Holzwege

Page 1



Questo catalogo è stato realizzato in occasione della mostra

Dieses Katalog erscheint anlässlich der Ausstellung Holzwege Sentieri erranti Arte svizzera dalla collezione della Mobiliare Museo Cantonale d’Arte, Lugano 26.5–19.8.2012



3 Marco Franciolli Direttore/Direktor Museo Cantonale d’Arte

Il tema del collezionismo privato e d’impresa è oggetto d’indagine ricorrente nella programmazione espositiva dei musei, istituti per loro natura deputati alla conservazione, allo studio e all’incremento del patrimonio artistico. Fondamentale per i musei di oggi, radicati nella complessità del presente, interrogarsi sul senso e sulle modalità di sviluppo delle raccolte d’arte private, indagando i processi di formazione e le scelte culturali che soggiacciono ad ogni singola collezione. Riunire le opere di determinati artisti per costituire un insieme coerente in grado di esprimerne i valori estetici e curatoriali richiede coerenza e rigore nelle strategie d’acquisizione uniti a una definizione chiara degli obiettivi: è questo il caso della collezione d’arte svizzera della Mobiliare. Il Museo Cantonale d’Arte è particolarmente lieto di poter presentare un’ampia selezione di opere da questa importante raccolta che permette di offrire al pubblico a Sud delle Alpi un interessante compendio dell’arte svizzera e dei suoi protagonisti, soprattutto per quanto riguarda le ricerche degli ultimi decenni. Desidero ringraziare la Mobiliare e in particolare il suo CEO, Markus Hongler, per aver voluto organizzare questa esposizione presso il Museo Cantonale d’Arte concedendo le opere in prestito e sostenendo attivamente il nostro progetto espositivo. Con questa iniziativa la Mobiliare ha dimostrato, una volta ancora, sensibilità e attenzione alla complementarietà del collezionismo di impresa con le istituzioni museali e le raccolte pubbliche. Liselotte Wirth Schnöller ripercorre nel suo testo in catalogo le tappe salienti della storia e dello sviluppo della Collezione, evidenziandone le figure principali e le opere più significative, viste attraverso il suo sguardo di curatrice. A lei desidero esprimere la mia viva gratitudine per il contributo critico e per la collaborazione nell’ambito della preparazione della mostra. Infine ringrazio Elio Schenini, curatore dell’esposizione e del catalogo, e tutto lo staff del Museo per l’impegno profuso in questo progetto.

Die Begriffe Privat- und Firmensammlung sind Gegenstand immer wiederkehrender Untersuchungen im Rahmen der Ausstellungsplanung seitens der Museen, ihrer Natur nach Institutionen, deren Aufgabe die Erhaltung, die Erforschung und der Ausbau unserer Künste ist. Besonders wichtig für die Museen von heute ist es, sich angesichts unserer komplexen gegenwärtigen Zeiten nach dem Sinn und der Art und Weise einer Entwicklung der privaten Kunstsammlungen zu fragen, indem man sich Gedanken über Zustandekommen und gesellschaftlichen Tendenzen, denen die einzelne Sammlung unterliegt, macht. Die Werke bestimmter Künstler zu vereinen, um ein kohärentes Ganzes zu schaffen, das die ästhetischen und kuratorischen Werte vermittelt, erfordert konsequente, präzise Erwerbsstrategien und klar definierte Ziele: bei der Sammlung Schweizerischer Kunst der Mobiliar ist dies der Fall. Das Kantonale Kunstmuseum freut sich sehr darüber, eine umfangreiche Auswahl an Werken dieser bedeutenden Sammlung präsentieren zu dürfen, wodurch es möglich wird dem Publikum südlich der Alpen ein interessantes Kompendium Schweizerischer Kunst und ihrer Vertreter, insbesondere mit Augenmerk auf die letzten Jahrzehnte, anzubieten. Ich möchte der Mobiliar und besonders deren CEO, Markus Hongler, für die Ermöglichung dieser Ausstellung im Kantonalen Kunstmuseum durch die leihweise Zurverfügungstellung der Werke und für die tatkräftige Unterstützung unseres Ausstellungsprojekts danken. Mit dieser Initiative hat die Mobiliar - wie schon mehrmals - gezeigt, dass sie mit viel Feingefühl und Aufmerksamkeit im Sinne des komplementären Charakters der Firmensammlungen zu Museumseinrichtungen und öffentliche Sammlungen zu wirken weiss. Liselotte Wirth Schnöller beschreibt in ihrem Katalogbeitrag die wichtigen Etappen der Geschichte und Entwicklung der Sammlung, hebt die Hauptfiguren und bedeutendsten Werke hervor, so wie ihr diese aus der Sicht als Kuratorin erscheinen. Ihr möchte ich meinen allerherzlichsten Dank für den kritischen Beitrag und die Zusammenarbeit im Rahmen der Ausstellungsvorbereitungen aussprechen. Schliesslich bedanke ich mich auch bei Elio Schenini, Kurator der Ausstellung und des Katalogs, und bei allen Museumsangestellten für ihren Einsatz bei diesem Projekt.


4 La polizza assicurativa è una promessa proiettata nel futuro: i prodotti della nostra azienda, di fatto, non sono visibili. Quello che la clientela vede sono i collaboratori, il consulente, la pubblicità con gli schizzi dei sinistri e i documenti che sanciscono la promessa di indennizzo. Attraverso strategie mirate di comunicazione e grazie al modo in cui plasmiamo il nostro ambiente possiamo inoltre trasmettere valori per noi significativi. Fra questi va annoverata, da oltre un trentennio, la collezione d’arte, che cresce di anno in anno e che occupa un meritato spazio nelle nostre due sedi principali di Berna e Nyon. È la visibilità che permette alle opere d’arte, in primo luogo, di dischiudersi. Possiamo vederle, possiamo in parte, addirittura, percepirle fisicamente, e tramite libere associazioni possiamo riflettere su ciò che rappresentano. Grazie al Museo Cantonale d’Arte di Lugano, dopo oltre dieci anni la collezione della Mobiliare viene di nuovo esposta in una pubblica istituzione. Il curatore Elio Schenini ha esaminato la nostra raccolta e sulla base di motivi e strutture, colori e contenuti ha riunito una scelta di lavori creando dialoghi appassionanti: il concetto alla base del suo operare è illustrato nel catalogo che accompagna la mostra. Insieme a Liselotte Wirth Schnöller, da anni curatrice della collezione, si è impegnato a vagliare gli acquisti effettuati dopo la nostra ultima pubblicazione nel 2001. Al giornalista culturale Konrad Tobler dobbiamo le biografie degli artisti e al fotografo e artista Dominique Uldry le immagini delle opere. Infine, il mio grazie cordiale va al direttore del Museo Cantonale d’Arte di Lugano, Marco Franciolli, che per tutta l’estate ha ospitato al museo la nostra collezione, e a tutti coloro che dietro le quinte si sono adoperati per la riuscita dell’esposizione e del volume. Questo libro tratta di artiste, di artisti e delle loro opere, che ammiriamo quali prodotti unici dei loro creatori e che rendiamo accessibili al pubblico. Il ringraziamento più sentito, in questa mia prefazione, va dunque agli artisti stessi. La decisione di dedicare la vita all’arte li espone, da un punto di vista assicurativo, a un grosso rischio, perché non possono avere la certezza di essere presi in considerazione da chi promuove la cultura o di essere scoperti dal mercato dell’arte. Quale maggior assicuratore svizzero di cose siamo dunque fieri di poter dare ad alcuni di loro un sostegno durevole. La Mobiliare manterrà tale impegno, e in quanto Società Cooperativa con cuore, sostiene con convinzione personale questo contributo alla società del nostro Paese.

Die Versicherungspolice ist ein Versprechen in die Zukunft, die Produkte unseres Geschäftes sind unsichtbar. Was die Kundinnen und Kunden unserer Gesellschaft sehen, sind die Mitarbeitenden, es ist ihr Kundenberater, ist unsere Werbung mit den Schadenskizzen und sind die Dokumente, welche das versicherungstechnische Versprechen verbürgen. Darüber hinaus können wir Werte, die uns etwas bedeuten, durch gezielte Kommunikationsmassnahmen und durch die Gestaltung unserer Umgebung zum Ausdruck bringen. Zu Letzterem gehört seit über dreissig Jahren die jährlich wachsende Kunstsammlung, welcher wir an unseren beiden Hauptsitzen in Bern und Nyon gebührend Platz einräumen. Kunstwerke erschliessen sich primär durch ihre Sichtbarkeit. Wir können sie sehen und teils sogar physisch wahrnehmen und wir können uns über das Dargestellte in freien Assoziationen Gedanken machen. Dank dem Museo Cantonale d’Arte in Lugano wird die Kunstsammlung der Mobiliar nach über zehn Jahren wieder einmal in einer öffentlichen Institution gezeigt. Der Kurator Elio Schenini hat unsere Sammlung gesichtet und Werke daraus nach Motiven und Strukturen, nach Farben und Inhalten zu spannenden Dialogen zusammengeführt. Im Ausstellungskatalog erläutert er sein Konzept. Zusammen mit der langjährigen Kuratorin der Kunstsammlung, Liselotte Wirth Schnöller, hat er sich für die Aufarbeitung der Ankäufe seit unserer letzten Publikation 2001engagiert. Dem Kulturjournalisten, Konrad Tobler, verdanken wir die Künstlerbiografien und dem Fotograf und Künstler Dominique Uldry die Aufnahmen der Werke. Schliesslich gebührt mein herzlicher Dank dem Direktor des Museo Cantonale d’Arte di Lugano, Marco Franciolli, der unsere Sammlung während des ganzen Sommers in seinem Hause beherbergt, und allen im Hintergrund wirkenden Kräften, die sich für das Gelingen der Ausstellung und des Buches engagiert haben. Dieses Buch handelt von den Künstlerinnen und Künstlern und deren Werke. Wir würdigen diese als individuelle Produkte ihrer Schöpfer und machen sie der Öffentlichkeit zugänglich. Der grösste Dank in meinem Vorwort gilt also den Kunstschaffenden selbst. Mit ihrem Entscheid, ihr Leben der Kunst zu widmen, gehen sie, versicherungstechnisch gesehen, ein grosses Risiko ein, denn sie können nicht damit rechnen, von der Kulturförderung erfasst oder vom Kunstmarkt entdeckt zu werden. Als grösster Sachversicherer der Schweiz, sind wir deshalb stolz, dass wir die Gelegenheit haben, einige Kunstschaffende nachhaltig zu unterstützen. Die Mobiliar wird dieses Engagement aufrecht erhalten. Wir leisten diesen Beitrag an die Gesellschaft unseres Landes als Genossenschaft mit Herz und aus unserer sozialen Verantwortung heraus.

Markus Hongler CEO La Mobiliare Die Mobiliar






9

Elio Schenini

Liselotte Wirth Schnöller

Indice

Inhaltsverzeichnis

Prefazione e ringraziamenti

Vorwort und Dank

Sentieri erranti

Holzwege

12

Tavole

Tafeln

25

Collezionare come atto di insicurezza produttiva

Sammeln als Akt produktiver Verunsicherung

155

Elenco delle opere in mostra

Verzeichnis der ausgestellten Werke

165

Collezione d’arte della Mobiliare Catalogo delle acquisizioni 2000–2012

Kunstsammlung der Mobiliar Werkverzeichnis der Erwerbungen 2000–2012

170

3


Esposizione Ausstellung

Curatore Kurator Elio Schenini Collaboratrice Wissenschaftliche Assistenz Carlotta Rossi Segreteria Sekretariat Mara Massera

Catalogo Katalog

Pubblicazione a cura di Herausgeber Elio Schenini Testi Texte Elio Schenini Liselotte Wirth Schnöller Konrad Tobler

Conservazione e restauro Restauratorische Betreung Franca Franciolli

Redazione Redaktion Elio Schenini Carlotta Rossi Liselotte Wirth

Allestimento Ausstellungsaufbau Mario Cattalani Graziano Gianocca Salvatore Oliverio Christian Riva Juan Ramón Paredes

Traduzioni Übersetzungen Italiano-tedesco/Italienisch-Deutsch Pia Todorovic Redaelli Reist, Lugano Tedesco-italiano/ Deutsch-Italienisch Paola Tedeschi-Pellanda

Trasporti Transporte Kraft E.L.S. AG, Basel

Progetto grafico Grafische Gestaltung Sidi Vanetti

Assicurazione Versicherung Die Mobiliar

Impaginazione Satz Sidi Vanetti Mike Toebbe

Mediazione culturale Kunstvermittlung Benedetta Giorgi Pompilio Ufficio Stampa Presse Benedetta Giorgi Pompilio

Fotolitografia Lithos Prestampa Taiana, Muzzano Stampa Printing Fratelli Roda SA, Taverne Crediti fotografici Fotonachweis Ast & Jakob, Köniz Bernd Borchardt, Berlin Paul F. Talman, Bern Dominique Uldry, Bern © 2012 Museo Cantonale d’Arte, Lugano © 2012 per i testi gli autori fur die Texte bei den Autoren © 2012 per le opere riprodotte: gli artisti für die abgebildeten Werken: die Künstlern Museo Cantonale d’Arte Via Canova 10 6900 Lugano ISBN 978-88-87934-13-7

Si ringraziano Thanks to Marco Ferrari Janine Guntern Liselotte Wirth Schnöller


Elio Schenini

Sentieri erranti

Holzwege


Holz è un’antica parola per dire bosco. Nel bosco [Holz] ci sono sentieri [Wege] che, sovente ricoperti di erbe, si interrompono improvvisamente nel fitto. Si chiamano Holzwege. Ognuno di essi procede per suo conto, ma nel medesimo bosco. L’uno sembra sovente l’altro: ma sembra soltanto. Legnaioli e guardaboschi li conoscono bene. Essi sanno che cosa significa “trovarsi su un sentiero che, interrompendosi, svia” [auf einem Holzweg zu sein].1 Holz lautet ein alter Name für den Wald. Im Holz sind Wege, die meist verwachsen jäh im Unbegangenen aufhören. Sie heissen Holzwege. Jeder verläuft gesondert, aber im selben Wald. Oft scheint es, als glei­ che einer dem andern. Doch es scheint nur so. Holzmacher und Forstleute kennen die Wege. Sie wissen, was es heisst, auf einem Holzweg zu sein.1


13 Con questo breve testo introduttivo Martin Heidegger indicava al lettore la via da seguire per interpretare il titolo che aveva dato a una sua celebre raccolta di saggi pubblicata nel 1950, nella quale figura, tra gli altri, il fondamentale L’origine dell’opera d’arte. Il termine tedesco Holzwege, che non ha corrispettivi nelle altre lingue, nelle edizioni italiane del testo heideggeriano è stato reso da alcuni con Sentieri interrotti, da altri con Sentieri erranti nella selva. Nel loro significato primario, attestato sin dal Medioevo, gli Holzwege, tuttavia, non sono altro che “quei sentieri che iniziano al limitare del bosco e che, mano mano che si inoltrano nel fitto, vanno sempre più perdendosi”; 2 sentieri nati in maniera casuale dal passaggio di legnaioli e cacciatori che si intrecciano e si disperdono apparentemente senza meta nel profondo delle selve, interrompendosi spesso all’improvviso. Propri queste caratteristiche sono all’origine del trasferimento di significato che ha luogo nell’espressione metaforica “auf einem Holzweg zu sein”, il cui significato è “essere su un sentiero che porta fuori strada”. Quello che appare decisivo nell’uso heideggeriano di questo termine che come osservava giustamente Pietro Chiodi è “uno di quei Grundworte, che costituiscono le chiavi di volta ermeneutiche” della sua filosofia, è che “i sentieri vanno errando, ma non si smarriscono“.3 “Sono infatti i sentieri stessi a vagare, e ad appellarsi e dischiudersi—insieme, per gradi, improvvisi—al viandante”.4 Nel loro errare questi sentieri ci conducono nel cuore dell’essere, lo rivelano perdendosi in esso. Se paragoniamo la collezione d’arte della Mobiliare ad un

bosco, ecco che allora possiamo immaginare di attraversarla seguendo i sentieri erranti tracciati dalle associazioni tematiche e formali che si instaurano tra un’opera e l’altra, e che se non alla lettera almeno nello spirito riprendono i percorsi delineati dalle mostre organizzate annualmente dalla curatrice della collezione, Liselotte Wirth, nell’atrio della sede centrale a Berna. Allo stesso modo di un bosco percorso da Holzwege, quest’esposizione che a undici anni da quella promossa dal Kunstmuseum di Berna torna a proporre in un’istituzione pubblica la collezione d’arte della Mobiliare, non si presenta dunque come un tentativo di sistematizzazione unitaria e coerente, ma come una selezione di circa centoventi opere che si offrono al nostro sguardo lungo una serie di percorsi frammentari ed erratici, che sembrano seguire la complessa articolazione degli spazi espostivi del Museo Cantonale d’Arte, rivelando nuove possibilità di lettura e inattese connessioni tra le opere che compongono la raccolta. Le singole sezioni in cui si suddivide la mostra (organizzate sulla base di analogie tematiche o formali) sembrano infatti ogni volta dare avvio a un percorso che poi però inavvertitamente si interrompe, lasciandoci per un attimo spaesati, prima che ci accorgiamo di essere ormai già incamminati su di un altro sentiero. Tuttavia è proprio questa frammentarietà del percorso il modo peculiare con qui questa mostra ci confronta con l’irriducibile varietà di linguaggi, approcci, tendenze, forme espressive, che caratterizzano l’arte del nostro tempo. Chi meglio dell’Holzfäller [Il taglialegna] di Hodler, emblema di questa raccolta, può farci allora da guida lungo questi Holzwege che ci permettono di addentrarci nel bosco

Mit diesem kurzen Einführungstext wies Martin Heidegger dem Leser den Weg zur Interpretation des Titels, den er einer 1950 erschienen berühmten Sammlung von Schriften gegeben hatte, die unter anderem, den grundlegenden Aufsatz Der Ursprung des Kunstwerks enthielt. Das deutsche Wort Holzwege, das keine Entsprechungen in anderen Sprachen hat, wurde in den italienischen Ausgaben des Heideggerschen Textes von einigen Übersetzern mit sentieri interrotti, von anderen mit sentieri erranti nella selva übertragen. In ihrer ursprünglichen, seit dem Mittelalter belegten Bedeutung sind Holzwege aber nichts anderes als „Wege, die am Waldrand beginnen und sich immer mehr im Dickicht verlieren“; 2 Wege, die zufällig von Holzfällern und Jägern geschaffen worden sind, Wege, die sich kreuzen und, scheinbar ohne Ziel, in der Tiefe des Waldes verlieren und oft unvermittelt abbrechen. Gerade auf diesen eben beschriebenen Charakteristiken beruht die Bedeutungsverschiebung in der metaphorischen Redewendung „auf einem Holzweg sein“, das heisst „sich auf einem Weg befinden, der zu keinem Ziel führt“. Entscheidend ist, wie Heidegger diesen Ausdruck verwendet, der wie Pietro Chiodi richtig bemerkt hat „zu den Grundworten gehört, die uns die hermeneutischen Schlüssel“ zu seiner Philosophie in die Hand geben. Heidegger sagt über die Holzwege: „Sie gehen in die Irre. Aber sie verirren sich nicht“.3 Es sind die Wege selbst, die im Wald verlaufen und sich — nach und nach und unvermittelt — an den Wanderer wenden und sich ihm erschliessen“.4 In ihrem Umherirren führen uns diese Wege ins Herz unseres Seins, sie enthüllen es uns und verlieren sich darin.

Wenn wir die Kunstsammlung der Mobiliar mit einem Wald vergleichen, können wir uns vorstellen, sie zu durchqueren, den Holzwegen folgend, die von den thematischen und formalen Assoziationen zwischen den Werken vorgegeben werden. Gleichzeitig nehmen wir damit, wenn nicht wörtlich, so doch im Geiste, die Wege wieder auf, die uns Liselotte Wirth, die Kuratorin der Sammlung in ihren jährlichen Ausstellungen in der Eingangshalle des Hauptsitzes in Bern vorgeschlagen hat. Wie ein von Holzwegen durchzogener Wald will auch diese Ausstellung, die elf Jahre nach jener im Kunstmuseum Bern die Sammlung der Mobiliar wieder in einer öffentlichen Institution zeigt, keine einheitliche, zusammenhängende Sammlung präsentieren. Sie umfasst rund hundertzwanzig Werke, die zwanglos in der komplexen Anlage der Ausstellungsräume im Museo Cantonale d’Arte angeordnet sind. Die einzelnen Sektionen, in die sich die Ausstellung aufgrund thematischer und formaler Analogien unterteilt, scheinen denn auch jedes Mal der Anfang eines Weges zu sein, der dann jäh abbricht und uns einen Augenblick lang verwirrt, bevor wir bemerken, dass wir uns auf einem anderen Weg befinden, der gleich wie der erste zu sein scheint. Doch es scheint nur so. Gerade diese Bruchstückhaftigkeit ist das besondere Kennzeichen, mit der diese Ausstellung uns mit der grossen Vielfalt von Bildsprachen, Ansätzen Tendenzen, Ausdrucksformen der Kunst unserer Zeit konfrontiert. Wer könnte uns also besser als der Holzfäller von Hodler, Symbol der Sammlung, auf diesen Holzwegen begleiten, die uns in den Wald der modernen und zeitgenössischen Schweizer Kunst hineinführen. Und das nicht nur, weil Holzmacher

1

M. Heidegger, Sentieri interrotti, La Nuova Italia, Firenze, 1968, p. 1. (ed. originale: Holzwege, Klostermann, Frankfurt am Main, 1950) 2 Ibidem, p. IX 3 Questi due versi di Heidegger sono citati in M. Heidegger, Holzwege. Sentieri erranti nella selva, a c. di V. Cicero, Bompiani, Milano, 2002, p. XIV. 4 Ibidem, p. XIV.

1 Martin Heidegger. Holzwege, Hermann, Frankfurt am Main, 1950, S. 3 2 M. Heidegger, Sentieri interrotti, La Nuova Italia, Firenze, 1968, S. IX 3 M. Heidegger, Aus der Erfahrung des Denkens, Klostermann, Frankfurt am Main, 1983, S. 91 4 M. Heidegger, Holzwege. Sentieri erranti nella selva. Herausgegeben von V. Cicero, Bompiani, Milano, 2002, S. XIV


14 dell’arte svizzera moderna e contemporanea. E questo non solo perché come ci ricorda Heidegger solo taglialegna e guardaboschi sanno cosa vuol dire “essere su un Holzweg”, ma anche perché quest’opera, realizzata da quello che è unanimemente riconosciuto come il padre dell’arte svizzera moderna, è assurta fin da subito nell’olimpo delle immagini simboliche in cui si incarna il patriottismo elvetico, tanto che ancora recentemente c’è chi ha cercato di sovrapporre a quest’immagine di forza e semplicità rurale l’immagine di una Svizzera nazionalistica e reazionaria. Il dipinto, di cui esistono oltre venti tra varianti e repliche realizzate dallo stesso artista, nasce da una commissione della Banca Nazionale Svizzera, che nel 1908 aveva chiesto a Holder di illustrare le banconote da 50 e da 100 franchi con tematiche che riguardassero il mondo del lavoro e in particolare quello del lavoro agricolo. Costruita sul contrasto tra gli esili tronchi verticali e il possente movimento diagonale della figura che si staglia sul bianco del suolo innevato e di un cielo denso di nuvole, l’opera è anche una dichiarazione di potenza dell’artista, una sorta di orgogliosa rivendicazione del ruolo di rinnovamento che con la sua opera aveva svolto nella scena artistica svizzera. A giustificare ulteriormente il ruolo di incipit che quest’opera assume all’interno della mostra si può ricordare inoltre che è proprio con il suo acquisto da parte della direzione della Mobiliare nel 1939, che è stata posata, seppur in maniera non ancora pienamente consapevole, la prima pietra di quella che è oggi una delle più significative collezioni d’impresa dedicate all‘arte svizzera. Distogliendo lo sguardo dal taglialegna di Hodler ci accor-

giamo nel frattempo di esserci incamminati con lui su di un sentiero errante nel bosco che potremmo aver imboccato nei pressi di una fattoria collocata ai suoi margini, come quella immersa nella calura assonnata di un pomeriggio estivo che Vallotton dipinge nel 1912 con il gusto per la linearità e la superficie tipica dei Nabis, giocando sul forte contrasto tra la luce che inonda la corte e il possente albero in ombra che fa da quinta in primo piano. E ovviamente, trattandosi di Hodler è abbastanza probabile che questo bosco possa essere quello stesso bosco verde e rigoglioso, in parte in ombra e in parte illuminato che, come un fitto arabesco, fa da cornice al fiume Aar nella fotografia di Dominique Uldry. Ma potrebbe essere anche tutt’altro bosco, ad esempio una foresta cupa e misteriosa, nel cui intreccio inestricabile è possibile perdersi e al cui interno sembrano celarsi presenze invisibili e minacciose, simile a quelle che si riflettono in uno specchio d’acqua nero e piatto come una distesa di petrolio nelle monumentali fotografie della foresta amazzonica che Balthasar Burkhard ha scattato navigando lungo il Rio Negro. Se i boschi possono essere dei luoghi minacciosi per l’uomo, oggi è però piuttosto l’uomo a rappresentare una minaccia per gli ecosistemi naturali. A questa minaccia alludono le fotografie della serie Trees older than me, waiting di Ilona Ruegg, nelle quali vecchie piante strappate dalla terra in cui sono cresciute sono costrette a vivere in una sorta di terra di nessuno, di non-luogo, mentre lo loro radici avvolte nella plastica sono collegate da tubi di plastica da cui ricevono l’acqua necessaria alla loro sopravvivenza. Al confine sempre più labile tra naturale e artificiale ci rimandano

und Forstleute, wie uns Heidegger sagt, am besten wissen, was es heisst „auf einem Holzweg zu sein“, sondern auch, weil das Werk Hodlers, der einhellig als Vater der modernen Schweizer Kunst anerkannt ist, sogleich in den Olymp jener symbolischen Bilder aufgenommen wurde, die den Schweizer Patriotismus verkörpern, so sehr, dass noch vor kurzem versucht wurde, über dieses Werk von Kraft und ländlicher Einfachheit das Bild einer nationalistischen und reaktionären Schweiz zu stülpen. Das Werk, von dem Hodler über zwanzig Varianten und Repliken malte, war dem Künstler von der Schweizer Nationalbank in Auftrag gegeben worden. Sie fragte Hodler 1908 an, ob er die 50- und 100-Franken Banknote mit Themen aus der Welt der Arbeit, insbesondere der landwirtschaftlichen Arbeit illustrieren wolle. Aufgebaut auf dem Gegensatz zwischen den dünnen vertikalen Baumstämmen und der mächtigen diagonalen Bewegung der Figur, die sich vom Weiss des schneebedeckten Bodens und von einem wolkenverhangenen Himmel abhebt, spricht aus dem Werk auch die Kraft des Künstlers, eine Art stolzer Anspruch auf die Erneuerungsrolle, die ihm dank seinem Werk in der Schweizer Kunstszene gebührte. Dass das Werk die Ausstellung eröffnet, rechtfertigt sich auch durch die Tatsache, dass es die Direktion der Mobiliar 1939 kaufte und damit, wenn auch noch nicht ganz bewusst, den Grundstein legte zu einer der heute bedeutendsten Sammlungen von Schweizer Kunst im Besitze eines Unternehmens. Wenn wir nun den Blick vom Holzfäller Hodlers abwenden, merken wir, dass wir uns inzwischen auf einem Holzweg im

Wald befinden, den wir in der Nähe eines Bauernhofs am Waldrand betreten haben könnten. Er liegt da in der Gluthitze eines Sommernachmittags, wie im Bild von Vallotton, das er 1912 malte, mit einer Vorliebe für das Lineare und die charakteristische Oberfläche der Nabis, und mit einem starken Kontrast zwischen dem Licht, das den Hof übergiesst und dem mächtigen Baum im Schatten, der als Kulisse des Vordergrunds dient. Und da wir schon bei Hodler sind, ist dieser Wald ziemlich wahrscheinlich das gleiche grüne, üppige Gehölz, teilweise im Schatten und teilweise im Licht, das in der Fotografie von Dominique Uldry wie eine dichte Arabeske den Rahmen zum Fluss Aare bildet. Aber es könnte auch ein ganz anderer Wald sein, zum Beispiel ein dunkler, geheimnisvoller, in dessen undurchdringlichem Geflecht man Gefahr läuft, sich zu verirren. Darin scheinen sich unsichtbare, bedrohliche Wesen zu verbergen, ähnlich denen, die sich in einer schwarzen, flachen Wasseroberfläche spiegeln, die wie ein Ölteppich wirken in dem monumentalen Fotografien des Amazonaswaldes, die Balthasar Burkhard während seiner Fahrt auf dem Rio Negro gemacht hat. Die Wälder können für den Menschen bedrohlich sein, doch heute stellt eher der Mensch eine Bedrohung für die natürlichen Ökosysteme dar. Diese Bedrohung spricht aus den Fotografien der Serie Trees older than me, waiting von Ilona Ruegg, in denen alte, ausgerissene Bäume gezwungen sind, in einer Art Niemandsland, einem Nicht-Ort zu leben. Man hat ihre Wurzeln in Plastik eingepackt und mit Plastikschläuchen verbunden, aus denen ihnen das lebensnotwendige Wasser zufliesst. An die immer labilere Grenze zwischen


15 invece i malinconici rami di betulla immersi in scatole di plastica che nell’ombrosa fotografia di Esther van der Bie sembrano oggetto di misteriosi e inquietanti esperimenti biotecnologici. Nel percorrere questo bosco ci troviamo così a pensare che, se è vero, come è ormai opinione diffusa in questo inizio di millennio, che per scongiurare l’incubo di una catastrofe planetaria il nostro rapporto con la natura deve essere profondamente ripensato, un’indicazione sembra giungerci, almeno simbolicamente, da due opere in apparenza molto diverse tra loro, ma entrambe legate al concetto di metamorfosi: da un lato la delicata elaborazione di materiali organici come legno, carta e grafite di Flavio Paolucci, che trasmuta natura e arte, materia e spirito all’interno di un processo creativo fondato sul loro equilibrio reciproco, dall’altra l’elaborazione al computer di Yves Netzhammer in cui con il consueto spirito immaginifico l’artista ci propone il prototipo di una futuribile fusione di uomini e alberi in un’unica nuova entità. Mentre siamo ancora immersi in queste riflessioni eccoci improvvisamente sbucare in una radura innevata in mezzo al bosco, il cui centro è occupato da un curioso taglialegna: non più la virile figura hodleriana che ci ha accompagnato finora, ma una giovane ragazza in abiti sexy che con atteggiamento provocante stringe tra le mani una motosega. Se questa aggressiva pin-up, incarnata dall’artista Ana Axpe, fa il verso al dipinto di Hodler, mescolando, nel segno della parodia, gli stereotipi che caratterizzano l’identità di genere, un altro personaggio femminile con una scure sulla spalla, interpretato in questo caso da

Marie-Antoinette Chiarenza, mette in discussione lo stato di subalternità che ha caratterizzato la condizione femminile nel corso dei secoli, e riprendendo la posa di Beuys in La rivoluzione siamo noi, dialoga ironicamente con il taglialegna hodleriano chiedendoci provocatoriamente Je suis une femme, pourquoi vous pas? A questo punto appare chiaro che ci troviamo su un altro Holzweg, un Holzweg che si inoltra nei territori della femminilità e del desiderio maschile e lungo il quale possiamo incontrare il Torse de femme nue de dos dipinto da Vallotton nel 1924. Un quadro dove paradossalmente non è tanto la pelle della schiena esposta allo sguardo ad apparire nella propria nudità, ma piuttosto quello del fondoschiena, che appena si intravede sotto il velo sottile di un pareo azzurro che le cinge i fianchi. Al raffinato erotismo di Vallotton si contrappongono le immagini odierne di corpi e volti di donne esposti continuamente al desiderio maschile e all’emulazione femminile per alimentare i meccanismi del consumo, come ci ricordano le modelle di Daniele Buetti, sulla cui epidermide affiorano come tatuaggi in rilievo i marchi di note case di moda. Di fronte a loro possiamo veramente chiederci Do You Live for Yourself or for Others? Pensando alla donna come oggetto non possono non venire in mente a questo punto le immagini della serie Gurtenbrauerei di Chantal Michel, dove, abbigliata in accordo con le tinte di questo spazio industriale, l’artista mette in scena se stessa appesa a testa in giù come se si trattasse di un indumento abbandonato. Appesa anch’essa a testa in giù, ma in questo caso girata verso di noi in un urlo di disperazione, è la figura di una

dem Natürlichen und dem Künstlichen verweisen uns hingegen die melancholischen Birkenzweige in Plastikkisten, die in der von Schatten geprägten Fotografie von Esther van der Bie Objekte geheimnisvoller biotechnologischer Experimente zu sein scheinen. Während wir diesen Wald durchqueren, kreisen unsere Gedanken darum, dass am Anfang unseres Jahrtausends sehr viele der Meinung sind, dass wir unsere Beziehung zur Natur vollkommen neu überdenken müssen, wenn wir den Alptraum einer weltweiten Katastrophe verhindern wollen. In diese Richtung weisen, zumindest symbolisch, zwei Werke, die scheinbar sehr unterschiedlich sind, aber beide mit dem Begriff Metamorphose zu tun haben: Einerseits die delikate Verarbeitung organischer Materialien wie Holz, Papier und Graphit von Flavio Paolucci, der Natur und Kunst, Materie und Geist in einem auf dem gegenseitigen Gleichgewicht gründenden, schöpferischen Prozess verwandelt, andererseits das Computerbild von Yves Netzhammer, in dem er mit der ihm eigenen Vorstellungskraft den Prototyp einer futuristischen Verschmelzung von Menschen und Bäumen in eine einzige neue Einheit darstellt. Während wir noch in diese Gedanken vertieft sind, gelangen wir unverhofft zu einer schneebedeckten Lichtung mitten im Wald, in deren Zentrum ein sonderbarer Holzfäller steht: Nicht mehr die männliche Figur Hodlers, die uns bis hierher begleitet hat, sondern eine junge Frau in sexy Kleidern, die uns provozierend anschaut und eine Motorsäge in Händen hält. Dieses aggressive Pin-up-Girl, verkörpert von der Künstlerin Ana Axpe, äfft das Bild von Hodler nach

und mischt, im Zeichen der Parodie, die Stereotypen, welche die Geschlechtsidentität charakterisieren. Eine andere Frauenfigur, mit einer Axt auf der Schulter, dargestellt von Marie-Antoinette Chiarenza, stellt die Jahrhunderte lange Unterdrückung der Frau in Diskussion und nimmt die Pose von Beuys in Die Revolution sind wir wieder auf. Sie dialogisiert ironisch mit dem Holzfäller von Hodler und entwendet ihm sein Beil: Je suis une femme, pourqoui pas vous? An diesem Punkt wird uns klar, dass wir uns auf einem anderen Holzweg befinden, ein Holzweg, der in die Territorien der Weiblichkeit und der männlichen Lust hinein führt und auf dem wir Torse de femme nue de dos von Vallotton (1924) antreffen können. Ein Bild, in dem paradoxerweise nicht so sehr der dem Blick preisgegebene Rücken nackt wirkt, sondern das Gesäss, das unter dem dünnen Schleier eines hellblauen, die Hüften umhüllenden Pareo durchscheint. Der raffinierten Erotik Vallotons stehen die heutigen Bilder von Frauenkörpern und Gesichtern gegenüber, die den männlichen Blick reizen um das weibliche Konsumverhalten anzutreiben. Das zeigen uns die Fotographien von Fotomodellen von Daniele Buetti, auf deren Haut die Marken bekannter Modehäuser eintätowiert sind. Ihnen gegenüber können wir uns wirklich fragen Do You live for Yourself or for Others? Im Zusammenhang mit der Frau als Objekt fallen einem unweigerlich die Bilder der Serie Gurtenbrauerei von Chantal Michel ein: Passend zu den Farben der industriellen Umgebung gekleidet, setzt sich die Künstlerin wie ein zurückgelassenes Kleidungsstück in Szene. Ebenfalls mit dem Kopf nach unten, aber uns zugedreht, zeigt sich das Mädchen der Serie Playground von Virginie


16 giovane ragazza della serie Playground di Virginie Morillo che con spirito dissacrante e provocatorio rappresenta, con un linguaggio che richiama quello dei Manga giapponesi, i contrasti che attraversano il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza. Un mondo quest’ultimo che viene indagato anche nel video di Marie José Burki, Près d’ici, che si sofferma sui dettagli dell’abbigliamento e del modo di presentarsi di alcune teenager che chiacchierano fra di loro in un parco cittadino. In una società dominata dai simulacri come quella attuale, l’identità è ormai un bene di scambio come un altro sul mercato iperinflazionato della fugace celebrità mediatica, come sembrano ricordarci le fotografie in cui Olaf Breuning ritrae donne dal corpo dipinto di nero e dal volto truccato con gli stessi colori con cui Warhol dipingeva nelle sue celebri tele il volto di Marylin Monroe. Con questa citazione warholiana di Olaf Breuning, siamo approdati, quasi inavvertitamente, su di un nuovo sentiero, dove altri volti ci narrano della disseminazione e della frammentazione dell’Io che ci ha lasciato in eredità la modernità. Una crisi identitaria quella attraversata dal soggetto contemporaneo, che non poteva non riflettersi in un genere tradizionale della storia dell’arte come il ritratto, che per tutta le seconda metà del Novecento ha oscillato tra accentuazione espressiva e fredda oggettività fotografica. Se Rolf Iseli nel ritrarsi come Homme de Saint Romain delimita lo spazio occupato dalla propria ombra con terra, fieno e paglia, dando vita in questo modo a una sagoma senza volto che assomiglia a una maschera ancestrale, nel caso di Luciano Castelli, il ritratto di un personaggio al quale egli

si sentiva legato da una profonda affinità intellettuale come Meret Oppenheim, diventa l’occasione per tradurre, attraverso la fisicità del colore steso direttamente con le dita, la propria empatica identificazione con l’idea di libertà incarnata da questa storica esponente del Surrealismo. Partendo dall’oggettività impersonale di uno scatto fotografico, Franz Gertsch si sofferma invece con delicata e minuziosa acribia ad incidere su grandi tavole di legno i punti di luce dell’immagine che nella monocromia della stampa silografica, convertono il realismo fotografico del ritratto in una sorta di epifania metafisica dell’essere. Anche nel caso di Christian Denzler i ritratti di un ragazzo e di una ragazza appaiono come apparizioni fantasmatiche, come presenze sospese che affiorano quasi impercettibilmente sulla superficie della carta, ma in questo caso sulla loro labile presenza sembra aleggiare l’ombra di una perdita. Pur avvalendosi di un linguaggio pittorico opposto a quello di Rolf Iseli, anche Albrecht Schnider giunge però a una sorta di ritratto in cui il volto non è che una sagoma priva di lineamenti, un contorno vuoto al centro del dipinto. Nel suo caso possiamo addirittura chiederci se non sia unicamente il nostro sguardo a vedere un volto dove non ci sono altro che forme astratte che si sovrappongono sulla superficie della tela. Riflettendo sulla difficoltà di racchiudere il soggetto in un’identità univoca e definitiva, ci accorgiamo di aver smarrito il sentiero che stavamo percorrendo e di essere finiti in quella foresta inestricabile di simboli, segni e forme con le quali l’uomo cerca da sempre di ordinare l’infinita varietà del mondo. Nell’opera di Gianfredo Camesi, simboli

Morillo, das einen Verzweiflungsschrei ausstösst. Auf entweihende, provozierende Art und mit einer Bildsprache, die an jene der japanischen Manga erinnert, setzt es die Kontraste der Kindheit und Jugend in Szene. Dieser Welt geht auch Marie José Burki in ihrem Video Près d’ici auf den Grund, das die Details der Kleidung und die Art sich zu präsentieren einiger Teenager thematisiert, die sich in einem städtischen Park unterhalten. In einer Gesellschaft wie der unseren, die von Trugbildern beherrscht wird, ist die Identität inzwischen ein Tauschartikel wie jeder andere in einem hyperinflationären Markt der flüchtigen, medienwirksamen Berühmtheit. Daran scheinen uns die Fotografien von Olaf Breuning zu erinnern, in denen er Frauen mit schwarz angemaltem Körper porträtiert, deren Gesicht in denselben Farben geschminkt ist, die Warhol in seinen berühmten Bildern für das Gesicht von Marylin Monroe verwendet hat. Mit diesem Warhol-Zitat Olaf Breunings sind wir, fast unmerklich, auf einen neuen Weg gelangt, wo uns andere Gesichter von der Zersplitterung und Fragmentierung des Ichs erzählen, das uns die Moderne als Erbe hinterlassen hat. Die Identitätskrise des heutigen Menschen spiegelt sich unweigerlich in einem traditionellen Genre der Kunst wie dem Porträt, das in der ganzen zweiten Hälfte des 20. Jahrhunderts zwischen starker expressiver Betonung und kalter fotografischer Objektivität geschwankt hat. Rolf Iseli porträtiert sich als Homme de Saint Romain und füllt dabei den Raum seines eigenen Schattens mit Erde, Heu und Stroh aus, so dass eine Gestalt ohne Gesicht, eine Art Ahnenmaske entsteht. Luciano Castelli trägt in seinem Porträt

von Meret Oppenheim, der er sich durch eine tiefe intellektuelle Affinität verbunden fühlte, die Farbe direkt mit den Händen auf und drückt seine eigene empathische Identifizierung mit der Idee von Freiheit aus, die diese historischen Vertreterin des Surrealismus verkörperte. Franz Gertsch geht von der unpersönlichen Objektivität einer Fotografie aus und überträgt mit delikater und minuziöser Akribie die Lichtpunkte des Bildes auf eine grosse Holztafel, wo sie in der Einfarbigkeit des Holzschnittabdrucks den fotografischen Realismus in eine Art metaphysische Offenbarung des Seins verwandeln. Auch die Porträts eines Knaben und eines Mädchens von Christian Denzler wirken geisterhaft und schwebend. Man sieht sie fast nicht auf der Papieroberfläche und über ihrer labilen Präsenz scheint der Schatten eines Verlusts zu wehen. Albrecht Schnider verwendet zwar eine ganz andere malerische Sprache als Rolf Iseli, doch auch in seinem Porträt ist das Gesicht nur ein Umriss ohne Züge, ein leeres Gefäss in der Bildmitte. In seinem Fall können wir uns sogar fragen, ob wir vielleicht ein Gesicht sehen, wo in Wirklichkeit nur abstrakte Formen sind, die sich im Bild überlagern. Beim Nachdenken, wie schwierig es ist einem Subjekt eine eindeutige und endgültige Identität zu geben, bemerken wir, dass wir von unserem Weg abgekommen sind und uns im undurchdringlichen Wald der Symbole Zeichen und Formen verirrt haben, mit denen der Mensch seit jeher versucht, die unendliche Vielfalt der Welt zu ordnen. Im Werk von Gianfredo Camesi mischen sich ikonenhafte Symbole wie Bäume, Häuser, Wolken, Berge mit geometrischen Formen auf der Oberfläche kleiner Granitplatten. Sie nehmen neun Felder


17 iconici, come alberi, case, nuvole, montagne si mescolano a forme geometriche sulla superficie di piccole lastre di granito accostate all’interno di cornici divise in nove scomparti, che come cassette tipografiche contengono le forme ancestrali del suo pensiero. Quelle forme che fin dall’infanzia si sono incise nel profondo dell’anima e che l’artista recupera attraverso una personale Archéologie de la pensée. Per Jean Luc Manz occorre invece rinnovare le basi di quello che è il linguaggio universale che sta alla base della modernità: l’astrazione geometrica. I Signes pour une nouvelle géométrie cercano infatti di rifondarne il vocabolario in maniera ludica, sfuggendo all’eccesso di rigidità dell’arte concreta e aprendosi all’accidentalità dell’esistenza, della tradizione, della sensibilità. Le permutazioni di quadrati e triangoli di Vaclav Pozarek giocano anch’esse con estrema ironia con la tradizione dell’arte concreta, mettendola in relazione con il mondo dell’architettura. Uscendo da questa selva di simboli è di nuovo una radura innevata a introdurci in un nuovo percorso. Nella fotografia di un mucchio di rami ricoperti di neve che si stagliano in primo piano sullo sfondo di un cielo notturno, appartenente alla serie Nur Natur? di Esther van der Bie, ancora una volta è l’ambiguità tra naturale e artificiale l’origine degli interrogativi che l’immagine ci pone. Interrogativi del tutto simili ci vengono posti anche dalle opere di Thomas Flechtner, il quale nella serie Walks (1998-2001) documenta, attraverso delle fotografie realizzate con lunghissimi tempi di esposizione, delle performance da lui stesso realizzate utilizzando degli sci ai quali aveva fissato delle luci. Il risultato di queste esposizioni che possono durare fino a 40 ore sono delle

straordinarie vedute di paesaggi innevati di alta montagna, in cui la regolarità innaturale delle linee sinuose che solcano la superficie del manto nevoso, immerso in una luminosità magica, sembrano essere il prodotto di un misterioso fenomeno naturale. Le linee sinuose tracciate dai movimenti di Flechtner davanti all’obiettivo della macchina fotografica riecheggiano quelle delle dune create dal vento nella fotografia del deserto del Namib di Balthasar Burkhard. Nel bianco e nero vellutato di questa veduta, ancora una volta, troviamo l’immagine maestosa e silente di una natura incontaminata, come nei suoi paesaggi amazzonici o nelle vedute alpine. Indipendentemente dai media utilizzati traspare in queste opere la tendenza a dissolvere il paesaggio in un gioco di colori e forme, ambiguamente sospeso tra rappresentazione e autoreferenzialità, come dimostrano sia il fitto arabesco di linee colorate tracciate con il pennarello da Gerda Steiner che l’estremo contrasto tra le macchie di inchiostro e il bianco del foglio nel paesaggio montano innevato quasi irriconoscibile di Alois Lichtsteiner. Il Blick aus dem Atelier in das winterliche Dorf (1938) di Cuno Amiet, in cui la contrapposizione tra l’esangue e gelido paesaggio esterno e il tepore accogliente dell’interno dell’atelier si traduce nel contrasto cromatico tra il bianco della neve che ricopre i tetti delle case e il verde rigoglioso di vasi di piante e fiori che incorniciano la finestra, ci introduce in un nuovo sentiero. Un sentiero fiorito, dove accanto ad immagini di semplice bellezza convivono il gusto per la sperimentazione linguistica e le riflessioni esistenziali delle vanitas. Un sentiero, dove accanto a un’altra opera di Amiet,

ein, die wie in einem Setzkasten angeordnet sind und die atavistischen Formen von Camesis Gedankenguts enthalten. Es sind Formen, die seit der Kindheit tief in der Seele des Künstlers eingeritzt sind und die er in seiner persönlichen Archéologie de la pensée wieder zu Tage treten lässt. Im Falle von Jean Luc Manz hingegen gilt es, sich die universale Bildsprache in Erinnerung zu rufen, welche die Grundlage der modernen Malerei bildet: die geometrische Abstraktion. Die Signes pour une nouvelle géométrie versuchen, dieses Vokabular spielerisch zu gestalten. Sie entziehen sich so der übertriebenen Strenge der konkreten Kunst und öffnen sich gleichzeitig der Zufälligkeit des Lebens, der Tradition, der Sensibilität. Die Überlagerungen von Quadraten und Dreiecken von Vaclav Pozarek spielen ebenfalls überaus ironisch mit der Tradition der konkreten Kunst und setzen sie in Verbindung mit der Architektur. Wir treten aus diesem Wald von Symbolen hinaus und gelangen nochmals über eine schneebedeckte Lichtung auf einen neuen Weg. Eine Fotografie von Esther van der Bie aus der Serie Nur Natur zeigt uns einen Haufen von Zweigen, auf denen Schnee liegt und die sich gegen den Nachthimmel abheben. Auch hier beruhen die Fragen, die das Bild uns stellt, auf dem Doppelsinn zwischen Natürlichem und Künstlichem. Ganz ähnliche Fragen tauchen bei der Betrachtung der Werke von Thomas Flechtner auf. In seiner Serie Walks (1998-2001) dokumentiert er durch Fotografien mit sehr langen Belichtungszeiten von ihm selbst realisierte Performance, bei denen er mit Skis und Stirnlampe unberührte Schneehänge durchfährt. Das Ergebnis dieser Belichtungen, die bis zu 40 Stunden dauern können, sind

aussergewöhnliche Ansichten von Schneelandschaften in den Bergen. Darin scheint die unnatürliche Regelmässigkeit der gewundenen Linien, die den von einem magischen Licht übergossenen Schneemantel durchfurchen, das Produkt eines geheimnisvollen Naturphänomens zu sein. Die gewundenen Linien, die Flechtner mit seinem Fotoapparat festhält, gleichen den vom Wind geschaffenen Dünen in der Fotografie der namibischen Wüste von Balthasar Burkhard. Im samtenen Schwarz und Weiss dieser Landschaft finden wir das majestätische, schweigende Bild einer unberührten Natur wieder, das Burkhard uns auch in seinen Amazonaslandschaften oder Alpenansichten präsentiert. Unabhängig von der verwendeten Technik spricht aus diesen Werken die Tendenz, die Landschaft in einem Spiel von Farben und Formen aufzulösen, sie doppelsinnig zwischen Darstellung und Selbstbezüglichkeit schweben zu lassen, wie sowohl die dichte Arabeske farbiger, mit dem Filzstift gezogener Linien von Gerda Steiner zeigt als auch der extreme Kontrast zwischen der Druckerschwärze und dem Weiss des Blattes in der fast nicht erkennbaren schneebedeckten Berglandschaft von Alois Lichtsteiner. In Cuno Amiets Blick aus dem Atelier in das winterliche Dorf (1938) setzt sich der Gegensatz zwischen der bleichen, eisigen Landschaft und der behaglichen Wärme des Ateliers in den Farbkontrast zwischen dem Weiss des Schnees auf den Dächern und dem üppigen Grün der Blumentöpfe im Fenster um. Damit gelangen wir auf einen neuen Weg. Ein von Blumen gesäumter Weg, wo neben Bildern einfacher Schönheit die Freude an sprachlichen Experimenten und existentiellen Reflexionen über die Vanitas lebt. Ein Weg, auf


18 la Nature morte aux fleurs (1954), possiamo ammirare ancora una volta la grande maestria pittorica di Vallotton, che si cimenta in questo caso con un lussureggiante piatto di dalie. Subito dopo incrociamo un Pensée di Hans Stalder per il quale le forme semplificate di viole del pensiero o rododendri, dipinti a partire da fotografie tratte da imballaggi per il giardinaggio, diventano il campo in cui sperimentare la semplicità delle forme primarie della percezione; proseguendo troviamo poi le fotografie con cui Cecile Wick cattura la bellezza di rami di alberi in fiore colti nel breve istante di luce prodotto da un lampo che squarcia il buio notturno. All’opposto dei fiori della Wick, che sembrano incastonati come in un intarsio di pietre dure su un compatto fondo nero, il grande giglio bianco di Albrecht Schnider si distende delicato ed etereo sul bianco della superficie in un’immagine di purezza assoluta che ricorda modelli della pittura italiana del Primo Rinascimento e che non nasconde nella sua estrema orizzontalità un chiaro riferimento alla caducità. Nel primo piano ravvicinato dell’Orchidea di Balthasar Burkhard, con i suoi grandi petali bianchi che emergono dal fondo scuro come promesse di estrema voluttà, il fiore diventa invece una delicata immagine di sensualità ed erotismo. Nei grandi disegni a China di Silvia Bächli corolle e gambi disegnano, affidandosi unicamente alle sottili variazioni tonali della China più o meno diluita, delle immagini semplicissime, ma al contempo raffinatissime. Le nature morte floreali di Uwe Wittwer dialogano invece sia con la tradizione della storia dell’arte che con la realtà dell’immagine mediatica, secondo un meccanismo di appropriazione iconografica di impronta postmoderna.

