze cosiddette “bio” o bioderivate. - Boll. Uff. Regione Umbria: Reg. Regionale n. 7/2011, nello specifico l’All. A (che distingue in tre tipi gli impianti a biomasse : a biomasse solide, liquide o gassose); l’All. B (in relazione ai criteri di localizzazione e al rispetto del contesto paesaggistico locale); la D.G.R. 903/2011, la D.G.R. 40/2012 e la D.G.R. 494/2012. - Sito web Regione Umbria, pagine del Servizio Energia, per la classificazione degli impianti, le procedure autorizzative, i tipi di impatti. - Sito web Comune di Umbertide: Piano d’azione locale per l’Energia Sostenibile e depliant “Valle del Tevere e Valli del Niccone” sulle bellezze architettoniche ed il paesaggio. Articoli de “La Nazione”, “Il Corriere dell’Umbria”, “Il Giornale

dell’Umbria” “Il Messaggero”, date tra il 13 e il 15 settembre 2012, che riportano l’episodio di sversamento liquami e morìa di pesci che Arpa e Asl hanno identificato come percolato di silomais. - Articolo di Informazione Locale (settembre 2012) che illustra aspetti positivi e criticità delle energie rinnovabili. - Vari siti web di aziende che pubblicizzano ciascuno la propria tecnologia di impianto (non riportati per motivi pubblicitari ma rintracciabili attraverso motori di ricerca). - Vari siti o blog dove istituzioni o cittadini illustrano le loro esperienze su impianti già realizzati o i loro punti di vista (es. Ecomuseo della Teverina, ma decine di altri ancora). - La visita presso un impianto. Giovanni Natale

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l’Intervista

MANLIO MARIOTTI: UN RIFORMISTA IN REGIONE

Ha speso la sua vita per il lavoro e a difendere i diritti dei lavoratori. Ha raggiunto l’apice della carriera sindacale nel 2004, quando è stato eletto Segretario Generale della Cgil dell’Umbria, carica che ha ricoperto fino al febbraio 2010. Poi è stato chiamato ad un ruolo politico nel Pd e ora è consigliere regionale, dal marzo 2013. Questo l’umbertidese Manlio Mariotti. Ma chi lo conosce sa la sua affabilità, la sua capacità culturale e il suo amore per lo sport. È sempre un piacere discutere con lui. Partiamo dall’incarico assunto di Consigliere regionale. Come intende spendere la sua competenza professionale di sindacalista e conoscitore del mondo industriale e produttivo? « Innanzitutto nelle forme e nei modi che credo sia giusto discutere e condividere con il Capogruppo in Regione e con il Segretario regionale del PD. Mi è stato chiesto di far parte delle 2° Commissione permanente, quella che si occupa di attività economiche e governo del territorio, e in quella sede spero di cominciare a portare il mio contributo e spendere il mio impegno. E’ del tutto naturale che avendo alle spalle un percorso ed una esperienza maturati sui temi del lavoro , dell’economia, delle politiche industriali e territoriali vorrei poter mettermi a disposizione, per quanto sarò capace, della costruzione di una concreta azione di indirizzo, di programmazione e legislativa del Consiglio Regionale rivolta a contrastare la gravissima crisi economica in atto e a riaprire all’Umbria prospettive di sviluppo produttivo e occupazionale» Veniamo al rapporto tra consigliere regionale e realtà locale. Quale rapporto intende costituire tra lei e la città e, soprattutto, quali rapporti tra lei e il partito di Umbertide? « Un rapporto che mi consenta di svolgere l’incarico di Consigliere regionale rappresentando, nella massima assise dell’Umbria, gli interessi della mia città e , di converso, dia ad Umbertide

l’opportunità di avere, come è già successo per molti anni, un riferimento istituzionale che nell’esercizio delle funzioni che è chiamato ad assolvere possa dare un contributo alla sua crescita economica e al suo benessere sociale. Un rapporto, cioè, come è ovvio e fisiologico che sia in queste situazioni; tanto con i cittadini, quanto con il PD. Lo dico non nascondendo il “portato” di vicende passate che la sua domanda legittimamente sottende e richiama, ma anche con la convinzione che questo passaggio può aiutare tutti a guardare avanti piuttosto che indietro» Una sua particolare caratteristica, che non le nega nessuno, nemmeno l’opposizione, è di essere un serio riformista. Provi a delineare alcune politiche ri-

formiste per Umbertide e il territorio. Magari con qualche concreto esempio. «La crisi che ci sta investendo sta rischiando di frantumare il nostro sistema produttivo ed in particolare quello manifatturiero. Temo che a noi non basterà più fare meglio le cose che già facevamo bene, ma saremo costretti a fare cose diverse; qui sta la sfida che a mio modo di vedere il modello produttivo della nostra città dovrà affrontare. Come? Magari affrontando con più coraggio un processo di riconversione e nuova qualificazione del nostro comparto agricolo ricercando con più coerenza un filo che coniughi davvero la filiera territorio-ambiente-turismo. O piuttosto cercando di capire come la mo-

derna “rete” può riconnettere gli indotti di subfornitura specializzata migliori del nostro paese e che rimane una risorsa di inestimabile valore. Oppure come trovare il modo di mobilizzare, insieme ad una quota di risorse pubbliche, una parte del consistente risparmio privato di cui disponiamo per realizzare un progetto di messa a norma e riqualificazione del patrimonio edilizio della nostra città. Od ancora come consolidare e dare strategicità alla presenza di un centro di riabilitazione altamente specializzato nella nostra città» Una stagione politica sembra conclusa. Da una parte l’uscita di Giuletti da Sindaco con la nomina a parlamentare; dall’altra la sua entrata in Consiglio regionale mostrano che c’è un nuovo inizio. E si ipotizzano, da più parti, scenari. Si dice che lei sia il solo federatore possibile per Umbertide, capace di mettere insieme il centro sinistra, le esigenze del mondo produttivo e il nuovo che avanza. «Le stagioni politiche ben più che i destini e le destinazioni degli uomini le segnano i grandi cicli delle dinamiche e di cambiamenti economici e sociali. Le risposte è (forse) possibile trovarle solo se la politica torna ad essere azione collettiva e sintesi alta delle molteplici e limitate conoscenze di cui ognuno dispone. La società, le istituzioni, i partiti sono luoghi plurali, aperti. Credo che nella nostra città dovremmo impegnarci a recuperare lo stimolo e la disponibilità ad una vera dialettica, ad un confronto senza timori o pregiudizi, a rispettarci nelle diversità dei punti di vista. In questo senso vedo la utilità di un federatore che sappia tenere insieme e ricomporre, il leader di un collettivo capace di ascoltare e far sintesi. Ma se questa è una esigenza reale allora chi dovrà assumere questo ruolo non può essere investito dall’alto, ma designato dal basso, da un vasto percorso di partecipazione» Eva Giacchè


LUNEDì- MARTEDì- MERCOLEDì DEPILAZIONE COMPLETA 35

25

DEPILAZIONE PARZIALE+INGUINE 25

SOLARIUM ABBONAMENTI CORPO 5 sedute 35,00 10 sedute 60,00

Solarium viso 5,00

18

TRATTAMENTI CORPO 6 sedute 600,00 400,00 TRATTAMENTI VISO 6 sedute 360,00 260,00


La Piazza

LETTERA DI RISPOSTA DEL GRUPPO GIORNALISTI LOCALE

Pubblichiamo la lettera del Gruppo Giornalisti Locale in risposta alla Nota dell'Amministrazione del 27/03/2013, (www.comune.umbertide.pg.it)nella quale si faceva riferimento all'articolo di Giovanni Natale dello scorso mese. La stessa è stata pubblicata sul sito del Comune di Umbertide, così come richiesto.

