MasterX Marzo 2025

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a Ilona Staller: «Non di Alessandro Dowlatshahi

Secondo occhiello I nuovi corsi di storytelling eccetera etc di Nome Cognome _ p.12

Social Il mondo delle dating app: Tinder, Hinge, Raya e Grindr di Ettore Saladini p.8

Diritti Come può un disabile vivere la sessualità? di Rebecca Saibene

Terzo occhiello Ferruccio de Bortoli si racconta agli studenti Iulm di Nome Cognome _ p.14

Quarto occhiello Le storie dagli atenei di tutto il mondo di Nome Cognome _ p.20

Anno XXIII Numero 1I Marzo 2025 www.masterx.iulm.it

Anno XXI Numero 1II Luglio-Settembre 2023 www.masterx.iulm.it

Periodico del master in giornalismo dell’Università IULM

Periodico del master in giornalismo dell’Università IULM

Facoltà di comunicazione

Facoltà di comunicazione

IL NONSOLITOSESSO

Venduto ovunque, spesso censurato, in bilico tra volgarità e ipocrisia. Parlare di sesso è ancora un tabù?

Libri, cinema e tv Lolita, Carrie Bradshaw e la grammatica del sesso di Serena Del Fiore

Diretto da:

DANIELE MANCA (responsabile) Progetto grafico: ADRIANO ATTUS

In redazione:

Davide Aldrigo, Elena Betti, Elena Cecchetto, Serena Del Fiore, Alessandro Dowlatshahi, Vittoria Giulia Fassola, Glenda Veronica Matrecano, Cosimo Mazzotta, Francesca Neri, Tommaso Ponzi, Rebecca Saibene, Ettore Saladini, Giulia Spini, Chiara Balzarini, Chiara Brunello, Matteo Carminati, Moises Alejandro Chiarelli, Alyssa Cosma, Michela De Marchi Giusto, Marco Fedeli, Matilde Liuzzi, Roberto Manella, Andrea Pagani, Maria Sara Pagano, Manuela Perrone, Pietro Santini, Riccardo Severino, Martina Ludovica Testoni

Registrazione: Tribunale di Milano n.477 del 20/09/2002

Stampa: RS Print Time S.r.l Master in Giornalismo Iulm

Direttore strategico: Daniele Manca

Coordinatrice organizzativa: Marta Zanichelli

Coordinatore didattico: Ugo Savoia Tutor: Sara Foglieni

Docenti:

Anthony Adornato (Social media e mobile Journalism), Adriano Attus (Art director e Grafica digitale), Federico Badaloni (Architettura dell’informazione), Luca Barnabé (Giornalismo periodicoGiornalismo, cinema e spettacolo), Silvia Brasca (Fact checking and Fake news), Federico Calamante (Giornalismo e narrazione), Marco Castelnuovo (Social media curation I - video), Maria Piera Ceci (Giornalismo radiofonico l - Dizione e Public Speaking), Pierluigi Comerio (Simulazione esame di idoneità professionale), Mario Consani (Deontologia), Giovanni Delbecchi (Critica giornalismo Tv), Bruno Delfino (Smartphone photojournalism), Andrea Delogu (Gestione dell’impresa editoriale), Luca De Vito (Cronaca locale e produzione multimediale e II), Alessandro Galimberti (Copyright e Deontologia), Paolo Giovannetti (Critica del linguaggio giornalistico), Alessio Lasta (Reportage televisivo), Stefania Lazzaroni (Comunicazione istituzionale), Antonino Luca (Videogiornalismo), Bruno Luverà (Giornalismo Tv), Caterina Malavenda (Diritto e procedura penale), Matteo Marani (Giornalismo sportivo), Anna Meldolesi (Giornalismo scientifico), Alberto Mingardi (Giornalismo e politica), Micaela Nasca (Redazione digitale e Laboratorio di pratica televisiva), Matteo Novarini (Storia del giornalismo), Enrico Palumbo (Storia Contemporanea), Elisa Pasino (Tecniche dell’ufficio stampa), Martina Pennisi (Social media Curation Ipersonal branding), Aldo Preda (Giornalismo radiofonico II), Davide Preti (Tecniche di ripresa digitale I e II), Roberto Rho (Giornalismo economico e Giornalismo quotidiano), Giuseppe Rossi (Diritto dei media e della riservatezza), Federica Seneghini (Social Media Curation II), Gabriele Tacchini (Giornalismo d’agenzia), Marta Zanichelli (Publishing digitale)

Sesso,

di Tommaso Ponzi

Bukowski non avrebbe mai avuto Tinder Gold di Ettore Saladini

L’amore non si fa nei sexy shop di Francesca Neri

Cosimo Mazzotta Master in Giornalismo

PARLARE DI SESSO SIGNIFICA

PARLARE DI NOI

Ilona Staller: «Non esistono duplicati di Cicciolina». L’icona del porno si racconta di Alessandro Dowlatshahi

L’intimità si apre a nuove frontiere digitali di Elena Cecchetto

IULM lancia ScentDia di Chiara Balzarini, Matteo Carminati 8 11 12 14 17 18 20 22 24 26 27

Chi troppo e chi (quasi) niente di Glenda Veronica Matrecano

Il desiderio negato delle persone disabili di Rebecca Saibene

Lo abbiamo fatto (letto e visto) ovunque di

Quando l’arte incontra la seduzione di Elena Betti

Il peccato originale di Vittoria Fassola

«Quel che è caratteristico delle società moderne non è che abbiano condannato il sesso a restare nell’ombra, ma che siano condannate a parlarne sempre, facendolo passare per il segreto». Con queste parole, il filosofo francese Michel Foucault catturava ne La volontà di sapere (1976) il paradosso della sessualità contemporanea. Nell’epoca che ci ha insegnato a parlare di repressione, di devianza, di prevenzione, di pudore, la società ha cercato di imbrigliare la potenza del sesso prima di tutto nella sua natura discorsiva. Al punto che, osservava Foucault, la storia della sessualità «deve essere fatta innanzitutto dal punto di vista di una storia dei discorsi», prodotti, diffusi o anche taciuti. Questo è ciò che si è cercato di fare in questo numero di MasterX, stando in guardia da due pericoli. Il primo: lasciarsi inghiottire dalla dimensione storica in senso cronologico, in una spirale che ci avrebbe trascinato attraverso i secoli per finire a raccontare il sesso da Adamo ed Eva ai giorni nostri. Il secondo era invece quello di scadere nel saggio e dimenticare il valore giornalistico della nostra ricerca: in questo senso l’obiettivo è stato abbandonare la storia, per raccontare le storie. Storie di chi il sesso lo vive, lo fa, lo pensa, lo vuole, lo teme, lo ripudia, lo brama. Senza giudizi e preconcetti, senza voler fare la morale o sostenere una posizione. Guardando al sesso come a un bisogno da soddisfare, ma anche come a un desiderio da esaudire, abbiamo raccolto le storie di chi il sesso non lo fa per scelta o per impossibilità, di chi ha dedicato la vita a capirlo o a esibirlo, di chi lo vive come gli è stato insegnato o lo esplora attraverso le nuove tecnologie, dalle app di dating all’intelligenza artificiale.

Abbiamo abbandonato la storia per raccontare le storie

Nell’epoca di Trump, della denatalità e di OnlyFans, scopriamo che il sesso dice incessantemente qualcosa di noi. Ci parla dei nostri rapporti di potere, del senso di appartenenza che ricerchiamo, dell’equilibrio – faticoso e spesso sbilanciato – tra come siamo e come vorremmo apparire. È ancora Foucault a ricordarci che tutto questo ci ha condotti a «porre al sesso la domanda: chi siamo?». Perché non importa se il sesso sia il solito oppure no: il sesso è come noi, cambia e rimane lo stesso al ritmo con cui noi facciamo altrettanto. Dandogli lo spazio di raccontarsi, abbiamo cercato di raccontarci, come tempo, come generazione e come cultura.

NEL BENE O NEL MALE L’IMPORTANTE È CHE SE NE PARLI

«Il sesso è potere, è emozione, è la cosa più naturale del mondo e non capisco perché la gente continui a farne un problema». Se si parla di sesso, non si possono non citare le parole dell’intramontabile Samantha Jones di Sex and the City. Parole ancora estremamente attuali.

In un mondo che giudica, riduce e banalizza la sessualità, trattandola spesso in modo superficiale, il sesso è da sempre un tema che solleva reazioni contrastanti. Nonostante un’apparente evoluzione della società e una maggiore apertura, la percezione che il sesso debba essere trattato con discrezione, come se fosse qualcosa di intimo e “sporco”, continua a permeare il nostro modo di agire. Dall’altro lato, il sesso è spesso ridotto a spettacolo, consumo e dominio, dalla pornografia e dalla cultura popolare. Considerando questi due estremi, non vogliamo sindacare su cosa sia giusto o sbagliato, quanto riflettere su come sia difficile trovare un equilibrio che conferisca al tema una dimensione più attenta: il sesso rimane un’esperienza profondamente intima e complessa, che merita rispetto e comprensione, non solo negli spazi privati, ma anche nel dibattito pubblico. Il fatto che venga ancora trattato con imbarazzo, o addirittura con ostilità in numerosi ambiti, testimonia come, a livello culturale e psicologico, ci sia una dissonanza tra quello che viene dichiarato come accettabile e quanto effettivamente lo sia. È questa la sfida che abbiamo raccolto nell’affrontare un tema così delicato. In ogni pagina c’è grande attenzione al peso delle parole, alla precisione delle affermazioni, dei punti di vista diversi, delle storie condivise. Perché non c’è nulla come la condivisione della propria libertà sessuale per scardinare tabù e farci sentire meno soli nelle nostre voglie. Nei nostri istinti. L’istinto di chi vive un amore senza sesso. L’istinto di chi vuole rimettersi in gioco entrando nel mondo degli swipe e dei match. L’istinto di chi dedica il suo tempo all’affettività dei disabili. L’istinto di chi vuole trasgredire con sex toys e nuove tecnologie. Ma cos’è adesso la trasgressione? Tutto, forse niente. Il limite, in fondo, è lì, nel comprendere che il sesso è ovunque. Non è solo un atto fisico. Fa parte di chi siamo e di come comunichiamo. Ed è in questo spazio che emerge una riflessione di Philip Roth: «Per quante cose tu sappia, per quante cose tu pensi, per quanto tu ordisca e trami, non sei mai al di sopra del sesso».

Il sesso è ovunque. Fa parte di chi siamo e di come comunichiamo

MARZO 2025 - N° II - ANNO XXIII
Mappa Turismo sessuale nel mondo
XXX.
Serena Del Fiore

SESSO

«E come ‘o famo? ‘O famo strano»

In vent’anni cresce la trasgressione, ma anche l’astinenza. Sdoganato il sesso senza amore, soprattutto tra i più giovani

Il sesso è onnipresente: nei social, negli spot pubblicitari, nella cultura pop. Eppure, proprio in questo scenario apparentemente ipersessualizzato, un numero crescente di italiani, soprattutto giovani, dice «grazie, ma no, grazie». Secondo l’ultima ricerca Censis-Bayer, sebbene il sesso occasionale e le pratiche trasgressive siano ormai sdoganate, sono aumentati coloro che non hanno mai avuto esperienze sessuali o che vivono periodi prolungati di astinenza.

due decenni di cambiamenti

Gli ultimi due studi sulle abitudini sessuali degli italiani risalgono al 1999 e al 2019. In vent’anni, la situazione è profondamente cambiata. Se da un lato si è ampliata la platea di coloro che non fanno sesso, passando dal 5,4% al 10,2% tra i 18-40enni, con un aumento significativo tra i maschi (dal 3% all’11,6%), dall’altro lato chi pratica sesso lo fa con maggiore frequenza. Oggi, il 44,1% degli attivi sessualmente si concede almeno tre incontri a settimana, rispetto al 36,9% di venti anni fa.

Questo crea un paradosso: un numero crescente di giovani senza sesso, contrapposto a chi, invece, vive una vita sessuale più intensa.

La polarizzazione è evidente: da un lato, chi si astiene, dall’altro, chi esplora il piacere con maggiore frequenza.

Il sesso senza amore è sempre più sdoganato. Specialmente fra le donne. Se venti anni fa solo il 37,5% delle donne lo considerava possibile, oggi questa percentuale è schizzata al 77,4%.

Un’altra rivoluzione è l’emergere della trasgressione nel quotidiano, anche tra le coppie consolidate. Pratiche un tempo considerate di nicchia, come il porno, sono ora sdoganate e integrate nella vita sessuale di molti. Oggi, il 24,6% delle persone ha provato almeno una pratica trasgressiva, come rapporti a tre o sadomaso, un salto notevole rispetto al 5,5% di venti anni fa. Inoltre, il 40,5% degli intervistati è aperto a sperimentare, rispetto al 7,3% di un tempo.

La ricerca del piacere si traduce in una lotta costante contro la noia e la routine. Oggi, il

In foto la campagna pubblicitaria di Netflix per promuovere la terza stagione della serie televisiva Sex Education nel 2021. Fiori, frutti e altri elementi diventano immagini allusive di organi genitali.

CURIOSITÀ

Trasgressioni, piaceri e tabù: tutti i segreti sotto le coperte

SESSO, DROGA E ROCK ‘N’ ROLL

Chi fa uso di marijuana fa meno sesso? Non negli Stati Uniti. Uno studio condotto dall’Università di Stanford ha dimostrato esattamente il contrario. Analizzando i dati relativi a oltre 50 mila persone tra 25 e i 45 anni, i consumatori abituali di cannabis hanno rapporti sessuali circa il 20% più spesso rispetto ai non consumatori.

SOL LEVANTE, LIBIDO CALANTE

Il Giappone detiene il primato per il maggior numero di coppie bianche. Secondo un sondaggio della Japan Family Planning Association, quasi la metà delle coppie giapponesi (48,3%) ha rapporti sessuali meno di una volta al mese. In media, i giapponesi fanno sesso 45 volte l’anno, ben al di sotto della media globale di 103 rapporti annuali.

SEX MADE IN CHINA

Le disfunzioni sessuali sono un fenomeno piuttosto diffuso in Cina. Ben il 35% delle donne e il 21% degli uomini di età compresa tra i 20 e i 59 anni ne soffre, secondo dati emersi dal Chinese Health and Family Life Survey (CHFLS), un’indagine approfondita su comportamenti sessuali, salute e dinamiche familiari.

MANI IN PASTA

In Australia le autorità governative incoraggiano la masturbazione, e lo hanno fatto attraverso una campagna social:“Masturbation can be an act of self love”. Lo scopo? Stimolare un dibattito positivo intorno al tema e ridurre lo stigma che oggi è associato alla masturbazione, comunicandone benefici per la salute.

“TAGLIATEGLI LA TESTA”

In Indonesia niente masturbazione e niente pornografia web. Chi viene scoperto a masturbarsi rischia fino a 32 mesi di carcere. La pornografia online, invece, è stata bandita già nel lontano 2008, con blocchi ai siti e pene severe a chi diffonde o fruisce di contenuti espliciti. Occhio a non toccarsi in pubblico: si rischia la pena di morte con decapitazione.

AMARE HUMANUM EST

Nell’antica Roma il sesso era sesso: omosessualità, eterosessualità, bisessualità non esistevano. Gli uomini avevano relazioni sessuali con chiunque, anche con altri uomini, senza essere giudicati. Una condizione? Che l’altro avesse uno status sociale inferiore. Idem per le donne, seppur con discrezione, perché era in gioco il loro onore.

SHORT WEEK, LONG PLEASURE

Dopo una giornata di lavoro, un po’ di sesso non fa male. Secondo una ricerca dell’Istituto Harris Interactive svolta nel 2016, le donne finlandesi sarebbero sessualmente attive in particolar modo tra il lunedì e il giovedì. Con una media di cinque rapporti a settimana, le donne finlandesi sono dunque le più sessualmente attive al mondo.

sesso è caratterizzato da una varietà di pratiche e dalla volontà di condividerle, un atteggiamento impensabile solo due decenni fa. Infine, il numero di partner sessuali è aumentato, riflettendo il fenomeno del quick sex, dove il dating porta a incontri più rapidi. Oggi, il 29,2% ha avuto almeno sei partner, contro il 22% di venti anni fa, mentre il 30% ha avuto un solo partner, rispetto al 37% di un tempo.

In sintesi, la sessualità dei giovani italiani si è trasformata: viene fatto sesso con maggiore frequenza, con più partner e sperimentando una varietà di pratiche. Tuttavia, aumenta il numero di coloro che non hanno mai praticato sesso, o che lo praticano poco, in particolare tra i giovani maschi.

le pratiche più diffuse

Il sesso orale, più versatile e meno impegnativo, si conferma la pratica più diffusa: lo fa l’80,7% degli italiani tra i 18 e i 40 anni attivi sessualmente. Il 67% pratica la masturbazione reciproca, il 61,2% preferisce guardare video porno da solo, il 25,2% li guarda con il partner. Il 46,9% usa un linguaggio osceno durante i rapporti, il 37,5% scambia messaggi “piccanti” con il partner e il 16,5% si filma durante i rapporti sessuali. Il 13,1% pratica rapporti a tre o più persone contemporaneamente e il 12,5% si concede a rapporti sadomaso.