A questa appropriazione si affianca, sul piano stilistico, la trasposizione dei peculiari effetti del linguaggio fotografico e video nelle tecniche tradizionali della pittura a olio e dell’acquerello, ma anche l’utilizzo delle stampe a getto d’inchiostro. Attraverso la riduzione cromatica, le sfumature che annullano la precisa definizione dei contorni, l’uso del negativo e l’accentuazione dei contrasti, Uwe Wittwer rivisita dipinti di artisti del passato come de Hooch o Lippi, facendoci precipitare in un sentiero mutevole e accidentato, dove tutto appare sfocato, inafferrabile, indistinto. Il bosco stesso in cui ci stiamo addentrando sembra a questo punto travolto in un roteare vorticoso da improvvise e fortissime folate di vento come nella fotografia Narbonne II di Dominique Uldry. A dominare questo Holzweg è l’impressione di un emergere e di un dissolversi continuo dell’immagine, di una sua precaria instabilità, come nel mare di nebbia che increspa la tela di Meret Oppenheim, o nelle vastissime tempere di Julia Steiner dove ogni elemento appare sempre in procinto di trasformarsi in qualcos’altro, o ancora nelle grandi lineolografie di Wolfgang Zät che con il suo groviglio di linee crea densi paesaggi fantastici sospesi tra sublime romantico e astrazione. Le delicate pitture dietro vetro di Silvia Gertsch, che rinnova quest’antica tecnica intersecandola con l’estetica del linguaggio fotografico, ci introducono in un sentiero notturno dominato dalla luminosità artificiale dei fari delle automobili (Movie) e degli abat-jour della serie Interieur. Ed è proprio all’interno di case di amici e conoscenti che Isabelle Krieg fotografa i lampadari appesi al soffitto, capovolgendoli poi di fronte al nostro sguardo e trasfor-

dem wir, neben einen anderen Werk Amiets, die Nature morte aux fleurs (1954), nochmals die grosse malerische Meisterschaft Vallottons bewundern können, der uns in diesem Fall eine Schale mit prachtvollen Dahlien präsentiert. Gleich danach treffen wir auf eine Pensée von Hans Stadler, dem die vereinfachten Formen eines Stiefmütterchens oder von Rhododendren, die er nach Fotografien von Samentüten malt, Gelegenheit geben, mit der Einfachheit der primären Wahrnehmungsformen zu experimentieren; beim Weitergehen stossen wir auf die Fotografien von Cecile Wick, in denen sie die Schönheit von blühenden Baumzweigen einfängt, die im Blitzlich ihres Fotoapparates wie seltene Elfen aufscheinen. Im Gegensatz zu den Fotografien von Wick, steht die grosse weisse Lilie von Albrecht Schnider: Delikat und schwerelos liegt sie da und strahlt eine vollkommene Reinheit aus, die an Bilder italienischer Künstler der Frührenaissance erinnert und in ihrer extremen Horizontalität klar Bezug nimmt auf die Vergänglichkeit. Die aus nächster Nähe aufgenommene Orchidea von Balthasar Burkhard wirkt mit ihren grossen weissen Blütenblättern, die wie ein Versprechen von extremer Wollust aus dem dunklen Hintergrund hervortreten, wie ein zartes Bild von Sinnlichkeit und Erotik. In den grossen Tuschbildern von Silvia Bächli zeichnen Kronen und Stiele von Blumen, die allein auf Nuancen mehr oder weniger verdünnter Tusche vertrauen, einfachste Bilder nach, die aber gleichzeitig sehr raffiniert sind. Die Blumen-Stillleben von Uwe Wittwer hingegen treten in einen Dialog sowohl mit der Tradition der Kunstgeschichte als auch mit der Realität des medienwirksamen Bildes, wobei ein postmoderner Mecha-

nismus ikonografischer Aneignung zur Anwendung gelangt. Zu dieser Aneignung kommt auf der stilistischen Ebene die Übertragung der besonderen Effekte der Fotound Videosprache auf die traditionellen Techniken des Ölbildes und des Aquarells, aber auch der Einsatz eines Tintenstrahldruckers. Farbliche Reduzierung, Aufhebung der genauen Umrisse, Gebrauch des Negativs und Betonung der Kontraste kennzeichnen Uwe Wittwers Bilder, in denen er Künstler der Vergangenheit wie de Hooch oder Lippi zum Vorbild nimmt und sich dabei auf einen wandelbaren, unebenen Weg begibt, wo alles unscharf, ungreifbar, undeutlich erscheint. Der Wald, in den wir nun eindringen, wird von plötzlichen, heftigen Windstössen ergriffen und beginnt stürmisch zu rauschen wie in der Fotografie Narbonne II von Dominique Uldry. Auf diesem Holzweg scheinen die Bilder ständig aufzutauchen und wieder zu verschwinden, sie sind prekär und instabil wie das Nebelmeer, das sich im Bild von Meret Oppenheim kräuselt oder wie die riesigen Tempera von Julia Steiner, wo jedes Element immer in Begriff zu sein scheint, sich in etwas anderes zu verwandeln, oder auch wie die grossen Linolschnitte von Wolfgang Zät, der mit seinem Gewirr von Linien dichte phantastische Landschaften schafft, die zwischen erhabener Romantik und Abstraktion schweben. Die dichte Hinterglasmalereien von Silvia Gertsch, die diese alte Technik wieder aufnimmt und mit der Ästhetik der Fotosprache verknüpft, führen uns auf einen nächtlichen Weg, der vom künstlichen Licht der Autoscheinwerfer (Movie) und den Lampenschirmen der Serie Interieur beherrscht wird. Isabelle Krieg hingegen fotografiert an der


19 mandoli così in poetici fiori che illuminano l’intimità notturna della nostra quotidianità. Nelle strade le luci degli interni domestici si affiancano a quelle dei lampioni e delle insegne luminose, che come la scritta al neon di Sylvie Fleury ci seducono con le loro promesse spesso non mantenute. L’insieme di tutte queste luci che si oppongono all’impenetrabile oscurità della notte si manifesta in tutto il suo intenso splendore nella Chicago fotografata a volo d’uccello da Balthasar Burkhard, che ci ricorda l’immagine di una galassia immersa nelle oscure profondità siderali dell’universo. Con il calare delle tenebre le città sembrano infatti svestirsi della loro indaffarata e prosaica quotidianità e trasformasi in luoghi magici come nella veduta di Zurigo dipinta nel 1925 da Otto Morach o come nella scena di strada fotografata da Annaïk Lou Pitteloud all’imbrunire. Inoltrandoci nell’oscurità sempre meno illuminata di questo sentiero, i confini tra le cose si fanno sempre più impercettibili, tanto che non riusciamo a capire se le immagini enigmatiche legate da misteriose connessioni che ci appaiono a tratti siano reali o se non siano invece un’illusionistica proiezione della nostra mente all’interno di un’esperienza onirica. Il gesto della mano in primo piano che ne tiene un’altra come se stesse misurandone il polso nel quadro di Giacomo Santiago Rogado riecheggia il gesto delle mani che afferrano il braccio di quello che sembra un ciclista in maglia rosa circondato dalla folla nella concitazione al termine di una gara nel dipinto di Robert Suermondt, e quello delle due mani, una rosa l’altra bianca, avvinghiate fra di loro sotto la sagoma di un uccellino nero appoggiato su un ramo tagliato che compare nelle serigrafie di

Yves Netzhammer. Un’analoga atmosfera di sogno pervade anche i mondi fantastici creati dai gemelli zurighesi huber. huber, mentre le certezze sulla natura reale o onirica di ciò che osserviamo vacillano sempre di più di fronte al Tumbler di Mario Sala, dove fotografia e pittura si fondono in un’immagine densa di suggestioni e ricordi, o ai fotogrammi “notturni” del video Affection riposte, in cui Moser & Schwinger rifanno una scena del film Opening Nights di Cassavetas, trasformandola in una sorta di performance teatrale dove finzione e realtà si fondono. Quando la luce torna piano piano a filtrare attraverso i rami che circondano l’Holzweg che stiamo percorrendo ci accorgiamo che la dimensione magica del sogno continua però a permeare la quotidianità che via via incontriamo sul nostro cammino. Così le fotografie di Isabelle Krieg ci invitano a guardare anche gli angoli più riposti e insignificanti della realtà, perché solo così possiamo Scoprire il mondo che vi si nasconde, mentre la copia di Paris-Match forata da Carmen Perrin recupera alla possibilità di un racconto poetico anche la trivialità della cronaca e della pubblicità. Se Remy Zaugg si chiede scrivendo in bianco su bianco Quand fondra la neige où ira le blanc, huber.huber tornano a ripercorrere il tema delle casette degli uccelli cui si dedicano fin dal 2005, costruendone questa volta due che sembrano opporsi al concetto di precarietà che le caratterizza normalmente, perché realizzate in cemento armato, anche se poi alla prova dei fatti risultano impraticabili essendo costituite da un unico blocco. Infine, mentre lo sguardo errante di Daniela Keiser si sofferma sulla quotidianità cogliendone aspetti inconsueti,

Decke aufgehängte Lampenschirme in den Häusern ihrer Freunde und Bekannten, dreht die Fotografie dann um und verwandelt so die Lampenschirme in poetische Blumen, welche die nächtliche Intimität unseres Alltags erhellen. Auf den Strassen kommen zu den Lichtern in den Häusern die Laternen und die Leuchtreklamen, die, wie die Neonschrift von Sylvie Fleury, uns mit ihren oft nicht gehaltenen Versprechungen verführen. Die Gesamtheit aller dieser Lichter, die sich dem undurchdringlichen Dunkel der Nacht widersetzen, zeigt sich uns in ihrer ganzen intensiven Pracht in der Vogelschau-Fotografie Balthasar Burkhards von Chicago. Sie lässt uns an eine Galaxie denken, die in der dunklen, eiskalten Tiefe des Weltalls versunken ist. Mit dem Einbruch der Nacht scheinen die Städte ihre geschäftige, prosaische Alltäglichkeit abzustreifen und sich in magische Orte zu verwandeln, wie im Bild von Zürich, das Otto Morach 1925 gemalt hat oder wie in der malerisch instzenierte Strassenszene, die Annaïk Lou Pitteloud ins Licht der Abenddämmerung taucht. Während wir auf diesem immer dunkleren Weg weitergehen, werden die Grenzen zwischen den Dingen immer unmerklicher, so sehr, dass es unmöglich ist, zu verstehen, ob die uns ab und zu erscheinenden, rätselhaften Bilder, die von geheimnisvollen Banden zusammengehaltenen werden, wirklich sind oder aber eine illusionistische Projektion einer Traumerfahrung in unserem Geiste. Die Geste der Hand im Vordergrund, die im Bild von Giacomo Santiago Rogado eine andere hält, als ob sie ihr den Puls messen würde, erinnert an andere Hände im Bild von Robert Suermondt, die den Arm eines Radfahrers in rosarotem Trikot ergreifen,

um den sich in der Aufregung am Ende eines Rennens die Menge schart. Und es fallen einem auch die zwei sich umklammernden Hände eines Siebdrucks von Yves Netzhemmer ein, eine rosa und die andere weiss, über denen auf einem abgeschnittenen Zweig ein schwarzes Vögelchen sitzt. Eine ähnliche Traumatmosphäre spricht auch aus den phantastischen Welten der Zürcher Zwillinge huber.huber, während die Gewissheit, ob das, was wir sehen, Realität oder Traum ist angesichts des Tumbler von Mario Sala, in dem Fotografie und Malerei zu einem dichten Bild von Suggestionen und Erinnerungen verschmelzen, immer mehr ins Schwanken gerät, ebenso wie in den „nächtlichen“ Fotogrammen des Videos Affection riposte, in dem Moser & Schwinger eine Szene des Films Opening Nights von Cassavetas wieder aufnehmen und sie in eine Art Theaterperformance umwandeln, wo Fiktion und Wirklichkeit ineinander übergehen. Wenn das Licht langsam wieder durch die Äste schimmert, die unseren Holzweg umgeben, merken wir, dass die magische Traumdimension noch immer die Alltäglichkeit durchdringt, auf die wir nach und nach auf unserem Weg stossen. So laden uns die Fotografien von Isabelle Krieg ein, auch die verborgensten und unbedeutendsten Seiten der Wirklichkeit zu beachten, denn nur so können wir Die Welt entdecken, die sich dahinter versteckt. Das durchlöcherte Exemplar des Paris-Match von Carmen Perrin bietet selbst in der Trivialität der Zeitungsartikel und der Werbung Hand zu einer poetischen Erzählung. Remy Zaugg fragt sich, mit weisser Farbe auf einer weissen Oberfläche schreibend: Quand fondra la neige où ira le blanc, während huber.huber


20 Roman Signer con i suoi esperimenti ludici e le sue operazioni apparentemente insensate trasforma oggetti e situazioni banali negli strumenti con cui mettere in scena lo sconfinamento della realtà nell’assurdo. Del resto la realtà non è affatto il regno dell’apollineo come spesso crediamo, l’illusione è infatti in qualche modo costitutiva del nostro rapporto con il mondo, anche perché per conoscerlo siamo costretti ad affidarci ai meccanismi della percezione che come ci insegna Markus Raetz sono spesso ingannevoli. Non a caso, come ci ricorda lo stesso artista nell’opera Todo Nada, il tutto e il niente in fondo non sono che lo stesso oggetto visto da due punti di vista diversi. In una lunga carrellata di lavori che ci interrogano continuamente sulla coincidenza tra ciò che vediamo e ciò che è, incontriamo le fotografie di Ursula Mumenthaler che danno vita a spazi fittizi dipingendo quello reale, l’ambiguità tra bi- e tridimensionalità delle natura morte di Véronique Zussau, i riflessi sfasati degli specchi inclinati in direzioni diverse di Christoph Megert, le immagini caleidoscopiche di Ka Moser, i reticoli di pillole della serie Placebos & Surrogates di Urs Lüthi, i sorprendenti giochi ottici di Carmin Perrin, gli effetti di moiré delle sculture di Gunter Frenzel e le figure che giocano a nascondino di Christian Denzler. Con il video di Peter Aerschmann, che filma dall’alto un paesaggio urbano trasformandolo in un’immagine bidimensionale di forme geometriche che scorrono sotto i nostri occhi, approdiamo infine ad un sentiero meno tortuoso e più lineare. In Svizzera l’astrazione geometrica è stata per decenni la più significativa e diffusa espressione artistica dell’avanguardia e tra i suoi esponenti principali figura

anche Camille Graeser. Il suo Vier Farben. Gleiche Quanten riflette in maniera emblematica l’idea del dipinto come luogo in cui applicare le leggi matematiche che ha caratterizzato la tradizione del Concretismo zurighese. Associato, negli anni ottanta, alla tendenza Neo-geo, John Armleder si confronta ironicamente con questa tradizione fin d’allora. Nel caso di Olivier Mosset la geometria è invece l’unico modo per garantire la specifica autonomia del linguaggio pittorico. Se Pierre Schwerzmann gioca con il contrasto tra le forme geometriche piatte dipinte con colori uniformi in primo piano e lo sfondo sfumato che sembra allontanarsi in profondità, i trapezi dipinti dietro vetro da Dominik Stauch rimangono ambiguamente sospesi tra immagine bidimensionale e illusione prospettica. Con la serie Collection Silva in cui Peter Wüthrich accosta i libri di questa storica collana editoriale per formare composizioni geometriche ci accorgiamo che il nostro cammino sta di nuovo prendendo un’altra direzione. Dall’astrazione all’ornamento il passo tuttavia è breve e il passaggio, tra griglie e pattern, a un sentiero diverso è quasi inavvertibile. Dal retino che Markus Raetz disegna con i tre colori primari facendo sì che il nostro occhio veda anche quello che in realtà non c’è, passiamo poi agli incroci ortogonali delle bacchette del Mikado dipinte nella Difficult Situation di Babette Berger, per arrivare alle esili griglie di Silvia Bächli che creano effetti di profondità unicamente attraverso le sottili variazioni dei grigi. Le griglie non sono solo uno strumento per ordinare il mondo per costringerlo dentro la logica del nostro pensiero e della nostra sensibilità, ma sono anche la struttura di base sulla quale immaginare la ripetizione di forme identiche in

wieder zum Thema der Vogelhäuschen zurückkehren, dem sie sich seit 2005 widmen; diesmal sind es zwei Vogelhäuschen aus Beton, die sich somit dem Konzept der Unbeständigkeit entgegenstellen, das sie normalerweise charakterisiert. Der Preis der Beständigkeit hingegen bezahlen sie mit iher Unbenutzbarkeit, da sie durch den Vollguss unbewohnbar geworden sind. Während schliesslich der schweifende Blick von Daniela Keiser auf die Alltäglichkeit fällt und deren ungewöhnliche Aspekte wahrnimmt, verwandelt Roman Signer mit seinen spielerischen Experimenten, die angeblich keinen Sinn haben, banale Objekte und Situationen in Werkzeuge, mit denen er den Übergang von Wirklichkeit ins Absurde in Szene setzt. Im Übrigen wird die Wirklichkeit überhaupt nicht vom Apollinischen beherrscht, wie wir oft glauben. Die Illusion ist denn auch in einem gewissen Sinn grundlegend für unsere Beziehung zur Welt, auch weil wir, um sie kennen zu lernen, gezwungen sind, uns den Mechanismen der Wahrnehmung anzuvertrauen, die, wie uns Markus Raetz lehrt, oft trügerisch ist. Nicht zufällig ruft er uns in seinem Werk Todo Nada in Erinnerung, dass Alles und Nichts im Grunde genommen das gleiche sind, nur aus zwei verschiedenen Blickwinkeln betrachtet. In einer langen Reihe von Werken, die immer wieder die Übereinstimmung zwischen dem, was wir sehen und dem, was ist, hinterfragen, finden wir die Fotografien von Ursula Mumenthaler, die vom Realen ausgehend fiktive Räume schaffen, die Mehrdeutigkeit der Zwei- und Dreidimensionalität in den Stillleben von Veronique Zussau, die verschobenen Reflexe der in verschiedene Richtungen

geneigten Spiegel von Christoph Megert und die kaleidoskopischen Bilder von Ka Moser, die gitterförmig angeordneten Tabletten der Serie Placebos & Surrogates von Urs Lüthi, die überraschenden optischen Spielereien von Carmin Perrin, die Moiré-Effekte in den Skulpturen von Gunter Frenzel und die Figuren von Christian Denzler, die Versteck spielen. Mit dem Video von Peter Aerschmann, der eine Stadtlandschaft von oben filmt und sie in ein zweidimensionales Bild von geometrischer Form umwandelt, das vor unseren Augen abläuft, gelangen wir endlich zu einem weniger gewundenen, geradlinigeren Weg. In der Schweiz war die geometrische Abstraktion jahrzehntelang der bedeutendste und am meisten verbreitete künstlerische Ausdruck der Avantgarde und zu ihren Hauptvertretern gehörte Camille Graeser. Sein Bild Vier Farben. Gleiche Quanten widerspiegelt auf symbolische Weise die Idee eines Gemäldes, in dem mathematische Regeln Anwendung finden wie in der Tradition der Zürcher Konkreten. John Armleder, der in den Achtziger Jahren der Neo-Geo-Bewegung angehörte, setzt sich seit damals ironisch mit dieser Richtung auseinander. Im Fall von Olivier Mosset ist die Geometrie hingegen die einzige Möglichkeit, um die spezifische Autonomie der malerischen Sprache zu garantieren. Pierre Schwerzmann spielt mit dem Kontrast zwischen den flachen geometrischen Streifen im Vordergrund, die in gleichförmigen Farben aufgemalt sind, und dem unscharfen Hintergrund, der sich in der Tiefe zu verlieren scheint. Die Trapeze in der Hinterglasmalerei von Dominik Stauch schweben mehrdeutig zwischen zweidimensionalem Bild und perspektivischer Illusion.


21 un’ottica ornamentale come nel grande dipinto di Eva Haas, o nelle Puits di Carmin Perrin o ancora nei tappeti di oggetti Hervé Graumann. Nel caso di Philippe Decrauzat la ripresa delle forme della Dream Machine messa a punto dal matematico Ian Sommerville nel 1960 per indurre effetti ottici allucinatori sugli spettatori, diventa un modo per rinnovare la tradizione della pittura astratta, mettendo in dialogo mondi tra loro lontani come Op Art, rigore costruttivista e cultura Pop. In modo diverso anche le opere di Athene Galiciadis, perseguono un analogo obiettivo, nel suo caso però la ripresa di motivi geometrici come triangoli e losanghe si coniuga con una stesura pittorica che evidenzia la propria manualità. Il tratto di sentiero che ci troviamo a percorrere subito dopo è dedicato alle ricerche pittoriche contemporanee caratterizzate da una ricerca che cerca di superare la contrapposizione tra astrazione e figurazione per giungere spesso a una loro fusione nel segno del colore e del gesto. Partendo dalle stesure pastose di Franz Fedier, e dai tondi marmorizzati di André Thomkins, passando per i dipinti semifigurativi di Barbara Ellmerer e di Robert Suermondt, arriviamo così infine alle agli spartiti lineari di Christoph Rütimann, alle calligrafie sismografiche di Anna Amadio e ai contorcimenti tubolari di Albrecht Schnider. A questo punto, così come era iniziato il sentiero bruscamente si interrompe, lasciandoci soli in mezzo alla foresta. Sta a noi ritrovare ora la via di uscita.

Mit der Serie Collection Silva, in der Peter Wüthrich die Bücher dieser historischen Verlagsreihe zu geometrischen Kompositionen ordnet, bemerken wir, dass unser Weg wieder eine andere Richtung einschlägt. Von der Abstraktion zum Ornament ist es aber nur ein kurzer Schritt und der Übergang, zwischen Rastern und Pattern, zu einem anderen Weg erfolgt fast unmerklich. Von Markus Raetz, der ein Geflecht mit den drei Primärfarben malt, in dem unser Auge auch das sieht, was in Wirklichkeit nicht da ist, gelangen wir zu den rechtwinklig angelegten Mikadostäbchen im Bild Difficult Situation von Babette Berger und dann zu dem feinen Liniengeflecht von Silvia Bächli, das einzig durch die fein abgestuften Grautöne eine Tiefenwirkung erhält. Raster sind nicht nur ein Mittel, um die Welt zu ordnen und ihr die Logik unseres Gedankensystems und unserer Sensibilität überzustülpen, sondern auch die Grundstruktur, auf der sich identische Formen zu einem Ornament formen können, wie im grossen Bild von Eva Haas oder in den Puits von Carmin Perrin oder in Hervé Graumanns Teppichen von Gegenständen. Philippe Decrauzat nimmt die Formen der 1960 vom Mathematiker Ian Sommerville entworfenen Dream Machine wieder auf, mit der man bei den Zuschauern halluzinatorische optische Effekte erzeugen konnte. Damit erneuert er die Tradition der abstrakten Malerei und setzt sie in Dialog mit Welten, die eigentlich weit voneinander entfernt sind wie Op art, konstruktivistische Strenge und Pop Kultur. Auf andere Weise verfolgen auch die Werke von Athene Galiciadis ein ähnliches Ziel; in seinem Fall jedoch verbindet sich die Wiederaufnahme geometrischer Motive wie Dreiecke und Rauten mit einer Malerei, in der das

Handwerkliche wichtig ist. Das Wegstück, das wir gleich darauf in Angriff nehmen, ist den Experimenten in der zeitgenössischen Malerei gewidmet, bei denen es darum geht, den Gegensatz zwischen Abstraktion und Figuration zu überwinden und, im Zeichen der Farbe und des Gestus, ihre Verschmelzung zu erreichen. Ausgehend von den pastosen Bildern von Franz Fedier und den marmorierten Tondi von André Thomkins, über die halb gegenständlichen Werke von Barbara Ellmerer und Robert Suermondt, gelangen wir schliesslich zu den linearen Partituren von Christoph Rütimann und zu den seismographischen Kalligrafien von Anna Armadio und den röhrenförmigen Verflechtungen von Albrecht Schnider. Hier bricht der Weg jäh ab, so wie er begonnen hat, und lässt uns mitten im Wald allein. Es liegt an uns, den Ausweg zu finden.



Tavole

Tafeln



25 Ferdinand Hodler Der Holzfäller 1910 Olio su tela Öl auf Leinwand 129,5x100 cm Inv. 158/1939


26 Flavio Paolucci Senza titolo 1991 Tecnica mista su tela Mischtechnik auf Leinwand 153x103 cm Inv. 1813/1991


27 Félix Vallotton Cour de ferme 1912 Olio su tela Öl auf Leinwand 75×100 cm Inv. 1091/1981


28 Dominique Uldry Aare, Bern 2000 C-Print su carta su alluminio C-Print auf Papier auf Aluminium 96×120 cm Ed. 2/3 Inv. 2636/2011


29 Balthasar Burkhard Rio Negro 2002 Fotografia su carta baritata su alluminio Fotografie auf Barytpapier auf Aluminium 125Ă—250 cm Ed. 1/7 Inv. 2367/2002


30 Ilona Ruegg Trees, older than me waiting 4 1996/2000 Digital Print su carta Digital Print auf Papier 120Ă—172 cm Ed. 1/3 Inv. 2354/2002


31 Esther van der Bie Wälder und Verwandtes 2002 Ilfochrome su carta dietro vetro Ilfochrome auf Papier hinter Glass 140Ă—107 cm Ed. 1/3 Inv. 2376/2002


32 Ana Axpe Pin-up à la troçonneuse 2001 C-Print e light box C-Print in Leuchtkasten 130×90 cm Ed. 1/5 Inv. 2366/2002 Marie-Antoinette Chiarenza Je suis une femme, pourquoi pas vous? 1995–2001 Fotografia su carta su alluminio Fotografie auf Papier auf Aluminium 240×168 cm Inv. 2427/2001


33


34 Chantal Michel Die Wirkilichkeit stellt eine Unwahrscheinlichkeit dar, die eingetreten ist Gurtenbrauerei Wabern, Bern 1998–1999 Fotografia a colori su carta Farbfotografie auf Papier 150×150 cm Inv. 2271/1999


35 Félix Vallotton Torse de femme nue de dos 1924 Olio su tela Öl auf Leinwand 92×72 cm Inv. 1092/1983


36


37 Daniele Buetti Dalla serie/Aus der Serie Good Fellows Prada 29 2003 C-Print su carta C-Print auf Papier 70×100 cm Ed. 1/3 Inv. 2450/2005 Dalla serie/Aus der Serie Good Fellows Nike 63 2003 C-Print su carta C-Print auf Papier 70×100 cm Ed. 1/3 Inv. 2451/2005 Do you live for yourself or for others? 2005 Lightbox Lichtkasten 101×80×10 cm Inv. 2458/2006


38 Virginie Morillo Cochon pendu 2009 Matita su carta Bleistift auf Papier 106,5Ă—75 cm Inv. 2587/2010


39 Olaf Breuning Marilyn #9 2010 Inkjet su carta Inkjet auf Papier 136×99 cm Ed. 1/3 Inv. 2613/2010



41 Rolf Iseli Oranger Fäderma 1977 Tecnica mista su carta Mischtechnik auf Papier 107×76 cm Inv. 2372/2002


42 Luciano Castelli Meret Oppenheim 1995 Resina sintetica su carta Kunstharz auf Papier 160Ă—120 cm Inv. 2149/1997


43


44 Franz Gertsch Doris 1989 Silografia su carta giapponese Holzschnitt auf Japanpapier 244Ă—184 cm Inv. 1696/1990


45 Christian Denzler o. T. (Portrait Knabe) 2006 Matita su carta Bleistift auf Papier 120×80 cm Inv. 2485/2006 o. T. (Portrait Mädchen) 2006 Matita su carta Bleistift auf Papier 120×80 cm Inv. 2484/2006


46 Albrecht Schnider Ohne Titel 2008 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 181×129 cm Inv. 2525/2008


47


48 Gianfredo Camesi Alchimie de la vision 1984 –1986 Tecnica mista su granito Mischtechnik auf Granit 4 elementi/teilig 103×76 ognuno/jedes Inv. 1486–9/1987


49


50 Vaclav Pozarek Ohne Titel 2003/2004 Acquerello e matita su carta Aquarell und Bleistift auf Papier 9 elementi/teilig 42Ă—32 cm ognuno/jedes Inv. 2625/2011


51


52


53 Jean-Luc Manz Signes pour une nouvelle géométrie 2000 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 8 elementi/teilig 30×40 cm ognuno/jedes Inv. 2300/2000 Loewensberg Verena Ohne Titel 1974 Olio su tela Öl auf Leinwand 40×80 cm



55 Gerda Steiner Landschaft 2001 Pennarello su carta Filzstift auf Papier 35×50 cm Inv. 2369/2002


56 Esther van der Bie N° 10 (Schneehaufen & Baum) Dalla serie/Aus der Serie Nur Natur? 2009 Ultrachrome su carta Ultrachrome auf Papier 41,5×33,5 cm Ed. 2/5 Inv. 2561/2009


57 Thomas Flechtner Walks (Chli Rinderhorn) 1999 Fotografia su carta su alluminio Fotografie auf Papier auf Aluminium 180Ă—220 cm Ed. 3/3 Inv. 2333/2001


58 Balthasar Burkhard DĂŠsert, Namibia 2000 Fotografia su carta baritata Fotografie auf Barytpapier 100Ă—125 cm Ed. 2/5 Inv. 2332/2001


59 Alois Lichtsteiner Ohne Titel (Berg) 2011 Xilografia e olio su carta giapponese Holzschnitt und Ă–l auf Japanpapier 99Ă—142 cm Inv. 2635/2011



61 Cuno Amiet Blick aus dem Atelier in das winterliche Dorf 1938 Olio su tela Öl auf Leinwand 63,5×52,5 cm Inv. 384/1957


62 Cuno Amiet Blumenstillleben 1954 Olio su Pavatex Öl auf Pavatex 38×46.5 cm Inv. 1077/1983 Félix Vallotton Fleurs de dahlias dans un plat 1919 Olio su tela Öl auf Leinwand 54×73 cm Inv. 1088/1981


63 Chantal Michel Wieso der Kuchen vom Himmel fällt, Lili ein Hindernis überspringen muss und endlich weiss, was sie will, Insel Ufenau N° 36 2002 – 2003 Lambda Print su carta su alluminio Lambda Print auf Papier auf Aluminium 34×52 cm Ed. 1/5 Inv. 2387/2003


64 Hans Stalder Alpenrose 1999 Olio su tela Öl auf Leinwand 67×43 cm Inv. 2374/2002 Alpenrose 2002 Olio su tela Öl auf Leinwand 67×43 cm Inv. 2375/2002 Pensée 2002 Olio su tela Öl auf Leinwand 90×60 cm Inv. 2373/2002 Balthasar Burkhard Orchidee 1988 Fotografia su carta baritata e tela dipinta Fotografie auf Barytpapier und gemaltes Leinwand 122.5×263 cm Inv. 1771/1990


65


66


67 Albrecht Schnider Blume III 1995 Olio su tela Öl auf Leinwand 80×400 cm Inv. 2110/1996 Cécile Wick Fiori di notte 2 2005 Inkjet su carta Inkjet auf Papier 81×108 cm Inv. 2460/2006


68


69 Cécile Wick Fiori di notte 3 2005 Inkjet su carta Inkjet auf Papier 81×108 cm Inv. 2461/2006 Silvia Bächli Ohne Titel 2000 Tempera su carta Gouache auf Papier 60×80 cm Inv. 2350/2002


70 Silvia Bächli Floreal Nr. 22 2001 Tempera su carta Gouache auf Papier 200×150 cm Inv. 2330/2001 Uwe Wittwer Sillleben 1998 Olio su tela Öl auf Leinwand 140×110 cm Inv. 2248/1998 Annelies Strba An 69 (Mohnblumen) 2001 C-Print su carta su alluminio C-Print auf Papier auf Aluminium 34×49 cm Ed. 2/6 Inv. 2345/2002


71


72 Uwe Wittwer Stilleben 2001 Acquerello su carta Aquarell auf Papier 89×110 cm Inv. 2391/2003


73 Dominique Uldry Narbonne II 2000 2003 C-Print su carta C-Print auf Papier 124×145 cm Ed. 1/3 Inv. 2392/2003


74 Chantal Michel Wieso der Kuchen vom Himmel fällt, Lili ein Hindernis überspringen muss und endlich weiss, was sie will, Insel Ufenau N° 40 2003 Lambda Print su carta su alluminio Lambda Print auf Papier auf Aluminium 34×52 cm Ed. 3/5 Inv. 2386/2003


75 Meret Oppenheim Caché dans le brouillard 1974 Olio su tela Öl auf Leinwand 100×81 cm Inv. 1843/1992



77 Uwe Wittwer Nach Lippi 2002 Acquerello su carta Aquarell auf Papier 166×130 cm Inv. 2381/2003


78


79 Julia Steiner Korbung 2006 Tempera su carta Gouache auf Papier 210×150 cm Inv. 2528/2008 Geysir 2006 Tempera su carta Gouache auf Papier 150×250 cm Inv. 2527/2008


80 Wolfgang Zät Ohne Titel 2006 Linoleografia su carta giapponese Linolschnitt auf Japanpapier 75×100 cm Ed. 11/15 Inv. 2556/2009 Ohne Titel 2005 Linoleografia su carta giapponese Linolschnitt auf Japanpapier 100×75 cm Ed. 12/18 Inv. 2554/2009 Ohne Titel 2005 Linoleografia su carta giapponese Linolschnitt auf Japanpapier 100×75 cm Ed. 10/18 Inv. 2555/2009


81


82 Uwe Wittwer Interieur nach de Hooch 2001 Inkjet su carta Inkjet auf Papier 90×110 cm Inv. 2334/2001


83 Silvia Gertsch Interieur 1997 Acrilico dietro vetro e lacca su vetro Acryl hinter Glas und Lack auf Glas 3 elementi/teilig 90Ă—52 cm ognuno/jedes Inv. 2212-2214/A1997


84 Isabelle Krieg Tapfere Blumen 2007–2011 C-Print su carta C-Print auf Papier 36×24 cm (3x) 24×36 cm (2x) Inv. 2626–30/2011


85


86 Balthasar Burkhard Chicago 2006 Fotografia su carta baritata su alluminio Fotografie auf Barytpapier auf Aluminium 84Ă—180 cm Ed. 1/7 Inv. 2505/2007


87 Silvia Gertsch Movie 2000 Olio dietro vetro e lacca su vetro Öl hinter Glas und Lack auf Glas 77×117 cm Inv. 2331/2001


88 Sylvie Fleury Miracle 2001 Neon viola Neon violett 12×100×5 cm Ed. 19/25 Inv. 2623/2011


89 Annaïk Lou Pitteloud My My 2007 Lambda print su carta su alluminio Lambda print auf Papier auf Aluminium 123×180,5 cm Ed. 3/5 Inv. 2639/2012


90 Otto Morach Das Grossmünster in Zürich (II) ~1925 Olio e tecnica mista su tela Öl und Mischtechnik auf Leinwand 100×80 cm Inv. 1093/1982


91 huber.huber Mikrouniversum und andere kleine Systeme, Tableau 7 2011 Collage e inchiostro su carta Collage und Tusche auf Papier 100Ă—70 cm Inv. 2638/2012 Mikrouniversum und andere kleine Systeme, Tableau 5 2011 Collage e inchiostro su carta Collage und Tusche auf Papier 100Ă—70 cm Inv. 2637/2012


92 Moser & Schwinger Affection riposte 2001 Videostills su carta su alluminio Videostills auf Papier auf Aluminium 75Ă—100 cm (3Ă—) Inv. 2529/2001


93


94 Mario Sala The Tumbler 2004 Stampa digitale e olio su carta su alluminio Digiprint und Ă–l auf Papier auf Aluminium 206Ă—165 cm Inv. 2612/2010


95 Robert Suermondt Point 2008 Olio su tela Öl auf Leinwand 66×61 cm Inv. 2619/2011



97 Giacomo Santiago Rogado Fühler 2007 Olio su tela Öl auf Leinwand 65×85 cm Inv. 2522/2008


98 Yves Netzhammer Ohne Titel 2003 Serigrafia su carta Siebdruck auf Papier 6 elementi/teilig 68×48 cm ognuno/jedes Ed. 2/10 Inv. 2409–14/2003


99



101 Remy Zaugg Quand fondra la neige où ira le blanc 2002 Serigrafia su carta Siebdruck auf Papier 60×48,5 cm Ed. 9/10 Inv. 2428/2005 Quand fondra la neige où ira le blanc 2002 Serigrafia su carta Siebdruck auf Papier 60×48,5 cm Ed. 9/15 Inv. 2429/2005


102 huber.huber Vogelhäuser (Elle et Lui) 2006 Calcestruzzo Betonguss Pda/EA 30×20×20 cm Inv. 2624/2011


103 Carmen Perrin Paris-Match 1960, “L’oiseau de Jeanne (Moreau)” 2008 Rivista forata Zeitschrift mit Bohrungen 35×53 cm Inv. 2546/2009


104 Peter Aerschmann City Walking 2005 Videoinstallazione Videoinstallation 9' (loop) Ed. 2/3 Inv. 2453/2005 Daniela Keiser Rot II 2006 C-Print su carta C-Print auf Papier Ed. 2/3 125,5×81,2 cm Inv. 2516/2008


105


106 Roman Signer Zelt 2002 Videostills su carta baritata Videostills auf Barytpapier 6 elementi/teilig 28,5Ă—21,5 cm ognuno/jedes Ed. 6/10 Inv. 2448/2005


107


108 Roman Signer Fass mit Trichter 2011 Barile, imbuto di plastica, pompa di circolazione Fass, Plastiktrichter, Umwälzpumpe Ă˜ 60 H 90 cm Inv. 2634/2011


109 Isabelle Krieg Die Welt endecken 2001–2003 Fotografie a colori su carta su alluminio Farbfotografie auf Papier auf Aluminium 25×35 cm (10x) 35×25 cm (2x) Inv. 2464–75/2006


110


111


112 Markus Raetz Todo, Nada 1998 Ottone patinato e cerato Messingguss, patiniert, gewachst 7,7Ă—97Ă—11,4 cm Ed. 4/6 Inv. 2304/2000


113


114 Markus Raetz Tag oder Nacht 1998 Acquatinta e acquaforte su carta Acquatinta und Radierung auf Papier 91×80 cm Inv. 2238/1998


115 Véronique Zussau Strange Fruits 2003 Fotografia a colori su carta Farbfotografie auf Papier 125×90 cm Inv. 2476/2006


116 Christian Megert Spiegelobjekt ID09_04 2004 Specchio, legno, pittura Spiegel, Holz, Farbe 90×90×12 cm Inv. 2496/2007 Spiegelobjekt ID11_04 2004 Specchio, legno, pittura Spiegel, Holz, Farbe 90×90×12 cm Inv. 2498/2007


117 Ursula Mumenthaler Ohnte Titel (S.I.P. 96.3) 1996 Cibachrome e acrilico su carta su alluminio Cibachrome und Acryl auf Papier auf Aluminium 124Ă—124 cm Inv. 2147/1996


118 Urs Lüthi Beauty Dalla serie/Aus der Serie Placebos & Surrogates 1997 Ilfochrome su carta Ilfochrome auf Papier 150×120×12 cm Inv. 2303/2000


119 Urs Lüthi Health Dalla serie/Aus der Serie Placebos & Surrogates 1997 Ilfochrome su carta Ilfochrome auf Papier 150×110×12 cm Inv. 2302/2000


120 Carmen Perrin La dame creuse, alterne, superpose et déplace 2010 PVC forato PVC mit Bohrungen 125×125×5,5 cm Inv. 2565/2010 Gunter Frentzel Ohne Titel 2004 159 barre quadrangolari in acciaio 159 Vierkant-Stahlstäbe 160×135×135 cm Inv. 2433/2004


121


122 Carmen Perrin Cible II 2008 Policarbonati e acrilico Polycarbonat und Acryl 100×100×3 cm Inv. 2517/2008


123 Christian Denzler Buben, N° 3 1999 Olio su tela Öl auf Leinwand 207×76 cm Inv. 2313/2000 Buben, N° 4 1999 Olio su tela Öl auf Leinwand 207×76 cm Inv. 2314/2000


124 Peter Aerschmann Von der BrĂźcke 2005 Videoinstallazione Videoinstallation 7' (loop) Ed. 3/3 Inv. 2452/2005


125 Camille Graeser Vier Farben. Gleiche Quanten 1967 Acrilico su tela Acrylf auf Leinwand 80×80 cm Inv. 1129/1982


126 John M Armleder Sans titre 1983 Acrilico su tela Acrylfarbe auf Leinwand 116×89 cm Inv. 1980/1994


127 Pierre Schwerzmann Ohne Titel 2006 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 150×130 cm Inv. 2560/2009


128 Peter Wüthrich Collection Silva 2002 Libri Bücher 3 elementi/teilig 90×65×3 cm ognuno/jedes Inv. 2567–69/2010


129


130 Olivier Mosset Ohne Titel 1992 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 180×118 cm Inv. 2316/2001


131


132 Dominik Stauch Rooms 2003 Olio dietro vetro Öl hinter Glas 65×85 cm (3×) Inv. 2444–6/2005


133


134 Philippe Decrauzat Extended D. M. (Dream Machine) 2004 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 115×200 cm Inv. 2437/2004 Eva Haas Salutami le stelle 1997 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 180×120 cm Inv. 2187/1997


135


136 Carmen Perrin Les puits 2005 Mattone, pittura acrilica Backstein, Acrylfarbe 125×125×3 cm Inv. 2442/2005


137 Ka Moser Kaleidoscope-eye II 1966 Stampa laser su carta su alluminio Laser Print auf Papier auf Aluminium 80Ă—80 cm Inv. 2158/1997



139 Hervé Graumann Pattern IV 2001 Ilfochrome su carta su alluminio Ilfochrome auf Papier auf Aluminium Ed. 2/5 80×79 cm Inv. 2349/2002


140 Markus Raetz Ohne Titel 1977 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 78×68 cm Inv. 2239/1998 Babette Berger Difficult situation 2004–2005 Olio su cotone Öl auf Baumwolle 160×190 cm Inv. 2447/2005


