2011_06_04

Page 25

4 giugno 2011 • pagina 25

A lato, immagini di Parigi di Gioia Genovese. In basso a sinistra: Dominique Strauss-Kahn, l’ex direttore Fmi, agli arresti domiciliari in un lussuoso appartamento di TriBeCa (con palestra, cinema e solarium) per il quale spende 50mila dollari al mese. In basso, il presidente francese Nikolas Sarkozy che avrebbe affidato ai servizi segreti il compito di indagare sui suoi ministri, vecchi e nuovi, «per controllare che la loro fedina sessuale sia pulita».

sti e star dello spettacolo. Una casa di tre piani tutta per lui che si sviluppa su 600 metri quadrati e che è stata ristrutturata di recente da un architetto italiano, Leopoldo Rosati, molto in voga nella Grande Mela. La casa, per la verità, era e resta in vendita per 14 milioni di dollari, ma i proprietari hanno intanto accettato l’offerta di affitto per 50mila dollari al mese. Le foto di questa townhouse, che erano su internet per la vendita, sono finite subito su tutti i giornali francesi, con tanto di particolari della palestra, della sala cinematografica, del soggiorno e del solarium. Alla notizia, già clamorosa, del super-affitto si è aggiunta proprio ieri quella del trasloco dei pezzi più pregiati dell’arredamento della casa in Virginia dove Strauss-Kahn risiedeva quando ricopriva la carica di direttore generale del Fondo monetario internazionale che ha sede a Washington. Sono arrivati in Franklin street – nonostante la casa sia completamente ammobiliata – un divano e delle poltrone d’epoca, un grande tappeto, due quadri d’autore e una trentina di stand appendiabiti imballati in scatoloni di legno. Che Dominique Strauss-Kahn fosse ricco non era un mistero – tra l’altro, comunque finisca la sua vicenda giudiziaria, riceverà anche una pensione di 250mila dollari l’anno dal Fmi – eppure tanta facilità di spendere ha colpito l’opinione pubblica. La polemica sui soldi e la politica si è intrecciata a quella, altrettanto imbarazzante, sui comportamenti personali dei personaggi pubblici che non frenano la propria libidine e le dirigenze dei partiti stanno mettendo in campo delle contromosse per evitare di perdere consenso in vista dello scontro più importante, quello delle presidenziali che si terranno nel maggio del prossimo anno. Secondo il settimanale satirico Le Canard Enchainé – che ha spesso rivelato casi molto scomodi per i potenti di Francia – il più preoccupato è proprio Nicolas

Sarkozy che avrebbe affidato ai servizi segreti il compito di indagare sui suoi ministri, vecchi e nuovi, «per controllare che la loro fedina sessuale sia pulita». Una decisione presa dopo la vicenda che ha costretto alle dimissioni il segretario di Stato alla Funzione pubblica, Georges Tron, accusato da due sue segretarie di averle aggredite sessualmente.

La reazione di Sarkozy, stando a quanto ha scritto il Canard, è stata furiosa: «Tutto stava andando per il meglio fino a che è arrivato questo imbecille», avrebbe detto il Presidente ai suoi più stretti collaboratori. Ma come nel caso dei soldi, anche il tritacarne delle rivelazioni a luci rosse ha rapidamente superato i confini di partito e un ex ministro di Jacques Chirac, il filosofo Luc Ferry, ha parlato in tv di un collega sorpreso in compagnia di ragazzini a Marrakech. Non ha fatto il nome, ma del sospetto caso di pedofilia si è occupato il sito del settimanale Express che ha puntato l’indice contro il socialista Jack Lang, anch’egli con un passato prestigioso da ministro della Cultura, che ha reagito, a sua volta, minacciando di portare in tribunale «chi cerca di infangare il mio onore». In un clima sempre più rovente, all’indirizzo di Ferry è partito un richiamo bipartisan. «Se si è convinti che ci sia stato un reato, si deve ricorrere alla giustizia e non spettegolare», ha detto il ministro degli Esteri, Alain Juppé. E dall’opposizione l’ex candidata socialista alle presidenziali del 2007, Ségolène Royal, ha usato toni molto simili: «Se davvero Ferry è a conoscenza di questi fatti, li denunci». La preoccupazione tanto del partito di Sarkozy che di quello socialista è che la delusione dei francesi finisca per favorire la futura candidata della destra estrema, Martine Le Pen, figlia del fondatore del Front National che nelle elezioni presidenziali del 2002 ottenne il 16,9 per cento

