Dedito | Manfredi Sottani

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manfredi sottani

Dedito I saperi taciti tra territorio fisico e spazio digitale



tesi | architettura design territorio


Il presente volume è la sintesi della tesi di laurea a cui è stata attribuita la dignità di pubblicazione. “Per il controllo degli strumenti utilizzati, per l’articolazione dei contenuti e l’innovazione del linguaggio grafico”. Commissione: Proff. G. Lotti, S. Cerri, E. Cianfanelli, D. Giorgi, G. Alfarano, A. Mecacci, M. Fioravanti

Ringraziamenti A un territorio vissuto, anche solo nei ricordi, nella voce delle persone, nei tramonti. A me e a mio nonno Giuliano, guida ignara di questo percorso. Alla mia famiglia, chi c’è e chi non c’è più. Al Prof. Giuseppe Lotti e alla Prof.ssa Susanna Cerri per il loro concreto contributo. Agli Amici. A Vanessa, sopra a tutto.

in copertina Lettera D, type design a cura dell’autore derivante dall’immagine coordinata del progetto di tesi.

progetto grafico

didacommunicationlab Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Federica Giulivo Susanna Cerri

didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 © 2023 ISBN 978-88-3338-203-6

Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset


manfredi sottani

Dedito I saperi taciti tra territorio fisico e spazio digitale

L’identità e l’immagine dei luoghi che abitiamo sono estensioni dell’identità e dell’immagine di noi stessi. (Simon Anholt, 2007)



Presentazione

pagina precedente Mappa d’atlante, Piana fiorentina, Francesco Vallardi, 1895

La competitività dei territori è sempre più legata alla capacità di attivare network territoriali aperti al mondo. Il coinvolgimento dei diversi attori dello sviluppo locale appare una sfida irrinunciabile per il modello del Made in Italy. Imprese piccole medie e grandi, di settori produttivi diversi, devono collaborare attivando processi di cross fertilisation. Per produttivi che devono svolgersi in sintonia con i territori, sviluppando un mix equilibrato. Fondamentale appare un approccio interdisciplinare in grado di garantire una risposta articolata come richiesta dalla complessità del reale. Un ruolo centrale è svolto dalle figure del progetto, in grado di innescare i processi sopra descritti, attivando sinergie impensabili, definendo scenari di innovazione in grado di anticipare le richieste della società e del mercato, dare forma ai diversi contributi. Una creatività che, sempre più spesso, si esprime in forme differenti, proviene dal basso, in ottica di open design, si carica di nuovi significati. Il tutto mosso da motivazioni non solo di carattere economico ma attenti alla sostenibilità ambientale e socio-culturale delle nostre azioni. Il lavoro di Manfredi Sottani, ci parla di tutto questo, con la forza dell’analisi e della proposta progettuale nel campo del design dei servizi, del design della comunicazione e del prodotto. Tracciando una mappa delle produzioni toscane, dei diversi attori coinvolti, delle loro molteplici competenze, come stimolo ad attivare sinergie virtuose e produrre innovazione. La speranza è che il lavoro abbia ricadute concrete, si faccia servizio concreto, coinvolga gli attori di riferimento, aiutando le nostre imprese e più in generale il nostro territorio a crescere con equilibrio.

Giuseppe Lotti Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze

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Il designer, gli artigiani, la rete



Il ruolo del designer

pagina precedente Elaborazione grafica sulla figura del designer a cura dell’autore

Il locale deve essere profondamente ripensato nei tempi correnti, al tempo stesso di globalizzazione e di vernacolismo [..] Se è vero che il radicamento rappresenta una condizione essenziale affinchè questi saperi possano essere riprodotti e ricondotti alla creatività passata, è altrettanto vero che l’ibridazione è un passaggio ineluttabile per conferire ai sistemi locali artigiani vitalità e competitività e che questa ibridazione è sicuramente tecnologica e stilistica, ma anche geografica [..] Le possibilità di conservare il radicamento nelle proprie tradizioni e nel proprio territorio passa necessariamente attraverso il confronto con l’alterità che di volta in volta assume le sembianze dell’industria, del design e dell’altrove (P. Giaccaria, 2008)

Un’evoluzione storica La figura del designer nasce con l’inizio dell’industrializzazione, prima esisteva il prodotto artigianale, ovvero un artefatto progettato per rispondere ad una specifica mansione, che veniva realizzato completamente a mano e perciò con tempi lunghi di realizzazione. Invece il ‘prodotto industriale’ non era molto costoso e risolveva in modo più rapido i problemi e le richieste della clientela. Tutto questo ebbe inizio nel 1851 alla prima Esposizione Universale nel Crystal Palace di Joseph Paxton. Fù una grande fiera mondiale dove tutti i produttori presentarono i propri oggetti e invenzioni. È da questo momento che il designer iniziò a curare l’estetica del prodotto cercando di creare nuovi stili appropriati al gusto dell’epoca; si occupa anche della sua comunicazione, ovvero la pubblicità, il modo più efficace per far conoscere il nuovo prodotto su larga scala. Un nuovo metodo e una nuova professione iniziano ad essere insegnate a Weimar presso il Bauhaus, la prima scuola di Design fondata nel 1919, dove si inizano a sperimentare materiali e tecniche di lavorazione e il designer

ha la possibilità di risolvere i problemi che la società gli pone con professionalità e dedizione. Da questo momento in poi , la figura del designer ha continuato ad evolversi. Si arriva così ai primi anni duemila, dove al designer veniva affidato il compito di interpretare le esigenze del suo committente, studiando la forma che meglio potesse rispettare la funzione dell’oggetto, le logiche produttive dell’azienda, le tempistiche del mercato. Inoltre, comincia ad assumere un ruolo centrale nell’evoluzione della professione lo studio e la progettazione del marchio. Diventa importante studiare i valori dell’azienda e dei suoi prodotti, il target di riferimento, il posizionamento sul mercato. Dalla sola ipotesi della forma e del materiale del prodotto, si comincia a sviluppare nella progettazione anche una modalità di promozione, tramite il sistema della grafica pubblicitaria. Il designer diviene dunque un lavoro sempre più articolato e complesso che, ancora oggi, è in continuo sviluppo e non smette di allargare i suoi orizzonti.

Un nuovo contesto La società stessa, dal basso, pare esprimere una evoluta capacità di innovazione secondo l’ormai celebre assioma che, in un mondo in continua trasformazione, ‘everyone designs’ (Manzini, 2015). L’innovazione sociale, nell’estrema varietà delle forme in cui si manifesta, si esprime in azioni caratterizzate dall’origine bottom up; queste, sviluppandosi ai margini più che al centro, utilizzano al meglio le risorse fisiche e sociali esistenti, rendendo i sistemi più efficienti sul piano ambientale e più coesi su quello sociale, promuovendo i beni comuni e un’idea di benessere attivo; sono basate, infine, su reti collaborative e utilizzano prioritariamente le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per una situazione di offerta di innovazione multipla (Manzini, 2015). Bisogna prendere atto che è una trasformazione storica, il design cresce come qualità e si presenta in nuovi ambiti.


Andrea Branzi afferma che esistono tre generazioni di designer: la prima è quella dei Maestri -da Giò Ponti a Mario Bellini- i fondatori del design italiano, ovvero designer e imprenditori; la seconda è quella che nasce dalle sperimentazione e dalle avanguardie passate, come gruppo Memphis e Domus Academy; la terza che definisce ‘generazione di mezzo’, è quella che va da Alberto Meda a Sfefano Giovannoni, fino ad arrivare ai progettisti contemporanei. Tutte e tre condividono l’idea che il design non è solo il Made in Italy, ma è una cultura espressiva che risponde a domande precise della società attraverso la creatività. Data la conformazione industriale italiana, caratterizzata da piccole e medie imprese, il design assume la sua vera definizione, ovvero un ibrido tra cultura del progetto e industria. La struttura educativa di scuole e istituti, ha permesso la formazione di designer, i cui ambiti di progettazione sono variegati e eterogenei. Non è strano trovarsi a progettare nuove forme di mobilità alternative individuali e/o collettive, modelli residenziali e di vicinato che si adattano alla realtà attuale delle famiglie, sistemi di progettazione territoriale per promuovere connesioni e così via. Sono tutti esempi che contribuiscono a rafforzare l’affermazione che il ruolo del designer è in continuo mutamento e, oggi più che mai, si trova a relazionarsi con il concetto di sostenibilità ambientale e di innovazione sociale. Tutto questo può essere descritto come un intreccio di attività di co-progettazione, ovvero dove è fondamentale considerare anche nuo-

vi attori e, in sintesi, sviluppare la capacità di tenere insieme la complessità. Si può constatare che in questi ultimi anni la necessità di adottare un nuovoapproccio progettuale, si è molto diffusa e, in questo senso, si può parlare della metodologia del design thinking. Questo è un modello di progettazione utilizzato per rispondere a problemi complessi, per esempio il design dei servizi, che si occupa di ri-progettare molteplici attività sia nel settore pubblico che privato. Nei vari contesti dove si parla di professionalità o di formazione del designer, la lettera T rappresenta un modello interpretativo di come debba operare oggi il design (e il designer). L’asta verticale indica ciò che potremmo chiamare design knowledge, cioè il kit di strumenti e conoscenze speci-

fiche (per esempio l’arredo, la comunicazione, il prodotto industriale, ecc) che ha in dote un designer; mentre l’asta orizzontale rappresenta la capacità di un designer di confrontarsi con più ambiti operativi anche grazie ad una modalità cognitiva, il design thinking appunto, che gli è propria. Un buon designer oggi deve quindi poter conciliare conoscenze verticali e visioni di sistema: rispettivamente l’asse verticale e quello orizzontale di una metaforica T. Il designer all’interno di questo sistema ha la capacità di pre-vedere, vedere e far-vedere. ‘Far-vedere’ è una capacità figurativa, fatta di immagini o disegni, ma anche e soprattutto narrativa. In altre parole, Manzini definisce ‘design esperto’, la disciplina che dispone degli strumenti culturali e pratici che

promuovono e guidano le capacità progettuali degli altri (i ‘non-esperti’). Inoltre, il design ha dovuto adattarsi al nuovo mondo e ora investe non solo sui prodotti, ma anche sui servizi. Dunque, se si approfondisce quale sia la nuova definizione del design del XXI secolo, scopriamo che un design esperto si presenta come un insieme di competenze, sensibilità e strumenti culturali applicabili ad ogni tipo di problema: dalla tradizionale concezione di un prodotto, alla co-creazione di un servizio sociale, alla proposta di nuove forme di rappresentazione democratica. Di conseguenza, l’evento e il servizio non vengono più intesi come semplici mezzi di comunicazione e di gestione del prodotto, ma sono vere e proprie attività connesse al prodotto stesso.


