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mondo

12 agosto 2011 • pagina 13

Il governo di Taipei può contare soltanto sul sostegno degli Stati Uniti

Mentre a Taiwan si lotta soltanto per sopravvivere

L’ex dominio di Chiang Kai-shek è sempre più nel mirino di Pechino, che vuole a tutti i costi riprendersi l’ex colonia di Massimo Fazzi on l’elezione presidenziale del nazionalista Ma Ying-jeou si sono alleggeriti di molto i rapporti diplomatici che riguardano lo Stretto di Taiwan. Ma la vendita di armi americane a Taipei e lo schieramento dei missili comunisti sulle coste del Guangdong hanno peggiorato la situazione. E l’ex Formosa sembra essere di nuovo al centro del gioco militar-diplomatico del Pacifico. Soltanto che per lei a rischio non ci sono confini marittimi o interessi commerciali, ma la sopravvivenza stessa. Pechino considera infatti l’isola una provincia ribelle che deve essere riconquistata con tutti i mezzi a disposizione. Nonostante essa sia stata per più di tre decenni la vera Cina. Ma partiamo dal principio Dopo otto anni di tensioni, ovvero i due mandati consecutivi dell’indipendentista Chen, la questione Taiwan sembrava con l’elezione di Ma (avvenuta nel 2008) indirizzarsi verso una strada più pacifica. Jonathan Pollack, analista presso il Collegio navale degli Stati Uniti, spiegava: «Questa nomina significa molto per Washington. Taiwan torna ad essere un ottimo partner commerciale ed una dimostrazione di democrazia applicata a pochi passi per la Cina. Negli anni scorsi era un rischio, una miccia sempre accesa». Il riferimento era ai diversi tentativi del Partito democratico (sempre falliti) di ottenere un’indipendenza formale dalla Cina ed il riconoscimento dell’Onu. Lo stesso Ma, pochi minuti dopo la proclamazione ufficiale, Ma dichiarava: «Un trattato di pace con la Cina non è escluso, anche se prima vengono il commercio e l’economia. Chiaramente, non si può ottenere la pace con la minaccia della guerra: il primo passo da compiere è rimuovere i missili cinesi puntati su Taiwan».

C

lo Stretto: è necessario garantire la stabilità della regione, in modo da accreditare Taiwan come amante della pace. Spero sinceramente che le due parti in causa [Pechino e Taipei ndr] possano usare questa opportunità storica per creare un nuovo capitolo di pace e prosperità».

Proprio sul tema della prosperità si era concentrata la campagna elettorale del presidente, che aveva ribadito la sua visione nel corso dei due mesi di interregno con il rivale democratico. Il Kmt, infatti, aveva più volte dichiarato di voler riattivare una “solida economia”con la Cina continentale ed ha proposto la normalizzazione dei collegamenti aerei fra le maggiori città dei due Paesi. Come esempio concreto di questa buona fede, Ma ha autorizzato subito dopo il suo insediamento il presidente del Partito nazionalista Wu Baoxing a prendere accordi per una visita ufficiale in Cina [la prima di un leader del Kmt, avvenuta poi durante l’ultima settimana di maggio di quell’anno ndr] ed aveva inviato le proprie squadre di soccorso nel Sichuan, devastato da un tremendo terremoto. Ottimismo di breve durata. Dopo un anno di miglioramenti economici, commerciali e diplomatici, lo spiegamento di nuovi missili cinesi nella provincia meridionale del Guangdong fece irritare buona parte della popolazione taiwanese, che scese in piazza per chiedere al governo di “reagire”. Ma Taipei da sola non può fare molto contro il dragone: per questo chiese l’aiuto che gli Stati Uniti - per legge - erano costretti a dare loro. Washington ha atteso l’elezione del nuovo presidente e, con la vittoria di Obama, ha cercato di nicchiare il più a lungo possibile. Poi, un mese fa, 45 senatori degli Stati Uniti hanno chiesto alla Casa Bianca di affrettarsi a vendere 66 aerei da guerra F-16 per Taiwan. I senatori, democratici e repubblicani, sostengono che senza l’ammodernamento della sua flotta aerea, «Taiwan sarà esposta in modo pericoloso alle minacce, aggressioni e provocazioni dell’esercito cinese». Uno dei senatori firmatari, il democratico Robert Menendez, ha dichiarato che «se non si ha la possibilità di difendersi, si rischia di essere divorati». Secondo la lettera dei senatori, Pechino ha 1400 missili puntati su Taiwan e si appresta a dispiegare una nuova generazione di missili. E la portaerei inviata due giorni fa in acque dalla Cina, in grado di distruggere Taiwan con dei bombardamenti ad alta intensità, costringono oggi gli Usa a prendere una decisione. Mentre le acque del Pacifico si increspano.

Con l’elezione del presidente Ma le tensioni fra i due governi si erano calmate. Una pace brevissima

In alto un incrociatore della Marina americana segue una portaerei Usa nel Mar cinese meridionale. Queste esercitazioni irritano fortemente Pechino. Nella pagina a fianco Hu Jintao

tre continuano le manovre congiunte – della durata di 11 giorni – tra la marina militare statunitense e quella filippina.

Fra le nazioni della regione Asia-Pacifico, la Cina è quella che avanza le maggiori rivendicazioni in materia di confini marittimi nel mar Cinese meri-

dionale, che comprendono le isole Spratly e Paracel, disabitate, ma assai ricche di risorse e materie prime.

L’egemonia nell’area riveste un carattere strategico per il commercio e lo sfruttamento delle materie prime, fra cui petrolio e gas naturale. A contendere le mire espansionistiche di Pechino vi sono il Vietnam, le Filippine, la Malaysia, il Sultanato del Brunei e Taiwan, cui si uniscono la difesa degli interessi strategici degli Stati Uniti nell’area di tutto il Pacifico. Il calderone è bollente: basta una scintilla per esplodere.

Questa presa di posizione all’epoca sembrò spiazzare i vertici comunisti, che sino ad allora avevano puntato il dito contro le “pretese irrazionali del criminale Chen” facendo leva sul patriottismo nazionale. Con un interlocutore ben disposto al dialogo, Pechino dovette scegliere quale strada prendere: il militarismo difeso sino ad ora con i proclami sul territorio nazionale “in pericolo” sembrava infatti non avere più giustificazioni. Alcuni giorni dopo, il neo presidente diede altri segnali di speranza. Parlando davanti a diplomatici stranieri, politici, industriali e giornalisti, Ma dichiarava: «Giuro davanti alla popolazione di servire la mia nazione nel pieno rispetto della Costituzione.Voglio che venga mantenuta la pace sul-


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