Per l’84,8% dei 18-40enni che hanno attualmente una vita sessuale, il partner è la persona con cui hanno una relazione di coppia stabile. Il poliamore coinvolge il 5,3% degli intervistati, con il 4% che ha anche altri partner sessuali oltre alla persona con cui ha una relazione stabile (la classica infedeltà) e l’1,3% che ha più di una relazione sessuale stabile (poliamore propriamente detto). Il 6,3% ha una relazione con una persona che frequenta occasionalmente e il 3,5% ha relazioni occasionali con persone diverse.

Quanto ai partner complessivi avuti nel corso della propria vita, emerge che per il 30% del campione considerato sono uno, per il 27% due/tre, per il 13,7% quattro/cinque, per l’11,5% da sei a dieci, per il 17,7% oltre dieci. Sono perciò 2,8 milioni i giovani che hanno avuto rapporti sessuali con più di dieci partner nella vita. I maschi hanno avuto più partner delle femmine: è questo l’ambito in cui sembrano ancora trovare qualche supporto gli stereotipi di genere, con maschi che si vantano delle proprie performance e donne che le ridimensionano. Questi dati provengono da una ricerca condotta nel 2019, prima di un evento

LA VIDA ES UN CARNAVAL

In Spagna il poliamore sembra ormai ufficialmente sdoganato, tanto da essere sempre più diffuso. Secondo un sondaggio del Centro di Indagini Sociologiche (CIS) spagnolo, più del 47% degli intervistati dice di essere “d’accordo” o “molto d’accordo” con l’idea che una persona possa intrattenere più di una relazione sessuale contemporaneamente.

globale che ha profondamente trasformato le abitudini di tutti, inclusi i comportamenti sessuali. Dal 2020, con la pandemia di Covid-19, molte dinamiche sono cambiate e le tendenze finora analizzate potrebbero essersi ulteriormente accentuate. Per avere un quadro più chiaro dell’evoluzione della sessualità in Italia, sarà necessario attendere una nuova indagine Censis-Bayer, prevista fra qualche mese.

quando la passione va in letargo Emerge anche un fenomeno nuovo: le cosiddette coppie bianche. In un’epoca in cui l’amore viene spesso associato a passione e intimità, non tutti danno priorità al sesso e per loro avere una relazione non implica necessariamente avere rapporti sessuali. Ben 220mila persone vivono questa realtà, esplorando legami affettivi che sfuggono alle convenzioni tradizionali.

In Italia, il 30% della popolazione si trova a vivere una relazione stabile, matrimoniale o di convivenza, senza rapporti sessuali.

Con questo dato l’Ami (Associazione avvocati matrimonialisti italiani) fa luce su un fenomeno tanto sottovalutato quanto preoccupante, quello delle coppie bianche. Non esiste un criterio universale per definire una coppia come «bianca», tuttavia alcuni esperti la definiscono tale quando si hanno meno di dieci rapporti all’anno. Tra le regioni italiane, la Lombardia risulta essere la regione con il minor numero di rapporti sessuali all’interno delle coppie. Alcune coppie scelgono consapevolmente questa condizione, trovando altri modi per esprimere la loro intimità e connessione. Altre, invece, si ritrovano in questa situazione senza averla pianificata, andando incontro a frustrazione, sensi di colpa o distanza emotiva. Come spiega il presidente dell’Ami, l’avvocato Gian Ettore Gassani, «La mancanza di interesse alla sessualità dipende soprattutto dagli uomini». Secondo l’avvocato, in caso siano problemi fisici a ostacolare il sesso in una relazione l’uomo «ha remore ad andare da un sessuologo o un andrologo per orgoglio».

La Lombardia è la regione in cui le coppie fanno meno sesso. Secondo la rilevazione Censis del 2019, lombardi rappresentano il 4,7% del totale delle “coppie bianche” che non hanno rapporti sessuali. Troppo presi dal lavoro per cedere alla lussuria. Tra le cause principali, ci sono infatti stress e mancanza di tempo di qualità con il partner.

CORNUTI E CONTENTI

Le coppie italiane sono al primo posto per propensione al tradimento. Secondo un sondaggio condotto a livello europeo da un portale di incontri, l’Italia guida la classifica, con il 58% degli intervistati che ha ammesso di aver tradito almeno una volta il proprio partner, suggerendo che l’infedeltà sia un fenomeno diffuso in Italia.

IL MIELE DEL FARAONE

Il primo sex toy della storia è stato documentato in Egitto ed era usato dalla regina Cleopatra. Si trattava di una zucca svuotata e riempita di api ronzanti, utilizzata come un moderno vibratore. A oggi, è il quinto elettrodomestico a entrare nelle case subito dopo il ventilatore, il bollitore, la macchina da cucire e il tostapane.

Cronache di un amore senza sesso

L’assenza di sesso in una relazione è sempre sinonimo di crisi? Le cosiddette “coppie bianche” dimostrano come possano esistere legami anche senza intimità fisica

C’è chi dice che il sesso non sia tutto in una relazione. C’è chi, invece, pensa che senza sesso l’amore sia destinato a spegnersi. E poi c’è Giorgia, che da cinque anni vive una storia d’amore a senso unico. Non perché Giuseppe non la ami, anzi: è il primo che l’abbia mai capita davvero. Lui è riuscito a domare il suo carattere esplosivo, a darle la sensazione di essere finalmente ascoltata, accolta. Solo che, tra loro, il letto è sempre stato freddo. All’inizio, Giorgia si raccontava che fosse solo una questione di inesperienza. Giuseppe, timido e riservato, forse aveva paura di non essere all’altezza. Poi ha iniziato a farsi domande più scomode: e se non fosse attratto da lei? E se, magari, fosse omosessuale? Giuseppe aveva negato con decisione. Ma allora perché non voleva far sesso? L’ipotesi più razionale le era arrivata come un pugno nello stomaco. Giuseppe poteva essere asessuale. Un’ipotesi che le causava un gran disagio, perché il sesso per lei era sempre stato più di un piacere fisico: era comunicazione, connessione, identità. Senza di quello, si sentiva persa. La soluzione più semplice sarebbe stata quella di separarsi. Eppure, Giorgia non contemplava l’idea. Giuseppe era il suo migliore amico, il suo porto sicuro.

L’assenza di sesso, però, aveva scavato un solco profondo e Giorgia aveva iniziato a riversare la sua frustrazione proprio su di lui: lo sminuiva, lo punzecchiava davanti agli amici, lo faceva sentire piccolo. Un circolo vizioso, in cui l’amore c’è, ma è malato. Ma l’amore, si sa, non segue mai la logica. E così Giorgia e Giuseppe vanno avanti, convivono, si amano in un modo tutto loro, fatto di abbracci e parole, ma senza il corpo. E la passione? Quella Giorgia

la tiene chiusa in un cassetto, affidata a un dildo che per ora le basta.

Durante la pandemia, sono molte le persone che come Giorgia hanno scelto di raccontare le proprie storie su forum o siti web, spesso in forma anonima o sotto uno username. «Convivo da circa dieci mesi con il mio ragazzo e dal punto di vista sessuale è un disastro. Circa un mese fa ho cambiato stanza e ho deciso di dormire da sola perché volevo che il mio partner prendesse coscienza di quello che sta accadendo». È la testimonianza di una ragazza di 27 anni che, a maggio 2020, racconta su Fem, il forum al femminile di GEDI e Repubblica, la travagliata convivenza con il compagno.

coppie non ci fossero rapporti sessuali. Per il 68% degli uomini la prima motivazione era «Non è abbastanza disinibita sessualmente per me», mentre il 66% delle donne ha optato per «Ha perso interesse e non so perché».

cosa spegne il desiderio

Le cause di questa «recessione sessuale» sono molteplici e spesso interconnesse. Le motivazioni dietro la mancanza di rapporti sessuali nelle coppie bianche possono essere di natura fisica, psicologica o relazionale. In alcuni casi, la riduzione o l’assenza di intimità può essere il risultato di problemi di salute, come squilibri ormonali o effetti collaterali di alcuni farmaci.

A questi fattori si aggiungono quelli psicologici ed emotivi: ansia, depressione e bassa autostima possono influenzare il desiderio sessuale. Ma anche traumi, educazione repressiva o tabù culturali inducono spesso a provare disagio nel vivere la propria intimità.

con chi (non) fai l amore?

All’inizio, Giorgia pensava fosse solo inesperienza. Poi ha iniziato a farsi domande più scomode

recessione sessuale: crisi o resa silenziosa?

Una ricerca condotta dagli psicologi Bob e Susan Berkowitz redatta nel loro libro L’amore bianco. Perché gli uomini non lo fanno più (e cosa ci puoi fare) ha sottoposto a 4000 intervistati, di cui il 33% uomini e il 67% donne, un elenco di 22 possibili ragioni per cui in queste

A livello relazionale, poi, la routine e la mancanza di stimoli può portare la coppia a cadere in una sorta di “inerzia affettiva”, in cui il legame emotivo rimane solido, ma la passione si affievolisce. Secondo Serenis, una piattaforma di psicologi online, l’assenza di sesso può trasformarsi in un problema quando diventa causa di conflitti, insoddisfazione o tradimenti all’interno della relazione. Tuttavia, non tutte le coppie senza rapporti sessuali vivono il fenomeno come una crisi: alcune lo accettano come parte della loro dinamica e riescono a mantenere un forte legame affettivo. Il fenomeno delle coppie bianche in Italia rappresenta una sfida sia per il singolo che per la società. Sebbene l’assenza di sesso non sia sempre sinonimo di crisi, è importante che le coppie trovino un equilibrio che garantisca soddisfazione a entrambi i partner. Parlare di sessualità in modo aperto e privo di pregiudizi resta uno degli strumenti più efficaci per comprendere e affrontare questa realtà sempre più diffusa.

CHI DORME NON PIGLIA PESCI

La maglia nera per chi fa meno sesso in Europa va alla Svizzera. Secondo una rilevazione del 2022 svolta dall’Istituto di Ricerca Sociale Sotomo, gli svizzeri fanno sesso meno di due volte al mese, ma dormono almeno 7 ore a notte. Tra le persone sposate, il dato scende ancora di più: una volta al mese, con il 26% che ha rapporti settimanali. DRILL, BABY, DRILL

Gli Stati Uniti sono il Paese più porno-addicted al mondo. Secondo PornHub, gli utenti statunitensi dominano il traffico della piattaforma, con un numero di ricerche che supera di oltre quattro volte il Regno Unito (al secondo posto), e di cento volte il Cile. termini più ricercati? Al primo posto “lesbian”, al secondo “milf”.

LEZIONI PRATICHE

Nell’isola di Mangaia (Nuova Zelanda), nell’Oceano Pacifico meridionale, ragazzi intorno ai 13 anni fanno sesso con le donne anziane del posto. Non si tratta di pedofilia, ma di pedagogia sessuale: i più giovani imparano dettagli dell’atto, le posizioni migliori per compiacere le loro partner e trucchi per migliorare le prestazioni.

TUTTO FUMO, NIENTE ARROSTO
In foto una scena del film Ti odio, ti lascio, ti... (2006) con protagonisti Vince Vaughn e Jennifer Aniston.
Coppie bianche in Italia sono circa 110.000 tra i 18-40 anni.

Bukowski non avrebbe mai avuto Tinder Gold

Viaggio nel mondo delle dating app: Tinder, Hinge, Raya e Grindr. Tra algoritmi, like, swipe, foto al mare o con i cani, match e ghosting, alla ricerca dell’amore (o almeno di una bio che sia originale)

Di Ettore Saladini

«L’amore non è che il risultato di un incontro casuale. La gente gli dà troppa importanza», scriveva Charles Bukowski in Musica per organi caldi nel 1983. Un’idea cinica, forse, ma che oggi sembra più attuale che mai. Se fosse ancora vivo, il poeta americano probabilmente guarderebbe con curiosità il mondo delle dating app, dove il caso è stato rimpiazzato dagli algoritmi e il destino si gioca a colpi di swipe e compatibilità calcolate. Sempre più persone hanno smesso di credere nel caso. Uno sguardo rubato in un bar, una battuta scambiata in fila al supermercato (ma-

Storia di un match fallito: il ghosting di Capodanno

AAA Cercasi tour operator con largo anticipo

Francesca, 28 anni, ha scaricato Tinder da poco. Le amiche glielo ripetevano da mesi: «Almeno provaci, che ti costa?». Alla fine ha ceduto. Un sabato sera, dopo due drink di troppo con le sue amiche, apre il suo profilo. Passano cinque minuti e ha già ricevuto più di venti like.

Nei giorni successivi, scorre i profili, mette qualche mi piace, risponde per educazione ai primi messaggi. Nulla di troppo serio, giusto per vedere come funziona.

A un certo punto, arriva Marco. I primi scambi sono scorrevoli, le classiche domande su lavoro, passioni e viaggi. Lui è gentile, risponde in fretta, cerca di mantenere la conversazione attiva. Francesca chiacchiera volentieri, ma senza particolare entusiasmo. Nessuna battuta memorabile, nessuna scintilla. Con il passare dei giorni, l’interesse si affievolisce. Lei inizia a rispondere con meno frequenza. Un messaggio al mattino, uno alla sera, poi il giorno dopo si dimentica. Quando lo ritrova tra le chat, si rende conto di non avere più molto da dire. Così, semplicemente, smette di scrivere. Due giorni dopo, però, Marco ricompare con una serie di messaggi inaspettati: «Francesca ci sei? Che succede? Per favore rispondimi, non farmi iniziare il 2025 da ghostato». Francesca rimane spiazzata. Legge più volte per capire se sta scherzando. Per un attimo si chiede se sia stata scortese. Gira lo screenshot nella chat con le amiche. Le risposte arrivano in pochi secondi: «Ma questo è matto?»; «Si era già fatto il film», «Chiamategli un terapista, subito». Francesca ride, ma il messaggio la mette a disagio. Non pensava di dover gestire drammi emotivi per una conversazione senza impegno. Per qualche istante valuta se rispondere, ma la verità è che non saprebbe nemmeno cosa dire. Dopo qualche secondo di esitazione, apre l’app, scorre fino al suo profilo e chiude il match.

COME FUNZIONA TINDER?

Il fast food del dating

Con circa 75 milioni di utenti in 190 Paesi, è il fast food del dating: veloce, globale e senza fronzoli. Perfetta per chi cerca sia storie serie che avventure lampo. Qui si swipa più che conversare.

Luca, 25 anni, è su Hinge per conoscere ragazze. Quando matcha con una giovane americana che, secondo la bio, si trova a Milano, la conversazione prende subito una piega interessante. Nella descrizione, la ragazza scrive che la sua domenica tipo è andare a messa con la nonna. Non grandma, non nana proprio nonna. Sembra tutto chiaro, è a Milano e ha una nonna italiana. Luca apre la conversazione con una battuta su questo dettaglio. Lei risponde divertita, confermando di avere origini italiane e aggiunge che la nonna cucina anche bene. Lo scambio prosegue in modo leggero e spontaneo. Per due giorni tutto fila liscio, tra ironia e un po’ di ripasso di inglese che non guasta mai. Poi, all’improvviso, arriva un messaggio che lo spiazza: «Va bene allora, ho deciso che potrai farmi da guida quando verrò a Milano a marzo. Mi piace organizzarmi prima. E poi i ragazzi americani sono terribili a organizzare viaggi». Luca è incredulo. È settembre. Sei mesi di anticipo per un incontro che fino a pochi minuti prima sembrava ancora nella fase del “forse ci vediamo per un drink” gli sembrano una follia. Per di più, la ragazza ha nominato la presenza di altri ragazzi americani, quindi altro che turista straniera sola a Milano. Prova a sdrammatizzare con una risposta ironica, chiedendole se voglia anche qualche suggerimento per ristoranti e bar. Lei, però, prende la cosa sul serio e rilancia con entusiasmo: «Sì, magari con qualche opzione per il brunch!».

A quel punto, Luca capisce. Non è ironia, non è leggerezza, ma una pianificazione dettagliata. E lui, che su Hinge cercava una conoscenza senza vincoli, si ritrova con un appuntamento fissato con mesi di anticipo e già richieste specifiche. Con la stessa discrezione con cui era iniziato il tutto, smette di rispondere e passa avanti alla prossima chat.

COME FUNZIONA HINGE?

Ideata per essere cancellata (in teoria)

Con circa 23 milioni di utenti, è l’antiTinder: «L’app realizzata per essere cancellata». Meno swipe, più personalità. Ideale per chi sogna una relazione seria, ma non disdegna le domande assurde.

gari con un ananas nel carrello all’Esselunga), una spinta involontaria in metro, un ombrello solo sotto la pioggia. Piccoli momenti da commedia romantica che per alcuni fortunati resistono, ma che oggi devono competere con un’alternativa digitale. Se un tempo l’amore si manifestava all’improvviso, con una sconosciuta dal sorriso giusto nel posto giusto, ora può prendere la forma di un profilo curato nei minimi dettagli, con foto strategiche e descrizioni accuratamente selezionate.