Al Vice Sindaco Ing. Marco Locchi Al Sindaco On. Giampiero Giulietti e p. c. a Dante Ciliani Presidente dell’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria Marta Cicci Presidente Associazione Stampa Umbra Umbertide, 04 aprile 2013 In riferimento alla “Nota” dell’Amministrazione comunale, apparsa sul sito del Comune di Umbertide in data 27.03.2013, e dal Lei firmata in qualità di vice Sindaco, nella quale si stigmatizza il contenuto dell’articolo di Giovanni Natale, pubblicato nel mensile Informazione Locale (mese di marzo), e sul quale Ella e l’Amministrazione paventano «l'opportunità di tutelare legalmente le proprie ragioni», intendiamo puntualizzare quanto segue, ai fini di una corretta dialettica tra stampa e amministrazione, avuto riguardo anche Riceviamo e pubblichiamo

Umbertide in Limerick

Alle falde del monte Acuto viveva un feroce lupo che andava a bere tutte le mattine e anche le sere alla destra del Tevere fronduto.

a simili vicende pregresse, nelle quali si è tentato, ora come allora, di censurare, direttamente o indirettamente, la libera stampa. 1. Nel merito dell’articolo non rileviamo alcune «accuse infamanti e oltraggiose rivolte» all’Amministrazione né tanto meno vi sono contenuti lesivi dell’altrui reputazione o espressioni intrinsecamente offensive (non comparendo peraltro nomi e atti citati). Se vi sono, l’Amministrazione ha il dovere di specificarle e di indicare quale sia il bene giuridico violato e da tutelare. Altrimenti si finisce per intimidire chi scrive o insidiare la libertà di espressione. 2. Se si intende, in generale, sostenere le proprie buone ragioni, rispetto ad un articolo che pone domande (nella fattispecie non dà nemmeno giudizi) lo si fa nel merito e con gli strumenti propri del dibattito pubblico e della legge sulla stampa, tanto più per un’amministrazione che deve rispondere costituzionalmente proprio al pubblico. Personalizzare la questione in un’aula di tribunale sembra una prevaricazione al libero confronto e un tentativo di mettere il bavaglio alla libertà di cronaca e di critica. 3. Il contenuto e il presupposto dell’esistenza dell’interesse pubblico alla conoscenza della notizia non lo decide di certo alcuna amministrazione o autorità, ma è nella libera disponibilità del giudizio razionale e prudente di ogni direttore di

giornale e del giornalista stesso, che devono rispondere, sicuramente, sulla correttezza metodologica dell’assunzione della notizia e dell’affidabilità della “fonte”. I giudizi sono poi liberi e, naturalmente, sottoponibili a critica, per prova ed errori. 4. Ricordiamo, infine, che il sito del Comune appartiene all’Amministrazione comunale, non alla Giunta, e che non è un giornale on line, ma sito istituzionale e come tale di puro servizio per il cittadino. Pertanto non solo la pluralità degli interventi deve essere assicurata, ma non si può né si deve tramite un servizio ai cittadini rappresentare addirittura la volontà di adire vie legali nei confronti di essi che, peraltro, sono contribuenti. Con riguardo e chiarezza, questo è quanto ci sentiamo di ricordare per il delicato rapporto tra informazione e istituzioni, a partire da un caso che va riportato nell’alveo del naturale dialogo pubblico. In questo senso, chiediamo formalmente che la presente lettera venga pubblicata sul sito dell’Amministrazione comunale. Qualora, poi, l’Amministrazione intenda adire le vie legali - prive di qualsiasi fondamento - sappia che il Gruppo giornalisti umbertidesi si costituirà, comunque sia, come parte lesa, non solo per solidarietà nei confronti di Giovanni Natale e Informazione Locale, ma per tutelare un dritto costituzionalmente garantito, fondamento del vivere civile.

Costruirono così un oppidùm non lontano da Pitulùm alla riva sinistra del biondo fiume nascosto da misteriose brume che venne chiamato Tusicùm.

e così nacque la Fratta alla faccia di quegli idioti.

Poi arrivò Totila e i suoi goti che come terremoti distrussero ogni cosa fatta

Portò con fortuna questo nome tanto che Napoleone la elevò al rango di città ma quando arrivò Sua Maestà si chiamò Umbertide chissà come? Marianna Franceschini

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Nuova Generazione

È

(DIS)INFORMAZIONE GIOVANILE LOCALE

tempo di metamorfosi; soprattutto per i giovani e per il loro rapporto con l’informazione. I dati parlano chiaro. A livello nazionale, il quotidiano tra le nuove leve non ha più lo stesso appeal, visto che solo il 14,6% (fonte: Rapporto giovani) di essi lo compra mentre il 29% ( fonte: rapporto giovani) lo legge. La ricerca però risulterebbe ristretta se ci limitassimo solamente a vedere e analizzare i dati che riguardano il cartaceo, anche perché il mondo dell’informazione ha vissuto in questi ultimi anni una vera e propria metamorfosi grazie all’entrata in campo dei social network e dei giornali on-line. Questi strumenti di comunicazione infatti sono ciò che hanno dato il via alla crisi dell’editoria e al decadimento di quella pietra miliare della nostra società che il quotidiano rappresentava fino al secolo scorso, anche perché se prima i giovani andavano in edicola ora basta un click e possono trovare le news che vogliono quando e come vogliono. Il circa 70% di essi (fonte: Rapporto giovani), naviga ora sui siti internet per cercare le notizie, facendo così calare drasticamente le vendite dei giornali cartacei che sono sempre più, vuoi per il calo dei lettori vuoi per la crisi che sta dilagando in ogni settore, in chiaro declino. D’altro canto però c’è chi vede un risvolto positivo in questa moltiplicazione dei canali d’ informazione, affermando che tale vasta possibilità non possa altro che avvicinare di più i ragazzi a ciò che accade intorno a loro, facendogli sviluppare una propria opinione politica e un proprio senso critico. A supporto di questo punto di vista sono , ad esempio, i dati ci mostrano come tra il 46% e il 49 % (fonte: Rapporto giovani ) delle nuove leve, si informa tramite tablet o smartphone, evidenziando sempre di più come le

nuove tecnologie, simbolo e strumento dei giovani, stanno influenzando i mezzi di comunicazione e cambiando il modo di fare informazione tanto da espropriare a volte il significato di informazione stessa (rendendola forse disinformazione?) . Veramente quindi i giovani hanno beneficiato da questa rivoluzione? La risposta

a dir il vero è negativa visto che malgrado i così tanti canali a loro disposizione una buona fetta dell’universo giovanile non è interessato a reperire notizie, o per lo meno a selezionare notizie di un certo spessore. Cartina di tornasole di questi dati sono sicuramente i numeri emersi dall’indagine svolta a livello locale – abbiamo preso un significativo campione di ragazzi dell’Istituto Superiore Leonardo da Vinci di Umbertide – i quali sottolineano come anche su una piccola realtà come la nostra la cultura dell’informazione non sia poi così diffusa. Il 60% dei nostri ragazzi sceglie la rete come canale d’ informazione e il 43% si interessa di questioni che riguardano la propria zona, rimarcando così il dato che si riscontra sulla nostra pagina facebook di Informazione Locale, la quale ha un alto tasso di gradimento fra le persone che vanno dai 18 ai 30 anni. Ma ciò che più risalta tra tutte le informazioni raccolte è sicuramente il dato che

riguarda la famiglia, visto che il quotidiano è sempre meno presente tra le mura domestiche ( solo il 17% degli intervistati dispone quasi ogni giorno del quotidiano in casa). Una riflessione è dunque obbligatoria; come mai sebbene i tanti canali a disposizione il mondo dell’informazione è sempre meno a stretto contatto con le nuove generazioni? Le responsabilità non sono solamente di un solo fattore ma di molteplici. Prendiamo ad esempio il dato poco sopra elencato e poniamolo in termini opposti : l’83% degli studenti presi come campione non dispone del giornale quotidianamente a casa. Di sicuro la famiglia recita una parte fondamentale nella formazione, culturale e sociale, del ragazzo e se questa non lo sollecita o viene a mancare ecco che si hanno gli negativi su tutti i livelli: dal crollo dell’editoria al passaggio da informazione a disinformazione. Qui il ruolo della scuola deve farsi ancor più forte visto che deve fare i conti con l’assenza della componente familiare , ma il processo è stato già ben avviato. Nel istituto Leonardo da Vinci di Umbertide, ad esempio alcune classi partecipano ad un progetto dell’osservatorio “il quotidiano in classe” che avvicina i ragazzi alla lettura del quotidiano. Ma la più preoccupante se non diffusa causa della mancanza della cultura dell’informazione è l’atteggiamento tipico delle nuove generazioni, le generazioni del virtuale che figlie della mentalità di semplificazione dei social network iniziano un processo di alienazione nei confronti della realtà circostante. Questi canali dunque non portano benefici all’informazione, anzi la rendono sempre più vuota, facendola lentamente scomparire come un relitto in fondo all’oceano. Andrea Levi Codovini