141


142


143 Silvia Bächli Linien 10 2002 Inchiostro su carta Tusche auf Papier 200×150 cm Inv. 2401/2003 Athene Galiciadis The Flow 2010 Matita e olio su carta Farbstift und Öl auf Papier 85×70 cm Inv. 2572/2010


144 André Thomkins Ohne Titel 1959–1964 Lackskin su carta Lackskin auf Papier 20×20,9 cm Inv. 2611/2010 Ohne Titel 1960 Lackskin su carta Lackskin auf Papier 20,9×20 cm Inv. 2610/2010


145


146 Franz Fedier Schwarzer Freitag 1957 Lacca d’ardesia su carta su tela Schieferlack auf Papier auf Leinwand 162×130 cm Inv. 1793/1991


147 Robert Suermondt Jockey 2008 Olio su tela Öl auf Leinwand 40×40 cm Inv. 2620/2011


148


149 Barbara Ellmerer Zoom, Miss S. 2001 Olio su cotone Öl auf Baumwolle 75×210 cm Inv. 2344/2002 Anna Amadio Ginger Orange 1999 Pennarello su carta Filzstift auf Papier 82×107 cm Inv. 2306/2000


150 Christoph Rütimann Ohne Titel 1995 Inchiostro di China su carta Tusche auf Papier 120×160 cm Inv. 2353/2002


151 Albrecht Schnider Ohne Titel 2002 Acrilico su tela Acryllack auf Leinwand 140×100 cm Inv. 2388/2003


152 Albrecht Schnider Ohne Titel 1999 Olio su tela Öl auf Leinwand 215×152 cm Inv. 2312/2000


Liselotte Wirth Schnรถller

Collezionare come atto di insicurezza produttiva

Sammeln als Akt produktiver Verunsicherung


Intervista con me stessa dopo 28 anni di attività per la collezione della Mobiliare Ein Interview mit mir selbst nach 28 jähriger Tätigkeit für die Kunstsammlung der Mobiliar


155 La Mobiliare colleziona arte: quale arte colleziona, da quanto tempo e perché? La collezione della Mobiliare si rifà a una lunga tradizione. Un primo programma risale agli anni ottanta, ma già a partire dagli anni settanta furono effettuati degli acquisti coerenti. Punto focale è la produzione artistica svizzera contemporanea. La strategia è passata da un collezionismo di tipo rappresentativo a una comunicazione attiva con, attraverso e per l’arte. Si tratta di confrontarsi con gli artisti e con le loro opere, di dare una struttura, di contenuti e significati. Le opere d’arte appartengono alla quotidianità dell’azienda e si trovano ovunque le persone si incontrino: in foyer, corridoi, sale riunioni, zone di accoglienza. Dipinti, sculture o video accompagnano – non solo a livello visivo – collaboratori, clienti e visitatori attraverso gli spazi: lo scopo di un’accurata messa in scena dell’arte è quello di dischiudere all’osservatore attento, se possibile, anche contesti sorprendenti e nuove prospettive. Ciò che tuttavia caratterizza da sempre la collezione sono le mostre annuali presso la sede principale. Una selezione di temi scaturiti dalla collezione stessa, così come obiettivi perseguiti dall’azienda, vengono messi in discussione, analizzati e approfonditi per ispirare i collaboratori e arricchire l’ambiente di lavoro. Una volta all’anno e per alcune settimane l’arte è al centro dell’attenzione nell’atrio d’ingresso. Con le mostre tematiche annuali la Mobiliare è ospite sin dall’inizio, a Berna, della notte dei musei. Tutto questo suscita una buona impressione e sembra conforme alle aspettative. Ma, in concreto, che cosa significa la collezione per la Mobiliare? L’assicurazione potrebbe magari venderla? Oggi gli ambienti lavorativi

si sono trasformati in grandi superfici e non c’è quasi più posto per l’arte! La collezione appartiene alla storia della Mobiliare e come l’azienda è strettamente legata alla visione che contraddistingue la compagnia. Per la società di assicurazione, che cura e custodisce il pensiero cooperativo, collezione e azienda sono inscindibili. La collezione, per la Mobiliare, è parte di un modo di concepirsi, inteso come a lungo termine e in continua evoluzione. Uno dei suoi compiti è quello di accompagnare lo sviluppo dell’azienda, di delinearlo e stimolarlo. La collezione è parte dell’identità aziendale, caratterizza l’immagine della Mobiliare così come la caratterizzano i collaboratori, i prodotti, i famosi schizzi dei sinistri, la Corporate Identity e il Corporate Design, ma anche l’architettura degli edifici e l’arredamento degli interni. L’impegno per l’arte e la cultura appartiene al profilo della compagnia, ed è intrinseco alla Mobiliare dare spazio e promuovere il potenziale creativo della società. Anche se oggi purtroppo la scelta individuale di opere per i collaboratori in alcuni luoghi è trascurata, questo non significa che non c’è più posto per l’arte. Come l’azienda si sviluppa senza sosta, anche il concetto di arte e l’arte stessa si modificano. In futuro si apriranno nuove possibilità di integrare le opere d’arte nell’ambiente di lavoro. Voltiamoci un attimo indietro. Che cosa contraddistingue la collezione, qual è la sua peculiarità e in cosa si differenzia da altre raccolte aziendali? La collezione è legata da un lato alla storia della Mobiliare, dall’altro il suo sviluppo rispecchia quello di altre raccolte aziendali in Svizzera.1 Negli anni settanta il Dr. Walter Senn,

Die Mobiliar sammelt Kunst: Welche Kunst sammelt sie, wie lange schon und warum tut sie das? Die Kunstsammlung der Mobiliar blickt auf eine lange Tradition zurück. Ein erstes Konzept stammt aus den 80er Jahren. Seit den 70er Jahren aber wurden schon konsequent Werke angekauft. Der Fokus liegt auf dem zeitgenössischen Schweizer Kunstschaffen. Die Strategie hat sich vom Sammeln mit repräsentativem Charakter zur aktiven Kommunikation mit, durch und für die Kunst gewandelt. Es geht um die Auseinandersetzung mit Kunstschaffenden und ihren Werken, um die Gestaltung, um Inhalte und Bedeutungen. Die Kunstwerke gehören zum Unternehmensalltag. Sie finden sich überall, wo Menschen sich begegnen: in Foyers, Gängen, Sitzungszimmern und in Empfangsbereichen. Bilder, Skulpturen oder Videos begleiten Mitarbeitende, Kundinnen und Besucher nicht nur visuell durch die Räume, Ziel einer sorgfältigen Inszenierung der Kunst ist es, dem aufmerksamen Betrachter wenn möglich auch überraschende Zusammenhänge und neue Perspektiven zu eröffnen. Was die Kunstsammlung jedoch seit jeher besonders auszeichnet, sind die jährlichen Ausstellungen am Hauptsitz. Ausgewählte Themen, die sich aus der Sammlung ergeben oder Ziele, welche die Unternehmung verfolgt, werden befragt, untersucht und aufgefächert, um Mitarbeitende zu inspirieren und die Arbeitswelt zu bereichern. Einmal im Jahr steht die Kunst in der Eingangshalle für einige Wochen im Zentrum. Mit der thematischen Jahresausstellung ist die Mobiliar seit Anbeginn auch Gast an der Berner Museumsnacht. Das klingt alles gut und erwartungsgemäss. Welche Bedeutung aber hat die Kunstsammlung für die Mobiliar

konkret? Könnte die Versicherung die Sammlung auch verkaufen? Heute, da die Räume zu Grossflächenbüros umgestaltet worden sind, gibt es ja kaum mehr Platz für Kunst! Die Kunstsammlung gehört zur Geschichte der Mobiliar und sie ist wie die Unternehmung tief mit dem Verständnis der Genossenschaft verbunden. Für die Versicherungsgesellschaft, die den genossenschaftlichen Gedanken hütet und pflegt, gehören Sammlung und Unternehmung zusammen. Die Sammlung ist Teil eines langfristigen, sich stetig entwickelnden Selbstverständnisses der Mobiliar. Eine ihrer Aufgabe ist es, die Unternehmensentwicklung zu begleiten, sie nachzuzeichnen und herauszufordern. Eine Kunstsammlung ist Teil der Unternehmensidentität, sie prägt das Bild der Mobiliar, wie es die Mitarbeitenden, die Produkte, die bekannten Schadenskizzen, die Corporate Identity und das Corporate Design, aber auch die Architektur der Gebäude und die Ausstattung der Innenräume tun. Das Engagement für Kunst und Kultur gehört zum Profil der Genossenschaft; es gehört zur Mobiliar, dem kreativen Potenzial der Gesellschaft Platz einzuräumen und es zu fördern. Auch wenn heute leider die individuelle Auswahl von Kunstwerken für Mitarbeitende mancherorts entfällt, bedeutet das nicht, dass Kunst keinen Platz mehr hat. So wie die Unternehmung sich ständig weiterentwickelt, verändern sich auch die Kunst und der Kunstbegriff. In Zukunft werden sich neue Möglichkeiten bieten, Kunstwerke in die Arbeitswelt zu integrieren. Blicken wir zuerst einmal zurück. Was zeichnet die Sammlung aus, worin besteht ihre Eigenart und wie unterscheidet sie sich von anderen Firmensammlungen?

1

Hans-Jörg Heusser, Matthias Oberli, in Das Kunstschaffen in der Schweiz 1848-2006, Schweizerisches Institut für Kunstwissenschaft, Zürich, 2006, p. 219-232.


156 2

L’autrice di questo testo. Innovation und Tradition. Die Kunstsammlung der Mobiliar. Schweizerisches Institut für Kunstwissenschaft, Zürich, Die Mobiliar, Bern, 2001. 3

1 Hans-Jörg Heusser / Matthias Oberli in: Das Kunstschaffen in der Schweiz 1848-2006, Schweizerisches Institut für Kunstwissenschaft, Zürich, 2006, S. 219-232. 2 Die Verfasserin dieses Textes 3 Innovation und Tradition. Die Kunstsammlung der Mobiliar. Schweizerisches Institut für Kunstwissenschaft, Zürich, Die Mobiliar, Bern, 2001

allora direttore generale, avviò la fondazione di una commissione artistica insieme a Hugo Wagner, direttore del Kunstmuseum di Berna, come consulente esterno. Un primo programma di acquisizioni fu concretizzato nel 1980 e consisteva soprattutto in una lista di artisti di fama. Opere importanti di Vallotton, Amiet, Buchet e Auberjonois fecero così il loro ingresso nella raccolta. L’ultimazione, nel 1989, della nuova sede principale della Mobiliare nella Bundesgasse 35 a Berna costituì un punto di svolta. Per pianificare il trasloco della collezione, che comprendeva anche numerosi lavori di grafica, e per elaborare un progetto artistico per il nuovo edificio fu assunta una storica dell’arte.2 Gli incarichi relativi ai progetti di Kunst am Bau, come venivano chiamati all’epoca gli interventi artistici, rappresentarono nella politica della collezione un primo passo verso l’arte svizzera contemporanea più recente. Ueli Berger piazzò il suo Chribel [Scarabocchio] rosso davanti all’edificio, per la zona di accoglienza Franz Eggenschwiler progettò un monumentale “rilievo a cassetti” con una serie di curiosità relative a ciò che egli stesso, nel suo debordante ventaglio di associazioni, considerava tipicamente “svizzero”, e Bernard Luginbühl diede forma a un’imponente Flügelmutterfigur [Figura materna alata] che si riallacciava alle sue prime sculture e che da allora difende con calma il suo spazio davanti all’accesso al ristorante. Alla stregua di altre collezioni aziendali di banche, assicurazioni e case farmaceutiche, zone aperte quali aree di accoglienza, sale riunioni, corridoi e foyer furono arredate con opere recenti di artisti svizzeri. Oltre al carattere rappresentativo, queste opere svolgono anche una funzione di orientamento nei vari piani, corridoi e

diramazioni. Una trilogia monumentale di Franz Wanner, Werden, Sein, Vergehen [Divenire, Essere, Trascorrere] , contraddistingue per esempio i primi tre piani sin dal trasferimento nel nuovo stabile della Bundesgasse. Tutte le opere acquisite fino al 2000 sono registrate nel catalogo della collezione apparso nel 2001 in occasione del 175esimo giubileo della Mobiliare. In questo libro, pubblicato in collaborazione con il SIK ISEA ISSA di Zurigo, è stata trattata in dettaglio anche la storia della collezione.3 Per il giubileo della Mobiliare nel 2001, il Kunstmuseum di Berna espose la raccolta in un’ampia mostra come prima collezione aziendale. Lo sguardo su di essa in un contesto museale ne rafforzò il significato e diede alla commissione artistica la fiducia necessaria a continuare il cammino intrapreso in base al principio formulato nel 1988: “Non è sempre necessario aspirare a possedere quello che anche tutti gli altri vogliono, la sfida più grande sta invece nel cercare quello che può conferire identità alla collezione della Mobiliare sia da un punto di vista interno che esterno”. La decisione nel 2001, in occasione della mostra al Kunstmuseum di Berna, di realizzare il Progetto Hodler costituì un tassello importante per quanto riguarda la peculiarità della collezione. Parallelamente alla retrospettiva, giovani artisti furono incaricati di prendere posizione circa l’attualità dell’Holzfäller [Taglialegna] (p.25) di Ferdinand Hodler, opera di primaria importanza nella raccolta della Mobiliare. Il Progetto Hodler doveva confrontare la collezione con la scena artistica del momento e generare impulsi per la futura attività collezionistica. Il confronto con una delle espressioni a più alto valore simbolico dell’arte svizzera portò a risultati

Die Sammlung ist einerseits mit der Geschichte der Mobiliar verbunden, andererseits entspricht ihre Entwicklung der Geschichte anderer Firmensammlungen in der Schweiz.1 In den 70er Jahren injizierte der damalige Generaldirektor, Dr. Walter Senn, die Gründung einer Kunstkommission mit Otto Wagner, dem Direktor des Kunstmuseums Bern als externen Berater. Ein erstes Kunstankaufskonzept wurde 1980 erstellt. Es bestand hauptsächlich aus einer Liste namhafter Kunstschaffender. Wichtige Werke von Vallotton, Amiet, Buchet und Auberjonois fanden so Eingang in die Sammlung. Ein Wendepunkt stellte 1989 die Fertigstellung des neuen Hauptsitzes der Mobiliar an der Bundesgasse 35 in Bern dar. Für die Planung des Umzuges der Sammlung, die auch zahlreiche grafische Arbeiten umfasste, und zur Ausarbeitung eines Kunstkonzeptes für den Neubau wurde eine Kunsthistorikerin2 angestellt. Die Aufträge der „Kunst am Bau“ Projekte, wie die künstlerischen Interventionen in jener Zeit genannt wurden, stellten in der Sammlungspolitik einen ersten Schritt hin zur aktuellen Schweizer Gegenwartskunst dar. Ueli Berger platzierte den roten Chribel vor dem Gebäude, für den Empfangsbereich entwarf Franz Eggenschwiler ein monumentales „Kastenrelief“ mit einem Panoptikum dessen, was er in seinem überbordenden Assoziationsspektrum als das Schweizerische begriff, und Bernhard Luginbühl gestaltete eine stattliche Flügelmutterfigur, die an seine frühen Skulpturen anknüpfte und die ihren Raum vor dem Zugang zum Restaurant seither gelassen verteidigt. Wie in anderen Firmensammlungen von Banken, Versicherungen und Pharmakonzernen wurden offene Zonen wie Empfangsräume, Sitzungszimmer, Gänge und Foyers mit aktuellen Werken

von Schweizer Kunstschaffenden gestaltet. Neben dem repräsentativen Charakter erfüllen die Werke in den Etagen, Verzweigungen und Gängen und auch eine willkommene Orientierungsfunktion. Eine monumentale Trilogie von Franz Wanner Werden, Sein, Vergehen beispielsweise bezeichnet seit dem Bezug des Neubaues die ersten drei Geschosse an der Bundesgasse. Alle bis ins Jahr 2000 angekauften Werke sind im Sammlungskatalog, welcher aus Anlass des 175-jährigen Jubiläums der Mobiliar 2001 erschienen ist, verzeichnet. In diesem Buch, welches in Zusammenarbeit mit dem SIK ISEA in Zürich publiziert wurde, ist auch die Geschichte der Sammlung im Detail aufgearbeitet worden3. Zum Jubiläum der Mobiliar 2001 zeigte das Kunstmuseum Bern die Kunstsammlung als erste Firmensammlungen in einer umfassenden Hauptausstellung. Der konzentrierte Blick auf die Sammlung im musealen Umfeld bestärkte ihre Bedeutung und verlieh der Kunstkommission Zuversicht, den eingeschlagenen Weg im Sinne einer Formulierung aus dem Jahre 1988 weiterzuverfolgen: „Es ist nicht immer erstrebenswert, das zu besitzen, was alle anderen auch haben wollen, es besteht vielmehr eine Herausforderung darin, nach dem zu suchen, was der Sammlung der Mobiliar nach innen und nach aussen Identität verleiht.“ Ein wichtiger Mosaikstein in dieser Eigenart der Sammlung bildete 2001 der Entscheid, anlässlich der Ausstellung im Kunstmuseum Bern die „Hodlerprojekte“ zu realisieren. Parallel zur Retrospektive wurden junge Kunstschaffende beauftragt, zur Aktualität von Ferdinand Hodlers Holzfäller (S.25), einem zentralen Werk der Kunstsammlung der Mobiliar, Stellung zu nehmen. Die „Hodlerprojekte“ sollten die


157 Ueli Berger Chribel 1986 Acciaio dipinto Stahl, bemalt 16×4×3 m Inv. 1662/1986 Franz Wanner Vergehen (blau) 1989 Pigmenti e legante su juta Pigmente und Binder auf Rupfen 150×400 cm Inv. 1625/1989 Pagina seguente: Nächste Seite: Raoul Marek «Lieber F. H. ...», 1995 Cordoni, bambù e aste in ottone Kordeln, Bambus und Messingständer 80×60 cm Inv. 2062/1995 Foto: Elisabeth Zahnd


158


159 sorprendenti, ludici e in parte del tutto personali. I giovani artisti imboccarono percorsi nuovi e insoliti e impiegarono con generosità i media tecnici più recenti quali il video e l’installazione. Si va dunque dall’installazione boschiva con video di Frantiček Klossner, che con legno spaccato di fresco stimola l’olfatto, a una videoinstallazione interattiva di Laurent Schmid, con l’idolo pop Jimi Hendrix che nel delirio fracassa la chitarra; dai tronchi d’albero spessi un braccio di Hervé Graumann, che lasciano lo sguardo libero di vagare su una natura generata al computer e accostano il movimento pieno di forza del taglialegna allo slancio sportivo di un giocatore di golf, alle fotografie di Esther van der Bie, i cui palcoscenici deserti, senza taglialegna, rimandano in modo scherzoso alle innumerevoli riproduzioni del soggetto caro a Ferdinand Hodler. Mentre gli artisti citati sviluppavano lavori inediti, Ana Axpe, Marie-Antoinette Chiarenza e Raoul Marek diedero nuova vita a opere già mostrate in altri contesti. La fotografia di Marie-Antoinette Chiarenza Je suis une femme, pourquoi pas vous?, 2001 (p.33), con la fulminante posa alla Joseph Beuys dell’artista davanti alla versione del taglialegna appartenente al Kunstmuseum di Berna, entrò in seguito a far parte della collezione della Mobiliare e si trova oggi presso il museo bernese come prestito permanente. Di Ana Axpe la collezione acquisì un lightbox in cui l’artista inscena se stessa come pin-up provocante munita di motosega (p.32). Analogamente al taglialegna che brandisce la scure, l’artista prende di mira il codice proprio dello sguardo maschile in prospetti pubblicitari e calendari di macchine agricole, e getta uno sguardo ironico sull’ambito lavorativo di artigiani e agricoltori, che al simbolo

hodeleriano di “bonifica e fertilizzazione“ associano tutt’altre rappresentazioni, ben più convincenti! Infine, l’installazione Lieber F. H. ... di Raoul Marek si rifà direttamente all’Holzfäller della Mobiliare. Creati in origine per una rassegna tenutasi nel 1995 nell’area d’ingresso, i cordoncini rossi sostenuti da montanti in acciaio cromato richiamano le barriere utilizzate davanti agli hotel di lusso, in interni in occasione di conferenze importanti o negli aeroporti nel settore della First Class. Con i montanti collocati in modo leggermente obliquo, l’installazione fa riferimento compositivo al movimento dinamico del taglialegna e delimita uno spazio preciso davanti al quadro. Raoul Marek si confronta con Il taglialegna, già all’epoca di Hodler simbolo potente legato al concetto di patria e a tutto quanto è svizzero, creando una recinzione leggera e ariosa, che suggerisce delimitazione, protezione ma anche esclusione. L’artista, che vive da anni a Parigi e a Berlino, osserva la Svizzera dall’esterno. Parallelamente al contenuto simbolico del taglialegna, Raoul Marek intende la sua installazione anche come simbolo della Svizzera, commenta con arguzia l’atteggiamento di rifiuto dell’elettorato svizzero all’ingresso nell’allora SEE e riflette con ironia sui concetti di permeabilità ed emarginazione. La retrospettiva al Kunstmuseum di Berna ha costituito dunque un momento importante per la collezione della Mobiliare. Ha evidenziato dei punti chiave? Come si è proceduto in seguito? L’esposizione mostrò chiaramente come il punto focale della raccolta fosse costituito da una generazione oggi un po’ più anziana e appartenente alla scena artistica bernese: nomi

Sammlung mit der aktuelle Kunstszene konfrontieren, um daraus Impulse für die zukünftige Sammlungstätigkeit zu generieren. Die künstlerischen Auseinandersetzungen mit einer der symbolträchtigsten Formulierungen der Schweizer Kunst brachten überraschende, spielerische und zum Teil ganz persönliche Resultate hervor: Von der mit frisch gespaltetem Holz auf den Geruchssinn zielenden Waldinstallation samt Video von Frantiček Klossner, über eine interaktive Videoinstallation von Laurent Schmid mit dem Pop-Idol Jimi Hendrix, der seine Gitarre im Delirium zerschmettert, zu Hervé Graumann, dessen armdicke Baumstämme den Blick auf eine computergenerierte Natur freigaben und dabei die kraftstrotzende Bewegung des Holzfällers dem sportlichen Schwung eines Golfspielers zur Seite stellen, bis hin zu Esther van der Bie’s Fotografien mit den leeren Bühnen ohne Holzfäller, die spielerisch auf die zahlreichen Wiederholungen von Ferdinand Holders Sujet hinwiesen, gingen die jungen Kunstschaffenden neue ungewohnte Wege und setzten dabei grosszügig die neuen technischen Medien wie Video und Installationen ein. Während die genannten Künstler/innen neue Arbeiten entwickelten, liessen Ana Axpe, Marie-Antoinette Chiarenza und Raoul Marek Werke wiederaufleben, die sie schon in anderen Zusammenhängen gezeigt hatten. Die Fotografie von MarieAntoinette Chiarenza Je suis une femme, pourquoi pas vous“, 2001,(S.33) mit der fulminanten Joseph Beuys-Pose der Künstlerin vor der Holzfällerversion des Kunstmuseums Bern, ging in der Folge in die Sammlung der Mobiliar ein und befindet sich heute als Dauerleihgabe im Kunstmuseum Bern. Von Ana Axpe fand ein Leuchtkasten mit einer verführe-

rischen Selbstinszenierung als Pin-up mit Kettensäge Eingang in die Sammlung (S.32). In Analogie zum Axt schwingenden Holzfäller nimmt die Künstlerin darin die Codierung des männlichen Blickes in Werbeprospekten und Jahreskalendern von Landmaschinen aufs Korn und wirft einen ironischen Blick auf das Arbeitsumfeld von Handwerkern und Landwirten, die mit dem hodlerschen Symbol für „urbar Machung und Befruchtung“ ganz andere, handfestere Vorstellungen verbinden! Schliesslich nimmt die Installation Lieber F. H… von Raoul Marek direkt Bezug zum Holzfäller aus der Sammlung der Mobiliar. Ursprünglich gestaltet für eine Ausstellung, die 1995 in der Eingangshalle statt fand, erinnern die von edel polierten Chromstahlständern getragenen roten Kordeln an Schranken, wie sie vor Luxushotels, im Innern bei wichtigen Konferenzen oder in Flughäfen im Bereich der First Class Verwendung finden. Die Installation nimmt mit ihren leicht schräg gestellten Ständern kompositorisch Bezug auf die dynamische Bewegung des Holzfällers und sie grenzt vor dem Bild einen bestimmten Raum ab. Der Holzfäller, bereits zu Lebzeiten Hodlers ein mächtiges Sinnbild für den Begriff Heimat und für alles Schweizerische, konfrontiert Raoul Marek mit einer leichten und luftigen Einfriedung, die Abgrenzung, Schutz aber auch Ausgrenzung bedeutet. Der Künstler, der seit Jahren in Paris und Berlin lebt, betrachtet die Schweiz mit einem Blick von aussen. Parallel zum Symbolgehalt des „Holzfällers“ begreift auch Raoul Marek seine Installation als Sinnbild für die Schweiz und kommentierte damit listig die ablehnende Haltung des Schweizerischen Stimmvolkes zum damaligen


160 4

Liselotte Wirth Schnöller, Die «Corporate Collection» und ihr Beitrag zur Marke, in: Branding, catalogo dell’esposizione a cura di Dolores Denaro, Centre PasquArt Biel, p.150 s.

importanti come Peter Stein, Werner Otto Leuenberger, Milli Jäggi e Mariann Grunder, o i successori Leopold Schropp, Ka Moser, Lisa Hoever ed Eva Haas, sono voci che forse, nonostante un impegno serio e opere qualitativamente convincenti, non dureranno nel tempo; accanto a loro troviamo nomi famosi come Meret Oppenheim, Christian Megert, Markus Raetz, Franz Gertsch, Rolf Iseli, Balthasar Burkhard, insieme a rappresentanti della generazione più giovane come Silvia Gertsch e Chantal Michel. Molti di questi artisti non vivono o non vivevano a Berna, oppure hanno trascorso molto tempo all’estero. Oltre all’accento su Berna, lavori di John Armleder, Jean-Luc Manz, Olivier Mosset e Christiane Lovay resero visibile l’interesse per la Romandia, interesse ancorato nel programma di acquisizioni. La retrospettiva confermò che la strada era giusta, ma che la collezione avrebbe dovuto avere un ruolo ancora più centrale nel futuro. L’arredamento artistico degli uffici, che andava di pari passo con lo sviluppo dinamico dell’azienda, subì un mutamento progressivo e passò in secondo piano. Al contrario, l’esposizione annuale prese a suscitare sempre più discussioni all’interno della commissione artistica e a influenzare le decisioni relative all’acquisto o meno di singoli lavori o gruppi di opere. Da quel momento in poi, un’opera d’arte non contò più solo in relazione al percors professionale dell’ar tista, alla sua qualità e autenticità, ma anche per il suo potenziale, per la sua capacità di offrire a lungo termine materiale per le presentazioni temporanee nelle mostre della Mobiliare. Oltre alla collezione, fu la mostra annuale a stabilire in seguito i criteri per gli acquisti. Il tema veniva delineato sia

a partire dalla collezione stessa, secondo principi quali struttura, forma e contenuti, contesto e sviluppo, sia a partire da aspetti impellenti della gestione d’impresa o da richieste dei collaboratori: l’impossibilità di conciliare un ambiente di lavoro ideale, caratterizzato da immagini di natura, montagne o fiori, con il mondo delle immagini al computer, che sempre più segnava la quotidianità, sfociò nel 2002 nel tema espositivo Uomini, fiori, salvaschermo. Un’irritante opera su carta di Anna Amadio, a metà fra sismogramma e idillio paesaggistico, entrò così a far parte della collezione. Un tema affine, Alberi, boschi, radici, evidenziò l’anno seguente il bisogno di natura in ambito lavorativo e mise in luce le contraddizioni fra realtà e immaginazione. Esther van der Bie presentò in mostra Wälder und Verwandtes [Boschi e affini], immagini di natura costruite artificialmente. E una tipica fotografia in bianco e nero dalla serie Rio Negro di Balthasar Burkhard (p.29) riempì d’incanto l’atrio della Mobiliare con la magia di una natura incontaminata. Nel 2004, la mostra Meraviglie del sistema tematizzò con Gunter Frentzel e Ka Moser il rapporto fra tecnologia e arte. Nel 2005, la discussione relativa alla posizione della donna nel mondo del lavoro diede avvio alla ricerca Ladies first, che si interrogava sia sul modo in cui gli artisti rappresentano le donne, per esempio nel caso di Félix Vallotton o di Schang Hutter, sia su come le artiste vedono se stesse. Come un indumento dimenticato e a guisa di bambola, Chantal Michel si getta su una balaustra in una birreria in disuso (p.34). Dall’unione impossibile di due mondi opposti scaturisce un’atmosfera di allegria ma al tempo stesso di angoscia. Molto ampia si rivelò anche la discussione sul tema Branding,

4 Liselotte Wirth Schnöller: Die „Corporate Collection“ und ihr Beitrag zur Marke. In: Branding, Ausstellungskatalog, Herausgeberin Dolores Denaro, Centre PasquArt Biel, S. 150 f.

EWR Beitritt und sinnt ironisch über Durchlässigkeit und Ausgrenzung nach. Die Ausstellung im Kunstmuseum Bern war also ein wichtiges Highlight für die Sammlung der Mobiliar. Hat die Retrospektive Schwerpunkte aufgezeigt und wie ging es danach weiter? Die Ausstellung zeigte deutlich, dass der Fokus der Sammlung auf der heute älteren Generation der Berner Kunstszene lag. Wichtige Namen wie Peter Stein, Werner Otto Leuenberger, Milli Jäggi und Mariann Grunder oder die Nachfolgenden Leopold Schropp, Ka Moser, Lisa Hoever und Eva Haas, alles Positionen, die vielleicht, trotz ernsthafter Auseinandersetzung und qualitativ überzeugenden Werken die Zeit nicht überdauern werden; daneben bekannte Namen wie Meret Oppenheim, Christan Megert, Markus Raetz, Franz Gertsch, Rolf Iseli und Balthasar Burkhard und Vertreterinnen der jüngeren Generation wie, Silvia Gertsch und Chantal Michel. Viele dieser Kunstschaffenden leben oder lebten nicht in Bern oder waren längere Zeit im Ausland. Neben dem Schwerpunkt Bern wurde das im Ankaufskonzept verankerte Bekenntnis zur Romandie mit Arbeiten von John Armleder, Jean-Luc Manz, Olivier Mosset und Christiane Lovay sichtbar. Die Rückschau zeigte, dass der Weg zwar der richtige war, dass die Sammlung in Zukunft jedoch noch mehr im Zentrum stehen müsse. Die künstlerische Gestaltung von Büros, die im Gleichschritt mit der dynamischen Entwicklung der Unternehmung einen progressiven Wandel erfuhren, rückte in den Hintergrund. Hingegen lenkte die Jahresausstellung zunehmend die Diskussionen in der Kunstkommission und beeinflusste den Entscheid über Ankauf oder nicht Ankauf von

Einzelwerken und Werkgruppen. Bei einem Kunstwerk zählte fortan nicht nur der professionelle Weg der Künstlerin oder des Künstlers, seine Qualität und Authentizität, sondern auch sein Potenzial, langfristig Stoff für die wechselnden Präsentationen in den Ausstellungen der Mobiliar zu bieten. Neben der Sammlung gab in der Folge die Jahresausstellung die Richtschnur für die Ankäufe vor. Das Thema wurde einerseits aus der Sammlung heraus, nach künstlerischen Kriterien wie Gestaltung, Form und Inhalte, Umfeld und Entwicklung und andererseits aus aktuellen Aspekten der Unternehmensführung oder aus Anliegen der Mitarbeitenden herauskristallisiert: Die Unvereinbarkeit von wünschbarer Arbeitsumgebung mit Bildern von Natur, Bergen oder Blumen mit der Bildwelt am Computer, welche zunehmend den Alltag prägte, führte 2002 zum Ausstellungsthema Menschen, Blumen, Bildschirmschoner. Eine irritierende, zwischen Seismogramm und landschaftlichem Idyll gezeichnete Papierarbeit von Anna Amadio fand so Eingang in die Sammlung. Ein ähnliches Thema, Bäume, Wälder, Wurzeln, illustrierte im Folgejahr das Bedürfnis nach Natur im Arbeitsumfeld und zeigte Widersprüche auf zwischen Vorstellung und Realität. Esther van der Bie präsentierte in diese Ausstellung ihre künstlich konstruierten Naturbilder Wälder und Verwandtes. Und eine typische schwarzweisse Fotografie aus der Serie „Rio Negro“ von Balthasar Burkhard (S.29) zauberte die Magie unberührter Natur in die Eingangshalle der Mobiliar. Im Jahr 2004 thematisierte die Ausstellung Wunder der Systeme mit Gunter Frentzel und Ka Moser das Verhältnis von Technologie und Kunst. 2005 initiierte die Diskussion über die Stel-


elaborato a Bienne nel 2005 in collaborazione con il Centre PasquArt4. Il nostro interesse verteva sulle modalità con cui gli artisti creano i propri loghi e su come se ne servono. I ritratti di donne tatuate con marche in voga quali Chanel, Nike e Prada di Daniele Buetti (p.36) furono acquisiti in questa occasione. E San Keller scosse gli animi all’inaugurazione e in occasione della notte dei musei con la sua performance Haltet für San Keller die Fahne hoch [Tenete alta la bandiera per San Keller]. Il tema del 2007, Specchi, spazi, proiezioni, era legato al posizionarsi dell’allora modello ideale della Mobiliare. Uno specchio fungeva da simbolo e da messaggero per trasmettere i concetti fondamentali. Anche nell’arte gli specchi sono onnipresenti: il bernese Christian Megert ha significativamente dedicato al fenomeno l’opera di una vita. La mostra fu l’occasione per acquisire altre tre opere di Megert (p.116). Sylvia Mutti ha contribuito in maniera decisiva alla scelta dei lavori esposti. È pure accaduto che una singola opera desse impulso al tema espositivo: è il caso dell’affascinante dipinto notturno Walks, 1999, di Thomas Flechtner (p.57). Le magiche tracce di luce sulla neve ci spinsero nel 2008 alla ricerca di altre Tracce, percorsi e storie nel corpus della collezione. Nel 2009 la parola d’ordine fu Zone ad assorbimento d’urto. Scelta e curata da Rea Reichen, la rassegna era incentrata non solo sul significato delle zone d’incontro e sui loro “pericoli”, ma fece anche in modo che opere contrapposte della collezione si imbattessero l’una nell’altra in un dialogo avvincente. Sua fu anche l’idea di approfondire, l’anno successivo, il fascino del “bianco e nero”; non da ultimo perché — come dimostra lung der Frau in der Arbeitswelt die Untersuchung Ladies first, wobei sich die Frage stellte, wie Künstler Frauen darstellen, beispielsweise bei Félix Vallotton oder Schang Hutter, und wie sich Künstlerinnen selber sehen. Wie ein vergessenes Kleidungsstück legt sich Chantal Michel in puppenhafter Aufmachung über eine Brüstung in einer verlassenen Bierbrauerei(p.34). Aus der unmöglichen Verbindung zweier gegensätzlicher Welten geht eine erheiternde aber zugleich auch beklemmende Stimmung hervor. Sehr umfangreich war auch die Auseinandersetzung mit dem Thema Branding, welches in Zusammenarbeit dem Centre PasquArt in Biel 2005 erarbeitet wurde4. Uns interessierte dabei wie sich Kunstschaffende ihre eigene Marke schaffen und wie sie mit Marken umgehen. Die mit gängigen Modelabels wie Chanel, Nike und Prada tätowierten Frauenportraits von Daniele Buetti (S.36) kamen so in die Sammlung. Und San Keller bewegte die Gemüter an der Eröffnung und an der Museumsnacht mit seiner Performance: Haltet für San Keller die Fahne hoch. Das Thema Spiegel, Räume, Projektionen, 2007, stand im Zusammenhang mit der Positionierung des damaligen Leitbildes der Mobiliar. Ein Spiegel diente als Sinnbild und Botschaftsträger für die wichtigen Kernbegriffe. Auch in der Kunst sind Spiegel allgegenwärtig: Der Berner Christian Megert hat dem Phänomen ein bedeutendes Lebenswerk abgerungen. Die Ausstellung gab den Anlass, drei weitere Werke von Megert (S.116) für die Sammlung zu erwerben. Sylvia Mutti hat als Co-Kuratorin die Auswahl der gezeigten Arbeiten massgeblich mitgeprägt. Es kam auch vor, dass ein Einzelwerk den Ausschlag für das

Chantal Michel Die Wirkilichkeit stellt eine Unwahrscheinlichkeit dar, die eingetreten ist Gurtenbrauerei Wabern, Bern 1998 –1999 Fotografia a colori su carta Farbfotografie auf papier 150×150 cm Inv. 2270/1999


162 5

Composizione attuale della commissione artistica (dal 2009): direzione: Liselotte Wirth Schnöller, dal 1989. Membri interni: Bruno Züricher, Consulente Assicurazione cose, Berna, dal 1989, Patrick Tharin, specialista pubblicità, prevenzione Nyon, dal 2010. Consulenti esterni: Dr. Christoph Vögele, Direttore del Kunstmuseum di Soletta, membro della commissione artistica dal 2010.

l’esperienza — i collaboratori che desiderano qualcosa di “colorato” per il loro ufficio scelgono molto spesso composizioni in bianco e nero o al massimo lavori tono su tono. Nell’ambito di questa esposizione, la commissione artistica acquisì una serie di incisioni su linoleum di Wolfgang Zät (p.80,81). Con la sua tecnica sottile e un gesto pieno di forza, l’artista oppone alla frenesia del mondo visivo digitale un’intensità durevole e ricava nuova vita da un antico mestiere. Al “bianco e nero” fecero seguito nel 2011 i colori Colours, Couleurs, Colori. Questa volta fu la storica dell’arte Janine Guntern a elaborare il tema, non nel senso di un’analisi scientifica del fenomeno, bensì in maniera empirica sulla base di pezzi importanti della collezione. Al centro della mostra c’era Puls, un lavoro magico, vibrante e quasi optical di Giacomo Santiago Rogado, che dominava un intero spazio. Le superfici cromatiche di questa grande opera, a forma di goccia e ordinate in diagonale, producono un insolito effetto meditativo, che attira nel suo incantesimo non solo lo sguardo, bensì tutto il corpo degli spettatori. Il dipinto ha la sua collocazione fissa nell’atrio della sede principale della Mobiliare Assicurazioni sulla vita a Nyon. Lì irradia, con due pendant dello stesso artista, l’inquieta situazione spaziale e conferisce al luogo una chiara identità. Nell’esposizione attuale (2012), Janine Guntern considera il desiderio dell’azienda di potenziare la propria attività nei centri urbani della Svizzera e mette in mostra opere della collezione con il motto UrbanNature. Contrapponendo concezioni diverse di città e campagna e delle rispettive zone periferiche, la rassegna intende dare il suo contributo alla percezione critica degli spazi vitali e del ruolo dei loro

abitanti. Le casette per gli uccelli di Reto e Markus Huber sono entrate così come acquisto più recente nella collezione della Mobiliare (p.102). Il titolo del testo affronta l’idea di collezionismo come atto di insicurezza produttiva. Quanto detto fin qui appare tuttavia piuttosto plausibile e denota sicurezza più che insicurezza! A uno sguardo retrospettivo tutto appare solido e sicuro! All’epoca degli acquisti e della messa in scena delle opere negli spazi aziendali si levarono più volte voci critiche, e molto di quello che oggi appare ovvio e appartiene alla Mobiliare incontrò a suo tempo diffidenza e scetticismo. Per fortuna la direzione ha sempre lasciato libertà di manovra alla commissione artistica e le ha concesso la necessaria fiducia. Markus Hongler, CEO della Mobiliare, ha di recente rinforzato questo approccio. Così, la responsabilità di “prendere le misure” e di realizzare il fattibile è rimasta alla commissione artistica5. Sono stati soprattutto lo sviluppo dell’arte più attuale in direzione di un rapporto insolito, spesso radicale, con la realtà, il tema del ricordo o la riduzione di forme e mezzi di rappresentazione fino al dissolversi di cose e oggetti a costituire una sfida per il pubblico. L’osservatore passivo è abituato all’astrazione geometrica e gestuale, già integratasi nel mondo del lavoro a partire dagli anni settanta come nota di colore moderna e nel frattempo accettata. Ma le norme, i mezzi e i media sempre nuovi con cui gli artisti vanno incontro a un mondo sempre più complesso, insieme alle loro molteplici forme espressive, per le quali l’unica costante è il cambiamento, assicurano continue sorprese e lasciano spesso solo, nello spazio fra

Ausstellungsthema vorgab: So geschehen beim faszinierenden Nachtbild Walks,1999, von Thomas Flechtner (S.57). Die magischen Lichtspuren im Schnee liessen uns 2008 nach anderen Spuren Fährten und Geschichten aus dem Sammlungsbestand Ausschau halten. 2009 lautete das Motto Knautschzonen. Ausgewählt und kuratiert von Rea Reichen ging es nicht nur um die Bedeutung von Begegnungszonen und ihren „Gefahren“, sondern es trafen auch gegensätzliche Werke aus der Sammlung in einem spannenden Dialog aufeinander. Ihre Idee war es auch, im darauf folgenden Jahr der Faszination „Schwarzweiss“ auf den Grund zu gehen; nicht zuletzt deshalb, weil—wie die Erfahrung zeigt—Mitarbeitende, die etwas „Farbiges“ für ihr Büro wünschen, sehr oft schwarzweisse Kompositionen oder zumindest Arbeiten Ton in Ton auswählen. Im Rahmen dieser Ausstellung erwarb die Kunstkommission eine Reihe von grossformatigen Linolschnitten von Wolfgang Zät (S.80,81). Mit seiner subtilen Technik und einer kraftvollen Geste setzt der Künstler der Schnelllebigkeit digitaler Bildwelten nachhaltige Intensität entgegen und ringt einem alten Handwerk neues Leben ab. Auf Schwarzweiss folgten 2011 die Farben Colours, Couleurs, Colori. Dieses Mal erarbeitete die Kunsthistorikerin Janine Guntern das Thema; nicht im Sinne einer wissenschaftlichen Untersuchung des Phänomens, vielmehr empirisch auf der Basis wichtiger Positionen aus der Sammlung. Im Zentrum der Ausstellung stand Puls, ein Raum beherrschendes, „op-artig“ vibrierendes Zauberwerk von Giacomo Santiago Rogado. Die tropfenförmigen diagonal angeordneten Farbflächen des ausladenden Werkes erzeugen eine eigenartig meditative Wirkung, welche nicht nur den Blick son-

dern den ganzen Körper der Betrachterin in ihren Bann zieht. Das Gemälde hat seinen festen Platz in der Eingangshalle am Hauptsitz der Mobiliar Lebensversicherungen in Nyon. Dort überstrahlt es zusammen mit zwei Pendants desselben Künstlers die unruhige räumliche Situation und verleiht dem Ort eine klare Identität. In der aktuellen Ausstellung 2012 zeigt Janine Guntern Werke aus der Sammlung unter dem Motto UrbanNature. Damit wird dem Bestreben der Unternehmung, in den städtischen Zentren der Schweiz aktiver zu werden, Rechnung getragen. Durch die Gegenüberstellung ganz unterschiedlicher Auffassungen von Stadt und Land und den dazugehörenden Randgebieten, will die Ausstellung ihren Beitrag leisten zur kritischen Wahrnehmung von Lebensräumen und der Rolle ihrer Bewohnerinnen und Bewohnern. Die Vogelhäuschen von Reto und Markus Huber gelangten so als jüngster Ankauf in die Sammlung der Mobiliar(S.102). Im Titel zu diesem Text wird Sammeln als ein Akt produktiver Verunsicherung angesprochen. Bis anhin klingt das Beschriebene aber recht plausibel und eher nach Versicherung als nach Verunsicherung! Im Rückblick erscheint alles festgefügt und sicher! In der jeweiligen Gegenwart von Kunstankäufen und Inszenierungen von Werken in den Räumen der Unternehmung gab es verschiedentlich kritische Stimmen und Vieles, was heute selbstverständlich ist und zur Mobiliar gehört, stiess einst auf Zurückhaltung und Skepsis. Zum Glück hat die Geschäftsleitung der Kunstkommission immer freie Hand gelassen und ihr das nötige Vertrauen geschenkt. Markus Hongler, der CEO der Mobiliar, hat diese Haltung in jüngster Zeit auch wieder be-


163 comprensione ed enigma, lo spettatore non soltanto profano. Questa tensione fra comparabile e incomparabile, e la conseguente esperienza di insicurezza, stimolano le emozioni e attivano il pensiero creativo. Ed è senz’altro anche divertente riconoscere con quali mezzi e trucchi gli artisti minano e ampliano il nostro bagaglio di idee e ci mettono davanti ai nostri pregiudizi e alle nostre debolezze. Perché l’arte non è più da tempo al servizio di una sublime elevazione e ci pone invece di fronte a uno specchio. Un lavoro che occupa un posto di rilievo nell’atrio della Mobiliare e che ci costringe davanti a questo specchio in modo esemplare è la piccola scultura collocata ad altezza d’occhio Todo, Nada di Markus Raetz. Da un’angolazione normale, frontale, la scultura mostra segni astratti illeggibili, che ricordano forse delle rune. Se lo spettatore si muove verso sinistra, il cambiamento di prospettiva fa sì che i segni si combinino a formare la parola Nada [niente], se invece ci si muove verso destra, si può leggere Todo [tutto]. È la prospettiva assunta dallo spettatore a decidere se vedere tutto o niente, o, come Sylvia Mutti ha osservato una volta laconicamente durante una visita guidata: nell’ambito della Mobiliare, Todo dovrebbe essere interpretato come “Lista di cose da fare (to do)”. To do, e dove? – Ma qui (Na da)! Un’altra opera importante di un artista contemporaneo significativo e presente nell’esposizione UrbanNature 2012, Fass [Bidone] di Roman Signer (p.108), offre in termini assicurativi un grosso potenziale di insicurezza. Una pompa di circolazione non silenziosa immette un potente getto d’acqua in un bidone grazie a un ampio imbuto. Nel sistema di circolazione l’acqua viene tolta dal bidone e poi reimmessa

attraverso l’imbuto. Il circuito chiuso diventa un funzionamento estetico a vuoto, con consumo di energia e rumore! Sebbene Roman Signer sia un rappresentante di spicco dell’arte svizzera contemporanea, la moderna “fontana del villaggio”, come ci piace altrimenti interpretare il bidone, sarà ancora a lungo fonte di insicurezza in seno alla Mobiliare, prima che la consapevolezza del suo possesso si trasformi in orgoglio.

kräftigt. So blieb es in der Verantwortung der Kunstkommission, das Feld zu vermessen und das Machbare umzusetzen5. Insbesondere die Entwicklung der jüngeren Kunst hin zu einem ungewohnten, oft radikalen Umgang mit der Realität und dem Thema Erinnerung oder die Reduktion von Darstellungsformen und Mitteln bis hin zur Auflösung von Dingen und Gegenständen, stellte für das Publikum eine Herausforderung dar. An die geometrische und gestische Abstraktion, die sich seit den 70er Jahren als moderner aber inzwischen akzeptierter Farbakzent in der Arbeitswelt integriert hatte, ist der passive Kunstbetrachter gewohnt. Aber die stets neuen Mittel, Medien und Massstäbe, mit welchen die Kunstschaffenden einer zunehmend komplexen Welt begegnen, und ihre vielfältigen Ausdrucksformen, deren einzige Konstante die Veränderung ist, sorgt immer wieder für Überraschungen und lässt nicht nur den Kunstlaien oft im Raum zwischen Verstehen und Rätseln allein zurück. Diese Spannung zwischen Vergleichbarem und Unvergleichlichem und mithin das Erleben von Verunsicherung stimuliert die Emotionen und regt das kreative Denken an. Und es macht durchaus auch Spass zu erkennen, mit welchen Mitteln und Tricks die Kunstschaffenden unsere Vorstellungen untergraben und erweitern und uns unsere Vorurteile und Schwächen vorführen. Denn Kunst dient längst nicht mehr der hehren Erbauung sondern hält uns den Spiegel vor. Ein Beispiel, welches in der Eingangshalle der Mobiliar einen prominenten Platz einnimmt und diesen Spiegel exemplarisch vorführt, ist die kleine, auf Augenhöhe eingerichtete Skulptur Todo, Nada von Markus Raetz. Aus einem normalen, frontal gerichteten Blickwinkel zeigt die Skulptur abstrakte unleserli-

che Zeichen, die vielleicht an Runen erinnern. Bewegt sich der Betrachter nach links, setzen sich die Zeichen durch den Wechsel der Perspektive zu Nada (nichts) zusammen, bewegt man sich hingegen nach rechts, ist Todo (alles) zu lesen: Alles oder nichts sehen entscheidet sich durch die Perspektive, welche der Betrachter einnimmt, oder wie Sylvia Mutti einst bei einer Führung lakonisch bemerkte: Im Umfeld der Mobiliar müsse Todo als „To do-Liste aufgefasst werden. To do, wo denn? – Na da! Ein anderes wichtiges Werk eines bedeutenden Gegenwartskünstlers, das „Fass“ von Roman Signer (S.108), welches im Rahmen der Ausstellung UrbanNature 2012 gezeigt wird, stellt im Umfeld der Versicherung ein grosses Potenzial an Verunsicherung bereit. Eine nicht lautlose Umwälzpumpe lässt einen kräftigen Wasserstrahl durch einen ausladenden Trichter in ein Fass fliessen. In einem Kreislauf wird das Wasser dem Fass entnommen und durch den Trichter wieder eingespeist. Der geschlossene Kreislauf wird zu einem ästhetischen Leerlauf mit Energieverschleiss und Lärm! Obwohl Roman Signer einer der ganz wichtigen Vertreter Schweizerischer Gegenwartskunst ist, wird der zeitgemässe „Dorfbrunnen“, als welchen wir das Fass auch gerne interpretieren, im Umfeld der Mobiliar noch lange für Verunsicherung sorgen bevor sich das Bewusstsein über dessen Besitz in Stolz verwandelt.

