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pagina 20 • 23 settembre 2009

cultura

Libri. Una conferenza al centro culturale egiziano racconta senza falsificazioni gli antichi Dei della terra dono del Nilo

L’egittologia senza veli di Rossella Fabiani

Accanto la grande piramide di Giza. Sotto dall’alto in basso: la copertina del libro di Damiana Spadaro; Lord Carnarvon, il nobile inglese che insieme a Howard Carter scoprì a Luxor nel novembre del 1922 la tomba del faraone Tutankhamon, il Re- fanciullo salito al trono all’età di 9 anni e che morì molto giovane (18-20 anni); la maschera funeraria in oro di Tutankhamon conservata al Museo del Cairo

media e l’archeologia. Come comunicare il passato alle future generazioni, ma anche alle attuali, è la questione che pone Damiana Spadaro nel libro “Sulle tracce degli dei. Fonti documentarie classiche sull’Antico Egitto”, edizioni Ananke, che verrà presentato a Roma domani al Centro culturale egiziano, (via delle Terme di Traiano, 13 ore 17.30). L’autrice ha unito la sua competenza nella scienza della comunicazione, in cui si è laureata, alla sua grande passione per l’archeologia, in questo caso l’egittologia, per mostrare «il ruolo straordinario e importantissimo che hanno i media nella divulgazione e nella conoscenza della storia di un Paese a condizione però – sottolinea la studiosa – che questa sia fatta in maniera seria e approfondita». Dice Damiana Spadaro: «Se la televisione si ponesse come mezzo di educazione autentica si potrebbero evitare tanta mistificazione e tanti fondamentalismi. Soprattutto bisognerebbe cercare di calarsi sempre nell’epoca di cui si sta parlando evitando di usare categorie mentali moderne e cosiddette “occidentali”. Come è avvenuto nell’interpretazione della Tabula o Mensa Isiaca conservata a Torino». Si tratta di una lastra in bronzo su cui sono raffigurate, secondo la tecnica dell’ageminatura, molti dei e devoti. L’opera apparve nel 1527 durante il sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi, passò nelle mani del cardinale Pietro Bem-

I

bo, poi ai Gonzaga, fino a quando scomparve durante il saccheggio di Mantova per riapparire a Torino nella collezione dei Savoia. La Tabula è divisa in due registri uno superiore e l’altro inferiore che «secondo un criterio interpretativo dominato in Occidente dalla politica – dice la Spadaro – sono stati letti come un’unione appunto politica del Paese, un’unione costituzionale dell’Alto e Basso Egitto». In realtà, come è stato invece intuito da Luisa Bongrani nel saggio La Mensa isiaca: nuove ipotesi di interpretazione, si tratta di un’unione più profonda, «un’unione delle culture, delle religioni, un’unione spirituale, conseguenza inevitabile del monoteismo proclamato dal faraone Akhenaton».

L’interesse per la cultura egizia e la sua trasposizione nel pensiero occidentale viene da lontano. È ben rappresentata dal padre gesuita Athanasius Kircher che nel Seicento «traghetta tutta la sapienza del popolo delle piramidi in piena età barocca». Non solo. «Il Kircher studia il paese dono del Nilo (come Erodoto aveva chiamato l’Egitto) ”piegando” questo studio ad un fine devozionale, di catechesi e sempre coerente con la fede cristiana». E al riguardo la studiosa indaga molto bene nel suo libro come l’indagine storica condotta nel Medioevo attorno all’Antico Egitto sia stata fatta sotto l’ombrello della teologia cristiana. «L’occidente medievale - spiega Da-

miana Spadaro - guarda alla terra della Sfinge come il luogo dove visse Mosè e dove la sacra famiglia si rifugiò per fuggire da Erode», è evidente allora la doppia lettura da parte dell’occidente cristiano dell’Egitto: «Da un lato un Paese che affascina intellettualmente per la ricchezza della sua teosofia, del suo misticismo, dall’altro un territorio che viene ad essere indicato come il paese della pietas, come il luogo che accoglie e nutre Cristo e Maria». Anche

Attraverso una retrospettiva delle fonti classiche, Damiana Spadaro spiega come è stato manipolato il messaggio originario della cultura faraonica l’egittologo Sergio Donadoni coglie questa doppia lettura: «Se i Greci avevano ammirato la saggezza di questo popolo, i cristiani ne ammirano le virtù morali, prime fra tutte la pietà, ma anche l’ascetismo». L’autrice ricorda anche l’ammirazione che i monaci della Tebaide suscitano nei monaci occidentali, in quanto modelli del rigoroso distacco dal mondo, dal racconto del vescovo Palladio che visse per un periodo in Egitto sperimentando la dura vita ascetica del luogo del tutto improntata alla totale rinuncia

ai beni mondani. Da questa sua esperienza, raccontata a Lauso, il gran ciambellano della corte di Teodosio II, nasce la Historia Lausiaca che riporta notizie non tanto del paese antico ma della storia di una terra così come doveva apparire dopo la fine del periodo faraonico. Nel libro si dà inoltre conto di come per una ristretta cerchia di intellettuali l’Egitto rappresenti anche la terra di antichissime dottrine religiose che attirano l’interesse dei teologi. La studiosa affronta la figura della Isis lactaans trasformata nella potente e dolcissima icona di Maria che allatta Gesù, «il figlio di Dio conserva in se alcune caratteristiche che lo rendono simile al piccolo Horo, entrambi possono vantare un concepimento fuori dell’ordinario». L’Egitto è anche terra dove regna la magia e dove l’esoterico e l’alchimistico finiscono per condizionare la costruzione della religione cristiana. «Emblematico del ruolo della magia - dice la Spadaro - il testo Contro Celso di Origene dove è sottolineato come Gesù abbia imparato nel paese delle piramidi tutte le arti magiche grazie alle quali fece miracoli. Una visione presente anche nell’antica letteratura ebraica, messa a tacere e ripresa nel 1978 da Morton Smith nel libro ”Gesù mago”». E allora occorrono occhi seri e preparati per evitare di ”piegare”la storia ad interpretazioni personali in modo da vedere davvero «cose meravigliose» come rispose Carter a Lord Carnarvon.


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