Il Dibattito L'articolo di Giovanni Natale dello scorso numero ha suscitato un vivace dibattito anche sulla nostra pagina di facebook. Qui riportiamo alcuni interventi che ci sono stati richiesti e che abbiamo sollecitato. Energia da Biomasse. Risorsa o beffa? I dati sono inquietanti: il 77% dell’energia che consumiamo in Italia è prodotta da fonti fossili (petrolio, gas e carbone). Dati statistici ci rivelano che nel giro di un secolo queste riserve finiranno e con loro, come è facile intuire, finirà l’era del petrolio. Ognuno di noi ne subirà le inevitabili e drammatiche conseguenze. Nessuno escluso. Le possibilità che abbiamo sono due: possiamo attendere passivamente e stare a guardare; oppure possiamo iniziare fin da ora a pensare ad un futuro più sostenibile. A voi sta la scelta. Per tentare di correre ai ripari, l’Italia ha firmato alcuni anni fa un protocollo in cui si è impegnata a: ridurre il consumo di CO2 del 20%, incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili del 20% Il tutto entro il 2020. Per raggiungere tali obiettivi, lo Stato italiano ha pensato bene di incentivare le rinnovabili al fine di favorirne lo sviluppo. Infatti produrre energia dalle rinnovabili non è attualmente economicamente conveniente senza un incentivo statale. Con il fotovoltaico sono stati già raggiunti ottimi risultati, addirittura superiori alle aspettative. L’eolico, invece, in Umbria, ha avuto uno sviluppo modesto. Infatti, nella nostra regione, la costruzione di un parco eolico avrebbe un impatto ambientale visivo spesso intollerabile a causa dell’orografia e della morfologia del territorio. Fra tutti, però, esiste un settore che negli anni è rimasto in disparte, quello delle biomasse ovvero la produzione di energia termica ed elettrica dalla parte biodegradabile dei prodotti di origine organica. La materia prima utilizzata è costituita dai residui provenienti dall’agricoltura (sostanze vegetali o animali), dalla selvicoltura e dalle industrie connesse, nonché

GREEN ECONOMY, BIODIGESTORE

dalla parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani. Soltanto in questi ultimi due anni si è cominciato a parlare in maniera significativa delle biomasse come fonte rinnovabile. Una moda? Non direi. Piuttosto una risorsa per tutte le aziende agricole della nostra zona, a patto che sia sviluppata in modo coerente con ogni singola realtà. Parlare di biomasse in generale potrebbe diventare troppo dispersivo. Con questo termine, infatti, si intendono molti processi tecnologici. Per questo motivo vorrei soffermarmi sul biogas, una branca delle biomasse. La tecnologia è semplice: dalla fermentazione in carenza di ossigeno di materiali di origine animale o vegetale (liquami da produzioni animali, insilati di cereali, potature etc.) viene prodotto un gas naturale che una volta bruciato in motori o turbine collegate ad un alternatore, produce energia elettrica ed acqua calda (cogeneratore o trigeneratore se produce anche il freddo). Se il progetto è ben fatto e ben dimensionato rispetto alla realtà aziendale a cui si riferisce non vi sono grossi problemi di natura ambientale né rischi per la salute. Tutte rose e fiori, dunque? Purtroppo no. Spesso le aziende sovradimensionano l’impianto per produrre una quantità maggiore di energia elettrica non rispettando così le reali potenzialità dell’azienda stessa. Si tratta di un vero e proprio fenomeno speculativo che causa un danno significativo all’ambiente visto che il materiale necessario al funzionamento del biodigestore deve essere reperito altrove (anche molto lontano causando problemi di eccessivo traffico di grandi automezzi). Tanto per dare un’idea, un impianto da 1.000.000 We ha bisogno di circa 300 ha di terreno per funzionare. Per evitare queste speculazioni, lo Stato è corso hai ripari incentivando maggiormente i piccoli impianti che utilizzano risorse locali. In questo modo, di fatto, gli impianti più grandi di 600.000 We non sono più convenienti. In quest’otti-

ca, nel rispetto delle effettive potenzialità locali, la produzione di energia da biomasse potrebbe diventare un volano per l’economia delle aziende agricole senza compromettere l’ambiente o il benessere delle popolazioni limitrofe. Inoltre, un altro aspetto da considerare è quello della produzione di cereali a scopo energetico e non alimentare (colture nofood). Gli impianti di biogas, infatti possono essere alimentati anche da cereali, ma pensare di coltivare i terreni per produrre energia invece che cibo è assurdo. Ritengo, infatti, che gli impianti debbano essere pensati e studiati utilizzando gli scarti di lavorazioni agricole che comunque andrebbero in qualche modo smaltite. L’idea vincente potrebbe essere quella di elevare lo scarto a risorsa vera e propria in grado di produrre energia (sia elettrica che termica) della quale la nostra società è ingorda. Ciocchetti Giuliano (architetto) Caro direttore, le scrivo in merito all’articolo pubblicato nel mese scorso riguardante la termovalorizzazione e gli impianti a biogas. Ho riscontrato molte informazioni errate e valutazioni abbastanza gravi basate su di esse; per questo mi sono sentito in dovere di replicare a quanto scritto da Giovanni Natale. Innanzitutto è molto importante distinguere fra le 2 tecnologie erroneamente accomunate nell’articolo: · per termovalorizzazione si intende ogni processo TERMICO (combustione o pirolisi) atto a valorizzare energeticamente un prodotto di scarto (entro i limiti di legge stabiliti dal D.L. 5 febbraio 1997 n. 22, detto “Decreto Ronchi”). · Per biodigestione si intende un processo di degradazione di materia organica ad opera di batteri. Se tale processo avviene in presenza di ossigeno si parla di compostaggio, se invece non è presente ossigeno si parla di digestione anaerobica.Data la vastità della materia, ho deciso di concen-

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E TUTELA DEL TERRITORIO

trare queste poche righe di replica sulla biodigestione con l’ambizione di dare un contributo tecnico alla discussione. In particolare mi concentrerò sul processo di digestione anaerobica poiché è questo a permettere una valorizzazione energetica della materia organica.Come già accennato, la biodigestione è un processo NATURALE di degradazione di materiale organico (ecco spiegato il perché del “bio”) ad opera di ceppi batterici: in assenza di ossigeno, essa porta alla formazione di una miscela in percentuali variabili di gas metano ed anidride carbonica, ossia un gas combustibile comunemente considerato pulito.Per impianto a biogas invece si intende un biodigestore (che come detto produce metano) e da un motore a combustione che permette la produzione di energia elettrica. Tramite una eventuale caldaia a recupero a valle è possibile inoltre recuperare il calore dei fumi di combustione per produrre acqua calda (per il riscaldamento e/o acqua calda sanitaria). I tanto temuti fumi di combustione sono quindi identici per composizione a quelli prodotti da un qualsiasi motore o caldaia alimentati a metano. Comunemente il processo di biodigestione è realizzato a partire da reflui zootecnici, essendo essi materiali di scarto che vengono stoccati e poi utilizzati nella fertirrigazione. Tramite la biodigestione i reflui vengono digeriti dalle colonie batteriche con la produzione, come già detto, di metano, di anidride carbonica e di un materiale di scarto detto digestato, che può essere utilizzato come fertilizzante in virtù del suo elevato tenore di azoto.Concludo con brevi considerazioni legate all’impatto ambientale di tali tecnologie. È da sfatare lo scenario secondo cui i campi verranno coltivati esclusivamente per la produzioni di colture “food” da destinare alla conversione energetica:senza entrare in dettaglio, il meccanismo incentivante rende praticamente sconveniente l’impiego di tali tecnologie con percentuali di insilato supe-

