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L’amore tra atopia, unità e divisione pag

“Amare significa dare quel che non si ha ” L’amore tra atopia, unità e divisione

Parlare d’ amore è sempre un azzardo, soprattutto in questo periodo. Fin dai tempi di Socrate, questo sentimento è stato oggetto di dibattito da parte di filosofi e letterati: ma voi lo sapete cosa vuol dire “ atopia ”?

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Alberto Penzo Doria, ex studente

sempre più difficile parlare d’amore, e come dice Roland Barthes, il discorso amoroso è oggi “d’una estrema solitudine”: parlato da molti ma sostenuto da nessuno. L’atopia, la “malattia di Socrate”, è uno dei temi di cui parla Umberto Galimberti, filosofo, psicoanalista e accademico italiano, traendo spunto dal Simposio di Platone. In cammino con Aristodemo verso il convito di Agatone, Socrate, sentendosi dominare da una strana forza che lo pervade, si mette in disparte e rimane per un po’ in piedi immobile. Platone non ci dice precisamente che cosa faccia Socrate, la chiama atopia e si limita a descriverla solamente come una sua abitudine. Cos’è questa atopia? La potremmo tradurre con il termine “dis-locazione”(à-topos). Qual è la relazione con l’amore? Ebbene, secondo Galimberti, per entrare nelle cose d’amore vi è una dislocazione del nostro “Io” dalla ragione e da sé stesso, in quanto l’amore incrina, mette in crisi il nostro “Io”. Quando siamo innamorati siamo fuori dal luogo della ragione, anzi, da ogni luogo. Sempre nel Simposio, Platone parte dalla genesi stessa di Eros per rintracciare il suo fondamento. Si narra, a differenza della mitologia tradizionale, che sia figlio di Penìa (povertà) e di Pòros (via, passaggio, mezzo per passare), la cui combinazione, a detta di Galimberti, è il farsi strada della mancanza. Eros è per metà Dio e per metà uomo, è un demone che si fa interprete tra la ragione dell’uomo e lo scenario folle degli Dei, è quindi una connessione tra umano e divino. Parlando sempre di Platone, tutti conoscono il mito dell’Androgino, che troviamo nel discorso di Aristofane. In un primo tempo sarebbero esistiti esseri androgini, che possedevano entrambi i sessi. La loro arroganza li spinse a sfidare la potenza degli Dei, perciò Zeus intervenne tagliando in due ciascuno di

loro; le metà separate soffrivano, andando alla ricerca della parte perduta. Tuttavia l’antiplatonico Philip Roth sostiene che l’amore sfugga radicalmente a questo scenario, in quanto esso esaspera la divisione, ti spezza: è il contrario di una unione, anzi, una spaccatura. “L’amore ti spezza,- dice Roth - tu sei intero, e poi ti apri in due”. Un’ultima interpretazione dell’atopia ce la dà Roland Barth nel bellissimo libro “Frammenti di un discorso amoroso”. Per Barthes l’atopos è l’amato: “L’altro che io amo e che mi affascina è atopos. Io non posso classificarlo poiché egli è precisamente l’Unico”. Citando questa frase, mi viene in mente Massimo Recalcati, psicoanalista italiano, quando dice che l’amore non è amore di una sola parte, di una qualità, di una parte del corpo, ma di tutto dell’altro, soprattutto dei dettagli, delle imperfezioni. Vorrei coronare queste riflessioni con una delle più belle definizioni, quasi paradossale, che Jacques Lacan dà dell’amore: “Amare significa dare quello che non si ha”.