pagina precedente Ritratto di Ezio Manzini, autore sconosciuto, 2019 a lato Elaborazione grafica sull’evoluzione del design a cura dell’autore

design

Prodotto-comunicazione-servizio Il ruolo del progettista è quello di pensare e mettere in pratica tutto il ciclo prodotto-comunicazione-servizio, si occupa di comunicazione, di sviluppo e gestione del servizio abbinato al prodotto, e infine, degli eventi come tramite tra il consumatore e il mercato. Al giorno d’oggi, le fonti di innovazione sono varie e differenti (imprese, centri di ricerca, makers, social innovators, ecc) e, per sviluppare e praticare metodi e strumenti di co-design, è necessario fondere differenti contributi con la capacità di (pre-)vedere il futuro. Parallelamente, il designer deve farsi promotore di progetti di nuove reti territoriali in grado di attuare sinergie tra gli specifici contributi locali, muovendo dall’analisi e dalla valorizzazione del capitale territoriale, dell’identità competitiva dei vari luoghi, del contributo specifico che possono fornire in quanto a modello di sviluppo. Nello scenario contemporaneo, il designer assume il ruolo di filo condutto-

re di legami ormai diradati all’interno del sistema lavorando in sinergia con tutte le espressioni professionali, culturali, artistiche. Se questi operano in un territorio è importante considerare un iter progettuale specifico. Infatti, leggere un territorio vuol dire anche saperlo interpretare, visualizzare, donargli senso e costruire visioni d’insieme per promuovere forme di progettazione partecipata con iniziative praticabili progettando interfacce di servizi per promuovere un’efficace comunicazione all’interno del processo. Il territorio quindi va inteso come un oggetto del design e non solo come contesto del design. Il progetto Dedito si concentra su un territorio specifico e si propone come una chance per trasmettere un’eredità in una realtà dinamica proiettata nel futuro, dove la connessione è virtuale ma tangibile. A questo proposito, è necessario approfondire il concetto di “design 4.0”.

Esso nasce dall’incontro tra creatività e fare artigianale, attraverso la rivoluzione digitale e la rete, al fine di delvalorizzare la conoscenza del territorio basata su risorse e maestranze specifiche. La spinta del design 4.0 può aiutare a vedere i legami deboli e nascosti tra ‘luoghi mentali’, specialistici, esperienziali. Uno ‘strumentario’ progettuale a supporto delle decisioni che definiscono il futuro stimolo per interpretare legami inattesi e generare valore culturale (De Biase, 2016). Il porsi a cerniera tra questi antichi e ricchi saperi specialistici strutturati, non in antitesi ma come catalizzatore di contenuti e sintetizzatore di effetti, fa del design un sapere di grande potenzialità contemporanea, pervasivo ed efficace, relazionante e mutante, e straordinariamente adeguato a pontificare la relazione tra teoria e prassi, tra possibile e realizzabile (F. Celaschi, 2008)



Saperi taciti

pagina precedente Elaborazione grafica dei saperi taciti locali a cura dell’autore

Questo sapere non si può racconatare con le parole, si impara a fare delle cose osservando chi le sa fare, è un sapere del fare, di come fare (G. Beccattini, 2015) Modello toscano Il contesto toscano si interpretata come un fenomeno assimilabile ad un modello di produzione artigianale, mai abbandonato, che nel tempo è divenuto uno strumento competitivo e di differenziazione positiva (Arrighetti, Ninni 2014). I sistemi produttivi locali hanno saputo acquisire e generare valore conservando il loro sapere specifico, distintivo e originale, proiettandolo in una logica globale che ne valorizza la differenza. Il valore della tradizione e l’adattabilità delle imprese hanno trovato riscontro in un sistema commerciale che ha permesso lo sviluppo di importanti aree manifatturiere regionali. In una realtà messa a dura prova dalla competizione manifatturiera globale, il valore del gesto artigiano è stato preservato anche grazie a una forte caratterizzazione locale e al legame con quanto rappresenta nel territorio e per il territorio toscano. Da un punto di vista strettamente produttivo la conoscenza tacita è la capacità del costruttore-artigiano che si tramanda(va) di generazione in ge-

nerazione, oralmente e attraverso i gesti e le azioni, in bottega. Gli economisti concordano che la specificità del modello produttivo italiano è sempre stata la centralità delle conoscenze tacite fondata proprio sulle peculiarità locali. Esse hanno agito da serbatoio di significati originali ai quali le imprese hanno saputo attingere ed hanno elaborato creativamente per sostenere la propria competitività a livello nazionale e internazionale (Bettiol, Micelli, 2005). Già con gli anni Novanta del Novecento sono apparsi evidenti i limiti di tale modello e la necessità di innescare un mix tra le due forme di conoscenze. In questo periodo si è avvertita la necessità di amalgamare le conoscenze tacite e locali con altre di carattere inter-culturale e trans-culturale, ciò senza, però, rinunciare a coltivare le proprie differenze originali diverse da quelle disponibili nel sapere globale (Rullani, 2004). Alla base della realtà dei distretti, tipica del sistema produttivo italiano, risiede infatti il concetto di capitale sociale inteso come un insieme di relazioni attive tra le persone nelle quali la fiducia, la comprensione reciproca, valori e comportamenti condivisi mantengono saldamente uniti i membri di una comunità e rendono possibile la cooperazione (Villari, 2013).

In questi luoghi si produce, insieme alla stoffa e al mobile, al vasellame e alla camicietta, un clima speciale, in cui la base tecnica del lavoro si respira nell’aria, le innovazioni, specie le piccole, si trasmettono quasi senza attrito le idee fruttuose trovano orecchie attente e le notizie sui mercati si diffondo rapidamente. È da queste combinazioni di ceppo artigiano con la parte più qualificata tecnicamente della classe operaia che è scaturito il grosso dell’imprenditorialità toscana di questo dopoguerra (G. Beccattini, 2015)

Ciminiere industriali e fiore di Cardo, collage fotografico a cura dell’autore


La Piana fiorentina Con la denominazione di Piana Fiorentina si fa riferimento a quella zona pianeggiante che comprende e circonda le tre provincie toscane di Firenze, Prato e Pistoia. Si tratta di un’area molto grande, che sebbene negli ultimi secoli sia andata incontro ad un rapido e significativo processo di industrializzazione, è riuscita a conservare intatte le sue origini storico culturali. Il radicamento delle professioni ai luoghi è testimoniato dalla storia fin dall’antichità e anche a Firenze non è certo un caso che alcune vie portano il nome di mestieri che in esse venivano praticati: via dei Calzaioli, dei Ramiglianti, dei Pellicciai, dei Tintori, dei Calzolai, dei Beccai. Il radicamento territoriale in quegli anni non scindeva l’atto ideativo (il fare progettuale) da quello realizzativo (il fare delle macchine), fino a cambiare radicalmente in epoca moderna, con cambiamenti produttivi e di relazioni, che hanno portato l’area intorno a Firenze a costituire invece il cuore

pulsante dell’economia della città, dove l’espansione ha portato alla costituzione o all’approfondimento di tanti nuovi luoghi del saper fare. Dove il ‘fare artigianale’ si incontra (e si scontra) con il ‘fare industriale’, il processo progettuale del design elabora specifiche e nuove modalità che consentono di cogliere il valore aggiunto della perizia dell’ esecutore, della preziosità dei materiali, di un patrimonio artistico, immateriale, iconografico , storico presente nei luoghi. Lo sviluppo diffuso dei distretti rappresenta ancora oggi il modello prevalente di economia in alcune aree del paese ‘la terza italia’ (Bartolini, 2015). Il termine specificodi tale modello è ‘sistemi territoriali locali’. Si tratta di un modello industriale in cui la produzione è tutta interna, rappresentante di un’impresa di piccola dimensione. Il valore della produzione è dato dalla trasformazione di materiali e componenti che entrano in uno stabilimento e ne escono trasformati, modificati o

soltanto assemblati, in un prodotto finito pronto per il mercato. Il concetto di distretto industriale fonda le sue radici nel pensiero dell’economista inglese Alfred Marshall quando si parla di distretto industriale si fa riferimento a una entità socio-economica costituita da un’insieme di imprese, facenti parte di uno stesso settore produttivo localizzato in un area circoscritta tra le quali vi è collaborazione ma anche concorrenza. Si parla di uno spazio condiviso da produzione e popolazione, la cui interazione dà fondamento, ad una visione particolare dello sviluppo (Becattini, 1989). Citando ancora Beccattini (1989) “sotto il profilo economico i frutti migliori di questo impasto umano si colgono nell’evidenza solo in certi luoghi della Toscana, nella combinazione di botteghe artigiani ed opifici industriali di Firenze, nell’intreccio di affare e di astuzie della tessile Prato, nella mescolanza di tradizioni, operaie ed artigiana, di Empoli o di Sesto”.