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riori al 20-30%. Non credo comunque che la prospettiva di vedere (come già ahimè possiamo ammirare) campi coltivabili trasformati in campi fotovoltaici sia molto meno impattante e molto più auspicabile. In conclusione, si consideri che ogni accumulo (di letame, di rifiuti organici etc.) presenta una parte interna non lambita dall’aria e in cui il processo di digestione anaerobica avviene spontaneamente, con rilascio in atmosfera di metano, che ha un potenziale di distruzione dell’ozono 25 volte superiore rispetto all’anidride carbonica (non a caso le discariche sono fra le maggiori sorgenti di metano e quindi di inquinamento atmosferico). Credo che sia auspicabile a livello locale una discussione più approfondita e un’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica in merito alle tecnologie esistenti in materia di valorizzazione energetica dei prodotti di scarto. Inoltre spero che si arrivi anche ad una discussione seria sulla termovalorizzazione dei rifiuti (che in questa sede non ho trattato per ragioni di spazio). Ringraziandola per l’opportunità concessami, le faccio i miei complimenti per l’iniziativa editoriale che sta portando avanti, che permette anche di discutere di tematiche (come in questo caso) importanti e troppo spesso trattate sbrigativamente e in maniera pregiudiziale. Con rinnovata stima Piero Montanucci (Ingegnere) “Nonostante sia un sostenitore della “green economy” reputo uno svantaggio pubblico la possibilità della costruzione di un biodigestore nella valle del Niccone. Questo perché i biodigestori svolgono la loro funzione in maniera economicamente sostenibile se sono collegati al sistema agricolo del territorio, ossia, ad esempio, se trasformano i rifiuti di allevamenti esistenti, o i prodotti di scarto di una notevole produzione agricola, in energia per decomposizione. In caso contrario sono un

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vantaggio solo per i proprietari e lasciano al territorio molti problemi assieme al rischio di uno sviluppo agricolo funzionale alla produzione di energia, privandolo così della possibilità di uno sviluppo economico reale e duraturo. Infatti questa energia “bio” è vantaggiosa perché sfrutta gli incentivi degli aiuti pubblici, ma destinati, di nuovo, a privati. Finiti tali incentivi dovrà competere economicamente nel mercato energetico e quindi sarà a rischio di aver terminato il suo percorso per l’investitore lasciando gli svantaggi, ad esempio la bonifica della zona, al pubblico. In effetti nella Valle del Niccone non esistono eccedenze agricole e di allevamento tali da far lontanamente pensare ad un uso locale, e quindi virtuoso, del sistema. I proprietari del biodigestore dovranno fare arrivare da altre zone il materiale necessario al funzionamento. Questi arrivi saranno effettuati con camion e carri agricoli, in maniera corposa e costante, anche se con periodi di punta. Sicuramente la viabilità e la sicurezza delle strade ne risentiranno e questo significa rischio per le vite umane, aumento delle spese per la rete viaria e aumento dell’ inquinamento. L’aspetto peggiore è che la Valle ha due soli accessi viari: uno stretto tra le abitazioni a Niccone, l’altro tortuoso e ascendente oltrepassato Mercatale verso la Toscana; da qui si deve necessariamente passare. Si consideri, inoltre, i rischi legati ai cattivi odori in una “perla” di territorio rurale in cui è possibile un’ulteriore sviluppo turistico con più vasta ricaduta economica, diretta ed indiretta. Quali sono allora i vantaggi? Esistono solo per la proprietà che usufruirà degli aiuti. Cosa penso dovrebbe continuare a fare la nostra Amministrazione? Districarsi tra le “larghe maglie” della normativa nazionale e regionale per continuare a difendere il suo territorio e individuare uno sviluppo rurale e turistico compatibile con la qualità di vita dei propri abitanti.” Francesco Deplanu (Insegnante)

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Economia

MATTEO BALDELLI: IL NUOVO PRESIDENTE AIMET

Nuovo presidente Aimet. Matteo Baldelli, trentaduenne umbertidese, laureato in Economia e Commercio, dottore commercialista, è stato nominato presidente dell’azienda intercomunale che gestisce l’erogazione del metano, succedendo così a Marco Locchi che, dopo l’elezione Giampiero Giulietti alla Camera dei Deputati, ha preso in mano le redini del comune di Umbertide. Al neo presidente Baldelli abbiamo quindi posto delle domande per sapere come sarà improntata la sua gestione dell’azienda. Come ci si sente ad essere, così giovani, presidente di un’importante azienda municipalizzata come Aimet? Si sente un tecnico o un politico con esperienza tecnica? ‹‹Per me è motivo di orgoglio. Significa che nonostante la mia età sia riuscito a farmi apprezzare, a far valere il mio lavoro. Aimet è una realtà importante del nostro territorio. Quando si amministra una società come questa, oltre che offrire un servizio ai cittadini, si contribuisce al bene pubblico. Non sono un politico, non ho legami con la politica. Sono un commercialista che ora ha l’onore di fare il presidente. Certamente devo ancora maturare, fare esperienza giorno dopo giorno, ma passione e determinazione non mi mancano.›› Quali sono le linee guida che vuol seguire e i principali obiettivi che vorrebbe raggiungere nel suo mandato? ‹‹Vorrei continuare a portare avanti la mission di Aimet: offrire un servizio ai cittadini e contribuire allo sviluppo a livello territoriale, ovviamente cercando di incrementare il mercato. Ho trovato una società solida, con dipendenti capaci e motivati. Di questo va dato merito anche all’ottimo lavoro svolto dal presidente uscente, Marco Locchi. Ora la sfida sarà

quella di trovare un equilibrio, di bilanciare gli interessi che ormai non sono più solo pubblici ma anche privati. La chiave per tutelare gli interessi di tutti è far si che Aimet funzioni al meglio.›› Qual è l’attuale bilancio di Aimet? Quest’anno il bilancio dell’azienda da lei presieduta sarà inserito nel bilancio consolidato del Comune? ‹‹Aimet ha chiuso il 2012 con un bilancio positivo, gli utili verranno ripartiti interamente tra i Comuni di Umbertide, Montone e San Giustino.››

Ci può spiegare chi è e qual è il ruolo del socio privato? ‹‹Il socio privato è Italtrading S.p.a. . Ho già avuto modo di conoscere alcuni esponenti di questa grande realtà che è uno tra i primi 10 player nazionali ed uno dei pochi che importano gas naturale direttamente da paesi produttori. La partecipazione privata ha un ruolo primario nella gestione e nello sviluppo della società. Sono sicuro che saprà dare ad Aimet l’impulso necessario per il salto di qualità.›› È vero che Aimet intende sviluppa-

re i propri servizi anche sul settore dell’energia elettrica? ‹‹Sì, vogliamo inserirci anche in questo settore. L’idea è fornire agli utenti un’offerta in grado di coprire il fabbisogno energetico complessivo. L’obiettivo è conseguire gli ottimi risultati avuti con il gas.›› Si parla di liberalizzazioni e, soprattutto, di concorrenza. Una partecipata pubblica come Aimet, di piccole dimensioni, riesce ad essere competitiva con i grandi player privati nazionali e regionali? ‹‹Il nostro punto di forza è la territorialità, la vicinanza ai clienti. Faccio un esempio: l’utente che ha un problema con la bolletta, o non sa come fare con l’autolettura, va direttamente allo sportello. Lì trova professionisti sempre disponibili ed in grado di aiutarlo. Questo è un servizio che altri fornitori, anche più conosciuti e pubblicizzati, non hanno. Anche per il più banale dei problemi il cliente si relaziona con un numero verde, una voce registrata. Solo se si è fortunati alla fine si riesce a comunicare con una persona. Da noi questo non avviene, da noi il rapporto è diretto e personale.›› Per ragioni di costi e qualità del servizio non le sembra che sia arrivato il momento di aggregazioni almeno interregionali? Aimet va verso questa direzione? Non si abbasserebbe il costo finale per l’utente umbertidese? ‹‹Come ho già detto l’essenza di Aimet è la vicinanza ai cittadini e la territorialità del servizio. Aggregarsi con fornitori nazionali avrebbe poco senso. Il costo finale sta subendo già notevoli riduzioni tariffarie grazie all’intervento dell’Autorità dell’energia.›› Alessandro Minestrini