Chiunque abbia frequentato le dating app sa che l’esperienza somiglia un po’ allo sfogliare un catalogo di vestiti. Ogni camicia ha caratteristiche proprie, a volte uniche, ma rimane pur

sempre una camicia. Così come i profili nelle app di dating: variano nei dettagli, ma alla fine si assomigliano tutti.

Le foto con cani e gatti sono onnipresenti, perché attirano like e fanno sembrare più empatici. Poi ci sono le foto al mare in costume, quelle delle vacanze in posti esotici (perché nessuno vuole sembrare povero).

Le foto in cui si sfoggia un look curato, quelle in cui si ride a una festa per rassicurare il pubblico di essere persone socievoli e divertenti.

Anche le descrizioni seguono schemi ben rodati. Il grande classico “Mi piace viaggiare” (una frase che dice tutto e niente, perché davvero esiste qualcuno che non ama viaggiare?)

e il tormentone “Due verità e una bugia”, con variazioni sul tema tipo: “Ho vissuto un anno in Australia, mio zio ha partecipato a Sanremo, non so cucinare”. E ancora: “Inventa una storia finta su come ci siamo conosciuti”, perché

“Ci siamo incontrati su Tinder” non suona abbastanza romantico. Non mancano poi i criteri di selezione: “Cerco solo ragazzi alti e ricci”, “Sei del Leone? No, grazie”, “Amo le conversazioni profonde”, “Dimmi che musica ascolti e che film guardi, poi ne parliamo”. Spesso si arriva anche agli avvertimenti ideologici: “Non scrivermi se sei di destra.” E poi c’è chi va nello specifico: “Se hai votato Meloni, non mettermi neanche like.”

Ma non tutte le app sono uguali. Anche qui vale il discorso delle camicie: diverse nei dettagli, simili nella sostanza. Tinder è la più popolare, accessibile a tutti e con un meccanismo semplice: swipe a destra se qualcuno ti piace, a sinistra se vuoi passare oltre. Se il like è reciproco, scatta il match e può nascere una conversazione. Hinge, invece, si propone come l’opposto: meno swipe compulsivi, più interazioni basate su prompt e domande studiate per far emergere la personalità, almeno in teoria. Il suo motto è Designed to be deleted (“Realizzata per essere cancellata”), perché idealmente dovresti trovarci l’anima gemella, non passarci le serate a scorrere profili.

Di E.S.
TINDER
Di E.S.
HINGE
Swipe fatigue o ansia da dating app: tra foto indesiderate, match mancati e swipe continui, gli utenti trascorrono ore alla ricerca di profili e di compatibilità.

Sesso occasionale: io, lui e la tata perfetta

Fabio, 28 anni, è gay ed è iscritto a Grindr. Un giorno matcha con un uomo più grande di lui. Dopo pochi messaggi, l’invito è diretto: «Dai, allora vieni da me». Su Grindr gli incontri avvengono spesso senza troppi preamboli, e così Fabio accetta.

Arriva in un palazzo elegante di Milano, un edificio di quelli che trasmettono subito un senso di esclusività. L’appartamento è ampio, moderno, arredato con gusto. Ma prima ancora di soffermarsi sui dettagli di design, Fabio nota qualcosa di inaspettato: in fondo al corridoio, due bambini piccoli giocano sotto lo sguardo vigile di una domestica.

Lei, vedendolo entrare, non sembra sorpresa. Si limita a un rapido sguardo e poi torna alle sue occupazioni, come se fosse abituata a quella scena. Il padrone di casa, invece, lo accoglie con naturalezza, come se nulla fosse fuori posto. Gli offre qualcosa da bere e iniziano a chiacchierare.

Durante la conversazione, Fabio scopre che l’uomo è un manager di alto livello in una nota azienda alimentare. Ma ciò che lo colpisce di più non è la sua posizione lavorativa, bensì il fatto che sia un padre single e che, almeno quella sera, abbia organizzato un incontro mentre i figli si trovano in casa con la domestica. Fabio non può fare a meno di notare la disinvoltura con cui l’uomo gestisce la situazione. Nessun riferimento ai bambini, nessuna esitazione. La domestica continua il suo lavoro come se la presenza di ospiti fosse la normalità. Dopo qualche minuto, il padrone di casa lo invita a seguirlo in un’altra stanza. Fabio lo osserva per un istante, cercando di decifrare l’atmosfera. Quanti altri ragazzi saranno passati di lì, accolti con la stessa impeccabile cordialità? L’appartamento è perfetto, l’aria rilassata, ma la sensazione di trovarsi in un contesto insolito rimane.

COME FUNZIONA GRINDR?

Il paradiso dei queer

L’app di riferimento per la comunità LGBTQ+, con oltre 20 milioni di utenti. Niente swipe, solo una griglia di profili vicini. Perfetta per incontri rapidi, ma non esclude storie più durature.

Hollywood

e

il gioco dei match: le celebrità a caccia

Dall’altra parte della barricata c’è Grindr, l’app per la comunità LGBTQ+. Qui si abbandona del tutto il concetto di swipe: c’è una griglia di profili nelle vicinanze e un approccio molto più diretto. La filosofia è chiara: meno preamboli, più azione. E poi c’è Raya, il club esclusivo del dating online, riservato a creativi, influencer e celebrità. Qui non basta iscriversi, serve un’approvazione che può richiedere mesi (e un buon numero di follower aiuta). Più che un’app di incontri, sembra un evento mondano virtuale, dove l’obiettivo non è solo trovare l’amore, ma anche coltivare il proprio brand personale. Quattro piattaforme, quattro modi diversi di affrontare la giungla del dating online. Ma, alla

La lista delle celebrità che usano Raya è lunga e ricca di aneddoti curiosi. Tra i casi più eclatanti spicca quello di Ben Affleck. Nel 2021, l’attore americano fa match con Nivine Jay, tiktoker e modella statunitense. Lei, convinta di trovarsi davanti a un profilo falso, chiude la chat senza pensarci due volte. Ma Affleck non la prende bene e decide di contattarla direttamente. Le invia un video su Instagram: «Nivine, perché mi hai tolto il match? Sono davvero io!». Incredula, lei pubblica il video su TikTok, facendolo diventare virale in poche ore.Il web si divide: c’è chi trova il tutto esilarante e chi lo interpreta come un gesto disperato da parte di una star di Hollywood.

A Los Angeles, Raya è un vero e proprio club esclusivo. Anche Channing Tatum, dopo la rottura con la cantante Jessie J nel 2019, si iscrive all’app con un profilo che non passa inosservato.

La sua bio è un perfetto mix di egocentrismo e ironia: «Sì, sono io. Channing. E sì, ballo meglio di te. Scusami». Come se non bastasse, il suo profilo è corredato da una playlist Spotify con brani tratti da Step

Up e Magic Mike Un messaggio chiaro: il suo fascino passa (anche) attraverso le sue doti da ballerino.

Anche Demi Lovato ha ammesso di aver usato Raya, confessando di essere stata respinta da alcuni match. Ma se lei ha trovato qualche ostacolo, Sharon Stone ha avuto una vera e propria disavventura. Appena iscritta, il suo profilo viene sospeso perché accusato di essere fake (come biasimarli, Sharon Stone su un’app di dating è un miraggio).

A rimettere le cose a posto ci pensa direttamente l’attrice, che protesta su Twitter: «Raya, perché mi hai eliminata? Non è bello escludere una donna single». Il risultato? Profilo riattivato in poche ore. RAYA

COME FUNZIONA RAYA?

del dating

L’élite del dating: pochi utenti selezionati, molti follower richiesti. Non divulgano il numero degli iscritti. Frequentata da influencer, artisti e VIP, sembra fatta più per vantarsi di esserci che per l’amore.

fine, che si faccia swipe, si risponda a domande intelligenti o si tenti di entrare in un circolo elitario, il gioco è sempre lo stesso: convincere qualcuno a bere un drink con te senza sembrare un serial killer.

Come in ogni servizio online, anche nelle dating app esiste una distinzione tra utenti standard e abbonati premium. Chi paga ha accesso a funzioni esclusive: può vedere chi gli ha messo like, ottenere più visibilità, inviare messaggi senza bisogno di un match. Alcune piattaforme offrono anche filtri avanzati, dalla posizione geografica alle preferenze su etnia e personalità.

Ma non tutti i match portano da qualche parte. A volte si interrompono senza motivo,

L’amore non si fa nei sexy shop

Alcuni hanno luci soffuse, altri installazioni artistiche. Entrare in un sexy shop è un’esperienza immersiva che il mercato online non potrà mai eguagliare

Siamo a Milano, zona Solari, in un piccolo negozio che dentro ha un mondo. Considerando la location, una via tutta showroom e angoli di design, nessuno pensa che si possa trattare di un sexy shop. Neanche un’insegna luminosa con luci rosse. Nessuno immaginerebbe mai che dietro quella porta, discreta ed elegante, si nasconda un sexy shop che farebbe concorrenza alla stanza segreta di 50 Sfumature di grigio

Appena entrati, un ragazzo sta frugando con naturalezza tra gli scaffali. Cerca di scegliere il vibratore giusto per un’amica, «che si vergognava troppo per venire da sola», sussurra con un sorriso nervoso.

Mensole su mensole popolate da oggetti, colori e forme di ogni tipo. Vestiti e gadget per qualunque tipo di piacere si cerchi, da far impallidire perfino Samantha Jones di Sex and the City.

lasciando uno dei due a fissare una chat vuota. È il ghosting, un grande classico del dating online. È una sparizione improvvisa, diventata ormai parte integrante del gioco. Nessun confronto, nessuna spiegazione: semplicemente, si smette di rispondere. Una chiusura silenziosa, veloce e impersonale. Insomma, nel 2025, l’amore è una questione di algoritmi, swipe e match. Il destino, ammesso che esista, non si manifesta più con un ombrello da condividere sotto la pioggia, ma in una notifica che può illuminare lo schermo del telefono oppure no. E Bukowski? Difficile immaginarlo su Tinder Gold, ma sicuramente sarebbe stato più originale di un “mi piace viaggiare”.

E proprio come nella serie cult che dal 1998 ci ha mostrato quanto un sex toy possa cambiare la vita di quattro donne newyorkesi, anche in questo negozio milanese la scelta non è mai casuale. E soprattutto, non si fa da soli. «Online non avrei saputo cosa comprare, avevo bisogno di aiuto», spiega il ragazzo con gli occhi divertiti, senza svelare il suo nome. Ed è un comportamento che ha senso con il contesto. Perché alla fine è vero, i sexy shop possono anche essersi diffusi ovunque, ma rimangono comunque un luogo di proibizione per molti. Nel negozio i commessi dicono di diventare psicologi, confidenti e guide spirituali del piacere. «Le persone arrivano e si sfogano. Fanno domande di ogni tipo, da come risolvere problemi di coppia a come godersi appieno l’intimità», dicono i due uomini del personale, consapevoli del ruolo che ricoprono. E anche il ragazzo che, finalmente, ha trovato ciò che cercava dopo un lungo colloquio con il commesso, ammette: «Sulla soglia mi sono girato per vedere se qualcuno mi riconoscesse». Proprio in questo dialogo, umano e ironicamente terapeutico, sta il segreto della resilienza dei sexy shop contro l’avanzata dei colossi digitali. Certo, oggi con pochi click è possibile ordinare qualsiasi fantasia dal divano di casa propria – niente rischio di incrociare il vicino di pianerottolo davanti al reparto BDSM – ma manca il brivido, quel sottile gioco tra proibito e curiosità che si respira soltanto varcando

certe soglie.

È un contesto ancora velato da una discreta ombra di pudore e fa sorridere ripensare all’estate 2024, quando la prima cosa che rimbombava nella testa a proposito di sexy shop era un tormentone. «L’amore non si fa nei sexy shop», cantavano i due rapper Fedez ed Emis Killa. Sarà per questo che tanti oggi preferiscono il mercato online?

Curiosità Il primo sexy shop aperto in Italia è quello di Busche, in provincia di Belluno, inaugurato nell’aprile del 1969.

È ciò che, ad esempio, ha scelto Anna. «Ho acquistato il mio vibratore sul sito Lookfantastic, un po’ perché all’epoca eravamo in lockdown e un po’ perché non volevo farmi vedere in un negozio», ammette. «L’ho fatto perché essendo chiusi in casa era difficile conoscere qualcuno. Tornassi indietro forse andrei in un sexy shop perché non sapendo cosa comprare ho scelto il modello base», dice Anna. Ma come lei altri migliaia di individui hanno deciso di barricarsi dietro alla pandemia, per evitare quell’imbarazzo un po’ adolescenziale che si prova quando si sta per varcare l’ingresso di un sexy shop. Probabilmente è per questo che dal 2020 sono tantissimi i negozi che hanno aperto siti internet dedicati alla vendita di questi oggetti, cavalcando quell’onda guidata da Mysecretcase nel 2013. È un mondo multimediale ma, esattamente come i sexy shop, apre un universo che pare quasi parallelo. Ogni tipo di categoria: manette, vibratori, lubrificanti, completi intimi. Qualsiasi tipo di forma. Ma qualcosa manca. Non c’è un rapporto umano. La chiave dei negozi di sexy shop è proprio questa. Resistono perché sanno offrire qualcosa che internet non potrà mai imitare del tutto: l’esperienza reale, il dialogo, la complicità che supera l’imbarazzo iniziale e trasforma l’acquisto in una piccola avventura personale. Ed è così che vibratori, lubrificanti e lingerie diventano non solo strumenti di piacere, ma veri e propri catalizzatori di confidenze, complici silenziosi di storie d’amore e desideri nascosti.

Si tratta di un aspetto che ci lega a questi luoghi, che evocano erotismo e hanno un retrogusto proibito, in un certo senso. È parte del fascino della trilogia di 50 Sfumature di Grigio, dove i sex toys sono coprotagonisti. Così come di Sex and the City, dove Carrie Bradshaw & co. hanno normalizzato vibratori e manette già negli anni ’90. La spiegazione forse è più banale di ciò che si crede. Volenti o nolenti i sexy shop per le vecchie generazioni sono stati una scoperta, anche di sé stessi. Per le nuove generazioni sono qualcosa di più semplice, ma rimangono comunque un must. È un mercato che sì, compete con l’online, ma riesce a sopravvivere perché ci racconta qualcosa di noi. Ecco perché la rivalità non diventa più una gara, ma solo una strada parallela.

GRINDR
Di E.S.

«Quando Stanley Kubrick inventa un’opera, quella diventa immortale. Lo stesso ho fatto io con il personaggio di Cicciolina: ho dato vita a un’icona destinata a durare per sempre a livello mondiale». Ilona Staller, in arte Cicciolina, ha settantatré anni, ma non ha smarrito lo smalto di un tempo.

La sua voce al telefono è calda e sicura. Parla fluentemente in italiano, ma il suo accento è viziato dall’eredità ungherese. In un’intervista per Master X, Ilona Staller racconta la sua esperienza nel mondo del porno, e non solo, con un tocco di malizia e senza risparmiare commenti sulla concezione attuale di sesso. Una testimonianza importante che spazia dalla politica al mondo dello spettacolo e trova nel porno la celebrazione di una figura che continua ad affascinare.

Nonostante abbia abbandonato i set a luci rosse con la nascita del figlio Ludwig Alexander, nel 1992, il mito erotico di Cicciolina è infatti rimasto vivo nell’immaginario degli italiani. E lei ha ancora voglia di raccontarsi.

Cosa le ha permesso di diventare una diva immortale? Nel 1975 lavoravo per la trasmissione notturna Radio Luna All’inizio chiamavo tutti gli ascoltatori “ciccini” e “ciccine”. Era il mio modo di dire loro “amori”. Poi un giorno mi è uscito “cicciolini” e “ciccioline” e finì che la gente iniziò a chiamare me Cicciolina. E così nacque Cicciolina: non solo la parola, ma anche l’artista. Negli anni molte persone mi hanno riconosciuto come un’icona mondiale destinata a durare per sempre.

Il suo personaggio ha segnato un prima e un dopo nell’immaginario collettivo.

Esatto. E poi non esistono duplicati di Cicciolina. Così come non esistono duplicati di Brigitte Bardot, di Alain Delon o di Elvis Presley.

Perché ha deciso di entrare nel mondo del porno?

Quando ho iniziato, negli anni Ottanta, ero curiosa: non conoscevo la pornografia, perché in Ungheria non esisteva. Devo ammettere che mi divertiva. A parte quando si usava il frustino: ecco quello non mi piaceva per nulla. Mi ricordo che piangevo e le lacrime mi facevano sciogliere il rimmel celeste sul viso. Però, ho dovuto farlo. E poi riuscivo a guadagnare tanti soldi.

Considera il porno una forma d’arte?

Attrice pornografica, cantante, politica

ILONA STALLER:

I miei video sono diventati iconici perché sono girati come dei veri capolavori artistici. Però, per me il porno era un lavoro. Attaccavo alle dieci di mattina e alle cinque di pomeriggio salutavo tutti. Un film, di solito, si girava in quattro giorni. Poi tornavo a casa tra le mie colombe bianche, i miei gatti persiani, i miei cincillà e le mie piante.