L’attenzione verso le specificità dei luoghi ha un ruolo in continua mutazione dove il design appare centrale, proprio grazie alla capacità di sapere interpretare attivamente una parte dei recenti mutamenti. I luoghi della produzione e il rapporto design-impresa, l’applicazione delle tecnologie digitali a sistemi produttivi manifatturieri, contestualizzato nelle strategie dell’industria 4.0. Gli strumenti dell’approccio design 4.0 operano a supporto delle filiere nei contesti produttivi per aumentarne la competitività sui mercati internazionali individuando, nel contempo, nuovi ambiti e settori d’applicazione per attuare processi d’innovazione e trasferimento tecnologico. Si tratta d’innestare un processo di rivitalizzazione della forza competitiva e della produttività dei settori della manifattura italiana per generare una maggiore integrazione tra designer, produttori e consumatori.


pagina precedente Carta geografica della Piana fiorentina pagina precedente Targhe delle vie di Firenze con nomi dei mestieri che vi si praticavano

O lapidoso letto del bisenzio ove cercai le sìlici focaie vigilato dal triste pedagogo, camminando in disparte ed in silenzio, mentre l’anima come le tue ghiaie faceasi dura a frangere ogni giogo! (G. D’Annunzio, 1903) I fiumi Il territorio della piana deve il suo sviluppo manifatturiero e la sua fortuna al rapporto che per secoli è riuscita a mantenere con i fiumi ed i numerosi corsi d’acqua che l’attraversano. L’Arno, il Bisenzio e l’Ombrone pistoiese si sono dimostrati, sin dai primi antichissimi insediamenti, utili strumenti che, grazie al lavoro di chi ne abitava le sponde, hanno favorito benessere e prosperità. Il fiume Bisenzio, come sottolinea il relativo idronimo, è caratterizzato nel suo percorso da due velocità (bis-entium). Ed è proprio il carattere torrentizio del suo tratto vallivo associato alla portata, la quale lo assimila di più ad un fiume che ad un torrente, il motivo per cui fin dagli inizi del primo millennio è stato visto come un’incredibile fonte di energia disponibile. Così molto spesso, quando l’uomo si insedia nel territorio, si fida e si affida ai corsi d’acqua per la sua sopravvivenza.

Anche la città di Prato già nel medioevo era conosciuta per le sue fabbriche di tessuti lungo il fiume Bisenzio, la cui acqua era indispensabile per lavare la lana e lavorarla, facendo girare le ruote dei mulini, azionava direttamente i macchinari. Grazie proprio alla conformazione naturale della pendenza, questi fiumi permisero l’installazione di un ampio sistema di mulini. E’ così che, per esempio, Prato ha cercato nel riciclo dei tessuti usati, la possibilità di una produzione alternativa più vasta ed economica. La lavorazione della lana richiedeva molta acqua per la pulizia, la tintura e la follatura. Quest’ultima serviva a dare compattezza ai tessuti battendoli, a volte fino a renderli impermeabili, quando ancora non si conosceva la gomma né tantomeno la plastica.

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Le manifatture Dimostrare che anche il più banale dei prodotti può essere un condensato di pensiero (F. La Rocca, 2015)

a lato Fiasco per il vino, oggetto simbolo della tradizione contadina toscana. Con la sua tipica forma tondeggiante in vetro verde unito al rivestimento intrecciato in paglia alla base, esso rappresenta una commistione di materiali tipici della zona che proprio nella loro comprensenza ne fanno un oggetto perfettamente progettato ovvero in grado di rispondere a specifiche necessità.

L’arredo Il territorio è caratterizzato da una presenza storica molto forte nella produzione del mobile imbottito, cui si affianca la produzione tessile. I settori attingono la loro forza da un sapiente connubio tra arte e tecnica. Fra le province toscane, Pistoia presenta il più alto numero di addetti ed aziende attive in questo specifico sottosettore e si presenta quindi con caratteri distintivi nettamente diversi da quelli di altre province mobiliere toscane. Nello specifico, Quarrata è conosciuta come la ‘città del mobile’, tra produzione, commercializzazione e attività di filiera, contava centinaia di aziende nel settore del legno-arredo, cardine del manifatturiero Made in Italy. Storicamente le aziende specializzate nella produzione del mobile sono in gran parte artigiane: la filiera produttiva allargata arriva a comprendere sia i settori a monte, quali l’industria del legno per i mobili e l’edilizia, dei semi-lavorati e dei componenti dell’arredamento, sia i settori a valle della

commercializzazione e della vendita dell’arredamento. La produzione del mobile imbottito è caratterizzata da due strutture produttive: i fustifici e le tappezzerie. Il connubio tra queste due realtà è sinonimo di collaborazione per portare a termine un unico prodotto; è la sintesi delle capacità di un tessuto produttivo tipicamente toscano, dove la cooperazione porta a un superamento della crisi individualistica. Dalla storica tradizione nella produzione del mobile tappezzato, l’evoluzione dei gusti e della produzione dell’arredamento ha contribuito ad un più ampio sviluppo anche in termini geografici di un settore sempre più presente sul territorio. Nonostante l’enorme crisi subita dal distretto più storico di Quarrata, numerose aziende in altre città della Piana hanno investito in questa categoria, riuscendo a contribuire non alla perdita della tradizione, ma ad una traduzione più contemporanea del mobile e del complemento d’arredo, il design.


pagina precedente Collage grafico della manifattura dell’arredo con i tre fiumi della Piana fiorentina

a lato Arketipo Srl, Lavorazioni di una seduta, 2019

Aziende 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 16

Opinion Ciatti Poltronova Tosconova Gallo luci Giovannetti Collezioni Marioni Formitalia AR.T.EX. Poltromot Scamm Bardi New Thinghs Illuminando L’Originale Arketipo Duomo design

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Il cappello Il cappello di paglia di Firenze, conosciuto anche sotto il nome inglese Leghorn (il nome inglese di città di Livorno), è un prodotto dalla tradizione plurisecolare originario di Signa (FI). Si tratta di un cappello di paglia caratterizzato da 40 giri di trecce cucite, ciascuna composta di 13 fili. Le ‘cappotte’, i ‘leghorn’ appunto, e la più classica ‘paglietta’ furono i veri protagonisti della moda del primo e secondo dopoguerra. Un successo, quello del cappello di paglia, che soprattutto nel territorio toscano prese piede già a partire dal 1800 quando la sua produzione diventò la più importante del Granducato. L’intreccio della paglia e dei suoi manufatti, infatti, si sviluppò a Firenze, in particolare a Signa, che divenne il naturale centro di smistamento commerciale del prodotto finito, da esportare poi in tutto il mondo direttamente dal Porto di Livorno. Proprio nel centro fiorentino veniva prodotto un cappello a tredici fili con larga falda detto ‘fioretto’.

I cappelli fiorentini conobbero fama e notorietà diventando un capo d’abbigliamento essenziale nel guardaroba prima femminile e poi maschile. L’identità signese si basa principalmente sullo scambio e l’interazione con la Piana fiorentina. L’evento che segna principalmente la storia e la cultura moderna del paese è sicuramente la lavorazione della paglia. Un prodotto storicamente nostrano e dalla qualità ineguagliabile, l’intreccio delle fibre vegetali è una delle più antiche attività dell’uomo, che ispirandosi alla natura realizzò nel tempo contenitori delle fogge più varie e copricapo per ripararsi dal sole. Nel 1714 a Signa, Domenico Michelacci detto ‘bolognino’, cominciò a coltivare grano marzuolo, dalla spiga piccola con chicchi minuti, per ottenere paglia da intrecciare. Ben presto la richiesta internazionale fu tale da pretendere la specializzazione delle fasi della produzione e dei vari trattamenti della materia, anche l’organizzazione del lavoro

per la manifattura delle trecce e la loro cucitura per farne cappelli fu razionalizzata; furono introdotte macchine di nuova concezione per selezionare il materiale, pressare e poi ammatassare le trecce, realizzare le forme e stirare i cappelli. Gran parte della popolazione signese fu coinvolta nella nuova occupazione e quindi furono destinati alla coltura della paglia da intreccio zone sempre più vaste di territorio. Questa vera e propria rivoluzione industriale precedette quanto si sarebbe poi compiuto oltre la metà del secolo, nei grandi paesi atlantici e nell’Europa continentale; la vendita all’estero della paglia costituì uno dei pochi casi di esportazione di materie prime dall’Italia, da sempre paese di trasformazione di importazioni straniere. Il luogo di fondazione dell’industria moderna della paglia è Signa, ma ad esserne poi profondamente interessata fu anche l’area vastissima che comprende i bacini dell’Ombrone, del Bisenzio, della Pesa e dell’Arno.

Oggi più che in passato le aziende hanno l’obbligo di tutelare i valori storici del proprio brand presentandosi al pubblico con ricettività creativa, artistica e manageriale. Con spirito d’aggregazione a livello territoriale, si è costituito nel maggio del 1986 il Consorzio ‘il Cappello di Firenze’ nell’ambito Sezione Paglia e Cappello dell’Associazione Industriale di Firenze. La sua missione è quella di tutelare la lavorazione artigianale del cappello fiorentino e supportare le aziende nella promozione e commercializzazione dei prodotti sui mercati internazionali.


pagina precedente Collage grafico della manifattura del cappello con i tre fiumi della Piana fiorentina

a lato Filippo Catarzi Srl, forme in metallo per la sagomatura a caldo dei cappelli, 2019

Aziende 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30

Inverni Talli F.lli Tesi Luigi Grevi Mode F.lli Mazzanti Carlo Beghè Marzi Cappelli Santelli Francesca Frasconi Angiolo Alex Cintelli&Galluzzo Filippo Catarzi Trendintex

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La ceramica Sesto Fiorentino fonda la sua economia locale su una mescolanza di tradizioni operaia ed artigiana in un territorio che si presta molto bene alla contaminazione e all’ibridazione fra identità e tradizioni diverse. Basti pensare alla storia della porcellana di doccia che nasce proprio dalla scoperta della ricetta cinese a base di caolino. A Sesto è attestato un impianto con le più antiche fornaci per la cottura della ceramica, ma nonostante il settore di questa lavorazione si leghi solo a questo territorio, vista anche la presenza dell’azienda storica Richard Ginori, le attuali manifatture e piccole imprese artigiane nascono anche dal territorio signese, rivelando ancora una volta il legame e la contaminazione del sapere all’interno della Piana. Fu proprio a Signa che nacque prima il laboratorio di ceramica Manifattura di Signa poi, nel dopo guerra, il Villaggio Scolastico Artigiano la prima for-

ma di scuola artigiana, che potremmo definire come un Bauhaus sui generis, la quale riuniva diverse maestranze per formare i giovani orfani di guerra al mondo del lavoro. Villaggio perché era tutto organizzato come in un piccolo stato democratico, Scolastico perché dava l’istruzione, Artigiano perché i ragazzi ricevevano una preparazione specifica all’artigianato locale. Con tale spirito prenderanno forma riproduzioni di capolavori scultorei e decorativi d’ogni tempo: dalla statuaria etrusca a quella greca, dalla romana alla rinascimentale, dai vasi moreschi fino alle creazioni liberty. Purtroppo dopo la distruzione della manifattura e la chiusura definitiva del Villaggio SWcolastico, sono andati persi i calchi in gesso della gipsoteca e l’archivio storico della scuola perciò tutti i bene materiali, oltre a una perdita inestimabile di tutti i beni immateriali.


