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Il dibattito sulle leggi sull’ aborto in Polonia Consenso o libertà?

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Il 22 ottobre la Corte Costituzionale polacca ha dichiarato illegale l’ aborto in caso di malformazioni del feto. Tale restrizione ha causato manifestazioni di protesta nel paese, da anni guidato da una politica conservatrice.

Francesca Salviato, IIG

l 22 ottobre scorso la Corte Costituzionale polacca ha dichiarato illegale l’aborto in caso di gravi malformazioni del feto. La restrizione dell’accesso all’aborto, il quale è ora permesso solo allo scopo di preservare la vita della madre ed in caso di stupro, e che già precedentemente spingeva molte donne polacche a praticare l’aborto in maniera clandestina oppure andando all’estero, in paesi come la Germania e la Repubblica Ceca, ha causato ingenti proteste in tutto il paese, i cui manifestanti chiedono non solo una ritira della sentenza della Corte Costituzionale, ma anche una serie di cambiamenti nelle istituzioni polacche, paese che da anni presenta una politica nettamente conservatrice. Le motivazioni storiche per capire quanto sta coinvolgendo la politica e la società polacca oggi, è facilmente riscontrabile nel 1989, con la caduta del muro di Berlino; iniziò qui, infatti, il rapido processo che portò alla dissoluzione dell’unione sovietica e alla caduta dei regimi comunisti pro-sovietici nei Paesi del Patto di Varsavia, tra i quali rientrava anche la Polonia. Il paese tenne le sue prime elezioni democratiche dopo decenni di oppressione da parte di regimi autoritari, prima quello nazista e poi quello comunista. La Polonia infatti si è sempre dimostrata, nel corso della sua travagliata storia, centro delle mire espansionistiche dei suoi vicini, in particolare delle ambizioni di Russia, Germania ed Austria, le tre potenze che nel corso del XVIII secolo si divisero l’allora Confederazione polacco-lituana. La Polonia scomparse quindi come entità politica per circa 120 anni, fino al 1918, anno nel quale dichiarò la propria indipendenza a seguito della sconfitta degli Imperi Centrali nella Prima guerra mondiale. La nuova repubblica polacca

ebbe vita breve, poiché nel 1939 la Polonia fu invasa dalla Germania nazista e fu spartita con l’Unione Sovietica tramite il Patto Molotov-Ribbentrop. Dopo la seconda guerra mondiale, la Polonia si trovò sotto la sfera di influenza sovietica e con una dittatura comunista filo-sovietica come negli altri paesi del Patto di Varsavia, situazione che si protrasse fino al 1989. A causa, dunque, della precaria e transitoria storia polacca come entità politica indipendente, il popolo polacco trovò nel tempo una forza unificante non nello stato, instabile e vittima di condizionamenti stranieri, ma nella religione cattolica. Fu infatti la chiesa cattolica che, nel corso della storia, andò a ricoprire un simbolo di unità e identità per tutti i polacchi come popolo e come nazione, anche quando la nazione non esisteva come entità politica. Un esempio è riscontrabile durante il regime comunista, il quale ottenne sempre una forte opposizione nel corso del suo governo, suscitata molto spesso dalla classe ecclesiastica. In conseguenza a questo, oggi, circa il 93% dei polacchi si dichiara cattolico. Nel corso dei primi due decenni dalla caduta del regime comunista, la Polonia subì un rapido processo di modernizzazione e di sviluppo economico, nonché intraprese un processo di avvicinamento al blocco atlantico, entrando prima nella NATO nel 1999 e successivamente nell’Unione Europea nel 2004. Negli ultimi anni, però, la Polonia, a seguito di diverse crisi come la crisi finanziaria del 2008, la crisi del debito sovrano europeo del 2011 e la crisi dei rifugiati del 2015, hanno fatto sì che in Polonia sia salito al potere il partito di estrema destra Diritto e Giustizia, abbreviato in PiS dal suo nome polacco “Prawo i Sprawiedliwość”, guidato da Jaroslaw Kaczynski. Durante gli anni di potere, PiS ha infatti introdotto una serie di riforme per ciò che concerne il sistema della giustizia, andando ad inficiare pesantemente all’indipendenza del sistema giudiziario, ponendolo sotto uno stretto controllo governativo, andando ad invalidare in questo modo i giudici in opposizione al governo e alle sue riforme. Questa riforma della giustizia ha da allora messo alle strette il governo polacco all’interno dell’UE, poiché i paesi membri ritengono queste riforme una violazione dei trattati in vigore all’interno dell’Unione, ma anche all’interno della stessa Polonia poiché, insieme alle affermazioni xenofobe, omofobe e sessiste degli esponenti di PiS, idee spesso giustificate attraverso la religione ma che vengono frequentemente condivise da parte della popolazione, in particolare dalle frange ipercattoliche e conservatrici del paese, hanno fatto sì che si sia creata una situazione in cui molti polacchi

sentono necessità di un cambio di direzione rispetto a quello intrapreso dal governo, sentendosi non rappresentati dall’attuale partito in carica. Non giunge quindi inaspettata l’ultima decisione della corte costituzionale di abolire l’aborto in caso di gravi malformazioni del feto, aumentando considerevolmente le limitazioni di una delle giurisdizioni più restrittive in Europa per ciò che riguarda l’interruzione di gravidanza, sia stata causa di manifestazioni così ad ampio raggio organizzate non solo dai movimenti femministi, ma anche da studenti, organizzazioni per i diritti LGBT+, agricoltori, tassisti, conducenti di mezzi pubblici e gran parte della cosiddetta società civile, i quali ormai non chiedono più solamente la revoca della sentenza della Corte Costituzionale, ma reclamano sempre più diritti. Queste manifestazioni hanno messo all’angolo il governo polacco, ponendolo in una posizione in cui deve decidere se cedere alle domande dei manifestanti, causando in questo modo una grande perdita di consensi tra i cattolici ultraconservatori che sono alla base dell’elettorato del partito e che sono una parte importante degli elettori, o quello di restare saldo alle proprie decisioni, inimicandosi i manifestanti e andando incontro a possibili ripercussioni da parte dell’Unione Europea, da tempo preoccupata per gli avvenimenti all’interno del paese e dalle decisioni del governo centrale.

-Le richieste dei manifestanti in Polonia –Ciò che sta succedendo in Polonia è una situazione molto complessa che, per quanto evidente risultato della politica e della mentalità di un paese storicamente problematico e incline ad una religiosità che può essere considerata come estremista e fanatica, è anche una violazione dei diritti umani, violazione che è da tempo attuata e che ha trovato nell'ultima sentenza della Corte costituzionale un punto di rottura tra il popolo polacco stesso. Per questo tali avvenimenti non dovrebbero essere guardati con indifferenza poiché, mettendo da parte visioni politiche e religiose, esse riguardano un argomento più ampio di quello che appare, e che se passasse inosservato potrebbe essere un pericoloso precedente non solo nella storia polacca, ma anche in quella europea.