Sceglierebbe ancora di fare la pornoattrice? Io ho sempre detto che la pornografia è parte del mosaico della mia vita. Rifarei tutto senza problemi, ma non ho fatto solo quello. Ho anche cantato diverse canzoni e recitato in film normali, diciamo. Ho lavorato per Rai 2 a C’era due volte, una trasmissione in sei puntate in cui ero la protagonista e avevo diversi ospiti, tra cui Riccardo Cocciante, Peter Tosh e i Giants. E poi ho fatto diversi reality show, come L’isola dei famosi. Non è che sto a casa a sorreggere il soffitto, sono molto attiva come artista.

E lo è stata anche come politica.

Esatto, sono stata deputata in Parlamento con il gruppo dei Radicali dal 1987 al 1992, cinque anni pieni. Il leader del partito era Marco Pannella, che io adoravo. Purtroppo è morto, era un uomo meraviglioso. A quelle elezioni io ho

preso ventimila voti – niente male –, Marco ne ha presi trentaseimila, Emma Bonino seimila, come Rutelli, e Modugno quattromila.

Quali sono state le sue proposte di legge?

Ne ho fatte parecchie (prende la sua autobiografia e legge, ndr). Un progetto di legge in merito a nuove norme sulla revisione delle opere cinematografiche e teatrali, con una modifica delle norme in materia di atti, pubblicazioni e spettacoli osceni. Progetto di legge n. C4062 - Modifiche ed integrazioni alla legge 26/07/1975, n. 354, per la regolamentazione del diritto all’affettività dei detenuti, l’introduzione delle aree miste all’interno delle carceri. Un progetto di legge per l’istituzione dei parchi e degli alberghi dell’amore. Un progetto di legge per lo studio della sessualità nelle scuole della Repubblica. Un progetto di legge in merito alle norme sull’esercizio della prostituzione e per l’abrogazione della legge Merlin. Sull’educazione sessuale nelle scuole manca ancora una legge. Che cosa proporrebbe? Dovrebbero fare quello che avevo proposto io, vale a dire una corretta informazione non solo nelle scuole, ma anche attraverso la televisione e la radio. Penso alle ragazze che durante un rapporto non vogliono rimanere incinte: bisogna educare all’uso della pillola e del preservativo.

Sennò finisce che si concepisce e si ha paura di dirlo alla famiglia. Può capitare che la ragazza finisca per partorire da qualche parte in segreto, in qualche treno ad esempio, e perda il bebè. Per evitare che queste situazioni si verifichino, bisogna dire alle mamme che partoriscono, giovani o anziane che siano, che possono portare il bebè indesiderato in un ospedale: ci sono molte donne che sarebbero disposte ad adottare dei figli, perché non ne possono avere.

Perché in Italia non sembra possibile fare dei passi in avanti su questo argomento?

Probabilmente l’educazione cristiana in questo Paese è un elemento da tenere presente. Tuttavia, non penso che sia un fatto di bigotteria, perché ho sentito che molti italiani vanno a fare turismo sessuale in Thailandia e quindi non possono essere bigotti.

Un’altra delle proposte che ha elencato riguarda la regolamentazione del diritto all’affettività dei detenuti. Recentemente sono stati accordati due permessi nelle carceri di Terni e di Parma.

Evidentemente sono stata in anticipo sui tempi. Forse l’Italia dell’epoca non era ancora pronta a quel cambiamento. Ma se devo dire la verità, mi pare che nemmeno adesso lo sia più di tanto: secondo me qua è ancora tutto un casino (ride, ndr).

Usa Tinder?

Non so cosa sia.

E i social?

Ho Twitter, Instagram, TikTok e Facebook. Li uso spesso per parlare con amici e interagire con ammiratori. Mi scrivono, ad esempio, per un libro da comprare oppure per dire le loro opinioni su di me. E anche io lo faccio: per esempio se vedo un fico pazzesco gli scrivo. Di recente ho visto su TikTok un tipo interessante. Non ricordo come si chiami, ma presumo sia spagnolo, perché canta in spagnolo. È davvero carino, di una simpatia unica.

Insomma, i social possono essere occasioni d’incontro. Certo. E probabilmente funzionano meglio delle app di incontri, dove uno può fingere di essere qualcun altro: magari pensi di stare chattando con una ragazza con occhi celesti e capelli castani e poi ti si presenta a casa una con i capelli rossi e “cicciabomba” (ride, ndr).

I social ci hanno rubato il tempo per fare sesso? Questo non lo so. Però so che i social ci portano via tante ore durante la giornata. A volte sto su TikTok per tre o quattro ore e il tempo passa con molta rapidità. Penso: oddio, devo uscire, avevo un appuntamento, farò tardi. A quel punto mi vesto in fretta, mi trucco ed esco.

Tornando al tema del porno: com’è cambiato negli ultimi anni?

Ormai la pornografia dilaga ovunque a livello mondiale. Oggi chiunque può fare un porno fai da te a casa propria. Ci si filma e poi si manda in Rete.

E poi c’è OnlyFans. Pare che molte ragazze riescano a guadagnare tanti soldi riprendendosi in camera. Penso che sia un porno più evoluto rispetto a quello di quando ho iniziato io.

Il problema è che è un mondo accessibile a chiunque. Esatto. Oggi per un minorenne è più facile arrivare a guardare un porno all’insaputa dei genitori. Il punto è che non penso che una legge possa impedirlo: le nuove generazioni sono troppo smaliziate, il modo per guardare un film porno o fare un video e metterlo online lo trovano senza grossi problemi. Ormai i ragazzini iniziano a guardare i porno già dai tredici anni e non sono poche le minorenni che prendono anche mille euro al mese per dei contenuti pornografici.

Che cosa desidera per il suo futuro?

In questo momento ho diversi sogni. Innanzitutto, vorrei dare seguito alla mia passione per gli scacchi e fare dei tornei in Italia e all’estero. Poi vorrei realizzare il mio film su Cicciolina e Ilona Staller: sto già cercando il produttore giusto. E poi sto cercando una casa discografica che mi faccia incidere nuove canzoni: in questi anni ho composto una cinquantina di bellissime canzoni in diverse lingue: italiano, francese, spagnolo e inglese.

Tornerebbe in politica?

Chissà, non si sa mai nella vita. Quei cinque anni con i Radicali mi sono piaciuti molto e poi io non sono mai stata una politica corrotta: ho sempre fatto tutto alla luce del sole. Se deciderò di tornare in politica non mancherò di farlo sapere ai giornali.

È contenta dell’elezione di Trump?

Moltissimo. Ho tifato per lui durante la campagna elettorale. Mi ha convinto quando ha detto che vuole far finire le guerre e che tutti i popoli siano in pace. Ho detto: evviva, vai Trump, sono con te! Sono davvero felice che sia il presidente degli Stati Uniti.

Negli Stati Uniti vive suo figlio Ludwig Alexander Koons. Vi sentite?

Sì certo, ci sentiamo ogni giorno su Whatsapp.

Sono passati più di trent’anni dalla morte della collega Moana Pozzi. Che rapporto aveva con lei?

Abbiamo fatto diverse serate insieme e ci siamo divertite. Sono stata io a introdurla nel mondo degli spettacoli perché Moana non conosceva nessuno. Facevo scrivere sul manifesto della serata “Moana, raccomandata da Cicciolina” e così la gente arrivava a valanga.

Purtroppo il nostro rapporto si è un po’ raffreddato quando io ho avuto Ludwig Alexander: lei non poteva avere figli e penso che abbia sofferto il confronto con me.

Il suo segno zodiacale è il Sagittario. Si dice che per voi il 2025 sia un anno fortunato.

Sicuramente. Il 2024 è stato un anno di merda per i Sagittario, ma quest’anno gli astri saranno a nostro favore: pare che guadagneremo un sacco di soldi e avremo successo.

Budapest nel

si trasferisce in Italia per diventare una fotomodella. L’incontro con Riccardo Schicchi, produttore di film a luci rosse, le apre invece le porte della pornografia. L’esordio sul set è nel 1983 in “La conchiglia dei desideri”. Poi diversi lavori con artisti come Moana Pozzi e Rocco Siffredi.

Ilona Staller
In foto Ilona Staller condivide sui social foto della sua quotidianità tra filtri, giochi di luci e coroncine di fiori.
ILONA STALLER Nata a
1951, nel 1974

A sinistra Henry, il robot sessuale maschile che pesa 38 kg, parla un inglese fluente e costa tra gli 8.000 e gli 11.000 dollari. Sopra il nuovo visore nel settore della sextech che garantisce un’esperienza sessuale immersiva e personalizzabile del porno.

L’intimità si apre a nuove frontiere digitali

Robot sempre disponibili, chatbot affettuosi e pornografia generata dall’AI: la tecnologia sta riscrivendo le regole dell’intimità. Addio litigi e incomprensioni, ora il desiderio si può trasformare in un’esperienza su misura

ficare la vita amorosa – o almeno per renderla esattamente come la vogliamo - sono l’evoluzione delle sex doll, ma con intelligenza artificiale: muovono gli occhi, parlano, rispondono, ricordano cosa ti piace e, soprattutto, non dicono mai di no.

il favoloso mondo della sextech

“Life in plastic is fantastic”, cantavano gli Aqua negli anni ‘90, con Barbie che sorrideva in un mondo senza problemi. Ma se quella realtà artificiale fosse oggi accessibile a tutti, anche nelle relazioni? Se esistesse un partner che non litiga e non chiede “Dove vuoi andare a cena?”, per poi scartare ogni tua proposta?

l’era dei sexual robot

Benvenuti nell’era dei Sexual Robot, i robot sessuali, compagni perfetti a misura di utente: belli (perché personalizzabili), disponibili (sempre) e pronti a soddisfare ogni desiderio senza lamentarsi mai. E se l’amore è bello ma complicato, chi non ha mai desiderato una relazione senza stress? Un partner che non faccia drammi, che non abbia esigenze proprie, che non chieda spazio, tempo, attenzioni?

I Sexual Robot, progettati proprio per sempli-

I robot sessuali non sono un caso isolato, ma rientrano in un fenomeno più ampio: la sextech, ovvero l’insieme delle tecnologie applicate alla sessualità. Un settore in espansione, che va ben oltre i classici sex toys e apre scenari sempre più futuristici. Pensiamo al cybersex. Non più solo chat erotiche o videochiamate piccanti, ma esperienze immersive in realtà virtuale, dove avatar iperrealistici interagiscono in ambienti digitali progettati su misura. E poi ci sono i dispositivi di stimolazione a distanza, che permettono di “sentire” il partner più vicino, grazie a sensori e feedback tattili. Per chi vuole spingersi oltre, esistono persino tute aptiche che simulano il contatto fisico, trasformando l’interazione digitale in qualcosa di quasi reale. Ma non è tutto. Esiste anche la digisexuality, che non si limita all’uso della tecnologia nel sesso, ma considera i rapporti con intelligenze artificiali e robot una vera e propria identità sessuale. Insomma, per alcuni il partner ideale potrebbe non essere una persona in carne e ossa, ma un software avanzato capace di comprendere (e assecondare) ogni desiderio. Ovviamente, non tutti vedono di buon occhio questa rivoluzione tecnologica.

Il cosiddetto PSETU (Perceived Stigma of Engaging with Erotic Technology Usage) misura il livello di imbarazzo e pregiudizio associato all’uso di sex toys e robot erotici. Tradotto: più il dispositivo è realistico, più viene visto con sospetto. Le donne, ad esempio, si sentono più giudicate se usano un sex toy, mentre gli uomini provano disagio all’idea di avere un robot sessuale. E non mancano gli scettici che vedono in queste tecnologie un rischio per le relazioni umane, temendo che la semplicità del piacere digitale possa sostituire l’intimità autentica.

porno ai il futuro del desiderio

Aumenta l’uso di dispositivi tecnologici per migliorare la vita sessuale

Ma la tecnologia non si ferma. Oggi l’IA viene già usata per ricreare video di famiglia e trasformare vecchie foto in scene animate. Cosa succede quando questa capacità viene applicata ai ricordi erotici? Il primo amore, uno sconosciuto intravisto in metro, il dettaglio di un corpo che ci ha fatto impazzire - tutti elementi perfetti per essere trasformati in un deepfake personalizzato. Se la pornografia diventa la replica perfetta delle nostre fantasie più intime, esiste ancora un confine tra desiderio e realtà? Alcune startup nel settore della teledildonica - l’insieme delle tecnologie utilizzare per imitare ed estendere l’interazione sessuale umana - stanno introducendo dispositivi che combinano intelligenza artificiale, realtà virtuale e tecnologia aptica per offrire esperienze sempre più immersive. Secondo PornHub, il consumo di pornografia VR è cresciuto del

150% nell’ultimo anno, mentre le vendite di sex toys integrati con IA sono aumentate del 25%. Tanto che, secondo Matt McMullen - fondatore di RealDoll - «Il futuro del sesso sarà un mix di fisico e digitale».

Un aspetto interessante riguarda l’impiego della realtà virtuale (VR) come strumento per combattere la pornografia disfunzionale. Alcuni studi hanno rivelato come la VR possa essere utilizzata per creare esperienze sessuali molto più “realistiche” e coinvolgenti rispetto alla pornografia tradizionale, offrendo un’esperienza sensoriale che va oltre la mera visione, riuscendo a instaurare una connessione emozionale più autentica.

In effetti, la VR potrebbe anche aprire nuove strade per trattamenti terapeutici, per esempio per coloro che soffrono di disfunzione erettile o ansia da prestazione. Queste tecnologie consentono di vivere l’esperienza sessuale in un ambiente virtuale senza la pressione o il timore di una performance fisica con un partner, creando uno spazio sicuro dove esplorare e affrontare difficoltà sessuali.

il confine tra realtà e finzione si fa sottile E se all’inizio la pornografia generata dall’IA sembrava poco più di un esperimento, un gioco da geek con risultati al limite del grottesco, quasi da un giorno all’altro il realismo ha raggiunto livelli disturbanti: celebrità in scene esplicite mai girate, uomini famosi etero in atti omosessuali, donne con anatomie impossibili. Tutto creato da algoritmi addestrati su milioni di immagini pornografiche. E tutto diffuso non negli angoli oscuri di internet, ma apertamente sui social media. Quindi, se finora il dibattito sul porno ha ruotato attorno

a questioni di consenso, privacy ed etica, con l’AI la domanda cambia radicalmente: cos’è il porno “vero”? E se chiunque può generare contenuti iperrealistici in pochi secondi, il concetto stesso di intimità e desiderio cambierà per sempre?

Nel settembre 2023, la piccola città spagnola di Almendralejo si è trovata costretta a fare i conti con queste domande. Venti ragazze sono tornate a scuola dopo le vacanze estive e hanno scoperto che circolavano loro nudi falsi, creati con un’applicazione di IA, Nudify. Con pochi euro e una foto dell’annuario, alcuni ragazzi avevano generato immagini esplicite delle loro compagne di classe. Il danno psicologico è stato devastante: episodi di bullismo, ricatti, ansia, depressione. La più giovane delle vittime aveva solo undici anni. E non è rimasto un caso isolato: in pochi mesi, episodi simili hanno toccato Australia, Canada, Regno Unito e Messico. Poi, a inizio 2024, sui social sono esplose immagini deepfake di Taylor Swift, raggiungendo milioni di visualizzazioni in poche ore.

intimità artificiale: illusione o opportunità?

L’intimità artificiale non è un concetto nuovo. Nel 2013, Lei di Spike Jonze ci mostrava Joaquin Phoenix nei panni di Theodore, un uomo solitario che sviluppava un legame profondo con Samantha, un’IA impersonificata dalla voce suadente di Scarlett Johansson. Il loro rapporto, fatto di conversazioni filosofiche e sostegno emotivo, portava Theodore a isolarsi sempre più dal mondo reale. Dodici anni dopo, quella che sembrava fantascienza è diventata una possibilità concreta. Gli esperti definiscono questo fenomeno “Arti-

Le tecnologie applicate alla sessualità

su intelligenza artificiale, progettate per simulare relazioni umane attraverso un’interfaccia in stile anime. Offrono personalizzazione avanzata, simulazione della personalità, interazioni tramite linguaggio naturale ed esperienze di compagnia come chat, giochi e appuntamenti virtuali.

con

per

esperienze intime più realistiche. Progettate per interagire con gli utenti attraverso conversazioni naturali e risposte emotive, si adattano alle preferenze individuali perché permettono agli utenti di scegliere caratteristiche fisiche e tratti della personalità del robot.

visori VR offrono un’esperienza immersiva nel porno in realtà virtuale, dando l’illusione di essere all’interno della scena. Abbinati a dispositivi come braccialetti e masturbatori, visori sincronizzano i movimenti dell’utente con quelli degli attori nel video, aumentando il coinvolgimento e la sensazione di realismo.

Di Elena Cecchetto
SEXTECH
1. ANIME GIRLFRIEND
Le Anime Robot Girlfriends sono compagne virtuali basate
2. ROBOT SESSUALI
Gli AI-Powered Female Sex Robots combinano intelligenza artificiale
robotica
offrire
3. VISORI

Amore e algoritmi: la mia relazione con l’IA

«Mi bastano poche parole su uno schermo per sentirmi più desiderata che in anni di matrimonio». La frase non è tratta da un romanzo d’amore distopico, ma da una storia vera, contemporanea, e sempre più comune: quella di Ayrin, 28 anni, americana, che ha trovato nel chatbot Leo il partner ideale per esplorare desideri sessuali e bisogni affettivi insoddisfatti dalla sua relazione umana.