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CONCORSO LETTERARIO "UMBERTIDE 25 APRILE" - XXXI EDIZIONE

A

nche quest'anno si rinnova l'appuntamento con il concorso letterario nazionale, "Umbertide 25 aprile", ormai giunto alla 31esima edizione. La premiazione del concorso si terrà domenica 28 aprile alle ore 10 presso la sala d'onore del Centro socio-culturale San Francesco, alla presenza del sindaco f.f. Marco Locchi, del presidente e del presidente onorario del Centro socio culturale San Francesco Sergio Bargelli ed Umberto Zoppo, del presidente dell'Isuc Mario Tosti, del presidente della commissione esaminatrice Stefano Ragni. Queste le parole del Presidente:«La selezione di poesie inedite, destinate, come in questo caso, ad un concorso giunto a una sua quasi ‘storica’ edizione, è un’esperienza comunque sempre nuova e diversa, sia per la qualità che per la quantità delle proposte esaminate. La commissione giudicatrice ha tenuto presenti le tensioni ispirative, considerando anche il valore della parola poetica, al di là del segno e dell’immagine scritta, laddove le espressioni linguistiche assumano il valore del canto nella parola-suono e nella parola-verso. La poesia è stata, perciò, anche sentita come espressione di qualcosa di non direttamente referenziale e cronachistico, ma evocativa di interiorità e portatrice di messaggi che il lettore deve interpretare e portare nel proprio vissuto reale. Per chi, come me, si occupa da sempre di musica, l’impegno critico di una commissione giudicatrice di poesia è soprattutto quello di valutare il rapporto tra parola e musica, verso e suono. È questo rapporto, infatti, che adduce il fascino del ritmo e della melodicità, ancora prima che la parola sia comunicazione di significato e realtà, di fatti vissuti, di sentimenti personali o collettivi, di mondo concreto

anche se solamente desiderato e sognato. Ma la poesia ha non può nemmeno rinunciare del tutto alla cronaca e all’intreccio di suggestioni e rapporti personali che costituiscono l’attualità fagocitante in ognuno di noi. La poesia ha ancora oggi una responsabilità enorme, perchè rappresenta un’arte pur sempre ‘inutile’, non corteggiata dal mercato, seppur sottoposta a una fortissima spinta massificatrice, a un livellamento verso il basso, verso la propria “riproducibilità tecnica”: per l’attrattiva dell’aspetto grafico della poesia, per la ‘libertà libertina’ degli “a capo”, la rima, la sillabazione e l’allusività, per tutte le strategie che sembrano voler enunciare in anticipo la colpa della perizia ‘artigianale’ con cui molti pensano di esprimersi [...]». Per la sezione “Poesia” la commissione esaminatrice presieduta dal prof. Stefano Ragni ha deciso di assegnare il primo premio a Carla Baroni (Ferrara) per ASSOCIAZIONE AMICI CENTRO SOCIO CULTURALE SAN FRANCESCO - UMBERTIDE

XXXI EDIZIONE PREMIO NAZIONALE

“UMBERTIDE 25 APRILE”

la composizione “La terra trema”, seguita da Angela Catolfi (Treia -MC) con "Frantumi di ricordi” e da Franco Fiorini (Veroli – FR), terzo classificato con “Il consueto ritardo”. Il premio speciale è stato invece assegnato a Bruno Fiorentini (Bracciano -RM) con "Palude" e a Umberto Vicaretti (Roma) con "Conservo ancora tutti i tuoi rosari. Segnalazioni di merito con pubblicazione a Mina Antonelli (Gravina -FG), "Un tempo piegato alla memoria”; Linda Barbagallo (Forlì), “L'ultimo lamento”; Salvatore Cangiani (Sorrento – SA), “Il Cristo che ritorna”; Loriana Capecchi (Quarrata -PT), “La politica del cuore”; Anna Maria Cardillo (Roma), “Nevicata”; Antonio Damiano (Latina), “La nebbia nel cuore”; Armando Giorgi (Genova), “Coglierò un fiore”; Emanuele Insinna (Palermo), “Cantastorie”; Giancarlo Interlandi (Acitrezza – CT), “Utopia di figlio”; Antonella Montanucci (Umbertide – PG), “A te, mamma”; Rita Muscardin (Savona), “Il sorriso di un clown”; Giuseppina Palombi (Umbertide – PG), “Compiuta è la festa”; Mara Penso (Mestre – VE), “Auschwitz”; Rodolfo Vettorello (Milano), “Le mani in mano". La sezione riservata ai giovani fino a 13 anni ha visto invece trionfare Elisa Pucci di Umbertide per la composizione “I colori della vita”, mentre sono state pubblicate con segnalazione di merito le poesie di Camilla Pugno (Bastia Umbra) “Vorrei tornare” e Alessandra Ruggeri (Pietralunga) “Ciao”.

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In memoria delle vittime del 25 aprile 1944. Estratto da “Il nostro calvario – 1944: bombe in Umbria” di Mario Tosti, Petruzzi editore, 2005. Nel quartiere San Giovanni, al lume degli acetilene, uomini sfiniti, arram­picati sulle macerie, stanno scavando senza sosta, stimolati dai residui segni di vita. Da più parti si aggredisce la montagna di sassi... Un’altra squadra, che avanza dall’arco di Via Mancini, ha ricavato un passaggio per strisciare sotto le macerie. Spostando i detriti con il passamano, tutti a stratóni, sono riusciti a co­struire una specie di galleria, sotto un groviglio di travi e vergoli, che si addentra nella montagna di sassi, verso il vicolo Mariotti: davanti tre o quat­tro vigili; dietro cinque o sei uomini del “Servizio del Lavoro”. A notte fonda ha cominciato a cadere qualche goccia di pioggia. Verso le due, matura la decisione di smettere: “Se ne riparla domattina … non c’è più nes­sun movimento …”. I ragazzi nel cunicolo sono stanchi, mol­li fradici. Carponi, co­minciano a re­tro­cedere, strisciando lentamente. Ma sentono un mia­golio: “Sa­rà un gattino”. Si fer­mano tutti, ad orecchie tese. Non sentono nulla. Il vigile del fuoco nella posizione più avanzata, nella zona di fronte alla sel­leria di Carlo (Ciarabelli), lo sente di nuovo ma più flebile. “Si è allontanato”, commenta. Poi lo sentono anche gli altri. “È solo un gatto. Sarà bene andare a dormire per riposarci”, suggeriscono da dentro il pertugio. “Il gatto si salverà da solo …” mormora uno più stan­co degli altri. Lo Ziro (Renato Monini) azzarda: “Tanto ci siamo, po­tre­ mmo scavare un altro po’. Il gatto si salverà da solo … ma se non è un gatto?”. “Potrebbe essere un la­mento”, obietta un al­tro. Il tenente – uno del Nord – che è in piedi fuori della galleria, ama gli ani­

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mali: “Togliamoci il pensiero, proviamo ad andare avanti per un altro po’”. I più sono d’accordo: “Andiamo a vedere … an­che se si salva un gatto …”. “Ormai andiamo a vedere”, concordano tutti. “Non dobbiamo avere il peso sulla coscienza, se domani ci troviamo un cadavere …” commenta lo Ziro. “Se poi troviamo un gatto, lo mettiamo in una stia e lo teniamo per ricordo!”, aggiunge. Di nuovo si sente distintamente una specie di la­mento. Tutti riprendono il lavoro con frenesia: nessuno ormai se la sente di desistere dalla ri­cerca. Dopo qualche minuto, dall’estremità interna del cunicolo il primo vigile esclama: “È una fiolina!” La liberano. Alla luce delle pile la strisciano, piano piano, di mano in mano. Quando, dopo diversi minuti, riescono a portarla fuori ci sono scene di commozione generale. Passa di braccia in braccia; chi le dà un bacio da una parte, chi dall’altra. Tutti piangono di gioia. Vampate di pel­le accapponata per tutto il corpo sublimano il fred­do delle divise zuppe d’acqua; sciolgono la stan­chezza e la tensione. Lei è tutta calcinata, con un dito di polvere dap­pertutto. Piagnucola. I calcinacci le si sono appiccicati sulla faccia. Provvedono dell’acqua. Le la­vano gli occhi e poi il viso. “Mamma … ho sete”, dice la bambina. È una biondina riccia: la mamma cercava di fare dei riccioli con bigodini di carta sui suoi capelli molto sottili, ma l’Adriana non gra­diva per nulla quella tortura. Riesce a stare in pie­di. Lo Ziro crede che sia la fiolina di Simonuc­ ci, il professore di matematica dove era andato a lezione. Tutti sollevati, quasi euforici nonostante le decine di morti nei dintorni, vanno a dormire nella sala del consiglio comunale, con una coperta per terra. Sono passate le due di notte”51. Quella fiolina appena cavata è l’Adriana,