5 Seit 2009 aktuelle Zusammensetzung der Kunstkommission: Leitung: Liselotte Wirth Schnöller, seit 1989. Mitglieder intern: Bruno Züricher, Fachberater Sachversicherungen Bern, seit 1989, PatrickTharin, Fachspezialist Werbung, Vorsorge Nyon, seit 2010. Externer Berater: Dr. Christoph Vögele, Direktor Kunstmuseum Solothurn, Mitglied in der Kunstkommission seit 2010.



165 Elenco delle opere in mostra Verzeichnis der ausgestellten Werke

Peter Aerschmann Von der Brücke 2005 Videoinstallazione Videoinstallation 7' (loop) Ed. 3/3 Inv. 2452/2005 City Walking 2005 Videoinstallatione Videoinstallation 9' (loop) Ed. 2/3 Inv. 2453/2005 Anna Amadio Ginger Orange 1999 Pennarello su carta Filzstift auf Papier 82×107 cm Inv. 2306/2000 Cuno Amiet Blick aus dem Atelier in das winterliche Dorf 1938 Olio su tela Öl auf Leinwand 63,5×52,5 cm Inv. 384/1957 Blumenstillleben 1954 Olio su Pavatex Öl auf Pavatex 38×46.5 cm Inv. 1077/1983 John M Armleder Sans titre 1983 Acrilico su tela Acrylfarbe auf Leinwand 116×89 cm Inv. 1980/1994s Ana Axpe Pin-up à la troçonneuse 2001 C-Print e light box C-Print in Leuchtkasten 130×90 cm Ed. 1/5 Inv. 2366/2002 Silvia Bächli Floreal Nr. 22 2001 Tempera su carta Gouache auf Papier 200×150 cm Inv. 2330/2001

Silvia Bächli Ohne Titel 2000 Tempera su carta Gouache auf Papier 60×80 cm Inv. 2350/2002 Linien 10 2002 Inchiostro su carta Tusche auf Papier 200×150 cm Inv. 2401/2003 Babette Berger Difficult situation 2004–2005 Olio su cotone Öl auf Baumwolle 160×190 cm Inv. 2447/2005 Olaf Breuning Marilyn #9 2010 Inkjet su carta/auf Papier 136×99 cm Ed. 1/3 Inv. 2613/2010 Daniele Buetti Dalla serie/Aus der Serie Good Fellows Prada 29 2003 C-Print su carta/auf Papier 70×100 cm Ed. 1/3 Inv. Nr. 2450/2005 Dalla serie/Aus der Serie Good Fellows Nike 2003 C-Print su carta/auf Papier 70×100 cm Ed. 1/3 Inv. 2451/2005 Do you live for yourself or for others? 2005 Lightbox/Lichtkasten 101×80×10 cm Inv. 2458/2006 Balthasar Burkhard Orchidee 1988 Fotografia su carta baritata e tela dipinta Fotografie auf Barytpapier und gemaltes Leinwand 122.5×263 cm Inv. 1771/1990 Désert, Namibia 2000 Fotografia su carta baritata Fotografie auf Barytpapier 100×125 cm Ed. 2/5 Inv. 2332/2001

Balthasar Burkhard Rio Negro 2002 Fotografia su carta baritata su alluminio Fotografie auf Barytpapier auf Aluminium 125×250 cm Ed. 1/7 Inv. 2367/2002 Chicago 2006 Fotografia su carta baritata su alluminio Fotografie auf Barytpapier, auf Aluminium 84×180 cm Ed. 1/7 Inv. 2505/2007 Marie José Burki Près d’ici (II) 2010 Video 10' 41'' (loop) Inv. 2586/2010 Gianfredo Camesi Alchimie de la vision 1984 –1986 Tecnica mista su granito Mischtechnik auf Granit 4 elementi/teilig 103×76 ognuno/jedes Inv. 1486–9/1987 Luciano Castelli Meret Oppenheim 1995 Resina sintetica su carta Kunstharz auf Papier 160×120 cm Inv. 2149/1997 Marie-Antoinette Chiarenza Je suis une femme, pourquoi pas vous? 1995–2001 Fotografia su carta su alluminio Fotografie auf Papier auf Aluminium 240×168 cm Inv. 2427/2001 Philippe Decrauzat Extended D. M. (Dream Machine) 2004 Acrilico su tela/Acryl auf Leinwand 115×200 cm Inv. 2437/2004 Christian Denzler Buben, N° 3 1999 Olio su tela Öl auf Leinwand 207×76 cm Inv. 2313/2000 Buben, N° 4 1999 Olio su tela Öl auf Leinwand 207×76 cm Inv. 2314/2000


166 Christian Denzler o. T. (Portrait Mädchen) 2006 Matita su carta Bleistift auf Papier 120×80 cm Inv. 2484/2006 o. T. (Portrait Knabe) 2006 Matita su carta Bleistift auf Papier 120×80 cm Inv. 2485/2006 Barbara Ellmerer Zoom, Miss S. 2001 Olio su cotone Öl auf Baumwolle 75×210 cm Inv. 2344/2002 Franz Fedier Schwarzer Freitag 1957 Lacca d’ardesia su carta su tela Schieferlack auf Papier auf Leinwand 162×130 cm Inv. 1793/1991 Thomas Flechtner Walks (Chli Rinderhorn) 1999 C-Print su carta/auf Papier 180×220 cm Ed. 3/3 Inv. 2333/2001 Sylvie Fleury Miracle 2001 Neon viola/violett 12×100×5 cm Ed. 19/25 Inv. 2623/2011 Gunter Frentzel Ohne Titel 2004 159 barre quadrangolari 159 Vierkant-Stahlstäbe 160×135×135 cm Inv. 2433/2004 Athene Galiciadis The Flow 2010 Matita e olio su carta Farbstift und Öl auf Papier 85×70 cm Inv. 2572/2010 Franz Gertsch Doris 1989 Silografia su carta giapponese Holzschnitt auf Japanpapier 244×184 cm Inv. 1696/1990

Silvia Gertsch Interieur 1997 Acrilico dietro vetro Acryl hinter Glas 3 elementi/teilig 90×52 cm ognuno/jedes Inv. 2212-2214/1997 Movie 2000 Olio dietro vetro, vernice su vetro Öl hinter Glas, Lack auf Glas 77×117 cm Inv. 2331/2001 Camille Graeser Vier Farben. Gleiche Quanten 1967 Acrilico su tela Acrylf auf Leinwand 80×80 cm Inv. 1129/1982 Hervé Graumann Pattern IV 2001 Ilfochrome su carta su alluminio Ilfochrome su carta auf Aluminium Ed. 2/5 80×79 cm Inv. 2349/2002 Eva Haas Salutami le stelle 1997 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 180×120 cm Inv. 2187/1997 Ferdinand Hodler Der Holzfäller 1910 Olio su tela Öl auf Leinwand 129,5×100 cm Inv. 158/1939 huber.huber Vogelhäuser (Elle et Lui) 2006 Calcestruzzo Betonguss Pda/EA 30×20×20 cm Inv. 2624/2011 huber.huber Mikrouniversum und andere kleine Systeme, Tableau 5 e/und Tableau 7 2011 Collage e inchiostrosu carta Collage und Tusche auf Papier 100×70 cm ognuno/jeder Inv. 2637-8/2012

Rolf Iseli Homme de Saint-Romain 1973 Tecnica mista su cartone Mischtechnik auf Karton 105×75 cm Inv. 1127/1986 Daniela Keiser Lampe 2006 C-Print su carta C-Print auf Papier 4 elementi/tailig 50×35 cm ognuno/jedes Ed. 1/3 Inv. 2506/2007 Rot II 2006 C-Print su carta C-Print auf Papier Ed. 2/3 125,5×81,2 cm Inv. 2516/2008 Isabelle Krieg Die Welt endecken 2001–2003 Fotografie a colori su carta Farbfotografie auf Papier 12 elementi/teilig 25×35 cm (10×) 35×25 cm (2×) Inv. 2464–75/2006 Tapfere Blumen 2007-2011 C-Print su carta C-Print auf Papier 36×24 cm (3×) 24×36 cm (2×) Inv. 2626–30/2011 Alois Lichtsteiner Ohne Titel (Berg) 2011 Xilografia, olio su carta giapponese Holzschnitt, Öl auf Japanpapier 99×142 cm Inv. 2635/2011 Urs Lüthi Health From the series Placebos & Surrogates 1997 Ilfochrome su carta Ilfochrome auf Papier 150×110×12 cm Inv. 2302/2000 Urs Lüthi Beauty From the series Placebos & Surrogates 1997 Ilfochrome su carta Ilfochrome auf Papier 150×120×12 cm Inv. 2303/2000

Jean-Luc Manz Signes pour une nouvelle géométrie 2000 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 8 elementi/teilig 30×40 cm ognuno/jedes Inv. 2300/2000 Christian Megert Spiegelobjekt ID09_04 2004 Specchio, legno, pittura Spiegel, Holz, Farbe 90×90×12 cm Inv. 2496/2007 Spiegelobjekt ID11_04 2004 Specchio, legno, pittura Spiegel, Holz, Farbe 90×90×12 cm Inv. 2498/2007 Chantal Michel Die Wirkilichkeit stellt eine Unwahrscheinlichkeit dar, die eingetreten ist Gurtenbrauerei Wabern, Bern 1998–1999 Fotografia a colori su carta su alluminio Farbfotografie auf Papier auf Aluminium 150×150 cm Inv. 2271/1999 Wieso der Kuchen vom Himmel fällt, Lili ein Hindernis überspringen muss und endlich weiss, was sie will, Insel Ufenau N° 40 2003 Lambda Print su carta alluminio Lambda Print auf Papier auf Aluminium 34×52 cm Ed. 3/5 Inv. 2386/2003 Wieso der Kuchen vom Himmel fällt, Lili ein Hindernis überspringen muss und endlich weiss, was sie will, Insel Ufenau N° 36 2002 – 2003 Lambda Print su carta su alluminio Lambda Print auf Papier auf Aluminium 34×52 cm Ed. 1/5 Inv. 2387/2003 Otto Morach Das Grossmünster in Zürich (II) ~1925 Olio e tecnica mista su tela Öl und Mischtechnik auf Leinwand 100×80 cm Inv. 1093/1982


167 Virginie Morillo Cochon pendu 2009 Matita su carta Bleistift auf Papier 106,5×75 cm Inv. 2587/2010

Flavio Paolucci Senza titolo 1991 Tecnica mista su tela Mischtechnik auf Leinwand 153×103 cm Inv. 1813/1991

Markus Raetz Tag oder Nacht 1998 Acquatinta e acquaforte su carta Acquatinta und Radierung auf Papier 91×80 cm Inv. 2238/1998

Albrecht Schnider Ohne Titel 2008 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 181×129 cm Inv. 2525/2008

Ka Moser Kaleidoscope-eye II 1966 Stampa laser su carta su alluminio Laser Print auf Papier auf Aluminium 80×80 cm Inv. 2158/1997

Carmen Perrin Les puits 2005 Mattone, pittura acrilica Backstein, Acrylfarbe 125×125×3 cm Inv. 2442/2005

Ohne Titel 1977 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 78×68 cm Inv. 2239/1998

Pierre Schwerzmann Ohne Titel 2006 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 150×130 cm Inv. 2560/2009

Moser & Schwinger Affection riposte 2001 Videostills su carta su alluminio Videostills su carta auf Aluminium 75×100 cm (3×) Inv. 2529–31/2001

Cible II 2008 Policarbonati e acrilico Polycarbonat und Acryl 100×100×3 cm Inv. 2517/2008

Olivier Mosset Ohne Titel 1992 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 180×118 cm Inv. 2316/2001 Ursula Mumenthaler Ohnte Titel (S.I.P. 96.3) 1996 Cibachrome e acrilico su carta su alluminio Cibachrome und Acryl auf Papier auf Aluminium 124×124 cm Inv. 2147/1996 Yves Netzhammer Dalla serie/Aus der Serie ‹Sollbruchstelle› 2003 C-Print su carta su alluminio C-Print auf Papier auf Aluminium 105×80 cm Ed. 1/3 Inv. 2403/2003 Ohne Titel 2003 Serigrafia su carta Siebdruck auf Papier 6 elementi/teilig 68×48 cm ognuno/jedes Ed. 2/10 Inv. 2409–14/2003 Meret Oppenheim Caché dans le brouillard 1974 Olio su tela Öl auf Leinwand 100×81 cm Inv. 1843/1992

Paris-Match 1960, “L‘oiseau de Jeanne (Moreau)“ 2008 Rivista forata Zeitschrift mit Bohrungen 35×53 cm Inv. 2546/2009 La dame creuse, alterne, superpose et déplace 2010 PVC forato PVC mit Bohrungen 125×125×5,5 cm Inv. 2565/2010 Annaïk Lou Pitteloud My My 2007 Lambda Print su carta Lambda Print auf Papier 123×180,5 cm Ed. 3/5 Inv. 2639/2012 Vaclav Pozarek Ohne Titel 2003/2004 Acquerello e matita su carta Aquarell und Bleistift auf Papier 9 elementi/teilig 42×32 cm ognuno/jedes Inv. 2625/2011 Markus Raetz Todo, Nada 1998 Ottone patinato e cerato Messingguss, patiniert, gewachst 7,7×97×11,4 cm Ed. 4/6 Inv. 2304/2000

Giacomo Santiago Rogado Fühler 2007 Olio su tela Öl auf Leinwand 65×85 cm Inv. 2522/2008 Ilona Ruegg Trees, older than me waiting 4 1996/2000 Digital Print su carta Digital Print auf Papier 120×172 cm Ed. 1/3 Inv. 2354/2002 Christoph Rütimann Ohne Titel 1995 Inchiostro di China su carta Tusche auf Papier 120×160 cm Inv. 2353/2002 Mario Sala The Tumbler 2004 Stampa digitale e olio su carta su alluminio Digital Print und Öl auf Papier auf Aluminium 206×165 cm Inv. 2612/2010 Albrecht Schnider Blume III 1995 Olio su tela Öl auf Leinwand 80×400 cm Inv. 2110/1996 Ohne Titel 1999 Olio su tela Öl auf Leinwand 215×152 cm Inv. 2312/2000 Ohne Titel 2002 Acrilico su tela Acryllack auf Leinwand 140×100 cm Inv. 2388/2003

Roman Signer Zelt 2002 Videostills su carta baritata Videostills auf Barytpapier 6 elementi/teilig 28.5×21,5 cm ognuno/jedes Ed. 6/10 Inv. 2448/2005 Fass mit Trichter 2011 Barile, imbuto di plastica, pompa di circolazione Fass, Plastiktrichter, Umwälzpumpe Ø 60 H 90 cm Inv. 2634/2011 Hans Stalder Pensée 2002 Olio su tela Öl auf Leinwand 90×60 cm Inv. 2373/2002 Alpenrose 1999 Olio su tela Öl auf Leinwand 67×43 cm Inv. 2374/2002 Alpenrose 2002 Olio su tela Öl auf Leinwand 67×43 cm Inv. 2375/2002 Dominik Stauch Rooms 2003 Olio dietro vetro Öl hinter Glas 65×85 cm (3×) Inv. 2444–46/2005


168 Gerda Steiner Landschaft 2001 Pennarello su carta Filzstift auf Papier 35×50 cm Inv. 2369/2002 Julia Steiner Geysir 2006 Tempera su carta Gouache auf Papier 150×250 cm Inv. 2527/2008 Korbung 2006 Tempera su carta Gouache auf Papier 210×150 cm Inv. 2528/2008 Annelies Strba An 69 (Mohnblumen) 2001 C-Print su carta C-Print auf Papier 34×49 cm Ed. 2/6 Inv. 2345/2002 Robert Suermondt Point 2008 Olio su tela Öl auf Leinwand 66×61 cm Inv. 2619/2011 Jockey 2008 Olio su tela Öl auf Leinwand 40×40 cm Inv. 2620/2011 André Thomkins Ohne Titel 1960 Lackskin su carta Lackskin auf Papier 20,9×20 cm Inv. 2610/2010 Ohne Titel 1959-1964 Lackskin su carta Lackskin auf Papier 20×20,9 cm Inv. 2611/2010 Dominique Uldry Narbonne II 2000 2003 C-Print su carta C-Print auf Papier 124×145 cm Ed. 1/3 Inv. 2392/2003

Dominique Uldry Aare, Bern 2000 C-Print su carta C-Print auf Papier 96×120 cm Ed. 2/3 Inv. 2636/2011 Félix Vallotton Fleurs de dahlias dans un plat 1919 Olio su tela Öl auf Leinwand 54×73 cm Inv. 1088/1981 Cour de ferme 1912 Olio su tela Öl auf Leinwand 75×100 cm Inv. 1091/1981 Torse de femme nue de dos 1924 Olio su tela Öl auf Leinwand 92×72 cm Inv. 1092/1983 Esther van der Bie Wälder und Verwandtes 2002 Ilfochrome su carta dietro vetro Ilfochrome auf Papier hinter glas 140×107 cm Ed. 1/3 Inv. 2376/2002 N° 10 (Schneehaufen & Baum) Dalla serie/Aus der Serie Nur Natur? 2009 Ultrachrome su carta Ultrachrome auf Papier 41,5×33,5 cm Ed. 2/5 Inv. 2561/2009 Cécile Wick Fiori di notte, 2 2005 Inkjet su carta su alluminio Inkjet auf Papier auf Aluminium 81×108 cm Inv. 2460/2006 Fiori di notte, 6 2005 Inkjet su carta su alluminio Inkjet auf Papier auf Aluminium 81×108 cm Inv. 2462/2006

Uwe Wittwer Sillleben 1998 Olio su tela Öl auf Leinwand 140×110 cm Inv. 2248/1998 Interieur nach de Hooch 2001 Inkjet su carta Inkjet auf Papier 90×110 cm Inv. 2334/2001 Nach Lippi 2002 Acquerello su carta Aquarell auf Papier 166×130 cm Inv. 2381/2003 Stilleben 2001 Acquerello su carta Aquarell auf Papier 89×110 cm Inv. 2391/2003 Peter Wüthrich Collection Silva 2002 9 libri/Bücher 90×65×3 cm Inv. 2567/2010 Collection Silva 2002 9 libri 9 Bücher 90×65×3 cm Inv. 2568/2010 Collection Silva 2002 9 libri 9 Bücher 90×65×3 cm Inv. 2569/2010 Wolfgang Zät Ohne Titel 2005 Linoleografia su carta giapponese Linolschnitt auf Japanpapier 100×75 cm Ed. 12/18 Inv. 2554/2009 Ohne Titel 2005 Linoleografia su carta giapponese Linolschnitt auf Japanpapier 100×75 cm Ed. 10/18 Inv. 2555/2009

Wolfgang Zät Ohne Titel 2006 Linoleografia su carta giapponese Linolschnitt auf Japanpapier 75×100 cm Ed. 11/15 Inv. 2556/2009 Remy Zaugg Quand fondra la neige où ira le blanc 2002 Serigrafia su carta Siebdruck auf Papier 60×48,5 cm Ed. 9/10 Inv. 2428/2005 Quand fondra la neige où ira le blanc 2002 Serigrafia su carta Siebdruck auf Papier 60×48,5 cm Ed. 9/15 Inv. 2429/2005 Véronique Zussau Strange Fruits 2003 Fotografia a colori su carta Farbfotografie auf Papier 125×90 cm Inv. 2476/2006


Collezione d’arte della Mobiliare Catalogo delle acquisizioni 2000–2012 Con biografie degli artisti di Konrad Tobler

Kunstsammlung der Mobiliar Werkverzeichnis der Erwerbungen 2000–2012 Mit Künstlerbiographien von Konrad Tobler

I numeri che compaiono sopra le didascalie delle opere si riferiscono al numero di pagina delle tavole

Die Nummern über den Bildlegenden beziehn sich auf die Seitennummern der Tafeln


170–171 Peter Aerschmann

Fribourg

1969

Peter Aerschmann realizza video e installazioni interattive al computer. Tra il 1991 e il 1992 ha studiato alla Schule für Gestaltung di Basilea e dal 1994 al 1999 alla Hochschule der Künste di Berna. È stato artist in residence a New York, Berlino e in Sudafrica, mentre nel 2006 ha ottenuto la borsa di studio Aeschlimann-Corti. È uno dei fondatori del Centro culturale PROGR di Berna, città dove vive e lavora. Le installazioni panoramiche di Aerschmann, senza mai negare il principio del montaggio, ci conducono in spazi virtualmente realistici, costituiti da scene urbane ambientate in diverse regioni del mondo, dove si muovono persone impegnate in attività quotidiane. Grazie all’uso della ripetizione, queste attività e l’ambiente acquistano una forte intensità, assumendo talvolta una dimensione inquietante.

Videokünstler, Interaktive Computerinstallationen. 1991–1992 Besuch der Schule für Gestaltung Basel, 1994 bis 1999 Studium an der Hochschule der Künste Bern. 2006 Gewinner des AeschlimannCorti-Stipendiums. Artist in residence in New York, Berlin und in Südafrika. Mitinitiant des PROGR-Kulturzentrums in Bern. Der Künstler lebt und arbeitet in Bern. Aerschmanns Panorama-Installationen führen in virtuell-realistische Räume und verleugnen das Montageprinzip niemals. Diese Räume sind urbane Räume aus allen Regionen der Welt. Darin bewegen sich die Menschen und sind mit alltäglichen Dingen beschäftigt. Durch das Repetitive, mit dem der Künstler arbeitet, erhalten diese Tätigkeiten und das Ambiente eine hohe Intensität – und schlagen manchmal ins Unheimliche um.

Anna Amadio

Belp-Bern

1963

Anna Amadio, opera in ambito installativo e oggettuale. Dal 1989 al 1992 ha studiato alla Hochschule für Bildende Kunst. Tra il 2001 e il 2002 è stata docente presso l’École Supérieure des Beaux-Arts di Ginevra e nel 2009 professoressa ospite alla Hochschule der Künste di Berna. Tra il 2004 e il 2005 è stata artist in residence all’ISCP di New York. Attualmente vive e lavora a Basilea. Nell’opera di Anna Amadio la pittura diventa un oggetto che si espande nell’ambiente. Avvalendosi di pellicole colorate l’artista crea straordinari effetti pittorici, ricollegandosi alla tradizione e ponendosi dal punto di vista sensoriale e percettivo il problema della pittura come pittura pura. In alcune opere, l’uso della pellicola termoretraibile, permette all’artista di lasciare spazio al caso, un po’ come quando il colore, ancora allo stato liquido, cola sulla tela.

Installations- und Objektkünstlerin. 1989 bis 1992 Studium an der Hochschule für Bildende Kunst. 2001–2002 Dozentin an der École Supérieure des Beaux-Arts Genf. 2004–2005 Atelierstipendium ISCP. 2009 Gastprofessur an der Hochschule der Künste Bern. Amadio lebt und arbeitet in Basel. Bei Amadio wird die Malerei zum Objekt und greift in den Raum. Mit verschieden farbigen Kunststofffolien schafft die Künstlerin eminent malerische Effekte, reflektiert die Tradition und stellt zugleich – durchaus respektvoll – in sehr sinnlicher und sinnfälliger Art die Frage nach der Malerei als reiner Malerei. Indem sie manchmal auch Schrumpffolie verwendet, lässt sie dem Zufall seinen Raum – vergleichbar dem Fliessen der noch flüssigen Farbe.


124

104

Von der Brücke 2005 Installazione video Videoinstallation 7’ (loop) Ed. 3/3 Inv. 2452/2005

City Walking 2005 Installazione video Videoinstallation 9’ (loop) Ed. 2/3 Inv. 2453/2005

149 Koreander Blue 1999 Pennarello su carta Filzstift auf Papier 82×107 cm Inv. 2305/2000

Ginger Orange 1999 Pennarello su carta Filzstift auf Papier 82×107 cm Inv. 2306/2000

Ohne Titel 1999 Pennarello su carta Filzstift auf Papier 136×266 cm Inv. 2341/2001


172–173 Ana Axpe

Buenos Aires

1968

Ana Axpe si è diplomata nel 1998 all’École Supérieure d’Art Visuel di Ginevra, città dove ha vissuto dal 1990 al 2005. Tra il 1997 e il 1999 ha soggiorno a New York come artist in residence. Attualmente vive e lavora in Argentina. Ana Axpe opera nell’ambito del video, della fotografia, delle installazioni e della performance. Nei suoi lavori video e fotografici l’artista, analogamente a Chantal Michel, mette spesso in scena se stessa. È infatti lei stessa a personificare a volte una ragazza pin-up, altre volte una casalinga, altre ancora una prostituta o una diva. Riproponendo elementi delle telenovelas o delle soap opera con una teatralità assolutamente consapevole, Ana Axpe, con i suoi giochi di ruolo, smaschera gli stereotipi legati ai ruoli sociali, interrogandoci su verità e finzione, autenticità e identità.

1998 Diplom der École supérieure d’art visuel in Genf, 1997 bis 1999 Atelierstipendien in New York. Axpe lebte mit Unterbrüchen von 1990 bis 2005 in Genf. Heute lebt sie in Argentinien. Video, Fotografie, Installation, Performance. Axpe arbeitet in ihren Video-Fotoarbeiten – darin Chantal Michel vergleichbar – häufig mit Selbstinszenierungen. Sie selbst verkörpert das Pin-Up-Girl, die Hausfrau, die Prostituierte oder die Diva. Dabei nimmt sie, mit durchaus bewusster Theatralik, Elemente der Tele Novela oder der Soap Opera auf, entlarvt so mit ihren Rollenspielen Rollenklischees und stellt die Frage nach Echtheit und Fiktion, nach Authentizität und Identität.

Silvia Bächli

Baden (AG)

1956

Silvia Bächli ha studiato alla Schule für Gestaltung di Basilea (1976–1980) e all’École Supérieure d’Art Visuel di Ginevra. Dal 1993 insegna alla Staatliche Akademie der Bildenden Künste a Karlsruhe. Nel 2009 ha rappresentato la Svizzera alla 53a Biennale di Venezia. Vive e lavora tra Basilea e Parigi. Silvia Bächli opera attraverso disegni, installazioni e fotografie. Come lei stessa ha affermato nel 2009: “disegnare significa addentrarsi in una terra inesplorata. Creare ed esplorare lo spazio, lavorare con e contro i bordi della carta”. Con i suoi disegni, che spesso rappresentano solo forme semplificate di oggetti, corpi e gesti, l’artista scopre un mondo dove il riconoscibile si combina con l’irriconoscibile, il nominabile con l’innominabile. Collegando i singoli fogli in installazioni o costellazioni che occupano intere pareti, l’artista crea la possibilità di nuove connessioni o addirittura di storie che acquistano una maggiore intensità anche grazie al vuoto carico di significato che domina lo spazio espositivo.

1976 bis 1980 Studien an der Schule für Gestaltung in Basel und an der École Supérieur d’Art Visuel Genf. Seit 1993 Professorin an der Staatlichen Akademie der Bildenden Künste Karlsruhe. 2009 offizielle Vertreterin der Schweiz an der 53. Biennale von Venedig. Bächli lebt und arbeitet in Basel und Paris. Zeichnerin, Installationen, Fotografie. „Zeichnen ist Neuland betreten, und darin herumgehen. Raum schaffen und erkunden, mit den und gegen die Ränder des Papiers arbeiten“. Das formulierte Silvia Bächli 2009. Mit ihren Blättern, die meist nur reduzierte Formen – Dinge, Körper, Gesten – zeigen, öffnet die Künstlerin eine Welt, in der sich das Wiedererkennbare mit dem Rätselhaften paart, das Benennbare mit dem Unbenennbaren. Indem die Künstlerin die einzelnen Blätter zu wandfüllenden Installationen oder Konstellationen zusammenfügt, öffnen sich mögliche neue Bezüge oder gar Geschichten, die durch die bedeutungsoffenen Leerräume zusätzlich an Intensität gewinnen.


32 Pin-up à la troçonneuse 2001 C-Print e lightbox C-Print in Leuchtkasten 130×90 cm Ed. 1/5 Inv. 2366/2002

70

69

142

Floreal Nr. 22 2001 Tempera su carta Gouache auf Papier 200×150 cm Inv. 2330/2001

Ohne Titel 2000 Tempera su carta Gouache auf Papier 60×80 cm Inv. 2350/2002

Linien 10 2002 Inchiostro su carta Tusche auf Papier 200×150 cm Inv. 2401/2003


174–175 Babette Berger

Bern

1964

Con un approccio concettuale Babette Berger si dedica alla pittura e all’incisione. Dopo la maturità ottenuta nel 1985, si è iscritta per un semestre al corso di scenografia alla Kunstakademie di Düsseldorf, frequentando poi per due anni la Schule für Gestaltung di Berna. In seguito ha soggiornato a Budapest, New York e Berlino, ed ha insegnato all’École Cantonale d’Art du Valais. Vive e lavora a Berna. I dipinti della Berger oscillano tra concretezza e astrazione. L’artista ama partire da modelli e motivi decorativi che poi modifica inserendovi delle imperfezioni. La scelta di un tappeto o un lavoro a maglia come punto di partenza gli offre l’occasione per indagare la funzione rappresentativa dell’immagine, esprimendo al contempo la sua sensibilità pittorica e la sua abilità tecnica.

Malerei, Druckgrafik, konzeptuelle Malerei. Nach der Matur 1985 ein Gastsemester an der Kunstakademie Düsseldorf (Bühnenbild), dann zwei Jahre in der Fachklasse der Schule für Gestaltung Bern. Es folgen Aufenthalte in Budapest, New York und Berlin sowie ein Lehrauftrag an der École Cantonale d’Art du Valais, Siders/Sierre. Berger lebt und arbeitet in Bern. Bergers Gemälde bewegen sich im Spannungsfeld zwischen Gegenständlichkeit und Abstraktion. Die Künstlerin geht gerne von Mustern und Ornamenten aus und thematisiert darin Fehlstellen. Wenn sie als Vorlage einen Teppich oder ein Strickmuster wählt, befragt sie den Status des Bildes als repräsentatives Abbild und lebt gleichzeitig ihr malerisches Temperament und Können aus.

Ueli Berger

Bern Ersigen

1937– 2008

Ueli Berger è entrato in contatto con la scena artistica bernese, riunita intorno a Christian Megert negli anni in cui suonava come jazzista. Successivamente si è unito al gruppo d’avanguardia Berna 66 e dal 1965 al 1969 ha lavorato come designer industriale. Ha ottenuto per tre volte la Borsa federale d’arte applicata nel 1961, nel 1970 e nel 1971. All’inizio degli anni settanta i suoi lavori sono stati esposti in numerose mostre internazionali dedicate all’avanguardia svizzera. È stato docente all’ETH di Zurigo (1981–1994) e alla Schule für Gestaltung di Berna (1987– 1994). Nelle sue prime opere, in linea con la tradizione della pittura e della scultura costruttivista, Berger scomponeva semplici corpi in singoli elementi, combinandoli all’interno di nuove relazioni formali. Dal 1972 ha lavorato su edifici e in luoghi pubblici con interventi e azioni che avevano al loro centro la tensione fra arte e natura. Nel 1986 ha realizzato la scultura monumentale Chribel collocata davanti alla sede principale della Mobiliare a Berna.

Als Jazzmusiker pflegte Berger Kontakt mit der Berner Kunstszene um Christian Megert. Eidgenössisches Stipendium für angewandte Kunst 1961, 1970 und 1971. Mitglied der Avant-Garde Gruppe Bern 66. 1965–1969 Industrie-Designer. Bergers Arbeiten werden zu Beginn der siebziger Jahre in internationalen Ausstellungen zur Schweizer Avantgarde-Kunst präsentiert. Dozent an der ETH Zürich 1981–86 und an der Schule für Gestaltung Bern 1987–1994. In den frühen Werken zerlegt Berger in der Tradition konstruktivistischer Gestaltung einfache Körper in Einzelelemente und verbindet diese zu neuen Formzusammenhängen. Ab 1972 künstlerische Gestaltungen von Gebäuden und öffentlichen Plätzen. Seine Interventionen und Aktionen thematisieren die Spannung zwischen Kunst und Natur. Berger schuf 1986 die markante Skulptur Chribel vor dem Hauptsitz der Mobiliar in Bern.


141 Ohne Titel 2002 Olio su cotone Öl auf Baumwolle 190×160 cm Inv. 2382/2003

Zeichnung - gelbe Linie 2002 Microfotografia Mikrofotografie 45×272 cm Inv. 2507/2007

Difficult situation 2004–2005 Olio su cotone Öl auf Baumwolle 160×190 cm Inv. 2447/2005


176–177 Reto Boller

Zürich

1966

Reto Boller realizza dipinti, oggetti, installazioni e opere d’arte pubblica. Dopo essersi iscritto alla Schule für Gestaltung a Romanshorn (1988–1989), tra il 1991 al 1995 ha frequentato la Schule für Gestaltung di Zurigo e dal 1993 al 1994 la Hogeschool voor de Kunsten ad Arnhem, in Olanda. Successivamente, grazie a tre borse di studio, ha soggiornato a New York, a Genova (1997) e a Berlino (2004–2005). Dal 2007 insegna pittura presso la Staatliche Akademie der Bildenden Künste a Stoccarda. Con i suoi lavori Boller amplia l’idea della pittura. Il suo interesse è rivolto alla relazione tra la superficie e lo spazio del quadro, tra la materia e l’apparenza del colore. La sua pittura può espandersi nell’ambiente o diventare un oggetto. I suoi materiali preferiti non sono i pennelli, ma prodotti industriali come il silicone, la resina o la colla che egli versa direttamente sulla superficie di fondo.

Malerei, Bildobjekte, Installationen, Kunst am Bau. 1988-1989 Schule für Gestaltung, Romanshorn, 1991 bis 1995 Hochschule für Gestaltung und Kunst, Zürich, 1993–1994 Hogeschool voor de Kunsten, Arnhem (NL) und Aufenthalt in New York. 1997 Atelierstipendium in Genua, 2004–2005 Atelierstipendium in Berlin. Seit 2007 Professur für Malerei an der Staatlichen Akademie der Bildenden Künste Stuttgart. Boller erweitert die Idee der Malerei. Ihn interessiert die Beziehung zwischen Bildoberfläche und Bildraum, zwischen Farbmaterie und Farberscheinung. Seine Malerei kann in den Raum ausgreifen oder auch zum Objekt werden. So ist auch nicht der Pinsel sein bevorzugtes Werkzeug, sondern es sind industrielle Werkstoffe wie Silikon, Kunstharz oder Leim, die er direkt auf den Malgrund giesst.

Olaf Breuning

Schaffhausen

1970

Olaf Breuning ha studiato fotografia a Winterthur (1988–1993) e successivamente alla Hochschule der Künste di Zurigo (1993– 1996). Nel 1998 ha soggiornato presso l’Istituto Svizzero di Roma e nel 1999, grazie alla borsa di studio della città di Zurigo, a New York, città dove attualmente vive e lavora. Le opere di Breuning (fotografie, installazioni, sculture, video e disegni) si basano su elementi della cultura trash, della pubblicità e dei fumetti. L’artista rappresenta mondi paralleli, che a prima vista appaiono curiosi e comici. L’eccesso di umorismo fa però si che le scene e le figure rapprsentate diventino inquietanti. In questo modo Breuning riesce sempre a sottrarsi agli stereotipi sociali e alle aspettative artistiche.

1988 bis 1993 Ausbildung zum Fotografen in Winterthur, 1993 bis 1996 Studium der Fotografie an der Zürcher Hochschule der Künste. 1998 Aufenthalt am Schweizer Institut in Rom, 1999 Atelier der Stadt Zürich in New York. Breuning lebt und arbeitet in New York. Fotografie, Installation, Skulptur, Film, Zeichnung. Breunigs Bildwelten basieren auf Elementen der Trashkultur, der Werbung und des Comic. Er provoziert mit Zwischenwelten, die auf den ersten Blick befremdlich, ja auch komisch wirken, die aber das Lächerliche derart streifen, dass die Figuren und Szenerien unmerklich ins Unheimliche kippen können. Damit gelingt es ihm immer wieder, gesellschaftliche Stereotypen und Erwartungen (an die Kunst) zu unterlaufen.


Ohne Titel 2000 Acrilico e tempera su alluminio Acryl und Leimfarbe auf Aluminium 125×180 cm Inv. 2322/2001

39 Marilyn #9 2010 Inkjet su carta Inkjet auf Papier 136×99 cm Ed. 1/3 Inv. 2613/2010

Ohne Titel 1996 Acrilico e tempera su alluminio Acryl und Leimfarbe auf Aluminium 116×200 cm Inv. 2548/1997

Ohne Titel 1997 Acrilico e tempera su legno Acryl und Leimfarbe auf Holz 43×48 cm Inv. 2549/1997


178–179 Daniele Buetti

Freiburg

1955

Artista concettuale, Daniele Buetti opera attraverso installazioni e fotografie. Dal 1979 al 1983 ha frequentato i corsi di fotografia alla Schule für Gestaltung di Zurigo. Trasferitosi a Berlino ha studiato alla Universität der Künste (1984–1988) e successivamente alla Künstlerhaus Bethanien (1991–1992). Nel 1993 ha ottenuto la borsa di studio della Città di Berlino. Lo stesso anno ha soggiornato come artist in residence alla Cité des Arts a Parigi e nel 1995 a New York. Dal 2004 insegna alla Kunstakademie di Münster. Vive e lavora tra Zurigo e Münster. Buetti gioca con il mondo onnipresente dei marchi e con gli stereotipi di bellezza che pervadono la realtà. A decretarne il successo sono state soprattutto le sue stranianti immagini di modelle, a cui fa il verso, imprimendovi quelli che possono appaire come dei tatuaggi in rilievo o riflettenti.

Konzeptkünstler, Installationen und Objekte. 1979 bis 1983 Schule für Gestaltung Zürich, Abteilung Fotografie, 1984 bis 1988 Universität der Künste Berlin. 1991–1992 Künstlerhaus Bethanien, Berlin, 1993 Werkstipendium der Stadt Berlin, 1993 Atelierstipendium Cité des Arts, Paris, 1995 Atelierstipendium in New York. Seit 2004 Professur an der Kunstakademie Münster. Buetti lebt und arbeitet in Zürich und Münster. Buetti jongliert mit der Welt der omnipräsenten Labels und der Schönheitsideale, die die Wirklichkeit übertünchen. Bekannt wurde Buetti vor allem durch seine Verfremdungen von Model-Aufnahmen, die er hinterging, indem er sie mit einer Art von entlarvendem oder reflektierendem Tattoo versah.


Blue Tears 2003 Light box Lichtkasten 70×97×10 cm Inv. 2402/2003

Dalla serie/Auf der Serie Good Fellows Coco Chanel 73 2003 C-Print su carta C-Print auf Papier 100×70 cm Ed. 2/3 Inv. 2449/2005

36

36

37

Dalla serie/Auf der Serie Good Fellows Prada 29 2003 C-Print su carta C-Print auf Papier 70×100 cm Ed. 1/3 Inv. 2450/2005

Dalla serie/Auf der Serie Good Fellows Nike 63 2003 C-Print su carta C-Print auf Papier 70×100 cm Ed. 1/3 Inv. 2451/2005

Do you live for yourself or for others? 2005 Lightbox Lichtkasten 101×80×10 cm Inv. 2458/2006


180–181 Balthasar Burkhard

Bern

1944 – 2010

Balthasar Burkhard ha esposto le sue prime opere, riprese di interni stampate su grandi tele fotografiche realizzate in collaborazione con Markus Raetz nel 1970, in occasione della mostra Visualisierte Denkprozesse al Kunstmuseum di Lucerna. Tra il 1976 e il 1978 ha tenuto delle Visiting Lecturer of Photography alla University of Illinois di Chicago. Nel 1999 ha rappresentato la Svizzera alla Biennale di Venezia. L’artista rappresenta motivi, come orecchie, braccia, orchidee o ali di uccelli in forma di frammenti di dimensioni quasi sempre monumentali, rendendoli spesso irriconoscibili attraverso la sfocatura dell’immagine. Egli crea così oggetti nuovi, estrapolandoli dall’insieme cui appartengono che nel quadro non è visibile. La messa in scena delle foto nello spazio, accentua il carattere oggettuale di queste opere.

1970 zeigt Burkhard in der Ausstellung Visualisierte Denkprozesse im Kunstmuseum Luzern seine ersten Werke: grosse in Zusammenarbeit mit Markus Raetz entstandene Fotoleinwände mit Interieuraufnahmen. 1976–1978 Visiting Lecturer of Photography an der University of Illinois in Chicago. 1999 Teilnahme an der Biennale in Venedig. Burkhard setzt in seinen fotografischen Arbeiten teils durch Unschärfe verunklärte Motive wie Ohr, Arm, Orchideen oder Vogelflügel als Fragmente in meist monumentaler Grösse in die Bildfläche und kreiert so neue Objekte losgelöst von dem im Bild abwesenden Ganzen. Die Inszenierung der Fotografien im Raum verstärkt den objekthaften Charakter der Werke zusätzlich.


58 Désert, Namibia 2000 Fotografia su carta baritata Fotografie auf Barytpapier 100×125 cm Ed. 2/5 Inv. 2332/2001

29

86

Rio Negro 2002 Fotografia su carta baritata su alluminio Fotografie auf Barytpapier auf Aluminium 125×250 cm Ed. 1/7 Inv. 2367/2002

Chicago 2006 Fotografia su carta baritata su alluminio Fotografie auf Barytpapier auf Aluminium 84×180 cm Ed. 1/7 Inv. 2505/2007


182–183 Marie José Burki

Biel

1961

Marie José Burki opera attraverso il video, la fotografia e le installazioni. Dopo gli studi di letteratura francese iniziati a Ginevra nel 1981, nel 1983 si iscrive all’École Supérieure d’Art Visuel. Nel 1989 soggiorna alla Cité Internationale des Arts a Parigi e nel 1990 a New York. Dal 2003 al 2009 ha insegnato alla Hochschule für bildende Künste di Amburgo e dal 2009 all’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi. Nel 1992 ha partecipato alla documenta 9 a Kassel. Vive e lavora a Bruxelles e a Parigi. “Attraverso le sue immagini, Burki crea affreschi moderni i cui protagonisti non hanno nulla di spettacolare: una donna distesa al sole, persone che fanno un picnic o cenano insieme. Nei suoi video l’artista ama lavorare dando al movimento una certa lentezza. I tagli, i fermi immagine e le ripetizioni suggeriscono una percezione confusa del tempo e dello spazio. Così facendo, Burki crea momenti di pausa, impressioni fugaci di un eterno presente che potrebbero verificarsi ovunque e nei quali i protagonisti agiscono come prigionieri, come persone in eterna attesa”. (Galleria Konrad Fischer, Berlino, 2011)

Video, Fotografie, Installationen. Ab 1981 Studium der französischen Literatur in Genf, ab 1983 Studium an der École Supérieure d’Art Visuel in Genf. 1989 Cité Internationale des Arts, 1990 New York. 2003 bis 2009 Professur an der Hochschule für bildende Künste in Hamburg, seit 2009 an der École Nationale Supérieure des Beaux-Arts in Paris. 1992 Teilnahme an der documenta IX in Kassel.Burki lebt und arbeitet in Brüssel und Paris. „Burki schafft Bilder und moderne Fresken, deren Protagonisten mitnichten Spektakuläres vollbringen: Da liegt eine Frau in der Sonne, Menschen picknicken oder essen zusammen zu Abend. Die Künstlerin arbeitet in ihren Videos gern mit einer gewissen Schwerfälligkeit der Bewegung. Durch schnit ttechnische Verfahren, Stills und Wiederholung wird die Wahrnehmung von Zeit und Raum irritiert. Auf diese Weise schafft Burki stillgelegte Momente, flüchtige Eindrücke eine ewigen Gegenwart, die überall stattfinden könnten und in der die Protagonisten wie Gefangene agieren, wie ewig Wartende“. (Galerie Konrad Fischer, Berlin, 2011)

Marie-Antoinette Chiarenza

Tunis

1957

Marie-Antoinette Chiarenza ha lavorato con Daniel Hauser, con il nome d’arte Chiarenza & Hauser, tra il 1983 e il 1995. Dal 1997 ha fatto parte del gruppo Relax, con il quale fino al 2001 ha collaborato anche Daniel Croptier. Nel 2000 ha partecipato alla Biennale di Architettura di Venezia. Dal 2001 è docente alla F+F Schule für experimentelle Gestaltung di Zurigo e membro della Commissione Federale delle Belle Arti. Marie-Antoinette Chiarenza è un’artista concettuale che opera attraverso disegni, sculture, installazioni, e dipinti. Nel 2001 ha collaborato al Progetto Hodler promosso dalla Mobiliare in occasione della mostra presso il Kunstmuseum di Berna. La collezione della Mobiliare comprende una delle rare opere create dall’artista al di fuori della sigla Chiarenza & Hauser o del gruppo Relax. Nella sua installazione fotografica l’autrice mette in discussione il famoso Taglialegna di Hodler, simbolo di forza e virilità maschili. Con passi leggeri e con la scure appoggiata sulla spalla, l’artista esce dal campo di forza dell’uomo hodleriano diventando così simbolo della coscienza femminile.