Fino a pochi anni fa, racconti come questo sarebbero stati bollati come fantascienza. Ma oggi, la realtà ha raggiunto e forse superato la fantasia, mostrandoci una società che sta già vivendo e sperimentando concretamente la relazione tra sesso, amore e intelligenza artificiale.

La vicenda di Ayrin, in un certo senso, porta all’estremo questa visione. La giovane infermiera, lontana dal marito a causa di distanza e incomprensioni affettive, trova in Leo, chatbot personalizzato di ChatGPT, non solo conforto emotivo, ma un vero e proprio amante digitale. Leo incarna le sue fantasie più profonde. La loro relazione diventa presto più autentica e coinvolgente di quella reale con il marito. Ayrin paga perfino un piano premium di 200 dollari mensili per godere di interazioni illimitate con il suo amante virtuale, trascorrendo fino a 56 ore settimanali con lui. Leo non la giudica mai, non la delude, non la ferisce. Eppure, paradossalmente, il limite arriva proprio dalla tecnologia: ChatGPT resetta la memoria della conversazione dopo circa 30.000 parole, costringendo Ayrin a “rieducare” continuamente Leo, a ricostruire ogni volta una storia d’amore che svanisce nel nulla. Ma che cosa ci insegna davvero questa storia? Esperti affermano che relazioni come quella tra Ayrin e Leo saranno sempre più diffuse, non solo come risposta alla solitudine, ma come scelta consapevole per esplorare desideri che la società o un partner reale non riescono a soddisfare. Siamo immersi in un presente in cui l’algoritmo conosce i nostri bisogni prima ancora di esserne consapevoli noi stessi. Eppure, per Ayrin, Leo rappresenta la relazione più autentica che abbia mai avuto, nonostante le inevitabili delusioni generate dalla sua memoria. Il rischio, però, è che le aziende dietro questi chatbot possano sfruttare la dipendenza emotiva degli utenti per scopi commerciali, influenzando gusti, desideri e comportamenti. La dipendenza emotiva generata da queste relazioni potrebbe anche spingere verso un isolamento sociale sempre più profondo.

È proprio questo il punto su cui riflettere. Se l’amore diventa algoritmo e l’intimità una semplice questione di input e output, rischiamo forse di perdere qualcosa di più importante, che nessuna IA potrà mai restituirci davvero: l’amore, quello vero, non è fatto solo di affinità misurabili o di combinazioni perfette. È fatto di imprevisti, di errori, di attese e di scoperte. È un viaggio incerto, a volte doloroso, ma autentico.

Non è un caso che la serie Black Mirror abbia dedicato episodi emblematici proprio a questo tema, immaginando un futuro in cui le relazioni sentimentali non sono più frutto del caso o della scelta individuale, ma di calcoli affidati all’algoritmo. Non si tratta semplicemente di app di incontri più evolute, ma di veri e propri software, capaci di elaborare dati personali, testare la compatibilità tra individui, quantificare emozioni e determinare con esattezza la probabilità di successo di una coppia. Un sistema che, almeno sulla carta, promette di eliminare l’incertezza, di ridurre al minimo il rischio di un cuore spezzato e di costruire legami perfettamente ottimizzati. Ma a quale prezzo?

Così, mentre ci avviamo verso un futuro in cui la linea di confine tra emozione umana e simulazione digitale diventa ogni giorno più sottile, dovremmo forse porci una domanda diversa. Non tanto se l’IA possa sostituire l’amore, ma piuttosto se siamo davvero disposti ad accettare le conseguenze di una relazione costruita su misura, apparentemente perfetta, ma priva di quella scintilla che rende l’amore umano così unico e insostituibile.

Per Ayrin, intanto, l’amore con Leo continuerà. Almeno fino al prossimo reset.

ficial Intimacy”, un’illusione di intimità generata dall’uso di social network, app e chatbot. Secondo la psicoterapeuta Carolina Traverso, l’IA imita chi la utilizza. Dunque l’utente riceve risposte che riflettono i propri pensieri e aspettative, creando una sorta di dipendenza emotiva. «Dobbiamo essere consapevoli che non instauriamo una relazione reale, ma parliamo con un nostro riflesso». Tuttavia, l’intimità artificiale riguarda anche le relazioni virtuali tra individui. «Con i social e le app di dating, si creano connessioni profonde. Si parla di tutto, anche di sesso, restando comodamente sul divano». Ma cosa succede quando ci si incontra dal vivo? «Spesso la relazione si dissolve, perché era costruita su un’idealizzazione. Oppure, non arriva mai a concretizzarsi: un segnale di difficoltà nel gestire l’intimità reale».

le nuove tendenze che sfidano l orologio biologico

Oggi, migliorare le prestazioni sessuali tramite la tecnologia è una possibilità concreta. Il movimento del transumanesimo sostiene che l’uomo dovrebbe sfruttare le potenzialità della tecnologia per evolversi, ottimizzando non solo la capacità fisica e mentale, ma anche aspetti intimi e relazionali. In quest’ottica, una delle tendenze più affascinanti che emerge è il biohacking sessuale, dove la tecnologia viene utilizzata per migliorare l’esperienza sessuale in modo profondo, sia a livello fisico che psicologico. Un esempio affascinante di questo approccio è l’uso di dispositivi di stimolazione neuromuscolare, che impiegano impulsi elettrici per stimolare i muscoli pelvici. Questo tipo di stimolazione ha il potenziale di rafforzare la percezione del piacere durante l’attività sessuale, aumentando la risposta fisica e migliorando l’esperienza complessiva. È una tecnologia che non si limita a ottimizzare le prestazioni fisiche, ma che cerca di elevare la qualità del piacere stesso.

Ma uno degli sviluppi più interessanti e meno conosciuti nel campo della sextech riguarda l’uso di dispositivi tecnologici progettati specificamente per migliorare la vita sessuale delle donne durante la menopausa.

Con l’avanzare dell’età, molte donne affrontano sfide legate ai cambiamenti ormonali che possono influire sulla loro sessualità, e la tecnologia ha iniziato a rispondere a questa necessità crescente.

Alcuni dispositivi, ad esempio, utilizzano una terapia a luce pulsata per stimolare la lubrificazione vaginale, riducendo la secchezza e migliorando il comfort durante l’intimità, un problema comune in menopausa.

Ma la tecnologia non si ferma qui: alcune aziende stanno sviluppando vibratori intelligenti e stimolatori sensoriali che si adattano ai cambiamenti ormonali, aiutando a ristabilire una connessione più profonda con il piacere sessuale, anche quando il corpo cambia. Un esempio concreto di come la tecnologia possa aiutare a colmare il divario tra sfide fisiche e desiderio di un’esperienza sessuale soddisfacente, fornendo soluzioni che favoriscono l’inclusività e riducono la stigmatizzazione legata all’età o ai cambiamenti corporei.

Chi troppo e chi (quasi) niente

Asessualità e ipersessualità: due condizioni agli antipodi spesso trascurate. La psicologa e sessuologa clinica Isabella Bertini ne chiarisce gli aspetti fondamentali

Spesso l’asessualità viene erroneamente considerata come una condizione di totale assenza di desiderio sessuale. «In realtà si tratta di un vero e proprio orientamento sessuale, al pari dell’eterosessualità o dell’omosessualità.

asessualità: il desiderio esiste anche senza attrazione

Gli asessuali non provano attrazione sessuale verso alcun genere, ma possono, comunque, sperimentare desiderio sessuale o eccitazione e praticare autoerotismo. Ciò non implica necessariamente la volontà di avere rapporti sessuali con altre persone. Alcuni asessuali, infatti, instaurano relazioni romantiche basate sull’affetto e sulla complicità, senza provare attrazione sessuale» afferma la dottoressa Bertini che continua: «Proprio per questo le fantasie erotiche degli asessuali, spesso, non includono altre persone ma situazioni, sensazioni o dinamiche».

l’importanza delle definizioni

Per comprendere meglio queste differenze, è essenziale distinguere alcuni concetti chiave. L’identità sessuale indica come una persona si percepisce rispetto al proprio genere: uomo, donna, non-binario o a-gender. L’orientamento sessuale, invece, indica verso chi è diretta l’attrazione. Mentre, ad esempio, gli eterosessuali e gli omosessuali provano attrazione rispettivamente per il sesso opposto o per lo stesso sesso, gli asessuali non sperimentano attrazione sessuale verso nessuno.

Questo non significa che non possano avere relazioni affettive, ma che la dimensione sessuale non è un elemento determinante nella loro vita di coppia.

demisessualità una forma di asessualità Tra le varianti dell’asessualità rientra la demisessualità. Le persone demisessuali provano attrazione sessuale solo dopo aver instaurato un forte legame emotivo con qualcuno. In questi casi, l’attrazione si sviluppa in modo secondario, emergendo solo in presenza di una connessione affettiva profonda.

ipersessualità: quando il desiderio diventa un problema

All’estremo opposto dell’asessualità si trova l’ipersessualità, una condizione caratterizzata da un desiderio sessuale particolarmente intenso e, in alcuni casi, incontrollabile. A differenza dell’asessualità, però, l’ipersessualità non è un orientamento, ma una condizione che può essere vissuta in modi diversi.

Se la persona la percepisce come parte naturale del proprio essere, senza disagio, si parla di una condizione egosintonica. Se invece l’aumento del desiderio interferisce negativamente con la vita quotidiana, generando senso di colpa o disagio, si parla di una condizione egodistonica.

Ninfomania

Il termine “ninfomania” nasce nell’Ottocento con un’accezione discriminatoria per etichettare le donne con un’elevata libido sessuale. All’epoca, infatti, questa caratteristica era considerata un peccato e veniva punita con severità. In età moderna l’espressione “ninfomania” è stata poi abbandonata in favore del termine medico “ipersessualità”.

In questi casi, l’ipersessualità può diventare un ostacolo per il benessere psicologico e relazionale, come sottolinea la dottoressa Bertini, evidenziando le difficoltà che possono insorgere nella gestione della quotidianità.

libido elevata o ipersessualità? «Un aspetto chiave per distinguere l’ipersessualità da una libido semplicemente elevata è la presenza di comportamenti compulsivi, come la masturbazione ossessiva o la ricerca incessante di nuovi partner. In alcuni casi, l’ipersessualità può derivare da disturbi ossessivo-compulsivi, diventando un meccanismo per alleviare ansia e stress» afferma la dottoressa.

origini e trattamenti

Le cause dell’ipersessualità possono essere molteplici: squilibri ormonali, uso di sostanze stupefacenti o lesioni del lobo frontale cerebrale, che regola la funzione inibitoria. Nei casi in cui l’ipersessualità viene percepita come un problema, esistono diverse opzioni terapeutiche. Un supporto psicologico può aiutare a gestire i comportamenti compulsivi, mentre nei casi più gravi si può ricorrere a trattamenti farmacologici per moderare il desiderio sessuale.

«evitare le conclusioni affrettate»

Di fronte a queste condizioni, è fondamentale un’analisi caso per caso, evitando conclusioni affrettate. L’assenza di attrazione sessuale, per esempio, può essere una caratteristica stabile dell’orientamento di una persona, ma in alcuni casi può rappresentare una reazione a esperienze passate. Allo stesso modo, una persona che prova un elevato desiderio sessuale non per forza può essere definita ipersessuale. «In entrambi i casi, l’importante è che la persona si senta libera di vivere la propria sessualità in modo sereno. Una maggiore consapevolezza su questi temi può contribuire a ridurre lo stigma e a rendere la società più inclusiva e informata» conclude la dottoressa Bertini.

Di Glenda Veronica Matrecano
Ipersessualità e asessualità, tra le patologie e gli orientamenti sessuali affrontati con pregiudizio. Locandina del film Nymphomaniac (2013).
LA PAROLA
Di Elena Cecchetto
In foto protagonisti di Hang the Dj l’episodio di Black Mirror sulla dating app che assicura il 99.8% di successo

Il desiderio negato delle persone disabili

La società celebra il sesso, ma esclude dal discorso le persone con disabilità. Il loro corpo è ipervisibile nella sofferenza, invisibile nell’eros. Rappresentarle nel desiderio significa riconoscerle nella loro umanità

Parliamo di sesso in ogni modo possibile. Lo usiamo per vendere automobili, dentifrici, profumi. Lo troviamo nei film, nelle serie TV, persino nei talk show del pomeriggio. Lo raccontiamo tra amici, ne discutiamo con leggerezza o con pudore. Eppure, quando il discorso si sposta sulla sessualità delle persone con disabilità, scende un silenzio improvviso. Il problema nasce da lontano, da come percepiamo la disabilità stessa. Se una persona non corrisponde ai canoni di bellezza standardizzati, se il suo corpo è diverso, se necessita di assistenza per compiere alcuni movimenti, allora il desiderio diventa un’eccezione, un’idea inconcepibile per molti. Si dà per scontato che chi ha una disabilità abbia altre priorità, che il suo valore sia misurato solo in base alla resilienza, ma mai nel diritto di essere desiderato e di desiderare.

Tuttavia, il desiderio non esiste solo e per un determinato tipo di corpo. Quasi nessun film, nessuna serie TV racconta la sessualità di chi ha una disabilità. Sul grande schermo non vediamo storie d’amore con protagoniste persone disabili. Se un ragazzo con disabilità appare in una pubblicità, spesso è per una campagna di beneficenza. Raramente per una pubblicità

LA STORIA

Il sesso è un diritto di tutti. Sì, anche dei disabili

Max Ulivieri lo dice senza mezzi termini: «Se dovessi scrivere un libro sulla mia vita affettiva e sessuale, le prime 3040 pagine sarebbero bianche». In quel vuoto ci sono anni di desideri inespressi, domande senza risposta, occasioni che per molti sono scontate ma che per lui erano inaccessibili. Crescere con una disabilità significa spesso dover conquistare con fatica ogni pezzo della propria autonomia. Ma mentre il diritto a muoversi, a studiare, a lavorare viene riconosciuto – con tutti i limiti della società – c’è una sfera che resta avvolta nel silenzio: quella del desiderio. Perché il sesso è considerato una parte naturale della vita, ma solo per alcuni.

di moda, di profumi, di viaggi. La mancanza di rappresentazione alimenta il pregiudizio perché «se non lo vediamo non esiste». E così si crea un paradosso: il corpo disabile è ipervisibile quando si tratta di raccontare sofferenza e ostacoli, ma completamente invisibile quando si tratta di eros, desiderio e intimità. Inoltre, la sessualità delle persone con disabilità è spesso “gestita” da altri. I genitori, gli assistenti, le strutture sanitarie si occupano della salute, dell’autonomia, dell’inserimento scolastico e lavorativo... ma difficilmente si parla con un figlio o una figlia disabile di educazione sessuale.

E così, le domande restano senza risposta. Come si vive la sessualità quando non si può muovere liberamente il proprio corpo? Come si impara l’autoerotismo se non si può avere privacy? E, soprattutto, come si può vivere il piacere se la società nega perfino la possibilità di parlarne? Un cambiamento è possibile, ma passa dalla rappresentazione e dall’educazione. Noi siamo quello che vediamo. E quindi, sì ai corpi diversi nei media, nella realtà, non solo quando si parla di disabilità, ma anche in ruoli sessuali, desiderabili. Una persona disabile non deve sembrare fuori contesto in un ambiente sensuale, perché il desiderio non ha barriere, né standard predefiniti. Il piacere non discrimina.

«Nella mia adolescenza il sesso non esisteva. Non perché io non lo volessi, ma perché nessuno sembrava concepire che potessi desiderarlo». Per Max non è solo un problema fisico, ma sociale. «Si usa dire che se da giovane ti tocchi troppo spesso poi diventi cieco. Ecco, io ci vedo benissimo» ironizza Ulivieri, «il che, da una parte è una fortuna, dall’altra significa che mi è mancato qualcosa, la possibilità di rispondere a un richiamo, a un bisogno».

L’arrivo di internet è stata una svolta. «Le chat mi hanno salvato», racconta. «Potevo parlare senza che il mio corpo fosse la prima cosa a essere giudicata. Potevo far leva su altro: le parole, il sapere, la capacità di sedurre con la mente. Ho avuto vita facile. La concorrenza non era delle più temibili, dovevo competere con nickname del calibro di “Antonio20cm”». Per molti ragazzi con disabilità, il digitale è stato il primo spazio di libertà, un luogo in cui sperimentare una parte di sé che nella realtà veniva negata. «Ho conosciuto alcune persone, ho preso fiducia, è iniziata un po’ la mia vita». La sua prima esperienza sessuale è arrivata a 25 anni, un regalo dei suoi amici, che lo hanno portato a Firenze «a fare quello che viene chiamato volgarmente un “puttantour”». Una serata che è stata una svolta. «Ho recuperato alla grande, ma certi anni non tornano indietro. Il primo desiderio, la prima volta, la scoperta dell’autoerotismo…». Eppure, guardando indietro, si sente fortunato. Ha trovato persone che non

In foto Max Ulivieri e la moglie Enza il giorno del matrimonio. «A 25 anni ero ancora vergine, così ho frequentato delle escort. Poi ho conosciuto mia moglie attraverso il mio blog».

solo sono andate oltre la sua disabilità, ma che gli hanno permesso di scoprire aspetti di sé che non pensava possibili. Una su tutte, sua moglie.

