I mercati coperti di Giuseppe Mengoni | Rita Panattoni

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architettura, città e commercio nell’ottocento

Il modello di Parigi, che ricostruisce l’antica «Halle» corredandola di un sistema di mercati di quartiere attraverso l’utilizzo di strutture modulari in ferro-vetro, viene accolto nel resto del paese, dove si attuerà un’autentica riforma dei mercati tradizionali, ma sarà adottato anche fuori dalla Francia grazie al carattere seriale degli elementi di base. Non a caso anche a Firenze il sistema dei nuovi mercati si definirà negli stessi anni Sessanta. In generale sono le capitali e i grossi centri commerciali o industriali ad avviare la costruzione di mercati in ferro e vetro, sebbene l’attuazione di un ‘sistema’ di mercati, cioè l’organizzazione di un grande mercato centrale connesso ad altri mercati minori, si limiti alle grandi città della Francia, della Spagna e dell’Italia, oltre ad alcuni esempi isolati nel resto del continente come Vienna e Berlino. Quello di Berlino costituirà un caso singolare (seppur tardo nel contesto delle capitali europee), data la consuetudine delle città tedesche di costruire un unico mercato, imponendosi come modello per altre realtà urbane della Mitteleuropa. Alla fine dell’Ottocento solo Parigi e Berlino potranno contare su un sistema di mercati coperti ultimato e funzionante, nelle altre città i lavori si concluderanno nei primi decenni del Novecento, mentre a Firenze dei tre mercati costruiti solo due risultano attivi a tutti gli effetti. Giuseppe Mengoni tra i nuovi mercati di Londra, Parigi, Vienna Non appena ricevuto l’incarico dal governo locale di Firenze capitale, Mengoni, già noto a livello internazionale per la realizzazione della Galleria di Milano51, si reca a Londra, Parigi e Vienna per studiarne i mercati (1868-1870). Dai documenti non sono emersi suoi viaggi in Germania, né in Spagna. Se l’assenza di riferimenti alla Germania può essere giustificata dalla mancanza di esempi rilevanti fino al tardo sistema di mercati berlinese (1886-1893)52, diverso è il caso spagnolo. A Madrid si studiano i primi mercati metallici sul modello francese già dagli anni Sessanta, mentre importanti città come Barcellona iniziano presto a costruire padiglioni53. Probabilmente la Spagna, emarginata dalle maggiori potenze del mondo, appare un paese marginale in Europa, distante e politicamente instabile, quando anche la sua economia comincia a risentire della perdita delle colonie americane. Minata dalla crisi generale del 1866, la attendono sei anni di crisi rivoluzionaria prima della restaurazione borbonica (1868-1874) e della costruzione dei grandi mercati in ferro e vetro ispirati alle Halles, fra i quali i mercati de la Cebada e de los Mostenses (distrutto, 1870-1875) a Madrid, El Born generali, a quel colosso di ferro, a quella città nuova e straordinaria»: Zola, Il ventre di Parigi, cit., p. 21. 51 O. Selvafolta, Il progetto e la costruzione della Galleria Vittorio Emanuele II: “one of the most magnificent buildings in Europe”, in P. Gasparoli et al. (a cura di), La Galleria Vittorio Emanuele II di Milano. Progetto, costruzione, restauri, Skira, Milano 2016, pp. 19-49. 52 Dopo gli esempi di Amburgo e Monaco (Mercato Massimiliano, 1851), si inaugura il mercato di Stoccarda (1865), seguito da un mercato privato a Berlino (1867) che fallirà presto. Francoforte costruirà il mercato centrale nel 1879, mentre altre città tedesche si doteranno di mercati coperti dagli anni Ottanta dell’Ottocento, vedi H. Paflik-Huber, Mercados cubiertos en Alemania: de los mercados de hierro a los mercados centrales de hormigón, in Guardia, Oyón (ed. por), Hacer ciudad, cit., pp. 329-364. 53 E. Castañer Muñoz, La arquitectura del hierro en España. Los mercados del siglo XIX, Real Academía de Ingeniería, Madrid 2006; Id., La difusión de los mercados de hierro en España (1868-1936), in Guardia, Oyón (ed. por), Hacer ciudad, cit., pp. 233262.

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