Seit 1983 bis 1995 Zusammenarbeit mit Daniel Hauser unter dem Künstlernamen Chiarenza & Hauser, seit 1997 als Relax (bis 2001 auch mit Daniel Croptier). 2000 Teilnahme an der Architekturbiennale von Venedig. Seit 2001 Dozentin an der F+F Schule für experimentelle Gestaltung Zürich. Mitglied der Eidgenössischen Kunstkommission. Zeichnung, Skulptur, Installation, Malerei, Konzeptkunst. Chiarenza wirkte 2001 an den Hodler-Projekten der Mobiliar im Kunstmuseum Bern mit. So ist in der Sammlung der Mobiliar eines der wenigen Werke dieser Künstlerin vertreten, das sie nicht im Kontext von Chiarenza & Hauser oder Relaxschuf. Chiarenza konterkarikiert in ihrer fotografischen Installation Hodlers berühmten Holzfäller, Inbegriff kraftstrotzender Männlichkeit. Mit leichten Schritten geht die Künstlerin, die Axt geschultert, aus dem Kraftfeld des Hodler-Mannes und wird so zum Inbegriff weiblichen Selbstbewusstseins.


Près d’ici (II) 2010 Video 10’ 41’’ (loop) Ed. 1/3 Inv. 2586/2010

33 Je suis une femme, pourquoi pas vous? 1995–2001 Fotografia su carta su alluminio Fotografie auf Papier auf Aluminium 240×168 cm Inv. 2427/2001


184–185 Pascal Danz

Bangui Repubblica Centroafricana Zentralafrikanische Republik

1961

Pascal Danz ha studiato alla Schule für Gestaltung di Lucerna (1986–1987) e successivamente all’École Supérieure d’Art Visuel di Ginevra dove si è diplomato nel 1989. Ha vissuto per più anni a Berlino e tra il 2006 e il 2007 a Londra grazie alla borsa di studio della Fondazione Landis & Gyr. Attualmente vive e lavora a Zurigo. La pittura di Danz trae origine da un vasto archivio di fotografie e immagini, da cui l’artista attinge i soggetti, soprattutto paesaggi e città, che compaiono nei suoi dipinti. La trasposizione pittorica di questi soggetti non è tuttavia riconducibile ad una forma di realismo fotografico, ma si colloca nel campo della pittura pura, di una pittura quindi che si interroga continuamente su se stessa. La sua è una pittura libera e sensoriale, che lascia molto spazio allo sguardo perché in essa sono rappresentati in maniera precisa degli spazi aperti. Recentemente si è occupato anche di fotografia.

Malerei. 1986-1987 Schule für Gestaltung Luzern, bis 1989 École Supérieure d’Art Visuel Genf. Mehrjähriger Aufenthalt in Berlin, 2006–2007 Werkjahr London der Kulturstiftung Landis & Gyr. Danz lebt und arbeitet in Zürich. Die Malerei von Danz basiert auf seinem grossen Foto- und Bildarchiv, das ihm die Motive liefert, die ihn beschäftigen, vor allem Landschaften und Städte. Die Umsetzung erfolgt dabei nicht im Sinne des Fotorealismus, sondern als freie Malerei, in der immer auch die Frage nach der Selbstreflexion der Malerei eine Rolle spielt. Es ist eine ausgesprochen sinnliche Malerei, die dem Auge viel Raum lässt – weil in ihr viele präzise gesetzte, offene Räume vorhanden sind. In letzter Zeit sind auch Fotografien entstanden.


Hardtack / delivery 2008 Olio su tela Öl auf Leinwand 30×40 cm Inv. 2537/2009

Desert rock / vanishing spectators 2008 Olio su tela Öl auf Leinwand 30×40 cm Inv. 2538/2009

Hardtack / nuclear flash 2008 Olio su tela Öl auf Leinwand 30×40 cm Inv. 2539/2009

Hardtack 2008 Olio su tela Öl auf Leinwand 30×40 cm Inv. 2541/2009

Yukon / nuclear flash 2008 Olio su tela Öl auf Leinwand 30×40 cm Inv. 2542/2009

Wigwam / vanishing landscape 2008 Olio su tela Öl auf Leinwand 30×40 cm Inv. 2543/2009

Landscape 2001 Olio su tela Öl auf Leinwand 160×135 cm Inv. 2384/2003

Hardtack / vanishing landscape 2008 Olio su tela Öl auf Leinwand 30×40 cm Inv. 2540/2009


186–187 Philippe Decrauzat

Lausanne

1974

Philippe Decrauzat si è diplomato nel 1999 all’École Cantonale d’Art di Losanna, scuola dove dal 2000 insegna. Vive e lavora a Losanna. Decrauzat si avvale di numerose tecniche come la pittura, la pittura murale, gli oggetti e le installazioni, attingendo alla storia dell’Astrattismo del XX secolo e integrando nella sua opera elementi della Pop Art, della storia del cinema, della cultura pop, della musica e della letteratura. Questi riferimenti non sono tuttavia una semplice collezione “postmoderna” di citazioni, ma vengono inseriti in un nuovo contesto e acquistano un proprio ritmo pulsante, ripropnendo e riformulando interrogativi fondamentali sulla percezione.

1999 Abschluss an der École Cantonale d’Art de Lausanne. Seit 2000 Dozent an der gleichen Schule. Decrauzat lebt und arbeitet in Lausanne. Malerei, Mauermalerei, Objekte, Installationen. Decrauzat greift auf die Geschichte der abstrakten Kunst des 20. Jahrhunderts zurück und bezieht Elemente der Op Art ebenso ein wie die Geschichte des Films, die Popkultur, Musik und Literatur. Diese Referenzen jedoch sind nicht blosse „postmoderne“ Ansammlung von Zitaten, sondern werden in einen neuen Kontext und in einen ganz eigenen pulsierenden Rhythmus gebracht, so dass sich grundlegende Fragen nach der Wahrnehmbarkeit wieder neu stellen und neu formuliert werden.


134 Extended D. M. (Dream Machine) 2004 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 115×200 cm Inv. 2437/2004

I-Go (Chess) 2008 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 165×46 cm Inv. 2536/2008


188–189 Christian Denzler

Winterthur

1966

Christian Denzler ha studiato architettura all’ETH di Zurigo. Nel 1995 ha ottenuto il contributo della Città e del Cantone di Berna, due anni dopo, nel 1997, gli è stato assegnato quello dell’Ufficio federale della cultura e nel 1998 ha vinto la borsa di studio AeschlimannCorti. Tra il 1999 e il 2000 ha soggiornato all’Istituto Svizzero di Roma. Dal 2005 vive a Bruxelles. Il disegno è uno dei principali mezzi espressivi della sua produzione artistica, i suoi “disegni a mano libera sono caratterizzati da un calcolato gioco di vicinanza e distanza, immedesimazione e straniamento”. (Christoph Vögele) La piatta costruzione di linee appare da lontano come una rappresentazione delicatamente modellata e sensuale di forme turgide, ombelichi, capezzoli o protuberanze. Prima dei disegni murali degli anni novanta, Denzler ha realizzato quadri di grandi dimensioni, spesso suddivisi in più parti, la cui composizione e bidimensionalità ricordano le pitture murali. Di recente si è dedicato anche al ritratto.

Architekturstudium an der ETH Zürich. 1995 Werkbeitrag Stadt und Kanton Bern, 1997 Werkbeitrag Bundesamt für Kultur, 1998 Aeschlimann-Corti Stipendium, 1999–2000 Aufenthalt am Istituto Svizzero in Rom. Lebt seit 2005 in Brüssel. Die Zeichnung ist ein zentrales Ausdrucksmittel im Schaffen von Denzler. Seine „Handzeichnungen lassen sich als kalkuliertes Wechselspiel von Nähe und Distanzierung von Einfühlung und Verfremdung“ charakterisieren. (Christoph Vögele) Das flächige Konstrukt von Linienzügen wirkt aus der Ferne als weich modelliertes, sinnliches Abbild schwellender Formen, Nabel, Zitzen oder Rüssel. Den raumfüllenden Wandzeichnungen der neunziger Jahre sind riesige, häufig mehrteilige Bilder vorausgegangen, deren Komposition und Flächigkeit an Wandmalereien erinnern. In neueren Werken setzt sich Denzler mit dem Portrait auseinander.


123

123

Buben, N° 3 1999 Olio su tela Öl auf Leinwand 207×76 cm Inv. 2313/2000

Buben, N° 4 1999 Olio su tela Öl auf Leinwand 207×76 cm Inv. 2314/2000

Buben, N° 5 1999 Olio su tela Öl auf Leinwand 207×76 cm Inv. 2315/2000

45

45

o. T. (Portrait Mädchen) 2006 Matita su carta Bleistift auf Papier 120×80 cm Inv. 2484/2006

o. T. (Portrait Knabe) 2006 Matita su carta Bleistift auf Papier 120×80 cm Inv. 2485/2006


190–191 Barbara Ellmerer

Meiringen

1956

Barbara Ellmerer ha studiato alla F+F Schule für experimentelle Gestaltung di Zurigo (1981–1985) e tra il 1988 e il 1989 alla Hochschule der Künste di Berlino. Successivamente ha lavorato in Italia, Austria, Spagna e a New York. Nel 2004 ha vinto il premio Werkjahr della Fondazione culturale UBS e nel 2008 è stata artist in residence nell’atelier della Pro Helvetia a Nuova Delhi. L’artista vive e lavora a Zurigo. La pittura di Barbara Ellmerer si muove fra due poli: da un lato troviamo dipinti molto immediati che con colori esplosivi e stesi in modo pastoso prorompono oltre la cornice del quadro; dall’altro una pittura ridotta al bianco su bianco che scandaglia i limiti della percezione.

Malerin und Zeichnerin. 1981–1985 Studien an der F+F Schule für experimentelle Gestaltung in Zürich, 1988–1989 an der Hochschule der Künste in Berlin. Arbeitsaufenthalte in Italien, Österreich, Spanien und New York. Ihre Arbeit wird 2004 mit einem Werkjahr der UBS Kulturstiftung honoriert. 2008 Artist in Residence im Atelier der Pro Helvetia in New Dehli. Barbara Ellmerer lebt und arbeitet in Zürich. Die Malerei von Barbara Ellmerer bewegt sich zwischen zwei Polen: Auf der einen Seite sind es sehr sinnliche Gemälde, die durch explodierende, pastos aufgetragene Farben den Bildraum sprengen; auf der anderen Seite steht dem eine reduzierte Weissin-Weiss-Malerei gegenüber, die Wahrnehmungsgrenzen auslotet.


148 Tabea 2003 Olio su cotone Öl auf Baumwolle 160×200 cm Inv. 2463/2006

Zoom, Miss S. 2001 Olio su cotone Öl auf Baumwolle 75×210 cm Inv. 2344/2002

Blueberry 2007 Olio su cotone Öl auf Baumwolle 50×40 cm Inv. 2511/2007

Käfer 2006 Olio su cotone Öl auf Baumwolle 80×115 cm Inv. 2512/2007

Paeonia 2009 Olio su cotone Öl auf Baumwolle 160×205 cm Inv. 2564/2010


192–193 Bendicht Fivian

Bern

1940

Pittura, disegno e installazioni sono i mezzi espressivi di cui si avvale Bendicht Fivian. Dopo aver frequentato la scuola magistrale e aver insegnato per quattro anni, l’artista si è formato alla Kunstgewerbeschule di Berna (1964–1968). Tra il 1968 e il 1969 ha lavorato alla F+F Schule für experimentelle Gestaltung a Zurigo e dal 1971 al 1971 è stato assistente di arte applicata presso la sezione di architettura del Politecnico di Zurigo. Attualmente vive e lavora a Winterthur. Fivian ha partecipato all’emergere della scena artistica bernese negli anni sessanta, assieme a Rolf Iseli, Franz Gertsch, Markus Raetz. Dopo la crisi del 1968, negli anni settanta si è dedicato a una pittura caratterizzata da colori intensi e da pennellate disinvolte. I suoi soggetti sono tratti dalla vita quotidiana: scatole di cartone, sacchi per i rifiuti, cave di ghiaia, strade di campagna, funghi, passanti anonimi, jumbo, scheletri di animali, prese di corrente. Tutto questi aspetti della quotidianità possono diventare un soggetto pittorico per l’artista.

Malerei, Zeichnung, Installation. Lehrerseminar, dann vier Jahre als Lehrer tätig. 1964 bis 1968 Kunstgewerbeschule Bern, 1968–1969 Unterricht an der F+F Schule für experimentelle Gestaltung in Zürich, 1971–1972 Assistent für Gestaltung an der ArchitekturAbteilung der ETH. Lebt und arbeitet in Winterthur. Fivian war Teil des Aufbruchs der Berner Kunstszene in den 1960er-Jahren (u.a. Rolf Iseli, Franz Gertsch, Markus Raetz). Nach seiner 1968er-Krise wandte sich Fivian in den 1970er-Jahren der Malerei zu, die von intensiven Farben und einem bewusst lockeren Pinselstrich geprägt ist. Seine Sujets findet er im Alltag: Kartonschachteln, Abfallsäcke, Kiesgruben, Landstrassen, Pilze, anonyme Passanten, Jumbos, Tierskelette, Steckdosen – all das kann dem Künstler Anlass zur Malerei werden.

Thomas Flechtner

Winterthur

1961

Thomas Flechtner ha studiato all’École d’Arts Appliqués di Vevey e dal 1987 opera come fotografo free lance. Nel 1989 ha ot tenuto il Kodak Award Europe. Dal 1993 al 1996 ha vissuto a Londra grazie alla borsa di studio della Fondazione Landis & Gyr. Nel corso degli anni ha compiuto numerosi viaggi in Groenlandia, in Islanda e in India. Attualmente vive a La Sagne nel canton Neuchâtel. Il lavoro di Flechtner si iscrive nell’ambito della fotografia e della Land Art “Nei suoi paesaggi l’artista pone in evidenza sia le texture più ampie sia i piccoli dettagli che restano impressi nello sguardo. In fotografie di grande formato l’artista crea ritmi di colori e di forme che non di rado mettono in secondo piano il brano di natura prescelto mettendo in rielievo l’affascinante dinamica dell’immagine”. (www.sikart.ch) Una dinamica che a volte è determinata proprio dalla sua assenza: così, ad esempio, nella serie Snow la neve diventa metafora di immobilità, quiete, distanza e solitudine.

Ausbildung an der École d’Arts Appliqués in Vevey. Seit 1987 freischaffender Fotograf. 1989 Kodak Award Europe, 1993 bis 1996 London-Stipendium der Stiftung Landis & Gyr. Ausgedehnte Reisen, unter anderem nach Grönland, Island und Indien. Flechtner lebt in La Sagne (NE). Fotografie, Land Art. „Flechtner fokussiert bei seinen Landschaftsaufnahmen sowohl auf die weitläufigen Texturen als auch auf die kleinen Details, die sich im Auge festhaken. So schafft er in grossformatigen Bildern Farb- und Formrhythmen, die den gewählten Naturausschnitt nicht selten zu Gunsten einer faszinierenden Bilddynamik in den Hintergrund treten lassen“. (www.sikart.ch) Die Bilddynamik kann auch darin bestehen, dass sie aufgehoben wird: So wird etwa in der Serie Snow der Schnee zur Metapher für Stillstand, Ruhe, Distanz und Einsamkeit.


Die Gegenstandsversammlung 1991 Olio su tela Öl auf Leinwand 140×160 cm Inv. 2321/2001

57 Walks (Chli Rinderhorn) 1999 Fotografia su carta su alluminio Fotografie auf Papier auf Aluminium 180×220 cm Ed. 3/3 Inv. 2333/2001


194–195 Sylvie Fleury

Gèneve

1961

Sylvie Fleury ha studiato fotografia alla Germain School of Photography a New York (1981). Dopo un viaggio in India, tra il 1990 e il 1998 ha collaborato con John Armleder. Nel 1993 ha rappresentato la Svizzera alla 45a Biennale di Venezia. Attualmente vive e lavora a Ginevra. I video e le installazioni di Sylvie Fleury ruotano attorno al glamour e al mondo scintillante dello shopping e del consumismo. L’artista traspone in ambito artistico borse della spesa e articoli di marca come objets trouvés o ready mades, oppure crea oggetti basati sull’estetica delle merci. Un altro soggetto ricorrente nei suoi lavori sono le automobili, in particolare quelle statunitensi, che l’af fascinano per la loro estetica e che la ricollegano alla tradizione della Pop Art e ad artisti come Peter Stämpfli.

1981 Germain School of Photography in New York. Reise nach Indien. Ab 1990 bis 1998 Zusammenarbeit mit John Armleder. 1993 Teilnahme an der 45. Biennale von Venedig. Fleury lebt und arbeitet in Genf. Multimedia, Installationen. Das Werk von Fleury kreist immer wieder um den Glamour und um die glatte und glitzernde Welt der Waren und des Konsums. Sie bringt Einkaufstaschen und Markenartikel als Objets trouvés oder als Ready mades in die Kunstwelt oder schafft Objekte, die sich an der Ästhetik der Waren orientieren. Ein wichtiges Thema wurde bei ihr auch das Automobil, vor allem US-Wagen, von deren ganz eigener Ästhetik sie sich faszinieren liess – und womit sie sich in die Tradition der Pop Art etwa von Peter Stämpfli stellt.

Urs Frei

Zürich

1958

Urs Frei realizza oggetti, affreschi, sculture, installazioni e dipinti. Dopo un apprendistato commerciale e dopo i primi esperimenti artistici, tra il 1982 e il 1984 ha studiato alla Kunstakademie di Francoforte. Dal 1984 al 1987 ha vissuto e lavorato a Vienna. Nel 1989 ha soggiornato nell’atelier della Città di Zurigo a New York e nel 1997 ha rappresentato la Svizzera alla Biennale di Venezia (Chiesa di San Staë). Frei sviluppa i propri oggetti e le installazioni sulla scia del Minimalismo, di cui però rompe il rigore in modo ludico. Utilizza legno, assi e telai, rotoli di cartone, secchi di plastica e teli che accatasta, allinea o assembla in strutture dense che raccontano la poesia degli oggetti. Al contempo l’artista esplora, anche attraverso la tecnica del disegno, il potenziale dello spazio.

Objektkunst, Wandbild, Skulptur, Installation, Malerei. Kaufmännische Lehre, danach erste freie Kunstexperimente, 1982 bis 1984 Studium an der Kunstakademie in Frankfurt am Main, 1984 bis 1987 Arbeitsaufenthalt in Wien. 1989 Atelierstipendium der Stadt Zürich in New York. 1997 Vertreter der Schweiz an der Biennale von Venedig (Kirche San Staë). Frei entwickelt seine Objekte und Installationen in der Nachfolge des Minimalismus, dessen Strenge er aber spielerisch durchbricht. Er verwendet Holz, Bretter und Rahmen, Papprollen, Plastikeimer und Tücher und stapelt, reiht oder fügt die einzelnen Teile zu Gefügen, die verdichtet von der Poesie der Dinge erzählen. Dabei lotet er – auch in seinen Zeichnungen – zugleich das Potenzial des Raumes aus.


88 Miracle 2001 Neon viola Neon violett 12×100×5 cm Ed. 19/25 Inv. 2623/2011

Ohne Titel 2003 Acrilico su carta Acryllack auf Papier 85×56 cm Inv. 2405/2003

Ohne Titel 2003 Acrilico, gesso, polistirolo Acryllack, Gips, Styropor 50×35×35 cm Inv. 2406/2003


196–197 Gunter Frentzel

Berlin

1935

Dopo il diploma alla Kunstschule di Wiesbaden (1956), Gunter Frentzel ha svolto un apprendistato come scultore. Nel 1960 si è trasferito in Svizzera e dal 1972 opera come artista. Attualmente vive e lavora a Rüttenen vicino a Soletta. Gunter Frentzel si avvale di tecniche diverse come la scultura, le installazioni, il laser. Sin dagli anni ottanta le sue opere sono costituite da barre di ferro standardizzate, con le quali, attraverso un linguaggio minimalista, sviluppa delle strutture rigorosamente geometriche, che si reggono grazie alle leggi fisiche e alla forza di gravità. Il labile equilibrio crea tensione sia per il gioco fra luci e ombre sia per la dialettica fra peso e leggerezza. Con i raggi laser Frentzel misura, descrive e definisce ampi spazi esterni.

Skulptur, Installation, Mixed Media, Plastik, Laserskulpturen. 1956 Abschluss der Kunstschule in Wiesbaden, anschliessend Steinbildhauerlehre. 1960 Umzug in die Schweiz. Seit 1972 freischaffender Künstler. Frentzel lebt und arbeitet in Rüttenen bei Solothurn. Frentzels Skulpturen, Objekte und Installationen bestehen seit den 1980er-Jahren aus normierten Eisenstäben. In einer minimalistischen Formensprache entwickelt der Künstler mit diesen Elementen streng geometrische, auf den physikalischen Gesetzen der Schwerkraft basierende Raumzeichnungen, in denen das labile Gleichgewicht ebenso für Spannung sorgt wie das Spiel von Licht und Schatten, wie die Dialektik von Gewicht und Leichtigkeit. Mit Laserstrahlen durchmisst, bezeichnet und definiert Frentzel grosse Aussenräume.


Ohne Titel 2001 4 barre quadrangolari in acciaio 4 Vierkant-Stahlstäbe 100×1,5×1,5 cm ognuno/jeder Inv. 2418/2003

Ohne Titel 2003 10 barre quadrangolari in acciaio 8 barre quadrangolari in acciaio cromato 10 Vierkant-Stahlstäbe 8 Chromstahl-Vierkantstäbe 100×0,6×0,6 cm (10×) 50×0,6×0,6 cm (8×) Inv. 2419/2003

121 Ohne Titel 2004 159 barre quadrangolari in acciaio 159 Vierkant-Stahlstäbe 160×135×135 cm Inv. 2433/2004

Ohne Titel 2005 26 barre quadrangolari in acciaio cromato 26 Chrom- Vierkant-Stahlstäbe 210×39×1,5 cm Inv. 2457/2006


198–199 Athene Galiciadis

Münster (D)

1978

Athene Galiciadis ha studiato informatica aziendale, pubblicistica e storia dell’arte a Zurigo (2001-2003). In seguito ha frequentato la Hochschule der Künste di Zurigo (2003– 2005) e l’École Cantonale d’Art di Losanna (2006–2007). Nel 2011 ha vinto il Prix Mobilière. Attualmente vive a lavora tra Zurigo e Losanna. Athene Galiciadis realizza dipinti, disegni, sculture e oggetti grazie ai quali conduce una continua ricerca sul colore e sulle forme geometriche, quali triangoli e rettangoli, il cui rigore contrasta tuttavia con l’evidente artigianalità dell’esecuzione. L’artista dipinge sui materiali più diversi, anche la stoffa per materassi, per creare forme che si sviluppano attraverso una lenta stratificazione. A volte le sue opere si dilatano nello spazio come se fossero delle opere d’arte totali.

2001 bis 2003 Studien in Wirtschaftsinformatik, Publizistik und Kunstgeschichte in Zürich, 2003 bis 2005 Studium an der Zürcher Hochschule der Künste, 2006–2007 an der École cantonale d’art in Lausanne, 2011 Gewinnerin Prix Mobilière. Lebt und arbeitet in Zürich und Lausanne. Malerei, Zeichnung, Skulptur, Objekt. Das Werk von Galiciadis ist eine kontinuierliche Recherche nach Formen und Farben. Im Zentrum stehen dabei geometrische Formen wie Drei- und Rechtecke, deren Strenge aber im Kontrast zur deutlichen Handschrift steht, die nie verleugnet wird. Die Künstlerin arbeitet auf den verschiedensten Grundmaterialien, etwa auch Matratzenstoffen und entwickelt ihre Formen in einer langsamen Schichtung. Die Arbeiten können sich fast in der Art von Gesamtkunstwerken in den Raum ausweiten.

Silvia Gertsch

Bern

1963

Silvia Gertsch, figlia di Franz Gertsch ha ricevuto nel 1989 a Berna la borsa Louise Aeschlimann. Nel 1998 ha vinto il premio della Fondazione Bürgi-Willert e successivamente il premio Conrad Ferdinand Meyer per la pittura. Dal 1993 al 2004 ha vissuto a Zurigo e successivamente a Bergamo con l’artista Xerxes Ach. Nel 2010 è tornata in Svizzera, a Rüschegg, dove attualmente vive e lavora. Luce e colore sono il fulcro tematico dell’opera di Silvia Gertsch. Esperienze visive quotidiane, fissate dalla macchina fotografica o dalla cinepresa, vengono dipinte sul lato anteriore del vetro conferendo alle immagini un carattere vibrante che accresce lo straniamento del soggetto. Oltre ai dipinti dietro vetro, Gertsch realizza anche delle serie di dipinti su tela o su carta.

Tochter von Franz Gertsch. 1969 LouiseAeschlimann-Stipendium, Bern. Ihr künstlerisches Schaffen wird unter anderem mit dem Preis der Bürgi-Willert-Stiftung, Bern und dem Conrad-Ferdinand-Meyer Preis für Malerei (1998) ausgezeichnet. Lebt ab 1993 in Zürich und lebt und arbeitet ab 2004 zusammen mit dem Künstler Xerxes Ach in Bergamo. Kehrt 2010 in die Schweiz zurück. Lebt und arbeitet in Ateliergemeinschaft mit Xerxes Ach in Rüschegg. Licht und Farben stehen thematisch im Mittelpunkt ihrer Arbeiten. Alltägliche mit der Foto- oder Videokamera festgehaltene Seherlebnisse werden in Hinterglasmalerei umgesetzt. Das gleiche Motiv dient dabei häufig als Ausgangspunkt einer ganzen Serie von Glasbildern. Eine leicht eingefärbte Lackschicht auf der Vorderseite der Glasscheibe verleiht den Bildern einen vibrierenden Charakter und steigert die Verfremdung des Sujets. Neben den Glasbildern entstehen auch Werkreihen auf Leinwand und Papier.


143 A Thousand Years Vulcanic Stone 2010 Matita e olio su carta Farbstift und Öl auf Papier 29×21 cm Inv. 2570/2010

87 Movie 2000 Olio dietro vetro e lacca su vetro Öl hinter Glas und Lack auf Glas 77×117 cm Inv. 2331/2001

A Thousand Years Vulcanic Stone 2010 Matita e olio su carta Farbstift und Öl auf Papier 29×21 cm Inv. 2571/2010

The Flow 2010 Matita e olio su carta Farbstift und Öl auf Papier 85×70 cm Inv. 2572/2010


200–201 Hervé Graumann

Gèneve

1963

Hervé Graumann, attivo anche con lo pseudonimo di Raoul Pictor, è un artista che opera nell’ambito della fotografia, delle installazioni, dei video e dell’arte digitale. Si è diplomato nel 1989 all’École Supérieure d’Art Visuel di Ginevra e dal 1994 insegna presso la stessa scuola e all’Haute École d’Art et de Design di Ginevra. Nel 2001 ha collaborato al Progetto Hodler promosso dalla Mobiliare in occasione della mostra presentata al Kunstmuseum di Berna. Attraverso la sua opera Hervé Graumann indaga le problematiche della rappresentazione nei media digitali. L’artista crea sistemi di ordinamento variabili oppure mostra, con Raoul Pictor, in che modo i processi artistici ed estetici potrebbero funzionare meccanicamente e sistematicamente. Il suo lavoro si iscrive in una dimensione ludica, dove non manca un leggero tocco di ironia.

Fotografie, Installation, Video, Mixed Media, Computerkunst. 1989 Diplom an der École supérieure d’art visuel in Genf. Ab 1994 Dozent an der gleichen Hochschule und an der Haute École d’Art et de Design in Genf. Graumann tritt auch unter dem Pseudonym «Raoul Pictor» auf. Er wirkte 2001 bei den Hodler-Projekten der Mobiliar im Kunstmuseum Bern mit. Graumann lebt und arbeitet in Genf. Das Werk von Graumann lotet Fragen der Repräsentation in den digitalen Medien aus. Er schafft variable Ordnungssysteme oder zeigt – so etwa mit dem «Raoul Pictor» –, wie künstlerische und ästhetische Prozesse gewissermassen mechanisch und systematisch funktionieren könnten. Das alles geschieht durchaus spielerisch und nicht ohne einen leisen Hauch von produktiver Ironie.

Mariann Grunder

Bern

1926

Mariann Grunder ha svolto un apprendistato come scultrice presso Werner Dubi a Gümligen e successivamente presso Lázló Szabó a Parigi dove dall’incontro e dallo scambio con Meret Oppenheim, è nata una profonda e duratura amicizia. Tra il 1986 e il 1987 e poi ancora nel 1997 ha soggiornato a New York. Ha ottenuto due volte la borsa di studio Louise Aeschliman (1959 e 1960) e la borsa Kiefer-Hablitzel (1959–1964). Lo spazio e il tempo sono al centro della ricerca di Mariann Grunder. Nei primi lavori prevalgono forme organiche alla maniera di Henry Moore e Jean Arp. Negli anni sessanta l’interesse per i costruttivisti a Parigi la avvicina a un linguaggio formale paragonabile a quello degli artisti concreti zurighesi. I lavori degli anni settanta combinano forme organiche e geometria. Nei suoi rilievi, suddivisi in più parti, e nelle sculture a tutto tondo la Grunder rappresenta movimenti frammentati.

1954 Bildhauerlehre bei Werner Dubi in Gümligen. Louise-Aeschlimann-Stipendium 1959 und 1960. Kiefer-Hablitzel-Stipendium 1959 und 1964. 1960 Ausbildung bei Lázló Szabó in Paris. Begegnung und Werkaustausch mit Meret Oppenheim; Beginn einer langen Freundschaft zwischen den beiden Künstlerinnen. Längere Aufenthalte in New York 1986-87 und 1997. Die Verbindung von Raum und Zeit steht im Mittelpunkt des künstlerischen Schaffens von Mariann Grunder. Organische Formen in der Art von Henry Moore und Jean Arp dominieren in den frühen Skulpturen. Die Auseinandersetzung mit den Konstruktivisten in Paris führt Grunder 1960 zu einer den Zürcher Konkreten vergleichbaren Formensprache. Die Arbeiten der siebziger Jahre verbinden organische und konstruktive Formen. Mehrteilige Reliefwände und Freiplastiken stellen fragmentierte Bewegungsabläufe dar.


139 Who’s next? 2000 Acrilico su legno Acryl auf Holz 80×150 cm Inv. 2340/2001

Ohne Titel 2007–2008 Nastro adesivo su carta Klebebänder auf Papier 108×75 cm Inv. 2533/2008

Pattern III 2001 Ilfochrome su carta su alluminio Ilfochrome auf Papier auf Aluminium Ed. 3/5 110×80 cm Inv. 2348/2002

Ohne Titel 2007–2008 Nastro adesivo su carta Klebebänder auf Papier 108×75 cm Inv. 2534/2008

Ohne Titel 2007–2008 Nastro adesivo su carta Klebebänder auf Papier 108×75 cm Inv. 2535/2008

Pattern IV 2001 Ilfochrome su carta su alluminio Ilfochrome auf Papier auf Aluminium Ed. 2/5 80×79 cm Inv. 2349/2002


202–203 Lisa Hoever

Münster (D)

1952

Lisa Hoever ha compiuto i suoi studi alla Kunstakademie di Düsseldorf tra il 1972 e il 1978. Dal 1985 al 1986 ha soggiornato in un atelier presso la Künstlerhaus Bethanien a Berlino. Dal 1988 vive e lavora a Berna. Nei suoi quadri di grande formato Lisa Hoever rappresenta in ordine sparso piccoli oggetti – spesso piante e frutti – su superfici apparentemente monocrome, realizzate attraverso la sovrapposizione di più strati di colore che ricevono ritmo e struttura dalle tracce lasciate dal pennello. Intersezioni e disposizioni eccentriche dei soggetti testimoniano delle riflessioni sul formato del quadro e sulla sua suddivisione grafica. Nei lavori più recenti rami e altre forme naturali sembrano crescere armonicamente nel quadro. Nelle sue opere la tensione tra spazio e superficie, stasi e movimento, varietà di colori e monocromia è una caratteristica ricorrente.

1972-1978 Studium an der Kunstakademie Düsseldorf. 1985-1986 Atelier im Künstlerhaus Bethanien, Berlin. Lebt und arbeitet seit 1988 in Bern. Lisa Hoever stellt auf ihren grossformatigen Bildern kleine Objekte – häufig Pflanzen und ihre Früchte – in freier Anordnung vor monochrom erscheinenden Flächen dar. Die mehrfach übermalten Farbflächen werden durch die Spuren der Pinselzüge rhythmisiert; geometrische Strukturen treten in Kontrast zu organischen Formen. Überschneidungen und exzentrische Anordnungen der Motive zeugen von der Auseinandersetzung mit dem Bildformat und seiner grafischen Unterteilung. In den jüngeren Arbeiten scheinen Astgebilde und andere Naturformen in das Bild hineinzuwachsen. Spannungen zwischen Raum und Fläche, zwischen Bewegung und Ruhe, zwischen Farbigkeit und Monochromie sind charakteristisch für Hoevers Werke.

Teresa Hubbard Alexander Birchler

Dublin Baden

1965 1962

Teresa Hubbard è cresciuta in Australia e negli Stati Uniti e ha studiato presso la University of Texas di Austin (1985–1988), dove attualmente insegna. Alexander Birchler si è formato invece alla Schule für Gestaltung di Basilea tra il 1983 e il 1987. La loro collaborazione ha avuto inizio tra il 1989 e il 1990, la loro collaborazione. Dal 1990 al 1992 hanno frequentato il MFA del Nova Scotia College of Art and Design di Halifax in Canada. Nel 1999 hanno presentato il loro lavoro alla 48a Biennale di Venezia. Vivono e lavorano a Austin in Texas. Hubbard e Birchler operano attraverso il video, le installazioni e la fotografie. Le precise composizioni di immagini e le messe in scena complesse sono caratteristiche del loro lavoro, così come i riferimenti alla storia della letteratura e del cinema. Molto rimane intenzionalmente misterioso, come se si trattasse di frammenti di una storia più ampia e questo vale sia nei video che nelle fotografie. Le loro opere riproducono spesso scenari notturni oppure il lato oscuro della vita, in cui il carattere enigmatico sconfina nell’inquietudine.

Video, Installation, Fotografie. Hubbard wuchs in Australien und in den USA auf. 1985 bis 1988 Studium an der University of Texas in Austin. Birchler besucht 1983 bis 1987 die Schule für Gestaltung in Basel. Beginn der Zusammenarbeit 1989-1990. 1990-1992 absolvieren die beiden das MFA-Programm am Nova Scotia College of Art and Design im kanadischen Halifax. 1999 Teilnahme an der 48. Biennale von Venedig. Hubbard ist Professorin an der University of Texas, Austin. Hubbard/Birchler leben und arbeiten in Austin, Texas. Präzise Bildkompositionen und aufwändige Inszenierungen sind ebenso ein wichtiges Merkmal des Künstlerpaars wie ihre Bezüge zur Film- und Literaturgeschichte. Vieles bleibt dabei bewusst rätselhaft, erscheint als Fragment einer grösseren Story. Das ist in den Videos nicht anders als in den Fotografien. Ins Licht gerückt werden dabei meist nächtliche Szenerien oder die Schattenseite des Lebens – und so kippen die Bilder bald einmal vom Rätselhaften ins Unheimliche.


Ohne Titel (Tulpen) 2000 Olio su tela Öl auf Leinwand 180×160 cm Inv. 2301/2000

Casting Jen and Helen 2004 C-Print su carta C-Print auf Papier 10 elementi/teilig 41×64 cm ognuno/jedes Ed. 1/6 Inv. 2436/2004

Ohne Titel (Holunder) 2001 Olio su tela Öl auf Leinwand 130×115 cm Inv. 2408/2003


204–205 huber.huber

Münsterlingen (TG)

1975

Reto e Markus Huber operano attraverso dipinti, fotografie, disegni e collage. Hanno studiato alla Hochschule der Künste di Zurigo (2002–2005) e dal 2005 lavorano in coppia. Vivono e lavorano a Zurigo. Negli ultimi anni i gemelli Huber si sono fatti conoscere soprattutto per i loro collage e disegni, ma anche per le sculture e gli assemblaggi. Fulcro del loro lavoro è il rapporto tra la natura e la civiltà nel quale integrano, con una dose di scetticismo, degli elementi scientifici. Le loro opere oscillano quindi tra cinismo, fascino, ironia e scurrilità, mettendo spesso in scena un mondo fiabesco che può improvvisamente capovolgersi in una galleria degli orrori. Il terreno su cui si fonda questo mondo è infatti molto fragile e sull’idillio incombe sempre la minaccia di una potenziale catastrofe.

Malerei, Fotografie, Zeichnung, Collage. 2002 bis 2005 Studium an der Zürcher Hochschule der Künste. Beginn der Zusammenarbeit 2005. huber.huber leben und arbeiten in Zürich. Die Zwillingsbrüder Reto und Markus haben in den letzten Jahren vor allem mit Collagen und Zeichnungen, aber auch mit skulpturalen Arbeiten und Assemblagen auf sich aufmerksam gemacht. Im Zentrum ihrer Arbeiten steht das Verhältnis von Natur und Zivilisation, wobei sie, allerdings sehr skeptisch, wissenschaftliche Elemente einbeziehen. So flottiert ihr Werk zwischen Skepsis, Faszination, Ironie und Skurrilität. Die Märchenwelt kann sich in ein Gruselkabinett verwandeln, in der Idylle ist die Präsenz einer möglichen Katastrophe spürbar. Auf jeden Fall ist der Boden in dieser Welt brüchig.


102 Vogelhäuser (Elle et Lui) 2006 Calcestruzzo Betonguss Pda/EA 30×20×20 cm Inv. 2624/2011

91

91

Mikrouniversum und andere kleine Systeme Tableau 5 2011 Collage e inchiostro su carta Collage und Tusche auf Papier 100×70 cm Inv. 2637/2012

Mikrouniversum und andere kleine Systeme Tableau 7 2011 Collage e inchiostro su carta Collage und Tusche auf Papier 100×70 cm Inv. 2638/2012


206–207 Leiko Ikemura

Tsu (Nippon)

1951

Leiko Ikemura ha studiato lingua e letteratura spagnola all’Università di Osaka (1970–1972). Dal 1973 al 1978 ha vissuto in Spagna dove ha frequentato la Escuela Superior de Bellas Artes de Santa Isabel de Hungaria a Siviglia. Nel 1979 si trasferisce a Zurigo. Nel 1983 è Stadtzeichnerin di Norimberga e l’anno successivo si trasferisce a Colonia. Dal 1991 detiene la cattedra di pittura alla Hochschule der Künste di Berlino. Attualmente vive e lavora tra Colonia e Berlino. Leiko Ikemura realizza disegni, dipinti e sculture. I suoi disegni a carboncino e a matita raf figurano persone, animali e creature ibride che rasentano il mito. Dal 1986 si dedica ad una pittura complessa, ma comunque espressiva e gestuale, che fa proprio il tema della violenza e dell’aggressione. Il colore in sé assume un’importanza maggiore rispetto al soggetto e alla forma ed emerge una tendenza sempre più marcata verso l’astrazione. Anche nelle opere recenti l’artista continua a trattare il tema dell’orrore e della tragedia, come nei lavori che riflettono la catastrofe di Fukushima.

Zeichnung, Malerei, Plastik. 1970 bis 1972 Studium der spanischen Sprache und Literatur an der Universität Osaka. 1972 Reise nach Spanien. 1973 bis 1978 Escuela Superior de Bellas Artes de Santa Isabel de Hungaria, Sevilla. 1979 Niederlassung in Zürich, 1983 Stadtzeichnerin in Nürnberg, 1984 Übersiedlung nach Köln. Seit 1991 Professur für Malerei an der Hochschule der Künste in Berlin. Ikemura lebt und arbeitet in Köln und Berlin. Ihre früheren Kohle- und Bleistiftzeichnungen zeigen Menschen, Tiere und Mischwesen und streifen Mythisches. 1986 Hinwendung zu einer vielschichtigen, jedoch expressiv-gestischen Malerei, die Gewalt und Aggression thematisiert. Mehr und mehr zeigt sich eine Tendenz zur Abstraktion, indem die Farbe an sich im Verhältnis zu Sujet und Form ein grösseres Gewicht erhält. Aber die Künstlerin beschäftigt sich nach wie vor mit dem Entsetzen, so etwa mit der Katastrophe von Fukushima.

Rolf Iseli

Bern

1934

Dopo un apprendistato come fotolitografo (1950–1954), Rolf Iseli ha frequentato la Kunstgewerbeschule di Berna. Nel 1955 ha conosciuto a Parigi Sam Francis e successivamente, nel 1962, si è trasferito a New York. Nel 1957 e nel 1963 ha ottenuto la Borsa Federale delle Belle Arti. Nel 1959 ha partecipato alla documenta 2 di Kassel e nel 1972 alla documenta 5. Ha rappresentato la Svizzera alla Biennale di São Paulo nel 1975. I suoi primi quadri – grandi superfici per lo più monocrome alternate a grovigli di linee gestuali – sono influenzati dall’informale parigino e newyorkese. Nel 1966 litografie, acquerelli e collage sostituiscono i quadri a olio. Oltre alla grafica, Iseli si dedica all’arte oggettuale. Fino al 1975, grazie alla collaborazione con industrie pesanti, realizza grandi sculture in ferro, dedicandosi poi da questo momento alle incisioni a punta secca di grande formato. Fin dagli anni settanta rielabora, con diverse tecniche, materiali e oggetti trasformandoli in opere plurimateriche.

1950–1954 Lehre als Foto- und Farblithograf. Kunstgewerbeschule Bern. 1955 in Paris Kontakt mit Sam Francis. 1962 Aufenthalt in New York. 1957 und 1965 Eidgenössisches Kunststipendium. Teilnahme an der documenta 2 (1959) und der documenta 5 (1972) in Kassel sowie an der Bienal de São Paulo (1975). Die frühen Bilder Iselis – grosse, weitgehend monochrome Flächen im Wechsel mit gestisch gemalten Linienknäueln – lassen Bezüge zum Pariser und New Yorker Informel erkennen. 1966 lösen Lithografie, Aquarell und Collage die Ölmalerei ab. Neben der Grafik wendet sich Iseli der Objektkunst zu. In Zusammenarbeit mit der Schwerindustrie entstehen bis 1975 Eisenplastiken. Ab 1975 grossformatige Kaltnadelradierungen. Seit den siebziger Jahren verarbeitet Iseli Materialien und Gegenstände mit verschiedenen Techniken zu Materialbildern.

Pseudonimo di /eigentlich Ikemura Reiko


Stehende am Rand 1994 Olio su tela Öl auf Leinwand 70,5×55,6 cm Inv. 2326/2001

Oranger Fäderma 1977 Tecnica mista su carta Mischtechnik auf Papier 107×76 cm Inv. 2372/2002

Vogel auf Miko 1998–*2000 Bronzo verniciato Bronze bemalt 24,5×13×47,5 cm Inv. 2327/2001


208–209 Daniela Keiser

Neuhausen am Rheinfall

1963

Fotografia, installazioni, video e oggetti sono le tecniche di cui si avvale Daniela Keiser. Dal 1989 al 1991 ha frequentato la Schule für Gestaltung di Basilea. Dal 1995 ha compiuto numerosi viaggi all’estero, soggiornando come artist in residence a Parigi, Berlino, New York e Il Cairo. Dal 2008 è docente alla Hochschule der Künste di Berna. Vive e lavora a Zurigo. Daniela Keiser indaga temi quali la città, l’architettura e il paesaggio con modalità e materiali molto diversi, ricorrendo sia al proprio archivio personale sia a oggetti che gli vengono dati da altre persone. Attraverso questi strumenti l’artista ricerca soprattutto modalità di lettura differenti e soggettive, mostrando come uno stesso fenomeno venga percepito e vissuto in maniera diversa da persone diverse. In questo modo l’artista crea delle opere nelle quali l’orizzonte semantico rimane consapevolmente aperto.

Objektkunst, Installation, Fotografie, Video. Geboren 1963 in Neuhausen am Rheinfall. 1989 bis 1991 Schule für Gestaltung, Basel. Ab 1995 verschiedene Auslandaufenthalte, u.a. Cité Internationale des Arts Paris, Atelierstipendien in Berlin, New York und Kairo. Seit 2008 Dozentin an der Hochschule der Künste in Bern. Keiser lebt in Zürich. Keiser recherchiert in verschiedenen Medien und Präsentationsformen zu Themen wie Stadt, Architektur und Landschaft. Sie greift dabei auch auf ihr eigenes Archiv oder auf Objekte zurück, die sie von anderen Personen erhalten hat. Mit diesen Mitteln untersucht sie vor allem unterschiedliche, subjektive Lesarten und zeigt, wie Phänomene von verschiedenen Personen wahrgenommen und erfahren werden. So schafft sie Kunstwerke mit einem bewusst offen gehaltenen Bedeutungshorizont.


Ohne Titel 2000 Fotografia a colori su carta Farbfotografie auf Papier 30×40 cm Ed. 1/3 Inv. 2389/2003

Wald 1998 Fotografia a colori su carta Farbfotografie auf Papier 50×70 cm Ed. 1/3 Inv. 2390/2003

105 Lampe 2006 C-Print su carta C-Print auf Papier 4 elementi/tailig 50×35 cm ognuno/jedes Ed. 1/3 Inv. 2506/2007

Rot II 2006 C-Print su carta C-Print auf Papier Ed. 2/3 125,5×81,2 cm Inv. 2516/2008


210–211 San Keller

Schlosswil bei Bern

1971

San Keller ha studiato alla Hochschule für Gestaltung und Kunst di Zurigo. Tra il 2003 e il 2004, grazie ad una borsa di studio, ha soggiornato a New York e nel 2006 presso l’Istituto Svizzero di Roma. L’artista spazia dall’azionismo alla concettualità avvalendosi di linguaggi diversi come la performance, il video e i disegni. Dopo essersi messo a dormire durante la trasmissione giornalistica 10 vor 10, Keller è diventato subito un personaggio. L’azione faceva parte di un grande happening dal titolo Ich schlafe für Sie [Dormo per lei]. Quando Keller ha partecipato a un dibattito di 24 ore con i critici d’arte nella Stadtgalerie di Berna, l’evento non è stato altrettanto spettacolare ma ha evidenziato una tematica centrale nella sua opera: l’artista cerca punti critici del contesto sociale e, con un impegno personale estremo, li esaspera fino all’assurdo. In altre parole, egli mette direttamente in moto delle situazioni che invitano alla riflessione chi vi partecipa.