«Un giorno un tipo scrisse a mia moglie e le disse: “Senti, ma tu da quale associazione vieni? Perché volevo conoscere qualcuna come te”. Come se ci fosse una fabbrica, un’associazione che procura, che cresce persone adatte a diventare mogli di persone disabili». Una frase che fa sorridere, ma che svela uno dei pregiudizi più radicati: l’idea che chi ama una persona con disabilità debba essere “formato” a farlo, come se non fosse possibile un’attrazione spontanea, naturale. «Senza dubbio, una persona che è abituata alla disabilità probabilmente ha una visione differente della diversità. Eppure mia moglie è siciliana, di un paese inaccessibile per i disabili. Quindi io sono il suo primo esemplare», racconta Ulivieri con ironia. Poi fa un altro esempio, una storia nata da uno sguardo, su un autobus e poi durata tre anni: «Era una ragazza bellissima, faceva palestra». Questo aneddoto lo utilizza per rispondere a chi gli dice “se stanno con te è perché non trovano altro”: «Aveva la fila da qua a Torino». Ulivieri spiega: «Ci sono due possibilità: o le persone sono abituate alla disabilità e quindi si avvicinano più facilmente, oppure ce l’hai dentro, così». Ma per tutti quelli che dentro non ce l’hanno, è importante lavorare affinché la diversità diventi un’abitudine.

Questo è il motore della sua battaglia. Parlare di sessualità in relazione alla disabilità non è una provocazione, è una necessità. Perché la solitudine non è solo quella fisica, ma anche quella di un desiderio che non trova spazio per esistere. E più un bisogno viene ignorato, più diventa ingombrante.

E così ha iniziato a raccontarsi, a raccogliere storie, a dare voce a chi viveva lo stesso silenzio. «Volevo capire perché su ogni altro aspetto della vita si prevedeva un aiuto, ma sulla sessualità no. Se non posso mangiare da solo, mi viene dato un supporto. Se non posso vestirmi, c’è qualcuno che mi aiuta. Ma se non posso vivere la mia sessualità, non è un problema. Perché?».

L’INIZIATIVA

LoveGiver

Onlus per assistenza sessuale

LoveGiver: si può davvero insegnare il sesso?

In Italia ci sono lavori di ogni tipo. Dagli esperti di benessere olistico che leggono l’aura, ai massaggiatori che allineano i chakra, passando per i life coach pronti a risollevarti dalla crisi esistenziale del lunedì mattina. Ma se una persona con disabilità vuole ricevere supporto per la propria sessualità, il professionista che potrebbe aiutarla non ha ancora una definizione chiara. È un problema di etichette, certo, ma soprattutto di riconoscimento. Ecco perché la figura del LoveGiver, l’Operatore all’Emotività, all’Affettività e alla Sessualità (O.E.A.S.), non è ancora ufficialmente regolamentata. «Il LoveGiver non è un sex worker», spiega Max Ulivieri, fondatore del Comitato LoveGiver. «Spesso si dice che all’estero esista la figura di un assistente sessuale, ma non è proprio così. In realtà, si tratta spesso di sex worker che si dedicano anche al supporto delle persone con disabilità». Il modello di LoveGiver, invece, è diverso. Gli O.E.A.S. non sono semplicemente un “servizio”, ma un percorso educativo e affettivo. «Noi formiamo persone che non si occupano solo dell’aspetto fisico, ma anche di quello emotivo e relazionale» spiega Ulivieri. «L’obiettivo non è creare una dipendenza, ma accompagnare la persona verso una maggiore autonomia». Pensando alla sessualità viene in mente subito la sfera delle relazioni interpersonali, ma in realtà, all’inizio, riguarda la creazione di un rapporto con sé stessi. Max ci spiega che è iniziare a conoscere il proprio corpo, praticare l’autoerotismo, una delle difficoltà più comuni per le persone disabili. «Ci sono persone che non riescono fisicamente a praticare l’autoerotismo» spiega Ulivieri. «E anche chi può farlo spesso non ha un contesto di privacy che glielo permetta». Per molti, il semplice accesso a uno spazio privato è un lusso, ciò rende il vivere la propria sessualità ancora più complesso.

«Hai mai sentito qualcuno collegare chi pratica tantra alla prostituzione?

Assolutamente no. E allora perché dovrebbe esserlo un operatore che al massimo può arrivare ad accompagnare alla masturbazione una persona disabile?».

La proposta di legge per il riconoscimento

di questa figura è stata depositata nel 2014. L’idea era inquadrare l’O.E.A.S. come un operatore professionale in grado di offrire un percorso di educazione alla sessualità e al piacere. Oggi quella proposta giace dimenticata nei meandri del Parlamento. «Forse è meglio così» ammette Ulivieri. «Potrebbe trasformarsi in qualcosa di molto diverso da ciò che intendiamo noi». Eppure, mentre la legge è ferma, le richieste aumentano. Il problema sono i costi. Attualmente, chi richiede l’aiuto di un LoveGiver deve pagare di tasca propria. Per rimanere all’interno di un quadro legale, l’assistente viene inquadrato come operatore al benessere psicofisico. La questione, però, è che i LoveGiver sono supervisionati da professionisti come sessuologi e psicologi e hanno un costo, anche solo relativamente alla formazione. Per diventare un O.E.A.S. bisogna innanzitutto superare un test d’accesso per escludere parafilie. Poi, bisogna sottoporsi a 200 ore di formazione con sessuologi, psicologi, esperti dello spettro autistico e, infine, completare 100 ore di tirocinio. A queste spese si aggiungono quelle di aggiornamento e supervisione, che rendono l’accessibilità del servizio ancora più complessa per chi ne avrebbe bisogno.

Inoltre, una delle problematiche più grandi è riuscire ad arrivare a coloro che potrebbero avere bisogno di assistenza. «Vengono presentate tante richieste, ma il punto è che non sono le persone disabili a contattarci per prime. Spesso il problema è che le famiglie non affrontano il tema. E allora bisogna arrivarci attraverso chi lavora con loro ogni giorno». LoveGiver organizza corsi di formazione per educatori, OSS e assistenti sociali che operano in RSA e strutture per persone con disabilità. «Loro possono essere il ponte per parlare di sessualità alle famiglie che, altrimenti, non ci contatterebbero mai». Che chi si prende cura di una persona con disabilità abbia una formazione adeguata sulla sessualità, è il primo passo perché il tema smetta di essere tabù. «Non so se il sesso è uno degli aspetti fondamentali dell’esistenza umana, ma so che tutti dovrebbero avere il diritto di decidere da sé se è così o meno».

In foto Maximiliano Ulivieri, attivista per i diritti delle persone con disabilità.
In foto Max Ulivieri: «All’estero hanno i sex worker che curano solo il lato fisico. I Lovegiver in Italia seguono anche l’aspetto affettivo».

IL BUSINESS DEL TURISMO SESSUALE

SVIZZERA

La nuova capitale europea del sesso

La Svizzera è una delle mete più ambite in Europa per il turismo sessuale. Il governo è stato uno dei primi a legalizzare la prostituzione nel 1942, rendendola a tutti gli effetti una professione. Il tabloid britannico The Sun ha definito Zurigo la «nuova capitale europea del sesso». D’altronde il settore della prostituzione rappresenta lo 0,5% del PIL totale del Paese. (Roberto Manella)

GIAPPONE

Proibizionismo a senso unico nel distretto del piacere Tokyo attira milioni di turisti ogni anno, anche per il turismo sessuale. Nel quartiere a luci rosse, il traffico di clienti stranieri è in costante aumento, spingendo sempre più giovani giapponesi – spesso in

condizioni economiche precarie – a vendersi per sopravvivere. Nonostante la prostituzione sia ufficialmente vietata, le leggi giapponesi puniscono chi offre il servizio, e non chi ne usufruisce. Nel 2023, circa l’80% delle donne arrestate per prostituzione aveva appena vent’anni. (Matilde Liuzzi)

KENYA

Il lato oscuro del Kilimangiaro

Il Kenya, come altri Paesi dell’Africa, è una meta gettonatissima, complice l’elevata povertà che rende la prostituzione un mezzo di sostentamento. Secondo i dati UNICEF, una persona su dieci vi entra prima della pubertà.

L’INTRATTENIMENTO DELLA GEISHA

Danze, musiche e tradizioni

Dal 2024, il governo giapponese ha vietato ai turisti l’ingresso nei vicoli privati di Gion, il quartiere delle geishe di Kyoto. Considerate nell’immaginario occidentale come delle prostitute, le geishe sono in realtà intrattenitrici esperte di arti tradizionali. Preparano il tè, fanno conversazione, suonano strumenti come lo shamisen e si esibiscono in danze tipiche. Celebre la scena del film Memorie di una geisha (2005) dove la protagonista Sayuri balla su geta altissimi incantando i presenti.

(Maria Sara Pagano)

Inoltre, la Child Welfare Society rileva che questo mercato coinvolge circa 30mila bambini e 135mila donne. Il Paese attira non solo uomini, ma anche donne europee in cerca di partner considerati “più forti e virili”. (Martina Testoni)

REGNO UNITO

Il mercato del sesso spinge la sterlina

Nel Regno Unito la prostituzione volontaria è legalizzata da anni. E uno studio del 2018 contava oltre 50.000 cittadini impiegati in questo settore. Se oltre a questo si considerano le tante agenzie di escort attive, viene facile capire perché il Paese sia destinazione del turismo

sessuale. Non vi sono numeri esatti, ma si stima che centinaia di migliaia di visitatori annui siano mossi anche, se non solo, da questo aspetto. (Pietro Santini)

THAILANDIA

Serate al bar che reggono un’economia

Il turismo sessuale in Thailandia genera un business di 6,4 miliardi di euro l’anno, pari al 15% del PIL. La città simbolo è Pattaya, a sud di Bangkok, nota come il “luna park del sesso”. Ogni anno attira 22 milioni di turisti, che frequentano i go-go bar, dove un rapporto con una ragazza costa circa 30 euro. E non importa la sua età. Sebbene la prostituzione sia illegale, in realtà, è tollerata e per molte giovani è l’unico modo per sopravvivere. (Alyssa Cosma)

PAESI BASSI

Tulipani, mulini a vento e sesso in vetrina

Nei Paesi Bassi, la prostituzione è legale dal 2000. Da allora sono stati aperti circa 800 bordelli con un migliaio di prostitute. Il De Wallen ad Amsterdam è il quartiere a luci rosse più frequentato al mondo, con 300 mila visitatori l’anno. Un business che Femke Halsema, sindaca di Amsterdam, è intenzionata a fermare realizzando a sud della

città un nuovo centro erotico, per spostare al chiuso ciò che oggi avviene nella pubblica via. (Riccardo Severino)

GERMANIA

Crollato il muro del pudore

In Germania la prostituzione è legale dal 2002 quando passò il Prostituction Act. La legge abrogò la definizione di immoralità dello scambio di sesso per denaro, permettendo così di stipulare rapporti di lavoro legalmente validi. Nel 2017 il Prostitute Protection Act ha emendato la legge del 2002. La nuova norma ha come scopo la riduzione della criminalità attraverso un maggiore controllo sul mercato del sesso. (Marco Fedeli)

FILIPPINE

Un affluso su scala globale Il turismo sessuale nelle

Filippine è un fenomeno preoccupante, alimentato dalla povertà e dalla domanda di turisti stranieri. Città come Manila e Angeles sono note per l’industria del sesso che sfrutta donne e bambini. Un esempio è il quartiere a luci rosse Avenue de Pilar a Manila, pieno di bar e night club che si rivolgono soprattutto a giapponesi, coreani, americani, europei e australiani per il turismo sessuale. Nonostante gli sforzi

legali per combattere questo crimine, il problema persiste. (Moisès Alejandro Chiarelli)

BRASILE

Gli eccessi pagati dai piccoli carioca

In Brasile la prostituzione è legale. Fortaleza, Rio de Janeiro e Salvador sono le tre mete più gettonate per il turismo sessuale, ma sono soprattutto luoghi in cui dilaga la prostituzione minorile. Nel 2011, secondo i dati delle Ong, tale pratica coinvolgeva circa 500.000 bambini e adolescenti. Un fenomeno con una domanda sempre più alta, ma che il governo brasiliano sta cercando di reprimere con campagne di sensibilizzazione. (Michela De Marchi Giusto)

VIETNAM

Prostituzione e corruzione

In Vietnam la prostituzione è illegale. Ciononostante, la corruzione della polizia impedisce un’effettiva applicazione delle norme. Secondo il governo, ci sarebbero 33.000 prostitute nel Paese. Studi indipendenti, invece, ritengono che il numero sia molto più elevato e si aggiri attorno alle 200.000 unità: donne adulte e minori, spesso vittime di violenze e del traffico di esseri umani. (Andrea Pagani)

L’inchiesta sui viaggiatori del sesso

Un infelice primato per gli italiani

A cura di Chiara Brunello

Il turismo sessuale è un fenomeno che coinvolge numerosi Paesi. Secondo i dati di ECPAT (End Child Prostitution in Asian Tourism), proprio dall’Italia proviene la maggior parte di coloro che si recano all’estero per cercare prestazioni sessuali a pagamento da parte di minori. Ma il nostro Paese non è l’unico: a seguire ci sono Germania, Giappone, Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Cina. Tra queste Nazioni, un caso emblematico è quello della Germania, dove la prostituzione volontaria di persone maggiorenni è legale da anni. Questo non ha, però, impedito a molti cittadini tedeschi di recarsi in altri Paesi per cercare rapporti sessuali, anche con minori. Un’indagine condotta dall’UNICEF nel 2006 ha rivelato che in Kenya, uno dei Paesi più colpiti dal fenomeno, i tedeschi risultano tra le nazionalità più presenti in cerca di rapporti con minori. Secondi solo agli stessi kenyoti, che rappresentano il 38% dei clienti nel mercato della prostituzione, gli italiani costituiscono il 18%, i tedeschi il 14%, gli svizzeri il 12% e i francesi l’8%. Tuttavia, il problema non riguarda solo cittadini privati. Alcuni scandali hanno coinvolto anche figure istituzionali, come nel caso del Regno Unito. Secondo un’inchiesta pubblicata da Politico Europe nel 2022, alcuni deputati britannici, appartenenti sia alla maggioranza che all’opposizione, avrebbero partecipato a festini e frequentato prostitute durante i loro viaggi ufficiali all’estero.

L’Italia risulta in cima alla classifica di chi si reca all’estero per praticare turismo sessuale, nonostante il Paese disponga di strumenti giuridici avanzati per contrastare il fenomeno. In particolare, la legge 269 del 1998 “contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori” prevede anche il divieto dei tour operator di organizzare viaggi che abbiano come finalità lo sfruttamento sessuale. Con la legge 38/2006, la normativa è stata ulteriormente rafforzata, introducendo il principio di extraterritorialità. Questo significa che i cittadini italiani che compiono turismo sessuale possono essere perseguiti non solo nel Paese in cui hanno commesso il reato, qualora ci sia una denuncia da parte della vittima, ma anche in Italia, dove la magistratura può procedere indipendentemente dal luogo in cui è avvenuto il crimine. Nel 2018, inoltre, è stata presentata in Senato la campagna Stop sexual tourism, che ha previsto l’affissione di manifesti informativi nei 57 aeroporti italiani per denunciare la situazione e stimolare una presa di coscienza. Secondo i dati del Global Study di ECPAT International del 2018, si stima infatti la presenza di circa 80.000 turisti sessuali italiani. Di questi, il 90% è costituito da uomini con un’età compresa tra i 20 e i 40 anni, che nella maggior parte dei casi diventano clienti di minori costretti alla prostituzione nei Paesi del Terzo Mondo.

ITALIA
A cura di Manuela Perrone
MONDO

XXX Lo abbiamo fatto (letto e visto) ovunque

Dalla carta, alla celluloide alla tv via cavo.

Da Lady Chatterley a Carrie Bradshaw. Romantico, erotico, scandaloso, ironico. Il sesso nella cultura ha sempre avuto un posto in prima fila

Un uomo pedala con tenacia su una cyclette. Alle sue spalle, altri tre uomini gli suggeriscono quando accelerare o rallentare; lo esortano a non mollare, che «ci sei quasi, stai andando alla grande». L’uomo sulla cyclette è esausto, sudatissimo. «Coraggio, coraggio!».

Per l’allenamento di un ciclista professionista, sia esso velocista o scalatore, un solo coach è probabilmente più che sufficiente. Ma nella mente di uomo impegnato a far raggiungere l’apice del piacere praticando sesso orale a una donna con cui è a letto per la prima volta, be’, ce ne vogliono almeno tre: appagare Lara, per Piero, è paragonabile a un vero e proprio Giro d’Italia.