pagina precedente Collage grafico della manifattura della ceramica con i tre fiumi della Piana fiorentina

a lato Toscot Srl, lavorazione a mano di un manufatto in ceramica, 2019

Aziende 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43

Richard Ginori Ceramiche Pugi Le Porcellane ACF IMAS Masoni Depos Ceramiche Excelsior Ceramiche Parigi Ceramiche il Colaggio Nuove Forme Toscot Lucchesi Porcelllane

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Il tessuto Il forte legame di Calenzano con Prato e quindi con l’industria del tessile e del filato è un dato di fatto ormai dai primi anni ’50. Questo legame è dovuto alla vicinanza dei due centri industriali e allo scambio interculturale, produttivo e alle tradizioni storiche. Tessuti e filati sono sin dal medioevo la produzione principale del territorio. Anche se molte realtà storiche che hanno dato vita a questo commercio sono oggi chiuse, questo distretto industriale resta uno dei più grandi in Europa e rappresenta un modello di produzione. Esso è servito da un acquedotto industriale specializzato nel riciclo delle acque di lavorazione, un caso singolare a livello europeo. L’importanza di questa manifattura ha inoltre dato vita alla creazione di un’importante Museo del Tessuto, il quale raccoglie le diverse testimonianze storico- produttive delle aziende che si sono succedute.

Le imprese si occupano della ricerca e progettazione del campionario, dell’organizzazione della produzione e della commercializzazione del prodotto finito in un unico grande laboratorio, che garantisce standard qualitativi elevati. In particolare, il centro tessile rappresenta un’area di riferimento per il pronto moda e la confezione di abiti Made in Italy, a tal punto che, per esempio il ‘pronto moda prato’ è rinomato in tutta Europa. Un’altra specializzazione tipica del territorio è la lana, che viene lavorata tramite il processo di cardatura. Forti di una tradizione millenaria nella lavorazione della lana, le aziende hanno nel tempo stratificato le proprie conoscenze tecniche, imparando a confrontarsi con i sempre nuovi e diversi scenari del settore tessile-abbigliamento. È questo ‘saper fare’, unito allo spirito imprenditoriale e all’attitudine al cambiamento, che ha permesso al territorio di mantenere viva la propria voca-

zione per oltre mille anni. Negli ultimi decenni, i cambiamenti della moda, la nascita di nuovi poli produttivi, le trasformazioni tecnologiche e la concorrenza internazionale hanno spinto le aziende ad intensificare la propria attività di ricerca e sviluppo. L’obiettivo è quello di affrontare il mercato dei tessuti e della moda di largo consumo ed a basso contenuto tecnico-qualitativo, indirizzandosi verso produzioni ad alto valore aggiunto estetico e tecnologico. La presenza di un Centro di Ricerca Tessile, come punto di riferimento per lo sviluppo e la sperimentazione delle tecnologie più avanzate, garantisce la possibilità di mantenere sul territorio progetti di ricerca sfruttando le competenze e le esperienze maturate in ambito locale. Per quanto riguarda la differenziazione produttiva, alcune aziende hanno deciso di abbandonare il settore dei tessili tradizionali per dedicarsi ad applicazioni avanzate. Troviamo aziende

specializzate nei compositi in carbonio per l’ingegneria, prevalentemente automobilistica e per l’interior design; aziende che, dall’esperienza dei feltri e delle ovatte impiegati per arredamento, ha sviluppato produzioni di maggiore innovazione come gli isolanti acustici e termici ecosostenibili per la bioedilizia; aziende che realizzano tessuti per il settore sportivo; aziende meccaniche che trasformano gli scarti tessili in prodotti riutilizzabili per igiene, arredamenti, automotive, geotessile e edilizia.


pagina precedente Collage grafico della manifattura del tessuto con i tre fiumi della Piana fiorentina

a lato Ala Campolmi Spa, bobina in tessuto sul suo supporto, 2019

Aziende 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62

Pecci filati Ala Campolmi Ta.Bru Ecafil Best Faliero Sarti Tessile Chiti Pontetorto Giab’s Be.Mi.Va. Menchi Tessuti Texco Lamintess Nova Fides Ilaria Manifatture Lana Paoletti Tessuti Bigalli Comatex Daniele Fiesoli Fili di Lana

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Collaborazione in rete

pagina precedente Elaborazione grafica della rete artigiana e digitale a cura dell’autore

La rete si allarga Il sistema sempre più frammentario e sfaldato ha alimentato la consapevolezza che il designer deve avere un ruolo all’interno della ricomposizione di un sistema di saperi. Il suo stesso ruolo è significativo nel nostro tempo perchè diventa il plusvalore di una rete di attività che hanno necessarimante bisogno di rappresentare l’identità di un luogo, al massimo delle persone possibili. Il luogo non-fisico che risponde più efficacemente a questa volontà è la rete. I media digitali oggi sono sempre più diffusi e la loro capacità di intergrarsi con i sistemi di produzione, informazione e conoscenza e di interagire con quasi ogni attività umana ha resi oggetto di interesse di vasti settori, dalle scienze sociali all’economia, dalla psicologia alle scienze storiche fino al design. Negli ultimi anni l’esplosione dell’economia digitale ha portato a una forte espansione del settore. In questo campo, le scienze sociali hanno il ruolo di primo piano grazie alla loro capacità di interpretare in modo critico l’evoluzione dei media digitali dal punto di vista sociale, politico ed economico. La diffusione e l’ubiquità dei media digitali nelle vite quotidiane porta a percepirgli come scontati, o quasi a perderne di vista la presenza e il ruolo.

Il rapporto tra media digitali e mutamento sociale è un’interazione dinamica, come nel caso in cui hanno la capacità di dare vita a forme di comunicazione interattive e sociali basati su tecnologie mobili e distribuite. Anche le modalità che caratterizzano le relazioni sociali e le forme di costruzione delle identità individuali si trasformano con i media digitali. L’individuo in rete costruisce la propria identità e, in questo spazio virtuale tra pubblico e privato, diventa labile. Le innovazioni tecnologiche e sociali permettono agli individui di utilizzare parte del patrimonio globale dell’informzione per rielaborare ricombinare o creare contenuti. La disponibilità di computer connessi e smartphone connessi alla rete insieme a software che facilitano la cooperazione, hanno permesso la nascita di nuove forme di produzione collaborativa online. I media digitali tendono a socializzare la capacità di produrre ricchezza. Questa tendenza si manifesta in tutti i settori di produzione persino quella dei beni materiali. Ciò rende possibile una nuova organizzazione della vita economica, in cui da un lato emergono nuove economie locali o diffuse, dall’altro le imprese del web trovano nuove forme di coperazione messe in atto dagli utenti della rete.

L’economia politica della rete presenta modelli che sostengono le industrie culturali e le grandi imprese del web, dove emergono nuove forme di lavoro creativo con pratiche che fanno sfumare il confine tra produzione e consumo. Attraverso la diffusione di massa dei personal computer, smartphone, tablet e altre tecnologie mobili, e con la possibilità di connettersi alle reti ovunque le persone vivono immerse in flussi di comunicazione continui. Basti pensare che i computer sono oggi diffusi in tutte le attività umane, dalla musica all’agricoltura, dall’industria alla produzione di sapere. Cosi facendo, si è trasformato in profondità il modo in cui produciamo e distribuiamo informazione e conoscenza. La società dell’informazione in cui viviamo ci porta a ripensare al significato di parole come “partecipazione” e “democrazia”. I media digitali hanno assunto un ruolo chiave anche nell’organizzazione della produzione e nell’economia della società come i social network che si arricchiscono con nuove strategie di sopravvivenza. In questa ecologia dei media, non vi è un luogo centralizzato di controllo, ma piuttosto un’insieme di relazioni ed interazioni che costituiscono l’ecosistema e lo trasformano.

Oggi condividere non significa identificarsi in un marchio o comportamento, ma significa attivare nuove relazioni con i propri simili dove avviene al tempo stessso il massimo della socialità e il massimo della soggettività (F. Morace, 2011)

Renè Magritte, La reproduction interdite, 1937


A lato Giovanni Michelucci, Chiesa San Giovanni Battista, 1964-65

La rete si allarga, il territorio si contamina con le metropoli, il locale con il globale, i saperi analogici dei maestri artigiani con quelli digitali degli “smanettoni” (A. Bonomi, 2014)

Le tecnologie digitali mediano le relazioni sociali e sono determinati nella costruzione dell’identità, infatti è l’emergere della sfera pubblica in rete a permettere a masse di individui di collaborare alla produzione di informazione: si affermano nuove forme di collaborazione sociale. Collaborazione Una caratteristica dei media digitali è la socialità. Una parte importante dei servizi e delle piattaforme di comunicazione online si basa sullo sfruttamneto di dinamiche sociali. I social network come Facebook, Youtube, Instagram permettono agli utenti di creare un profilo personale pubblico, tramite il quale è possibile entrare in contatto con altri individui e con essi condividere contenuti o dar vita ad interazioni di vario tipo. Questi servizi sono basati sulla gestione e sulla formazione di reti sociali, dato che permettono di mantenere le amicizie o i legami preesistenti e di interagire con una rete estesa di contatti. Attraverso i media sociali gli individui contribuiscono a

costruire la propria identità, le proprie relazioni e la propria relazione. Essi sono anche il luogo dove nascono nuove comunità. Riguardo il rapporto tra tecnologie e società, opposta a una prospettiva determinista c’è quella della costruzione sociale, in base alla quale la struttura e il successo di una tecnologia dipende dai bisogni e dai valori del gruppo sociale che la promuove. In questo senso, sembra che possa essere determinante un approccio non naturale, ma indotto dalle persone che partecipano. Chi utilizza i media digitali può usare la tecnologia in forme e scopi molto differenti tra loro poichè sono diversi e molteplici gli attori protagonisti. Da non dimenticare, è il ruolo ‘politico’ della tecnologia; per meglio dire società e tecnologie si influenzano a vicenda in un processo di co evoluzione in cui i cambiamenti dell’una producono le altre e viceversa. L’economia in rete è caratterizzata da forme di produzione più flessibili; aziende come Nike o Apple hanno la produzione dei bene materiali pres-