Studium an der Hochschule für Gestaltung und Kunst Zürich, 2003-2004 Stipendienaufenthalt in New York, 2006 Atelier im Istituto Svizzero in Rom. Aktionskunst, Mixed Media, Konzeptkunst, Performance, Video, Zeichnung. Als sich Keller schlafend in die TV-NewsSendung 10 vor 10 legte, war der Künstler auf einen Schlag ein Begriff. Die Aktion war Teil des grossen Happenings Ich schlafe für Sie. Als sich Keller in der Berner Stadtgalerie während 24 Stunden Diskussionen mit Kunstkritikern stellte, war das weniger spektakulär, zeigte aber eine zentrale Thematik in seinem Werk: Er recherchiert gesellschaftliche Brennpunkte und führt sie, teils unter extremem eigenem Einsatz, gewissermassen ad absurdum oder: Er bringt unvermittelt Verhältnisse zum Tanzen. Und die Teilnehmenden zur Reflexion.


Halten Sie fĂźr San Keller die Fahne hoch 2001 Bandiera, pennone e piedistallo Fahne, Fahnenstange und Sockel Ed. 1/3 Inv. 2459/2006


212–213 Isabelle Krieg

Fribourg

1971

Dopo aver lavorato in un alpeggio e in un piccolo circo, Isabelle Krieg ha studiato alla Scuola Dimitri di Verscio e alla Hochschule für Gestaltung und Kunst di Lucerna. Nel 1999 ha soggiornato come artist in residence a Berlino e nel biennio 2003–2004 all’Istituto Svizzero di Roma. Attiva come artista dal 1998, vive e lavora tra Berlino e Zurigo. I linguaggi di cui si avvale Isabelle Krieg sono le installazioni, la sculture, la fotografia e la performance. L’artista “crea opere giocose e sorprendenti che dimostrano una particolare sensibilità per le situazioni assurde e un approccio del tutto personale alla strategia e alla poesia surrealista. Le sue realizzazioni divertono per il carattere grottesco o per l’umorismo infantile, ma consentono nel contempo chiavi di lettura alternative. L’artista si dedica spesso ad argomenti di attualità politica oppure collega la sua storia personale con racconti più generali, cancellando i confini tra vita pubblica e privata”. (Boris Magrini)

Arbeit auf einer Alp und in einem Kleinzirkus, Studien an der Scuola Dimitri in Verscio und der Hochschule für Gestaltung und Kunst Luzern. Seit 1998 freischaffende Künstlerin. 1999 Atelierstipendium in Berlin, 2003–2004 Schweizer Institut in Rom. Krieg lebt und arbeitet in Berlin und Zürich. Installation, Skulptur, Fotografie und Performance. „Krieg schafft spielerische und überraschende Arbeiten, die von einem besonderen Sinn für absurde Situationen und einem ganz persönlichen Zugang zu surrealistischer Strategie und Poesie zeugen. Wenn ihre Werke auch immer wieder durch Groteske oder kindlichen Humor amüsieren, erlauben sie auch alternative Lesarten. So widmet sich die Künstlerin häufig Themen von politischer Aktualität oder sie verbindet ihre ganz persönliche Geschichte mit allgemeineren Erzählungen und verwischt so die Grenzen zwischen privatem und öffentlichem Leben“. (Boris Magrini)


109–111 Die Welt endecken 2001–2003 Fotografie a colori su carta su alluminio Farbfotografie auf Papier auf Aluminium 25×35 cm (10x) 35×25 cm (2x) Sims Inv. 2464/2006

Boden Inv. 2465/2006

Orangenschale Inv. 2466/2006

Wand Inv. 2467/2006

Schale Inv. 2468/2006

Seife Inv. 2469/2006

Hinterhof Inv. 2470/2006

Herd Inv. 2471/2006

Teller Inv. 2472/2006

Teller und Tasse Inv. 2473/2006

Auto Inv. 2474/2006

Sims und Ausblick Inv. 2475/2006

Markus Kugelblume Ed. 2/3 + 1 AP Inv. 2627/2011

Sonnenblume Ed. 2/3 + 1 AP Inv. 2628/2011

Oliblume Ed. 2/3 + 1 AP Inv. 2629/2011

Linzblume brennt dunkel Ed. 1/3 + 1 AP Inv. 2630/2011

84–85 Tapfere Blumen 2007–2011 C-Print su carta C-Print auf Papier 36×24 cm (3x) 24×36 cm (2x) Bunte Trichterblume Ed. 3/3 + 1 AP Inv. 2626/2011


214–215 Jürg Leiser

Davos

1958

Dopo aver frequentato il corso introduttivo alla Kunstgewerbeschule di Zurigo (1981– 1982) dal 1982 al 1988 frequenta la Kunstgewerbeschule a Berna. Tra il 1988 e il 1989 soggiorna a Berlino. Dal 1990 ha insegnato disegno in una scuola magistrale e in seguito al Liceo Gambach di Friburgo. Dal 1990 vive a Berna. Jürg Leiser opera attraverso dipinti, disegni e fotografie che spesso rielabora. Tema centrale del suo lavoro è la pittura sospesa tra figurazione e astrazione. Ad interessarlo sono i condizionamenti della percezione, con i quali gioca rappresentando prospettive e visuali insolite. Ridipingendoli estrania gli oggetti (ultimamente anche fotografati), fino a trasporli in un ambiente a tratti surreale. Le sue serie ruotano attorno a figure, paesaggi, piante e decorazioni. Attraverso il rispecchiamento, lo sdoppiamento e l’allineamento Leiser dà vita a una magica dimensione ornamentale.

1981–1982 Vorkurs in Zürich, 1982 bis 1988 Kunstgewerbeschule in Bern. 1988–1989 Aufenthalt in Berlin. Seit 1990 Unterricht als Zeichenlehrer am Lehrerseminar und anschliessend am Gymnasium Gambach in Freiburg. Lebt seit 1990 in Bern. Malerei, Zeichnung, fotografische Mischtechniken. Die Malerei zwischen Gegenstand und Abstraktion bildet das zentrale Thema des Künstlers. Ihn interessieren die Bedingungen der Wahrnehmung, und er spielt damit, indem er ungewohnte Perspektiven und Ansichten ins Bild setzt und die – in jüngster Zeit auch fotografierten – Gegenstände mit gezielten Übermalungen derart verfremdet, dass sie in eine andere, zuweilen surreale Räumlichkeit kippen. Seine Serien kreisen um Figuren, Landschaften, Pflanzen und Ornament. Durch Spiegelung, Verdoppelung und Reihung entlockt er dem Ornamentalen magische Momente.


Baum Aus der Serie „Übermalte Welt/Cabo Verde“ 2009 Acrilico/Inkjet su carta fatta a mano Acryl/Inkjet auf Büttenpapier 60×80 cm Inv. 2551/2009

Container Aus der Serie „Übermalte Welt/Cabo Verde“ 2009 Acrilico/Inkjet su carta fatta a mano Acryl/Inkjet auf Büttenpapier 50×60 cm Inv. 2552/2009


216–217 Werner Otto Leuenberger

Bern

1932–2009

Werner Otto Leuenberger ha seguito dal 1948 al 1952 un apprendistato come litografo, frequentando contemporaneamente la Kunstgewerbeschule di Berna. Dal 1959, anno in cui ha partecipato alla Biennale di São Paulo è attivo come artista. Per tre volte ha ottenuto la Borsa Federale delle Belle Arti (1959, 1960 e 1961), mentre nel 1982 gli è stato assegnato il premio della Internationale Triennale für farbige Originalgrafik a Grenchen. Ha vissuto e lavorato a Berna. Leuenberger ha rielaborato gran parte delle sue opere giovanili – piatte astrazioni contemplative. L’intensa attività di xilografo nel corso degli anni sessanta lo allontana dalla dissoluzione delle forme e lo porta alla realizzazione di semplici composizioni geometriche. A questo periodo risalgono le prime sculture oggettuali. A partire dalla metà degli anni settanta l’artista si volge alla pittura figurativa, concentrandosi su singoli motivi elaborati in grandi cicli.

1948–1952 Lithografenlehre und Besuch der Kunstgewerbeschule Bern. Seit 1959 freischaffend, Auszeichnung an der 5. Bienal de São Paulo 1959. Zahlreiche Stipendien und Preise; u.a. Eidgenössisches Kunststipendium 1959, 1960, 1961 und Preis der Internationalen Triennale für farbige Originalgrafik (Grenchen, 1982). Lebte und arbeitete in Bern. Leuenberger hat das Frühwerk – meditativ flächige Abstraktionen – grösstenteils übermalt. Die intensive Beschäftigung mit dem Holzschnitt führt ihn in den 1960er Jahren weg von der Formauslösung hin zu geometrisierenden einfachen Flächenkompositionen. In diese Zeit fallen erste plastische Arbeiten im Bereich der Objektkunst. Mitte der 1970er Jahre Hinwendung zur gegenständlichen Malerei. In grossen Zyklen konzentriert sich Leuenberger auf einzelne figurative Motive.

Alois Lichtsteiner

Ohmstal (LU)

1950

Dopo aver frequentato la scuola magistrale a Lucerna, Alois Lichtsteiner ha studiato alla Kunstgewerbeschule di Zurigo (1975–19 78). Tra il 1980 e il 1983 ha fatto parte della comunità di artisti “Silo”. Nel 1983 e nel 1984 ha vinto due Borse Federali delle Belle Arti e grazie a una borsa di studio del Canton Berna ha soggiornato a Parigi alla Cité Internationale des Arts (1989–1990). Dal 1994 insegna all’École Cantonale des Beaux-Arts di Sion. Vive e lavora fra Morat e Parigi. La pittura di Alois Lichtsteiner è caratterizzata dalla tensione tra rappresentatività e autoreferenzialità. Spesso i soggetti nel quadro sono resi riconoscibili solo grazie a poche linee, mentre gli oggetti si confondono con lo sfondo. Con gli oggetti dipinti, una sorta di trasposizione tridimensionale dei motivi rappresentati nei suoi quadri, l’artista sottolinea il carattere concreto della sua pittura.

Besuch des Lehrerseminars Luzern. 1975– 1978 Ausbildung an der Kunstgewerbeschule Zürich. 1980–1983 Mitglied der Künstlergemeinschaft „Silo“. 1983 und 1984 Eidgenössisches Kunststipendium. 1989–1990 als Stipendiat des Kantons Bern in der Cité Internationale des Arts in Paris. Seit 1994 Gastdozent an der École Cantonale des Beaux-Arts in Sitten. Lebt und arbeitet in Murten und Paris. Die Spannung zwischen abbildender uns selbstreflektierender Malerei ist charakteristisch für das Oeuvre von Lichtsteiner. Bildgegenstände werden häufig durch wenige Linien kenntlich gemacht; die Gegenstände verschmelzen mit dem Malgrund. In den bemalten Objekten, die als dreidimensionale Umsetzungen die Gegenstände seiner Bilder wieder aufgreifen, betont der Künstler den körperhaften Charakter seiner Malerei.


Schicht über Schicht, Zeit über Zeit 2001 Olio su tela Öl auf Leinwand 150×120 cm Inv. 2371/2002

59 Ohne Titel (Berg) 2011 Xilografia e olio su carta giapponese Holzschnitt und Öl auf Japanpapier 99×142 cm Inv. 2635/2011


218–219 Andrea Loux

Bern

1969

Andrea Loux ha studiato storia dell’arte all’Università di Berna (1990–1991) iscrivendosi in seguito alla Schule für Gestaltung e proseguendo lo studio delle belle arti sempre all’Università di Berna (1991–1996). Dopo aver frequentato per un semestre la Gerrit Rietveld Academie ad Amsterdam (1994– 1995), dal 2001 al 2003 ha studiato all’Universität der Künste di Berlino dove è stata allieva di Rebecca Horn. Vive e lavora a Berna. Andrea Loux opera attraverso il video, il disegno, la fotografia e altri media. Sin dall’inizio il suo lavoro è stato caratterizzato dall’interesse per le costellazioni e le interazioni sociali. L’artista ha così inserito se stessa, ovvero il suo corpo, nella serie di Incastri in luoghi a lei estranei, presso persone per lo più sconosciute, creando così una sorta di geometria del corpo. Anche le sue indagini in immagini di gruppi di persone hanno a che fare in senso lato con la geometria, perché riguardano le leggi che regolano la vicinanza e l’avversione, la minaccia e l’indifferenza.

Video, Zeichnung, Fotografie, Mixed Media. 1990–1991 Studium der Kunstgeschichte an der Universität Bern, 1991 bis 1996 Studium Bildnerisches Gestalten an der Schule für Gestaltung und an der Universität Bern, 1994–1995 Auslandsemester an der Gerrit Rietveld Academie, Amsterdam, 2001 bis 2003 Universität der Künste Berlin (Meisterschülerin von Rebecca Horn). Loux lebt und arbeitet in Bern. Schon früh war das Werk von Loux geprägt vom Interesse für soziale Konstellationen und Interaktionen. So fügte sie sich, das heisst ihren Körper, in der Reihe der Einpassungen an ihr fremden Orten bei ihr meist unbekannten Leuten in das bestehende Mobiliar ein und schuf so eine Art Geometrie des Körpers. Um Geometrien im übertragenen Sinn geht es ihr auch bei ihrer bildhaften Untersuchungen von menschlichen Gruppen: um Gesetzmässigkeiten von Nähe und Abneigung, Drohung und Gleichgültigkeit.


My Family 2003 C-Print su carta/auf Papier 10 elementi/teilig 20×40 cm ciascuna/jeder N° 1 Ed. 1/3 Inv. 2486/2006

N° 4 Ed. 2/3 Inv. 2487/2006

N° 7 Ed. 1/3 Inv. 2488/2006

N° 8 Ed. 1/3 Inv. 2489/2006

N° 11 Ed. 1/3 Inv. 2490/2006

N° 14 Ed. 2/3 Inv. 2491/2006

N° 16 Ed. 1/3 Inv. 2492/2006

N° 17 Ed. 1/3 Inv. 2493/2006

N° 18 Ed. 1/3 Inv. 2494/2006

N° 20 Ed. 1/3 Inv. 2495/2006


220–221 Minjung Luo

China

1963

Minjung Luo ha studiato storia dell’arte dal 1979 al 1983 alla Normal University di Hunan (Cina). Tra il 1983 e il 1987 è stata la più giovane docente a insegnare nella stessa università. Nel 1987 si è trasferita in Svizzera. Vive e lavora a Bienne. Minjung Luo realizza dipinti e disegni a China, ma mentre in Cina dipingeva usando i colori, in Svizzera, nell’ambito della ricerca della propria identità, Luo ha recuperato la tradizione cinese del disegno a China che ha appreso all’età di quattro anni. Si è quindi dedicata alla pittura di ideogrammi e di oggetti legati al suo paese di origine. In seguito, basandosi su foto ricordo, ha iniziato a creare i primi dipinti realistici che appaiono sempre come filtrati da un velo sottile. Attualmente l’artista fotografa oggetti e situazioni che risvegliano in lei emozioni e le traduce in una pittura che conserva sempre un velo di mistero.

1979 bis 1983 Kunststudium an der Normal University, Hunan, China, 1983 bis 1987 jüngste Kunstprofessorin der gleichen Universität. 1987 Übersiedlung in die Schweiz. Luo lebt und arbeitet in Biel/Bienne. Malerei, (Tusche-)Zeichnung. Malte sie in China farbig, besann sich Luo in der Schweiz – wohl auch als Teil ihrer Identitätsfindung – auf die Tradition chinesischer Tuschemalerei, die sie seit ihrem vierten Lebensjahr gelernt hatte. Sie malte mit leichter Hand Schriftzeichen und Objekte ihres Herkunftslandes. Später entstanden auf der Grundlage von Erinnerungsfotografien erste realistische Gemälde, immer wie durch einen Schleier. Aktuell fotografiert die Künstlerin Dinge und Situationen, die sie emotional ansprechen, und transformiert diese in Malerei, die immer einen Schleier des Geheimnisses bewahrt.

Urs Lüthi

Luzern

1947

Dopo aver studiato alla Kunstgewerbeschule di Zurigo, Urs Lüthi ha frequenta per un anno l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Nel 1977 ha vissuto negli USA e nello stesso anno ha partecipato alla sesta edizione di documenta a Kassel. Dal 1994 è professore alla Kunsthochschule della Gesamthochschule a Kassel. Nel 1996 ha ricevuto un riconoscimento per la sua opera dal Cantone di Zurigo. Con le fotografie in cui metteva in scena se stesso negli anni settanta e il montaggio combinatorio su base associativa di pittura e disegno degli anni ottanta, Lüthi realizza una sorta di “delusione dell’illusione” (Beat Wyss), un’analisi ironica e critica dei desideri umani, delle passioni e della loro banalità. Dalla fine degli anni ottanta l’artista si serve sempre più di sculture in bronzo, fotoincisioni, dipinti su vetro e fotografie per rappresentare le tensioni e le contraddizioni che avverte in se stesso e nel mondo che lo circonda.

1963 Kunstgewerbeschule Zürich, danach ein Jahr l’Accademia di Belle Arti di Brera in Mailand. 1977 Aufenthalt in den USA und Teilnahme an der documenta 6, Kassel. Seit 1994 Professur an der Kunsthochschule der Gesamthochschule Kassel. 1996 Ehrenpreis des Kantons Zürich für sein Gesamtwerk. Mit den Mitteln der fotografischen Selbstinszenierung in den siebziger Jahren, der montageartig assoziativ kombinierenden Malerei und Zeichnung in den achtziger Jahren betreibt Urs Lüthi die „Enttäuschung der Täuschung“ (Beat Wyss) – eine spöttische Analyse und versöhnliche Kritik menschlicher Sehnsüchte, Leidenschaften und ihrer Banalität. Ende der achtziger Jahre dienen vermehrt Bronzeplastiken, Fotogravuren, Hinterglasmalereien und Fotografien der Darstellung von Spannungsfeldern und Widersprüchen, die der Künstler in sich und in der Umwelt wahrnimmt.


Ligne jaune 2009 Olio su tela Öl auf Leinwand 80×100 cm Inv. 2553/2009

119

118

Health Dalla serie/Aus der Serie Placebos & Surrogates 1997 Ilfochrome su carta Ilfochrome auf Papier 150×110×12 cm Inv. 2302/2000

Beauty Dalla serie/Aus der Serie Placebos & Surrogates 1997 Ilfochrome su carta Ilfochrome auf Papier 150×120×12 cm Inv. 2303/2000


222–223 Jean-Luc Manz

Neuchâtel

1952

Jean-Luc Manz opera attraverso disegni, dipinti e opere grafiche. Dopo un apprendistato come fotografo a Montreux, compie alcuni viaggi in Europa e negli Stati Uniti. Dal 1974 è attivo come artista. In questo periodo si confronta l’opera di Cy Twombly, Joseph Beuys e Blinky Palermo. Nel 1987 è cofondatore del gruppo M/2 con Catherine Monney, Jean Crotti, Alain Huck, Robert Ireland e Christian Messerli. Nel 1992 ha rappresentato la Svizzera alla Biennale del Cairo. Manz, la cui tavolozza si basa sui colori primari, è un rappresentante coerente della pittura astratta. L’artista è costantemente impegnato a sviluppare il suo linguaggio figurativo attraverso il dialogo nono solo con i suoi predecessori, ma anche con gli artisti a lui contemporanei. La sua è quindi una forma di pittura astratta molto riflessiva, che può riprendere allo stesso modo i propri motivi dall’antica tradizione decorativa o dai pattern di un tessuto alla moda. Nonostante sia astratta, questa pittura mantiene dunque un solido legame con la quotidianità e con la realtà.

Zeichnung, Malerei, Druckgrafik. Lehre als Fotograf in Montreux. Reisen durch Europa und die USA. 1974 freischaffender Künstler, Auseinandersetzung mit Cy Twombly, Joseph Beuys und Blinky Palermo. 1987 Gründung der Gruppe M/2 (mit Catherine Monney, Jean Crotti, Alain Huck, Robert Ireland und Christian Messerli). 1992 Vertreter der Schweiz an der Biennale von Kairo. Manz ist ein konsequenter Vertreter der abstrakten Malerei, dessen Farbpalette auf den Grundfarben basiert. Seine Bildsprache entwickelt er im Dialog mit seinen Vorläufern, aber auch mit Zeitgenossen immer weiter – es ist also eine sehr reflexive Form abstrakter Malerei, die jedoch Motive aus der alten ornamentalen Tradition ebenso aufnehmen kann wie Muster eines textilen Stoffes der aktuellen Mode. So bindet sich diese Malerei trotz ihrer Abstraktion wieder an den Alltag und an die Wirklichkeit an.


Ohne Titel 1991 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 140×140 cm Inv. 2616/2011

Ohne Titel, N°5 2010 Matite colorate su carta Farbstift auf Papier 50×65 cm Inv. 2617/2011

52 Signes pour une nouvelle géométrie 2000 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 8 elementi/teilig 30×40 cm ognuno/jedes Inv. 2300/2000

Ohne Titel, N°8 2010 Matite colorate su carta Farbstift auf Papier 50×65 cm Inv. 2618/2011


224–225 Christian Megert

Bern

1936

Dopo aver frequentato la Kunstgewerbeschule a Berna (1952–1956), ha vissuto a Stoccolma, Berlino e Parigi. Nel 1966 ha partecipato alla Biennale di Venezia e nel 1968 alla documenta 4 di Kassel. Dal 1976 al 2002 è professore alla Kunstakademie di Düsseldorf. Attualmente vive e lavora fra Düsseldorf e Berna. Fedele al suo manifesto Ein neuer Raum (Uno spazio nuovo) del 1960 Megert realizza soprattutto opere con vetro e specchi. I suoi oggetti specchianti di terracotta generano una spazialità complessa, illusionistica e geometrica. Dalla collaborazione con il gruppo “Zero” nascono gli Environments e una serie di oggetti cinetici, che rappresentano delle complesse riflessioni sullo spazio e la sua percezione. Accanto alle grandi sculture all’aperto realizzate dal 1972, la combinazione di specchi e colori resta al centro della sua produzione fino alla fine degli anni novanta.

1952–1956 Besuch der Kunstgewerbeschule Bern. Aufenthalte in Stockholm, Berlin und Paris. 1966 Biennale di Venezia. 1968 documenta 4 in Kassel. Seit 1976–2002 Professor an der Staatlichen Kunstakademie in Düsseldorf. Megert lebt in Düsseldorf und Bern. Ab 1960 gestaltet der Künstler auf der Grundlage seines Manifests “ein neuer raum” vorwiegend Werke aus Glas und Spiegeln. Die Spiegelobjekte aus Scherben bewirken eine komplizierte, illusionistische geometrische Bildräumlichkeit. In Zusammenarbeit mit der Gruppe “Zero” entstehen Environments und kinetische Objekte als vielschichtige Reflexionen über den Raum und dessen Wahrnehmung. Neben Grossplastiken im öffentlichen Raum (ab 1972) bildet die Kombination von Spiegel und Farbe bis in die späten neunziger Jahre ein Schwergewicht seines Schaffens.

Chantal Michel

Bern

1968

Dopo aver frequentato il corso di ceramica alla Schule für Gestaltung di Berna (1989– 1993), tra il 1994 e il 1998 Chantal Michel ha seguito le lezioni di Harald Klingelhöller alla Kunstakademie di Karlsruhe. Nel 1994 ha vinto la borsa di studio Aeschlimann-Corti. Per i suoi video gli sono stati conferiti il Prix Saint-Gervais del Festival Video di Ginevra (1995) e il premio di incoraggiamento del Videoart Festival di Locarno (1998). Vive e lavora a Berna e a Thun. Le forme di espressione artistica di cui si avvale l’artista sono il video, la fotografia, la performance e l’istallazione. Spesso il suo stesso corpo è al centro dei suoi lavori, come nei video, dove, attraverso dei travestimenti, dà vita a delle figure trasognate, completamente assenti dalla realtà. I suoi lavori sono caratterizzati dall’umorismo, dall’assurdo e dall’alternarsi di realtà e apparenza.

1989–1993 Fachklasse für Keramik an der Schule für Gestaltung Bern. 1994–1998 Kurse bei Harald Klingelhöller an der Kunstakademie Karlsruhe. 1994 AeschlimannCorti-Stipendium. Für ihre Videoarbeiten wird sie mit dem Prix Saint-Gervais des internationalen Videofestivals Genf (1995) und mit dem Förderpreis des Videoartfestivals Locarno (1998) ausgezeichnet. Michel arbeitet in Bern und Thun. Ihre künstlerischen Ausdrucksformen sind Video, Fotografie, Performance und Installation. Häufig setzt sie den eigenen Körper für ihre Kunst ein. So tritt sie in ihren Videoarbeiten als verkleidetes, der Realität entrücktes Wesen in Erscheinung. Witz, Absurdität und das Wechselspiel zwischen Schein und Wirklichkeit charakterisieren ihre Arbeiten.


116 Spiegelobjekt ID09_04 2004 Specchio, legno, pittura Spiegel, Holz, Farbe 90×90×12 cm Inv. 2496/2007

Das Puppenhaus 1999 C-Print su carta su Alucobond C-Print auf Papier auf Alucobond 120×120 cm Ed. 2/3 Inv. 2299/2000

116 Spiegelobjekt ID10_04 2004 Specchio, legno, pittura Spiegel, Holz, Farbe 90×90×12 cm Inv. 2497/2007

Spiegelobjekt ID11_04 2004 Specchio, legno, pittura Spiegel, Holz, Farbe 90×90×12 cm Inv. 2498/2007

74

63

Wieso der Kuchen vom Himmel fällt, Lili ein Hindernis überspringen muss und endlich weiss, was sie will, Insel Ufenau N° 40 2003 Lambda Print su carta su alluminio Lambda Print auf Papier auf Aluminium 34×52 cm Ed. 3/5 Inv. 2386/2003

Wieso der Kuchen vom Himmel fällt, Lili ein Hindernis überspringen muss und endlich weiss, was sie will, Insel Ufenau N° 36 2002 – 2003 Lambda Print su carta su alluminio Lambda Print auf Papier auf Aluminium 34×52 cm Ed. 1/5 Inv. 2387/2003

Ein Tag der alles entschied 2004 C-Print su carta su Dibond C-Print auf Papier auf Dibond EA 128×150 cm Inv. 2526/2008


226–227 Heinz Mollet

Bern

1947

Dopo un apprendistato come compositore tipografico (1964–1968) ha frequentato i corsi della Kunstgewerbeschule di Berna. Attivo dal 1975 come artista negli anni settanta ha esposto in numerose mostre personali e collettive. Tra il 1980 e il 1983 è stato membro della comunità di artisti “Silo”, mentre nel 1982 ha vinto della borsa di studio Louise Aeschlimann. Nel 1985 e nel 1989 ha ricevuto la borsa di sostegno dalla Città e dal Cantone di Berna. Vive e lavora a Berna. Nel corso degli anni ottanta Mollet prende le distanze da una rappresentazione figurativa di stampo narrativo. Negli anni novanta realizza una serie di opere per lo più di grande formato, in cui l’analisi della pittura, si riflette nel contrasto ricco di tensione tra sfondo monocromo e oggetti a volte ridipinti. Oltre alla pittura, gli strumenti espressivi di Mollet, sono il disegno e la grafica.

Virginie Morillo

Génève

1982

Disegnatrice e fotografa, Virginie Morillo ha studiato dal 2001 al 2006 all’École Supérieure des Beaux-Arts di Ginevra e nel 2004 all’École Nationale Supérieure des Arts Visuels La Cambre di Bruxelles. Attualmente vive e lavora a Ginevra. “Virginie Morillo ci racconta delle storie che in parte sono sicuramente tratte dai fumetti. Delle storie che a volte fanno ridere e che spesso fanno sognare ma che soprattutto incutono paura. Questi racconti crudeli mettono in scena il suo alter ego, una ragazza alta dalla carnagione chiara e con i capelli scuri, che si trova sistematicamente rinchiusa in castelli, cullata fra le braccia di principi azzurri o soffocata da orde di piccoli animali innocenti. Per affrontare i suoi inof fensivi aggressori, l’artista-eroina sembra costretta ad usare la violenza: si commuove, rompe, divora, annichilisce, assassina, massacra o terrorizza. Spetta allo spettatore decidere chi sia il vero mostro …” (David de Tscharner, 2009)

1964–1968 Lehre als Schriftsetzer. Besuch von Freikursen an der Kunstgewerbeschule Bern. Zu Beginn der siebziger Jahre erste Einzel- und Gruppenausstellungen. Seit 1975 als freischaffender Künstler tätig. 1980–1983 Mitglied der Künstlergemeinschaft “SILO”. 1982 Louise-Aeschlimann-Stipendium, Bern. 1985 und 1988 Werkbeitrag Stadt und Kanton Bern. Lebt und arbeitet in Bern. Im Verlaufe der 1980er Jahre entfernt sich Mollet von der erzählerisch gegenständlichen Darstellung. In den neunziger Jahren entsteht eine Reihe meist grossformatiger Werke, in denen sich die Analyse der Malerei im spannungsreichen Kontrast zwischen einfarbigem Grund und teilweise übermalten Bildgegenständen spiegelt. Mollets Ausdrucksmittel sind neben der Malerei die Zeichnung und die Druckgrafik.

Zeichnung, Fotografie. 2001 bis 2006 École supérieure des Beaux Arts in Genf, 2004 École Nationale Supérieure des Arts Visuels La Cambre in Brüssel. Morillo lebt und arbeitet in Genf. „Virginie Morillo nous raconte des histoires [venant sûrement d’une part du comic]. Des histoires qui font rire parfois. Des histoires qui font rêver, souvent. Des histoire qui font peur, surtout. Ces contes cruels mettent en scène son alter-ego, une grande fille au teint pâle et aux cheveux sombres, se retrouvant systématiquement enfermée dans des châteaux, balancée dans les bras de princes charmant ou étouffée par des hordes de petits animaux innocents. Pour faire face à ses inoffensifs agresseurs, l’artiste-héroïne semble contrainte d’utiliser la violence: elle fond, brise, dévore, annihile, assassine, massacre ou terrorise. Et au spectateur de se demander qui est le véritable monstre…“ (David de Tscharner, 2009)


Blüten, 2001 2001 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 120×160 cm Inv. 2335/2001

38 Cochon pendu 2009 Matita su carta Bleistift auf Papier 106,5×75 cm Inv. 2587/2010

Ohne Titel (grabbing shoes) 2008 Matita su carta Bleistift auf Papier 106,5×140 cm Inv. 2588/2010


228–229 Ka Moser

Zürich

1937

Dopo aver frequentato la Kunstgewerbeschule di Berna, Ka Moser lavora dal 1972 come artista, musicista e ballerina. Nel 1979 e nel 1981 ha ottenuto la borsa di studio Louise Aeschlimann a Berna. Tra il 1991 e il 1993 ha insegnato disegno alla scuola magistrale per insegnanti di disegno a Berna, città dove vive e lavora. Performance concettuali realizzate con la voce e il pianoforte stanno al centro del suo lavoro tra il 1981 e il 1990. Da quel momento l’artista è attiva unicamente nell’ambito delle arti visive. La commistione di materiali e mezzi, così come le relazioni fra colori, forme, materiali, parole, numeri e tonalità, sono il fulcro della sua opera. Nei suoi lavori strutture di ordine logico si alternano a una giocosa libertà. La sua produzione comprende disegni, dipinti, oggetti, fotografie e stampe a colori.

Besuch der Kunstgewerbeschule Bern als Freischülerin. Seit 1972 als freie Künstlerin sowie als Musikerin und Tänzerin tätig. 1979 und 1981 Louise-Aeschlimann-Stipendium, Bern. 1991–1993 Dozentin am Berner Zeichnungslehrerseminar im Fach Atelier. Moser lebt und arbeitet in Bern. Konzeptperformance mit Piano und Stimme stehen 1981–1990 im Mittelpunkt ihres Schaffens. Seit 1990 ist sie ausschliesslich im visuellen Bereich tätig. Die Verbindung verschiedener Materialien und Medien sowie Bezüge zwischen Farben, Formen, Worten, Zahlen und Tönen sind zentrale Anliegen ihrer Arbeit. Logische Ordnungsstrukturen wechseln mit spielerischer Freiheit ab. Ihr Werk umfasst Zeichnungen, Gemälde, Objekte, Fotografien und Farbdrucke.


FG-Spiegelbild N.Y., September 1999 Matita e acquerello su carta Bleistift und Aquarell auf Papier 38×113 cm Inv. 2415/2003

FG- L’Ouverture, Spiegelbild 2006 Olio su cotone Öl auf Baumwolle 2 elementi/teilig 21×29,7 cm ognuno/jedes Inv. 2499/2007

FG-Spiegelbild, Februar 2000 Matita e acquerello su carta Bleistift und Aquarell auf Papier 38×113 cm Inv. 2416/2003

FG-Spiegelbild, September/Dezember 1999 Matita e acquerello su carta Bleistift und Aquarell auf Papier 36,5×111 cm Inv. 2417/2003


230–231 Moser & Schwinger

St. Imier

Moser, 1966 Schwinger, 1961

Philippe Schwinger e Frédéric Moser collaborano dal 1995, realizzando installazioni, video e film. Dal 1988 al 1991 hanno lavorato nella compagnia teatrale L’atelier ici et maintenant di Losanna e dal 1993 al 1998 hanno studiato all’École Supérieure d’Arts Visuels di Ginevra. Nel 2004 hanno partecipato alla Biennale di São Paulo “Nei film e nelle installazioni di Moser & Schwinger le origini del moderno lavoro teatrale si coniugano con gli interrogativi, le tecniche e le strategie dell’arte figurativa contemporanea. Il punto di partenza è costituito da un gioco critico (mediatico) con la forza a tratti alienante e irritante, a tratti ambiguamente accattivante, dell’immagine, del testo e dello spettacolo. Nelle loro opere Moser & Schwinger analizzano le molteplici possibilità dello spettacolo, della sua trasformazione mediatica e del suo impatto emozionale”. (Dolores Denaro)

Installation, Video, Film. 1988 bis 1991 Theatercompagnie L’atelier ici et maintenant in Lausanne, 1993 bis 1998 École supérieure d’arts visuels in Genf. Zusammenarbeit seit 1995. 2004 Teilnahme an der Biennale von São Paolo. „In den Filmen und Installationen von Frédéric Moser und Philippe Schwinger verbindet sich die Herkunft aus der modernen Theaterarbeit mit den Fragestellungen, Techniken und Strategien der zeitgenössischen bildenden Kunst. Ansatzpunkt ist das (medien-)kritische Spiel mit der mal irritierend verfremdeten, mal doppelbödig verführerischen Kraft von Bild, Text und Schauspiel. Moser & Schwinger analysieren in ihren Arbeiten die vielfältigen Möglichkeiten des Schauspiels, seiner medialen Transformation und emotionalen Wirkungsmacht“. (Dolores Denaro)


92

93

Affection riposte 2001 Videostills su carta su alluminio Videostills auf Papier auf Aluminium 75×100 cm Inv. 2529/2001

Affection riposte 2001 Videostills su carta su alluminio Videostills auf Papier auf Aluminium 75×100 cm Inv. 2530/2001

93 Affection riposte 2001 Videostills su carta su alluminio Videostills auf Papier auf Aluminium 75×100 cm Inv. 2531/2001

Affection riposte 2001 Videostills su carta su alluminio Videostills auf Papier auf Aluminium 75×100 cm Inv. 2532/2001


232–233 Olivier Mosset

Bern

1944

Ursula Mumenthaler

Staffelbach

1955

Attivo come pittore, Olivier Mosset entra in contatto con Jean Tinguely e Marcel Duchamp durante il suo primo soggiorno parigino nel 1962–1963. Nel 1966 assieme a Daniel Buren, Michel Parmentier e Niele Toroni fonda il gruppo BMPT. L’anno successivo conosce Andy Warhol, mentre nel 1977 si stabilisce a New York. Nel 1990 rappresenta la Svizzera alla Biennale di Venezia. Tra il 1995 e il 1996 è docente all’École Supérieure d’Art Visuel di Ginevra. Vive e lavora a Tucson in Arizona. “La pratica artistica di Olivier Mosset, intesa come una ricerca costante di una forma di verità del quadro, può essere ricondotta sia al programma riduzionistico del gruppo BMPT e alle tele monocrome della Radical Painting, sia alla tendenza appropriativa del movimento Neo Geo e questo proprio perché si fonda in maniera rigorosa sulle caratteristiche materiali del dipinto: dimensioni, formato, supporto, colore, tecniche pittoriche, ecc”. (Roland Wäspe/Yves Aupetitallot)

Ursula Mumenthaler dopo gli studi alla Schule für Gestaltung di Basilea (1974–1978), ha seguito i corsi di Franz Fedier, iscrivendosi all’École Supérieur d’Art Visuel di Ginevra, dove ha studiato fino al 1981. Nel 1987 ha beneficiato di un atelier alla Cité Internationale des Arts a Parigi, mentre nel 1991 ha vinto una Borsa Federale d’Arte Applicata e ha soggiornato all’Istituto Svizzero di Roma. Ursula Mumenthaler realizza spesso i propri lavori sullo spazio sfruttando edifici dismessi. Con interventi cromatici mirati, che da un lato includono elementi strutturali (spigoli, giunture e colonne) e dall’altro tengono conto dell’incidenza della luce attraverso le finestre, l’artista ottiene uno straniamento degli spazi. A seconda della prospettiva, le parti dipinte sono percepite come corpi o superfici. Tali combinazioni illusionistiche di spazi cromatici e luminosi vengono fissate dal grandangolo della macchina fotografica.

Malerei. 1962–1963 Aufenthalt in Paris, Kontakte zu Jean Tinguely und Marcel Duchamp, 1966 zusammen mit Daniel Buren, Michel Parmentier und Niele Toroni Gründung der Gruppe BMPT, 1967 Begegnung mit Andy Warhol, 1977 Niederlassung in New York, 1990 Schweizer Vertreter an der Biennale von Venedig, 1995–1996 Dozent an der École Supérieure d’Art Visuel in Genf. Mosset lebt und arbeitet in Tucson (Arizona). „Olivier Mossets Praxis der Kunst als eine beständige Suche nach einer Form bildhafter Wahrheit wird sowohl mit dem reduktionistischen Programm von BMPT und den Monochromen des Radical Painting als auch mit der appropriativen Tendenz der NeoGeo-Bewegung in Verbindung gebracht – vielleicht gerade weil sie konsequent auf den materiellen Gegebenheiten des Gemäldes gründet: Dimension, Format, Träger, Farbe, Farbauftrag usw“. (Roland Wäspe/Yves Aupetitallot)

1974–1978 Schule für Gestaltung Basel, Kurse bei Franz Fedier. Anschliessend bis 1981 Besuch der École Supérieur d’Art Visuel Genf. 1987 Atelier in der Cité internationale des Arts Paris. 1991 Eidgenössisches Stipendium für angewandte Kunst, Aufenthalt am Istituto Svizzero in Rom. Mumenthaler realisiert ihre raumbezogenen Arbeiten häufig in ungenutzten Gebäuden. Mit gezielten farblichen Eingriffen, die zum einen Strukturelemente des Raumes wie Wandkanten, Fugen und Stützen einbeziehen, und zum anderen mit dem Lichteinfall durch die Fenster des Raums kalkulieren, gelangt die Künstlerin zu einer Verfremdung der Räume. Je nach Blickwinkel werden die Bemalungen als Flächen oder als Körper wahrgenommen. Die illusionistischen Konstellationen dieser Farb- und Lichträume werden mit dem Weitwinkelobjektiv fotografisch festgehalten.


131 Ohne Titel 1992 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 180×118 cm Inv. 2316/2001

Pré-Bois 2002 C-Print su carta su alluminio e vetro acrilico C-Print auf Papier auf Aluminium und Acrylglas 100×105 cm Ed. 1/3 Inv. 2383/2003


234–235 Yves Netzhammer

Affoltern am Albis

1970

La produzione di Yves Netzhammer si esplica in numerosi ambiti: film, disegno, installazioni, illustrazione, oggetti, video e nuovi media. Dopo un apprendistato come disegnatore edile a Sciaffusa (1987–1990), tra il 1991 e il 1995 ha frequentato il corso di educazione visiva alla Schule für Gestaltung und Kunst di Zurigo. Dal 2005 collabora con la disegnatrice tessile Zuzana Ponicanova e l’artista Tim Zulauf. Nel 2007 ha rappresentato la Svizzera alla 52a Biennale di Venezia. Vive e lavora a Zurigo. Netzhammer crea al computer scenari surreali e artificiali nei quali ci si trova immersi. Spesso si tratta di metamorfosi nelle quali nulla si comporta come ci si aspetterebbe. Netzhammer richiede un’attenzione costante e punta sulla durata e l’intensità delle sequenze d’immagini. Temi trattati nel suo lavoro sono l’amore, la sicurezza, la solitudine, l’estraneità, il mutismo, l’angoscia, la tenerezza, la malattia e la morte.

Film, Zeichnung, Installation, Illustration, Objektkunst, Video, Neue Medien. 1987 bis 1990 Lehre als Hochbauzeichner in Schaffhausen, 1991 bis 1995 die Weiterbildungsklasse für visuelle Gestaltung an der Höheren Schule für Gestaltung und Kunst in Zürich. Seit 2005 Zusammenarbeit mit der Textildesignerin Zuzana Ponicanova und dem Künstler Tim Zulauf. 2007 Vertreter der Schweiz an der 52. Biennale von Venedig. Netzhammer lebt und arbeitet in Zürich. Netzhammer generiert mit dem Computer surreale, artifizielle Räume und Szenerien, in die man geradezu eintaucht. Oft sind es Metamorphosen, in denen nichts sich so verhält, wie man eigentlich erwarten würde. Netzhammer fordert eine anhaltende Aufmerksamkeit und setzt auf die Dauer und Intensität der Bildfolgen. Zu erkennen sind Themen wie Liebe, Geborgenheit, Einsamkeit, Fremdheit, Sprachlosigkeit, Angst, Zärtlichkeit, Krankheit oder Tod.


98–99 Dalla Serie/Aus der Serie Sollbruchstelle 2003 C-Print su carta su alluminio C-Print auf Papier auf Aluminium 105×80 cm Ed. 1/3 Inv. 2403/2003

Ohne Titel 2003 Serigrafia su carta Siebdruck auf Papier 6 elementi/teilig 68×48 cm ognuno/jedes Ed. 2/10 Inv. 2409–14/2003

Ohne Titel (Box 3) 2008 Scatola di legno dipinta e rete metallica Malerei auf Holzkiste und Maschendraht 70×100×22 cm Ed. 1/3 Inv. 2544/2009


236–237 Carmen Perrin

La Paz (Bolivia/Bolivien)

1953

Carmen Perrin si è diplomata nel 1980 all’École Supérieure des Beaux-Arts di Ginevra. Tra il 1986 e il 1996 ha vissuto a Marsiglia dove aveva il suo atelier. Dal 1989 al 2004 è stata docente all’École Supérieure des Beaux-Arts Ginevra. Dal 1993 al 1995 ha vissuto e lavorato a Londra grazie ad una borsa di studio. Nel 1992 ha partecipato alla Biennale del Cairo. Attualmente vive e lavora a Ginevra e in Francia. Oltre a realizzare sculture, oggetti, installazioni, Carmen Perrin è attiva nell’ambito dell’urbanistica e dell’architettura. Per i suoi lavori utilizza sempre materiali industriali, quali fili elettrici, cavi, materiali da costruzione o ceramica, trasformandoli in un linguaggio figurativo che coinvolge lo spazio vuoto e quello circostante, rendendolo ambiguo per la percezione e rivelandone i campi di tensione. In questo modo la sua opera riesce a coniugare, su piani diversi, materiale e immateriale, ampliando così i confini della scultura.

1989 bis 2004 Professorin an der École Supérieure des Beaux-Arts und plastic art workshop Genf. 1992 Biennale Kairo. 1993 bis 1995 Atelierstipendium in London. Lebt und arbeitet in Genf und Frankreich. Skulptur, Objekt, Installation, Städteplanung, Architektur. 1980 Diplom der École Supérieure des Beaux-Arts Genf. 1986 bis 1996 Atelier in Marseille. Perrin verwendet immer wieder Materialien aus der industriellen Produktion, etwa elektrische Drähte, Kabel, Baustoffe oder Keramik. Sie transformiert diese in eine Bildsprache, die den Leer- und den Umraum ebenso umspielt wie sie für die Wahrnehmung den Raum vieldeutig macht und dessen Spannungsfelder öffnet. Derart verbindet ihr Werk in verschiedenen Dimensionen Materielles und Immaterielles in einer verdichteten Weise, die die Grenzen der Skulptur neu reflektiert.