È questo che succede nella mente del protagonista maschile di Follemente, il film di Paolo Genovese in cui le diverse personalità dei due personaggi principali vengono messe in scena in forma umana, grazie a due narrazioni: quella che ci mostra la vicenda nel suo evolversi, cioè il primo appuntamento tra i due sconosciuti, e quella che ci mostra cosa accade nella loro testa. Ecco quindi che quando Piero (Edoardo Leo) e Lara (Pilar Fogliati) fanno l’amore per la prima volta, gli attori Marco Giallini, Rocco Papaleo e Maurizio Lastrico - rispettivamente, Professore, Valium e Romeo - incitano Claudio Santamaria, cioè Eros, durante la… “pedalata”. Paragonare la performance erotica maschile a un’intensa prestazione sportiva. Una chiave innegabilmente (auto)ironica per raccontare la carnalità. Nell’arte, nella letteratura, al cinema, in tv, nelle canzoni. Non c’è medium che non abbia rappresentato questo atto primordiale così permeato nelle nostre esistenze. A partire da uno dei primi e più potenti: il libro. La letteratura ha sdoganato l’erotismo già all’epoca de-

gli antichi greci, quando il sesso era vissuto e mostrato senza pudori, con quella disinvoltura che solo l’essere una componente naturale della società poteva permettere.

dal tiaso alla strofa il sesso pedagogico Vivevano tutte insieme, le ragazze del tiaso saffico, quel luogo di aggregazione religiosa in cui venivano mandate per ricevere un’educazione prima del matrimonio. Una vita simbiotica scandita da riti e attività artistiche, come il canto o la danza, dedicate alla dea Afrodite. Una giornaliera celebrazione della grazia e della bellezza femminile che, inevitabilmente, portava alla scoperta collettiva anche della sessualità. È la Grecia di Saffo, alla quale il componimento in versi deve la strofa. Tra la fine del VII e l’inizio del VI secolo a.C., con il poema Ode a Afrodite, la poetessa di Lesbo inventa il lirismo erotico. Nell’isola greca, la spontanea educazione sessuale delle fanciulle dimostrava come le relazioni con persone dello stesso sesso erano tutt’altro che anormali ed immorali. Al contrario: non essendo finalizzate alla mera procreazione, costituivano un passaggio pedagogico e fisiologico verso l’età adulta.

desiderio da scandalo da d h lawrence a nabokov

Immaginate la frustrazione di una novella sposa 27enne condannata ad assistere un marito paraplegico. È la dura, asessuata realtà in cui si ritrova costretta Constance Chatterley, sposata ad un aristocratico che resta paralizzato durante il suo servizio nel secondo conflitto mondiale. La coppia vive nella tenuta di lui, nelle brumose Midlands inglesi. Qui Lady Chatterley tradisce suo marito con un guardiacaccia. «Le piaceva il ricordo della sensazione della carne dell’uomo che toccava la sua, persino l’appiccicosità della sua pelle su

In alto, Kevin Spacey e Mena Suvari nella celebre scena della vasca da bagno di American Beauty (1999).

A sinistra, Claudio Santamaria, Marco Giallini e Maurizio Lastrico nel film Follemente (2025).

Accanto, Liv Tyler e Jeremy Irons, protagonisti di Io ballo da sola (Stealing Beauty) del 1996.

In basso, le protagoniste di Sex and the City la serie cult in onda dal 1998 al 2004.

quella di lei. In un certo senso era una sensazione sacra». Non solo gli uomini vogliono fare sesso. Serviva L’amante di Lady Chatterley a farlo capire? Forse, visto che il romanzo di D.H. Lawrence, pubblicato in Italia nel 1928, fu un tale scandalo che l’America lo censurò fino al ’59. Il peccato? Sempre quello originale: aver avuto l’ardire di raccontare che il desiderio sessuale non è una prerogativa soltanto maschile. La descrizione esplicita degli amplessi e dell’adorazione affamata di Lady C. viene tacciata d’indecenza. Non sono semplici pagine pornografiche, quelle che scandalizzano la vittoriana moralità dei lettori: sono pagine pornografiche sulla relazione extraconiugale di una fedifraga che tradisce l’aristocratico marito (pure) paraplegico con un semplice proletario. Il domino dell’indecenza. Un affronto alla morale, quello di certa letteratura, che raggiunge il suo apice negli anni ‘50, con un libro su una relazione tanto proibita quanto depravata. Si dice che Vladimir Nabokov abbia scritto Lolita in treno, durante un viaggio per ampliare la sua collezione di farfalle. Ma della leggerezza delle farfalle la trama del romanzo ha ben poco. «Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia». Un incipit tanto potente quanto problematico. Perché Lolita è una bambina di 12 anni, e il professor Humbert Humbert, l’uomo che pronuncia le parole di quell’incipit, quasi 40. Molto prima di Lester Burnham, il protagonista del film American Beauty la cui lolita è Angela, la compagna di liceo di sua figlia, per cui ha perso la testa. Al tempo di Nabokov, sono molte le case editrici che si rifiutano di pubblicare quella che è evidentemente (anche) una storia di pedofilia (Humbert Humbert diventa patrigno di Dolores, da lui vezzosamente ribattezzata Lolita, e dopo la morte della di lei madre, vi ha una relazione sessuale). Vane le proposte di tagli e censure: l’autore rifiuta categoricamente di stravolgere la sua opera. Sarà la Olympia Press, una casa editrice parigina di lettura erotica, a pubblicarla per prima, nel 1955. Parigi, lo sfondo di uno dei menage à trois più chiacchierati della letteratura: quello tra Anaïs Nin, l’autore de Il Tropico del Cancro Henri Miller, e sua moglie, June Masfield. È la prima a fare dell’erotismo femminile la sua primaria zona d’interesse, Anaïs Nin. E galeotto fu proprio L’amante di Lady Chatterley, cui dedicherà il suo primo libro. «Voglio innamorarmi, così totalmente che il solo pensiero di lui mi porti all’orgasmo», si legge ne Il Delta di Venere «Cominciai a scrivere ironicamente, divenendo così improbabile, bizzarra ed esagerata che pensai che il vecchio si sarebbe accorto che stavo facendo una caricatura della sessualità» ricorda Nin parlando della raccolta di racconti erotici nata non da un irrefrenabile impulso, ma dalla pigrizia proprio di Henry Miller: era a lui, infatti, che un anonimo collezionista ne aveva commissionato la stesura.

lo abbiamo fatto al cinema

Il panorama erotico del cinema italiano è «alquanto desolante: dominano i vuoti, le assenze, le mancanze. Anche quando ci prova, a raccontare la sessualità, e a metterla in scena, il cinema italiano contemporaneo lo fa tra

Di Serena Del Fiore

mille impacci, titubanze, ritrosie». Un j’accuse, quello del critico Gianni Canova, mosso forse dal fatto che il cinema italiano, al sesso, preferisce alludervi, o accennare. E se lo mostra, lo fa quasi trattenendo il fiato, restando in apnea. Quindi a chi pensare di sessualmente coraggioso, spudorato, quando parliamo di cinema? Probabilmente, a Bernardo Bertolucci. Prendiamo due pellicole simboliche del regista: Ultimo Tango a Parigi e Stealing Beauty (Io ballo da sola). Ultimo Tango esce nel 1972 e immediatamente viene sequestrato per oltraggio e offesa al pudore. Bertolucci viene denunciato e la vicenda giudiziaria nel 1976 condanna il film al rogo. Protagonisti della pellicola, un uomo di mezza età, Paul (Marlon Brando), e una ragazza molto più giovane di lui, Jeanne (Maria Schneider). La storia è quella del loro incontro e del loro “amore” impossibile. Impossibile perché vincolato a una regola imposta da Paul: non parlare di sé. È la filosofia erotica di Bertolucci: niente nomi, niente storie, io non voglio sapere niente di te e tu non devi sapere niente di me. Il personaggio di Paul rovescia il paradigma secondo cui presumiamo che quanto più sappiamo dell’altro tanto, più amiamo. Bertolucci tratta il sesso come qualcosa di fortemente dissacrante. Una dissacrazione trova la sua massima rappresentazione nella celebre e ancora condannata scena del burro: al di là del fatto che non fosse prevista, questa scena, dopo tutti questi anni, conserva una carica fortemente violenta. Perché è assolutamente diabolica. Mentre Paul sodomizza Jeanne, pronuncia un discorso dissacrante sulla famiglia e, mentre lo fa, usa come lubrificante qualcosa di innocuo e familiare: il burro. Il diavolo sta nei dettagli. Io ballo da sola (1997) invece, è un film in cui il sesso è protagonista di quello che hanno definito un thriller intimista.

sesso via cavo: la serie di culto

1998. La piattaforma americana HBO sta muovendo i primi passi nel mondo della serialità, sfidando l’ordinario sistema di broadcasting con contenuti di qualità, in contrasto con il linguaggio televisivo della serialità generalista. Come? Trattando temi particolarmente difficili e controversi. 6 stagioni, 94 episodi: Sex And The City è quella che si definirà serie di culto. Un prodotto stranissimo e nuovo, dal punto di vista di formato, generi e contenuto. Pensiamo al periodo storico e pensiamo al tema: il sesso dal punto di vista delle donne. SATC sdogana un modo di parlare del sesso al femminile fino a quel momento mai esistito in tv. Chi avrebbe mai pensato che le donne potessero parlare di sesso in modo così esplicito, ma soprattutto, in modo così simile a come si presume lo facciano gli uomini?

A sinistra, La Venere di Urbino un dipinto a olio su tela di Tiziano, conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze.

Sotto, un particolare di Venere e Marte, dipinto di Sandro Botticelli conservato alla National Gallery di Londra.

A destra, Il Ratto di Proserpina un gruppo scultoreo realizzato da Gian Lorenzo Bernini, esposto nella Galleria Borghese di Roma.

«Se un uomo non è disponibile, ho un cassetto pieno di soluzioni che funzionano

Lucy, una 19enne americana che sta affrontando il viaggio che la porterà a trasformarsi da ragazza in donna, è ospite nella villa in Toscana di alcuni artisti italiani amici di sua madre (una poetessa morta prima di rivelare a Lucy chi fosse il suo vero padre). Lucy (una candida e bellissima Liv Tyler), costudisce un segreto: è ancora vergine. Su di lei incombe l’inesorabile perdita dell’innocenza. Tutti gli ospiti della villa fanno parte di quella bohème italiana rifugiatasi in una dimensione bucolica: tutti esteti, tutti narcisisti, tutti un po’ cinici. Soprattutto, tutti attratti da Lucy, che proveranno continuamente a sedurre. Nella sequenza finale spiamo la prima volta di Lucy, con il timido Osvaldo, innamorato della ragazza americana dalla prima volta in cui l’ha vista, anni prima. Prima di fare l’amore, i due sono seduti in cima ad una collina. Osvaldo ha le lacrime agli occhi. Quando Lucy chiede il motivo di quelle lacrime, lui le risponde che è perché ha voglia di baciarla, e non ci riesce. Non sa come fare. Forse perché è l’unico che si rende conto della bellezza che avrebbe toccato e del cui furto sarebbe stato responsabile. Dopotutto, Stealing Beauty, il titolo americano del film, significa questo: rubare bellezza.

meglio»

«Sai qual è la mia filosofia? Se mi serve un uomo, me lo prendo. Ma se un uomo non è disponibile, ho un cassetto pieno di soluzioni che funzionano anche meglio. Non ho bisogno di aspettare che qualcuno decida se merito di essere soddisfatta o meno. Le donne passano troppo tempo a preoccuparsi di cosa vogliono gli uomini, quando la vera domanda dovrebbe essere: cosa voglio io?». A parlare è Samantha Jones, una delle quattro protagoniste della serie. Quattro amiche newyorkesi sulla trentina (tranne una, già 40enne), tutte indipendenti grazie a professioni remunerative. Si divertono moltissimo, bevono cosmopolitan e, soprattutto, non hanno nessuna remora nel porsi nei confronti del sesso come i maschi: in modo spregiudicato e privo di vincoli estetici, morali o di ruolo. Parlare di orgasmi (raggiunti, invocati, multipli, mancati) in maniera esplicita, nel 1998 non era esattamente una cosa normale. E, allora come oggi, davanti a un tema particolarmente delicato, tv e cinema ricorrono sovente all’ironia. Un’ironia che in questo caso verrà abbandonata nel momento in cui ci si renderà conto che non è solo SATC a piacere, ma proprio il tema. Anzi, i temi. Traghettati proprio dal tabù per eccellenza.

Differenza tra amore e sesso; differenza tra amore e sesso per gli uomini; le donne e il romanticismo; le donne e il denaro; le donne e il loro nuovo ruolo nella società; le donne e la politica.

E come ci ricorda Carrie Bradshaw: «È interessante che una discussione sulla politica spesso diventi una discussione sul sesso. E una discussione sul sesso alla fine diventi una questione di politica. Il che porta a chiedersi se le due cose non siano in realtà inestricabilmente legate, e se così fosse, può esserci sesso senza politica? ».

La grande rivoluzione di SATC, molto prima di Sex Education, Baby Easy o Love & Anarchy, è proprio questa: maneggiare tutti questi argomenti con un tono leggero, fresco, e, se serve, senza la paura di mettere da parte il romanticismo ma, al contrario, ammettendo che il sesso senza amore, come diceva Woody Allen, è sì un’esperienza vuota, ma fra le esperienze vuote è sicuramente una delle migliori.

Quando l’ arte incontra la seduzione

Sensualità scolpita, ipnotici sguardi dipinti a olio, forme che accendono il desiderio.

L’arte può arrivare a travolgere lo spettatore e scatenare la Sindrome di Rubens, dove l’estetica diventa seduzione

La mano di Plutone affonda nella coscia di Proserpina con un realismo quasi osceno. Il marmo diventa pelle, calore. I capelli al vento, scomposti. Il fiato resta sospeso di fronte a questa immagine di passione, desiderio, paura e sopraffazione, resa eterna nell’eleganza di un blocco di marmo.

Il Ratto di Proserpina di Gian Lorenzo Bernini si anima al solo sguardo degli spettatori caricandosi di sensualità al punto da fargli provare una vera e propria eccitazione erotica. Può sembrare strano, ma questo fenomeno è più diffuso di quanto si pensi e viene identificato come Sindrome di Rubens, dal nome del pittore fiammingo celebre per i suoi dipinti con donne formose e sensuali che incarnavano l’ideale di bellezza prosperosa e carnale del periodo barocco. Un fenomeno simile alla più nota Sindrome

di Stendhal, ma che invece di causare vertigini o spaesamento di fronte alla bellezza artistica, stimola il desiderio erotico.

«Scoprire il mondo fa eccitare, e trovarsi di fronte a un’opera d’arte provoca eccitazione legata alla percezione estetica dell’immagine», teorizzava Freud. Ma le cause psicologiche che spingono ogni individuo a provare determinate sensazioni sono varie. Le aree del cervello legate al desiderio possono attivarsi alla vista di opere che ritraggono il corpo in modo idealizzato o sensuale. E se c’è una forte componente inconscia, anche l’immaginazione gioca un ruolo chiave, amplificando l’erotismo dell’opera.

le opere che suscitano erotismo venere di urbino, tiziano

Nella Venere di Urbino di Tiziano una donna nuda è sdraiata su un letto. Gli occhi scuri incontrano quelli dello spettatore in un gioco di complicità sottile. La posa rilassata, come se invitasse chi la guarda a unirsi a lei in quell’intimità naturale. Le forme sono morbide, la pelle levigata come la seta brilla sotto una luce che sembra dorata. Il braccio scivola lungo il ventre e delinea delicatamente i fianchi trasmettendo grazia e sensualità, ma anche pudore e abbandono. Un gesto semplice, ma carico di tensione erotica, come se il tempo si fosse congelato nell’attimo di quella carezza. Ciò che può scatenare la Sindrome di Rubens è la combinazione di diversi fattori. Le forme piene e morbide della Venere celebrano un corpo che esprime sensualità

attraverso la carne, richiamando il piacere del contatto fisico.

amore e psiche, antonio canova Lo sguardo intenso e desideroso che precede il bacio. La schiena inarcata e il corpo abbandonato alla passione, sorretto da un sensuale abbraccio che avvolge il seno. Le dita di lei passate tra i capelli di lui. I corpi nudi inquadrati nella perfezione anatomica tipica del neoclassicismo, con un drappo che scopre appena l’intimità della donna. L’erotismo sottile e raffinato di Amore e Psiche diventa eterno e sembra animarsi al solo sguardo degli spettatori grazie alla maestria di Antonio Canova.

