ECÒL Il quartiere visionario
Specchio della memoria storica industriale Pratese, luogo di molteplici stratificazioni economiche e sociali e oggi rappresentazione quotidiana di un modello di vita geograficamente lontano, il ML0 rappresenta l’eterotopia [1] urbanistica per eccellenza. Difficile infatti stabilire i confini precisi temporali e culturali all’interno di un quartiere che voracemente occupa il passato e spinge verso una continua ibridazione e trasformazione futura dei suoi spazi. Immagine di una Cina contemporanea nella struttura di una Prato passata, Il Macrolotto 0 è un karaoke cinese dentro un capannone di Pier Luigi Nervi. Nonostante oggi venga spesso percepito come “luogo altro” rispetto alla sua stessa città di appartenenza, il Macrolotto 0, rappresenta forse uno dei quartieri più significativi per la storia ed evoluzione di Prato ed è quindi importante ricordarne brevemente la nascita, così come alcune trasformazioni chiave, che ne hanno determinato la forma con la quale si presenta a noi oggi. Alle sue origini, dunque, il quartiere prende vita attraverso i primi insediamenti industriali costruiti a cavallo tra il XIX e il XX secolo a pochi passi dal centro storico della città. In seguito, durante gli anni del boom economico, si assiste a un periodo di crescita incontrollata ed è soprattutto in questo momento, di corsa all’occupazione del suolo, che prende forma. Il risultato è quello di un quartiere denso, costruito su iniziativa privata, un mare di case e capannoni che si fondono in un unico scenario che elude del tutto l’ubiqua immagine di città storica italiana. Possiamo quindi già iniziare a leggere in queste evoluzioni alcune di quelle che rappresentano le caratteristiche che concorrono a rendere il Macrolotto 0 unico nel suo genere: in primo luogo, la prossimità fisica con il centro storico, condizione generalmente atipica per il sorgere di un quartiere industriale, segue il suo indice di copertura, caratterizzato da un elevatissimo rapporto di copertura, e infine la creazione al suo interno di un nuovo modello di vita intrinsecamente legata al lavoro, in gergo definita uscio e bottega. Muovendosi avanti nel tempo, durante gli anni ’80 Il sistema produttivo della città cambia radicalmente e si va incontro ad un progressivo abbandono della micro-
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impresa. Il quartiere si svuota pian piano a favore delle lottizzazioni industriali del Macrolotto 1 e 2, pianificate ed equipaggiate delle infrastrutture necessarie alla media e grande industria. Parallelamente, si svilupperà un intenso fenomeno di immigrazione, che trasformerà il quartiere in una delle principali Chinatown d’Europa e che vedrà la comunità cinese a capo di uno dei distretti del pronto moda più grandi del vecchio continente. È così che da questo momento in poi, scala locale e scala globale concorrono a creare un luogo capace di incorporare numerosi temi spaziali, sociali ed economici; in parte stratificati, in parte in continua evoluzione. Ed è in questo contesto – arricchito dalla produzione teorica di Bernardo Secchi [2] – che il Macrolotto 0 diviene oggetto di numerose speculazioni urbanistiche, architettoniche e antropologiche, argomento di innumerevoli tesi e corsi universitari. Luogo di contraddizioni, tra la sua forma e il suo utilizzo, tra i suoi abitanti e i suoi proprietari, tra la sua dinamicità e mancanza di spazio pubblico, il quartiere rappresenta un perfetto campo per la sperimentazione architettonica e urbanistica. Si può dunque guardare al Macrolotto 0 come ad uno dei primi quartieri laboratorio all’interno della già città laboratorio di Prato. Negli ultimi anni infatti l’interesse verso il Macrolotto 0 ha toccato non solo università e ricerca italiana, ma ha attirato a sè accademici e studenti da tutte le parti del mondo dall’America alla Cina, ampliando così il suo campo di progettazione a esperienze extraterritoriali e creando visioni sempre più culturalmente ricche di nuove idee di città. Ci si chiede dunque quale sia la ragione di tanto interesse verso un quartiere relativamente piccolo, all’interno di una città relativamente conosciuta a livello mondiale. Difficile da dire, ma il fenomeno della sua popolarità ci parla di per sé della capacità del quartiere di incuriosire e stimolare il dibattito. I temi di studio e di ricerca che questo offre sono difatti infiniti e spesso in linea con tematiche contemporanee appartenenti ad una scala globale: si pensi al potentissimo fenomeno di commercializzazione dell’arteria principale del quartiere, Via Pistoiese, ad oggi diventata una piccola strip commerciale; così come al tema del riuso, fortemente sentito in tutta la città di Prato, ma qui facilmente immaginato attraverso la riprogettazione di grandi spazi