so terzi mentre le imprese madri possiedono la proprietà intellettuale, gestendo il marketing, la comunicazione, le rete di fornitori e quelle commerciali. L’informazione e la conoscenza sono, allo stesso tempo, materia prima e finale. I processi produttivi in rete si basano su un decentramento delle unità produttive; è cosi che nascono reti d’imprese formate da fornitori, subfornitori, produttori, imprese di distribuzione. Questo nuovo sviluppo si deve alle tecnologie. La rete è quindi una forma arcaica di organizzazione sociale, dove la cooperazione più o meno spontanea si forma e accresce fra una moltitudine di piccoli attori senza luoghi di decisione centralizzati. La rete tuttavia è un luogo competitivo, dove è tanto importante una forma quanto un contenuto che soddisfi un bisogno. Le tecnologie moderne hanno reso possibile le relazioni sociali a distanza nello spazio e nel tempo, come il caso di piattaforme dei media sociali come Facebook e Twitter che facilita-

no forme di socialità facendo da supporto anche a relazioni meno strette. Con le tecnologie mobili la vita online e quella offline c sembrano indistinguibili, poichè favoriscono uno stile di vita ‘always on’ in cui le relazioni sociali sono sì mediate, ma non per questo meno significative. I social network sono basati sulla costruzione di legami, attraverso i quali è possibile organizzare gruppi sociali. Tra i tanti si citano: LinkedIn, usato per mettere in contatto reti professionali; Twitter, per il microblogging e campagne politiche; Badoo per conoscere ed incontrare possibili partner sentimentali. Molte di queste piattaforme sono state sviluppate per facilitare l’organizzazione di relazioni sociali intorno ad interessi comuni. Facebook per esempio si è sviluppato inizialmente per rispondere al bisogno di mettere in connessione gli studenti di Harvard, solo in seguito ha raccolto capitali che lo hanno trasformato in un’impresa commerciale. I diversi servizi si rivolgono oggi a pubblici diversi, in parte sovrapponibili. I social network non sono comunque


Peter Bartlett, Portobello series, 2015

Ugo La Pietra, La città cresce e scorre, 1973/2015

La parola piattaforma richiama infatti uno spazio aperto, sopraelevato e orizzontale su cui salire (A. Arvidsson, 2016)

sempre globali ma spesso si articolano su basi territoriali e linguistiche. Le piattaforme digitali promuovono lo sviluppo di una nuova socialità dal basso. Gli individui in rete mettono in atto strategie di costruzione della propria identità; come in un teatro i media digitali costituiscono il palcoscenico contemporaneo. Quindi oltre alla capacità di attivare legami i media sociali hanno la potenzialità di renderli visibili. Tuttavia i media sociali non determinano completamente l’identità di una persona ma piuttosto la incorniciano. Molti dei comportamenti di costruzione dell’identità online e offline sono identici. Anche le relazioni online sono spesso radicate in quelle offline; su piattaforme come facebook si diventa amici principalmente con persone con le quali si sono avute interazioni offline. Tuttavia i media sociali vengono anche usati per formare nuove relazioni, o per attivare quelli che sono stati definiti ‘legami latenti’. La diffusione dei media sociali è stata interpretata come l’emergere di una nuova forma di relazioni sociali, che è

stata chiamata individualismo in rete. L’individuo tende ad appartenere a una moltitudine di reti sociali diverse, spesso disconnesse tra loro. Internet rende molto più facile identificare e contattare persone con cui si condividono passioni e interessi e organizzare con loro una rete di interazioni.Queste interazioni posso avvenire su piattaforme molto diverse fra loro: un hashtag di Twitter, un forum, lo spazio commenti di un blog, un videogioco online o una lista di discussione interna usata dagli editor di Wikipedia. Che si tratti di fan di un gruppo musicale, di persone che condividono le stesse idee politiche o di appassionati di macrobiotica, internet rende più semplice la proliferazione di gruppi organizzati intorno ad interessi o stili di vita comuni, tanto da far parlare di nuove forme di collettivismo in rete. La nataura comunicativa dei media sociali fa sì che l’identità non possa essere semplicemente vissuta ma debba essere anche comunicata. L’identità diventa una costruzione ragionata e riflessiva come un brand per-

sonale. La necessità e la possibilità di maneggiare il proprio brand sta crescendo con il diffondersi di sistemi per la misurazione di influenza degli individui. Il legame tra la propria reputazione e l’influenza online e la vita professionale accresce l’importanza della gestione del proprio brand, in particolare per i lavoratori freelance in settori come il design, per i quali la reputazione e il personal brand sono fattori importanti che determinano l’accesso al mercato del lavoro e la capacità di guadagno. La rete facilita la partecipazione attiva degli individui ai media. Il web è caratterizzato da piattaforme semplici da usare, anche per chi non ha competenze tecniche specifiche. Le imprese del web tendono a definirsi ‘piattaforme’ per descrivere il proprio funzionamento dal punto di vista tecnologico, ma anche per ribadire l’apertura di questi servizi agli utenti; è in particolare il cosiddetto ‘web collaborativo’ dove accesso, interazione ,partecipazione sembrano trovarsi sullo stesso piano.

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L’architettura e il layout di un sito, brevi cenni di UI e UX design Dopo un’accurata analisi di case history di piattaforme online legate al tema della vendita di prodotti di design e/o artigianato portatori di valori immateriali e fortemente legati alle tradizioni del territorio in cui sono stati concepiti, progettati e prodotti, si è sviluppato uno schema per la definizoni delle caratteristiche comuni ai loro portali web, in particolare il design shop e l’e-commerce. Le piattaforme analizzate sono: Artemest, Apuana Corporate, Design Republic, Eligo, Etsy, Finnish Design Shop, Florence Factory, Internoitaliano, Lovethesign, Made in Design, Mohd, Monoqui, Owo, Westing. È la strutturazione e l’organizzazione dei contenuti e dei sistemi di navigazione, in modo che risultino favorevoli alla fruizione da parte dell’utente. Quando si parla della corretta struttura da dare a un sito web, si utilizza il termine ‘alberatura’ che già a livello figurativo dà idea di come bisogna ope-

rare. Le informazioni contenute nel sito devono essere organizzate in macro-argomenti che dalla home page si snodano verso le pagine secondarie. Tutte le pagine devono essere collegate tra loro da link interni, utili all’utente per spostarsi da una pagina all’altra, in modo da ottenere una lettura ipertestuale. In un sito con struttura ‘ad albero’ la pagina principale del sito, detta anche homepage (tronco) occupa la parte più alta dell’architettura e si dirama nelle principali categorie (i rami più robusti). Queste, a loro volta, danno accesso alle sottocategorie (i rametti) ed in successione ai prodotti (foglie). Una efficacie struttura di sito si sviluppa sia in senso orizzontale che verticale e, per quanto riguarda la profondità, la migliore prassi è che le pagine siano a quattro clic o meno dalla home page. La necessità di un’architettura strutturata però non dipende solo dalla user experience, ma anche dalla possibilità che un sito possa essere indicizzato e

posizionato all’interno dei risultati di ricerca. I contenuti di un sito web, infatti, vengono analizzati giornalmente dai crawler di Google, degli spider che navigano velocemente tra le pagine allo scopo di scansionare i contenuti per restituirli agli utenti all’interno dell’indice. In un sito ben strutturato i motori di ricerca non avranno difficoltà ad accedere e indicizzare il contenuto. Il layout di un sito web è la sua impaginazione e comprende sia la struttura delle singole pagine, sia la grafica utilizzata. L’impaginazione è uno degli aspetti fondamentali di un sito internet; Questo perché un sito web risulta facile ed intuitivo da utilizzare quando i suoi contenuti sono disposti correttamente all’interno del layout. Gli elementi di base che generalmente troviamo in una pagina web sono l’identità del sito, l’identità della pagina, la sua navigazione, le sezioni/link aziendali e di contatto e le sezioni di contenuto informativo. La regola generale è

collocare in alto il nome del sito, il logo, il menu di navigazione principale, la casella di ricerca, in fondo le informazioni di natura legale o accessoria, i contatti e nelle zone centrali, il contenuto che si sta cercando. Lo schema di analisi segue di solito un percorso ad ‘F’, che parte dall’estremità superiore sinistra della pagina. Dopo un’analisi e un benchmark si è analizzato quindi il layout di internoitaliano, in quanto rispecchia maggiormente le intenzioni di progettazione di Dedito, per suddivisione dei macro-argomenti, per il rapporto tra immagini e testo, per tipologia di navigazione e, infine, per i colori utilizzati.


pagina precedente Home page del sito web Artemest

In alto Pagina network, del sito web InternoItaliano

a lato Schede tecniche dello studio del layout del sito web internoitaliano

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Dedito la grande fabbrica artigiana della Piana



Da ex a next

pagina precedente Il cursore e il pan, l’alter ego dell’io digitale

(R. Fagnoni, 2018)

La conformazione geologica, la struttura del paesaggio, lo sviluppo degli insediamenti abitativi con le reti fluviali sono i principali elementi che caratterizzano la storia di un territorio e delle sue specificità produttive. Al centro di tutto ci sono poi le vicende degli uomini, degli artigiani e delle imprese che hanno legato il loro saper fare a quello specifico territorio, contribuendo a costruire un importante patrimonio di memoria e di tradizione locale da custodire e tramandare (S. Floria, F. Galantini, 2019) Dedito si rivolge alle attività del territorio, con le persone del territorio. I prodotti assumono un valore simbolico e si affermano per il significato che l’utente attribuisce ad essi, come segno portatore dei valori dell’identità del luogo cui fanno riferimento. La funzione propria del prodotto (il coltello per tagliare o la lampada per illuminare) perde di importanza rispetto a un ruolo emergente come amplificatore e testimone di tradizioni e valori identitari. Dunque i prodotti sono dei marker, definiti da Dean MacCan-

nell (2005) come quegli “elementi informativi capaci di attivare la trasformazione di un luogo in attrazione”. Si differenziano rispetto ad altri sulla base di un codice di significati attraverso: le forme, i materiali, i colori, il marchio. La consacrazione come prodotti tipici, portatori dell’identità locale, i marker, porta dunque alla loro legittimazione culturale. Diventano essi stessi tracce capaci di evocare, in chi lo percepisce, sentimenti, emozioni e ricordi, occasioni per conoscere e per far conoscere. Il designer è una sorta di scopritore a caccia di tracce e risorse potenziali da trasformare in risorse effettive. Importante per questo ambito è il concetto di produzione diffusa, basato su una rete capillare di piccoli produttori, piccole botteghe di eccellenza per valorizzare mestieri e saperi. Il punto di forza, in questa direzione, è una nuova prospettiva per il ruolo del designer, che opera fra art-direction e imprenditoria, attivando reti di persone in uno scenario di futuro per ciò che rappresenta la tradizione del passato in una relazione circolare, ‘da ex a next’ (Fagnoni, 2018).