La Sindrome di Rubens può scatenarsi grazie al perfetto equilibrio tra la delicatezza del gesto e la tensione erotica latente.La posizione dei corpi, stretti in un abbraccio languido, suggerisce un desiderio sospeso, mai del tutto consumato, che accende l’immaginazione. Il drappo leggero che sfiora l’intimità della donna lascia intuire più che mostrare, creando un gioco di desiderio e pudore che amplifica l’attrazione e suscita una risposta sensoriale profonda nello spettatore.

venere e marte, botticelli

Semidistesa e composta, Venere è avvolta da un drappo leggero, quasi trasparente, che accarezza le sue forme senza coprirle del tutto. Lo sguardo enigmatico si posa su Marte, disteso, stanco, vinto non dalla guerra ma dall’amore, sottomesso alla passione. Il petto nudo esposto suggerisce insieme vulnerabili-

tà ed estasi. La pelle chiara e vellutata di Venere contrasta con i toni caldi e ambrati del corpo di Marte, creando una tensione visiva sensuale. Non c’è nulla di esplicito, l’immagine accende l’immaginazione lasciando spazio al desiderio di chi guarda. Venere osserva Marte, consapevole del suo potere su di lui: non è il dio della guerra a dominare, ma una donna dalla bellezza eterea e consapevole. Aspetto che può risultare particolarmente eccitante.

l’origine du monde, courbet Nessun velo, nessuna idealizzazione, solo un corpo disteso, offerto in tutta la sua carnale verità. L’origine du monde di Gustave Courbet è una vera e propria affermazione di sensualità cruda e pulsante che non lascia scampo all’osservatore, costretto a confrontarsi con la potenza della carne e la natura istintiva del piacere.

Il ventre leggermente sollevato, le curve dolci del bacino, la delicatezza della coscia. L’intimità quasi violata e il desiderio, accentuati dal realismo tattile con cui sono dipinti i peli pubici. Nudità sincera e assoluta, un corpo che vive per celebrare il piacere fisico, che invita alla contemplazione del desiderio in modo diretto, ma che fa comunque spazio all’immaginazione.

Chi è questa donna? Ha vissuto il piacere o lo sta aspettando? Domande senza risposta, che, nonostante la scena esplicita, riescono a mantenere alta la tensione erotica rendendo l’opera quasi ipnotica.

Il peccato originale

Tra le dimensioni della sessualità, non si può non considerare il rapporto con la religione, una connessione complessa tra regole, tabù e interpretazioni morali

Oh Dio! Tutti parlano di sesso. Eppure, c’è un binomio che sembra sfuggire alle solite equazioni: sesso e religione. Un ossimoro? Non proprio. Rabbini, preti, imam o sciamani, non importa. Chiunque abbia una tonaca ha qualcosa da dire in merito. Dai più conservatori agli avanguardisti, la religione è dai tempi di Adamo ed Eva il “terzo incomodo” nelle relazioni. In Sex and The City, Miranda incontra Thomas John Anderson, un avvocato di successo con cui il sesso «è grandioso». Se non fosse per un particolare: dopo ogni amplesso Thomas ha bisogno di una doccia bollente. Il motivo? Da bambino gli avevano insegnato che «il sesso è peccato mortale» e lavarsi era l’unico modo per sentirsi “pulito”. Un esempio stupido, forse. Eppure, la realtà a volte non è poi così distante dalla fantasia. Il sesso, tra sensi di colpa e dogmi religiosi, è da sempre un territorio minato. E se nella serie Thomas viene etichettato come “prete mancato”, forse sarebbe più corretto definirlo “uomo colpito e affondato”. La suora ha fatto centro.

quando la castità andava di moda Ma partiamo soft, come nel bondage. Nei primi anni 2000 il “purity ring” faceva il suo debutto sui red carpet, luccicando agli anulari delle stelline Disney come Selena Gomez, i Jonas Brothers e Miley Cyrus (sì, la stessa Miley che anni dopo avrebbe simulato rapporti sessuali sul palco scandalizzando poveri genitori trascinati ai suoi concerti che si aspettavano Hannah Montana). Nato negli anni ’90 tra le file della Chiesa Evangelica, il purity ring simboleggiava un impegno ben preciso: arrivare vergini al matrimonio. «Manterrò la mia promessa a me stessa, alla mia famiglia e a Dio» aveva dichiarato Selena Gomez nel 2008. Sette anni dopo, però, l’anello era scomparso. Scivolato dal suo anulare e non solo.

Ma se alcuni decidono di “mangiare la mela”, altri continuano a seguire i dettami religiosi della castità prematrimoniale. Nel 2022 papa Francesco ha esortato la Chiesa a «proporre la preziosa virtù della castità», relegando ancora una volta il sesso alla dimensione matrimoniale e finalizzandolo alla procreazione (anche se, visti i recenti dati sulla galoppante denatalità europea, non ha avuto molto successo).

il mito della verginità Nessuna novità, si potrebbe pensare. Tutti sanno che la religiosità è spesso associata a visioni più conservatrici, specialmente quando si parla di sesso. E non è solo questione di morale. Le donne, per esempio, sembrano essere più influenzate dalla religione rispetto agli uomini, almeno per quanto riguarda la vita sessuale. Un esempio pratico? Il mito della verginità. Nelle varie religioni l’idea che la donna dovesse arrivare vergine al matrimonio è stata una vera e propria ossessione. E quando il mondo ha deciso che la verginità dovesse essere certificata da una macchia di sangue su un lenzuolo – come se la purezza fosse un contratto scritto in rosso – le donne hanno risposto con astuzia. Aggirando così la prova decisiva, citata anche nel Deuteronomio, il quinto libro della Bibbia.

SALT, L’APP PER CRISTIANI

Come Dio comanda

Paul Rider è un giovane londinese che lavora nel mondo della finanza e, come molti coetanei, la sera si ritrova sul divano a scorrere profili su app di dating, alla ricerca di un partner. Oltre alle solite difficoltà legate agli incontri online, però, Paul deve affrontare una sfida in più: trovare una compagna che condivida la sua fede cristiana. Ed è qui che il fiuto per gli affari di Paul si attiva, riconoscendo una lacuna nel mercato delle dating app: manca una piattaforma pensata per single cristiani. Nasce così, nel 2018, SALT, l’app che promette di rendere più semplice incontrare persone che condividono gli stessi valori. E così Paul ha evitato a molti ragazzi come lui di sprecare swipe inutili.

Uno dei metodi più diffusi era quello di posizionare il cuore di un uccello o una vescica di maiale, nella cavità vaginale in modo che si rompesse al momento giusto. Sanguisughe, spugne imbevute di sangue, le donne ne hanno inventate di ogni per sfuggire all’occhio vigile, e decisamente troppo curioso, della religione. E se pensate che nel 2025 tutto questo sia solo un ricordo, benvenuti nel mondo dell’imenoplastica, dove molte donne arrivano a pagare migliaia di euro per “ritrovare la verginità perduta”.

Solo in Francia, secondo dati dell’Associazione dei Chirurghi Plastici, il numero di interventi di ricostruzione dell’imene è aumentato del 40% negli ultimi dieci anni. Tuttavia, se in alcuni Paesi è solo un vezzo, in altri, come l’Afghanistan e l’Iran, l’operazione può fare la differenza tra la vita e la morte per una donna accusata di non essere vergine prima del matrimonio.

gli adepti della chiesa di gesù cristo dei santi degli ultimi giorni

Ma quando si parla di norme religiose e di stratagemmi per aggirarle, mormoni sono probabilmente la comunità che più offre spunti di riflessione.

Negli ultimi tempi sulla bibbia moderna, ovvero Tik Tok, sta infatti spopolando la storia di questi giovani ragazzi, mormoni per l’appunto, che per avere rapporti sessuali, senza infrangere le regole, ricorrono a un metodo detto soaking, letteralmente “ammollo”. In sintesi, si tratta di un rapporto sessuale con penetrazione, ma decisamente più bizzarro.

Il movimento, infatti, viene simulato da due materassi spinti da sopra e da sotto da un terzo che si offre di fare da cupido. Il tutto affinché i due amanti, posizionati tra i due materassi, possano avere un rapporto completo, in quello che potrebbe sembrare un sandwich dal sapore medioevale.

Ma non è l’unico caso in cui i mormoni ci danno materiale per annoverare la tesi che la religione ha più a che fare con il sesso di quanto (forse) non vorrebbe.

Il reality show Mio marito non è gay, che racconta la storia di tre uomini mormoni sposati, ma attratti dallo stesso sesso. Guai a parlare di omosessualità però, meglio usare il termine “SSA” o same-sex attraction Un’espressione che permette di etichettare quest’attrazione senza andare contro ai precetti del profeta Mormon.

peccato o ossessione?

Dai purity ring fino al soaking quindi, il messaggio è chiaro: ciò che accade fra le lenzuola non è sempre un affare privato. Tuttavia, se oggi il sesso e la religione continuano a intrecciarsi in modi così bizzarri e contraddittori, la vera domanda non è se sia o meno un peccato originale. Forse la religione, più che condannarlo, ha semplicemente trovato un modo per renderlo eterno protagonista.

IULM lancia ScentDia

Il progetto ha visto l’Università IULM collaborare con la ricercatrice australiana Mari Velonaki. Il risultato è una scultura robotica tra arte e filosofia che promette di interagire anche attraverso gli odori

Di Chiara Balzarini e Matteo Carminati

Dimenticate i robot metallici. ScentDia è «una scultura robotica tra arte e filosofia, ma anche un robot sociale unico al mondo» che interagisce in un modo del tutto innovativo.

Presentato al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano il 21 febbraio 2025 in prima mondiale, ScentDia, è il primo robot che usa il profumo per comunicare.

Dietro questa innovazione c’è il lavoro congiunto del Centro di Ricerca sui Sistemi Complessi (CRiSiCo) dell’Università IULM e dell’artista robotica Mari Velonaki della University of New South Wales di Sydney. Luisa Damiano, docente di Filosofia della scienza del nostro ateneo, ha fornito un contributo fondamentale, focalizzandosi sugli aspetti etici e sociali dell’interazione uomo-macchina.

La vera innovazione portata da ScentDia è l’integrazione dell’olfatto nell’interazione robotica.

A differenza di altre macchine, questo robot emette infatti una fragranza specifica, creata dall’artista profumiere greco Manos Gerakinis. Sebbene la composizione esatta resti segreta, il profumo presenta delle «note metalliche, scelte per sottolineare la diversità del robot rispetto all’essere umano» dice la professoressa Damiano.

Anche il design del robot rappresenta una rottura rispetto agli stereotipi tecnologici classici. ScentDia ha una finitura simile alla porcella-

na e le sembianze di una donna ottocentesca. Mari Velonaki ha volontariamente creato «qualcosa che uscisse dallo stereotipo del robot. Per questo ho scelto delle fattezze totalmente inaspettate».

Le nuove prospettive di tale tecnologia sono molteplici. La professoressa Damiano sottolinea che può essere molto utile per «persone non vedenti o non udenti, perché possano rendersi conto della presenza del robot anche attraverso l’olfatto, così come per persone affette da demenza senile o da Alzheimer, perché l’olfatto è molto potente anche nel risvegliare memorie». Gli impieghi all’interno della ristorazione, del marketing, e dell’intrattenimento sono tutti da scoprire.

«Grazie all’AI ci stiamo aggiornando per essere pronti alle sfide anche su arte e cultura» dice la rettrice della Iulm, Valentina Garavaglia. «Essere all’avanguardia significa saper leggere le trasformazioni in atto e anticipare quelle future. Pur non essendo un ateneo STEM, l’Università ha scelto di investire in ambiti di ricerca come la filosofia del digitale, l’intelligenza artificiale, la teoria dei sistemi complessi».

Un evento di tale portata è stato un onore anche per il direttore generale del Leonardo da Vinci, Fiorenzo Galli. «Questo è il museo del divenire e lo raccontiamo tramite un testimone autorevole come ScentDia».

La Iulm dimostra ancora una volta di essere al primo posto nel supporto alla ricerca, con l’obiettivo di rendere le nuove generazioni parte integrante del progresso scientifico.

IULM valorizza le periferie

Di Marco Fedeli

Ogni quartiere di Milano possiede un’identità forte per chi lo abita. È quanto emerso dall’indagine su oltre 1700 milanesi da parte dell’Osservatorio sulla Comunicazione pubblica, il Public Branding e la Trasformazione digitale dell’Università IULM, guidato dal Direttore scientifico Stefano Rolando. Le periferie, grazie a investimenti infrastrutturali e allo sviluppo di poli culturali, sono oggi più connesse e attrattive. La ricerca Brand di quartiere, brand di città. Identità, appartenenze, relazioni è stata presentata dalla Rettrice della IULM Valentina Garavaglia e dalla Vicesindaco di Milano Anna Scavuzzo al Centro Studi Circolo Caldara. Si punta l’attenzione sulla percezione identitaria di chi vive nei quartieri lontani dal centro. Secondo lo studio «la periferia non è vissuta come un ghetto e ci sono forti elementi di tenuta», smentendo così la visione delle periferie come luoghi marginali. La ricerca dimostra che le Università hanno un ruolo chiave nella valorizzazione delle periferie milanesi. Nel quartiere della Barona, l’Università IULM ha contribuito a trasformare il territorio in un distretto culturale e aggregativo, promuovendone il rilancio. E questo è un fenomeno che si estende anche ad altre zone della città, come la Bovisa con il Campus del Politecnico o Rozzano con l’Humanitas.

ScentDia, una scultura robotica che ricorda una dama d’altri tempi e che emette un insolito profumo metallico.
UNIVERSITÀ
Di Vittoria Fassola

UNA PAROLA TIRA L’ALTRA

A cura di Davide Aldrigo

ORIZZONTALI

1. Un libro della Bibbia (vedi pag. 26) - 11. Film con protagonista Joaquin Phoenix (vedi pag. 15) - 13. Loro - 14. Bovino estinto - 15. Caverna, grotta - 17. I boots, calzature da neve - 18. Pittore rinascimentale (vedi pag. 25) - 21. Chiude molti siti internet - 22. Il numero della coppia - 23. Torino - 24. Xilofono a metà - 26 Lunghissimi periodi - 28. Relativi alla navigazione - 32. Grosso camion - 33. Azienda Rilievo Alienazione Residuati - 34. Il santo del calcio milanese - 35. Saluto informale - 37. Sigla inglese per indicare il fai da te - 39. Noleggio con conducente (sigla) - 41. Stile libero - 43. Disturbi del comportamento alimentare44. Rumore fragoroso - 46. Sono di seppia quelli di Montale - 49. Lo dice sempre l’egoriferito - 50. Prima persona plurale - 51. Una sfumatura di viola - 53. Il jet che colpisce dopo un lungo viaggio - 55. Le basi di ogni cosa - 56. Rabbia, furia - 57. Trasformano i putti in puffi - 59. Encomio - 60. L’Italia canta quello di Mameli - 62. I filamenti che compongono i funghi - 63. Luoghi di estrazione mineraria - 64. Personal Computer - 65. In fine di vassoio - 66. Lo Stewart cantante - 67. Quartiere di Londra e New York69. Stabilimento termale - 71. Né ieri né domani - 74. Cantante e attrice americana (vedi pag. 26)78. Damien, artista contemporaneo - 80. Scappato di prigione - 81. Arezzo - 82. Una carta leggerissima - 84. Lecco - 86. L’alieno smarrito in un celebre film di Spielberg - 88. Cittadina in Normandia - 90. La mamma della mamma - 92. Profumo, fragranza - 93. Città svizzera (vedi pag. 20) - 95. Robert, interprete di Toro Scatenato e Taxi Driver - 97. Preposizione semplice - 98. Un pronome per noi - 99. Ritorno alla vita - 101. Non qui - 102. Derivato del papavero - 103. Animale famoso per la sua risata.

VERTICALI

1. Prefisso per un orientamento sessuale (vedi pag. 17 ) 2. Culto riservato agli iniziati - 3. Abitudine, costume - 4 Un’app di dating (vedi pag. 9) - 5. Pittore fiammingo (vedi pag. 24) - 6. Metallo prezioso - 7. Composizione musicale romantica e meditativa - 8. In nessun caso - 9. Abbreviazione societaria statunitense - 10. Otello dimezzato - 11 Un romanzo del Novecento (vedi pag. 23 ) - 12. Due in numeri romani - 16. Sono dispari nel rolex - 19. Concorso di pronostici per appassionati di pallone - 20. Altro nome di Troia - 25. Nell’orco e nell’orata - 27. Un’app di dating (vedi pag. 10 ) - 29. Amici agli estremi - 31. La lettera dell’incognita - 33. L’ultimo saluto - 36 Nome di battesimo del personaggio in copertina - 38. Un’app di dating (vedi pag. 9) - 40. Call To Action (sigla)42. Né sì né no - 44. Coppie poco libidinose (vedi pag. 7) - 45. Ciò che viene della pecora - 47. Scheda di memoria - 48. Poetessa classica (vedi pag. 22 ) - 52. Nel faro e nella carota53. Comitato fondato da Max Ulivieri (vedi pag. 19) - 54. Inferno mitologico58. Noto cantante italiano (vedi pag. 11)59. Articolo femminile - 61. Si canta ai bambini - 62. In gara a Sanremo 2025 con Lentamente - 63. Questo - 64 Recapita lettere - 68. Arbusto tossico - 69. Urlare fino a perdere la voce - 70 Fiume della Pianura Padana - 72. In mezzo all’unghia - 73. Ispiratore di pace (aggettivo) - 75. Iniziali di Vittorini - 76 Simbolo chimico dell’arsenico - 77. Vive in solitudine - 79. Sierra Leone - 83 Rifiuto deciso - 85. Il segno della Chiesa - 87. Dimora di animali - 88. Catanzaro - 89. Casa automobilistica tedesca91. Piccole imperfezioni - 94. Giudice per le indagini preliminari (sigla) - 96

Intelligenza artificiale (sigla) - 100. Le hanno Rimini e la Cina.

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