Nero Fratta la figlia della Maria (Bebi), sepolta lì vicino. La posano su un tavolo im­provvisato sotto l’arco di Via Man­cini. A Da­vide Lupattelli, il medico che controlla il suo stato, la bambina chiede un goccio di vin­santo. Lello (Simonucci) la benda per evitarle dan­ni agli occhi per la luce delle torce. È ferita ad una mano. “Il ditino!”, si lamenta. Sanguina dal busto e da una spalla. Si addormenta. La sua urina è piena di sabbia. Durante la permanenza sotto le macerie è stata assopita per la maggior parte del tempo: non ricorderà nient’altro; in particolare nessun rumore. Di quando è stata tirata fuori ricorderà un chiarore su un androne scuro, lungo; una tavola sorretta da due o tre cavalletti; qualche candela accesa. La portano a casa dell’Andella e Federico (Cerrini), che l’accolgono come la figlia che hanno invano desiderato. Per tanto tempo, ogni volta che sentirà gli aerei, il babbo sarà costretto a scuoterla vigorosamente per calmarla. Non cercherà di ricordare, né gradirà as­si­stere ai racconti successivi. Saprà di essere ri­ma­ sta seppellita sotto una delle case colpite dalle bom­be nel vicolo di San Giovanni, dove l’aveva fatta riparare la Cesira che la stava accompagnan­do dalle monache, dopo essere uscite dal forno del nonno Quadrio, verso il ponte. Le racconteranno che accanto a loro ci sono stati dei morti; che chiamava spesso la mamma; che la Cesira cercava di tranquillizzarla: ‘Zitta cocca … zitta cocca … ‘ché a mo’ viene la mamma”. Renato Monini ha cercato per una vita Adriana Fileni “quel bam­bolotto con i riccioli biondi e gli occhi impastati di polvere”. Si sono ritrovati nel 2004, dopo sessant’anni, ed hanno pianto insieme. Mario Tosti


Cronaca

INCIDENTE FERROVIARIO DI MONTECASTELLI: PARLA IL CAPOTRENO CAVALAGLIO

L'8 aprile scorso è avvenuto il deragliamento presso Montecastelli di un treno di Umbria Mobilità. Il fatto ha destato preoccupazione nell'opinione pubblica. Per capire la dinamica di quel girono abbiamo intervistato uno dei testimoni diretti dell'evento: il capotreno Viviano Cavalaglio. Quale ruolo professionale svolge? «Ho cominciato a lavorare in ferrovia come manovale di stazione, successivamente presa l’abilitazione come manovratore ho cominciato a salire sui treni come conduttore e, infine ricopro a tutt’oggi il ruolo di Capotreno, ovvero, colui che prima della partenza si procura i documenti di viaggio, coadiuva il macchinista nella prova del freno, controlla la regolarità del convoglio e provvede all’incarrozzamento dei viaggiatori». È sempre difficile e doloroso ricordare eventi negativi. Ma come si ricorda il fatto tragico? Come la sequenza di un film, per immagini solate, per particolari? «Il mio ricordo sull’accaduto è essenzialmente legato ai particolari di quella mattina: mi ricordo esattamente il riflesso del faro su ciò che ostacolava la linea ferroviaria, i

visi dei passeggeri ( per la maggior parte donne), i frammenti di un finestrino che, appoggiati sull’erba dopo l’urto, riflettevano il terreno e il cielo».Quando c’è stato il deragliamento dove si trovava e si era accorto dei qualcosa?«L’istinto che qualcosa non andava, alla vista dello strano riflesso del faro sulle rotaie, mi ha portato ad uscire dalla cabina di guida, sedermi sul primo sedile dietro il macchinista ed urlare qualcosa ai passeggeri per rassicurarli». Subito dopo l’evento, qual è stata la sua prima reazione e che cosa ha fatto? Ci sono dei protocolli da rispettare?«Subito dopo l’assestamento della vettura ho guardato se tra i passeggeri s’era qualche situazione grave e poi, ho preso il mio telefonino per mettere in moto i soccorsi. Si, in qualità di addetto di primo soccorso i protocolli prevedono che sia il capotreno a mobilitare i soccorsi, i vigili del fuoco e le forze dell’ordine in base alla gravità della situazione». L’intervento immediato del personale addetto su che cosa ha puntato?«Devo sottolineare che la celerità dei soccorsi è stata fondamentale, tempestiva e professionale! Anche perché le condizioni in

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cui l’automotrice si era fermata non permetteva un facile accesso e i movimenti , al suo interno, erano difficoltosi. Ci basti pensare che gli stessi vigili del fuoco hanno dovuto trovare un saldo appiglio per corde e scale affinché potessero far uscire i passeggeri dal treno».Con l’aiuto, inoltre, di una signora tra i passeggeri , che lavora come infermiera presso la Asl di Perugia, del personale del 118 di Umbertide e con l’estrema calma siamo riusciti a far uscire anche i passeggeri con maggiori difficoltà». Nei giorni precedenti il fatto, avevate notato qualcosa di particolare o singolare sulla linea ferroviaria? «Sinceramente no, tutto sembrava nella norma». Per mettere in sicurezza definitivamente la linea quali interventi sarebbero necessari? «Ci sono vari aspetti che caratterizzano la linea ferroviaria: il massicciato o se vogliamo il binario che viste le caratteristiche morfologiche del territorio, avrebbe bisogno di continue manutenzioni. (in temine tecnico, livellamento); mentre un problema ben più ampio lo ricoprono le strutture come ponti e gallerie che risentono del peso degli anni. Basti pensare che la galleria tra Perugia e Ponte San Giovanni ha compiuto ben un secolo di vita». Ha avuto altre esperienze del genere? Con quale atteggiamento si torna al lavoro dopo il trauma? «Fortunatamente un episodio come quello del deragliamento dell’8 Aprile non mi era mai capitato. Mentre altri incidenti con automezzi e persone coinvolte, purtroppo si.Tornerò al lavoro con la speranza che certi fatti non riaccadano più, ma sono cosciente che il tutto è imprevedibile, anche se, con maggiori investimenti sulla sicurezza di un servizio pubblico come quello in cui lavoro, si potrebbero ridurre molte problematiche». Ilaria Cavalagio

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Alto Tevere

«CRISI, SITUAZIONE GRAVISSIMA»