Non c’è bisogno di nuovi prodotti, ma di un nuovo modo di relazionarsi e comunicare fra artigiani e imprese che lavorano in uno stesso territorio e di creare un tessuto connettivo che raggruppi il saper fare singolo e lo metta a disposizione di tutti per garantire una fertilizzazione che vada a stimolare la concorrenza. Il ruolo del designer diventa quindi fondamentale per lo sviluppo locale e territoriale, si spinge oltre la progettazione materiale dell’artefatto si dedica all’aggregazione di soggetti che ruotano attorno al progetto. Quindi progettare quindi non per l’oggetto ma tramite l’oggetto per il territorio. Come connettore tra diversi attori (imprese,enti,scuole,progettisti) deve costruire un’interfaccia capace sia di tradurre codificare ed astrarre le conoscenze locali e tacite per valorizzarle a livello internazionale. La prospettiva futura è dunque quella di unire i saperi per rendere competitivi gli artigiani locali. Il territorio è considerato come una piattaforma reale di convivenza, dove i luoghi, i servizi e soprattutto i pro-


dotti sono beni collettivi. È quello che Morace (2016) definisce come “consumo conviviale, quando si incoraggiano forme di acquisto e di fruizione in tandem”. L’esperienza condivisa è quindi centrale nel progetto. Sempre più diffuso è il fenomeno della cultura della tipicità, l’apprezzamento della tradizione come area sensibile che parte dalle esperienze delle persone, più che dalle strategie dell’impresa. Qualcosa diventa “tipico-tipico” non solo perché originario di un luogo, ma perché a quel luogo, alle persone, che lo hanno generato, alla pratica quotidiana, e ripetuta del processo di produzione, esso è strettamente e imprescindibilmente collegato, assumendo la caratteristica di archetipo. Ciò che lo rende contemporaneo sono le ri-traduzioni che lo accompagnano, ripropongono, innovano. Così, il prodotto di una azienda di 300 anni può essere venduto in un e-commerce, che pur essendo locale, si rende fruibile a tutto il mondo. Il carattere di forza di un prodotto

con una storia è la sua pratica ripetuta alle spalle, una storia che lo fa arrivare ancora oggi intatto non solo nell’aspetto, ma piuttosto nella sua anima profonda. Negli ultimi anni si afferma la ricerca attenta delle persone alla rilevanza del gusto che recupera l’originalità, gli immaginari, le tipicità le tradizioni. È inoltre centrale la filiera produttiva: origine e radici del prodotto vanno di pari passo. Puntare sulla specificità significa mettere in risalto la qualità della materia prima e la tipicità dei processi, come le impunture nella pelle o nel tessuto in genere, dove si rende evidente la produzione curata e attenta al dettaglio. Il nuovo lusso ricerca di eccellenza tangibile legata a una più semplice idea di esclusività sul territorio, di una dimensione tradizionale, fatta di competenza. Allora i valori legati al paradigma ‘Unique and Universal’ (Morace 2017) non possono che esprimersi in un territorio come questo, quasi come un labo-

In alto Foto storica delle ‘trecciaiole’ a lavoro, Signa, anni ‘50


Pagina precedente Dainelli Studio x Arketipo Srl, divano Mayfair, 2019 Esempio di trasposizione dalla tradizione architettonica dei palazzi fiorentini al design di prodotto In alto Angiolo Frasconi Srl, Foto di famiglia in ditta

ratorio spontaneo dove le diversità locali diventano uniche ed inimitabili, si contraddistinguono nel mercato globale e diventano uniche al mondo. Un carattere locale può diventare universale; la forza del genius loci plasma il carattere di un prodotto, quindi l’incontro tra unicità dei luoghi e l’unicità delle persone che lo producono. Questo fenomeno si traduce in Unicità per l’eccezione e in Universalità per quanto riguarda l’attrattività. L’eccezione riguarda l’identità locale di quel prodotto unico ed eccellente, l’attrattività diventa la dimensione digitale della rete che nel mondo fisico non è più lo standard, ma l’intensità tipica del singolare fatta di progetti attraenti ed attrattivi. Viene utilizzata la rete per creare nuove logiche distributive e comunicative, dando ai prodotti locali maggiori opportunità di affermazione universale. Per condividere è necessario essere credibili sia nel reale che nel virtuale. La credibilità è un parametro de giudizio del valore.

La rete, il web, l’online, ormai divenuti quasi sinonimi, molto spesso si associano a qualcosa di virtuale, come se significasse irreale. Umberto Eco (1977) sosteneva che la cultura è una rete in mano a tutti e a nessuno e quindi il web offrire notorietà e opinioni senza controllo. È anche vero quanto afferma Riccardo Fedriga (2016) filosofo e storico delle idee, ”nella nostra società si riduce sempre più la distanza tra un punto che si stabilisce tra l’esperienza del presente, il suo passato e il futuro. Tutto è appiattito in un presente che non viene mai meno, in cui archiviare cose a una velocità insostenibile, senza scelta dei criteri di ordine né selezione delle cose: un presente senza tempo, che ha quasi perso la caratteristica umana di attesa e progettualità del futuro a partire dalla memoria del passato di una comunità.”

Umberto Eco faceva notare che ci sono volute un po’ di generazioni di galline per imparare a non finire sotto le automobili. Le galline finivano sotto le automobili perché le scambiavano per carrozze ed è quello che accade a noi con il web, che in molti consideriamo una super-televisione. Ma non si tratta di uno strumento passivo di comunicazione, bensì di uno strumento attivo di registrazione, di un archivio, di un sistema di costruzione della realtà sociale e di mobilitazione della intenzionalità individuale e collettiva (M. Ferraris in Carrière, 2016)

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pagina precedente Elaborazione grafica della lettera d del logo del progetto

a lato Astrazione grafica del fiume Arno

Il progetto tra territorio fisico e spazio digitale

I territori sono costruzioni storiche, non derivano esclusivamente da processi di sviluppo naturale, ma si originano dalla doppia evoluzion, su tempi molto lunghi, delle comunità insediate e dell’ ambiente, da secoli di trasformazioni conseguenti ai comportamenti umani e dalle logiche evolutive naturali generandosi, per un continuo processo di reciproco scambio e affinamento, fra natura e artificio, fra spontaneo e progetatto (G. Piccinno, 2008) Raccolta e visualizzazione dei dati Le manifatture scelte per il progetto sono quelle dell’arredo, del cappello, della ceramica, del tessuto, anche perchè la loro storia le lega fortemente al corso dei fiumi e conseguentemente al territorio stesso. Inoltre, si sono particolare contraddistinte nel tempo come eccellenza nel mondo, grazie anche ad un saper fare plurisecolare. Dopo un’analisi di tutte le realtà presenti nella Piana fiorentina, è stato redatto uno specifico elenco di riferimento che raccoglie una serie di aziende “campione” particolarmente rilevanti per il progetto. In questo elenco, è stata fatta una selezione rispetto a tutte le aziende analizzate e si è deciso di includere nel progetto quelle che maggiormente apporterebbero ricchezza storica e tradizione, ma con particolari intenti rivolti alla sostenibilità ambientale e/o sociale. Nello specifico, esse sono quelle che

all’interno della filiera lavorano direttamente il materiale di partenza oppure si occupano in maniera specifica di una certa tipica lavorazione, sono quindi realtà d’eccellenza e portatrici di valori taciti e conoscenze tradizionale. È altrettanto importante sottolineare l’etica di alcune fra queste realtà, poichè operano ad una crescita rivolta all’innovazione tecnica nell’ambito della sostenibilità ambientale, come per esempio i certificati di cui sono in possesso per il trattamento delle acque di scarto, la riduzione delle emissioni di gas serra e la dotazione di impianti fotovoltaici. Al fine di comprendere al meglio i dati raccolti nella ricerca, sono state elaborato tre inforgrafiche di approfondimento rispetto a tre temi principali: tradizione, innovazione e relazioni.

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il tessuto

la ceramica

il cappello

1880

1900

1920

1940

1960

1980

2000

l’arredo

Infografica della tradizione L’infografica della tradizione, tramite una visualizzazione ad istogrammi verticali, rende evidente e comprensibile la tradizione delle aziende prese in esame, inteso come l’anno di fondazione, ovvero la storia e la loro durata nel tempo.


01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 16

17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30

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Infografica dell’innovazione L’infografica dell’innovazione, tramite una visualizzazione ad istogrammi orizzontali, si lega maggiormente all’aspetto digitale del progetto. Le aziende sono descritte secondo la loro presenza online, tramite sito web e eventuali social network, in una variazione di intesità cromatica in rapporto alla loro efficacia comunicativa. Si rendono evidenti i vuoti, che esplicitano le mancanze di innovazione digitale nelle realtà manifatturiere prese in analisi. Inoltre, la lettura bifrontale permette di comprendere inversamente come le aziende si interfacciano con il mondo del lavoro, il cui potenziale non è sfruttato al massimo delle possibilità.

38 39 40 41 42 43

44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62


Calenzano

Sesto F.no

PO

Campi B.