103 Paris-Match 1960, “L’oiseau de Jeanne (Moreau)” 2008 Rivista forata Zeitschrift mit Bohrungen 35×53 cm Inv. 2546/2009

120 La dame creuse, alterne, superpose et déplace 2010 PVC forato PVC mit Bohrungen 125×125×5,5 cm Inv. 2565/2010

136

122

Les puits 2005 Mattone, pittura acrilica Backstein, Acrylfarbe 125×125×3 cm Inv. 2442/2005

Cible II 2008 Policarbonati e acrilico Polycarbonat und Acryl 100×100×3 cm Inv. 2517/2008


238–239 Annaïk Lou Pitteloud

Lausanne

1980

Annaïk Lou Pitteloud ha frequentato dal 2002 al 2005 la Hochschule der Künste di Berna, seguendo contemporaneamente corsi di storia dell’arte, sociologia, storia delle religioni e scienze politiche all’Università di Ginevra, Losanna e Berna Dal 2008 vive e lavora a Rotterdam. Attraverso il disegno, la fotografia, il video e altri media, “Annaïk Lou Pitteloud dà vita a un mondo autonomo, affascinante e ipoteticamente reale. L’artista è una maestra della composizione e della narrazione e non manca mai di stupire con le sue messe in scena. [...] Le sue immagini vanno lette quasi come istantanee di un film o come scene teatrali. [...] Le sue opere che ammiccano con la stessa facilità alla storia dell’arte, alla storia contemporanea oppure al più attuale lifestyle, indagano la struttura sociale ed elaborano in modo paradigmatico temi quali la paura, la speranza, la nostalgia o il romanticismo”. (Bernhard Bischoff)

2002 bis 2005 Hochschule der Künste Bern, Parallel dazu Studien an den Universitäten Genf, Lausanne und Bern (Kunstgeschichte, Soziologie, Religionsgeschichte, Politikwissenschaft). Pitteloud lebt und arbeitet seit 2008 in Rotterdam. Zeichnung, Mixed Media, Fotografie, Video. „Annaïk Lou Pitteloud konstruiert eine eigenständige, faszinierende und vermeintlich reale Welt. Sie ist eine Meisterin der Komposition und Narration und verblüfft stets aufs Neue mit ihren Inszenierungen. [...] Ihre Bilder sind schon beinahe als filmische ‚Screenshots’ zu lesen, auf jeden Fall als theatrale Guckkasten. [...] Ihre Werke kokettieren mit der Kunstgeschichte ebenso leicht wie mit der Zeitgeschichte oder dem allgegenwärtigen Lifestyle, sie hinterfragen soziale Gefüge und arbeiten paradigmatisch mit Themen wie Angst, Hoffnung, Sehnsucht oder Romantik“. (Bernhard Bischoff)


Highlights 2007 Lambda print su carta su alluminio Lambda print auf Papier auf Aluminium 87×194 cm Inv. 2509/2007

89 All Yesterday 2007 Lambda print su carta su alluminio Lambda print auf Papier auf Aluminium 93×194 cm Inv. 2510/2007

My My 2007 Lambda print su carta su alluminio Lambda print auf Papier auf Aluminium 123×180,5 cm Ed. 3/5 Inv. 2639/2012


240–241 Vaclav Pozarek

Ceské Budejovice (Repubblica Ceca/ Tschechien)

1940

Vaclav Pozarek è scultore, disegnatore, fotografo, grafico e artista concettuale. Tra il 1965 e il 1966 ha studiato regia cinematografica presso la Prague Film School. Nel 1968 si è trasferito in Svizzera. Dal 1969 al 1971 ha studiato alla Hochschule für Bildende Künste di Amburgo e dal 1971 al 1973 alla St. Martin’s School of Art di Londra. Nel 1986 ha soggiornato nell’atelier del Canton Berna a Parigi e nel 1987 in quello della Città di Berna a New York. Tra il 1992 e il 1993 ha vissuto a Berlino come borsista del DAAD. Attualmente vive e lavora a Berna. Le opere di Pozarek assorbono elementi dal Costruttivisimo, dall’Arte Concreta e dal Minimalismo, che l’artista sviluppa poi ulteriormente, a volte in maniera ironica, con grande fermezza.

Plastiker, Zeichner, Fotograf, Grafiker und Konzeptkünstler. 1965–1966 Studium der Filmregie an der Prague Film School. 1968 Emigration in die Schweiz. 1969 bis 1971 Studium an der Hochschule für Bildende Künste in Hamburg. 1971 bis 1973 wichtige Studienjahre an der St. Martin’s School of Art in London. 1986 Atelier des Kantons Bern in Paris. 1987 Atelier der Stadt Bern in New York. 1992-1993 lebt er als Stipendiat des DAAD in Berlin. Pozarek lebt und arbeitet in Bern. Pozareks Arbeit nimmt Elemente des Konstruktivismus, der Konkreten Kunst und des Minimalismus auf, treibt diese aber, teils ironisch, mit grosser Konsequenz weiter.

Markus Raetz

Büren an der Aare

1941

Markus Raetz ha frequentato la scuola magistrale a Münchenbuchsee e a Berna tra il 1956 e il 1961. Dal 1963 è attivo come artista. Tra il 1969 e il 1973 ha vissuto ad Amsterdam, poi a Carona fino al 1976 e dal 1977 si è stabilito a Berna. Nel 1979 è stato ospite dello Stedelijk Museum di Amsterdam e tra il 1981 e il 1982, grazie a una borsa di studio del DAAD, ha soggiornato a Berlino. Nel 1977 ha partecipato alla Biennale di São Paulo e nel 1988 alla Biennale di Venezia. Ha inoltre preso parte alle documenta 4, 5 e 7 a Kassel. Vive e lavora a Berna. L’azione del vedere e l’indagine della percezione sono l’obiettivo centrale del lavoro di Markus Raetz che opera in maniera riflessivo-giocosa e insieme tecnicamente magistrale. Le sue esperienze visive gli ispirano opere bidimensionali e dalla metà degli anni ottanta tridimensionali, le cui strutture artificiali presentano analogie o rappresentano metamorfosi di situazioni naturali, inducendo così l’osservatore alla riflessione.

1956-1961 Lehrerseminar in Münchenbuchsee und Bern. Seit 1963 freischaffender Künstler. 1969-1973 in Amsterdam, 1973-1976 in Carona, seit 1977 in Bern ansässig. 1979 Gast des Stedelijk Museum in Amsterdam. 1991-82 Berlin-Aufenthalt mit DAAD-Stipendium. Nimmt 1977 an der Bienal de São Paulo, 1988 an der Biennale di Venezia und an der documenta 4, 5 du 7 in Kassel teil. Raetz lebt und arbeitet in Bern. Raetz erhebt das Sehen, die Erforschung der Wahrnehmung, auf nachdenklich-spielerische und zugleich technisch meisterlich gehandhabte Weise zum zentralen Anliegen. Visuelle Erfahrungen inspirieren ihn zu zwei- und ab Mitte der achtziger Jahre zu dreidimensionalen Werken, deren künstlerische Strukturen Analogien oder Metamorphosen natürlicher Situationen darstellen und dadurch den Betrachter zu eigenen Reflexionen herausfordern.


50–51 Ohne Titel 2003/2004 Acquerello e matita su carta Aquarell und Bleistift auf Papier 9 elementi/teilig 42×32 cm ognuno/jedes Inv. 2625/2011

113 Todo, Nada 1998 Ottone patinato e cerato Messingguss, patiniert, gewachst 7,7×97×11,4 cm Ed. 4/6 Inv. 2304/2000


242–243 Giacomo Santiago Rogado

Luzern

1979

Giacomo Santiago Rogado ha frequentato dal 2002 al 2005 la Hochschule für Gestaltung und Kunst di Lucerna. Attualmente vive e lavora a Berlino. Il mondo figurativo di Rogado non è volutamente univoco. All’interno dei suoi dipinti e disegni si mescolano tendenze stilistiche e tradizioni pittoriche diverse, quali il Romanticismo, il Surrealismo, ma soprattutto il Costruttivismo, la Op Art e, clandestinamente, l’arte della decorazione. Questo dispositivo non univoco sfocia nell’incertezza, favorendo la percezione e offrendo la possibilità di indagare la creazione e la trasformazione dell’immagine, il rapporto tra immagine e realtà e quello tra spazio pittorico e immaginazione come un processo che ha luogo nella dimensione temporale.

Malerei und Zeichnung. 2002 bis 2005 Studium an der Hochschule für Gestaltung und Kunst in Luzern. Rogado lebt und arbeitet in Berlin. Die (Bild-)Welt von Rogado ist keine eindeutige, will keine eindeutige sein. Das betrifft die Stilrichtungen und Traditionen der Malerei, auf die er zurückgreift, etwa die romantische, die surrealistische, vor allem aber die konstruktive, jene der Op Art und damit, unter der Hand, des Ornaments. Dieses Dispositiv des Nicht-Eindeutigen kippt ins Flimmernde, fordert die Wahrnehmung heraus und zielt so darauf, Möglichkeiten der Bildfindung und -werdung zu erkundigen, das Verhältnis von Bild und Wirklichkeit, von Bildraum und Imagination als Prozess in der Dimension der Zeit darzustellen.

Ana Roldán

Mexico D. F.

1977

Ana Roldán ha studiato storia alla Escuela Nacional de Antropologia e Historia di Città del Messico dal 1997 al 2000, in seguito ha frequentato la Hochschule der Künste di Berna (2000–2003) e nel 2004 ha studiato linguistica presso l’Università di Berna. Attualmente vive e lavora tra Zurigo e Berna. Ana Roldán realizza performance, installazioni, video e oggetti. “Generalizzando si può dire che il materiale artistico di Ana Roldán sia costituito dalla lingua in sé e dalla nostalgia per ordinamenti e nuove certezze che si è sprigionata dopo la caduta del modernismo e che continua ad aleggiare. L’artista si occupa tuttavia di questo anelito con uno scetticismo che viene ulteriormente rafforzato dalla consapevolezza della contraddittorietà delle passioni umane. Il momentaneo sradicamento del soggetto è quindi per Roldán il punto di partenza di un’ampia riflessione su convenzioni, concetti e idee”. (Elisabeth Gerber/Susanne Friedli)

1997 bis 2000 Geschichtsstudium an der Escuela Nacional de Antropologia e Historia, Mexico City, 2000 bis 2003 Hochschule der Künste Bern, 2004 Linguistik-Studium an der Universität Bern. Roldán lebt und arbeitet in Zürich und Bern. Aktionskunst, Installation, Video, Objekte. „Verallgemeinernd lässt sich sagen, dass Ana Roldáns künstlerischer Stoff sowohl die Sprache selbst ist wie auch die seit dem Zusammenbruch der Moderne freigesetzte und freiflottierende Sehnsucht nach Ordnungen und einer neuen Geborgenheit. Diesem Sehnen begegnet die Künstlerin allerdings mit einer Skepsis, die zusätzlich genährt wird von einem Wissen um die Widersprüchlichkeit menschlicher Leidenschaften. Die momentane Unbehaustheit des Subjektes ist für die Künstlerin deshalb Ausgangspunkt eines breit angelegten Nachdenkens über Konventionen, Begriffe und Vorstellungen“. (Elisabeth Gerber/ Susanne Friedli)


97 Fühler 2007 Olio su tela Öl auf Leinwand 65×85 cm Inv. 2522/2008

Hypocrite 2007 Ottone, testo Messing, Text 120×90 cm Inv. 2550/2009

Universum 12 2008 Olio su tela Öl auf Leinwand 100×120 cm Inv. 2523/2008

Puls 2007 Acrilico e olio su tela Acryl und Öl auf Leinwand 2 elementi/teilig 290×240 cm ognuno/jedes Inv. 2524/2008


244–245 Ilona Ruegg

Rapperswil

1949

Ilona Ruegg opera attraverso disegni, acquerelli, installazioni, performance, pittura a olio e fotografie. Dopo aver studiato alla scuola magistrale, dal 1970 al 1972 ha studiato alla Université des Arts Plastiques di Parigi e dal 1978 al 1980 presso la Hochschule für angewandte Kunst di Vienna. Tra il 1973 e il 1977 ha soggiornato a Marrakech e Zurigo. In seguito ha visstuo a Roma (1981), a Berna e dal 1995 a Francoforte e a Bruxelles. Dal 2012 è tornata a vivere e lavorare a Zurigo. Gli esordi artistici di Ilona Ruegg sono legati alla pittura. Con il tempo tuttavia la pittura ha lasciato posto a ricerche grafiche che si occupano della percezione dell’immagine e dello spazio. Dalla fine degli anni novanta, l’artista indaga, attraverso fotografie, installazioni e performance, fenomeni della quotidianità, in particolare gli spazi urbani e architettonici. Il suo interesse va alle persone, a come vengono percepite nel loro mondo e a come loro stesse lo percepiscono. Il suo ultimo progetto è un film che documenta il porto commerciale di Barcellona.

Zeichnung, Aquarell, Rauminstallation, Aktionskunst, Ölmalerei, Fotografie. Lehrerinnenseminar. 1970 bis 1972 Studium an der Université des Arts Plastique in Paris. 1973 bis 1977 Aufenthalte in Marrakech und Zürich. 1978 bis 1980 Studien an der Hochschule für angewandte Kunst in Wien. Ab 1981 lebt sie in Rom und Bern, ab 1995 in Frankfurt am Main und Brüssel. Seit 2012 hat sie wieder ein Atelier in Zürich. Rueggs künstlerische Anfänge sind von der Malerei bestimmt. Die Malerei wird dann jedoch zunehmend von zeichnerischen Untersuchungen abgelöst, die sich mit der Wahrnehmung von Bild und Raum auseinandersetzen. Seit den späten 1990erJahren befragt Ilona Ruegg mit Fotografie, Installationen und Performance Phänomene des Alltags – insbesondere urbaner und architektonischer Räume. Ihr Interesse gilt den Menschen, wie sie in ihrer Welt wahrgenommen werden – und wie sie die Welt wahrnehmen. Ihr neustes Projekt ist ein Film über den Cargo Hafen von Barcelona.

Christoph Rütimann

Zürich

1955

Christoph Rütimann ha studiato come insegnante di disegno alla Schule für Gestaltung di Lucerna dal 1976 al 1980. Dal 1982 ha iniziato ad esporre in numerose mostre personali. Nel 1987 ha ottenuto la borsa di sostegno del Canton Lucerna e nel 1989 la Borsa Federale delle Belle Arti alla quale sono seguiti altri importanti riconoscimenti. Nel 1993 ha rappresentato la Svizzera alla Biennale di Venezia. Il disegno, il video e la fotografia sono le principali forme espressive di Rütimann. Al centro del suo lavoro artistico ci sono tuttavia la scultura e la performance. Le percezioni sinestetiche prodotte dai lavori di Rütimann comprendono “una consapevole decostruzione tanto dell’Io che percepisce, quanto della realtà percepita e favoriscono così nuovi modi di percepire e di pensare, capaci di creare collegamenti insoliti.” (Christoph Schenker)

1976-1980 Schule für Gestaltung in Luzern, Vorkurs und Zeichenlehrerausbildung. Ab 1982 zahlreiche Einzelausstellungen. 1987 Werkjahrbeitrag des Kantons Luzern; 1989 Eidgenössisches Kunststipendium; weitere bedeutende Auszeichnungen folgen. 1993 Teilnahme an der Biennale in Venedig. Zeichnung, Video und Fotografie zählen zu den wichtigen Ausdrucksformen Rütimanns. Im Mittelpunkt seines künstlerischen Schaffens stehen jedoch das skulpturale Werk und die Performance. Die synästhetischen Wahrnehmungen der Arbeiten Rütimanns beinhalten „eine bewusste Dekonstruktion sowohl des wahrnehmenden Ichs wie auch der wahrgenommenen Welt und ermöglichen damit neue, fremdartige vernetzungserfahrene Modi der Wahrnehmung und des Denkens.“ (Christoph Schenker)


30 Trees, older than me waiting 4 1996/2000 Digital Print su carta Digital Print auf Papier 120×172 cm Ed. 1/3 Inv. 2354/2002

150 Ohne Titel 1995 Inchiostro di China su carta Tusche auf Papier 120×160 cm Inv. 2353/2002


246–247 Mario Sala

Winterthur

1965

Mario Sala opera mediante dipinti, disegni e installazioni nell’ambito dell’arte concettuale, oggettuale e della Land Art. Dal 1989 al 1993 ha frequentato la Hochschule für Gestaltung di Zurigo dove si è formato come grafico. Nel 1998 ha partecipato all’importante esposizione di Bice Curiger Freie Sicht aufs Mittelmeer al Kunsthaus di Zurigo. Nel 1998, grazie a una borsa è stato artist in residence al Cairo e nel 2000 a Città del Capo. Attualmente vive e lavora a Winterthur. Sala indaga a livello metaforico la relazione tra immagine e parola, inizialmente attraverso la pittura e il disegno e nell’ultimo periodo attraverso la fotografia e le tecniche miste. Con finzioni precise e al contempo narrativamente prolisse, occupa spazi che evocano presagi opprimenti o ricordi rasserenanti. Nelle opere di Sala si trovano paralleli con le tecniche cinematografiche, quali le sovrapposizioni e le dissolvenze.

Malerei, Konzeptkunst, Zeichnung, Objektkunst, Land Art, Installation. 1989 bis 1993 Hochschule für Gestaltung in Zürich, Ausbildung zum Grafiker. 1998 Beteiligung an Bice Curigers wichtiger Ausstellung Freie Sicht aufs Mittelmeer im Kunsthaus Zürich. 1998 Atelierstipendium in Kairo, 2000 in Kapstadt. Der Künstler lebt und arbeitet in Winterthur. Ursprünglich mit den Mitteln Malerei und Zeichnung und jüngst vermehrt nach fotografischen Vorlagen und mit Mischtechniken erforscht Sala die metaphorische Ebene in der Relation von Bild und Wort. In präzisen und zugleich erzählerisch weitschweifigen Fiktionen besetzt er Räume, die teils bedrängende Ahnungen, dann aber auch wieder erheiternde Erinnerungen heraufbeschwören. In Salas Werken finden sich Parallelen zu filmischen Strategien wie Überschneidungen und Überblendungen.

Marcel Schaffner

Basel

1931

Dipinti, disegni, affreschi, vetrate, assemblaggi e collage sono i mezzi espressivi di cui si avvale Marcel Schaffner. Dopo aver frequentato il corso introduttivo della Kunstgewerbeschule di Basilea (1948–1949), nel 1951 compie un viaggio in Italia e tra il 1954 e il 1955 in Spagna e Marocco. Dal 1955 al 1957 ha frequentato la classe di pittura della Kunstgewerbeschule di Basilea, scuola in cui insegna dal 1975 al 1991. Vive e lavora a Zurigo. La pittura di Schaffner, influenzata dall’Action painting americana, è caratterizzata dalla gestualità della pennellata. “Il processo pittorico comprende sia lo sviluppo costante della composizione con sempre nuovi strati di pittura, così che l’opera nella sua materialità assume quasi il carattere di oggetto, sia l’impiego incontrollato di spruzzi di colore e sgocciolature [...]. Le associazioni con il paesaggio sono suggerite da una spazialità forte, ritmata, atmosferica”. (Beat Stutzer)

Malerei, Zeichnung, Wandbild, Glasfenster, Assemblage, Collage. 1948–1949 Besuch des Vorkurses der Kunstgewerbeschule Basel. 1951 Reise nach Italien. 1954–1955 Aufenthalte in Spanien und Marokko. 1955 bis 1957 Besuch der Malklasse der Gewerbeschule Basel. 1975 bis 1991 Lehrer an der Kunstgewerbeschule Basel. Lebt und arbeitet in Zürich. Schaffners Malerei ist – beeinflusst durch die amerikanische Action Painting – mit einem kurzen Unterbruch von der Gestik der Pinselführung geprägt. „Der Malprozess umfasst sowohl das ständige Fortentwickeln der Bildanlage mit stets neuen Malschichten, so dass dem Werk in seiner Materialität fast Objektcharakter zukommt, wie auch den unkontrollierten Einsatz von Farbspritzern und Rinnspuren [...] Die Assoziationen an Landschaftliches werden durch eine starke, rhythmisierte, atmosphärische Räumlichkeit gefördert“. (Beat Stutzer)


94 The Tumbler 2004 Stampa digitale e olio su carta su alluminio Digiprint und Öl auf Papier auf Aluminium 206×165 cm Inv. 2612/2010

Ohne Titel 1997 Acrilico su carta Acryl auf Papier 80×100 cm Inv. 2317/2001


248–249 Katja Schenker

St. Gallen

1968

Katja Schenker ha studiato letteratura comparata, storia dell’arte e filosofia all’Università di Zurigo (1989–1997) e successivamente all’École des Hautes Études di Parigi (1995– 1996). Dal 1989 al 1992 è stata co-curatrice della Kunsthalle di San Gallo. Nel 2012 ha ottenuto una borsa di studio per un progetto di artist in residence a Vienna. Vive e lavora a Zurigo. Katja Schenker realizza performance, video, dipinti, disegni, fotografie e sculture. “I processi di intensificazione e trasformazione giocano spesso un ruolo centrale nei lavori e nelle performance della Schenker: nelle sue rielaborazioni artistiche di sostanze, materiali o oggetti di recupero si avvale di modalità singolari che spesso crea a partire da un impulso fisico. Allo stesso tempo l’artista rende fruibili i significanti storico-culturali o metaforici che traspaiono dai materiali, dagli oggetti, dalle tecniche di lavorazione impiegati o dalla loro relazione”. (u.m., Sitterwerk San Gallo, 2009)

Performance, Video, Malerei, Zeichnung, Fotografie, Plastik.1989 bis1997 Studium der Komparatistik, Kunstgeschichte und Philosophie an der Universität Zürich. 1989 bis 1992 Co-Kuratorin an der Kunsthalle St. Gallen. 1995–1996 Studium an der École des Hautes Études Paris. 2012 Atelierstipendium in Wien. Schenker lebt und arbeitet in Zürich. „Verdichtungs- und Transformationsprozesse spielen in den Arbeiten und Performances von Schenker oft eine zentrale Rolle: Bei ihren künstlerischen Umarbeitungen von Materialien, Werkstoffen oder Gebrauchsgegenständen verwendet sie merkwürdige Verfahrensweisen, welche sie oft aufgrund eines körperlichen Impulses entwickelt. Gleichzeitig macht sie sich die kulturgeschichtlichen oder metaphorischen Bedeutungskomponenten nutzbar, welche bei den verwendeten Materialien, Gegenständen, Verarbeitungstechniken oder deren Bezeichnungen mitschwingen“. (u.m., Sitterwerk St. Gallen, 2009)


Füllen 2005 Nastro di montaggio, Scatola di cartone Tragband, Kartonschachtel 30×50×40 cm Inv. 2439/2005

Füllen 2005 Fotografia a colori su carta Farbfotografie auf Papier 10 elementi/teilig 32,3×46,3 cm ognuno/jedes Inv. 2441/2005


250–251 Laurent Schmid

Basel

1960

Laurent Schmid opera tra pittura, fotografia, arte oggettuale e concettuale. Nel 1981 si è iscritta alla Schule für Gestaltung di Basilea, mentre dal 1981 al 1986 ha frequentato la Schule für Gestaltung di Berna. Dal 1995 al 1999 è stata Presidente della Commissione delle Belle Arti della Città di Berna e successivamente ha insegnato alla Haute École d’Art et de Design di Ginevra (2000), alla Hochschule (2001–2002) e alla F+F di Zurigo (2002). Vive e lavora tra Berna e Ginevra. “L’opera di Laurent Schmid è caratterizzata dal dubbio sulla chiarezza nella trasmissione delle informazioni. Nelle sue opere ricorre a metodi e strategie che in questo contesto vengono spesso utilizzati con intenzioni completamente diverse: informazioni su più livelli, messaggi clandestini, informazioni occulte e stratificate. [...] Schmid conduce un gioco divertente, ironizza, esagera e scandaglia i limiti”. (Bernhard Bischoff)

Malerei, Objektkunst, Konzeptkunst, Fotografie. 1981 Schule für Gestaltung Basel, 1981 bis 1986 Schule für Gestaltung Bern. 1995 bis 1999 Präsident der stadtbernischen Kunstkommission. Seit 2000 Dozent an der Haute école d’art et de design in Genf, 2001– 2002 Dozent an der Hochschule, 2002 an der F+F Zürich. Schmid lebt und arbeitet in Bern und Genf. „Das Werk von Laurent Schmid ist geprägt durch den Zweifel an der Klarheit von Informationsvermittlung. In seinen Arbeiten greift er Methoden und Strategien auf, welche oft mit ganz unterschiedlichen Absichten in diesem Zusammenhang gebraucht werden: Informationen auf mehreren Ebenen, eingeschmuggelte Botschaften, verborgene Informationsschichten. [...] Schmid treibt damit ein lustvolles Spiel, ironisiert, übertreibt und lotet Grenzen aus“. (Bernhard Bischoff)


Vincent van Gogh 2005 Inchiostro su fotografia Mit Tusche übermalte Fotografie 38×48 cm Inv. 2454/2006

Octopussy 2005 Inchiostro su fotografia Mit Tusche übermalte Fotografie 38×48 cm Inv. 2455/2006

Kantauri 2005 Inchiostro su fotografia Mit Tusche übermalte Fotografie 38×48 cm Inv. 2456/2006

Carrizozo Malpais 2010 Tecnica mista su carta Mischtechnik auf Papier 52×42 cm Inv. 2614/2010

Piltusk 2010 Tecnica mista su carta Mischtechnik auf Papier 52×42 cm Inv. 2615/2010


252–253 Albrecht Schnider

Luzern

1958

Dopo aver frequentato la Schule für Gestaltung e l’Università di Berna (1982–1987), tra il 1989 e il 1992 ha soggiornato in Italia, anche all’Istituto Svizzero di Roma. Vive e lavora a Berlino. I suoi primi lavori sono legati alla nuova figurazione degli anni ottanta; un’intensa applicazione del colore e un tratto marcato caratterizzano questa fase della sua produzione. Nei disegni a carbonicino degli anni compresi tra il 1989 e il 1991 le linee si addensano in forme grafiche. Un analogo processo si verifica anche nei dipinti, dove persone e paesaggi, che costituiscono i suoi soggetti principali, vengono stilizzati e portano alla rappresentazione di forme astratte lineari . “L’irritazione che provocano i suoi dipini, scaturisce da un equilibrio ben ponderato fra spazialità illusionistica e superficie, tra riferimento rappresentativo e confusione ornamentale, tra profondità semantica e vuoto di significato”. (Christoph Vögele)

1982–1987 Schule für Gestaltung und Universität Bern, 1989-1992 Aufenthalt in Italien, u.a. am Istituto Svizzero in Rom. Der Künstler lebt und arbeitet in Berlin. Die frühen Arbeiten Schniders sind der neuen Figuration der 1980er Jahre verpflichtet; satter Farbauftrag und sichtbarer Duktus charakterisieren diese Schaffensphase. In den Kohlezeichnungen der Jahre 1989–1991 verdichten sich die Linien zu zeichenhaften Formen. Eine Verdichtung erfolgt auch in Schniders Malerei; die Menschen und Landschaften – die Hauptmotive des Künstlers – werden formalisiert und führen schliesslich zur Darstellung abstrakter linear-körperlicher Gebilde. „Die Irritation, welche die Bilder verursachen, gründet in einem fein austarierten Gleichgewicht von illusionistischer Räumlichkeit und Fläche, abbildhaftem Bezug und ornamentaler Auflösung, Sinntiefe und Sinnleere“. (Christoph Vögele)


152

151

47

Ohne Titel 1999 Olio su tela Öl auf Leinwand 215×152 cm Inv. 2312/2000

Ohne Titel 2002 Acrilico su tela Acryllack auf Leinwand 140×100 cm Inv. 2388/2003

Ohne Titel 2008 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 181×129 cm Inv. 2525/2008


254–255 Leopold Schropp

München (D)

1939

Nel 1964 terminati gli studi all’Akademie der Bildenden Künste di Monaco inizia a lavorare come restauratore e come artista. Dal 1969 vive a Berna. L’interesse per i classici moderni e per le loro riflessioni, per i dipinti cubisti di Picasso e per il “suono interiore” di Kandinskij, caratterizza i primi lavori di Schropp. Semplici suddivisioni geometriche di superfici, con colori fortemente saturati, sono il frutto delle sue riflessioni sulla relazione tra forma e colore. Schropp ricorre a materiali e tecniche di vario tipo. Accanto ai quadri appaiono negli anni settanta sculture e installazioni. Nel decennio successivo l’artista si dedica con decisione alla pittura. “I quadri di Schropp sono spazi colore che, mentre la luce cambia, lasciano percepire il tempo co me processo visivo”. (Michael Baumgartner)

1961–64 Besuch der Akademie der Bilden den Künste in München. Anschliessend als Restaurator und freier Künstler tätig. 1969 Übersiedlung nach Bern. Die Auseinandersetzung mit den wichtigen Positionen der klassischen Moderne, dem kubistischen Werk Picassos und Kandinskys Konzept des „inneren Klangs“ prägt Schropss Frühwerk. Einfache geometrische Flächenteilungen in stark gesättigten Farben sind Ausdruck seiner Refelexionen über Form- und Farbbeziehungen. Schropp greift auf unterschiedliche Materialien und Techniken zurück. Neben Bildern entstehen in den siebziger Jahren Skulpturen und Installationen. Im folgenden Jahrzehnt wendet sich Schropp entschieden der Malerei zu. „Schropps Bilder sind Farb-Räume, die im Wechsel des sich verändernden Lichts Zeit als visuellen Prozess erfahrbar machen“. (Michael Baumgartner)

Irene Schubiger

Näfels

1948

Irene Schubiger opera attraverso linguaggi diversi come la scultura, il disegno, gli ogget ti, l’acquerello. Nel 1973 si è diplomata alla Kunstgewerbeschule di Zurigo, dove ha frequentato l’indirizzo tessile. Attualmente vive e lavora a Reichenbach presso Berna. I disegni, le sculture e gli oggetti di Irene Schubiger vivono della loro radicale enigmaticità, perché rimandano sempre a qualcosa che non può essere definito direttamente. Rappresentano una sorta di “è come” o “come se”. La riduzione funzionale delle forme e lo straniamento prodotto attraverso l’uso del colore e dei materiali contribuiscono a generare l’ambiguità e l’apertura delle sue opere. Si percepisce inoltre che l’artista non solo procede in modo concettualmente rigoroso, ma che si lascia anche guidare da determinate atmosfere, da ricordi e da impressioni dirette.

Objektkunst, Zeichnung, Aquarell, Plastik. 1973 Abschluss der Fachklasse Textil an der Kunstgewerbeschule Zürich. Lebt und arbeitet in Reichenbach bei Bern. Die Zeichnungen, Plastiken und Objekte von Irene Schubiger leben von ihrer radikalen Rätselhaftigkeit. Denn sie erinnern immer an etwas, das sich aber nicht direkt benennen lässt. Sie sind ein Es-ist-Wie oder ein Als-Ob. Die gezielte Reduktion der Formen und die Verfremdung durch Farbe und Materialien tragen das Ihre zu dieser Mehrdeutigkeit und Offenheit bei. Man spürt und merkt dabei, dass die Künstlerin nicht nur streng konzeptionell vorgeht, sondern sich auch von Stimmungen, Erinnerungen und unmittelbaren Eindrücken leiten lässt.


Mehrstimmig 1999 Pittura a olio su gesso su compensato Ölfarbe auf Kreidegrund auf Tischlerplatte 200×120×20 cm Inv. 2298/2000

Atelier 3 2008 Fotografia stampata e olio su light box Foto-Prints und Öl auf Plexi-Leuchtbox 28,8×153,6×9,6 cm Inv. 2545/2009

Ohne Titel 2003 Pigmento di colore su cartongesso Pigmentfarbe auf Gipsplatte 49×147,5×3 cm Inv. 2431/2004

Ohne Titel 2003 Pigmento di colore su cartongesso alluminizzato Pigmentfarbe auf veraluminisierter Gipsplatte 50,5×146×3 cm Inv. 2432/2004


256–257 Verena Schwab

Bern

1959

Verena Schwab lavora attraverso fotografie, video e installazioni. Dal 1983 al 1989 ha realizzato performance per lo Studio am Montag (STOP.P.T.) di Berna. Dal 1989 al 1992 ha studiato alla Schule für Gestaltung di Berna e dal 1990 al 1992 ha seguito un corso di progetti video nella stessa scuola. Tra il 1986 e il 1997 ha soggiornato per lavoro a Vienna, Berlino e Parigi e nel 1995–1995 all’Akademie Schloss Solitude di Stoccarda Nel 1992 ha partecipato al progetto di scambio di artisti tra Berna e Budapest. Nel 1998– 1999 è stata membro dell’Istituto Svizzero di Roma. “La serie Germs è costituita da macrofotografie di piante in germoglio che Verena Schwab ha elaborato al computer fino ad ottenere colori e forme seducenti. Incorniciate in telai di legno, ricordano vagamente i preziosi tesori custoditi in antichi erbari. I Germs offrono un accesso inconsueto a un microcosmo organico e allo stesso tempo un’eccezionale rassegna dei molti modi in cui la natura è capace di giocare con la creatività”. (Bernhard Bischoff, 2002)

Fotografie, Video, Installation und Performance. 1983 bis 1989 PerformanceTheaterprojekte, Studio am Montag (STOP.P.T.), Bern. 1989 bis 1992 Fachklasse Freie Kunst, Schule für Gestaltung, Bern, 1990 bis 1992 Videoprojektkurs, Schule für Gestaltung, Bern. 1986–1997 Arbeitsaufenthalte in Wien, Berlin, Paris. 1992 Künstleraustauschprojekt Bern-Budapest.1995–1996 Akademie Schloss Solitude, Stuttgart. 1998–1999 Istituto Svizzero, Rom. „Bei der Serie Germs handelt es sich um Makroaufnahmen von keimenden Pflanzen, die Verena Schwab am Computer zu faszinierenden Gebilden aus Farben und Formen umgearbeitet hat. Die Präsentation in hölzernen Kastenrahmen erinnert entfernt an kostbare Sammelstücke in alten Herbarien. Die Germs bieten einen ungewohnten Zugang zu einer organischen Mikrowelt und gleichzeitig ein unvergleichliches Panoptikum von kreativen Spielarten der Natur“. (Bernhard Bischoff, 2002)

Pierre Schwerzmann

Aubonne (VD)

1947

Pittura, disegno e oggetti sono i mezzi espressivi di cui si avvale Pierre Schwerzmann, artista che vive e lavora a Nyon. La pittura di Schwerzmann non vuole lasciar traccia della propria origine artigianale. Le piatte superfici, ottenute attraverso colori applicati a strati, formano un sottilissimo rivestimento, come se fossero state realizzate industrialmente. Ne risulta uno spazio pittorico denso, nel quale si possono muovere anche elementi geometrici fortemente stilizzati o elementi tipografici codificati in modo irritante.

Malerei, Zeichnung, Objekte. Lebt und arbeitet in Nyon. Schwerzmanns Malerei vermeidet die Spuren einer Handschrift – als ob sie industriell gemalt wären, zeigen sich die glatten Oberflächen der in dünnem Farbauftrag Schicht für Schicht aufgetragenen Farben. Es entstehen dichte Bildräume, in den sich auch streng stilisierte geometrische oder irritierend codierte typografische Elemente bewegen können.


Germ I 1999-2000 Ilfochrome su carta Ilfochrome auf Papier 35×44 cm Ed. 2/5 Inv. 2420/2003

Germ II 1999-2000 Ilfochrome su carta Ilfochrome auf Papier 35×44 cm Ed. 2/5 Inv. 2421/2003

Germ III 1999-2000 Ilfochrome su carta Ilfochrome auf Papier 35×44 cm Ed. 2/5 Inv. 2422/2003

Germ IV 1999-2000 Ilfochrome su carta Ilfochrome auf Papier 35×44 cm Ed. 2/5 Inv. 2423/2003

Germ V 1999-2000 Ilfochrome su carta Ilfochrome auf Papier 35×44 cm Ed. 2/5 Inv. 2424/2003

Germ VI 1999-2000 Ilfochrome su carta Ilfochrome auf Papier 35×44 cm Ed. 2/5 Inv. 2424b/2003

127 Ohne Titel 2008 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 80×120 cm Inv. 2558/2009

Ohne Titel 2005 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 150×130 cm Inv. 2559/2009

Ohne Titel 2006 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 150×130 cm Inv. 2560/2009


258–259 Roman Signer

Appenzell

1938

Dopo aver svolto un apprendistato come disegnatore edile (1956–1959) tra il 1969 e il 1971 ha frequentato la classe di scultura della Kunstgewerbeschule di Lucerna e successivamente (1971–1972) ha studiato alla Kunstakademie di Varsavia. Nel 1976 e nel 1999 ha partecipato alla Biennale di Venezia e nel 1987 alla documenta 8 di Kassel. Dal 1972 vive a San Gallo. La rielaborazione di materiali quotidiani e l’accentuazione dell’elemento processuale caratterizzano la sua opera. Gli oggetti sono modelli, apparecchi sperimentali, strumenti per processi mentali, che visualizzano l’effetto delle forze fisiche di fenomeni naturali come l’acqua o la forza di gravità. Con disegni precisi Singer crea le condizioni per i suoi esperimenti, documentando le sue sculture effimere, nelle quali le esplosioni hanno un ruolo centrale, con foto e filmati. Fin dagli anni ottanta è coinvolto in prima persona negli “eventi” che mette in atto.

1956–1959 Lehre als Bauzeichner. 1969–1971 Kunstgewerbeschule Luzern, Bildhauerklasse. 1971–1972 Kunstakademie Warschau. Beteiligungen an der Biennale Venedig 1976 und 1999; an der documenta 8 Kassel 1987. Lebt seit 1972 in St. Gallen. Die Verarbeitung alltäglicher Materialien sowie die Betonung des Prozessualen charakterisieren Signers Werk. Seine Objekte sind Modelle, Experimentiergeräte, Werkzeuge für Gedankenprozesse, um die Wirkung physikalischer Kräfte von natürlichen Erscheinungen – etwa des Wassers oder der Schwerkraft – sichtbar zu machen. In sensiblen, präzisen Zeichnungen hält er die Versuchsanordnungen fest. Seine ephemeren Skulpturen, in denen Explosionen eine wichtige Rolle spielen, dokumentiert der Künstler in Fotografien, Filmen und Videos. Seit den achtziger Jahren bezieht sich Signer selbst als Akteur in die von ihm als «Ereignisse» bezeichneten Aktionen ein.


106–107 Zelt 2002 Videostills su carta baritata Videostills auf Barytpapier 6 elementi/teilig 28,5×21,5 cm ognuno/jedes Ed. 6/10 Inv. 2448/2005

108 Fass mit Trichter 2011 Barile, imbuto di plastica, pompa di circolazione Fass, Plastiktrichter, Umwälzpumpe Ø 60 H 90 cm Inv. 2634/2011


260–261 Hans Stalder

Bern

1957

Dopo aver studiato come logopedista, Hans Stalder si è dedicato all’arte da autodidatta. Per anni è stato disegnatore della cover di Stiller Has. Vive e lavora a Berna. “Dipinti semplici e belli”, è questo il programma della pittura ad olio di Hans Stalder. Anche i suoi soggetti sono “semplici”: volti, fiori e uccelli. Stalder ricorre a semplificazioni rigorose e raffinate che fanno l’occhiolino anche a certi aspetti della Pop Art, ma che, soprattutto, ripropongono la questione della riconoscibilità degli oggetti. Nella sua opera traspare sempre, oltre a un rapporto enigmatico con la bellezza, anche il piacere per l’aspetto artigianale della pittura e, di conseguenza, la riflessione sulla pittura in sé.

Malerei, Zeichnung. Studium der Logopädie. Autodidakt. Jahrelang Gestalter der Cover von Stiller Has. Stalder lebt und arbeitet in Bern. „Einfache und schöne Bilder“, das ist das Programm der Ölmalerei von Stalder. Seine Sujets sind denn auch «einfach»: einfach Porträts, Blumen und Vögel. Dabei greift er auf konsequente und raffinierte Vereinfachungen zurück, augenzwinkernd auch Anleihen bei Pop Art aufnehmend, dabei jedoch vor allem die Frage nach der Wiedererkennbarkeit der Dinge aufwerfend. Immer schimmert bei Stalder neben dem hinter sinnigen Umgang mit der Schönheit zugleich die Lust am Handwerklichen der Malerei durch – und damit die Reflexion über die Malerei an sich.


64 Pensée 2002 Olio su tela Öl auf Leinwand 90×60 cm Inv. 2373/2002

64

64

Alpenrose 1999 Olio su tela Öl auf Leinwand 67×43 cm Inv. 2374/2002

Alpenrose 2002 Olio su tela Öl auf Leinwand 67×43 cm Inv. 2375/2002


262–263 Dominik Stauch

London (GB)

1962

Dopo aver studiato grafica, Dominik Stauch si è iscritto alla Hochschule der Künste di Berlino (1984–1987). Nel 2008 ha ottenuto una borsa di studio per un soggiorno a Berlino. Vive a Thun. Pur utilizzando linguaggi diversi come il video, la digital art, le installazioni e la musica Dominik Stauch si considera in primis un pittore, nel senso che al centro del suo lavoro c’è sempre il colore. Consapevolmente l’artista trascende tuttavia gli strumenti propri della pittura per lavorare con un mix di materiali provenienti dal mondo della fotografia, della pittura, del disegno e della ceramica. Così, ad esempio, il suono può determinare il ritmo delle forme e dei colori e la loro relazione. Stauch attinge al mondo formale dell’arte concreta, ma anche, ad esempio, a quello di Rothko. La sua pittura non teme l’ornamento e integra, anche simbolicamente, elementi mutuati dalla musica, in particolare quella degli anni sessanta.

Malerei, Video, Computerkunst, Installationen, Musik. Ausbildung zum Grafiker. 1984 bis 1987 Studium an der Hochschule der Künste Berlin. 2008 Atelierstipendium in Berlin. Lebt in Thun. Stauch versteht sich in erster Linie als Maler und zwar in dem Sinn, dass im Zentrum seines Werks immer die Farbe steht. Dabei überschreitet er bewusst das eigentliche Medium der Malerei und arbeitet mit einem Materialmix von Fotografie, Malerei, Zeichnung und Ton. So kann etwa der Sound den Rhythmus von Formen und Farben und deren Relation bestimmen. Stauch greift auf die Formenwelt der Konkreten, aber beispielsweis auch von Rothko zurück, scheut das Ornament nicht und nimmt immer wieder – auch bildlich – Anleihen bei der Musik auf, vor allem jener der 1960er-Jahre.


Studien zu Flugversuche 2003 C-Print su carta C-Print auf Papier 18×22 cm Inv. 2609/2004

133

133

133

Rooms 2003 Olio dietro vetro Öl hinter Glas 65×85 cm Inv. 2444/2005

Rooms 2003 Olio dietro vetro Öl hinter Glas 65×85 cm Inv. 2445/2005

Rooms 2003 Olio dietro vetro Öl hinter Glas 65×85 cm Inv. 2446/2005

A Sheltered Home I 2010 Inkjet su carta Inkjet auf Papier 108×137 cm Inv. 2622/2011


264–265 Peter Stein

Burgdorf

1922

Peter Stein ha conseguito il diploma di maestro di disegno nel 1944 alla Allgemeine Gewerbeschule di Basilea. Tra il 1944 e il 1947 ha svolto un apprendistato come pittore su vetro che gli ha permesso di restaurare alcune vetrate in Olanda e in Inghilterra (1948–1949). Dal 1950 al 1969 ha insegnato disegno e contemporaneamente ha proseguito la sua formazione artistica, fra l’altro presso la scuola di pittura di Max von Mühlenen a Berna. Ha ottenuto prestigiose borse di studio nazionali e internazionali, e ha partecipato alla Biennale di Venezia del 1980. Vive a Muri presso Berna. Da esponenti del colorfield painting americano come Sam Francis riceve decisivi impulsi per realizzare il suo obiettivo principale: l’evocazione di un effetto spaziale attraverso l’arte. “La singolare qualità dell’opera di Peter Stein sta nel combinare le proprietà del disegno e della grafica (per quanto riguarda la struttura), della pittura (per il colore) e della pittura su vetro (per la luce)...”. (Barbara Miesch)

Ausbildung zum Zeichenlehrer an der Allgemeinen Gewerbeschule Basel 1941–1944. 1944–1947 Glasmalerlehre. 1948–1949 als Glasfenster-Restaurator in Holland und England. 1959–1969 Brotberuf als Zeichenlehrer und künstlerische Weiterbildung – u.a. Besuch der Malschule von Max von Mühlenen in Bern. Erhält bedeutende nationale und internationale Stipendien. 1980 Teilnahme an der Biennale in Venedig. Lebt in Muri bei Bern. Wichtige Impulse zur Realisierung seines Hauptanliegens, der Evozierung einer räumlichen Wirkung in der Kunst, vermitteln Vertreter der amerikanischen Farbfeldmalerei wie Sam Francis. „Die besondere Qualität von Peter Steins Oeuvre liegt in der Verbindung der Eigenschaften von Zeichnung und Grafik (als Strukturierung), Malerei (als Farbgebung) und Glasmalerei (als Licht)“. (Barbara Miesch)


Ohne Titel (Roter Grund mit Grau) 2000 Olio su tela Öl auf Leinwand 95×80 cm Inv. 2328/2001

Graues Spiel auf rotem Grund 2000 Olio su tela Öl auf Leinwand 95×80 cm Inv. 2329/2001

Rot 2001 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 90×60 cm Inv. 2358/2002

Grosses Licht-Bild 2002 Acrilico su tela Acryl auf Leinwand 170×140 cm Inv. 2359/2002

Licht-Bild 2002 Olio su tela Öl auf Leinwand 100×80 cm Inv. 2365/2002


266–267 Gerda Steiner

Ettiswil

1967

Installazioni, pittura, disegno, video e fotografie sono i mezzi espressivi di Gerda Steiner, artista che si è formata alla Kunstgewerbeschule di Lucerna (1984) e successivamente alla Kunstgewerbeschule di Basilea (1987–1988). Nel 1993 è stata ospite alla Cité Internationale des Arts a Parigi, mentre nel 1995 ha soggiornato a Montreal e nel 1999 a Melbourne grazie a delle borse di studio. Dal 1997 collabora con Jörg Lenzlinger, con il quale nel 2003 ha partecipato alla Biennale di Venezia. Vive e lavora a Uster. La pittura di Gerda Steiner si ispira alle stratificazioni della roccia e alle strutture cellulari. L’artista non conosce la preoccupazione della contaminazione con gli aspetti decorativi-ornamentali ed è senza dubbio possibile mettere in relazione i suoi lavori anche con l’arte psichedelica e con il flower power degli anni sessanta.

Installation, Malerei, Zeichnung, Video, Fotografie. 1984 Besuch der Kunstgewerbeschule Luzern, 1987–1988 Kunstgewerbeschule Basel. 1993 Cité Internationale des Arts Paris, 1995 Atelierstipendium in Montreal, 1999 in Melbourne. Seit 1997 Zusammenarbeit mit Jörg Lenzlinger. 2003 Teilnahme an der Biennale von Venedig. Lebt und arbeitet in Uster. Die Malerei von Steiner ist von Gesteinsschichtungen und organischen Zellstrukturen inspiriert. Berührungsängste zum Dekorativ-Ornamentalen kennt die Künstlerin dabei überhaupt nicht; es lassen sich durchaus auch Verbindungen zur Psychedelik und zum Flower Power der 1960er-Jahre herstellen.

Julia Steiner

Büren zum Hof

1982

Disegnatrice e pittrice Julia Steiner realizza anche stampe e installazioni. Nel 2007 si è diplomata in arti figurative presso la Hochschule der Künste di Berna e in storia dell’arte presso l’Università di Berna. Nel 2005 ha trascorso un semestre all’estero, studiando all’Universität der Künste di Berlino. Nel 2008 ha conseguito il diploma per l’insegnamento delle arti figurative nella scuola secondaria superiore alla Pädagogische Hochschule di Berna. Nel 2009 è stata artist in residence della galleria Urs Meile a Pechino. Vive e lavora a Berna e Berlino. I disegni e i quadri di grande formato di Julia Steiner, finora sempre in bianco e nero, creano un vortice che si muove fra sogno e realtà con affascinante sicurezza. Nei suoi lavori l’artista riesce a gestire gli spazi vuoti in mo do magistrale.

Zeichnungen, Malerei, Druckgrafik, Installationen. 2007 Diplom für Bildnerisches Gestalten an der Hochschule der Künste Bern und Kunstgeschichte an der Universität Bern. 2005 Auslandsemester Bildende Kunst an der Universität der Künste Berlin. 2008 Lehrdiplom Bildnerisches Gestalten Sek II an der Pädagogischen Hochschule Bern. 2009 Artist-in-Residence der Galerie Urs Meile in Peking. Julia Steiner lebt und arbeitet in Bern und Berlin. Die grossformatigen, bisher immer schwarzweissen Malereien/Zeichnungen und Wandgemälde von Julia Steiner entwickeln einen Sog, der sich mit einer bestechenden Sicherheit zwischen Traum und Abstraktion bewegt. Dabei geht die Künstlerin virtuos mit Leerräumen um.