dei voti al primo turno: abbastanza per andare al ballottaggio, superando il candidato socialista di allora, Lionel Jospin. Jean-Marie Le Pen fu il primo politico francese della destra non gollista ad arrivare al secondo turno delle presidenziali e fu poi battuto da Jacques Chirac – che rifiutò il tradizionale duello televisivo prima del ballottaggio – anche grazie ai voti dei socialisti che sostennero l’ex presidente e loro avversario pur di sbarrare la strada al capo del Front National. È ancora presto per lanciarsi in previsioni di quello che accadrà tra quasi un anno. Ma una cosa è certa: al peso dei programmi, questa volta, si aggiungerà

Il timore? Che la delusione finisca per favorire la futura candidata Martine Le Pen, che cavalca la rabbia popolare quella che si potrebbe definire la “questione morale” che comincia ad agitarsi anche dall’altra parte delle Alpi e che è, forse, più attenta al capitolo dei soldi, e di come si spendono, che a quello delle debolezze personali. Proprio perché queste ultime travolgono il destino di un singolo, mentre sull’altro fronte sono in gioco gl’interessi di tutti. Secondo Jérome Sainte-Marie, direttore degli studi politici della Csa, uno dei maggiori centri di indagine demoscopia francese, lo scandalo Dsk si rivelerà un «veleno ad effetto lento» per la sinistra che fino a un mese fa era la grande favorita delle prossime presidenziali e che credeva di poter sfruttare l’argomento delle spese esagerate proprio contro Nicolas Sarkozy che è stato sotto tiro per il suo rapporto con i soldi e la passione per la bella vita sin dai primi giorni della sua presidenza.

L’affaire Dsk adesso ha azzerato i contatori sul piano personale. Ma restano i conti veri: quelli della Commissione nazionale che controlla le campagne elettorali e che, a proposito, della corsa all’Eliseo del 2007, ha pubblicato una tabella molto istruttiva: Nicolas Sarkozy ha speso 21 milioni di euro, Ségolène Royal 20,6 milioni, François Bayrou 9,7 milioni, Jean-Marie Le Pen 9,3 e Marie-George Buffet (Pcf) 4,8 milioni. Con gli altri candidati minori, un totale 75,6 milioni che sono finiti per lo più alle agenzie che hanno curato la campagna elettorale: dai manifesti ai comizi, ai passaggi pubblicitari sui giornali e in tv.

L’anno prossimo le spese sono destinare ad aumentare perché il tetto per i costi elettorali è stato portato a 16 milioni e 851mila euro per i candidati che si presenteranno al primo turno (e che si possono far rimborsare dallo Stato fino a 8 milioni di euro se superano il 5 per cento dei voti) e a 22 milioni e mezzo per i due candidati che andranno al ballottaggio (e che, di sicuro, avranno un rimborso pubblico pari alla metà delle spese). Fatti i conti, la somma complessiva potrebbe superare ampiamente i cento milioni di euro: un record per la Francia che fa già gridare allo scandalo e fa fiorire anche iniziative di rottura. Come quella di Dominique de Villepin, ex primo ministro di Chirac e acerrimo nemico di Sarkozy, che ha fondato un suo partito – République solidarie – e che si prepara alla corsa per l’Eliseo puntando soltanto su internet. O di François Bayrou, il centrista leader del MoDem che, secondo molti osservatori, potrebbe raccogliere più voti di quelli ottenuti nel 2007. Tra l’altro, i dati della Commissione nazionale che controlla le campagne elettorali hanno rivelato che, quattro anni fa, i candidati al primo turno delle presidenziali si piazzarono esattamente nell’ordine corrispondente ai soldi spesi. Ma la prossima volta la “questione morale” innescata dall’affaire Dsk potrebbe cambiare le carte in tavola.


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.