Quarrata Signa

FI

PT

il cappello l’arredo

la ceramica

il tessuto

Infografica delle relazioni L’infografica delle relazioni si presenta come una mappa astratta del territorio, in quanto mette in evidenza dove sono situate le manifatture rispetto ai confini comunali delle città della Piana. Essa permette di rendere evidenti le relazioni e gli scambi tra una città e le proprie manifatture per raccontate i legami meno evidenti e inaspettati per analizzare in profondità le realtà esistenti e il loro territorio.


a lato Logotipo e payoff del progetto

Il ‘significato’ si può considerare come un processo che lega gli oggetti, gli eventi, gli esseri, a dei segni capaci a loro volta di evocare tali oggetti, eventi, esseri. Il processo conoscitivo altro non è perciò che la possibilità di conferire un significato alle cose che ci circondano e tale possibilità ci viene offerta dai segni che sono per noi il tramite tra la nostra coscienza soggettiva e il mondo dei fenomeni. I segni dunque (nelle loro diverse suddivisioni e classificazioni: simboli, icone, segnali, emblemi, ecc.) sono i primi e precipui strumenti di ogni comunicazione (G. Dorfles, 1962)

La costruzione dell’immagine coordinata Il logotipo è composto dalla sola componente tipografica, elaborato su base iconografica che prende spunto dai prospetti architettonici delle fabbriche. Il font base è il Barlow Bold, aumentato di kerning (lo spazio che separa una lettera dall’altra) affinchè risulti una composizione equilibrata e leggibile anche a piccole dimensioni e su supporti digitali. Il progetto di type design genera dunque un font custo, le cui aste ascendenti sono state trattate come la trasposizione di quattro categorie (arredo, cappello, ceramica, tessuto). Considerato il disegno geometrico che rimanda all’iconica forma della fabbrica, ne deriva formalmente la scelta di progettare i terminali del font a 90 gradi in un vero e proprio progetto di type (re)design. Lo stesso disegno, con traccia o riempimento, è stato ripreso per creare l’intera immagine coordinata, dai cartacei e tradizionali biglietti da visita, fino alla promozione digitale con GIF online. Questi elemente iconografici sono i caratteri identifi-

cativi del marchio e fungono da amplificatori di visual design per aumentarne la riconoscibilità. Le scelte cromatiche sono ricadute innanzitutto sul bianco e nero per leggibilità, riprodicibilità e adattabilità; per contrasto vi si affianca il color matttone. Questo colore è sinonimo di storia e tradizione, è memoria delle ciminiere industriali in mattoni che in passato hanno permesso un grande sviluppo nel territorio, ma che, ancora oggi, caratterizzano il territorio e lo identificano fortemente. Il colore è stato usato come accessorio a supporto di una grafica prevalentemente bianca e nera, come si è detto, in dettagli a corredo e complementari in modo da far risaltare e dare evidenza ad alcuni elementi.

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a lato Font Barlow, tabella tipografica

dèdito /dè.di.to/ agg. [dal lat. dedĭtus, part. pass. di dedĕre «dare senza condizioni»] – Che si dedica assiduamente ad una attività per tradizione, consuetudine o scelta personale. (Treccani)

a lato Font Barlow Bold, particolare del raccordo


a lato Il prospetto delle fabbriche come segno di identità

l’arredo

a lato Customizzazione tipografica del font Barlow

il cappello

la ceramica

il tessuto

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in basso Prospetto frontale di una fabbrica si trasforma in un elemento caratterizzante dell’immagine coordinata

in basso Palette colori di base

in alto Logotipo del progetto in versione negativa


in basso Ciminiera, elemento della storia industriale, diventa esemplare riferimento iconografico e cromatico del progetto

in basso Codice Pantone del progetto

in alto Logotipo del progetto nella propria variante cromatica


La comunicazione ‘analogica’ Dal momento che le manifatture in questione sono state selezionate secondo parametri specifici come precedentemente spiegato (cfr. p.37), la comunicazione cartacea, diretta alle aziende, ha la funzione di racconatare il progetto, mediante una serie di supporti eterogenei, per includere e invitarle a entrare a far parte della piattaforma. Ogni azienda riceve una busta in A5, con il timbro riportante il logo del progetto e contiene una brochure valoriale, composta da una serie di materiali differenti tra cui biglietto da visita, flyer in forma sintetica e una mappa astratta del territorio sulla quale è riportato il pattern che identifica la manifattura di appartenenza e la sagoma che inquadra il comune cui fa riferimento.

Un particolare accenno, va rivolto verso la comunicazione rivolta alle affisioni pubbliche, che, attraverso il payoff ‘C’è altro da scoprire’, sottolinea la volontà de progetto di considerare la città di Firenze e il suo territorio ‘intorno’ oltre i simboli e le immagini fortemente connotate e usuali. Difatti per tarsporre questo concetto, l’elemento geometrico identitario del progetto, è in questo caso utilizzato come mascheramento degli archetipi artistici e architettonici che si associano troppo spesso alla città. ‘C’è altro da scoprire’ è il payoff che intende sottolineare il terriorio ‘intorno’ a Firenze, ovvero una rete di connessioni e realtà produttive d’eccellenza tra le provincie di Pistoia-Prato-Firenze: la Piana fiorentina. Un modello d’esempio toscano, pur di natura diversa, è ‘il Chianti’. Premet-

tendo che la declinazione della questione è di natura diversa, questo territorio è una realtà che ha saputo trasferire al mondo con uccesso il proprio nome associato ad un certo grado di eccellenza, come nello specifico il marchio ‘Gallo Nero’, sinonimo di qualità territoriale che porta con sè una serie di immaginari consolidati evocando bellezza, tradizioni, unicità e benessere. La piana ha altre caratteristiche di conformazione geografica, ma è caratterizzata da altrettante tradizioni plurisecolari, necessariamente da valorizzare e trasmettere, per raccontare un’identità caratterizata e caratterizzante.

La grafica ha molti modi di operare sulla forma visiva di un territorio, anche perchè nel tempo è cambiato il modo di percepire e comunicare un luogo. Dallo stereotipo dell’immagine naturale e spontanea – il Vesuvio e il pino di Posillipo– si è passati alla costruzione pianificata di dispositivi comunicativi, alla dimensione artificiale dell’iconografia urbana. [...] È opportuno quindi capire meglio come funzionano i dispositivi di identità, a quali livelli operano e quali valori vogliono rappresentare (M. Piazza, 2008)


pagina precedente Sagoma grafica astratta per declinazioni e visual identity

in alto Manifesto 70x100 progettato per l’affissione pubblica

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Materiali di comunicazione cartacea rivolti alle aziende


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in basso Ipotesi content, copywriting e declinazioni di visual design per social network (Facebook, Instagram)

La comunicazione digitale La crezione di contenuti, content creator, e di copywriting si articola secondo un linguaggio friendly che racconta anche per mezzo dei canali social la storia delle tradizioni, le identità del territorio, le manifatture tipiche, il ‘saper fare’. Difatti, a livello visuale, si scelgono immagine fotografiche che mettono in evidenza dettagli degli oggetti e delle persone che li rendono unici. I canali social hanno dunque lo scopo di amplificare e promuovere il progetto su scala internazionale, poichè intrinsecamente hanno infatti la capacità di raggiungere un pubblico vasto. Nello specifico, il profilo Instagram

l’intento di promuovere il rapporto tra azienda-designers, creando una vera e propria rete di possibili collaborazioni. In particolare, sfruttando quindi la funzione dei social network di costruire passaggi ipertestuali (es. funzione swipe-up da Instagram a sito web), è necessarrio sfruttare questa capacità per attivare processi di comunicazione che mettono a sistema, a diversi livelli, le informazioni da promuovere.


La piattaforma Dedito, come precedentemente citato nella definizione etimologica, dalla quale deriva il naming, significa dedicarsi ad una attività per tradizione o scelta personale. Proprio questa dedizione sta alla base del progetto, dove l’intento è quello di voler unire in una piattaforma online il saper fare d’eccellenza tipico di un territorio. Il mezzo utilizzato vuole rendere visibile a tutto il mondo i prodotti manifatturieri locali. Dopo la creazione di un’immagine coordinata della “grande fabbrica artigiana”, il lavoro mira soprattutto alla comunicazione e realizzazione del sito, suddiviso in varie sezioni a seconda dei diversi contenuti racchiusi nel progetto. La strutturazione del layout, segue alcune regole fondamentali (ad esempio, non usare un colore di sfondo troppo scuro, ridurre al minimo il numero di voci di menù etc). Per quanto riguarda gli elementi che compongono una pagina del sito web, non si può improvvisare: le parti sono ben definite e di uso comune, e molte rientrano nelle linee guida a livello di accessibilità e di usabilità.

Definire la struttura e gli elementi che compongono la pagina del sito web non significa solo dare un’impostazione a livello visivo e grafico e definire l’albero di navigazione, ma molto di più: vuol dire impostare il sito affinché questo sappia dire all’utente dove egli si trova e dove sta andando. Il sito è progettato con un layout essenziale, in modo che sia ben accessibile a utenti esperti e ‘non-esperti’, in particolare per evere ben visibili gli elementi necessari per orientarsi durante la navigazione. Il menù è posizionato, come consuetudine, nell’header ed è diviso in sei ‘voci’; il logo si trova in alto a sinistra per una efficace orientamento e funge da scorciatoia per tornare alla home page in qualsiasi momento della navigazione. A livello di User Experience, quando ci si trova in prossimità di un ipertesto, si nota un passaggio a livello cromatico dal nero al Pantone 1675C. La funzione di scroll verticale, attribuita al sito intero, permette di agevolare la navigazione principal, la funzione del mouse-over invece serve per rag-

giungere in profondità le pagine interne, relative alle diverse ‘voci’ del menu. La gerarchia dei contenuti testuali è gestita dalla formattazione tipografica secondo tre livelli di peso, dimensione del corpo, colore. Ogni pagina è legata all’altra attraverso la presenza visiva di un segno grafico: l’astrazione formale del fiume. Attraverso questo processo di sintesi, si racconta e si rafforza il significato e l’importanza nel progetto di questo elemento geografico del territorio. La disposizione e il trattamento delle immagini segue logiche legate ad una progettazione responsive, ovvero un approccio che permette un adattamento di web design su varie scale dimensionali strettamente connesse a seconda del dispositvo in questione (dal desktop al mobile).

in alto Pagina ‘concetto’ in basso Particolare pagina ‘concetto’


a lato Dedito, piattaforma web, pagina ‘manifatture’ a seguire in basso e pagina successiva Percorso di navigazione sezione ‘il cappello’, sezione ‘azienda’ (Inverni Spa)


Pagina ‘manifatture’ Questa pagina è divisa verticalmente in quattro sezioni: l’arredo, il cappello, la ceramica, il tessuto. Ognuna di queste viene anticipata e rappresentata da una foto suggestiva delle manifatture in bianco e nero, alla quale è sovrapposta la texture di riferimento. Il tasto “scopri” apre la pagina interna della singola manifattura, per esempio “il cappello” (come si vede nell’immagine a lato). A questo punto, un testo descrittivo introduce, in una successione di immagini, le singole aziende. Le fotografie assumono un ruolo di storytelling, sono legate per esempio a immaginari “di famiglia” oppure mostrano i vari passaggi delle lavorazioni, prima di arrivare al prodotto finito. Una volta entrati nella pagina dell’azienda troviamo una linea del tempo che indica l’anno di fondazione e ne sottolinea la storicità.