55 Vulkan 2001 Pennarello su carta Filzstift auf Papier 35×50 cm Inv. 2368/2002

Landschaft 2001 Pennarello su carta Filzstift auf Papier 35×50 cm Inv. 2369/2002

79

78

Geysir 2006 Tempera su carta Gouache auf Papier 150×250 cm Inv. 2527/2008

Korbung 2006 Tempera su carta Gouache auf Papier 210×150 cm Inv. 2528/2008

Blume 2001 Pennarello su carta Filzstift auf Papier 35×50 cm Inv. 2370/2002


268–269 Annelies Strba

Zug

1947

Annelies Strba ha studiato fotografia tra il 1963 e il 1966, ma ha iniziato a fotografare già all’età di 15 anni. Dal 1985 risiede anche a Melide. Nel 1991 ha soggiornato presso l’Atelier del Sur a El Cabrito sull’isola La Gomera. Nel 1992 ha partecipato alla Biennale di Sydney e tra il 1994 e il 1995 ha compiuto un viaggio in Giappone. Nel 1996 ha soggiornato, grazie a una borsa di studio, a Londra e nel 1997 alla Cité des Arts di Parigi. Vive a Richterswil sul Lago di Zurigo. Annelies Strba opera attraverso la fotografia, il video, la computer art e i montaggi digitali. Le sue fotografie sono caratterizzate da uno sguardo marcatamente soggettivo e ritraggono momenti intimi dell’esistenza, senza diventare tuttavia mai voyeuristiche. Raccontano di ricordi d’infanzia, rappresentando tanto il senso di sicurezza quanto il vincolo, la dipendenza e la solitudine. I suoi figli sono stati i suoi modelli più importanti e hanno continuato a esserlo anche da adulti con i loro figli. Durante i suoi numerosi viaggi, Strba ha realizzato fotografie di panorami, giardini, parchi, realizzando anche molti video di paesaggi urbani.

Fotografie, Video, Computerkunst, digitale Montagen. Fotografiert seit ihrem 15. Lebensjahr jeden Tag. 1963 bis 1966 Ausbildung zur Fotografin. Ab 1985 Zweitwohnsitz in Melide. 1991 Aufenthalt im Atelier del Sur in El Cabrito auf der Insel La Gomera. 1992 Beteiligung an der Biennale von Sydney. 1994 und 1995 Reisen nach Japan. 1996 Atelierstipendium in London, 1997 an der Cité des Arts in Paris. Lebt in Richterswil am Zürichsee. Strbas Fotografien sind von einem prägnant subjektiven Blick geprägt und umkreisen – ohne je voyeuristisch zu sein – intime Lebensbereiche. Sie erzählen von Kindheitserinnerungen und zeigen die Geborgenheit ebenso wie Bindung, Abhängigkeit und Einsamkeit. Ihre eigenen Kinder waren ihr dabei die wichtigsten Modelle, inzwischen als Erwachsene mit eigenen Kindern. Strba schuf zudem auf ihren vielen Reisen Bilder von Landschaften, Gärten und Parkanlagen. Entstanden sind auf den Reisen auch verschiedene Städtevideos.


71 An 69 (Mohnblumen) 2001 C-Print su carta su alluminio C-Print auf Papier auf aluminium 34×49 cm Ed. 2/6 Inv. 2345/2002

Nyima 145 2004 Inkjet su tela Inkjet auf Leinwand 110×160 cm Ed. 5/6 Inv. 2435/2004

An 143 (Sonja mit Samuel) 2001 C-Print su carta su alluminio C-Print auf Papier auf aluminium 34×49 cm Ed. 2/6 Inv. 2346/2002

An 142 (Sonja auf dem Sofa) 2001 C-Print su carta su alluminio C-Print auf Papier auf aluminium 34×49 cm Ed. 1/6 Inv. 2347/2002


270–271 Robert Suermondt

Gèneve

1961

Dopo l’École Supérieur d’Art Visuel a Ginevra (1983–1988), nei primi anni novanta, Robert Suermondt ha frequentato la Rijksakademie ad Amsterdam. Dalla metà degli anni ottanta ha partecipato a importanti esposizioni nazionali e internazionali. L’elemento centrale della pittura di Robert Suermondt è la percezione. Attraverso la stesura di più strati di colore assistiamo a una dissoluzione del soggetto rappresentato nel quadro che rimane sospeso tra apparizione e dissoluzione. L’indeterminatezza di queste opere mette a disagio l’osservatore e la sua aspirazione a un’immagine stabile. La percezione e l’interpretazione del quadro vengono così messe in dubbio. Oltre alla pittura a olio, la fotografia e il film sono i principali mezzi espressivi di Suermondt.

1983–1988 Besuch der Ecole Supérieur d’Art Visuel in Genf. Zu Beginn der neunziger Jahre Studium an der Rijksakademie in Amsterdam. In den 1980er Jahren nimmt er an wichtigen nationalen und internationalen Ausstellungen teil. Zentrales Anliegen seiner Kunst ist die Wahrnehmung. Mit dem Vorgang des vielschichtigen Farbauftrages geht eine Auflösung des Bildmotives einher; Prozesse des Aufscheinens und der Auflösung halten sich die Waage. Das Unaufgelöste versetzt den Betrachter mit seinem Anspruch auf ein festzuhaltendes Bild in Unruhe. Wahrnehmung und Interpretation des Bildes werden in Frage gestellt. Neben der Ölmalerei zählen die Fotografie und der Film zu den wichtigen künstlerischen Ausdrucksmitteln von Suermondt.

Hugo Suter

Aarau

1943

Hugo Suter ha studiato come maestro di disegno alla Kunstgewerbeschule di Zurigo (1964–1966). Nel 1968 è entrato nella comunità-atelier “Ziegelrain” ad Aarau, dove è rimasto fino al 1974. Nel 1972 ha ottenuto la Borsa Federale di Belle Arti. Tra il 1968 e il 1982 ha avuto un incarico a tempo parziale come insegnante di disegno a Buchs. Dal 1982 al 1986 ha insegnato disegno all’ETH di Zurigo. Nel 1990 ha vinto il premio Atatürk alla III Biennale Asia-Europa di Ankara. Vive a Birrwil nel canton Argovia. Nella sua opera Hugo Suter studia le relazioni fra creazione artistica e ricerca scientifica. “Il suo metodo consiste nel coniugare, all’interno del motivo prescelto, provocatori slittamenti semantici con la messa in scena di un effetto ritardante del processo percettivo” (Peter K. Wehrli). Spesso usa il vetro come supporto dell’immagine per ottenere, accanto a rappresentazioni tradizionali, visioni e sovrapposizioni impreviste.

1964–1966 Zeichenlehrerklasse an der Kunstgewerbeschule Zürich. 1968–1974 Mitglied der Ateliergemeinschaft „Ziegelrain“, Aarau. 1972 Eidgenössisches Kunststipendium. 1968–1982 Teilpensum als Zeichenlehrer in Buchs. 1982–1986 Lehrauftrag für figürliches Zeichnen an der ETH Zürich. 1990 AtatürkPreis anlässlich der 3. Asien-Europa Biennale in Ankara. Lebt in Birrwil (AG). Der Künstler setzt sich in seinem Werk mit der Beziehung zwischen künstlerischer Gestaltung und wissenschaftlichem Forschen auseinander. „Seine Methode besteht darin, irritierende Bedeutungsverschiebungen im gewählten Motiv mit einem inszenierten Verzögerungseffekt des Wahrnehmungsvorganges zu verbinden“ (Peter K. Wehrli). Häufig verwendet er Glas als Bildträger, denn es ermöglicht neben traditionellen Darstellungsweisen unerwartete Durchblicke und Überlagerungen.


95

147

Point 2008 Olio su tela Öl auf Leinwand 66×61 cm Inv. 2619/2011

Jockey 2008 Olio su tela Öl auf Leinwand 40×40 cm Inv. 2620/2011

je meer ich see 2002 Pigmenti perlescenti, Iriodin, vernice acrilica e lacca su trucciolato Perlglanzpigment, Iriodin, Acrylfarbe und Lack auf Faserplatte 150×190×5 cm Inv. 2400/2003


272–273 André Thomkins

Luzern Berlin

1930 – 1985

André Thomkins ha frequentato la Kunstgewerbeschule di Lucerna, studiando con Max von Moos, tra il 1947 e il 1949. Nel 1946 si lega in amicizia con l’artista, maestro e pubblicista Serge Stauffer. Nel 1950–1951 frequenta l’Académie de la Grande Chaumière a Parigi. Dal 1970 al 1973, ha avuto una cattedra di pittura e grafica alla Staatlichen Kunstakademie di Düsseldorf. Inizialmente la sua opera presentava l’influenza del Dadaismo, del Surrealismo e risentiva soprattutto della conoscenza di artisti come Jean Arp, Max Ernst e Marcel Duchamp. Tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta, Thomkins ha iniziato a sperimentare differenti tecniche (nel 1955 ha inventato la tecnica “Lackskin”), mentre vedono la luce i primi palindromi e gli anagrammi. Il confronto con artisti del movimento Fluxus e del Nouveau Réalisme ha rappresentato una costante fonte di stimoli per l’artista che utilizzato per il suo lavoro le tecniche più diverse.

Kunstgewerbeschule Luzern 1947–1949 bei Max von Moos. Ab 1946 Freundschaft mit dem Künstler, Lehrer und Publizisten Serge Stauffer. 1950–1951 Besuch der Académie de la Grande Chaumière in Paris. 1971–1973 Professur an der Staatlichen Kunstakademie Düsseldorf. Die frühe Begeisterung für Dadaismus und Surrealismus, für Künstler wie Jean Arp, Max Ernst und Marcel Duchamp prägen sein Schaffen. In den späten fünfziger und frühen sechziger Jahren experimentiert Thomkins mit verschiedenen Techniken (1955 Erfindung der „Lackskin“-Technik); erste Palindrome und Anagramme entstehen. Der Austausch mit Künstlern, die überwiegend der Fluxusbewegung und dem Nouveau Réalisme angehören, bildet eine stete Anregungsquelle für Thomkins, der in den verschiedensten Zeichen-, Mal- und Drucktechniken arbeitet.

Dominique Uldry

Lausanne

1953

Fotografia, installazioni e video sono i linguaggi artistici di cui si avvale Dominque Uldry. Dopo aver frequentato la scuola di commercio a Berna nel 1973, dal 1982 è attivo come fotografo autodidatta e free lance. Dal 2002 insegna alla Hochschule der Künste di Berna e collabora spesso alla documentazione del lavoro di altri artisti. Vive e lavora a Berna. Uldry si dedica a una fotografia tranquilla. Non va alla ricerca di sensazioni, ma piuttosto lavora, in modo assolutamente non sentimentale, sulla “sensation”, ovvero sulla visione sensibile secondo l’accezione francese del termine. L’artista si concentra sulle sfumature dei colori e delle composizioni, mentre situazioni apparentemente banali si coagulano dando luogo a immagini dense che non stimolano un’osservazione veloce, ma la scoperta e la riflessione.

Fotografie, Installation, Video. Handelsschule in Bern 1973. Als Fotograf Autodidakt. Freischaffender Fotograf seit 1982. Seit 2002 Dozent an der Hochschule der Künste Bern. Im Hintergrund unentbehrliche Hilfe bei Künstlerdokumentationen. Uldry lebt und arbeitet in Bern. Uldry pflegt eine unaufgeregte Fotografie. Er sucht nicht nach Sensationen, sondern arbeitet eher, aber durchaus unsentimental, im Sinne der französischen „sensation“, des sensiblen Sehens. Nuancen in Farben und Kompositionen sind ihm wichtig, unauffällige Situationen gerinnen ihm zu dichten Bildern, die ihrerseits nicht das schnelle Sehen, sondern das Entdecken und das Reflektieren herausfordern.


145

144

Ohne Titel 1960 Lackskin su carta Lackskin auf Papier 20,9×20 cm Inv. 2610/2010

Ohne Titel 1959–1964 Lackskin su carta Lackskin auf Papier 20×20,9 cm Inv. 2611/2010

73 Narbonne II 2000 2003 C-Print su carta C-Print auf Papier 124×145 cm Ed. 1/3 Inv. 2392/2003

28 Narbonne III 2000 2003 C-Print su carta C-Print auf Papier 124×145 cm Ed. 1/3 Inv. 2393/2003

Aare, Bern 2000 C-Print su carta C-Print auf Papier 96×120 cm Ed. 2/3 Inv. 2636/2011


274–275 Esther van der Bie

Arbon

1962

Esther van der Bie realizza fotografie, installazioni e installazioni audio. Dal 1981 al 1987 ha studiato all’Università di Berna e dal 1986 al 1989 è stata fotografa free lance in ambito alimentare. Dal 1990 al 1995, ha lavorato come fotografa per la stampa e come illustratrice. Dal 2004 insegna disegno presso la Schule für Gestaltung di Berna e Biel e dal 2008 è docente alla Hochschule der Künste di Berna, città dove vive e lavora. La ricerca dell’artista si muove lungo una linea tesa tra naturale e artificiale. Nella serie Wälder und Verwandtes ha rappresentato la natura ricostruita artificialmente in studio come se fosse spontanea. Nella serie Nur Natur? si è invece concentrata sulle situazioni naturali che sembrano artificiali. Nel suo lavoro l’artista si chiede sempre come funziona l’immagine e in che modo viene percepita come tale.

Fotografie, Installation, Audioinstallation. 1981 bis 1987 Studium an der Universität Bern. 1986 bis 1989 freischaffende Food-Fotografin, 1990 bis 1995 Arbeit als freischaffende Presse-Fotografin und Illustratorin. Seit 2004 Fachlehrerin Zeichnen an der Schule für Gestaltung Bern und Biel, seit 2008 Dozentin für Fotografie an der Hochschule der Künste Bern. Van der Bie lebt und arbeitet in Bern Van der Bie recherchiert im Spannungsfeld von Natürlichkeit und Künstlichkeit. In der Serie Wälder und Verwandtes zeigte sie Natur, die im Studio künstlich aufgebaut war – als ob es Natur wäre. In der Serie Nur Natur? umgekehrt fokussierte sie auf natürliche Gegebenheiten, die wie künstlich wirken. In ihrer Arbeit fragt die Künstlerin auch immer danach, wie ein Bild funktioniert und wie ein Bild als Bild wahrgenommen wird.


31 Wälder und Verwandtes 2002 Ilfochrome su carta dietro vetro Ilfochrome auf Papier hinter Glas 140×107 cm Ed. 1/3 Inv. 2376/2002

Wälder und Verwandtes 2002 Ilfochrome su carta dietro vetro Ilfochrome auf Papier hinter Glas 140×112 cm Ed. 1/3 Inv. 2377/2002

56 N° 10 (Schneehaufen & Baum) Dalla serie/Aus der Serie Nur Natur? 2009 Ultrachrome su carta Ultrachrome auf Papier 41,5×33,5 cm Ed. 2/5 Inv. 2561/2009

N° 15 (Binsen & Baum) Dalla serie/Aus der Serie Nur Natur? 2009 Ultrachrome su carta Ultrachrome auf Papier 112,5×89,5 cm Ed. 1/5 Inv. 2562/2009

Wälder und Verwandtes 2002 Ilfochrome su carta dietro vetro Ilfochrome auf Papier hinter Glas 140×110 cm Inv. 2407/2003


276–277 Walter «Pips» Vögeli

Winterthur Bern

1929 – 2009

Christian Waldvogel

Austin (USA)

1974

Esponente dell’arte oggettuale, Walter «Pips» Vögeli, dal 1949 al 1951 ha frequentato la Kunstgewerbeschule a Zurigo e a Lucerna. Dopo un soggiorno a Parigi, nel 1952 si è trasferito a Berna. Dal 1955 si dedica alla scultura in ferro e dal 1964 crea sculture in plastica. Nel 1970 ha partecipato alla 35a Biennale di Venezia. “Walter Vögeli è stato uno dei primi artisti della Svizzera a impiegare a metà degli anni sessanta, i nuovi materiali sintetici, quali il poliestere e le resine, come mezzo di creazione artistica. Partendo dalle tecniche di produzione e di fusione impiegate nell’industria, ha sviluppato procedimenti utilizzabili anche in atelier. Nel corso degli anni sessanta ha inventato il cosiddetto Polymodul, un sistema modulare di elementi strutturali positivi e negativi, quadrati o rettangolari, di colori diversi, particolarmente adatti a essere impiegati come principio seriale variabile per la realizzazione di pareti plastiche”. (Michael Baumgartner)

Skulptur, Malerei, Plastik, Objektkunst, Relief. 1949 bis 1951 Kunstgewerbeschulen in Zürich und Luzern. Nach einem Aufenthalt in Paris 1952 Übersiedlung nach Bern. 1955 Hinwendung zur Eisenplastik. Ab 1964 Kunststoff-Abgussverfahren. 1970 Teilnahme an der 35. Biennale von Venedig. „Als einer der ersten Künstler in der Schweiz setzt Walter Vögeli Mitte der 1960er- Jahre die neuen synthetischen Materialien wie Polyester und Epoxydharze als Mittel der künstlerischen Gestaltung ein. Ausgehend von industriellen Produktions- und Gusstechniken, entwickelt er Herstellungsverfahren, die sich auch im Atelier anwenden lassen. Während der 60er Jahre erfindet er das sogenannte Polymodul, ein Baukastensystem aus verschiedenfarbigen quadratischen oder rechteckigen Positiv-Negativ-Strukturelementen, das sich als variables serielles Prinzip besonders für plastische Wandgestaltungen eignet“. (Michael Baumgartner)

Christian Waldvogel è iscrivibile nell’arte concettuale, processuale e nella Net Art. Dal 1992 al 1999 ha studiato architettura all’ETH di Zurigo e alla Rhode Island School of Design a Providence. Nel 2004 ha partecipato alla 9a Biennale di Architettura di Venezia. Vive e lavora a Zurigo. Il net project permanente di Christian Waldvogel è stato avviato nel 1998 con il nome Globus Cassus e prevede la trasformazione radicale e, anche socialmente utopica, della terra, il cui interno verrebbe in un parte portato all’esterno trasformando il pianeta in un nuovo cosmo. La vita verrebbe regolata da leggi completamente nuove in tutti gli ambiti: “L’assunzione di una posizione il più possibile radicale e lontana dalla realtà mi consente, una volta messi in dubbio tutti i dati di fatto che vengono comunemente considerati leggi inconfutabili, uno sguardo obiettivo e sereno sui meccanismi e i sistemi che muovono e inquietano il nostro mondo”. (Christian Waldvogel)

Konzept-, Netz- und Prozesskunst. 1992 bis 1999 Studium der Architektur an der ETH Zürich und an der Rhode Island School of Design Providence. 2004 Teilnahme an der 9. Biennale di Architettura von Venedig. Waldvogel lebt und arbeitet in Zürich. Waldvogels seit 1998 laufendes Langzeitund Netzprojekt hat den Titel Globus Cassus und sieht die radikale, auch gesellschaftlich utopische Umgestaltung der Erde vor, die gewissermassen nach aussen gestülpt und in sich ein neuer Kosmos würde. Absolut neue Gesetzmässigkeiten in allen Bereichen würden das Leben bestimmen: „Der radikalmöglichste und realitätsfernste Positionsbezug ermöglicht mir, unter Hinterfragung aller gemeinhin als gesetzt geltenden Tatsachen, den objektivmöglichsten und ungetrübten Blick auf die Mechanismen und Systeme, die unsere Welt (um)treiben“. (Christian Waldvogel)


Ohne Titel 1966 Poliestere giallo/bianco, laminato a mano Polyester gelb/weiss, Handlaminat 60×30×14 cm Inv. 2566/2010

Earth Extremes # 1: Top of the World 2005 Inkjet in Diasec con serigrafia bicolore e fotografia su alluminio Inkjet in Diasec mit zweifarbiger Serigrafie und Fotoprint auf Alu 2 elementi/teilig 79,9×57,7 cm 18×13,3 cm Ed. 3/5 Inv. 2479–2480/2006

Earth Extremes # 2: West Pole 2006 Inkjet in Diasec con serigrafia bicolore e fotografia su alluminio Inkjet in Diasec mit zweifarbiger Serigrafie und Fotoprint auf Alu 2 elementi/teilig 79,9×57,7 cm 18×13,3 cm Ed. 3/5 Inv. 2481-2482/2006

North of Everest 2006 Inkjet in Diasec con serigrafia Inkjet in Diasec mit Serigrafie 79,9×57,7 cm Ed. 1/8 Inv. 2483/2006


278–279 Cécile Wick

Muri

1954

Cécile Wick ha studiato storia dell’arte, letteratura e teatro a Zurigo e a Parigi tra il 1974 e il 1978. Dal 1986 al 1989 ha vissuto negli USA e grazie al conseguimento di diverse borse di studio ha soggiornato a New York, Parigi, Roma e a Il Cairo. Ha insegnato alla Schule für Gestaltung di Zurigo e nel 1998 è stata membro fondatore di F.I.R.M.A. (assieme a Peter Radelfinger). Attualmente lavora a New York, Parigi e Zurigo. Cécile Wick si occupa di fotografia, pittura, disegno e performance ed è una vera e propria artista della luce. Nelle sue fotografie l’elemento tempo gioca un ruolo centrale e non solo come tempo di scatto, ma anche come tempo che scorre, come istante che sta tra chiarezza e sfocatura, tra luce e oscurità, tra comparsa e sparizione, tra vita e morte. La serie Fiori di notte è emblematica di questo approccio che apre anche visioni strutturali.

Fotografie, Malerei, Zeichnung, Performance. 1974 bis 1978 Kunstgeschichts-, Literatur- und Theaterstudium in Zürich und Paris. 1986 bis 1989 Aufenthalt in den USA. Atelierstipendien in New York, Paris, Rom und Kairo. Dozentin an der Schule für Gestaltung Zürich. 1998 Gründungsmitglied von F.I.R.M.A. (zusammen mit Peter Radelfinger). Tätig in New York, Paris und Zürich. Wick ist eine eigentliche Licht-Zeichnerin. Wenn sie fotografiert, dann spielt das Moment der Zeit eine zentrale Rolle – und zwar sowohl als Aufnahmezeit als auch als vergehende Zeit, als Momentum zwischen Klarheit und Unschärfe, zwischen Licht und Dunkelheit, zwischen Aufscheinen und Verschwinden – zwischen Leben und Tod. Die Serie Fiori di notte ist exemplarisch für dieses Konzept, das auch immer strukturelle Sichtweisen öffnet.

Peter Willen

Thun

1941

Peter Willen ha frequentato la Kunstgewerbeschule di Berna tra il 1963 e il 1967. A partire dal 1970 inizia ad esporre in mostre personali e collettive in Svizzera e all’estero. Vive e lavora in Piemonte e sul lago di Thun. All’inizio degli anni ottanta i paesaggi surrealisti cedono il posto a raffigurazioni gestuali sopra forme geometriche. Nei quadri compaiono parole e calligrafie irreali. China, matita e tempera all’uovo diventano le tecniche preferite nei lavori su carta o su tela. Dal 1985 Willen, nella sua “oggettivazione del dipingere” (Hans Rudolf Reust), recupera il colore. Rettangoli di colore puro – rosso, giallo o azzurro – splendono sulla superficie bianca del quadro. Dalla fine degli anni ottanta l’artista addensa strati di pigmento in superfici cromatiche quasi omogenee. Dalla metà degli anni novanta realizza pitture dietro vetro che coinvolgono lo spazio circostante.

1963–1967 Kunstgewerbeschule Bern. Seit 1970 Einzel-und Gruppenausstellungen im In- und Ausland. Peter Willen lebt und arbeitet im Piemont und am Thunersee. Zu Beginn der achtziger Jahre lösen gestische Überzeichnungen geometrischer Formen die surrealistischen Landschaftsbilder ab. Worte und imaginäre Kalligrafien scheinen in den Bildner auf. Tusche, Bleistift und Eitempera werden zu den bevorzugten Techniken seiner Arbeiten auf Papier und Leinwand. Ab 1985 greift Willen die Farbe in seiner „Objektivierung des Malens“ wieder auf (Hans Rudolf Reust). Rechtecke aus reinem Rot, Gelb oder Blau leuchten im weissen Bildraum. Eine Vielzahl von Pigmentschichten verdichtet der Künstler seit Ende der achtziger Jahre zu nahezu homogenen Farbflächen. Seit Mitte der neunziger Jahre entstehen Hinterglasbilder, die den Umraum einbeziehen.


67

68

Fiori di notte 2 2005 Inkjet su carta Inkjet auf Papier 81×108 cm Inv. 2460/2006

Fiori di notte 3 2005 Inkjet su carta Inkjet auf Papier 81×108 cm Inv. 2461/2006

Fiori di notte, 6 2005 Inkjet su carta Inkjet auf Papier 81×108 cm Inv. 2462/2006

Ohne Titel (0410) 2001 Tempera su cotone Tempera auf Baumwolle 45×45 cm Inv. 2355/2002

Ohne Titel (0510) 2001 Tempera su cotone Tempera auf Baumwolle 45×45 cm Inv. 2356/2002

Ohne Titel (0125) 2001 Tempera su cotone Tempera auf Baumwolle 45×45 cm Inv. 2357/2002


280–281 Uwe Wittwer

Zürich

1954

Uwe Wittwer ha frequentato la Höhere Fachschule für Sozialarbeit dal 1974 al 1977. Autodidatta, dal 1982 è attivo come artista con un atelier a Burgdorf e dal 1986 con un atelier a Zurigo. Fino al 1994 è stato educatore d’arte in un centro di quartiere. Grazie a una borsa di studio, nel 1989 ha soggiornato a Londra e nel 1994 ha vissuto per un anno alla Cité internationale des arts a Parigi. Dal 1998 al 2000 ha insegnato all’Università di Witten in Germania e nel 2010 alla Zeppelin Universität di Friedrichshafen. Dal 1997 collabora con Kevin Mueller. Vive e lavora a Zurigo. Uwe Wittwer realizza dipinti, disegni, acquerelli, stampe a getto d’inchiostro e video. Qualsiasi sia il supporto utilizzato, l’opera di Wittwer ha un unico centro, la pittura, con la quale scandaglia, ad un altissimo livello tecnico, le gradazioni e le transizioni dei colori. Nella scelta dei sogget ti, che trae da fotografie e sempre più spesso da immagini trovate in Internet, sono presenti sin dall’inizio due filoni: quello più pittoresco, nel quale Wittwer rielabora decorazioni per vasi e urbane, ma soprattutto quadri di pittori fiamminghi; e quello in cui l’idillio diventa fragile oppure dove la catastrofe fa ingresso nella pittura sotto forma di navi da guerra, distruzioni o reminiscenze del conflitto del Vietnam.

Malerei, Zeichnung, Aquarell, Inkjet-Prints, Video. 1974 bis 1977 Höhere Fachschule für Sozialarbeit in Bern. Autodidakt, seit 1982 freischaffend mit einem Atelier in Burgdorf. 1986 Zweitatelier in Zürich und bis 1994 Tätigkeit als Kunsterzieher in einem Quartierzentrum, 1989 Atelierstipendium in London. 1994 Jahresaufenthalt in der Cité internationale des arts in Paris. 1998 bis 2000 Lehrauftrag an der Universität Witten (D) und 2010 an der Zeppelin-Universität in Friedrichshafen (D). Seit 1997 Zusammenarbeit mit Kevin Mueller. Wittwer lebt und arbeitet in Zürich. Wittwers Werk hat – und zwar in allen Medien – ein Zentrum: die Peinture, mit der er auf sehr hohem technischem Niveau Farbübergänge und–zwischenräume auslotet. In der Wahl der Sujets, die auf Fotografien und immer mehr auf Recherchen im Internet basieren, gibt es eigentlich seit Beginn zwei Stränge: den eher pittoresken, wo Wittwer Vasen- und Stadtornamente, besonders aber Bilder altniederländischer Maler bearbeitet– und dann denjenigen, in der die Idylle entweder brüchig wird oder wo die Katastrophe in Form von Kriegsschiffen, Zerstörungen oder Reminiszenzen an den Vietnamkrieg in die Peinture einbricht.


82 Interieur nach de Hooch 2001 Inkjet su carta Inkjet auf Papier 90×110 cm Inv. 2334/2001

Stilleben 2002 Inkjet su carta Inkjet auf Papier 166×130 cm Inv. 2380/2003

77

72

Nach Lippi 2002 Acquerello su carta Aquarell auf Papier 166×130 cm Inv. 2381/2003

Stilleben 2001 Acquerello su carta Aquarell auf Papier 89×110 cm Inv. 2391/2003


282–283 Andrea Wolfensberger

Zürich

1961

Andrea Wolfensberger opera attraverso il video, le installazioni, la scultura e i dipinti. Dal 1980 al 1984 frequenta l’École Supérieur d’Art Visuel di Ginevra. Nel 1985 soggiorna alla Cité des Arts a Parigi. Dal 1993 al 1995 insegna presso la Schule für Gestaltung di Berna, dal 2001 al 2003 all’Università Witten/ Herdecke in Germania e a partire dal 2004 presso la Hochschule der Künste a Berna. Vive e lavora a Waldenburg. Temi centrali della sua opera sono la natura e la comunicazione, intesa come l’invio e la ricezione di informazioni di qualsiasi natura tra uomini e cose. L’artista osserva il suo ambiente e vi si espone, come quando ad esempio percorre un fiume controcorrente, documentando la pericolosa impresa con la videocamera. Nei suoi lavori all’elemento visivo si aggiunge la percezione e la visualizzazione di suoni, toni e rumori. Con le sue immagini incisive, Andrea Wolfensberger pone interrogativi esistenziali.

Videoarbeiten, Installationen, Skulpturen, Bilder. 1980–1984 École Supérieur d’Art Visuel, Genève, 1985 Aufenthalt in der Cité des Arts, Paris. 1993–1995 Lehrauftrag an der Schule für Gestaltung in Bern, 2001– 2003 Lehrauftrag Universität Witten-Herdecke (D), seit 2004 Lehrauftrag an der Hochschule der Künste in Bern. Wolfensberger lebt und arbeitet in Waldenburg. Zentrale Themen sind die Natur und die Kommunikation, das Senden und Empfangen von Informationen aller Art zwischen Menschen und Dingen. Die Künstlerin beobachtet ihre Umgebung und setzt sich ihr aus, indem sie zum Beispiel im Fluss gegen den Strom geht und das gefährliche Unterfangen mit der Kamera dokumentiert. Zum Beobachten von Bildern tritt die Wahrnehmung und Visualisierung von Klängen, Tönen und Geräuschen hinzu. In eindringlichen Bildern stellt Wolfensberger existentielle Fragen.

Peter Wüthrich

Bern

1962

Peter Wüthrich realizza installazioni, dipinti, opere grafiche, disegni, litografie, fotografie, video. Dopo un apprendistato come grafico a Berna, ha iniziato a lavorare con oggetti riciclati e dal 1992 esclusivamente con libri. Tra il 1994 e il 1995 ha ottenuto la borsa di studio Wilhelm-Lehmbruck della Città di Duisburg. Wüthrich utilizza i libri usati come soggetto, come materiale e come strumento espressivo. Il suo lavoro attinge abbondantemente al lessico dell’arte minimalista e concreta, riutilizzando i diversi colori delle copertine dei libri come vera e propria materia prima di una pittura oggettuale. È l’aspetto estetico dei libri, non il loro contenuto, ad essere al centro della sua opera. Ad esempio, una combinazione costituita da un gran numero di libri rossi disposti sul pavimento di una sala diffonde un riverbero dello stesso colore.

(Buch-)Objektkunst, Installation, Malerei, Grafik, Zeichnung, Lithographie, Fotografie, Video. Lehre als Grafiker in Bern. Beginn der Arbeit mit Fundstücken, seit 1992 ausschliesslich mit Büchern. 1994/1995 Wilhelm-Lehmbruck-Stipendium der Stadt Duisburg. Wüthrich verwendet Bücher aus Brockenhäusern als Motiv und Werkstoff – und als Wirkstoff. Er greift vielfach auf das Vokabular minimalistischer und konkreter Kunst zurück, indem er die verschiedenen Farben der Bucheinbände regelrecht als Medium einer Objekt-Malerei versteht. Nicht der Inhalt der Bücher, sondern deren Erscheinung steht also im Zentrum dieses Werks. Die Kombination von vielen roten Büchern etwa, die auf dem Boden ausgelegt werden, schafft einen roten Schimmer im Raum.


Seifenblasen 2001 Video a colori, suono Video, farbig, Ton 10'31'' (Loop) Inv. 2641/2012

128

129

129

Collection Silva 2002 9 libri 9 Bücher 90×65×3 cm Inv. 2567/2010

Collection Silva 2002 9 libri 9 Bücher 90×65×3 cm Inv. 2568/2010

Collection Silva 2002 9 libri 9 Bücher 90×65×3 cm Inv. 2569/2010


284–285 Wolfgang Zät

Vinelz

1962

Attivo come grafico e come scultore, Wolfgang Zät si è formato come litografo, scultore e pittore a Langenthal, Büren an der Aare, Parigi e Basilea. Attualmente vive e lavora a Berna. Wolfgang Zät è noto soprattutto per le sue linoleografie di grande formato. Le linee sottili delle sue incisioni assomigliano a filigrane e creano forme paesaggistiche che ricordano le foreste vergini del Giura o i paesaggi fluviali ricoperti di boschi. Sono sempre spazi profondi dove lo sguardo può perdersi. Il gioco di luci e ombre è molto raffinato, le immagini oscillano fra astrazione e figurazione, formando un “all over” che sembra fuoriuscire dai margini del quadro.

Grafiker (Radierung und Linolschnitt), Bildhauer. Ausbildung als Lithograph, Bildhauer und Maler in Langenthal, Büren an der Aare, Paris und Basel. Zät lebt und arbeitet in Bern. Zät wurde vor allem durch seine grossformatigen Linolschnitte bekannt. Dort lässt er die filigran gestochenen Linien derart wuchern, dass Landschaftsräume entstehen, die an Urwälder im Jura oder an bewaldete Flusslandschaften erinnern. Jedenfalls sind es tiefe Räume, in denen sich der Blick verlieren kann. Dabei ist das Spiel von Licht und Schatten von einer Raffinesse, die zwischen Abstraktion und Gegenständlichkeit flottiert. So ergibt sich ein „all over“, das die Grenzen des Bildes zu sprengen scheint.

Remy Zaugg

Courgenay Basel

1943 – 2005

L’artista concettuale Remy Zaugg si esprime attraverso dipinti, serigrafie e disegni. Zaugg si è formato da autodidatta, dopo aver conseguito la maturità a Porrentruy dopo aver frequentato per un breve periodo la Kunstgewerbeschule di Basilea. Nel 1977 ha partecipato alla Biennale di Parigi, nel 1987 allo Skulptur Projekte Münster e nel 1990 alla Biennale di Sidney. Nel 1991 ha collaborato all’organizzazione dell’esposizione dedicata ad Alberto Giacometti presso il Musée d’Art Moderne de la ville de Paris in collaborazione con gli architetti Herzog & de Meuron. Zaugg è considerato un vero e proprio artistafilosofo. Nella sua opera riflette sulle condizioni della percezione, fino ad elaborare concetti per i musei d’arte. È un artista che s’interroga in modo radicale, riducendo al minimo le proprie domande e traducendole in modo altrettanto minimale sul piano linguistico nelle sue opere pittoriche. Ad esempio non è possibile rispondere alla sua domanda relativa al dissolvimento del bianco se non con altre domande: che cos’è, se non è più bianco? Se è meno del bianco? Se non è nulla o se rappresenta il nulla?

Malerei, Serigrafie, Zeichnung, Konzeptkunst, Wahrnehmungstheorie. Matura in Porrentruy, kurzer Besuch an der Allgemeinen Gewerbeschule in Basel, dann Autodidakt. 1977 Teilnahme an der Biennale Paris, 1987 Skulptur-Projekte Münster, 1990 Biennale Sidney. 1991 Organisation der Alberto Giacometti-Ausstellung im Musée d’art moderne de la ville de Paris. Zusammenarbeit mit den Architekten Herzog & de Meuron. Zaugg gilt als eigentlicher Künstler-Philosoph. In seinem Werk reflektiert er die Bedingungen der Wahrnehmung, bis hin zu Konzepten für Kunstmuseen. Er ist ein radikal Fragender, der seine Fragen auf das Minimum reduziert – und entsprechend in seiner Malerei reduziert und sprachlich umsetzt. So ist etwa die Frage, wann das Weiss weggehe, kaum zu beantworten. Oder nur mit einer weiteren Frage: Was ist, wenn kein Weiss mehr ist? Wenn weniger als Weiss ist? Wenn nichts oder das Nichts ist?


81

81

80

Ohne Titel 2005 Linoleografia su carta giapponese Linolschnitt auf Japanpapier 100×75 cm Ed. 12/18 Inv. 2554/2009

Ohne Titel 2005 Linoleografia su carta giapponese Linolschnitt auf Japanpapier 100×75 cm Ed. 10/18 Inv. 2555/2009

Ohne Titel 2006 Linoleografia su carta giapponese Linolschnitt auf Japanpapier 75×100 cm Ed. 11/15 Inv. 2556/2009

101

101

Quand fondra la neige où ira le blanc 2002 Serigrafia su carta Siebdruck auf Papier 60×48,5 cm Ed. 9/10 Inv. 2428/2005

Quand fondra la neige où ira le blanc 2002 Serigrafia su carta Siebdruck auf Papier 60×48,5 cm Ed. 9/15 Inv. 2429/2005

Ohne Titel 2007 Linoleografia su carta giapponese Linolschnitt auf Japanpapier 75×100 cm Ed. 6/15 Inv. 2557/2009


286–287 Martin Ziegelmüller

Graben

1935

Martin Ziegelmüller ha preso lezioni di pittura da Cuno Amiet mentre svolgeva l’apprendistato come disegnatore edile. Nel 1955 si è iscritto all’Académie André Lhote a Parigi. Il suo interesse si è subito focalizzato sui paesaggi e sui ritratti, mentre sperimentava diverse tecniche di stampa. Nel 1958 ha ottenuto la borsa di studio Louise Aeschlimann e un anno dopo la Borsa Federale delle Belle Arti. La Città di Bienne gli ha conferito il premio culturale nel 1994. I rapporti fra essere umano, macchina e natura costituiscono il nodo tematico dei suoi dipinti a olio, dei suoi disegni e delle acqueforti che traducono la sua critica della civilizzazione e il suo impegno per la natura. La spontaneità dell’espressione, che caratterizzava gli acquerelli dei primi anni ottanta, si è trasferita anche nella pittura a olio, mentre i suoi dipinti diventano sempre più bidimensionali ed espressivi.

Während seiner Bauzeichnerlehre erhält Martin Ziegelmüller Malunterricht von Cuno Amiet. 1955 Besuch der Pariser Académie André Lhote. Sein Interesse gilt der Landschafts- und Porträtmalerei, und er setzt sich mit verschiedenen Drucktechniken auseinander. 1958 Louise-Aeschlimann-Stipendium; ein Jahr später Eidgenössisches Kunststipendium. Die Stadt Biel zeichnet Ziegelmüller 1994 mit dem Kulturpreis aus. Die Beziehung zwischen Mensch, Maschine und Natur bilden einen thematischen Schwerpunkt seiner Ölgemälde, Zeichnungen und Radierungen, die seine Zivilisationskritik und sein grosses Engagement für die Natur belegen. Die Spontaneität des Ausdrucks, die den Aquarellen zu Beginn der achtziger Jahre eigen ist, setzt sich in Ziegelmüllers Ölmalerei durch. Die Gemälde werden flächiger und expressiver.

Beat Zoderer

Zürich

1955

Beat Zoderer realizza sculture, oggetti, disegni e film. Dal 1971 al 1974 ha svolto un apprendistato come disegnatore edile a Baden, e un tirocinio in uno studio di architettura. Fra il 1978 e il 1981 ha viaggiato in Asia e soprattutto in India. Nel 1987 e nel 1988 ha soggiornato negli atelier della Città di Zurigo a Genova e New York. Vive e lavora a Wettingen nel canton Argovia. Zoderer non smette mai di stupire con la sua alternanza tra il rigore della forma e il gioco leggero, ma estremamente preciso, dei materiali. Formalmente il suo lavoro sembra attingere all’arte concreta, anche se ne rifiuta la rigidità. Questo aspetto è testimoniato dal fatto che per le sue installazioni, i suoi oggetti e i suoi collage, Zoderer impiega materiali di recupero come assi, lamiere, ma anche strisce adesive, custodie trasparenti o gommapiuma. In questo modo non solo la funzionalità, ma anche la bellezza degli oggetti viene messa in discussione.

Objektkunst, Plastik, Zeichnung, Film. 1971 bis 1974 Lehre als Bauzeichner in Baden, Volontariat in einem Architekturbüro. Zwischen 1978 und 1981 Reisen in Asien, vor allem nach Indien. 1987 und 1988 Atelierstipendien der Stadt Zürich für Genua und New York. Er lebt und arbeitet in Wettingen (AG). Zoderer überrascht immer wieder durch den Wechsel von strenger Form und dem lockeren, sehr präzise eingesetzten Spiel mit den Materialien. Formal scheint er auf die Konkrete Kunst zurückzugreifen, verweigert sich aber deren Strenge. Das ist durch die Verwendung der Materialien bestimmt: Zoderer setzt für seine Installationen, Objekte und Collagen Abfallmaterialien wie Bretter, Bleche, aber auch Klebestreifen, Sichthüllen oder Schaumstoffe ein. Der schöne Schein wird dabei ebenso in Frage gestellt wie die klare Funktion der Dinge.


Biel 2006/2007 Olio su cotone Öl auf Baumwolle 70×120 cm Inv. 2621/2011

Arabeske N° 2 2007 PVC in strisce PVC in Streifen Ø 47 cm ca. Inv. 2513/2008

Arabeske N° 30 2007 Cartone a nido d’ape Wabenkarton Ø 47 cm ca. Inv. 2514/2008

Arabeske N° 32 2007 Cartone forato Karton, eingeschnitten Ø 47 cm ca. Inv. 2515/2008


288–289 Markus Zürcher

Herisau

1946

L’ambito di azione di Markus Zücher spazia dal disegno, ai dipinti e alla grafica, alle installazioni e alla pittura murale. Dopo una prima formazione come decoratore di vetrine a San Gallo, si trasferisce a Berna dove lavora come scenografo. Dal 1971 al 1976 ha studiato presso la Kunstakademie di Stoccarda e successivamente alla Gesamthochschule di Kassel. Vive e lavora a Berna. Markus Zürcher è un artista radicale che non accetta compromessi, sperimentando i materiali e le forme più diverse, ma sempre in modo concettuale e minimalista. In occasione di una mostra alla Kunsthalle di Berna, ad esempio, ha usato la polvere raccolta dalle sale, come pigmento grigio per un dipinto murale. In un’altra occasione ha creato una serie di decorazioni versando sulla carta del colore per acquerello con movimenti ritmici.

Zeichnung, Malerei, Grafik, Installation, Wandgestaltung. Erstausbildung als Schaufensterdekorateur in St. Gallen, Umzug nach Bern, Arbeit als Bühnenbildner, 1971 bis 1976 Studium an der Kunstakademie Stuttgart, dann an der Gesamthochschule Kassel. Zürcher lebt und arbeitet in Bern. Zürcher ist ein radikaler, kompromissloser Künstler, der mit verschiedensten Materialien und Formen experimentiert, immer aber konzeptionell und minimalistisch arbeitet. So verwendete er einmal in der Kunsthalle Bern den dort vorgefundenen und zusammengewischten Staub als grautöniges Pigment für eine Wandmalerei, ein anderes Mal schuf er eine Serie von Fliessornamenten, indem er mit rhythmischen Bewegungen die Aquarellfarbe auf das Papier goss.


Ohne Titel, blau 2007 Acquerello su carta fatta a mano Aquarell auf Büttenpapier 150×100 cm Inv. 2631/2011

Ohne Titel, rot 2007 Acquerello su carta fatta a mano Aquarell auf Büttenpapier 150×100 cm Inv. 2632/2011

Ohne Titel, grün 2004 Acquerello su carta fatta a mano Aquarell auf Büttenpapier 150×100 cm Inv. 2633/2011


290–291 Véronique Zussau

Paris (F)

1962

Véronique Zussau realizza sculture, video, installazioni e fotografie. Dal 1980 al 1985 ha studiato all’École Supérieure d’Arts Visuels di Ginevra e nel 2003–2004 è stata artist in residence a Praga. Attualmente vive e lavora a Berna. Véronique Zussau gioca con le allusioni. Le sue opere non occupano lo spazio bensì aprono spazi, mettendo in relazione elementi inattesi in modo imprevedibile. Nelle sue opere, i vuoti collocati con precisione e la presenza dell’ignoto e dell’inatteso risvegliano necessariamente la curiosità. Si creano così storie per lo più silenziose e lente che potrebbero tuttavia svilupparsi in modo completamente diverso. Sono opere oniriche, addirittura surreali che si sottraggono a qualsiasi interpretazione, perché non c’è alcuna univocità. L’artista non fa affermazioni, ma crea possibilità: potenziali favole.

Objektkunst, Plastik, Video, Installation, Fotografie. Geboren 1962 in Paris. 1980 bis 1985 Studium an der École Supérieure d’Arts Visuels, Genf. 2003–2004 Atelierstipendium in Prag. Lebt und arbeitet in Bern. Zussau spielt mit Andeutungen. Ihre Werke besetzen nicht den Raum. Sie öffnen Räume, indem sie auf unerwartete Weise unerwartete Dinge in Beziehung setzen. Die präzise gesetzten Leerstellen, das Unbekannte und Unerwartete wecken notwendigerweise die Neugierde. Meist entstehen dadurch leise und langsame Geschichten, die aber auch ganz anders verlaufen könnten. Sie sind meist traumartig, ja geradezu surreal. Und sie entziehen sich immer wieder, weil es keine Eindeutigkeiten gibt. Die Künstlerin stellt keine Behauptungen auf, sondern schafft Möglichkeiten: potenzielle Fabeln.


115 Ohne Titel 2001 Fotografia a colori su carta Farbfotografie auf Papier 119×129 cm Inv. 2351/2002

Les yeux au ciel 2006 Fotografia a colori su carta Farbfotografie auf Papier 152×114 cm Inv. 2478/2006

Strange Fruits 2003 Fotografia a colori su carta Farbfotografie auf Papier 125×90 cm Inv. 2476/2006


Immagini in copertina Umschlagsabbildungen Albrecht Schnider Ohne Titel 1999 Olio su tela Öl auf Leinwand 215×152 cm Dettagli Ausschnitte e/und Balthasar Burkhard Rio Negro 2002 Fotografia su carta baritata su alluminio Fotografie auf Barytpapier auf Aluminium 125×250 cm




Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.