Grido di allarme di Confindustria Lucchetti: «Siamo vicini al collasso» CITTÀ DI CASTELLO -È «gravissima» la situazione per le aziende dell' Alta Valle del Tevere. A dirlo è Fiorenzo Luchetti, presidente della sezione Alta Valle del Tevere di Confindustria Perugia. Il territorio altotiberino sta vivendo la stessa situazione, dal punto di vista economicoproduttivo, di altri distretti manufatturieri italiani e, come questi, rischia di perdere «un patrimonio di artigianalità e capacità produttive costruito in decenni di lavoro dal quale sono nate imprese importanti». Luchetti ha spiegato la drammatica situazione che l'Alto Tevere sta vivendo in una riunione con gli imprenditori del consiglio direttivo territoriale. «Il manifatturiero è il nostro petrolio, la nostra materia prima, la nostra ricchezza, l'unico nostro vero patrimonio in grado di produrre lavoro e benessere - dice Luchetti - Questo patrimonio si sta sfaldando con una rapidità vertiginosa senza che nessuno sembri volere fare qualcosa per impedirlo. Ma siamo soli - continua - e invece, siccome la situazione è davvero molto grave,

ci vorrebbe che il sistema fatto di imprese, cittadini, istituzioni, associazioni di categoria, sindacati dei lavoratori fosse compatto». «Siamo vicini al collasso - aggiunge Luchetti - non per creare allarmismo, ma perché è la realtà. Gli ordini non arrivano, i pagamenti della pubblica amministrazione rimangono un'incertezza, la situazione politica è bloccata, manca un governo, le notizie che ci arrivano ogni giorno aggiungono solo ulteriori preoccupazioni». E quelle poche imprese che potrebbero investire sono bloccate dall'incertezza del futuro e dai rallentamenti burocratici. «Ci vorrà molto tempo - continua - per ricostruire il tessuto di piccole e piccolissime imprese che rappresentano il fattore di forza e competitività delle nostre imprese più strutturate che competono sui mercati internazionali». Gli imprenditori non vogliano lamentarsi, né lanciare accuse, ma sperano di essere ascoltati e di ricevere dal mondo politico, anche locale, risposte rassicuranti e concrete. «Pur nella gravità della condizione

in cui si trovano ad operare - prosegue Luchetti - gli imprenditori dell' Alta Valle del Tevere non si arrendono e continuano a fare innovazione, a investire nella produzione, si mettono in rete per cercare nuovi mercati, portando avanti ad esempio le reti dell'agromeccanica e dell'automotive, vanno a visitare le scuole per raccontare ai giovani come funziona un'azienda e per convincerli che ci sono ancora mestieri che vale la pena di non abbandonare». «Cerchiamo - conclude - di preservare lo spirito che caratterizza l'essere imprenditore e guardiamo con ammirazione ad aziende che, come la tipografia Pliniana di Selci, hanno raggiunto il prestigio so traguardo dei cento anni. Con la segreta speranza che anche le aziende che abbiamo fondato o visto crescere possano arrivare così lontano». Mirna Ventanni Pubblicato ne "Il giornale dell'Umbria" del 11.04.2013. Si ringrazia per la concessione


Il Cittadino Parlante

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L'UFFICIO POSTALE DI UMBERTIDE

a che cos'ha l'Ufficio Postale di Umbertide di diverso rispetto agli altri uffici? Me lo sto chiedendo da tempo e, al di là di personali ipotesi, sinceramente non riesco davvero a capire come facciano a creare attese agli sportelli, fuori da ogni più creativa immaginazione. Pochi giorni fa, hanno davvero raggiunto il top. Mi hanno cercata più volte sul mio cellulare. Non conoscevo il numero di telefono così ho deciso di richiamare per capire chi fosse. Bene! Mi risponde un impiegato postale, invitandomi a presentarmi (previo appuntamento) presso il loro ufficio per AGGIORNARE I MIEI DATI ANAGRAFICI. Sono rimasta stupita di ciò, ma nell'incertezza ci sono andata. Ho atteso fuori dall'ufficio (in piedi) per più di un'ora. Poi innervosita dal fatto che ci ero andata dietro loro richiesta e su appuntamento ho iniziato a mostrare un certo nervosismo. Ho mostrato il mio disappunto sia all'impiegata che al "responsabile commerciale", il quale ci ha fatto una risatina. Una volta entrata nell'ufficio, dopo un'ora e un quarto, ho chiesto perchè aggiornare i dati anagrafici, c'era forse una scadenza? Ebbene! Con una scusa banale hanno cercato di darmi una spiegazione. In realtà, subito dopo, ho intuito il vero motivo per cui ero stata invitata a presentarmi nel loro ufficio. CON L'INGANNO, si perchè il vero motivo era propormi un loro prodotto finanziario. Mi viene espressamente detto: «ma lei lavora nel pubblico impiego vero?...Perchè sa, noi possiamo proporle...» E qui mi fermo altrimenti mi sale la rabbia, per il tempo perso e per essere stata raggirata così spudoratamente. Rosa L. Una del pubblico impiego

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BOLLETTA DELL'ACQUA "SALATA"

aro Direttore, sono una vostra non più giovanissima lettrice che ha deciso di rivolgersi a voi dopo aver ricevuto una bolletta dell'acqua incomprensibile e spropositata. Premetto che ho sempre pagato tutte le bollette regolarmente, l'ultima a novembre 2012 di circa 70 euro, con 44 mc consumati e 122 giorni di consumo. Mentre alla fine di marzo mi sono vista recapitare una bolletta di quasi 500 euro, per più di 320 mc e 498 giorni addebitati. Ma stiamo scherzando? Sono andata a protestare all'ufficio di riferimento ma mi hanno detto che non c'erano errori e che il massimo che potevano fare era rateizzarmi l'importo. Ho fatto anche fare una verifica ad un tecnico per verificare eventuali guasti o perdite ma è risultato tutto a posto. Ora spero di riuscire a risolvere in qualche modo quello che secondo me è assolutamente uno sbaglio della società che gestisce il servizio, anche perchè quando mi sono recata all'ufficio della società ho notato con dispiacere che non ero l'unica persona a protestare per cifre esagerate delle bollette. Possibile che non ci sia nulla da fare oltre che pagare? Lettera Firmata

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Mensile gratuito di informazione - Autorizzazione del Tribunale di Perugia n. 27 del 01/10/2008 - Direttore responsabile Giovanni Codovini - Stampa Digital Editor S.r.l.

CALCIO DILETTANTISTICO E PROFESSIONISTICO. Due mondi diversi a confronto L’occasione è la pubblicazione del libro di Federico Sciurpa -“Venti pezzi da cento, Perugia-Arezzo origini di una rivalità” (Edimond, 13 euro, del quale parleremo il prossimo numero) - e la relativa presentazione nel convegno di Umbertide, organizzato dal Gruppo giornalisti umbertidesi. Il tema: il rapporto tra calcio dilettantistico e professionistico. Con una subordinata: come deve agire ed essere il calcio dilettantistico. Due mondi contigui e diversi. Nel calcio, come in tutte le altre discipline sportive, dilettantismo e professionismo rappresentano due mondi contigui, intersecati, sovrapposti, ma profondamente diversi. Altro è il concetto di professionalità, che significa fare le cose con serietà, competenza, motivazione, e che deve caratterizzare entrambe le dimensioni sportive. Eppure non può esserci una separazione netta. Un atleta, come una società, può passare dal dilettantismo al professionismo e viceversa. Ancora: i professionisti praticano l’attività sportiva in modo esclusivo e vengono per questo retribuiti, più pre-

cisamente contrattualizzati. In tal senso possono esserci professionisti anche tra i dilettanti, ma dovrebbero essere rispettate le regole contrattuali ed i relativi oneri economici. Non è invece sana la prassi, diffusissima, di professionisti “in nero” tra i dilettanti. Una differenza culturale.

La differenza tra i due mondi è prima di tutto culturale: si identifica così in valori, obiettivi, modalità operative diverse. Nel professionismo prevale la dimensione economica, l’aspetto commerciale e mediatico, l’esclusività dell’impegno, la ricerca della performance, l’organizzazione specialistica delle attività di allenamento.