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pagina precedente Dedito, piattaforma web, pagina ‘mappatura’ a seguire in alto Percorso di navigazione mouse over ‘calenzano’, sezione ‘archivio’ (Marioni Srl)

Pagina ‘mappatura’ La mappatura rende visibili i saperi taciti, ovvero attraverso una mappa astratta dalla quale si possono individuare le manifatture presenti sul territorio, restituiti graficamente con pattern differenti e caratterizzanti. Ogni sagoma raccoglie manifatture di natura diversa (secondo le quattro categorie) individuandole rispetto alla loro posizione nel territorio, in particolare evidenzia il legame con il Comune di appartenenza, seppur non considerando esattamente confini amministrativi, ma restituendo con contorni fluidi l’appartenenza ad un determinato saper fare. Otto frammenti raccontano quindi otto città diverse che si contaminano nelle tradizioni e nelle relazioni. Per l’arredo si caratterizza per il pattern “a nodi” disomogenei del legno, elemento di partenza della tradizione del mobile (lo scorniciato quarratino), per il cappello una trama geometrica intrecciata irregolare richiama i vari intrecci tipici della paglia, per la ceramica un puntinato fitto e irregolare rappresenta la porosità del materiale, per

il tessuto un disegno regolare e geometrico è la trasposizione essenziale di trama e ordito. Nel territorio, come si è detto in precedenza, ha avuto una notevole importanza lo scorrere di tre fiumi, Arno, Bisenzio, Ombrone pistoiese. Essi sono quindi segno importanti nella mappatura poichè elementi naturali fondamentali per lo sviluppo delle aziende e la natura del paesaggio stesso. La pagina della mappatura è strettamente collegata a quella dedicata all’archivio digitale. La volontà è quella di identificare, conservare e tramandare i valori taciti delle aziende del territorio. Ogni città presente nella mappa è associata ad una scheda archivio, dove le manifatture sono raccolte e catalogate, con la possibilità di essere implementato in maniera continuativa.

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Pagina ‘suggestioni’ Le suggestioni mettono in relazione i prodotti delle varie aziende, una sorta di pagina di lifestyle, dove vengono accostati insieme oggetti apparentemente molto diversi. Sono dunque immagini costruite pensando a varie tipologie di utenti, che possono trovare spunti di accostamenti tra prodotti presenti sul sito, per poi acquistarli o separatamente o insieme. Le immagini sono denominate con diverse tipologie stilistiche, in modo da avere la possibilità di raggiungere più persone possibili con gusti differenti. Con il passaggio del cursore sulle immagini (mouse-over), si rendono visibili le caratteristiche dei prodotti inseriti, l’azienda di riferimento, il nome del prodotto e il prezzo. Una volta cliccato il prodotto, si entra nella una scheda riassuntiva legata all’e-commerce.


pagina precedente Dedito, piattaforma web, pagina ‘suggestioni’ a seguire a lato Percorso di navigazione mouse over ‘boho’, sezione prodotto ‘la ceramica’, sezione ‘azienda’ (Nuove Forme Srl)

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Pagina partecipazione La pagina partecipazione apre ad una sezione del sito che si rivolge direttamente a progettisti e artigiani. L’idea è quella di indire gare aperte ai designers, le quali vengono comunicate sia attraverso la piattaforma Dedito sia con l’utilizzo dei canali social. Chiaro l’intento della piattaforma, le gare indette potranno essere proposte dalle manifatture stesse, che a secondo delle loro idee e dei loro bisogni potranno decidere come presentare la domanda a Dedito, dopo aver deciso il tema progettuale i contenuti saranno caricati sui canali di comunicazione, come ad esempio le newsletter e le pagine social, per permettere di raggiungere a una risposta a livello internazionale. Questa pagina nasce anche come modello di pratica virtuosa legata al prolungamento del ciclo di vita di un materiale, che viene recuperato per generare un servizio alla collettività. Nello scenario attuale occorre mante-

nere strette le relazioni fra Dedito e le sue manifatture, da un lato aumentando la produttività e dall’altro continuando ad assicurare alti livelli di qualità. I temi principali di queste gare si legano al territorio e alla volontà di ridurre al minimo gli sprechi. Inoltre, garantiscono una aggiornata vetrina online delle manifatture stesse, cercando di portare occasioni di confronto e innovazione, al fine di cercare di supportare anche realtà più piccole a restare al passo con i tempi. Le gare sono principalmente finalizzate al recupero di lotti di materiale di scarto per mezzo di proposte di idee, volte alla valorizzazione dell’unicità dei prodotti e alle lavorazioni tipiche della Piana fiorentina facenti parte di Dedito e aventi come obiettivo la loro realizzazione e vendita tramite i canali messi a disposizione. I progetti devono tener conto dell’economicità delle soluzioni adottate, delle tecnologie disponibili

nel contesto delle reti di imprese rappresentate dall’ente banditore e devono mirare al contenimento di ulteriori materiali di scarto. Al fine di trarre dai materiali di scarto proposti il massimo valore possibile, è consentito l’abbinamento dagli stessi ad altri materiali (legno, metallo, vetro etc) ed è valutato positivamente l’uso di tecnologie trasversali, come la stampa 2d e 3d e tutte le tecnologie innovative in genere. Allo scopo di trasferire maggiori informazioni ai partecipanti è in programma durante il periodo di apertura delle gare l’organizzazione di una visita all’interno dell’azienda che indice la gara, per capirne meglio il ciclo e le modalità produttive. Per chi non fosse in grado di essere presente fisicamente i contenuti verranno resi pubblici sui canali di comunicazione attivati per il presente concorso di idee. La gara indetta ha come obiettivo la contaminazione intesa come scam-

bio di spunti progettuali e materiali fra le diverse manifatture. I materiali di scarto o i progetti che partiranno dal “nuovo” proposti nelle gare potranno essere costituiti o ispirati anche da altre manifatture, ad esempio: la paglia del cappello o i tessuti, cercando così di ibridare sia il materiale che le lavorazioni. Probabilmente è la pagina con la maggior quota di innovazione perché rende possibile la partecipazione diretta dei designer e delle aziende secondo un’idea di collaborazione. Dedito mette in relazioni le parti e registra singolarmente chi è interessato a cooperare.


pagina precedente Dedito, piattaforma web, pagina ‘partecipazione’ a seguire a lato Percorso di navigazione sezione ‘gare’, sezione ‘form’ in basso Comunicazione social per promozione ‘gare’

Pagina ‘contatti’ Questa pagina tende a precisare che Dedito non ha una sede fisica ma, data la sua natura digitale, esiste soltanto come piattaforma online, un luogo non-fisico che si esprime e si espande soltanto attraverso la rete.

(Non) conclusioni Questo progetto si prefigge di restare aperto e sospeso come una piattaforma virtuale, un’architettura portante come base salda per scenari futuribili con la speranza concreta di una visione di collaborazione attiva tra aziende-mondo, azienda-aziende, designer-aziende, aziende-designer. La contaminazione si pone come seme per la nascita di nuove realtà artigiane, nate con l’esperienza del passato, ma che costituiranno il futuro sapere. Il progetto prende forza dal sapere locale, ma rivolgendosi al mondo globale, ambisce a nuovo punto di valorizzazione per le manifatture e archivio infinito di saperi, altrimenti taciti. Think globally, act locally (P. Geddes, 1915)

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Bibliografia

Testi

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Museo della paglia e dell’intreccio Domenico Michelacci, Via degli Alberti, 11, 50058 Signa (FI).

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Indice

Presentazione Giuseppe Lotti

5

Il ruolo del designer

9

Saperi taciti

13

Collaborazione in rete

25

Da ex a next

33

Il progetto tra territorio fisico e spazio digitale

37


didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze ottobre 2023



La conformazione morfologica e lo sviluppo degli insediamenti produttivi lungo le reti fluviali sono i principali elementi che caratterizzano uno specifico territorio: la piana tra Firenze, Prato e Pistoia. Al centro di tutto ci sono le vicende degli uomini, degli artigiani e delle imprese che hanno legato il loro saper fare a quello del proprio territorio, contribuendo a costruire un importante patrimonio di memoria e saperi taciti locali da custodire e tramandare. Dedito è una piattaforma che rende visibili nell’ambiente digitale le manifatture tipiche di questo territorio, riprendendo l’etimologia del termine: “dedicarsi ad una attività per tradizione o scelta personale”, in un trasferimento di valori materiali e immateriali dal locale al globale e dal fisico al digitale. Dedito è un attivatore di relazioni tra parti, che interagiscono attraverso la rete digitale per creare nuove logiche distributive e comunicative, dando ai prodotti locali maggiori opportunità di affermazione universale in rete. Il progetto mira a trasformare tracce e risorse potenziali in risorse effettive. Progettare quindi non solo per l’oggetto, ma tramite l’oggetto per il territorio, dove il designer diventa l’elemento di connessione tra diversi attori. Manfredi Sottani (Firenze, 1992) è Designer e Assegnista di Ricerca presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze, dove è inoltre dottorando di Ricerca in Sostenibilità e innovazione dell’ambiente costruito e del sistema prodotto (curriculum Design). Svolge attività di ricerca presso il Laboratorio di Design per la Sostenibilità (Dipartimento di Architettura, Università di Firenze), in particolare nell’ambito del Digital Design, del Communication Design, dello Strategic Design per i sistemi territoriali e della Sostenibilità in ambiente digitale.

ISBN 978-88-3338-203-6


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