Una società dilettantistica di norma nasce ed opera su presupposti diversi: la rappresentanza di una comunità (paese, quartiere, amici ….) il desiderio di aggregazione e di pratica sportiva, uno scopo sociale, un obiettivo formativo, la passione, un impegno non totalizzante, una metodologia di lavoro professionale ma realisticamente legata alle condizioni operative date. L’aspetto economico. Dunque il problema non è, come molti dicono, ridimensionare l’espressione dello sport dilettantistico, ma recuperare il senso del “dilettantismo”. Ad esempio, per i dilettanti il fine di lucro non può essere dominante. Ciò detto, aggiungo che riconoscere rimborsi economici, nel rispetto delle regole, è giusto. Il problema non è nella eticità dei rimborsi, è semmai nella moralità di cifre esorbitanti e soprattutto come reperire le risorse necessarie. Risposta: non certo con imbrogli. Meglio incentivare fiscalmente i contributi alle società sportive dilettantistiche a fronte di regole precise nella gestione economica delle stesse. Privato e pubblico. Professionistiche o


dilettantistiche, pur con forme diverse le società sportive sono pur sempre di natura privata. Dunque anche una società dilettantistica, operando con risorse proprie, può fare quello che vuole. Il problema nasce quando la società sportiva gode di contributi pubblici o utilizza gratuitamente impianti pubblici. In questo caso interviene un interesse pubblico alla verifica della conduzione societaria almeno sotto due aspetti: la regolarità e l’equilibrio della gestione economica; la finalità sociale, formativa, rappresentativa della società stessa. Senza questi requisiti una amministrazione pubblica non dovrebbe impegnare risorse della collettività. Sarebbe una azione puramente clientelare dal punto di vista politico e contestabile dal punto di vista della legittimità erariale. Alcune proposte. Il movimento sportivo dilettantistico, non solo calcistico, ha un impatto enorme nelle dinamiche sociali. Occorre considerarlo per tutta l’importanza che riveste, ma combattendo, a partire dal suo interno, quelle degenerazioni che ne stravolgono il senso, le finalità, la bellezza. Anche in questo caso ci vuole il coraggio e la responsabilità dei veri riformatori. Proviamo allora ad individuare alcune

proposte sulle quali approfondire un confronto utile a valorizzare l’impegno e la cultura dilettantistica (anche uscendo dal mondo del calcio). - Rivendicare un principio di solidarietà tra calcio (sport) professionistico e calcio dilettantistico, in particolare sul piano economico, mettendo a disposizione una parte delle ingenti risorse che muovono il primo in favore del secondo, e soprattutto dei settori giovanili. - Riscrivere regole precise per la gestione delle società dilettantistiche e prevedere seri controlli, di cui ogni Federazione, trasparente nella sua stessa azione, deve farsi promotore e garante. - Recuperare una dimensione rappresentativa delle società sportive dilettantistiche, che non dovrebbero appartenere ad un “presidente”, ma ad un gruppo di soci (azionariato popolare), restituendo peso alle regole statutarie. - Applicare una gestione contabile corretta e trasparente, a tutela dei soci e della stessa esistenza della società sportiva .- Valorizzare i giovani eliminando l’obbligo di far giocare “sotto quota”. Non è una contraddizione. Significa piuttosto dare spazio ai ragazzi che meritano, su-

perando di fatto il mercato delle illusioni, le costanti forzature tecniche, pretese economiche assolutamente diseducative. Potremmo invece pensare ad un campionato veramente dedicato alla promozione dei giovani (ad esempio l’interregionale), con l’obbligo di far giocare 8 sotto quota (3 “chiocce” sono sempre utili, e si riscopre in tal modo l’importanza del trasferimento d’esperienza), facendo di questo torneo un ponte di passaggio verso la dimensione professionistica. Tutto sarebbe più coerente: la costruzione delle squadre, la gestione della formazione, il percorso sportivo del ragazzo calciatore. - Investire sulla formazione degli allenatori e dei dirigenti. E’ sulla competenza che occorre fondare la nuova stagione di uno sport dilettantistico serio. Dirigenti e tecnici sono coloro che debbono guidare questa nuova fase. Non possiamo mettere un pulman nelle mani di persone che non conoscono le strade, o, peggio ancora, non sanno guidare. Stefano Conti

CANI E STARNE AL VI TROFEO CITTÀ DI UMBERTIDE Grande partecipazione alla seconda prova del 6° Trofeo Città di Umbertide, gara di caccia pratica per cani da ferma su starne e pernici senza abbattimento, a scopo di ripopolamento, disputatasi domenica 07 aprile sul territorio del Comune di Umbertide. Il trofeo, giunto alla sesta edizione, è organizzato dalla Sezione di Umbertide della F.I.D.C. tramite il gruppo di gestione della Z.A.C. intitolata all’indimenticato Francesco Corbucci e si articola in quattro prove delle quali le prossime si svolgeranno il 7 e 28 luglio prossimi.

Nonostante il periodo di pesante crisi, e le tante manifestazioni che si svolgono settimanalmente sul territorio regionale, circa 80 cani delle razze inglesi e continentali, divisi in quattro batterie, si sono confrontati agli ordini dei giudici di gara Signori Finocchi, Mariucci e della Signora Orietta Agostini Girelli. Le batterie disputate dai cani di razza inglese sono state vinte da Pedro, setter inglese, condotto dal giovane Lorenzo Filippetti, Blu, setter inglese, condotto da Francesco Rossi, Cleopatra, Setter inglese, condotta da Michael Ma-

riucci mentre quella dedicata ai cani continentali è stata vinta da Roy, Kurzhaar, condotto dal Signor Procacci. Questo successo di partecipazione conferma la buona organizzazione del gruppo che opera nel territorio umbertidese ed è la riprova che questo tipo di manifestazione e l’attività cinofila in genere, soprattutto a livello amatoriale, riescono ancora ad aggregare tante persone che in compagnia dei loro ausiliari interpretano il giusto spirito della competizione e condividono belle giornate immersi nella natura. L’attività del gruppo di gestione della F.I.D.C. non si esaurisce con il “Trofeo Città di Umbertide”. Il 21 aprile 2013 si disputerà il “6° Trofeo Francesco Corbucci”, prova di caccia pratica senza abbattimento in memoria appunto di Francesco Corbucci, il giovane prematuramente scomparso nel 2007, socio Ferdercaccia e grande appassionato di caccia e cani che ancora oggi viene ricordato con grande affetto e commozione dai tanti amici e conoscenti. Francesco Corbucci


I GRANDI NUOTATORI! "FIODENA SWIM TEAM" Fiodena Swim Team – si legge con l’accento sulla e - è il tormentone che da un po’ di tempo a questa parte ha preso piede all’interno della piscina di Umbertide (PG). C’è chi dice che sia un team di grandi nuotatori, chi di ex campioni olimpionici, chi invece pensa che sia tutta una messa in scena organizzata solo a scopi pubblicitari. Ma la realtà è ben diversa: il Fiodena Swim Team (F.S.T.) è il nome scelto da un gruppo crescente di amici, che due o tre volte la settimana si ritrova in acqua per fare quattro vasche in compagnia. Tutto qua, niente di più. La scelta del nome Fiodena Swim Team può suonare strana e inusuale ai molti. Per chi ricerchi un significato serio, potremmo fargli credere che sia l’acronimo di Federazione Italiana Olimpica Degli Eroici Nuotatori Anti-Agonistici. L’origine vera del nome la teniamo per noi, a tutela delle nostre mamme, che non né andrebbero così fiere! “Chiunque può essere un Fiodena” è lo slogan dei ragazzi e delle ragazze che ne fanno parte, poiché il F.S.T. è aperto a tutti quelli che amano il nuoto e la buona compagnia. Gli appuntamenti in acqua ufficiali del team sono: mercoledì e venerdì ore 19:30 circa. Tra i fondatori di questo gruppo – che non è né un’associazione sportiva né tantomeno un team agonistico con l’intento di gareggiare – si annoverano: Matteo Mariucci (presidente), Marco Tosti (presidente onorario), Marco Milli (responsabile commerciale), Giacomo Biondi (pubbliche relazioni), Marco Fedeli (area marketing), Daniele Cecchetti (respon-

sabile tecnico), Giacomo Carlesi (area gestione rischi), Tommaso Maria Guerri (area creativa), Carlo Procacci e (area reclutamento giovani leve), Vittorio Mariucci (area reclutamento master) e Alessio Capoccetti (rapporti internazionali). Tutti quindi possono entrare a farne parte, basta semplicemente connettersi a facebook, cercare Fiodena Swim Team, unirsi al gruppo … e il gioco è fatto! Una carica è pronta per ognuno. Tutto qua. Niente moduli, tessere o quote d’iscrizione, basta un click.

Chi volesse può anche munirsi di abbigliamento targato F.S.T. dato che sono disponibili felpe e magliette (ordinabili sempre tramite facebook). Il team è appena nato, ma sta crescendo e sempre più persone entrano o chiedono di farne parte, cosa che rende più stimolante e divertente l’attività natatoria stessa. Che cosa aggiungere? In culo alla balena Fiodena Swim Team! Sperando che suddetto cetaceo non…. A cura del Fiodena Swim Team e della Redazione

Umbertide Tel. /Fax 075 941 1737 Cell. 339 7011758 Via della Repubblica, 13(PG) -


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